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    Ucraina, l’Ue promette nuove sanzioni alla Russia (ma è in ritardo sul 19esimo pacchetto). Metsola incontra Zelensky a Kiev

    Bruxelles – Scossa per l’ennesima volta da Donald Trump, l’Ue promette una nuova stretta sugli import energetici dalla Russia e cerca di coordinarsi con l’alleato transatlantico per aumentare ulteriormente la pressione sul Cremlino. Almeno a parole, Washington e Bruxelles sembrerebbero aver ritrovato una qualche unità d’intenti sul delicatissimo dossier della guerra in Ucraina. Ma dalle parole bisognerà passare ai fatti.Stando a quanto riportato da Ursula von der Leyen, lei e il tycoon avrebbero avuto una “buona conversazione” ieri sera (16 settembre), incentrata “sul rafforzamento dei nostri sforzi congiunti per aumentare la pressione economica sulla Russia” tramite un nuovo round di misure restrittive. La Commissione “presenterà presto il suo 19esimo pacchetto di sanzioni“, garantisce il capo dell’esecutivo comunitario, “che riguarderà le criptovalute, le banche e l’energia“.I had a good call with @POTUS on strengthening our joint efforts to increase economic pressure on Russia through additional measures.The Commission will soon present its 19th package of sanctions, targeting crypto, banks, and energy.Russia’s war economy, sustained by revenues…— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 16, 2025In particolare, nel mirino di von der Leyen e Trump sembrano finite le esportazioni di gas e petrolio della Federazione, uno dei principali introiti con cui Vladimir Putin finanzia la sua guerra. A tale scopo, dice la numero uno del Berlaymont, “la Commissione proporrà di accelerare l’eliminazione graduale delle importazioni di combustibili fossili” da Mosca.Per il momento non sono disponibili maggiori dettagli, ma le maglie da stringere sono quelle del regolamento con cui Bruxelles ha fissato alla fine del 2027 la scadenza per il phase-out completo dei prodotti energetici russi, adottato lo scorso giugno. Era stato del resto Trump a suggerire, sempre ieri, che “l’Europa dovrà smetterla di comprare petrolio dalla Russia“.L’inquilino della Casa Bianca ha anche strigliato nuovamente il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, sostenendo che “dovrà fare un accordo” con Putin se vuole mettere fine al conflitto. I due dovrebbero incontrarsi di persona nei prossimi giorni, ai margini dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso a New York.Sia come sia, il famigerato 19esimo pacchetto di sanzioni comunitarie – sul quale si lavora da quando è stato adottato il 18esimo, lo scorso luglio – sbandierato dalla stessa von der Leyen pochi giorni fa durante il suo discorso sullo stato dell’Unione, non si è ancora materializzato.Al Berlaymont minimizzano (non era mai stata fissata una data per la sua presentazione, dunque non c’è alcun ritardo, ragionano), ma i rappresentanti dei Ventisette avrebbero dovuto discutere la proposta già oggi. Secondo alcune ricostruzioni, il ritardo sarebbe da imputarsi proprio al tentativo di von der Leyen di coordinarsi con Trump in sede G7 (in parallelo all’accelerazione sul phase-out), anziché andare avanti da soli.La presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, e quello della Verchovna Rada, Ruslan Stefanchuk (foto: Vladyslav Musiienko/Parlamento europeo)Nel frattempo, oggi la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola si è recata a Kiev per la quarta volta per portare la sua solidarietà al Paese aggredito. Il viaggio, nell’occasione dei 1300 giorni dall’inizio dell’invasione russa su larga scala, è servito anche per celebrare l’apertura di una delegazione del Parlamento europeo nella capitale ucraina, alloggiata nel medesimo edificio che ospita la delegazione dell’Ue, danneggiato da un bombardamento russo meno di un mese fa.Rivolgendosi ai deputati della Verchovna Rada, il legislativo monocamerale di Kiev, la numero uno dell’Aula di Strasburgo ha sottolineato la necessità di continuare a sostenere la resistenza contro l’aggressione e l’importanza di arrivare ad una “pace giusta e duratura” (inclusi i lavori della coalizione dei volenterosi sulle garanzie di sicurezza), così come il bisogno di alzare la pressione su Mosca.Anche l’adesione all’Ue “è di per sé una garanzia di sicurezza”, osserva Metsola. Ed esorta tanto Kiev a procedere senza indugi sulla strada delle riforme – “il ripristino dei poteri dei vostri organismi anticorruzione è stato un segnale importante”, dice riferendosi alla breve ma fulminante crisi di luglio – quanto Bruxelles a mantenere gli impegni presi, dando al più presto il via libera all’apertura del primo cluster di capitoli negoziali, quello dei cosiddetti “Fondamentali”.Il primo ministro slovacco Robert Fico (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Una decisione che tuttavia rimane ostaggio dei veti delle cancellerie, a partire dall’Ungheria di Viktor Orbán e dalla Slovacchia di Robert Fico. I due Stati membri, cavalli di Troia dello zar tra i Ventisette, stanno bloccando sistematicamente non solo l’avvio dei negoziati per far entrare Kiev nel club a dodici stelle ma anche l’imposizione delle sanzioni contro la Russia e l’esborso degli aiuti all’Ucraina. Budapest e Bratislava dicono di temere per la propria sicurezza energetica, essendo entrambe ancora dipendenti dagli idrocarburi russi.Ma la realtà è diversa. Lo sanno bene i cittadini slovacchi, che a decine di migliaia di cittadini sono scesi in piazza nelle ultime ore per protestare contro il marcato scivolamento del governo verso il Cremlino. Scivolamento la cui cartina da tornasole è, tra le altre cose, una stretta sempre più asfissiante sui diritti e le libertà fondamentali nel Paese mitteleuropeo, finalmente costata all’autoritario premier nazional-populista l’espulsione definitiva dai Socialisti europei.

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    Israele entra a Gaza City, per l’Onu “è genocidio”. Ue, domani le prime sanzioni economiche

    Bruxelles – Dopo giorni di intensi bombardamenti aerei, con le prime luci dell’alba Israele ha dato il via all’operazione via terra a Gaza City. Un’invasione condannata da tutti, ma che Tel Aviv può portare avanti grazie al supporto incondizionato degli Stati Uniti. L’UE assiste, inerme, e prova a smarcarsi dalle accuse di complicità annunciando che è pronta a mettere sul tavolo le prime sanzioni politiche ed economiche all’alleato israeliano.A Gaza City, già prima del conflitto la città più popolosa della Striscia, avevano trovato rifugio quasi un milione di persone, dopo che Israele ha raso al suolo circa il 70 per cento degli edifici da nord a sud dell’enclave palestinese. Il 10 settembre, l’Ufficio di coordinamento dell’ONU per gli Affari umanitari (Ocha) denunciava la “pericolosa escalation nella città di Gaza” e avvertiva: “Quasi un milione di persone si trovano ora senza opzioni sicure o praticabili: né il nord né il sud offrono sicurezza”. Tel Aviv ha dichiarato che il 40 per cento degli abitanti ha lasciato la città in vista dell’operazione. Significa che circa mezzo milione sono rimasti.Per l’esercito israeliano, è a Gaza City che si nascondono “tra duemila e tremila” militanti di Hamas. E gli ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo terroristico. Il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha dichiarato che se Hamas non rilascerà gli ostaggi “la Striscia sarà distrutta”. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, almeno 68 persone sono morte a Gaza City da questa mattina. Le stesse famiglie degli ostaggi israeliani avrebbero dichiarato lo “stato di emergenza” per l’offensiva israeliana e allestito un accampamento fuori dalla residenza di Netanyahu.“Mentre Israele intensifica le sue operazioni nella città di Gaza, la protezione dei civili e il rispetto del diritto internazionale umanitario devono rimanere la nostra bussola, a pochi giorni dai colloqui chiave con i partner all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York”, ha affermato con un post su X la commissaria UE per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib. L’emblema del fallimento della politica adottata finora dall’Unione europea è proprio quell’intesa sulla protezione dei civili e sull’ingresso di aiuti umanitari raggiunta solo due mesi fa con Israele. Un’intesa stipulata per salvare la faccia, ma che non ha sortito alcun effetto. Un’intesa che anche oggi, di fronte all’ingresso dei carri armati israeliani in un’area densamente popolata, Bruxelles non rinnega: “Continuiamo a valutarne gli effetti”, ha dichiarato Anouar El Anouni, portavoce della Commissione europea, ricordando che la sua implementazione resta complessa a causa “di un contesto di guerra”.Di fronte all’indignazione e alla mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica europea, Ursula von der Leyen ha annunciato la scorsa settimana di essere al lavoro per aumentare la pressione sul governo israeliano. Il pacchetto di misure è pronto: la Commissione europea ha confermato che domani adotterà una proposta per sospendere il sostegno bilaterale a Israele (circa 30 milioni di euro), una proposta per la sospensione di alcune disposizioni commerciali dell’accordo di associazione Ue-Israele e infine una proposta per sanzionare alcuni ministri del governo di Netanyahu. Se nel primo caso l’esecutivo Ue può procedere autonomamente, nel secondo avrà bisogno dell’appoggio di due terzi degli Stati membri e nel terzo addirittura dell’unanimità dei 27.Finora, Israele è sorda a qualsiasi richiamo dell’Unione europea, così come delle Nazioni Unite e dell’intera comunità internazionale. Perfino gli Stati Uniti non riescono a contenere le fughe in avanti omicide di Netanyahu, come dimostrato dal raid israeliano su Doha del 9 settembre. “L’Ue ha ripetutamente esortato Israele a non intensificare la sua operazione nella città di Gaza”, ha affermato El Anouni, aggiungendo che “porterà a ulteriori distruzioni, morti e sfollamenti, aggravando la già catastrofica situazione umanitaria e mettendo in pericolo la vita degli ostaggi”. Londra ha definito l’offensiva “totalmente irresponsabile e spaventosa”, per Berlino è “completamente sbagliata”.Proprio oggi, una commissione d’indagine indipendente delle Nazioni Unite ha stabilito – confermando la tesi che la relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, sostiene da oltre un anno – che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza, con “l’intento di distruggere i palestinesi”. Secondo l’equipe guidata da Navi Pillay, Netanyahu, il presidente Isaac Herzog l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant sono inoltre responsabili di  “incitamento al genocidio”. Israele ha respinto le conclusioni del rapporto e accusato gli esperti dell’Onu di essere “rappresentanti di Hamas”.

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    L’Albania corre verso l’Ue. Per Rama l’Unione è “l’impero dei valori e dei diritti”

    Bruxelles – L’Albania procede spedita nella sua corsa verso l’adesione all’Ue. Certo, la strada è tutt’altro che conclusa, ma secondo l’esecutivo comunitario i progressi compiuti da Tirana sono “impressionanti”. Il primo ministro Edi Rama punta ad aprire gli ultimi capitoli negoziali entro la fine dell’anno e a chiudere il lavoro tecnico entro la fine del 2027.Si è tenuta stamattina (16 settembre) la sesta conferenza intergovernativa Ue-Albania a Bruxelles, alla presenza del primo ministro Edi Rama. Oggi è stato ufficialmente aperto il cluster numero quattro (intitolato “Agenda verde e connettività sostenibile” e contenente quattro capitoli negoziali), portando così i cluster aperti da Tirana a cinque su sei in poco meno di un anno per un totale di 28 capitoli sui 33 in cui è condensato l’acquis communautaire (l’immenso corpus giuridico dell’Unione, che i Paesi candidati devono trasporre nella propria legislazione domestica).Nello specifico, i capitoli aperti oggi riguardano trasporti, energia, reti trans-europee e, infine, tutela dell’ambiente e contrasto al cambiamento climatico. Rimangono dunque da aprire i cinque capitoli relativi al quinto cluster (“Risorse, agricoltura e coesione“) che trattano tra le altre cose di agricoltura, sviluppo rurale, sicurezza alimentare, pesca e politiche regionali. Dallo scorso ottobre l’Albania ha già aperto quattro cluster, nell’ordine: “Fondamentali”, “Relazioni esterne”, “Mercato interno” e “Competitività e crescita inclusiva”.La commissaria all’Allargamento Marta Kos (foto: Consiglio europeo)Per l’ennesima volta, le padrone di casa – la commissaria all’Allargamento Marta Kos e la ministra danese agli Affari europei Marie Bjerre – si sono sperticate nell’elogiare il ritmo sostenuto con cui il premier socialdemocratico sta mettendo in campo le riforme pre-adesione, a partire dalla riforma della giustizia e dalla lotta anti-corruzione.“La conferenza intergovernativa mostra che l’allargamento sta procedendo e che le vere riforme producono risultati concreti“, ha evidenziato Bjerre incontrando i giornalisti al termine dei lavori. “Avete fatto la vostra parte, e meritate che questo venga riconosciuto“, ha rimarcato rivolgendosi al suo ospite, pur concedendo che “rimane ancora molto lavoro” da fare ma ribadendo che “un futuro dell’Ue con l’Albania è molto importante per tutti noi”.Le ha fatto eco Kos, osservando che “la velocità dell’Albania è davvero impressionante“. Secondo la commissaria, “le riforme che chiediamo non sono facili ma l’Albania dimostra che il cambiamento positivo è possibile e che l’Ue lo ricompensa”. Un messaggio rivolto agli altri Paesi candidati, soprattutto quelli dove i progressi sono più lenti. Come Rama, Kos è convinta di riuscire a chiudere tutti i capitoli negoziali entro la fine del 2027. “Non è semplice aprire i cluster, ma è ancora più difficile chiudere i capitoli“, ha scandito, incoraggiando il suo ospite a “fare di tutto” per centrare questo ambizioso obiettivo.Le riforme che Tirana si impegna ad implementare con l’apertura del quarto cluster, continua la commissaria, servono a “coniugare la crescita economica con la protezione delle ricchezze naturali“, ma anche a “modernizzare le strade, espandere le reti ferroviarie e integrare pienamente l’Albania” nei sistemi europei di mobilità e connettività. Infine, si tratterà di “promuovere la concorrenza leale, espandere le fonti rinnovabili e rafforzare la sicurezza energetica“.Tra gli immancabili siparietti, Rama ha rimarcato che, per quanto difficile, quella delle riforme “è l’unica strada” per entrare nell’Unione. “Per la prima volta nella nostra storia possiamo scegliere liberamente con chi ci vogliamo sposare“, ha proseguito: “Siamo stati sposati forzatamente con altri imperi nel passato”, ha puntualizzato, “ma questo è un impero di cui vogliamo far parte, un impero di valori, diritti e sicurezza“. E ha concluso la sua serie di lusinghe sostenendo che l’Ue sia “la benedizione del nostro Paese e di altri come noi nella regione”, dal momento che essa “ti fornisce gli strumenti per reinventarti come nazione, come Paese e come Stato“. “Dobbiamo amare l’Europa con tutta la nostra passione”, ha aggiunto.Se tutto continuerà a procedere per questo verso, l’Albania e il Montenegro saranno i primi ad entrare nel club a dodici stelle. Sulla carta, Podgorica è più avanti (ha aperto tutti i capitoli negoziali e ne ha già chiusi sette), ma negli ultimi mesi Tirana ha tirato una vera e propria volata. Al momento della verità, tuttavia, potrebbero venire al pettine anche alcuni nodi che sembrano per il momento trascurati: come la reale salute dello Stato di diritto (incluse l’indipendenza della magistratura e la libertà dei media), la conduzione opaca delle ultime elezioni politiche e il rispetto dei diritti umani nonché del diritto internazionale nel caso dei controversi centri per i migranti costruiti dall’Italia in Albania.

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    Netanyahu ammette: “Israele è isolata”. E accusa Cina e Qatar di propaganda in Occidente

    Bruxelles – A Benjamin Netanyahu rimane solo il fedele alleato a stelle e strisce. Durante una conferenza a Gerusalemme, a margine dell’incontro con il segretario di Stato americano, Marco Rubio, il premier israeliano ha ammesso che Israele “si trova in una sorta di isolamento” internazionale e che lo Stato ebraico dovrebbe “sviluppare le industrie belliche” e “la capacità di produrre ciò di cui ha bisogno” all’interno dei propri confini.Se due anni di bombardamenti a tappeto sulla popolazione civile a Gaza non sono bastati, il raid su Doha, capitale del Qatar mediatore nei negoziati di pace, ha definitivamente gettato Tel Aviv in un pesante isolamento diplomatico. Il giorno successivo, “l’amica di lunga data” di Israele, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la Commissione europea proporrà di sospendere parzialmente l’accordo di associazione con lo Stato ebraico e di imporre sanzioni contro alcuni ministri del governo di Netanyahu. Oggi i leader di diversi Paesi arabi si sono riuniti a Doha per un vertice di emergenza, per decidere misure concrete in seguito all’attacco israeliano della scorsa settimana.Un attacco che ha indispettito perfino gli Stati Uniti, che insieme al Qatar stavano cercando di riprendere in mano i già fragilissimi negoziati tra Israele e Hamas per mettere fine al conflitto. Rubio ha dichiarato che Washington “continuerà a incoraggiare Doha a svolgere un ruolo costruttivo”, e ha criticato gli sforzi internazionali per riconoscere lo Stato di Palestina – solo due giorni fa all’Assemblea generale dell’Onu 142 Paesi hanno votato a favore del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente -, bollandoli come “un ostacolo alla pace”. Alla risoluzione Onu si sono opposti solo in 10, tra cui Stati Uniti, l’Ungheria di Viktor Orban e l’Argentina di Javier Milei.Benjamin Netanyahu e Donald Trump nello Studio Ovale della Casa Bianca, il 4 febbraio 2025 (Photo by ANDREW CABALLERO-REYNOLDS / AFP)Se diversi partner – compresi quelli europei – sostengono ancora Israele in virtù di accordi economici di lunga data, gli Stati Uniti sono rimasti ormai gli unici a non essersi smarcati pubblicamente dalla condotta criminale del governo di Netanyahu. A Gaza, ma anche in Cisgiordania e nell’intera regione. Il premier israeliano – su cui pende un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale, a cui aderiscono 125 Stati – ne è ora consapevole: “Avremo sempre più bisogno di adattarci a un’economia con caratteristiche autarchiche“, ha ammesso, focalizzandosi sulle ripercussioni questo potrebbe avere sulle incessanti attività militari israeliane.Netanyahu ha avvertito la platea: “Potremmo trovarci in una situazione in cui le nostre industrie belliche sono bloccate. Dovremo sviluppare le industrie belliche qui, non solo la ricerca e lo sviluppo, ma anche la capacità di produrre ciò di cui abbiamo bisogno”. Già a metà agosto, il Fondo sovrano norvegese da due trilioni di dollari aveva annunciato di aver venduto un quinto dei suoi asset del Paese. La Slovenia ha sospeso il commercio di armi con Israele, la Spagna ha annunciato che imporrà il divieto di “comprare e vendere armi, munizioni ed equipaggiamento militare” e di “transito nei porti spagnoli di navi con combustibili destinati all’esercito israeliano”. Pochi Paesi, che però rivelano una tendenza. Se l’Unione europea dovesse sospendere l’accordo di associazione in materia commerciale, sarebbe un duro colpo per Tel Aviv.Il premier respinge però qualsiasi responsabilità, e anzi – secondo quanto riportato dal Times of Israel – ha puntato il dito prima contro gli immigrati musulmani in Europa, che hanno “piegato i governi” in senso anti-israeliano, e poi contro “alcuni Stati” che avrebbero orchestrato una campagna d’odio contro lo Stato ebraico. “Uno è la Cina. L’altro è il Qatar“, ha attaccato frontalmente Netanyahu.Una “dichiarazione folle”, gli ha risposto il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, secondo cui l’isolamento è “il prodotto di una politica sbagliata e fallimentare di Netanyahu e del suo governo”, che sta “trasformando Israele in un paese del terzo mondo”.

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    L’esercitazione militare russa e bielorussa Zapad preoccupa l’Unione. “Stiamo monitorando per prevenire le minacce”

    Bruxelles – Un contingente indiano sta partecipando, insieme a Russia e Bielorussia, all’esercitazione militare Zapad, che si sta svolgendo ai confini dell’Unione Europea. Una novità che acuisce la già tesa situazione ai confini orientali dell’Unione iniziata con le incursioni di droni russi in territorio polacco.La portavoce della Commissione dedicata agli affari esteri, Anitta Hipper, ha commentato: “Quello che sta avvenendo in Bielorussia viola il Documento di Vienna, testo di riferimento per le esercitazioni militari stipulato in sede OSCE”. La portavoce ha aggiunto: “Stiamo monitorando attentamente il nostro territorio per prevenire possibili minacce nell’area”. Non c’è stato, invece, un commento sulla partecipazione indiana all’esercitazione. A rendere la situazione più difficile è stata la violazione dello spazio aereo rumeno da parte di un drone russo, avvenuta nella giornata di ieri, domenica 14 settembre.Il documento di ViennaIl documento a cui Hipper fa riferimento è il Vienna Document, stipulato nel 2011 in sede OSCE. L’accordo ha come obiettivo definire le regole di un’esercitazione militare. Perché queste siano rispettate, è necessaria una notifica preventiva agli Stati confinanti, la partecipazione di osservatori internazionali e la possibilità di verificare sul campo la veridicità delle informazioni comunicate. Impegni che, secondo l’UE, non sono stati rispettati durante lo svolgimento dell’esercitazione Zapad 2025. Il movimento di truppe e armamenti durerà fino a domani, poi i soldati russi dovrebbero rientrare nei confini delle Federazione.Zapad 2025, 13.000 soldati e un missile ipersonicoL’esercitazione Zapad 2025 è una delle principali prove militari a cui partecipa Mosca. Le operazioni sono iniziate il 12 settembre e termineranno martedì 16. Quest’anno, tra la Bielorussia e l’exclave russa di Kaliningrad, sono stati mobilitati circa 13.000 soldati russi e bielorussi. Inoltre, è stata confermata la presenza di un contingente indiano di circa 50 unità e di osservatori stranieri, tra cui tre statunitensi. Le dimensioni delle attività del 2025 risultano ridotte rispetto al passato: nel 2021 furono mobilitate circa 220.000 unità.All’epoca, quel movimento di truppe verso il fronte occidentale fu usato da Mosca per avvicinare i soldati alla frontiera ucraina. Visti i precedenti, l’esercitazione Zapad 2025 ha spaventato non poco gli europei, più per l’artiglieria impiegata che per la dimensione del contingente. Il grande protagonista è stato il missile a lungo raggio ipersonico Oreshnik (in russo “nocciolo”). Quest’arma, ultimo arrivo nell’artiglieria del Cremlino, può essere equipaggiata con testate atomiche ed è stata dispiegata sia a Kaliningrad sia in Bielorussia.#BreakingNews | US military officers made a visit to Belarus to observe joint Russia-Belarus “Zapad-2025” Exercise. pic.twitter.com/SAx0G5QP3C— Mintel World (@mintelworld) September 15, 2025Le provocazioni di MoscaL’esercitazione si inserisce in un contesto particolarmente teso. Tutto è iniziato con la violazione dello spazio aereo polacco da parte di una flotta di droni russi, avvenuta nella notte tra il 9 e il 10 settembre. Il primo ministro Donald Tusk ha deciso, dopo poche ore, di chiudere il confine tra Polonia e Bielorussia. Il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha definito l’azione come “la più grande violazione di uno spazio aereo NATO che abbiamo mai osservato”. I Paesi europei hanno reagito compatti alla minaccia, mentre il presidente americano Donald Trump ha minimizzato l’accaduto: “Potrebbe essere stato un errore”. Una versione simile è arrivata dal Cremlino.La risposta della NATO agli eventi del 10 settembre è stata il lancio dell’operazione Sentinella Orientale, descritta da Rutte come un’iniziativa che “coinvolgerà una serie di risorse degli alleati, tra cui Danimarca, Francia, Regno Unito, Germania e altri. Questo sforzo includerà elementi per affrontare le sfide associate all’uso dei droni”. Sfide già presenti dopo l’ultima violazione avvenuta ieri, in Romania: un drone è entrato nello spazio aereo controllato da Bucarest. Ursula von der Leyen l’ha definita “una plateale violazione della sovranità UE e una seria minaccia alla stabilità della regione”.L’escalation si sta verificando in un’area dove sono presenti numerose truppe NATO. In Polonia se ne contano circa 100.000, con l’obiettivo di arrivare a 300.000 nel 2026. In Romania, a Constanza, è in costruzione la più grande base dell’Alleanza in Europa.NATO asserts that the Russian drone flights over Poland do not constitute an attack on the Alliance.However, this marked the first time NATO aircraft engaged potential threats over allied territory. The response involved Polish F-16s, Dutch F-35s, Italian AWACS reconnaissance… pic.twitter.com/UL1sTmMbot— Euromaidan Press (@EuromaidanPress) September 10, 2025

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    Acquisto di tre Airbus tramite Gambia, via Emirati Arabi: così la Bielorussia evade le sanzioni UE

    Bruxelles – Acquisti di aerei di fabbricazione europei, in barba alle sanzioni UE, attraverso un operatore del Gambia e l’intermediazione degli Emirati Arabi: così la Bielorussia di Alexsandr Lukashenko avrebbe aggirato le restrizioni dell’Unione europea imposte per l’aiuto fornito alla Russia di Vladimir Putin nella guerra contro l’Ucraina. Una triangolazione che avrebbe finito col favorire Belavia, compagnia di bandiera di Minsk. Un’operazione condotta in modo esemplare, tanto da rifornire la flotta con tre esemplari Airbus A330 con cui potenziare i collegamenti della Bielorussia con Cina e sud-est asiatico.Un vero e proprio ‘affronto’ per l’europarlamentare polacco Mariusz Kamiński (ECR), che chiede lumi ad una Commissione europea che non può fare altro che prendere atto di quanto accaduto. “Siamo a conoscenza” dell’accaduto, ammette Maria Luis Albuquerque, commissaria per i Servizi finanziari. “Le sanzioni dell’UE sulla Bielorussia vietano agli operatori dell’UE di fornire servizi, come la manutenzione, e di mettere a disposizione altre risorse economiche alle persone o entità elencate, tra cui Belavia”. Tuttavia, riconosce, “in base alle relazioni a disposizione della Commissione, sembra che la vendita sia stata effettuata al di fuori della giurisdizione dell’UE”.Tra sanzioni, violazioni dei diritti umani e traffico di migranti: l’anno in cui i rapporti tra UE e Bielorussia si sono frantumatiLukashenko e il suo governo sarebbero dunque riusciti a ‘farla sotto il naso’ della Commissione, con la complicità di attori contro cui a Bruxelles si medita vendetta. “Se necessario la Commissione, insieme all’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’UE, può proporre nuove sanzioni”, ricorda Albuquerque. “Ciò include l’imposizione di sanzioni a nuovi obiettivi, come le persone responsabili di elusione” delle restrizioni europee. Nel mirino Magic Air, compagnia aerea gambiana, già gestita dalla compagnia aerea turca Onur Air, che avrebbe acquistato i velivoli Airbus per conto non tanto di Belavia, quanto “molto probabilmente” per conto di una società con sede negli Emirati Arabi Uniti che poi avrebbe girato gli acquisti a Minsk.

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    Cipro: L’Eurocamera condanna la detenzione di cinque ciprioti nel filo-turco Nord

    Bruxelles – “L’Unione europea non può tollerare la violazione dei diritti dei suoi cittadini. La detenzione di queste persone è inaccettabile”. A scatenare l’ira del commissario europeo per la Democrazia, la Giustizia, lo Stato di diritto e la Tutela dei consumatori, Michael McGrath, è stata la detenzione di cinque cittadini ciprioti nell’autoproclamata Repubblica filoturca di Cipro del Nord.Per le autorità filo-turche i cinque soggetti arrestati il 19 luglio erano delle pericolose spie; per l’Unione europea, invece, semplici cittadini. Nella tornata elettorale di oggi, la plenaria di Strasburgo ha votato a grande maggioranza (597 a favore e 5 astenuti) una risoluzione che condanna la condotta di Cipro del Nord invitando “la Turchia a rispettare pienamente i diritti umani sanciti dal diritto internazionale”.Per gli eurodeputati questo atteggiamento aggressivo, portato avanti attraverso “rapimenti, ha l’intenzione di intensificare l’intimidazione (di Cipro del Nord, ndr) nei confronti di Cipro. L’intenzione della Turchia è quella di scoraggiare i ciprioti a fare ritorno nelle loro proprietà nella zona occupata.”L’arresto delle cinque “spie”Secondo fonti greco-cipriote, il punto sarebbe proprio questo. Il 19 luglio, Antonis Louka, Andreas Kyprianou, Annie Kyprianou, Niki Gregoriou e Gregoris Gregoriou, si stavano recando nelle loro proprietà in territorio occupato. I cinque sono stati arrestati dalla polizia militare mentre si trovavano vicino alle loro abitazioni.Per i media turco-ciprioti il gruppo sarebbe stato fermato dopo essere entrato senza permesso in un resort turistico nella zona di Trikomo. Durante una perquisizione del veicolo, la polizia turco-cipriota avrebbe trovato numerose mappe, documenti immobiliari e fascicoli. Per questo i militari hanno deciso di procedere, motivando il fermo come un caso di “spionaggio contro proprietà turche” e di “violazione di una zona militare proibita”. Solo, ieri, dopo una pesante pressione diplomatica, tre dei cinque detenuti sono stati liberati su cauzione.Nell’isola, situazioni come queste non sono nuove. Il cortocircuito legislativo sta nel fatto che la Repubblica di Cipro è l’unica riconosciuta a livello internazionale e, per questo, avrebbe il controllo giuridico sull’intero territorio. Di fatto, però, la situazione non è così, poiché le autorità filo-turche controllano il nord del Paese dal 1974. Nonostante questo, in teoria, a proteggere le azioni dei cinque cittadini, ci sarebbe la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) del 1996. I giudici di Strasburgo avevano affermato che ostacolare il diritto dei greco-ciprioti a beneficiare delle proprietà nel nord del Paese sarebbe stata una violazione dei diritti umani. Cipro del Nord, naturalmente, non riconosce l’autorità della CEDU.Il rapporto con AnkaraLa risoluzione approvata oggi dal Parlamento è un forte segnale di sostegno all’autorità di Nicosia, ma rappresenta al contempo un momento di rottura nei confronti di Ankara. Il rapporto tra Bruxelles e la Turchia si sta incrinando in quest’ultimo periodo. Il Parlamento europeo, già a maggio, si era trovato a condannare l’aggressività turca. L’Eurocamera aveva denunciato il regresso democratico del Paese, acuitosi dopo l’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu.

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    L’Eurocamera trova un denominatore comune (minimo) su Gaza. Il Ppe si spacca, esultano i socialisti

    Bruxelles – Il Parlamento europeo, dopo due anni di dibattiti, ha approvato oggi (11 settembre) la sua prima risoluzione su Israele e Gaza. Un passo avanti e un’occasione persa: se è vero che gli eurodeputati invocano finalmente alcune misure per mettere fine al conflitto, riescono nell’impresa di farlo addirittura dopo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e di non andare in alcun modo oltre le sue parole pronunciate ieri. E a ben vedere, il testo finale adottato dall’Aula scontenta quasi tutti.Condanna del blocco degli aiuti umanitari da parte di Israele, rispetto del diritto internazionale, cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, sì alla sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele in materia commerciale e alle sanzioni contro i ministri più estremisti del governo guidato da Benjamin Netanyahu, invito agli Stati membri a riconoscere lo Stato di Palestina. Questi i paletti messi nero su bianco dalla risoluzione presentata da socialisti, liberali e verdi e adottata con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni. Si spacca il Partito Popolare, che già ieri si era sfilato rifiutando di firmare la risoluzione congiunta con gli altri gruppi della maggioranza: tra i cristiano democratici, 82 favorevoli, 56 contrari e 6 astenuti. Tra i sì, mancano quelli dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e dell’estrema destra di Patrioti e Sovranisti. E di una parte del gruppo della Sinistra europea.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, già sanzionato da UK e diversi alleati dell’Ue (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)I socialisti mettono in luce il bicchiere mezzo pieno: secondo Sandro Ruotolo, del Partito democratico, “oggi il Parlamento europeo ha scelto di stare dalla parte del diritto e della dignità dei popoli”. Per il dem l’invito a riconoscere lo Stato di Palestina è un “messaggio storico”, e la sospensione parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele “significa che le relazioni politiche ed economiche con Israele non possono proseguire come se nulla fosse, mentre a Gaza si continua a violare il diritto internazionale e a colpire la popolazione civile”. I liberali di Renew rivendicano di aver “compiuto ogni sforzo per ottenere una maggioranza a favore di un’azione urgente volta a porre fine alla crisi umanitaria e alla carestia causate dal governo israeliano e a raggiungere un cessate il fuoco permanente”.Dal testo finale però, ogni volta che si parla di carestia è sparito ogni riferimento al fatto che sia “causata dall’uomo”. Così come due paragrafi in cui si mettevano a nudo le responsabilità delle istituzioni europee per non aver “reagito con l’urgenza che la gravità della situazione catastrofica a Gaza richiede” e si invitava a riflettere sui gravi danni che questo ha comportato per “la credibilità dell’Ue non solo agli occhi del Sud del mondo, ma anche agli occhi dei nostri cittadini”.Sono alcuni degli “emendamenti migliorativi” di cui parla Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Eurocamera. Ma non sufficienti per “raggiungere l’equilibrio che avremmo voluto e che il dramma di Gaza avrebbe richiesto”. La delegazione della premier Giorgia Meloni, la più numerosa in Ecr, si è chiamata fuori, insieme al resto del gruppo.Così come la delegazione del Movimento 5 Stelle, che evidenzia il bicchiere mezzo vuoto: per Danilo della Valle la risoluzione “è debolissima”, perché priva di qualsiasi riferimento all’intento genocidario del governo israeliano a Gaza. “Ritirare a pochi minuti dal voto l’emendamento sottoscritto dai Socialisti in cui si condanna il genocidio rappresenta un tradimento della memoria di oltre 60 mila civili uccisi negli attacchi e nei bombardamenti dell’esercito israeliano”, sottolinea il pentastellato, che bolla il messaggio scaturito dal testo come un “imbarazzato buffetto a Netanyahu che non servirà a niente per fermarlo”.A ben vedere, qualcosa manca davvero, e qualcuno ne è consapevole anche nella famiglia socialista: “Avremmo voluto ci fosse anche il riferimento al genocidio in corso e la sospensione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele nella sua interezza, non solo per la parte commerciale”, ammette l’eurodeputata dem Cecilia Strada. E promette: “Sono battaglie su cui continueremo a impegnarci a partire da domani”.