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    La Commissione Ue ha proposto di stanziare 6 miliardi di euro per il Piano di crescita per i Balcani Occidentali

    Bruxelles – Era stato annunciato, anticipato e illustrato ai diretti interessati, ora è arrivata la presentazione formale, che ha delle implicazioni non indifferenti anche per i Ventisette. Il Piano di crescita per i Balcani Occidentali è stato messo sul tavolo oggi (8 novembre) dalla Commissione Europea nel corso della stessa conferenza stampa in cui sono state annunciate le sostanziali novità del Pacchetto Allargamento Ue 2023, dopo essere stati adottati entrambi dal Collegio dei commissari. “È qualcosa di eccezionale, sappiamo che il miracolo della prosperità arriva con l’accesso al Mercato unico e stiamo già iniziando questo processo, non stiamo aspettando la decisione finale sull’adesione politica”, ha rivendicato con forza la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma ora la proposta dovrà passare dal vaglio dei 27 governi Ue e degli eurodeputati, dal momento in cui implica modifiche alla revisione intermedia del bilancio pluriennale dell’Unione.Proprio von der Leyen – di ritorno dal suo tour balcanico in cui ha illustrato ai partner i punti principali di questo Piano economico ritagliato su misura di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – ha spiegato come allineare le economie balcaniche a quelle degli attuali Stati membri Ue e, così facendo, “anticipare i benefici dell’adesione”. A essere eccezionale è proprio il fatto di “aprire in questo modo il nostro Mercato unico, ci aspettiamo che tra loro aprano il Mercato regionale”, ha ricordato von der Leyen, sottolineando che “tutto questo potrebbe raddoppiare le loro economie nel prossimo decennio“, a patto che vengano messi a terra “riforme e investimenti”.È così che la presidente von der Leyen, affiancata dal commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha illustrato i 4 pilastri del Piano che presenta “un approccio completamente nuovo per chiudere il gap economico e sociale” tra Ue e regione balcanica “con la possibilità di integrazione sul campo anche prima che entrino formalmente come Paesi membri”. Il primo pilastro è proprio l’integrazione economica nel Mercato unico in sette settori fondamentali, “a patto che si allineino alle regole e aprano i settori e le aree pertinenti a tutti i loro vicini”: libera circolazione delle merci, libera circolazione dei servizi e dei lavoratori, accesso all’Area unica dei pagamenti in euro (Sepa), facilitazione del trasporto su strada, integrazione e de-carbonizzazione dei mercati energetici, mercato unico digitale e integrazione nelle catene di approvvigionamento industriale.La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (8 novembre 2023)Il secondo pilastro è quello dell’integrazione economica interna attraverso il Mercato regionale comune (basato su regole e standard Ue). La Commissione Ue stima che solo questo fattore “potrebbe potenzialmente aggiungere il 10 per cento alle loro economie”. Il terzo pilastro riguarda invece le riforme fondamentali, che nel Piano di Bruxelles è semplicemente essenziale. “Abbiamo fatto esperienza nell’Ue di combinare riforme e investimenti dopo la pandemia Covid-19 con il Next Generation Eu e ha funzionato molto bene, non vedo perché non dovrebbe funzionare anche per voi”, aveva messo in chiaro von der Leyen nel suo viaggio nelle capitali balcaniche. Per l’esecutivo comunitario questo pilastro avrà un doppio beneficio: da una parte “sosterrà il percorso dei Balcani Occidentali verso l’adesione Ue” e dall’altro “attrarrà investimenti esteri e rafforzerà la stabilità regionale”.A proposito di investimenti, è qui che si inserisce il quarto pilastro dell’assistenza finanziaria Ue alle riforme per tutti i sei partner. Si tratta nello specifico di un nuovo strumento di riforma e crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi di euro per il periodo 2024-2027 (con la revisione del Bilancio Ue) i cui pagamenti saranno vincolati all’attuazione delle riforme socio-economiche concordate. Esattamente come Next Generation Eu per i Ventisette. Lo strumento sarà composto di 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 miliardi in prestiti agevolati e per la messa a terra servirà prima che ciascuno dei sei Paesi presenti un’agenda di riforme basata sulle raccomandazioni del Pacchetto Allargamento e dei Programmi di riforma economica (Erp). Ma questo ultimo punto ha un impatto diretto anche per gli attuali membri dell’Unione e sulle istituzioni comunitarie, dal momento in cui interessa la revisione di bilancio pluriennale 2021-2027 in corso di valutazione da parte del Parlamento e del Consiglio dell’Ue: spetterà ora ai co-legislatori esaminare la proposta di questo nuovo strumento nel quadro del pacchetto di revisione intermedia. “Siamo pronti a stanziare i finanziamenti del Piano all’interno del quadro finanziario pluriennale corrente”, ha assicurato il commissario Várhelyi.Va infine segnalato che per Serbia e Kosovo c’è una clausola supplementare: “Devono impegnarsi in modo costruttivo nel dialogo sulla normalizzazione delle relazioni”. In altre parole, senza progressi nel dialogo Pristina-Belgrado, rimarranno in stallo – o andranno perduti – i finanziamenti previsti dal Piano. Lo stesso discorso vale per la Bosnia ed Erzegovina in caso di mancata implementazione delle riforme fondamentali: “Le risorse saranno ridistribuite ad altri Paesi che sono in grado di farlo, questo è un forte incentivo ad andare avanti in modo attivo”, aveva avvertito la numero uno della Commissione a Sarajevo.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews
    Insieme al Pacchetto Allargamento è arrivata la presentazione formale del Piano che dovrebbe allineare le economie balcaniche con quelle dei Ventisette “per anticipare i benefici dell’adesione”. Ma serve il via libera dei co-legislatori Ue nella revisione di bilancio pluriennale

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    Si chiude in Bosnia ed Erzegovina il tour balcanico di von der Leyen: “Riforme cruciali per adesione Ue e Piano di crescita”

    Bruxelles – Un anno dopo, con un risultato concreto alle spalle e una strada che rimane complicata ma con un nuovo impulso economico. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha chiuso ieri (primo novembre) in Bosnia ed Erzegovina la sua quattro-giorni di tour nei Balcani Occidentali, con un messaggio di incoraggiamento per il cammino del Paese verso l’adesione all’Unione Europea e un avvertimento ad accelerare sulle riforme fondamentali: “Sappiamo tutti che per raggiungere l’obiettivo di progredire abbiamo bisogno che la Bosnia ed Erzegovina parli con una sola voce e proceda unita, non possiamo accettare un arretramento sui nostri valori comuni o divisioni, in nessuna parte del vostro Paese”.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e la presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina, Borjana Krišto, a Sarajevo (primo novembre 2023)L’ultima tappa dell’annuale tour nella regione da parte della numero uno dell’esecutivo comunitario è stata l’occasione per riconfermare il sostegno di Bruxelles a Sarajevo dopo la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue il 15 dicembre dello scorso anno, “una giornata storica, molto emozionante e molto importante”. Poco più di 365 giorni dopo l’ultima volta nella capitale bosniaca, von der Leyen ha messo in chiaro su quali binari dovrà procedere il cammino del Paese per l’avvio effettivo dei negoziati di adesione e per la messa a terra del nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali presentato proprio dalla presidente della Commissione Ue nel suo viaggio in tutte le capitali della regione: “L’obiettivo dovrebbe essere quello di compiere progressi decisivi sulle 14 priorità-chiave” che riguardano riforme in ambito di Stato di diritto, diritti fondamentali, pubblica amministrazione ed economia.Nonostante le enormi difficoltà di un Paese diviso su molte direttrici – non da ultimo quella tra le due entità della Federazione di Bosnia ed Erzegovina e della Republika Sprska – von der Leyen ha scelto un’impostazione ottimista. “La nomina del governo e il lavoro che avete svolto nel primo anno di mandato dimostrano che il Paese è in grado di ottenere risultati” e ora sarà necessario concretizzare il pacchetto di misure sullo Stato di diritto composto di tre leggi: quella sui tribunali, quella sul conflitto d’interesse e quella sul riciclaggio di denaro sporco. “Sarebbe la prova delle capacità di rafforzare le fondamenta della democrazia”, ha messo in chiaro la leader della Commissione, rassicurata in conferenza stampa dalla presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina, Borjana Krišto: “Siamo a un momento decisivo per trovare un accordo su queste riforme fondamentali”. Perché all’orizzonte non ci sono solo il Pacchetto Allargamento (atteso per l’8 novembre) e il Consiglio Europeo di dicembre, in cui si capirà se ci sono le condizioni per avviare i negoziati di adesione, ma le riforme saranno “cruciali” anche per i futuri stanziamenti economici del Piano di crescita per i Balcani Occidentali: “Se non saranno implementate, le risorse saranno ridistribuite ad altri Paesi che sono in grado di farlo, questo è un forte incentivo ad andare avanti in modo attivo”, ha avvertito von der Leyen.In altre parole, senza progressi sulle riforme rimarranno in stallo – o andranno perduti – i finanziamenti previsti per la Bosnia ed Erzegovina all’interno del pacchetto complessivo da 6 miliardi di euro e fondato su quattro pilastri. Il primo riguarda l’integrazione nelle dimensioni chiave del Mercato unico dell’Ue, il secondo è legato al completamento del Mercato regionale comune, il terzo si basa sul liberare il pieno potenziale economico attraverso riforme fondamentali sia sullo Stato di diritto sia in materia economica. E infine il pilastro del finanziamento da parte di Bruxelles: il pacchetto da 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 in prestiti. “C’è un grande potenziale non sfruttato”, ha messo in chiaro la leader dell’esecutivo comunitario a Sarajevo, facendo riferimento al fatto che l’economia bosniaca “è pari al 35 per cento della media Ue”. Ecco perché “dobbiamo avvicinare le nostre economie” con l’approccio ‘riforme-investimenti’, al pari del Next Generation Eu per i Ventisette: “Sappiamo quanto sia importante la prosperità economica per il funzionamento di qualsiasi Paese” e per le prospettive di integrazione europea, è stato l’ultimo messaggio di von der Leyen nel suo tour balcanico.Il percorso di adesione Ue della Bosnia ed ErzegovinaIl cammino di avvicinamento della Bosnia ed Erzegovina all’Unione Europea è iniziato il 15 febbraio 2016, con la presentazione ufficiale della domanda di adesione. Per più di sei anni non è arrivata nessuna risposta positiva da parte delle istituzioni comunitarie, proprio per la situazione quasi disastrata del Paese sul fronte delle condizioni-base (i criteri di Copenaghen) per essere considerato un candidato formale. Tuttavia negli ultimi due anni si sono intensificati i segnali di fiducia soprattutto da parte dell’esecutivo comunitario e della sua presidente, anche considerati i rischi di destabilizzazione russa di un Paese e di una regione molto delicati che si trovano nel cuore dell’Europa.È così che in occasione della presentazione del Pacchetto Allargamento 2022 è arrivata la raccomandazione al Consiglio di concedere alla Bosnia ed Erzegovina lo status di candidato all’adesione Ue, condita da un discorso particolarmente appassionato a Sarajevo di von der Leyen durante il precedente viaggio nelle capitali balcaniche per annunciare il supporto energetico di Bruxelles. Dopo aver valutato il parere della Commissione, il vertice dei leader Ue del 15 dicembre 2022 ha dato il via libera alla concessione alla Bosnia ed Erzegovina dello status di Paese candidato all’adesione Ue, sottolineando allo stesso tempo la necessità di implementare le riforme fondamentali nei settori dello Stato di diritto, dei diritti fondamentali, del rafforzamento delle istituzioni democratiche e della pubblica amministrazione. Nel processo di allargamento Ue Sarajevo è diventato così l’ottavo candidato all’adesione.L’ostacolo Republika SrpskaEppure il percorso di avvicinamento della Bosnia ed Erzegovina all’Unione è reso particolarmente ostico dal presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, che si è fatto promotore di un progetto secessionista dall’ottobre del 2021. L’obiettivo è quello di sottrarsi dal controllo dello Stato centrale in settori fondamentali come l’esercito, il sistema fiscale e il sistema giudiziario, a più di 20 anni dalla fine della guerra etnica in Bosnia ed Erzegovina. Il Parlamento Europeo ha evocato sanzioni economiche e, dopo la dura condanna dei tentativi secessionisti dell’entità a maggioranza serba in Bosnia (con un progetto di legge per l’istituzione di un Consiglio superiore della magistratura autonomo), a metà giugno del 2022 i leader bosniaci si sono radunati a Bruxelles per siglare una carta per la stabilità e la pace, incentrata soprattutto sulle riforme elettorali e costituzionali nel Paese balcanico.Da sinistra: il presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, e l’autocrate russo, Vladimir Putin, al Cremlino il 23 maggio 2023 (credits: Alexey Filippov / Sputnik / Afp)Ma da quest’anno le preoccupazioni si sono fatte sempre più concrete. A fine marzo il governo dell’entità serbo-bosniaca ha presentato un progetto di legge per istituire un registro di associazioni e fondazioni finanziate dall’estero. La cosiddetta legge sugli ‘agenti stranieri’ è simile a quella adottata da Mosca nel dicembre 2022 ed è stata approvata a fine settembre dall’Assemblea nazionale di Banja Luka, tra le apre critiche di Bruxelles. Ma parallelamente è avanzato anche l’iter per l’adozione degli emendamenti al Codice Penale che reintroducono sanzioni penali per diffamazione. Dopo la proposta – anch’essa a fine marzo – l’entrata in vigore è datata 18 agosto e ora sono previste multe da 5 mila a 20 mila marchi bosniaci (2.550-10.200 euro) se la diffamazione avviene “attraverso la stampa, la radio, la televisione o altri mezzi di informazione pubblica, durante un incontro pubblico o in altro modo”. Il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) e la delegazione Ue a Sarajevo hanno attaccato Banja Luka, mettendo in luce che le due leggi “hanno avuto un effetto spaventoso sulla libertà di parola nella Republika Srpska“.Alle provocazioni secessioniste si è affiancato dal 24 febbraio dello scorso anno il non-allineamento alla politica estera dell’Unione e alle sanzioni internazionali contro il Cremlino: insieme alla Serbia la Bosnia ed Erzegovina è l’unico Paese europeo a non aver adottato misure restrittive a causa dell’opposizione della componente serba della presidenza tripartita. Già il 20 settembre dello scorso anno Dodik aveva viaggiato a Mosca per un incontro bilaterale con Putin, dopo le provocazioni ai partner occidentali sull’annessione illegale delle regioni ucraine occupate dalla Russia. Provocazioni che sono continuate a inizio gennaio di quest’anno con il conferimento all’autocrate russo dell’Ordine della Republika Srpska (la più alta onorificenza dell’entità a maggioranza serba del Paese balcanico) – come riconoscimento della “preoccupazione patriottica e l’amore” nei confronti delle istanze di Banja Luka – in occasione della Giornata nazionale della Republika Srpska, festività incostituzionale secondo l’ordinamento bosniaco. Come se bastasse, Dodik ha compiuto un secondo viaggio a Mosca il 23 maggio, mentre a Bruxelles sono emerse perplessità sulla mancata reazione da parte dell’Unione con sanzioni. Fonti Ue hanno rivelato a Eunews che esiste già da tempo un quadro di misure restrittive pronto per essere applicato, ma l’Ungheria non permette il via libera. Per qualsiasi azione del genere di politica estera serve l’unanimità in seno al Consiglio.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews
    In vista del Pacchetto Allargamento e del Consiglio Europeo la presidente della Commissione Ue ha esortato Sarajevo ad attuare tre leggi fondamentali sullo Stato di diritto. Con un avvertimento: “Le risorse economiche saranno redistribuite ad altri Paesi in caso di mancata implementazione”

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    Inizia l’annuale tour di von der Leyen nei Balcani Occidentali, a una settimana dal cruciale Pacchetto Allargamento Ue

    Bruxelles – È iniziato in Macedonia del Nord l’ormai tradizionale tour autunnale della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nelle capitali dei Balcani Occidentali e quest’anno il viaggio arriva a pochi giorni dall’appuntamento più atteso dai Paesi che attendono di accedere all’Unione Europea: la pubblicazione del Pacchetto Allargamento da parte dell’esecutivo comunitario, attesa per l’8 novembre. Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – tralasciata solo l’Albania, in cui però la leader della Commissione è stata appena due settimane fa in occasione del vertice dei leader del Processo di Berlino – per una quattro giorni di incontri istituzionali con alcuni punti fissi in agenda: progressi nel percorso di avvicinamento e nei negoziati di adesione Ue, definizione dei punti del nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali e freno alle tensioni nella regione.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, a Skopje (30 ottobre 2023)“Ogni volta che von der Leyen fa visita nel Paese, arriva con proposte concrete per l’avvicinamento all’Unione”, si è congratulato il primo ministro macedone, Dimitar Kovačevski, aprendo questa mattina (30 ottobre) la prima delle conferenze stampa della presidente della Commissione Ue nei Balcani Occidentali e facendo riferimento sia al viaggio del 2022 incentrato sul Piano energetico sia a quello odierno sul nuovo Piano di crescita. “L’anno scorso abbiamo affrontato una dura crisi energetica, ma siamo rimasti uniti e abbiamo spostato le montagne“, ha rivendicato von der Leyen: “Vi abbiamo supportato con 80 milioni di euro [su 500 milioni complessivi per l’intera regione, ndr] per respingere l’impatto dei prezzi dell’energia su imprese e famiglie, abbiamo lavorato duramente e abbiamo vinto”. Per la leader Ue “la cosa più importante è che l’abbiamo fatto insieme” e anche nelle discussioni di oggi c’è stato spazio per questo tema: “Dove ci sono sfide, affrontiamole e superiamole insieme“.Oltre all’energia e ai progressi di Skopje nei negoziati per l’adesione Ue – “vogliamo aprire il cluster sui fondamentali, compresi gli emendamenti alla Costituzione” – il vero tema portante è quello economico. “Abbiamo 30 miliardi per il Piano economico e di investimenti che sta dando risultati velocemente”, ma per Bruxelles è necessario “portare più vicine le nostre economie e raddoppiare quelle balcaniche entro il prossimo decennio”. Ecco perché, dopo averlo anticipato a fine maggio e dettagliato a Tirana lo scorso 16 ottobre, la presidente von der Leyen sta facendo il giro delle altre cinque capitali per presentare i quattro pilastri del nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali. Il primo riguarda l’integrazione nelle dimensioni chiave del Mercato unico dell’Ue, il secondo è legato al completamento del Mercato regionale comune, il terzo si basa sul liberare il pieno potenziale economico attraverso riforme ambiziose e fondamentali sia sullo Stato di diritto sia in materia economica. E infine il pilastro del finanziamento da parte di Bruxelles: un pacchetto di 6 miliardi di euro – di cui 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 miliardi di euro in prestiti – proposto da von der Leyen nell’ambito della revisione intermedia del bilancio Ue.Il tallone d’Achille dei Balcani OccidentaliMa è la seconda tappa del viaggio a mostrare che la strada è più in salita di quanto le parole non riescano a nascondere. A Pristina, dopo aver ripetuto il discorso sul nuovo Piano di crescita per tutta la regione e aver fatto i complimenti alle autorità kosovare per “anni di duro lavoro” che hanno portato alla liberalizzazione dei visti dal primo gennaio 2024 – la maggior parte del discorso di von der Leyen è stata cannibalizzata dal tema più urgente da oltre sei mesi: le tensioni tra Kosovo e Serbia. La presidente della Commissione Ue ha reiterato la condanna all’attacco terroristico dello scorso 24 settembre nel nord del Kosovo – che è “totalmente inaccettabile e si scontra con i valori Ue” – ma in quello che è il momento più basso dei rapporti tra i due Paesi, l’unico modo di mettere a terra tutti i piani di Bruxelles è “solo con la normalizzazione delle relazioni” attraverso il dialogo Pristina-Belgrado.Niente di veramente nuovo in quanto affermato da von der Leyen – che si è attenuta alla dichiarazione dei leader di Francia, Germania, Italia e Ue a margine del Consiglio Europeo di giovedì scorso (26 ottobre) – se non per il fatto di aver pronunciato queste parole proprio in loco. “Il Kosovo deve stabilire un processo per come è stato definito la settimana scorsa, e lo stesso dirò domani in Serbia”, è stata chiara la presidente dell’esecutivo comunitario. In altre parole, la creazione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo e il riconoscimento de facto della sovranità di Pristina da parte della Serbia. I due punti più delicati, da una parte e dall’altra del confine amministrativo, ma “una de-escalation prevede che siano due attori a impegnarsi”, ha ribadito von der Leyen.Dopo aver assicurato che nell’incontro di domani (31 ottobre) a Belgrado con il presidente serbo, Aleksandar Vučić, “discuterò dei passi necessari per la Serbia” nel garantire ciò che sembra ancora quasi impossibile – il riconoscimento in qualche forma ufficiosa dell’indipendenza del Kosovo – von der Leyen ha esortato la presidente kosovara, Vjosa Osmani, (e successivamente il premier Albin Kurti) a fare la propria parte per sbloccare l’impasse sull’implementazione della comunità nel Paese a cui dovrebbe essere garantita autonomia su tutta una serie di materie amministrative. Perché dalla bozza di Statuto “moderno ed europeo” presentato la scorsa settimana per la creazione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo passa quasi tutto: la normalizzazione delle relazioni con Belgrado, l’eliminazione delle misure “temporanee e reversibili” e “l’apertura delle porte al Piano di crescita” anche per Pristina, è l’avvertimento di von der Leyen nel suo ormai consueto ritorno autunnale nella regione.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews
    La presidente della Commissione Europea in visita nelle capitali balcaniche per anticipare i punti più delicati del report che sarà pubblicato l’8 novembre. Focus su negoziati di adesione, nuovo piano di crescita e sul difficile cammino di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo

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    I leader Ue incontrano quelli di Serbia e Kosovo: “Mettete in opera gli accordi di Bruxelles”

    Bruxelles – Qualche soddisfazione dopo i colloqui c’è, a voce i leader dell’Unione europea la mostrano, ma nei documenti ufficiali emerge la fragilità della situazione tra Serbia e Kosovo.Ieri (26 ottobre), in occasione della prima giornata del Consiglio europeo, si è tenuto un incontro tra il primo ministro Albin Kurti (Kosovo) e il presidente Aleksandar Vučić (Serbia), con alcuni leader europei. Presenti il presidente della Francia Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, insieme al presidente del Consiglio europeo Charles Michel, l’Alto rappresentante Josep Borrell e l’Alto rappresentante speciale per il dialogo Pristina-Belgrado Miroslav Lajčák. “La bozza di statuto che abbiamo presentato e che appoggiamo pienamente comprende un modo moderno ed europeo di affrontare la delicata questione della tutela delle minoranze in linea con le migliori pratiche e standard europei, all’interno dei parametri definiti dalle Parti”, si legge nella dichiarazione congiunta diffusa questa sera. Ma c’è anche la richiesta, reiterata, che il Kosovo avvii la procedura per la creazione dell’Associazione dei Comuni a maggioranza serba nei suoi confini, come previsto dalla bozza di Statuto, e che la Serbia proceda al riconoscimento del piccolo Stato.Il presidente francese questa sera incontrando i giornalisti sembra soddisfatto della posizione dei leader della Serbia e del Kosovo: “Abbiamo ottenuto un impegno dalle due parti molto chiaro: mettere in opera gli accordi di Bruxelles e l’attuazione di un’associazione di municipalità serbe (a maggioranza serba nel Kosovo, ndr.) il prima possibile”. Accordi, questi, raggiunti nell’aprile 2013 con lo scopo di normalizzare i rapporti tra i due Stati.“Entrambi vogliono far parte dell’Unione europea, pertanto devono diventare dei vicini migliori“, ha sottolineato Scholz. Che guarda alla situazione con ottimismo: “Il concetto di avere un’associazione di municipalità a maggioranza serba nel Kosovo sarà attuato”, ha dichiarato oggi (27 ottobre), alla fine del Consiglio europeo. “La questione è garantire un futuro ai cittadini e le cittadine in Kosovo e in Serbia, in prospettiva pacifica”, ha aggiunto il cancelliere. “La fase di attuazione dovrebbe procedere con l’adempimento parallelo dei rispettivi obblighi da parte di entrambe le Parti, in modo graduale, sulla base del principio che entrambe le Parti devono fare qualcosa per ottenere qualcosa. L’attenzione dovrebbe ora concentrarsi sull’avanzamento della piena attuazione dell’accordo senza precondizioni o ritardi“, si legge ancora nella dichiarazione congiunta.Anche Michel ha mostrato un apprezzamento verso l’apertura al dialogo di Vučić e Kurti: “La questione principale riguardo l’incontro di ieri è l’impegno espresso dai due leader a mettere in atto gli accordi che sono sul tavolo”, ha dichiarato al termine del Consiglio europeo. Ribadendo, però, che l’Europa è ferma sulle sue richieste: “Noi chiediamo istantaneamente che questi accordi siano attuati, perché siamo convinti che sia il cammino verso la normalizzazione”. Meloni ha invece affidato a una nota diffusa da palazzo Chigi la sua posizione: “Il presidente ha reiterato il continuo e convinto sostegno del Governo italiano al percorso europeo di Serbia e Kosovo e di tutti gli altri Paesi dei Balcani occidentali, nell’ottica di una necessaria riunificazione del Continente europeo“.Ma dai documenti ufficiali sembrano trapelare più timori. “Il Consiglio europeo è profondamente preoccupato per la situazione della sicurezza nel nord del Kosovo. Condanna fermamente il violento attacco contro la polizia del Kosovo il 24 settembre 2023 – si legge nelle conclusioni finali a firma dei Ventisette -. L‘Unione europea si aspetta che i responsabili siano arrestati e consegnati rapidamente alla giustizia e che la Serbia cooperi pienamente e adotti tutte le misure necessarie al riguardo”.La richiesta unanime degli Stati membri è che Pristina e Belgrado allentino la tensione e garantiscano lo svolgimento di nuove elezioni nel nord del Kosovo il prima possibile, con la partecipazione attiva dei serbi kosovari. “Il mancato allentamento delle tensioni avrà delle conseguenze. Il Consiglio europeo – afferma il comunicato finale diramato dopo i due giorni di incontro a Bruxelles – si rammarica della mancata attuazione da parte di entrambe le parti dell’accordo sul percorso verso la normalizzazione e del relativo allegato di attuazione, nonché di altri accordi raggiunti nel dialogo facilitato dall’Ue, guidato dall’Alto Rappresentante e sostenuto dal Rappresentante speciale dell’Ue”, si legge nel documento.
    Scholz: “Se vogliono entrare nell’Ue, devono diventare dei vicini migliori”

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    Allargamento Ue, competenze e Agenda verde. Il Cese mette in ordine le priorità dell’Ue verso i Balcani Occidentali

    Bruxelles – Nell’affollato processo di allargamento dell’Unione Europea, che recentemente ha conosciuto un forte rilancio almeno nelle promesse delle istituzioni comunitarie, il Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) si sta ritagliando un ruolo sempre più rilevante per avvicinare le società dei Balcani Occidentali con quelle degli attuali Paesi membri dell’Unione Europea. Lo sta dimostrando con diverse iniziative che lo riguardano da vicino come istituzione, ma anche con un’azione diplomatica che si rivolge direttamente ai Ventisette in vista dell’imminente vertice Ue-Balcani Occidentali a Bruxelles. “Il Cese è parte integrante del processo di allargamento Ue e sono orgoglioso di vedere che stiamo facendo un ulteriore passo avanti nel nostro sostegno”, ha affermato con orgoglio il presidente del Comitato, Oliver Röpke, aprendo il nono Forum della società civile dei Balcani Occidentali organizzato a Salonicco tra ieri e oggi (19-20 ottobre).È stato lo stesso Röpke a ricordare quanto il Cese sia coinvolto dalla questione, attraverso la “decisione storica di aprire le porte ai Paesi candidati all’Ue”. Lo farà attraverso l’Iniziativa dei Membri onorari dell’allargamento – il cui evento di lancio è atteso tra dicembre e gennaio – che porterà all’inclusione di 3 membri onorari della società civile per ciascun Paese candidato nel processo di stesura dei pareri del Cese. Si tratterà di 24 nuovi membri da otto Paesi (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina), mentre per ora non sarebbero inclusi Kosovo (che ha fatto richiesta di adesione lo scorso anno) e Georgia (a cui è stata garantita la prospettiva europea ma non ancora lo status di candidato). “Spero di vedere presto alcuni di loro a Bruxelles, a fianco dei nostri colleghi del Comitato“, è l’augurio del presidente Röpke.I due giorni di Salonicco sono stati l’occasione per gli esponenti della società civile degli attuali e futuri membri Ue di confrontarsi sullo stato dell’arte, sui progressi e sui problemi del percorso di avvicinamento della regione all’Unione. Dalla democrazia allo sviluppo delle competenze – compresa istruzione e formazione professionale – dall’emigrazione giovanile al re-skilling dei lavoratori di fronte alle sfide di un’Europa che si deve confrontare con sempre più minacce, non da ultime quelle energetiche e climatiche. A partecipare al Forum anche la vicepresidente della Commissione Europea responsabile per la Democrazia e la demografia, Dubravka Šuica: “Il nostro presente e il nostro futuro sono intimamente legati e, a prescindere dall’età o dal background, ogni persona ha i propri diritti sanciti dall’Ue“. In attesa del Pacchetto Allargamento 2023 dell’esecutivo comunitario atteso per l’8 novembre, la rappresentante del gabinetto von der Leyen ha anticipato una serie di viaggi nei Sei balcanici (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) “nei prossimi mesi” e ha ricordato che “il Cese è il primo tra gli organi dell’Unione a includere i Paesi candidati all’allargamento”.I tre punti della dichiarazione del Cese sui Balcani OccidentaliPer mettere in ordine le priorità dei rapporti tra Unione Europea e Balcani Occidentali in vista del vertice dei leader del 14-15 dicembre a Bruxelles (in corrispondenza del Consiglio Ue, come nel giugno 2022), il Cese ha promosso la stesura di una dichiarazione finale del vertice di Salonicco, incentrata su tre punti: percorso di adesione Ue, competenze e Agenda verde. Per quanto riguarda il primo punto, rimane saldo il fondamento per cui “la rapida integrazione nell’Ue” della regione rappresenta “un investimento geostrategico per la pace, la sicurezza e la prosperità economica e sociale dell’Europa”. Il Comitato chiede di “stabilire un calendario chiaro e realistico per l’adesione” dei partner balcanici, accogliendo “con favore” il 2030 come data-limite entro cui le due parti devono essere pronte per l’allargamento, così come da proposta del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel. In ogni caso – con un colpo al cerchio e un colpo alla botte – rimane altrettanto innegabile che “l’allargamento è un processo basato sul merito” (il caposaldo della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel suo scetticismo sul fissare una data) e per questo motivo “alcuni Paesi potrebbero completare il processo di adesione più rapidamente di altri”. Altrettanto interessante è il richiamo alla “adesione graduale” nei meccanismi e fondi Ue esistenti, fatto salvo “l’obiettivo finale della piena adesione” e il “sincero rispetto dei valori europei”.Sul secondo punto è centrale il focus sulle competenze “lungo tutto l’arco della vita”. Per questo il Cese chiede un “ulteriore rafforzamento” di programmi Ue, strutture regionali e politiche che raggiungano “un maggior numero di giovani nei Balcani Occidentali con opportunità di istruzione, occupazione, orientamento, mobilità e volontariato“, incluse nuove borse di studio e prestiti nel contesto del programma Erasmus+ e programmi per la formazione professionale continua. Da rafforzare anche i partenariati pubblico-privato per l’occupazione e l’orientamento dei Neet (chi non studia, non è occupato e non cerca lavoro) e la collaborazione tra le parti sociali e le associazioni imprenditoriali per la riqualificazione sul posto di lavoro. Tra le “adeguate” competenze da sviluppare ci sono quelle verdi e digitali “nell’ambito di strategie attive nazionali e regionali”, mentre la parità di genere dovrebbe essere al centro del principio “non lasciare indietro nessuno” (compresi anziani, persone con disabilità e minoranze etniche).E infine l’Agenda verde per i Balcani Occidentali, che pone l’obiettivo di “raggiungere la conformità con l’acquis dell’Ue e la transizione verso una società a zero emissioni di carbonio”. Su questo aspetto c’è molta preoccupazione da parte della società civile: “I progressi nel raggiungimento degli impegni sono stati lenti e l’attuazione molto limitata per la mancanza di calendari chiari e di chiarezza sui percorsi specifici”. Nell’eliminazione del carbone, desta non pochi interrogativi il fatto che “alcuni progetti-faro finanziati attraverso il Piano economico e di investimento rischiano di essere relativi ai combustibili fossili“. L’impegno della regione deve invece essere indirizzato a “prevenire l’inquinamento e il degrado di fiumi, laghi e mari e attuare politiche rigorose per la protezione della biodiversità”, anche quando si tratta di rispetto degli standard ambientali per i finanziamenti di attori extra-Ue in settori come “la metallurgia, l’energia, l’industria della gomma e l’industria mineraria”. Infine Ue e Balcani Occidentali dovrebbero “utilizzare le crisi energetiche” causate dall’aggressione russa all’Ucraina “come catalizzatore per una transizione verde”, con i partner “integrati nei meccanismi dell’Ue volti a mitigare questo tipo di crisi”, è l’ultima esortazione della dichiarazione di Salonicco.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews
    Dalla dichiarazione del nono Forum della società civile organizzato a Salonicco emergono le direttrici su cui il punta il Comitato Economico e Sociale Europeo in vista del vertice tra i leader Ue e balcanici di dicembre. Il presidente Oliver Röpke: “Siamo parte integrante di questo progetto”

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    Per l’allargamento dell’Unione ai Balcani Occidentali è necessario “trovare come superare le divisioni esistenti”

    Bruxelles – La prima volta in un Paese dei Balcani Occidentali, per rinvigorire l’iniziativa diplomatica nata quasi un decennio fa per volontà tedesca. I leader balcanici e dell’Ue si sono riuniti oggi (16 ottobre) a Tirana, in Albania, nel quadro del Processo di Berlino con l’obiettivo di mettere a fuoco le priorità di un cammino verso l’adesione all’Unione che di fronte alle crescenti tensioni internazionali sembra più che mai vitale e urgente per entrambe le parti. “Dovremmo esplorare modalità diverse per superare le divisioni esistenti, assicurare una coesistenza armoniosa per il futuro dell’Europa e per mitigare i rischi, prima che possano riguardare dall’interno l’Ue”, ha messo in chiaro il primo ministro dell’Albania e ospite del nono vertice dell’iniziativa sull’allargamento dell’Unione ai Balcani Occidentali, Edi Rama.Il vertice dei leader del Processo di Berlino, a Tirana (16 ottobre 2023)Un vertice che si è focalizzato su due direttrici: le prospettive (anche in termini temporali) dell’adesione dei partner balcanici all’Ue e gli sforzi per spingere le riforme attraverso finanziamenti ad hoc nella regione. “Sappiamo che è il momento di rispettare le promesse, entrambe le parti devono essere pronte“, ha sottolineato nel suo intervenuto di apertura dei lavori a Tirana il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, rivendicando nuovamente la scadenza del 2030 avanzata a fine agosto al Bled Strategic Forum. Nonostante sia stata accolta “con scetticismo nella regione” – con i leader balcanici che hanno avvertito che non si deve andare oltre – “perché state aspettando da tempo”, Michel si è riallacciato a una similitudine quantomeno ardita avanzata dallo stesso premier albanese: “Ha comparato l’allargamento a una sposa che non si mostra mai al matrimonio, voglio dirvi che oggi la sposa sta preparando attivamente il matrimonio“. Fuor di metafora, “anche se nell’Ue non tutti sono a favore di fissare una data, perché è un processo basato sul merito, questo è un modo per spingere un dibattito serio sull’allargamento”, ha ribadito Michel, citando non solo gli sforzi del Processo di Berlino ma anche gli esiti del Consiglio Europeo informale del 6 ottobre a Granada.Più cauto il premier albanese, che non si è voluto addentrare nel discorso sull’Unione a 32 (con i candidati che hanno già avviato i negoziati di adesione), a 35 (con anche quelli che hanno ricevuto lo status di Paese candidato) o 37 (con tutti dentro, compresi quelli con la sola prospettiva di adesione), perché “è qualcosa di difficile previsione in qualsiasi scenario di breve periodo“. Rama ha voluto invece porre l’attenzione sulla necessità di “non sprecare le buone intenzioni con scadenze per il prossimo allargamento che non possono essere concordate o mantenute dagli attuali Stati membri, o che contraddicono il principio del merito”. Al contrario, esortando i Ventisette a dare seguito alle promesse, la richiesta è quella di “introdurre uno status di osservatore per i Paesi che stanno transitando dai negoziati alla piena adesione“. Uno status del genere “non garantirebbe alcuni privilegi come il diritto di voto, ovviamente”, ha spiegato il leader albanese, ma “offrirebbe benefici e rafforzerebbe l’unità politica in un’Unione democratica, assicurando la responsabilità” dei Paesi dei Balcani Occidentali.E poi c’è tutta la questione degli investimenti, della crescita economica, delle riforme e dell’integrazione dei Balcani Occidentali sul fronte della transizione digitale e verde. “Le nostre economie sono ancora troppo distanti e i preparativi per l’adesione non sono al punto in cui vorremmo che fossero“, ha avvertito nel suo intervento alla sessione pubblica del vertice a Tirana dei leader del Processo di Berlino la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, riconoscendo che “dovremmo essere ambiziosi e puntare a raddoppiare le dimensioni delle vostre economie nel prossimo decennio”. Nonostante il Piano economico e di investimenti da 30 miliardi “sta dando i suoi frutti, circa 16 miliardi di euro sono già stati impiegati”, è altrettanto necessario non mollare la presa sulle sfide da affrontare per le nuove sfide portate dalle conseguenze energetiche della guerra russa in Ucraina (e quelle potenziali per il conflitto in Medio Oriente). Non c’è solo il Pacchetto di supporto energetico stabilito proprio a Tirana in occasione del vertice Ue-Balcani Occidentali nel dicembre dello scorso anno, ma soprattutto il Piano di crescita basato su quattro pilastri così come anticipato dalla stessa presidente von der Leyen a fine maggio: “L’obiettivo è quello di stimolare la crescita economica nella regione”, considerato il fatto che a oggi “siete solo al 35 per cento della media Ue”.Il primo pilastro del Piano di crescita è “l’integrazione nelle dimensioni chiave del Mercato unico dell’Ue, stiamo parlando dell’accesso in specifici settori”, ha spiegato la numero uno dell’esecutivo comunitario: “Mercato unico digitale, mercato dell’energia, pagamenti elettronici”. Il secondo pilastro è invece legato al “completamento del Mercato regionale comune, che potrebbe aggiungere il 10 per cento alle vostre economie”. Il terzo pilastro si basa sul “liberare il vostro pieno potenziale economico” attraverso “riforme ambiziose e fondamentali” come “Stato di diritto, funzionamento del sistema giudiziario e altri elementi fondamentali”, ma anche economiche “che migliorino il clima imprenditoriale e attraggano più investimenti”. E infine il pilastro del finanziamento da parte di Bruxelles: “Un aumento per gli investimenti e le riforme” attraverso un pacchetto di 6 miliardi di euro, “di cui 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 miliardi di euro in prestiti, che ho proposto nell’ambito della revisione intermedia del bilancio a lungo termine dell’Ue“. Ma rimane centrale che – “proprio come facciamo nell’Ue con Next Generation Eu” – i finanziamenti “sono subordinati al successo delle riforme”, ha messo in chiaro von der Leyen. Anche per il premier albanese Rama il Piano di crescita è “un nuovo inizio che dovrebbe essere esplorato in modo ambizioso“, mentre il presidente Michel ha esortato tutte e sei le capitali balcaniche a ratificare gli accordi già firmati sulla mobilità regionale.Oltre il Processo di Berlino, a che punto è l’allargamento UeSui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione, mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente sono si sono inaspriti i rapporti con Bruxelles dopo le tensioni diplomatiche con la Serbia di fine maggio.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è tornato sul tavolo dei 27 ministri degli Esteri Ue del 20 luglio.Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Dall’inizio dell’anno sono già arrivate le richieste dall’Ucraina e dalla Georgia rispettivamente di iniziare i negoziati di adesione e di diventare Paese candidato “entro la fine del 2023”. Si attende ora solo la pubblicazione del Pacchetto Allargamento 2023 da parte della Commissione, prevista dall’agenda dei punti all’ordine del giorno del Collegio dei commissari per l’8 novembre.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews
    Per la prima volta dal 2014 il vertice dei leader riuniti nel quadro del Processo di Berlino, l’iniziativa diplomatica a trazione tedesca si è svolto in una capitale balcanica. Il premier albanese, Edi Rama, ha chiesto di valutare l’introduzione di uno “status di Paese osservatore” pre-adesione

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    Bruxelles si sta preparando per migliorare i collegamenti dei trasporti tra l’Unione Europea e i Balcani Occidentali

    Bruxelles – Unione Europea e Balcani Occidentali sono pronti a stringere sempre più i rapporti, non solo a livello politico ma anche sul piano più cruciale per gli scambi economici, commerciali e culturali: i collegamenti dei trasporti. È per questo motivo che è in programma una nuova revisione del Regolamento che definisce la mappa della rete transeuropea dei trasporti (Ten-T) nei sei Paesi partner – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia – per rafforzare i collegamenti transfrontalieri tra l’Unione Europea e i Balcani Occidentali.
    La rete stradale Ten-t nei Balcani Occidentali
    È quanto emerge dalla bozza dell’atto delegato che prevede “modifiche che contribuiranno a dare una migliore priorità ai progetti infrastrutturali situati sulla Ten-T nella regione” dei Balcani Occidentali, in particolare “migliorando il collegamento ferroviario tra Durazzo e Skopje dalla rete globale alla rete centrale estesa“. I miglioramenti previsti nei trasporti sia “all’interno della regione” sia “tra la regione e gli Stati membri dell’Ue” riguarderanno non solo nuovi collegamenti ferroviari e stradali, ma anche “altri nodi” come aeroporti e porti, con l’obiettivo di “rafforzare la coerenza della Ten-T” prevista dal Regolamento del 2013. La possibilità di adottare atti delegati per “adattare o includere mappe indicative basate su intese di alto livello” tra l’Unione e i Paesi “limitrofi interessati” è prevista dallo stesso Regolamento che compie 10 anni e con i sei partner dei Balcani Occidentali le intese sono state firmate a maggio e giugno di quest’anno. La richiesta da parte dei partner più vicini dell’Unione, nello specifico, è quella di allineare la rete Ten-T con lo sviluppo delle infrastrutture nei singoli Paesi.
    Se l’obiettivo è quello di aggiornare il Regolamento con “lievi modifiche alla rete stradale e ferroviaria”, l’esecutivo comunitario vuole conoscere l’opinione di tutte le parti interessate nei Paesi membri dell’Unione. È per questo che è stata aperta fino al 19 ottobre una consultazione pubblica in vista dell’adozione dell’atto delegato prevista inizialmente per il secondo trimestre del 2023, ma slittata a fine 2023/inizio 2024. La necessità di alcune modifiche è emerso dall’ultimo report Sviluppo di estensioni indicative Ten-T della rete globale e della rete centrale nei Balcani Occidentali, sulla base degli ultimi sviluppi e adeguamenti del 2022. Nella regione la rete transeuropea dei trasporti prevede 36 progetti, di cui la metà in Bosnia ed Erzegovina (oltre a 2 in Albania, 2 in Kosovo, 3 in Macedonia del Nord, 6 in Montenegro e 5 in Serbia) e comprende attualmente 5.336 chilometri di strade Ten-T, di cui 3.573 sulla rete centrale, 3.898 chilometri di ferrovie di cui 2.546 sulla rete centrale, 1.345 chilometri di vie navigabili interne della rete centrale, 3 porti marittimi, 4 porti fluviali e 10 aeroporti.
    La rete ferroviaria Ten-t nei Balcani Occidentali
    Sempre secondo quanto si legge nel report annuale di riferimento della Transport Community, il tasso di conformità della rete stradale principale è passato in un anno dal 44,86% al 46,80%, e sono stati compiuti progressi “significativi” anche nella velocità di progettazione delle linee ferroviarie per il trasporto merci, passata dal 71,99% (nel 2021) al 79,57% (nel 2022) della rete principale. Tuttavia, meno del 14% della rete ferroviaria principale consente velocità superiori a 100 chilometri orari e “la manutenzione insufficiente rimane un problema fondamentale nella regione“, dal momento in cui “la regione ha sempre avuto una propensione per i grandi progetti, trascurando sistematicamente la manutenzione ordinaria”. Anche se “le prospettive per il 2027 sembrano ancora incoraggianti”, l’elenco degli interventi prioritari “non si è ancora stabilizzato” e sono necessari più sforzi attraverso il Piano economico e di investimento (nessun progetto-faro è passato da “maturo” a “in corso” nel 2022). Destano “preoccupazione” progetti prioritari come il collegamento stradale Sarajevo-Podgorica (tra Bosnia e Montenegro), la ‘Peace Highway’ Niš-Merdare (Serbia) e la circonvallazione di Budva (Montenegro), dal momento in cui “la maggior parte delle date previste” per la chiusura dei lavori “non sono più valide”.

    Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

    La Commissione Ue sta raccogliendo commenti in vista dell’aggiornamento del Regolamento del 2013 che definisce la mappa della rete Ten-T nei sei Paesi partner. Previste nuove connessioni ferroviarie e stradali, aeroporti e porti per dare “migliore priorità” ai progetti transfrontalieri

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    È “imminente” il Pacchetto Allargamento che “provvederà ai mezzi” per accelerare l’integrazione di nuovi membri Ue

    Bruxelles – Mancano poche settimane al nuovo Pacchetto Allargamento Ue, l’attesa relazione annuale della Commissione Europea sullo stato di avanzamento dei Paesi che hanno fatto richiesta di adesione Ue. “È imminente”, ha annunciato oggi (28 settembre) il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio Affari Generali informale a Murcia (Spagna), anticipando l’appuntamento previsto dall’agenda dei punti all’ordine del giorno del Collegio dei commissari per il 31 ottobre “o a inizio novembre”. Come reso noto dal commissario europeo, “sarà un pacchetto che includerà 10 Paesi candidati o con la prospettiva europea e che provvederà ai mezzi per accelerare l’integrazione“.
    Da sinistra: il ministro degli Esteri spagnolo e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, José Manuel Albares, e il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi (28 settembre 2023)
    Altri dettagli al momento non sono stati rivelati, a parte un riferimento al piano di crescita per i Balcani Occidentali presentato lo scorso 31 maggio dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Proprio la numero uno dell’esecutivo comunitario ha messo in chiaro da Spalato (Croazia) che “il passato allargamento Ue è stato un grande successo per Paesi come la Croazia” – l’ultimo a fare ingresso nell’Unione nel 2013 – “e ha portato grandi benefici per l’Unione Europea”, e per questo motivo “dobbiamo replicarlo con gli attuali candidati”. Ma in ogni caso non cambia il fatto che “è un processo basato sul merito, che richiede contemporaneamente riforme strutturali nei Paesi candidati e un percorso parallelo da parte dell’Ue“, come già evidenziato nel discorso sullo Stato dell’Unione dello scorso 13 settembre: “È molto importante spiegare agli Stati membri e ai nostri cittadini che nel nuovo ambiente geostrategico l’allargamento Ue basato sui meriti ci rafforza, è necessario e porta benefici”, ha aggiunto von der Leyen.
    Cruciale il vertice informale dei ministri degli Affari europei per iniziare a confrontarsi sulla proposta franco-tedesca per adeguare l’Unione al futuro allargamento. “Le discussioni si sono divise in tre gruppi di lavoro“, ha spiegato il ministro degli Esteri spagnolo e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, José Manuel Albares: “Istituzioni e riforme necessarie in vista dell’allargamento Ue, impatto sul budget per le capacità di assorbimento e possibilità di creare nuove aree di cooperazione per una graduale integrazione”. E quanto emerge dal primo confronto è che “l’allargamento Ue è tra le tre priorità principali” dei Ventisette, ha voluto sottolineare con forza il commissario Várhelyi, considerato il fatto che “il cambiamento nelle dinamiche geopolitiche attorno a noi dimostra che il progetto di sicurezza, pace e stabilità dell’Ue dipenderà dal successo dell’allargamento Ue e dall’accogliere nuovi membri”. Se sul fronte esterno “abbiamo iniziato a discutere su come supportare i candidati ad accelerare sulle riforme”, su quello interno “non pensiamo ci sia bisogno di una riforma dei Trattati per accogliere nuovi membri“, ma i due percorsi “devono andare in parallelo ed essere conclusi nel breve termine”. Riecheggia anche a Murcia la data del 2030, quella avanzata dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Se il Consiglio è pronto a fornire l’adesione, la Commissione lo sarà di sicuro, ma la vera domanda è se i Paesi candidati saranno pronti“.

    A che punto è l’allargamento Ue
    Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione, mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente sono si sono inaspriti i rapporti con Bruxelles dopo le tensioni diplomatiche con la Serbia di fine maggio.
    I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è tornato sul tavolo dei 27 ministri degli Esteri Ue del 20 luglio.
    Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Dall’inizio dell’anno sono già arrivate le richieste dall’Ucraina e dalla Georgia rispettivamente di iniziare i negoziati di adesione e di diventare Paese candidato “entro la fine del 2023”.

    Attesa per il 31 ottobre, la nuova relazione annuale prevederà “un nuovo modo” di pensare l’adesione, ha fatto sapere il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi. La presidente Ursula von der Leyen chiede “riforme strutturali nei Paesi candidati e un percorso parallelo dall’Ue”