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    Von der Leyen annuncia l’esborso di 6 miliardi di euro per i Balcani occidentali

    Bruxelles – Comincia dall’Albania la visita di Ursula von der Leyen nei Balcani occidentali, che da mercoledì (23 ottobre) durerà fino a sabato (26 ottobre). Ad accoglierla il premier Edi Rama, con il quale la presidente dell’esecutivo comunitario ha lodato i progressi di Tirana nel suo percorso di avvicinamento all’Ue, che potrebbe essere più veloce di quello degli altri partner regionali.Nonostante il controverso accordo stipulato con l’Italia per l’esternalizzazione della gestione delle procedure d’asilo sia finito al centro della bufera giudiziaria nostrana e dello scontro politico europeo, il premier albanese Edi Rama può comunque presentarsi alla propria opinione pubblica rivendicando un altro successo. Vale a dire l’inizio del processo di adesione all’Ue, avviato ufficialmente lo scorso 15 ottobre con l’apertura del primo cluster sui capitoli fondamentali.A sentire von der Leyen, che ha partecipato ad una conferenza stampa congiunta con il capo dell’esecutivo albanese al termine del loro bilaterale, “potremmo aprire tutti i cluster (dei negoziati, ndr) entro la fine dell’anno prossimo”, anche se ha ammesso che, più che fissare scadenze rigide, è importante portare a termine le riforme propedeutiche all’adesione. “La prossima settimana avremo il rapporto sullo stato dell’arte dell’allargamento”, ha aggiunto, sottolineando che “i risultati dell’Albania sono eccellenti”, come certificato anche dal Comitato economico e sociale europeo.Oggi (23 ottobre) è arrivata anche l’approvazione, da parte della Commissione, delle agende di riforme nazionali da cui dipende l’esborso dei 6 miliardi di euro del Piano per la crescita dei Balcani occidentali elaborato da Bruxelles per stimolare l’economia e promuovere la convergenza dei sei partner dell’area (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del nord, Montenegro e Serbia), come promesso lo scorso 14 ottobre al summit di Berlino dalla stessa von der Leyen.Rama ha ribadito di fronte ai giornalisti l’impegno del suo Paese verso l’ingresso nel club a dodici stelle: “Noi albanesi siamo divisi su quasi ogni argomento”, ha detto di fronte ai giornalisti, “ma c’è solo una cosa che gli albanesi non mettono mai in discussione, ed è che il nostro posto è nell’Unione europea e che il futuro dei nostri figli va costruito nell’Unione europea”. Al suo fianco, von der Leyen ha assicurato che “l’allargamento rimarrà una massima priorità” nel suo secondo mandato alla guida dell’esecutivo comunitario.La presidente della Commissione è tornata sul Piano per la crescita, annunciando che l’Ue dovrebbe inviare a Tirana i primi 64 milioni entro la fine dell’anno su un totale di 920 milioni previsti per l’Albania. Von der Leyen ha inoltre ricordato come il Paese abbia già ricevuto da Bruxelles 1,4 miliardi nel quadro del Piano di investimenti per i Balcani occidentali, che serve tra le altre cose a incentivare lo sviluppo economico della regione in linea con gli obiettivi climatici dell’Ue. Il terzo punto toccato dalla leader tedesca è stato l’inaugurazione della nuova sede del College of Europe nella capitale albanese, mentre sulla questione bollente dei centri di rimpatrio italiani in Albania (una “soluzione innovativa” per il futuro della politica migratoria targata Ue su cui lei stessa si è espressa favorevolmente solo la settimana scorsa) si è limitata a osservare che trattandosi di un accordo bilaterale “non lo commenteremo, ma ne monitoreremo lo sviluppo”.Von der Leyen incontrerà domani (24 ottobre) il presidente albanese Bajram Begaj e partirà poi alla volta di Skopje, dove avrà colloqui con il premier nord-macedone Hristijan Mickoski e la presidente Gordana Siljanovska-Davkova. Si recherà quindi in Bosnia-Erzegovina, dove visiterà Jablanica, un’area colpita dalle recenti alluvioni, mentre venerdì (25 ottobre) incontrerà a Sarajevo la premier Borjana Krišto e la presidenza tripartita del Paese (composta da Denis Bećirović, Željka Cvijanović e Željko Komšić). A Belgrado, lo stesso giorno, von der Leyen incontrerà il presidente serbo Aleksander Vučić e il premier Miloš Vučević, per spostarsi sabato (26 ottobre) a Pristina per incontrare la presidente kosovara Vjosa Osmani e il primo ministro Albin Kurti. Terminerà infine il suo tour a Podgorica insieme al presidente montenegrino Jakov Milatović e il premier Milojko Spajić.

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    L’Unione europea ha formalmente avviato i negoziati di adesione con l’Albania

    Bruxelles – Mentre la prima barca che trasportava 16 migranti dall’Italia arrivava in Albania nella mattinata di martedì (15 ottobre), i rappresentanti dello Stato balcanico stavano partecipando in Lussemburgo alla seconda conferenza intergovernativa con i partner Ue. Si è trattato della luce verde ufficiale per l’avvio dei negoziati di adesione di Tirana al club europeo, con l’apertura del cluster contenente i capitoli cosiddetti “fondamentali”.Il primo ministro albanese, Edi Rama, ha partecipato di persona alla riunione nel Granducato. “È una montagna da scalare”, ha dichiarato alla stampa, aggiungendo che il suo Paese sta “già camminando con idee molto chiare, una volontà molto forte e senza alcun dubbio” di centrare l’obiettivo di portare “l’Albania nell’Unione europea entro il 2030”. Rama si è detto pronto a “iniziare finalmente con la parte più pesante del lavoro”, riferendosi all’apertura del cluster dei “fondamentali” che contiene “i cinque capitoli più coerenti, più i tre criteri che ci faranno andare oltre e concludere entro la nostra scadenza molto ambiziosa” il processo di adesione.Anche dal lato europeo si registra soddisfazione. Il commissario uscente all’Allargamento, l’ungherese Olivér Várhelyi, si è congratulato con le autorità albanesi per il “traguardo importante”, che è stato possibile raggiungere “poiché l’Albania ha portato a termine le riforme richieste” con “determinazione” e “impegno”. Gli ha fatto eco il suo connazionale titolare degli Esteri, Péter Szijjártó, che ha dichiarato, sempre dal Lussemburgo, che “una delle priorità più importanti della presidenza ungherese (del Consiglio, ndr) che abbiamo messo in cima all’agenda è stata l’accelerazione dell’allargamento” dell’Ue nei Balcani occidentali.I capitoli aperti formalmente oggi sono il 5 (appalti pubblici), 18 (statistiche), 23 e 24 (i cosiddetti capitoli sullo Stato di diritto: sistema giudiziario e diritti fondamentali da un lato, giustizia, libertà e sicurezza dall’altro) e 32 (controllo finanziario), cui si aggiungono i negoziati sul funzionamento delle istituzioni democratiche, sulla riforma della pubblica amministrazione e sui criteri economici per l’ingresso nell’Unione. Solo quando saranno stati centrati i parametri intermedi fissati dai capitoli 23 e 24, nonché quelli relativi ad altri elementi orizzontali del cluster, i negoziati potranno proseguire anche per il resto dei capitoli.A seguito della riforma del processo di adesione, risalente al 2020, i cluster negoziali sono sei in totale e il primo, quello dei fondamentali, va aperto per primo e chiuso per ultimo, determinando il “ritmo” dei negoziati nel complesso. Gli altri cinque riguardano il mercato interno, la competitività e la crescita inclusiva, l’agenda verde e la connettività sostenibile, le risorse, l’agricoltura e la coesione e, da ultimo, le relazioni esterne.La prima conferenza intergovernativa Albania-Ue si era tenuta nel luglio 2022, ma in quella circostanza non erano stati aperti capitoli negoziali, essendosi trattato solo dell’avvio del processo di adesione. Il percorso di Tirana, che era stato accoppiato a quello di Skopje, si era poi complicato a causa del riaccendersi di vecchie cicatrici nazionaliste tra Macedonia del Nord e Grecia, ma soprattutto per nuovi attriti con la Bulgaria. Alla fine, il Consiglio dell’Ue ha sbloccato l’impasse il mese scorso, con lo “spacchettamento” dell’adesione dei due Paesi.L’obiettivo annunciato dal premier Rama è ambizioso: quello per entrare nell’Unione è un cammino complesso, che non ha una durata predeterminata. Molto dipenderà dalla velocità con cui Tirana riuscirà a mettere in campo le riforme che permetteranno al Paese balcanico di “mettersi al pari” con il resto dei partner europei. Ma anche una volta che la Commissione avrà valutato positivamente gli sforzi albanesi, la decisione finale sull’ingresso spetta agli Stati membri.Lo scorso giugno, l’Ue ha aperto i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldova, mentre il percorso di avvicinamento della Georgia è stato de facto sospeso negli ultimi mesi a seguito dei controversi provvedimenti adottati dal governo filo-russo del Paese caucasico.

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    Balcani occidentali, von der Leyen: “Questa settimana l’approvazione dei piani per l’inclusione nel mercato unico”

    Bruxelles – Avanti con l’allargamento e l’inclusione dei Paesi del Balcani occidentali. La Commissione europea è pronta ad approvare i piani per la crescita economica degli Stati della regione “questa settimana”, annuncia la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen al termine della riunione del processo di Berlino, il consesso creato nel 2014 per accrescere la cooperazione con i Paesi candidati all’adesione dell’area. Una decisione che “apre parzialmente le porte“ all’Ue permettendo l’accesso al mercato unico europeo.Maggiore integrazione economica prima ancora di quella politica: è questo che l’Ue sta offrendo a cinque dei sei Paesi dei Balcani occidentali. Albania, Montenegro, Macedonia del nord, Serbia e Kosovo sono pronti a ricevere gli aiuti che servono per accrescere il proprio commercio e rilanciare le proprie economie. Uno stimolo all’agenda delle riforme, e un premio per quei “progressi tangibili” che von der Leyen intende premiare. Ma, e su questo la tedesca vuole essere chiara, non si è di fronte a un cambio di paradigma: “L’adesione resta un processo basato sul merito, e tale resterà“.La scelta di permettere agli Stati dei Balcani occidentali di entrare a far parte del mercato unico si inserisce nella più ampia strategia racchiusa nel nuovo piano per la crescita della regione. Un totale di sei miliardi di euro sono stati messi a disposizione in parallelo con la pubblicazione del Pacchetto Allargamento Ue 2023. Gli intenti del team von der Leyen erano di iniziare a erogare le risorse necessarie per l’allineamento all’area di libero scambio a dodici stelle prima dell’estate. Un annuncio, quello di von der Leyen, che arriva in ritardo rispetto alle aspettative e alla promesse fatte.Adesso l’apertura avvicina la regione dei Balcani occidentali all’Europa, con un chiaro intento di messaggio politico per il presidente russo Vladimir Putin. “Abbiamo visto che l’allargamento per anni non era più in alto, nell’agenda”, ricorda von der Leyen, “questo è cambiato, soprattutto dopo la guerra della Russia in Ucraina, con la scelta di Paesi che hanno deciso di stare dalla parte giusta della storia, per la democrazia e il rispetto dell’ordine fondato sul diritto internazionale”.

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    Quattro Paesi candidati all’adesione entrano per la prima volta nel rapporto Ue sullo Stato di diritto

    Bruxelles – È una prima volta storica, che “mira a mettere subito sullo stesso piano degli Stati membri” i quattro Paesi candidati all’adesione Ue che hanno già avviato i negoziati con Bruxelles. Nel rapporto sullo Stato di diritto 2024 pubblicato oggi (24 luglio) dalla Commissione Europea fanno ingresso anche Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, con quattro capitoli specifici per i più avanzati tra i 10 Paesi coinvolti nel processo di allargamento Ue. Quella che lo stesso esecutivo dell’Unione definisce “la principale novità” del rapporto annuale sullo Stato di diritto arrivato alla sua quinta edizione, costituirà insieme alle raccomandazione del Pacchetto Allargamento Ue la base per “sostenere i loro sforzi di riforma, aiutare le autorità a compiere ulteriori progressi nel processo di adesione, e prepararsi a continuare il lavoro sullo Stato di diritto come futuri Stati membri”.La commissaria europea per i Valori e la trasparenza, Vera Jourová (24 luglio 2024)Nella visione di Bruxelles, rispetto dello Stato di diritto e allargamento Ue vanno di pari passo, in quanto “un obiettivo fondamentale dell’allargamento dell’Unione è quello di radicare saldamente lo Stato di diritto nel nostro continente“. Di qui deriva la decisione di estendere la valutazione del quadro dei progressi e delle carenze su questo “elemento centrale” dell’impalcatura dell’Unione – solitamente riservato ai Ventisette – anche a quattro Paesi che hanno già avviato i negoziati di adesione. L’esclusione momentanea di Ucraina e Moldova è dovuta al fatto che si sono unite da troppo poco tempo (un mese esatto), mentre la Turchia è già stata analizzata separatamente nel novembre dello scorso anno per il suo stallo ormai totale dal 2018.L’analisi generale del gabinetto von der Leyen sul quadro dello Stato di diritto in Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia parte dallo scenario “particolarmente preoccupante” dei “tentativi di interferenza da parte della Russia, con la disinformazione e la retorica antidemocratica e anti-Ue“, in particolare dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. Ma c’è di più, ovvero la necessità di “riforme credibili e sostenibili per progredire verso l’adesione all’Unione” da parte di questi Paesi candidati, oltre che per accedere ai finanziamenti consistenti dello Strumento per la riforma e la crescita dei Balcani occidentali e dello Strumento per l’Ucraina. “Sulla base di criteri oggettivi e basati sul merito” il nuovo approccio adottato dalla Commissione potrà essere “esteso in futuro ad altri Paesi dell’allargamento Ue” (Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Kosovo, Moldova, Turchia e Ucraina), non solo “per ottenere progressi irreversibili in materia di democrazia e Stato di diritto prima dell’adesione”, ma anche “per garantire standard elevati e duraturi dopo l’adesione”.Lo Stato di diritto in AlbaniaL’analisi dello Stato di diritto in Albania parte dalla questione della riforma giudiziaria “sostanziale” attuata dal 2016. Nonostante “il controllo di tutti i giudici e procuratori ha rafforzato la responsabilità”, la Commissione rileva “carenze nelle nomine dei membri non magistrati del Consiglio superiore della magistratura e del Consiglio superiore della procura”, ma soprattutto “preoccupazioni” per la “limitata trasparenza e difficoltà nel garantire valutazioni tempestive e qualitative” nel processo di nomina, promozione e trasferimento dei magistrati, così come per i “tentativi di interferenza e pressione sul sistema giudiziario da parte di funzionari pubblici o politici“. Grosse sfide derivano dalla carenza di risorse finanziarie e umane, che influisce “negativamente” sulla qualità della giustizia, e dalla “lunghezza e grande arretrato” dei procedimenti giudiziari.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama“Sono incoraggianti” i risultati iniziali della Struttura speciale anticorruzione (Spak), ma le autorità specializzate nella repressione e nella prevenzione “segnalano carenze per quanto riguarda le risorse specializzate e gli strumenti disponibili”, mentre il numero di persone indagate, perseguite e condannate per reati in questo campo “è aumentato negli ultimi tre anni”. Dal momento in cui la corruzione “è diffusa in molti settori, anche durante le campagne elettorali” e il quadro giuridico “troppo complesso” limita le misure preventive, Bruxelles punta il dito sia contro la recente legge sull’amnistia sia sulla carenza di coordinamento tra le autorità nazionali. Vengono menzionate anche la “profonda” polarizzazione politica, che ha “un impatto negativo sull’efficacia, la trasparenza e l’obiettività del lavoro parlamentare”, e il “contesto difficile” per le organizzazioni della società civile, “anche in relazione ai requisiti di registrazione e ai limitati finanziamenti pubblici”.Tra gli elementi di maggiore preoccupazione per il rispetto dello Stato di diritto in Albania ci sono in particolare quelli relativi al settore della libertà dei media, tra cui spiccano soprattutto quelli sull’indipendenza dell’emittente pubblica, sulla “limitata regolamentazione sulla trasparenza della proprietà dei media e l’elevata concentrazione“, e sul mancato rispetto di “un’equa allocazione della pubblicità statale e di altre risorse statali”. Anche se il quadro per la protezione dei giornalisti è già in vigore, “le aggressioni verbali e fisiche, le campagne diffamatorie e le azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica sono motivo di preoccupazione”.Lo Stato di diritto in Macedonia del NordLa Macedonia del Nord “ha subito diverse ondate di riforme giudiziarie”, ma l’indipendenza della magistratura e la capacità istituzionale di proteggerla da influenze indebite “rimangono una seria preoccupazione”, così come il livello di indipendenza giudiziaria percepito “è molto basso”. Le decisioni di nomina di pubblici ministeri e giudici “sono state criticate dalla società civile perché non sono motivate in modo esaustivo o basate su criteri oggettivi”, le “limitate” risorse stanziate “possono incidere sull’autonomia finanziaria” e il deficit di risorse umane “potrebbe avere un impatto sulla qualità e sull’efficienza della giustizia”, come dimostrato dal fatto che “sono diminuite per le cause civili, commerciali e penali di primo grado”.Il nuovo primo ministro della Macedonia del Nord, Hristijan Mickoski (credits: Robert Atanasovski / Afp)Nonostante esista una strategia nazionale contro la corruzione, “la sua attuazione è in ritardo”, avverte la Commissione: “Il rischio rimane elevato in molte aree” e le recenti modifiche al Codice penale “hanno indebolito il quadro giuridico, incidendo negativamente sul perseguimento della corruzione”, soprattutto nei casi di alto livello. Tra le maggiori criticità c’è la “scarsità di risorse e la mancanza di cooperazione tra le autorità nazionali”, le lacune sul finanziamento dei partiti politici e “nessun lobbista registrato” nelle liste ufficiali apposite.Rimane centrale la polarizzazione politica al Parlamento nazionale, che “ha causato ritardi nel suo lavoro e ha portato a un uso eccessivo e talvolta inappropriato di procedure legislative accelerate”, anche se le organizzazioni della società civile possono operare in un ambiente “complessivamente favorevole”. A questo proposito le misure legislative “hanno rafforzato le garanzie legali” per la protezione dei giornalisti, “ma sono state registrate minacce e atti di violenza contro i giornalisti”. Il Consiglio per l’etica dei media “continua a essere messo sotto pressione” e persistono sfide sulla trasparenza della proprietà dei media, con “preoccupazioni su alcuni elementi della reintroduzione della pubblicità finanziata dallo Stato”.Lo Stato di diritto in MontenegroPer quanto riguarda il Montenegro, il Paese più avanzato sulla strada di adesione all’Ue, “sta attraversando un’intensa fase di riforme, che prevede l’adozione e la revisione di un pacchetto completo di leggi” sull’indipendenza, la responsabilità e l’imparzialità del sistema giudiziario e della procura, compresa una nuova strategia di riforma giudiziaria 2024-2027. I significativi ritardi nelle nomine giudiziarie di alto livello andati in scena tra il 2022 e l’inizio del 2023 hanno avuto un impatto sul sistema in generale, “ma ormai manca solo la nomina del nuovo presidente della Corte suprema” ed esistono ancora “serie sfide” in particolare per la lunghezza dei procedimenti per le cause amministrative.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Montenegro, Milojko SpajićAll’interno della strategia 2024-2028 per la lotta alla corruzione, il Montenegro “criminalizza la maggior parte delle forme di corruzione” e il bilancio delle indagini e dei procedimenti giudiziari nei casi di alto livello “è stabile”, anche se “la mancanza di processi e decisioni finali contribuisce a creare una percezione di impunità“. Mentre numerose istituzioni hanno codici di condotta specifici, quello del governo “è inefficace” e attende l’adozione della legge sul governo con sanzioni disciplinari. Se è positiva l’adozione della nuova legislazione sul lobbismo lo scorso 6 giugno, lo è meno il fatto che il quadro giuridico che regola il finanziamento dei partiti politici “è ostacolato da carenze nella sua portata, chiarezza e attuazione”.Approfondito il capitolo sul pluralismo e la libertà dei media, con il pacchetto legislativo ad hoc composto da emendamenti alla legge sull’emittente pubblica nazionale, una nuova legge sui servizi di media audiovisivi e una sui media che “introduce miglioramenti sulla trasparenza della proprietà e su altre aree sistemiche, con l’obiettivo di allinearla all’acquis dell’Ue“. La nuova legislazione conferisce nuovi poteri all’Agenzia per i servizi di media audiovisivi, “affrontando l’annosa questione della sua efficacia nell’applicazione del quadro normativo, dotandola di strumenti sanzionatori completi”, rileva la Commissione Ue, anche se non si può dimenticare che “sono limitate” le informazioni su pagamenti del settore pubblico e pubblicità istituzionale. Nei casi di violenza contro i giornalisti le autorità montenegrine “forniscono risposte efficaci” a livello istituzionale e di applicazione della legge, “ma non è stato dato un seguito giudiziario efficace a casi emblematici del passato”.Lo Stato di diritto in SerbiaIl rapporto sullo Stato di diritto 2024 si conclude con il capitolo sulla Serbia. “L’attuazione della riforma costituzionale per il rafforzamento dell’indipendenza giudiziaria è in corso”, sottolinea la Commissione, che rileva come “le pressioni politiche sul sistema giudiziario e sulla procura rimangono elevate“. Nel Paese balcanico manca ancora un sistema completo di gestione dei tribunali che colleghi i casi tra i vari tribunali e le procure, mentre “l’efficienza mostra una tendenza positiva per le cause civili, commerciali e penali, ma ci sono serie difficoltà nella gestione delle cause amministrative e dei reclami costituzionali”. La capacità del Parlamento di garantire l’esercizio dei necessari controlli e contrappesi “è limitata da questioni di efficacia, autonomia e trasparenza, anche in termini di supervisione dell’esecutivo e del processo legislativo”.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente della Serbia, Aleksandar VučićL’adozione della Strategia nazionale anticorruzione 2023-2028 “è ancora in sospeso” e il quadro giuridico in vigore mostra “carenze nella pratica”. Nonostante la maggior parte delle forme di corruzione siano considerate reato, “sono necessari ulteriori miglioramenti per stabilire un solido track record di indagini, rinvii a giudizio e condanne definitive nei casi di alto livello”, anche considerate le carenze nella verifica e nell’applicazione delle dichiarazioni patrimoniali e nel finanziamento dei partiti politici. La normativa sul lobbismo “è di portata limitata”, la legislazione sulla protezione degli informatori “non è ancora allineata” all’acquis Ue e quello degli appalti pubblici è un settore “ad alto rischio” di corruzione. Le organizzazioni della società civile “non dispongono di un ambiente favorevole alla loro costituzione, alle loro attività e al loro finanziamento”, avvisa la Commissione, aprendo uno dei capitoli più delicati per il rispetto dello Stato di diritto in Serbia.L’Autorità di regolamentazione per i media elettronici “non riesce a esercitare appieno il suo mandato di salvaguardia del pluralismo e degli standard professionali, e vi sono anche serie preoccupazioni sulla sua indipendenza”. Le misure per la trasparenza delle strutture proprietarie e della pubblicità con risorse statali “non sono ancora state pienamente attuate” e, “sullo sfondo delle denunce di notizie tendenziose”, rimane critica l’autonomia editoriale e il pluralismo del servizio pubblico. A questo si somma il fatto che i giornalisti continuano a trovarsi di fronte a “frequenti rifiuti da parte di enti pubblici di divulgare informazioni di importanza pubblica o a non ricevere alcuna risposta”, e la loro sicurezza “è fonte di preoccupazione, così come la crescente pressione esercitata da cause legali abusive”. A questo proposito, rispondendo alle domande della stampa sul rispetto dello Stato di diritto in Serbia, la commissaria europea per i Valori e la trasparenza, Vera Jourová, ha messo in chiaro che “seguiremo molto da vicino la situazione in Serbia” e la Commissione non tollererà “attacchi, minacce o intimidazioni da parte di politici che bollano i giornalisti come minacce pubbliche”.

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    Dalle parole ai fatti. Il Montenegro è entrato nella fase finale dei negoziati di adesione all’Ue

    Bruxelles – Ormai è diventato un mantra tra Podgorica e Bruxelles, ma sicuramente mostra con quale livello di dedizione il Montenegro si sia impegnato nel processo di adesione all’Unione Europea. “Se raggiungeremo tutti i parametri di riferimento, ci aspettiamo di diventare il 28esimo Paese membro entro il 2028“, ha esordito il primo ministro montenegrino, Milojko Spajić, prima dell’inizio della 16esima conferenza intergovernativa di questo pomeriggio (26 giugno) – la seconda organizzata dalla presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue – che ha segnato un passo decisivo per il percorso di adesione all’Unione.Il primo ministro del Montenegro, Milojko SpajićUn conferenza “storica”, come è stata definita dal commissario europeo per l’Allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi, che ha sottolineato il fatto che “finalmente abbiamo visto il Montenegro avanzare sulla strada di adesione”, considerato il fatto che Podgorica ha complessivamente rispettato i parametri intermedi stabiliti per i capitoli 23 (sistema giudiziario e i diritti fondamentali) e 24 (giustizia, libertà e sicurezza): “Adesso apriamo l’ultima fase dei negoziati di adesione, significa che l’adesione è imminente“, ha messo in chiaro il commissario Várhelyi, aggiungendo che “ora dobbiamo iniziare a chiudere questi capitoli, da parte nostra faremo tutto il possibile per farlo nei prossimi mesi”. La prima riunione della conferenza di adesione con il Montenegro a livello ministeriale risale al giugno 2012 e da allora sono stati aperti 33 capitoli negoziali (su un totale di 35), di cui 3 provvisoriamente chiusi. Nel maggio 2021 il Consiglio ha approvato l’applicazione della metodologia di allargamento riveduta ai negoziati di adesione con il Montenegro e la Serbia, con l’obiettivo di rinvigorire il processo di adesione.Ribadendo le parole pronunciate in esclusiva a Eunews a febbraio, il premier Spajić ha messo in chiaro che “anche per l’Unione Europea è un grande giorno, perché siamo il primo Paese con la nuova metodologia di adesione Ue a essere testato, siamo una sorta di rompighiaccio per i Paesi dei Balcani Occidentali e gli altri candidati all’adesione“. C’è enorme entusiasmo a Podgorica, sia per il “momento storico” che rappresenta il risultato odierno, sia per il lavoro che ora si rafforzerà ancora di più nei prossimi mesi per chiudere altri capitoli negoziali. “Negli ultimi sette anni abbiamo accelerato il processo e abbiamo raggiunto risultati come nei sette anni precedenti, siamo davvero orgogliosi”, ha precisato il leader montenegrino a un evento privato a Bruxelles con il personale diplomatico montenegrino, a cui Eunews ha avuto accesso. E come confermato dalla ministra degli Esteri belga e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Hadja Lahbib, “il cammino di adesione Ue è lungo è arduo, ma questo è un messaggio di speranza che il Montenegro invia a tutta la regione balcanica e oltre”. Ora il testimone passa all’Ungheria a partire da lunedì prossimo (primo luglio), ma diverse fonti diplomatiche – montenegrine e non – assicurano che “non c’è alcuna preoccupazione” sul prosieguo dei negoziati nei prossimi sei mesi.La nuova stabilità in MontenegroDa sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Montenegro, Jakov Milatović, a Podgorica (31 ottobre 2023)È il 2023 l’anno in cui si è chiusa in Montenegro una crisi non solo istituzionale ma anche politica durata più di tre anni. Dal febbraio dello scorso anno è stato un succedersi di trionfi per il nuovo movimento europeista Europe Now, fondato e guidato da quelli che ora sono il primo ministro e il presidente del Montenegro – rispettivamente Spajić e Jakov Milatović (uscito però dal partito a febbraio 2024) – vincitori dalla doppia tornata elettorale in poco più di due mesi: il ballottaggio delle presidenziali del 2 aprile e le elezioni per il rinnovo del Parlamento dell’11 giugno.Il premier Spajić – eletto nel giorno della visita a Podgorica della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – e il presidente Milatović erano rispettivamente ministro delle Finanze e dell’Economia e dello Sviluppo economico nella grande coalizione anti-Đukanović (padre-padrone del Paese balcanico per 32 anni) guidata dal 4 dicembre 2020 al 28 aprile 2022 da Krivokapić. Durante l’anno e mezzo di governo i due hanno presentato un programma di riforme economiche intitolato proprio ‘Europe Now’, che comprendeva misure come il taglio dei contributi sanitari e l’aumento del salario minimo a 450 euro. I due tecnocrati hanno annunciato la volontà di fondare un nuovo partito di centro-destra liberale, anti-corruzione ed europeista dopo la caduta del governo Krivokapić nel febbraio 2022 – poi effettivamente fondato il 26 giugno – anticipando l’intenzione di collaborare con altre formazioni civiche e di centro in vista delle elezioni del 2023.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Montenegro, Milojko Spajić, a Podgorica (31 ottobre 2023)La nomina di Spajić e Milatović (i più giovani mai eletti alle due cariche istituzionali del Paese, entrambi all’età di 36 anni) ha messo fine a una fase di turbolenza per il Montenegro iniziata con le elezioni del 30 agosto 2020. In quell’occasione sono cambiati gli equilibri politici dopo 30 anni ininterrotti al potere per il Dps di Đukanović (sempre al governo o alla presidenza del Paese dal 1991). A guidare l’esecutivo per poco più di un anno è stata una coalizione formata dai filo-serbi di ‘Per il futuro del Montenegro’ (dell’allora premier Zdravko Krivokapić), dai moderati di ‘La pace è la nostra nazione’ (guidata da Montenegro Democratico) e dalla piattaforma civica ‘Nero su bianco’ dominata dal Movimento Civico Azione Riformista Unita (Ura) di Dritan Abazović. Il 4 febbraio 2022 era stata proprio ‘Nero su bianco’ a sfiduciare il governo Krivokapić, appoggiando una mozione dell’opposizione e dando il via all’esecutivo di minoranza di Abazović.Lo stesso governo Abazović è però crollato il 19 agosto (il più breve della storia del Paese) con la mozione di sfiducia dei nuovi alleati del Dps di Đukanović, a causa del cosiddetto ‘accordo fondamentale’ con la Chiesa ortodossa serba. L’intesa per regolare i rapporti reciproci – con il riconoscimento della presenza e della continuità della Chiesa ortodossa serba in Montenegro dal 1219 – è stata appoggiata dai partiti filo-serbi, mentre tutti gli altri l’hanno rigettata, perché considerata un’ingerenza di Belgrado nel Paese e un ostacolo per la strada verso l’adesione all’Ue. Nel pieno della crisi istituzionale emersa dalla seconda metà dell’anno e dopo il rifiuto a nominare un nuovo primo ministro, lo scorso 16 marzo l’ex-presidente Đukanović ha sciolto il Parlamento e ha indetto nuove elezioni anticipate per l’11 giugno, non sapendo che di lì a poche settimane avrebbe perso le elezioni presidenziali prima, e le nazionali poi.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    I programmi elettorali dei partiti/ 6: Le promesse dell’allargamento Ue e il destino incrociato dei Trattati

    Bruxelles – Potrebbero essere le ultime elezioni europee a 27, quelle che precedono un nuovo allargamento Ue, dopo il trauma politico del primo addio – per opera del Regno Unito – nel corso della legislatura agli sgoccioli. E anche se non sarà il primissimo tema nelle agende politiche in vista del voto del 6-9 giugno per il rinnovo del Parlamento Europeo, il modo in cui l’allargamento dell’Unione a nuovi potenziali membri si è legato alla riforma interna del funzionamento delle istituzioni Ue ha senz’ombra di dubbio garantito uno spazio non indifferente nei programmi delle famiglie politiche europee (fatta eccezione per Identità e Democrazia che ha scelto di non adottarne uno comune per i partiti aderenti). Nessuno è più contrario a un incremento nel numero dei Paesi membri, perché ciascuna capitale e ciascun partito europeo hanno propri interessi e fini, ma possono differire sensibilmente le tappe e le modalità di gestione di un processo molto politico oltre che tecnico.Il Ppe e le “misure intermedie”“Ogni Paese candidato deve essere pronto per l’adesione, nel frattempo dovremmo adottare misure intermedie e una più stretta cooperazione per mettere i candidati nella migliore posizione per l’adesione”, è questo il cuore della posizione del Partito Popolare Europeo (Ppe) per quanto riguarda il “mantenere le promesse di adesione dell’Ue e una strategia di allargamento lungimirante” per i sei Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia), Ucraina, Moldova e Georgia. Come emerge dal Manifesto per le elezioni europee del 2024, il Ppe non fa sconti sul fatto che “tutti i Paesi candidati debbano sottostare alle stesse regole nel percorso verso la piena adesione” e, nonostante “non vogliamo un processo infinito”, i criteri di Copenaghen che sanciscono le basi fondanti per l’ingresso nell’Unione “devono essere chiaramente soddisfatti” per qualsiasi processo di allargamento Ue.La presidente della Commissione Europea in carica, Ursula von der Leyen, nominata Spitzenkandidatin del Partito Popolare Europeo al Congresso di Bucarest il 7 marzo 2024 (credits: Daniel Mihailescu / Afp)Non trovano spazio nel programma dei popolari europei la riforma dei Trattati e il suo legame con il futuro allargamento Ue, ma il riferimento al “rispetto delle relazioni di buon vicinato con tutti gli Stati membri dell’Ue” mostra tra le righe quanto il Ppe sia particolarmente sensibili ad alcune istanze dei partiti nazionali che aderiscono alla famiglia politica europea di centro-destra (come nel caso dei greci di Nuova Democrazia con l’Albania e con la Macedonia del Nord e dei bulgari di Gerb di nuovo con i vicini macedoni). “Qualsiasi decisione deve basarsi su risultati concreti forniti dai Paesi candidati”, dopo valutazioni di “prerequisiti minimi per ogni Stato che aspira ad entrare nell’Ue“, tra cui anche rispetto dello Stato di diritto, delle istituzioni democratiche e dei diritti umani. Per quanto riguarda il delicato capitolo sulla Turchia – i cui negoziati sono congelati dal 2018 – il Ppe per il momento “esclude la possibilità di un’adesione” di Ankara all’Unione, ma spinge per un “miglioramento dell’unione doganale esistente e la facilitazione dei visti” per “aprire la strada alla sua vocazione europea”.Il Pes tra allargamento “efficace” e architettura UeIl Manifesto del Partito del Socialismo Europeo (Pes) per le elezioni europee 2024 evidenzia come l’allargamento Ue sia stato nella storia recente dell’Europa “un successo, che ha portato democrazia, prosperità e sicurezza” sul continente. Per questo motivo viene visto “con favore” l’avvio dei negoziati di adesione con Ucraina, Moldova e Bosnia ed Erzegovina “e sosteniamo le aspirazioni europee della Georgia” (nonostante le recenti sfide poste dal suo stesso governo). Nessuno sconto invece per la Turchia, a differenza dei popolari europei: “In assenza di un drastico cambiamento di rotta, il processo di adesione non può essere ripreso nelle attuali circostanze”.Il commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, nominato Spitzenkadidat del Partito del Socialismo Europeo al Congresso di Roma (2 marzo 2024)I socialisti europei parlano dell’attuazione di una politica di allargamento Ue “efficace”, con il punto di partenza nei Balcani Occidentali”, ma pur sempre “insistendo affinché tutti i Paesi candidati soddisfino tutti i criteri di adesione”. È qui però che si innesta la questione parallela all’allargamento Ue della “seria valutazione delle riforme dell’architettura dell’Ue” considerate “necessarie” per un’Europa “più efficiente e democratica, più trasparente e più vicina ai cittadini”. È con questo obiettivo che il Pes promette di “utilizzare la prossima legislatura per rafforzare la capacità dell’Ue di agire in un’Unione allargata, con modifiche mirate del Trattato“. In questo quadro – anche se la proposta rimane piuttosto vaga – l’idea è di dotare Parlamento e Commissione Ue di “strumenti per salvaguardare la nostra democrazia, rafforzare la nostra economia, proteggere il nostro ambiente e il nostro modello sociale”.Renew Europe per “riaprire i Trattati”È nelle 10 priorità di Renew Europe che si legge la più stretta interconnessione tra allargamento Ue e riforma dei Trattati fondanti dell’Unione. “Più siamo e più siamo forti, ma la governance di un intero continente non è una questione banale, è tempo di riaprire i Trattati“, è l’esortazione in vista delle europee di giugno, accompagnata da un avvertimento preciso: “Senza riforme profonde, l’allargamento rischia di trasformarsi in un fallimento per tutti“. A proposito dell’ingresso di nuovi membri, i liberali europei si concentrano soprattutto sull’Ucraina – che “deve aderire e aderirà” – e sul fatto che tutti coloro che soddisfano i criteri di Copenaghen “dovrebbero aderire all’area di libera circolazione di Schengen senza ulteriori ritardi”. Ma i Ventisette devono “essere in grado di accoglierla, come gli altri candidati” sulla base di un intenso lavoro interno.Da sinistra, i tre candidati comuni per la campagna Renew Europe Now lanciata a Bruxelles (20 marzo 2024): Sandro Gozi (Pde), Marie-Agnes Strack-Zimmermann (Alde) e Valérie Hayer (Renaissance)L’obiettivo dichiarato è che la riforma dei Trattati Ue “deve avvenire e deve avvenire ora”, attraverso una serie di proposte per una maggiore integrazione europea. In primis un aumento di “efficienza, trasparenza e responsabilità” delle istituzioni dell’Unione – “le riunioni in cui si riuniscono i ministri nazionali sono troppo opache” – ma anche la trasformazione della Commissione “in un vero e proprio governo democratico, con un solo presidente alla guida dell’esecutivo dell’Ue“, il rafforzamento del ruolo del Parlamento Europeo “affinché la voce dei cittadini risuoni ancora più forte di oggi”, e soprattutto “vogliamo eliminare i veti” che tengono in ostaggio le decisioni comuni a Bruxelles.I Verdi e il rispetto delle promesse“Il prossimo passo necessario, un’Europa unita pronta per l’allargamento”, è il titolo del capitolo del Manifesto del Partito Verde Europeo per le europee 2024 a proposito dell’Unione presente e futura, che non lascia spazio a dubbi sulla necessità di “riformare i suoi Trattati e procedere verso un’Europa federale in grado di agire e di accogliere nuovi membri“. Il punto di partenza è la Conferenza sul futuro dell’Europa del 2019, in cui i cittadini dei 27 Paesi membri “hanno lanciato un chiaro messaggio di sostegno a nuovi Trattati che conferiscano maggiori competenze all’Ue”, ma anche il desiderio di “molte persone nel vicinato europeo di diventare cittadini” di un progetto politico che è “una promessa di pace, giustizia, valori condivisi e prosperità”. Da qui dovrebbe scaturire “una nuova spinta” all’allargamento Ue, “attesa da tempo” e con implicazioni geopolitiche”, in primis sul fatto che continua a rendere “meno importanti le frontiere” ed è perciò “la migliore prospettiva per una pace e una sicurezza durature in Europa”.Da sinistra, i due candidati comuni del Partito Verde Europeo nominati al Congresso di Lione (3 febbraio 2024): Terry Reintke e Bas Eickhout (credits: Olivier Chassignole / Afp)Con questa visione di breve e lungo periodo “tutti i Paesi europei che aspirano a far parte o a rientrare nell’Ue” – un chiaro messaggio di apertura ai cittadini del Regno Unito – “e che condividono i nostri valori devono essere accolti”, ricevendo da Bruxelles “tutto il sostegno necessario per soddisfare i criteri”. Perché per i Verdi europei si tratta di “mantenere le promesse” fatte ai Paesi candidati (ma non viene citata la Turchia), con un accento particolare posto sul “sostegno agli sforzi del Kosovo per diventare un candidato all’adesione” e sul fatto che “ogni Paese candidato dovrebbe essere in grado di seguire il proprio percorso verso l’Ue indipendentemente dai progressi degli altri Paesi candidati” (a proposito di Albania e Macedonia del Nord, e di Kosovo e Serbia). Inoltre viene rimarcato che il “futuro dell’Ucraina è nell’Unione Europea” e i Verdi europei si impegnano a “sostenere le autorità ucraine nell’introduzione delle riforme necessarie”. Per fare tutto questo, le istituzioni Ue dovrebbero “collaborare più strettamente con la società civile”, ma soprattutto “superare l’unanimità in Consiglio che attualmente ostacola l’adesione“. Perché, in definitiva, “l’accoglienza di nuovi membri deve servire come spinta vitale per le riforme interne”, facendo sì che gli Stati membri possano prendere decisioni “in modo efficiente ed efficace”.Ecr contro l’allargamento Ue come aumento dell’integrazioneBreve ma incisivo il paragrafo sull’allargamento Ue nel Manifesto del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) in vista delle elezioni europee di giugno: “È fondamentale che l’Ue non sfrutti questa opportunità per espandere i propri poteri”. Nonostante i conservatori europei si dicano disposti a “prendere in considerazione un ulteriore allargamento Ue a Paesi strategicamente importanti” (sulla base di merito e sul rispetto dei criteri di Copenaghen), mettono in chiaro che “rifiuteremo categoricamente qualsiasi approfondimento automatico dell’integrazione politica dell’Ue come risultato diretto” del processo di allargamento. Porta chiusa a una riforma dei Trattati Ue, senza eccezioni.La Sinistra e le salvaguardie democraticheLo Spitzenkadidat del Partito della Sinistra Europea nominato al Congresso di Lubiana (24 febbraio 2024), Walter BaierAnche il Manifesto del Partito della Sinistra Europea si concentra sulle priorità dell’allargamento Ue – senza citare alcuna riforma dei Trattati o maggiore integrazione europea – mettendo però al centro i “criteri chiari che non devono essere indeboliti” in questa sfera: “Gli Stati possono diventare membri dell’Ue solo se rispettano i diritti umani, lo Stato di diritto e i diritti sociali e politici delle loro popolazioni, comprese le minoranze”. In questo senso la politica di allargamento Ue “non deve essere uno strumento per approfondire le fratture all’interno dell’Europa e aumentare le tensioni militari”, né tantomeno dovrebbe “assegnare ai Paesi aderenti il ruolo di fornitori di materie prime, prodotti agricoli e manodopera a basso costo, come sta già facendo”. L’esortazione della Sinistra è quella di “concentrarsi sulla salvaguardia della democrazia e dello Stato di diritto” e parallelamente sul “rafforzamento della coesione sociale nei Paesi candidati e negli Stati membri”.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    I primi pagamenti Ue dal Piano di crescita per i Balcani Occidentali potrebbero arrivare entro l’estate

    Bruxelles – Il percorso legislativo è terminato, ora inizia la fase di messa a terra. Con il via libera definitivo del Consiglio dell’Ue allo Strumento di riforma e crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi di euro, il nuovo Piano dell’Unione a sostegno delle economie dei sei Paesi partner è pronto per mostrare subito i primi risultati concreti. Già nei prossimi mesi. “Se tutto andrà bene, speriamo di poter effettuare un primo pagamento entro l’estate“, ha anticipato alla stampa oggi (7 maggio) la portavoce della Commissione Ue responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Ana Pisonero, commentando la notizia dell’approvazione finale del Consiglio all’accordo raggiunto con i co-legislatori del Parlamento Ue un mese fa.A questo punto sono attesi solo i passaggi formali a Bruxelles: firma del Regolamento che istituisce il nuovo Strumento, pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue ed entrata in vigore (il giorno successivo). “I nostri partner dei Balcani Occidentali stanno preparando le Agende di riforma per poter accedere ai finanziamenti dallo Strumento“, ha spiegato la portavoce, precisando che la Commissione si aspetta che “le presentino una volta che il Regolamento sarà entrato in vigore”. Le Agende di riforma di ciascuno dei sei partner balcanici – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – definiranno le riforme socio-economiche e fondamentali da intraprendere tra il 2024 e il 2027 per accedere ai fondi (2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 in prestiti agevolati). “I programmi dovranno essere valutati approvati dalla Commissione dopo le consultazioni con i Paesi membri”, dopodiché potranno essere messe sul piatto “assegnazioni indicative basate sul Pil e sulla popolazione“, ha concluso Pisonero.Il sostegno attraverso il Piano di crescita sarà fornito per metà dal Quadro per gli investimenti nei Balcani Occidentali (Wbif) sotto forma di sovvenzioni e prestiti per gli investimenti a sostegno delle Agende di riforma, e per metà da prestiti erogati direttamente ai bilanci nazionali dei partner sulla base delle principali riforme socio-economiche. I pagamenti saranno effettuati due volte l’anno, “a condizione che i partner rispettino le fasi qualitative e quantitative” delle Agende (in caso contrario l’Ue può decidere di tagliare i fondi). Anche considerate alcune perplessità evidenziate dalla Corte dei Conti Europea, il Piano di crescita per i Balcani Occidentali prevede un approccio ‘prima i fondamentali’, vale a dire il collegamento tra Stato di diritto, lotta alla corruzione e diritti fondamentali con le altre due aree cruciali del processo di adesione Ue: la governance economica e il rafforzamento delle istituzioni democratiche e della riforma della pubblica amministrazione.Per rafforzare la trasparenza è previsto anche che i dati aggiornati sui destinatari finali che ricevono finanziamenti superiori a 50 mila euro cumulativamente per un periodo di quattro anni siano resi disponibili su una pagina web apposita.Cos’è il Piano di crescita per i Balcani OccidentaliIl Piano di crescita per i Balcani Occidentali è stato largamente anticipato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e illustrato ai diretti interessati nel corso del suo ultimo tour autunnale nella regione, prima della presentazione ufficiale lo scorso 8 novembre in parallelo con la pubblicazione del Pacchetto Allargamento Ue 2023. “È qualcosa di eccezionale, sappiamo che il miracolo della prosperità arriva con l’accesso al Mercato unico e stiamo già iniziando questo processo, non stiamo aspettando la decisione finale sull’adesione politica“, aveva rivendicato la numero uno dell’esecutivo comunitario, illustrando i 4 pilastri di un Piano che dovrebbe sia “chiudere il gap economico e sociale” tra Ue e regione balcanica sia permettere “l’integrazione sul campo anche prima che entrino formalmente come Paesi membri”.Il primo pilastro è proprio l’integrazione economica nel Mercato unico in sette settori fondamentali, a condizione di un allineamento alle regole Ue e dell’apertura dei settori pertinenti ai Paesi vicini: libera circolazione delle merci, libera circolazione dei servizi e dei lavoratori, accesso all’Area unica dei pagamenti in euro (Sepa), facilitazione del trasporto su strada, integrazione e de-carbonizzazione dei mercati energetici, mercato unico digitale e integrazione nelle catene di approvvigionamento industriale. Il secondo pilastro è quello dell’integrazione economica interna attraverso il Mercato regionale comune (basato su regole e standard Ue): Bruxelles stima che solo questo fattore potrebbe potenzialmente aggiungere un 10 per cento alle economie dei Sei balcanici. Il terzo pilastro riguarda le riforme fondamentali, che nel Piano di Bruxelles andranno da una parte a sostenere il percorso dei Balcani Occidentali verso l’adesione Ue e dall’altro sosterranno gli investimenti esteri e il rafforzamento della stabilità regionale.A proposito di investimenti, è qui che si inserisce il quarto pilastro dell’assistenza finanziaria Ue alle riforme per tutti i sei partner. Si tratta nello specifico di un nuovo strumento di riforma e crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi di euro per il periodo 2024-2027, i cui pagamenti saranno vincolati all’attuazione delle riforme socio-economiche concordate (esattamente come Next Generation Eu per i Ventisette). Con la revisione intermedia del Quadro finanziario pluriennale Ue 2021-2027 è stato dato il via libera allo strumento composto di 2 miliardi di euro in sovvenzioni (finite nel bilancio Ue senza modifiche alla proposta della Commissione) e 4 miliardi in prestiti agevolati, per la cui messa a terra servirà prima che ciascuno dei sei Paesi presenti un’agenda di riforme basata sulle raccomandazioni del Pacchetto Allargamento e dei Programmi di riforma economica (Erp).La presidente della Commissione Europea, Ursula von der LeyenVa infine segnalato che per Serbia e Kosovo c’è una clausola supplementare, che “si impegnino in modo costruttivo con progressi misurabili e risultati tangibili nella normalizzazione delle loro relazioni”. In altre parole, senza progressi nel dialogo Pristina-Belgrado, rimarranno in stallo – o andranno perduti – i finanziamenti previsti dal Piano. Lo stesso discorso vale per la Bosnia ed Erzegovina in caso di mancata implementazione delle riforme fondamentali: “Le risorse saranno ridistribuite ad altri Paesi che sono in grado di farlo, questo è un forte incentivo ad andare avanti in modo attivo”, ha avvertito la numero uno della Commissione nella sua tappa del primo novembre a Sarajevo.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    C’è l’accordo tra i co-legislatori Ue sul nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi

    Bruxelles – Il nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali prende sempre più forma e con la legislatura europea agli sgoccioli si indirizza verso la sua conclusione anche l’iter legislativo per la messa a terra dello Strumento che dovrebbe portare all’erogazione di 6 miliardi di euro a supporto delle economie di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia. Il Parlamento e il Consiglio dell’Ue hanno trovato oggi (4 aprile) l’intesa provvisoria sulla proposta della Commissione Europea per lo Strumento di riforma e crescita per i Balcani Occidentali, composto di 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 in prestiti agevolati.

    “Accolgo con favore il fatto che questo mandato parlamentare abbia rafforzato l’allargamento, riportandolo in agenda, e questo accordo lo conferma”, ha sottolineato il co-relatore croato per il Parlamento Europeo Tonino Picula (S&D), rimarcando con forza che i negoziati hanno portato all’inclusione tra gli obiettivi-chiave per l’erogazione dei finanziamenti anche “il pieno allineamento alla politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, comprese le misure restrittive“, un segnale “chiaro” per Paesi come la Serbia. A confermare la portata dell’intesa con la presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue anche il collega – anche lui croato – Karlo Ressler (Ppe), che ha messo in evidenza come questo sia “un ulteriore importante strumento che avvicinerà questi Paesi all’Ue” a strettissimo giro dalla “storica apertura dei colloqui di adesione con la Bosnia ed Erzegovina” durante l’ultimo Consiglio Europeo.Anche considerate alcune perplessità evidenziate dalla Corte dei Conti Europea, è stato incluso nel Piano di crescita per i Balcani Occidentali l’approccio ‘prima i fondamentali’, vale a dire il collegamento tra Stato di diritto, lotta alla corruzione e diritti fondamentali con le altre due aree cruciali del processo di adesione Ue: la governance economica e il rafforzamento delle istituzioni democratiche e della riforma della pubblica amministrazione. Inoltre è stata rafforzata la supervisione parlamentare con un dialogo regolare ad alto livello con la Commissione Europea per monitorare i progressi dello Strumento, mentre sul piano della trasparenza i dati aggiornati sui destinatari finali che ricevono finanziamenti superiori a 50 mila euro cumulativamente per un periodo di quattro anni dovranno essere resi disponibili su una pagina web apposita. A questo punto l’intesa provvisoria deve essere solo approvata dalla plenaria del Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Ue, prima dell’entrata in vigore.Cos’è il Piano di crescita per i Balcani OccidentaliIl Piano di crescita per i Balcani Occidentali è stato largamente anticipato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e illustrato ai diretti interessati nel corso del suo ultimo tour autunnale nella regione, prima della presentazione ufficiale lo scorso 8 novembre in parallelo con la pubblicazione del Pacchetto Allargamento Ue 2023. “È qualcosa di eccezionale, sappiamo che il miracolo della prosperità arriva con l’accesso al Mercato unico e stiamo già iniziando questo processo, non stiamo aspettando la decisione finale sull’adesione politica“, aveva rivendicato la numero uno dell’esecutivo comunitario, illustrando i 4 pilastri di un Piano che dovrebbe sia “chiudere il gap economico e sociale” tra Ue e regione balcanica sia permettere “l’integrazione sul campo anche prima che entrino formalmente come Paesi membri”.

    Il primo pilastro è proprio l’integrazione economica nel Mercato unico in sette settori fondamentali, a condizione di un allineamento alle regole Ue e dell’apertura dei settori pertinenti ai Paesi vicini: libera circolazione delle merci, libera circolazione dei servizi e dei lavoratori, accesso all’Area unica dei pagamenti in euro (Sepa), facilitazione del trasporto su strada, integrazione e de-carbonizzazione dei mercati energetici, mercato unico digitale e integrazione nelle catene di approvvigionamento industriale. Il secondo pilastro è quello dell’integrazione economica interna attraverso il Mercato regionale comune (basato su regole e standard Ue): Bruxelles stima che solo questo fattore potrebbe potenzialmente aggiungere un 10 per cento alle economie dei Sei balcanici. Il terzo pilastro riguarda le riforme fondamentali, che nel Piano di Bruxelles andranno da una parte a sostenere il percorso dei Balcani Occidentali verso l’adesione Ue e dall’altro sosterranno gli investimenti esteri e il rafforzamento della stabilità regionale.A proposito di investimenti, è qui che si inserisce il quarto pilastro dell’assistenza finanziaria Ue alle riforme per tutti i sei partner. Si tratta nello specifico di un nuovo strumento di riforma e crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi di euro per il periodo 2024-2027, i cui pagamenti saranno vincolati all’attuazione delle riforme socio-economiche concordate (esattamente come Next Generation Eu per i Ventisette). Con la revisione intermedia del Quadro finanziario pluriennale Ue 2021-2027 è stato dato il via libera allo strumento composto di 2 miliardi di euro in sovvenzioni (finite nel bilancio Ue senza modifiche alla proposta della Commissione) e 4 miliardi in prestiti agevolati, per la cui messa a terra servirà prima che ciascuno dei sei Paesi presenti un’agenda di riforme basata sulle raccomandazioni del Pacchetto Allargamento e dei Programmi di riforma economica (Erp).Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić (31 ottobre 2023)Va infine segnalato che per Serbia e Kosovo c’è una clausola supplementare: “Devono impegnarsi in modo costruttivo nel dialogo sulla normalizzazione delle relazioni”, ha specificato la presidente von der Leyen. In altre parole, senza progressi nel dialogo Pristina-Belgrado, rimarranno in stallo – o andranno perduti – i finanziamenti previsti dal Piano. Lo stesso discorso vale per la Bosnia ed Erzegovina in caso di mancata implementazione delle riforme fondamentali: “Le risorse saranno ridistribuite ad altri Paesi che sono in grado di farlo, questo è un forte incentivo ad andare avanti in modo attivo”, ha avvertito la numero uno della Commissione nella sua tappa del primo novembre a Sarajevo.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews