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    L’Ue critica Israele: “Spaventoso l’attacco su operatori umanitari”

    Bruxelles – Niente scuse, Israele deve rispettare il diritto internazionale ed evitare incidenti come quelli avvenuti a danno dei sette operatori dell’ong americana World Central Kitchen, rimasti uccisi da raid israeliani mentre stavano distribuendo beni di prima necessità. L’Unione europea non ci sta, e la reazione di condanna e di presa di distanza arriva da più parti. Per la Commissione Ue a parlare sono l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, e il commissario per le Crisi, Janez Lenarcic. Quanto avvenuto “è spaventoso”, sostengono in una nota congiunta. Qui richiamano lo Stato ebraico all’ordine, che è giuridico e internazionale.La risoluzione 2728 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha richiesto “un cessate il fuoco immediato che porti a un cessate il fuoco sostenibile e duraturo”, ricordano i due membri del Collegio dei commissari. “Anche la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha ordinato misure provvisorie vincolanti per le parti. L’Ue si aspetta la loro piena, immediata ed efficace attuazione“. Quindi il pro-memoria, che suona da accusa implicita di violazione di regole valide per tutti. “Ricordiamo l’obbligo israeliano, ai sensi del diritto internazionale umanitario, di proteggere gli operatori umanitari in ogni momento“. Cosa che non sta avvenendo, visto che, accusano Borrell e Lenarcic, “un elevato numero di operatori umanitari ha perso la vita dall’inizio della guerra a Gaza“.Non diversa nei toni e nelle esortazioni la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “Siamo inorriditi per la morte degli operatori umanitari” a Gaza, riconosce pubblicamente. E, sempre pubblicamente, “a nome del Parlamento ho chiesto un’indagine imparziale sulla morte degli operatori umanitari”. Una richiesta che fa il paio con quella avanzata dall’esecutivo comunitario, che l’indagine la pretende “approfondita” così da fare piena luce sull’accaduto.

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    Borrell: “Niente affari con chi viola diritti umani nei territori palestinesi”

    Bruxelles – Non si fanno affari con gli israeliani che violano i diritti umani nei territori palestinesi. L’Unione europea su questo non transige, e chiede agli Stati membri di fare in modo che le aziende nazionali rispettino quelli che sono principi delle Nazioni Unite. E’ l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, nella risposta a un’interrogazione in materia, a prendere posizione e soprattutto, le distanze dalle politiche del governo di Benjamin Netanyahu. Intanto ribadendo un volta di più la “forte opposizione alla politica e alle attività di insediamento di Israele“.Ma è sul fronte commerciale che Borrell si esprime in modo ancora più chiaro. Ci sono principi guida su imprese e diritti umani, approvati all’unanimità dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, ricorda l’Alto rappresentante. Principi che stabiliscono la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani e impongono alle imprese, tra l’altro, di istituire un processo di condotta etica (due diligence) sui diritti umani per identificare , prevenire, mitigare e rendere conto del modo in cui affrontano il loro impatto sui diritti umani. “L’Ue ha accolto con favore” tutto questo e a Bruxelles si ritiene che “questi principi debbano essere applicati a livello globale“, scandisce ancora Borrell. Per questo motivo “l’Unione europea invita tutte le aziende, comprese quelle europee, ad attuarle in ogni circostanza, anche in Israele e nei territori palestinesi occupati“. La Commissione non ha il potere di imporre alla imprese politiche di business, ed è per questo motivo che si farà pressione sui governi affinché le imprese dei Ventisette si astengano dal sostenere un modello economico considerato lesivo dei diritti fondamentali del popolo palestinese. “Gli Stati membri hanno il ruolo primario di informare aziende e consumatori sulle imprese, sui diritti umani e sui rischi derivanti dall’operare negli insediamenti”, ricorda Borrell. Pronto a fare tutto il possibile perché gli europei non sconfessino sé stessi, come già denunciato dall’ambasciatore dell’Autorità palestinese a Bruxelles.

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    Gaza, i parlamentari europei si uniscono nella condanna a Netanyahu

    Bruxelles – Israele è andato oltre, e continuare a dare man forte e pieno sostegno al governo e al suo leader, Benjamin Netanyahu, diventa difficile. L’Unione europea prende le distanze dal modo in cui lo Stato ebraico sta gestendo la risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, e di fatto inizia a scaricare la leadership israeliana. Il dibattito d’Aula del Parlamento europeo sulla situazione a Gaza registra toni duri, da parte della Commissione e da parte di molti parlamentari europei, che da ogni gruppo politico censurano una situazione considerata sempre più insostenibile.Inizia la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a condannare l’operato di Netanyahu, senza comunque mai citarlo direttamente. Però, nel denunciare pubblicamente che “la situazione sul campo è più drammatica che mai e ha raggiunto un punto critico”, von der Leyen di fatto mette sul banco degli imputati lo Stato ebraico. “Abbiamo tutti visto le segnalazioni di bambini che muoiono di fame. Non può essere“. Accusa indirettamente il governo israeliano, quando sottolinea che “tutti sanno quanto sia difficile spostare gli aiuti dentro e dentro Gaza”. Un rimprovero chiaro. Da parte Ue garantisce tutto il sostegno possibile. Annuncia l’attivazione del meccanismo di protezione civile dell’Unione europea invitando gli Stati membri dell’Ue a partecipare, conferma il pieno sostegno al corridoio umanitario marittimo annunciato lo scorso fine settimana, e in tal senso “finanzieremo e coordineremo il flusso delle merci europee attraverso il corridoio”. La situazione, continua von der Leyen, “rende ancora più importante collaborare con quelle agenzie che sono ancora presenti sul territorio. E questo è il caso dell’Unrwa“, l’agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi che Israele vorrebbe delegittimata e isolata dopo le accuse di funzionari coinvolti negli attacchi di Hamas. Una sottolineatura che segna le distanze tra Ue e Israele.Ma è nell’Aula che si consuma lo strappo forse più grande. Voci critiche si levano da tutti i principali gruppi: popolari (Ppe), socialisti (S&D), liberali (Re), Verdi, Sinistra radicale. Esponenti di tutte queste forze spendono parole dure, non necessariamente espressione delle posizione dell’intero gruppo, ma comunque sono personalità di alto livello a parlare, a testimonianza di un malumore diffuso. La più diretta è la capogruppo dei socialisti, Iratxe Garcia Perez, che parla apertamente di “massacro di palestinesi da parte di Netanyahu“, di fronte al quale “dobbiamo mandare un chiaro segnale” ed invita “far cessare la sua impunità”. Come Ue, continua, “dobbiamo evitare che i palestinesi vengano sopraffatti dal regime di apartheid istituito da Netanyahu”.Va giù duro anche Juan Fernando Lopez Aguilar (S&D), presidente della commissione Libertà civili: “Netanyahu impedisce l’accesso via terra agli aiuti umanitari”, denuncia. “Questa brutalità commessa contro il popolo di Gaza supera il legittimo diritto di autodifesa e il diritto internazionale”. Quindi l’affondo: i responsabili “devono essere puniti”. Un chiara messa in stato d’accusa per il governo di Tel Aviv.Dalle fila del Ppe è l’irlandese Sean Kelly a chiedere “lo stop dell’uccisione di persone innocenti a Gaza da parte di Netanyahu“, e invocare “un cessate il fuoco”. Parole che si contrappongono a quelle di von der Leyen, che in Aula sostiene invece la necessità di “una pausa umanitaria”. Il dibattito dunque mostra anche visioni diverse interne al Ppe.Senza accuse così veementi anche i liberali scaricano quello che una volta era un partner incondizionato. “Abbiamo perso ogni speranza in Netanyahu e in Israele“, scandisce il greco Georgos Kyrtsos, che non considera l’attuale classe dirigente come affidabile ai fini del processo di pace e una soluzione a due Stati. Valery Hayer, presidente di Renew Europe, invoca il “cessate il fuoco per ragioni umanitari”. Anche qui, cessate il fuoco invece di pausa umanitaria, a riprova dell’insostenibilità di una situazione considerata non più sostenibile. Si aggiunge alla richiesta Jordì Sole, dei Verdi, anch’egli critico di fronte al deterioramento a Gaza.Dai banchi de laSinistra i toni si fanno ancora più duri. Joao Pimenta Lopes accusa Israele di “genocidio a Gaza”, invitando l’Ue a ritirare appoggio e sostegno allo Stato ebraico. “La situazione è imbarazzante, e dovremmo smetterla di essere complici”. Il dibattito d’Aula sembra suggerire che, a prescindere da come finirà il confronto tra Israele e Hamas, lo Stato ebraico questo conflitto l’abbia già perso in termini di sostegno dell’opinione pubblica e di appoggio politico.

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    Borrell a Israele: “Niente attacchi all’Onu, fondamentale per pace e stabilità”

    Bruxelles – Le ragioni di Israele non valgono più di ogni altra cosa, sicuramente non più delle Nazioni Unite. L’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, manda un messaggio chiaro e deciso allo Stato ebraico e i suoi rappresentanti. Lo fa rispondendo a un’interrogazione parlamentare in cui ci si lamenta del comportamento di Gilad Erdan, ambasciatore di Israele presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, critico, troppo critico, nei confronti del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.Quello che è successo risale all’8 dicembre ed è la censura di Guterres sul modo in cui Israele sta rispondendo agli attacchi del 7 ottobre. Una risposta ritenuta eccessiva, tanto da indurre il segretario generale dell’Onu a chiedere il rispetto dei diritti umani e cessate il fuoco. Parole che non sono piaciute a Erdan, secondo cui criticando Israele ci si schiera con i terroristi di Hamas. L’ambasciatore israeliano ha chiesto le dimissioni di Guterres e minacciato di non concedere visti a nessun funzionario Onu.“L’Ue respinge gli attacchi contro il Segretario generale delle Nazioni Unite o i tentativi di squalificare l’Onu come organismo fondamentale che opera per la pace e la stabilità nel mondo“, replica oggi Borrell. Un messaggio chiaro per il governo di Netanyahu. Nei confronti del quale rincara la dose, insistendo sulla necessità del rispetto dei diritti umani di base.“L’Ue – continua Borrell nella sua risposta – sostiene l’appello rivolto dal Segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio di sicurezza dell’Onu affinché intervenga per evitare una catastrofe umanitaria a Gaza e il collasso del sistema umanitario”. Un implicito atto di accusa nei confronti di Israele, e di aver creato situazioni insostenibili e sempre più difficile da appoggiare. Le ragioni di Israele sono andate un po’ oltre il consentito, e Borrell lo dice come meglio non potrebbe.

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    Borrell avverte Netanyahu: “No ad azioni militari a Rafah”

    Bruxelles – Nessun intervento militare a Rafah. L’Unione europea prova a mettere pressione sul primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, intimando a non eccedere oltre nella risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre. E’ l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Josep Borrell, a chiedere allo Stato ebraico di fermarsi. “ L’UE invita il governo israeliano a non intraprendere un’azione militare a Rafah che peggiorerebbe una situazione umanitaria già catastrofica“.La presa di posizione di Borrell non è incompatibile con le ragioni israeliane, tanto è vero che lo stesso Alto rappresentante dell’UE non nega “il diritto di Israele a difendersi”, che anzi l’Unione europea “riconosce”, ma deve essere “in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario”.La risposta militare di Israele a un’organizzazione che l’UE riconosce come terroristica non deve andare oltre Gaza, insiste Borrell. “L’Unione europea è molto preoccupata per i piani del governo israeliano per una possibile operazione di terra a Rafah, dove oltre un milione di palestinesi si stanno attualmente rifugiando dai combattimenti”. Proprio per questo si vedono rischi di ulteriori emergenze umanitarie, e vittime civili di cui l’Alto rappresentante dell’UE non fa esplicita menzione.Il tema sarà comunque oggetto della riunione dei ministri degli Esteri in programma il 19 febbraio, dove comunque la situazione in Medio Oriente era già stata inserita all’ordine del giorno della riunione dei Ventisette. Da programma, spiega una alto funzionario europeo, i ministri degli Esteri dovrebbero concentrarsi sulla questione umanitaria e “gli sforzi per evitare un’estensione del conflitto”. Le intenzioni del governo israeliane di intervenire a Rafah vanno nel senso opposto, rendendo la situazione sul terreno ancora più complicata e scombinando l’agenda a dodici stelle.Ne va anche dell’unità di un’Unione europea che di fronte al nuovo capitolo del conflitto arabo-israeliano sta iniziando a cambiare idea, e il sostegno allo Stato ebraico si sta sfilacciando. Irlanda e Spagna hanno chiesto una verifica urgente degli accordi di associazione UE-Israele proprio perché non convinti della condotta israeliana in linea con il diritto internazionale. In senso al Consiglio si è consapevoli che l’appoggio politico non è più lo stesso. “La domanda è se il comportamento di Israele significhi una violazione degli impegni sui diritti umani”, ammettono a Bruxelles..

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    Borrell: “I finanziamenti all’UNRWA non vanno tagliati”

    Bruxelles – “Non vanno tagliati i finanziamenti all’Agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), perché se tagliamo i finanziamenti all’UNRWA colpiamo l’intero popolo palestinese”. Il capo della diplomazia UE, Josep Borrell, invita alla calma e al pragmatismo. L’eventualità che qualcuno, dall’interno dell’organismo delle Nazioni Unite, abbia potuto aiutare Hamas a colpire Israele il 7 ottobre scorso sono gravi e la Commissione non sottovaluta la cosa, ma l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza ricorda che cosa c’è in ballo.“Se si eliminano i finanziamenti non si possono aiutare i palestinesi”, aggravando una situazione che, dal punto di vista umanitario, preoccupa sempre più in Europa. “Dobbiamo continuare a lavorare con l’UNRWA“, scandisce Borrell al suo arrivo in Consiglio europeo per il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE. Invita a lasciare che l’inchiesta faccia il suo corso, senza per questo pregiudicare un lavoro che risulta indispensabile. E aggiunge che dal punto di vista europeo non si intende procedere alla linea intransigente. “L’Unione europea non ha deciso di sospendere i finanziamenti all’UNRWA“, mette in chiaro. Ci sono le verifiche del caso, come peraltro annunciato, che è cosa diversa.Borrell sa di poter contare sull’appoggio dei leader dell’UE. Uno di questi è il primo ministro irlandese, Leo Varadkar. “Serve un cessate il fuoco umanitario a Gaza”, scandisce anche lui prima di prendere parte ai lavori del vertice del Consiglio europeo. In questa ottica di cessate il fuoco umanitario l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi ha ancora un ruolo da poter svolgere. Su questo Borrel è categorico. “Non c’è alternativa all’UNRWA, come hanno detto chiaramente le Nazioni Unite, se si vuole mantenere in vita queste persone”.

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    Mar Rosso, l’Ue alla finestra di fronte all’aggravarsi della crisi. Borrell lavora su una missione congiunta

    Bruxelles – L’Ue, per ora, sta alla finestra. Spettatore interessato e preoccupato dell’escalation di ostilità in Medio Oriente, con la nuova rogna degli assalti alle navi cargo nel Mar Rosso da parte delle milizie yemenite Houthi e la risposta militare messa sul campo nella notte da una coalizione di Paesi guidata dagli Stati Uniti. All’orizzonte, un piano per l’invio di una forza navale europea a protezione delle imbarcazioni commerciali che attraversano il canale di Suez.Il problema è che le conseguenze in Europa iniziano già a farsi sentire. Lo stretto egiziano rappresenta il 12 per cento del commercio mondiale in termini di transito di merci in commercio internazionale, un dato che aumenta fino al 30 per cento se si considerano i container. Da qui passa ciò che serve per il settore primario: il 14,6 per cento dell’import mondiale di prodotti cerealicoli passa da Suez, al pari del 14,5 per cento dei fertilizzanti usati in agricoltura. Oggi Tesla ha annunciato che sospenderà la maggior parte della sua produzione in Germania per due settimane, a causa della carenza di componenti dovuta all’allungamento delle rotte di trasporto. Molte compagnie stanno circumnavigando l’Africa per evitare possibili attacchi nel Mar Rosso.Un miliziano Houthi di guardia alla Grande Moschea Al-Saleh a Sana’a, Yemen (Photo by MOHAMMED HUWAIS / AFP)Il bombardamento di diversi siti militari – circa una settantina – usati dai ribelli Houthi in Yemen, che Washington ha coordinato con Londra e con il supporto di Australia, Canada, Paesi Bassi e Barhein, rischia solo di aggravare la situazione. La Nato ha dichiarato che “questi attacchi erano difensivi e progettati per preservare la libertà di navigazione in una delle vie d’acqua più vitali del mondo”, mentre il presidente Usa, Joe Biden, li ha definiti “un chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i suoi partner non tollereranno attacchi al loro personale né permetteranno ad attori ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione”.Ma se l’intento era quello di scoraggiare le rappresaglie della milizia sciita, che ha intrapreso i suoi attacchi in aperta opposizione ai bombardamenti di Israele contro la popolazione palestinese, a giudicare dalle prime reazioni potrebbe essere stato un buco nell’acqua. Funzionari degli Houthi hanno già avvertito che Stati Uniti e Regno Uniti “pagheranno un prezzo pesante” per questa “palese aggressione” e che continueranno a prendere di mira le navi nel Mar Rosso. Da Teheran, che foraggia le milizie yemenite, la constatazione che “questi attacchi arbitrari non faranno altro che alimentare l’insicurezza e l’instabilità nella regione”.Mar Rosso, una guardia Houthi su una nave con bandiera della Bahamas, sequestrata in un porto yemenita (Photo by AFP)Ha preso immediatamente posizione anche la Russia, che ha chiesto la convocazione di una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “La Russia ritiene che l’attacco degli Stati Uniti e del Regno Unito contro le posizioni del movimento sciita Houthi, dominante nel nord e nel centro dello Yemen, costituisca una minaccia diretta alla pace e alla sicurezza globale“, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Mosca ha chiesto alla comunità internazionale di “condannare fermamente l’attacco allo Yemen da parte di un gruppo di Paesi senza mandato delle Nazioni Unite”. La riunione del Consiglio di Sicurezza si terrà intorno alle ore 16 – le 22 italiane – a New York.Italia, Francia e Spagna non partecipano, Borrell studia una missione europeaI 27 dell’Ue, come di fronte alla deflagrazione del conflitto israelo-palestinese, sembrano inermi e soprattutto divisi. Mentre la Germania sta valutando se partecipare alle operazioni di sicurezza a guida americana dispiegando nel Mar Rosso la fregata Hessen, per ora Francia, Spagna e Italia hanno precisato di non aver partecipato al raid notturno. Fonti di Palazzo Chigi precisano che “l’Italia sta lavorando per mantenere bassa la tensione nel Mar Rosso ed è impegnata nella coalizione europea per garantire la circolazione delle navi”. L’Italia sarebbe stata informata “con largo anticipo dell’attacco”, ma non si è nemmeno posta la questione di partecipare all’offensiva, perché – come spiegato in mattinata dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, “non possiamo mettere in atto azioni di guerra senza un dibattito parlamentare”.Ma la preoccupazione c’è anche a Roma: la sola Italia ha in ballo valori per 154 miliardi di euro, a tanto ammonta il valore dell’import-export italiano marittimo che transita per il canale di Suez. Parliamo del 40 per cento del commercio marittimo del Paese. Non solo gli attacchi degli Houthi stanno facendo salire i costi, ma un possibile scenario – disegnato dal centro studi SRM, è che le navi potrebbero non entrare nel Mediterraneo sbarcando nel Nord Europa, con conseguenti danni ai porti italiani. “Il rischio a medio-lungo termine è la perdita di centralità del Mediterraneo ed il conseguente contraccolpo molto serio per la portualità italiana”, avverte l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Fabio Massimo Castaldo.A Bruxelles si è messo in moto l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che sta elaborando una proposta per svolgere un ruolo più attivo nella regione. I 27 potrebbero discuterne già martedì 16 gennaio, quando si riunirà il Comitato Politico e di Sicurezza (Cps) dell’Unione: in ballo ci sarebbe l’invio di una forza navale europea per supportare la protezione delle navi commerciali nel Mar Rosso. Almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree per il prossimo anno. Ma ora che la tensione è già a salita a un livello superiore, il piano del Servizio Europeo di Azione Esterna (Seae), rischia di essere già da buttare via.Secondo Massimo Salini, eurodeputato di Forza Italia, “il percorso avviato drammaticamente dagli Stati uniti questa notte implica necessariamente un dibattito politico all’interno dell’Ue per definire una strategia”, che non può più evitare la possibilità di un intervento militare. Tenendo separati la crisi del Mar Rosso e il conflitto tra Israele e Hamas: “Se la precondizione per dare una soluzione ipotetica allo scenario sul Mar Rosso significa un arretramento su Israele, questo vorrebbe dire cedere alla strategia iraniana e non possiamo permettercelo”, sostiene Salini. Perché gli Houthi agiscono “per procura” di Teheran e in definitiva “strumentalizzano” la causa palestinese. Ne è convinto Fabio Massimo Castaldo: “Non credo che questo tipo di assalti a navi civili possa essere chiamata solidarietà con i palestinesi, ma anzi continuano a ledere lo slancio necessario per un cessate il fuoco duraturo a Gaza”.

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    La missione di Borrell in Libano per capire come allentare le tensioni in Medio Oriente

    Bruxelles – Inizia oggi (5 gennaio) la missione di tre giorni di Josep Borrell in Libano, dove incontrerà il presidente del Parlamento Nabih Berri, il primo ministro Najib Mikati, il ministro degli Affari esteri, Abdallah Bou Habib, e il comandante delle Forze armate libanesi, il generale Joseph Aoun.La visita – che durerà fino a domenica – vedrà inoltre l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza impegnato a colloquio con il capo della missione e il comandante della forza delle Nazioni Unite in Libano (Unifil), il generale Aroldo Lazaro.Secondo una nota del Servizio europeo per l’azione esterna, la missione sarà un’occasione per “discutere tutti gli aspetti della situazione a Gaza e dintorni, compreso il suo impatto sulla regione, in particolare la situazione al confine israelo-libanese, nonché l’importanza di evitare un’escalation regionale e di sostenere il flusso di assistenza umanitaria ai civili, che l’Unione Europea ha quadruplicato portandola a 100 milioni di euro”. Borrell – si legge ancora – sottolineerà nuovamente la necessità di portare avanti gli sforzi diplomatici con i leader regionali al fine di creare le condizioni per raggiungere “una pace giusta e duratura tra Israele, Palestina e nella regione”.Allentare le tensioni. La missione del capo della diplomazia europea arriva in un momento particolarmente delicato delle tensioni in Medio Oriente tra Israele e Hamas, dopo che nel pomeriggio di martedì in una grossa esplosione a Beirut, la capitale del Libano, attribuita a un bombardamento israeliano mirato contro un ufficio del gruppo armato palestinese Hamas, è rimasto ucciso Saleh al-Arouri, vice capo di Hamas. L’uccisione di Arouri ha acuito le tensioni tra Hezbollah, stretto alleato di Hamas in Libano, e Israele. La guerra tra Israele e Hamas e l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza vanno avanti dallo scorso 7 ottobre, dopo un attacco di Hamas considerato da molti senza precedenti in territorio israeliano in cui hanno perso la vita oltre mille civili e oltre 200 sono stati rapiti, in risposta al quale Israele ha lanciato bombardamenti e assedio via terra della Striscia di Gaza, in cui si contano oltre 20 mila persone uccise.