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    Orbán a sorpresa in Ucraina. A Kiev per “discutere di pace” con Zelensky

    Bruxelles – Sono bastate 24 ore alla guida della presidenza di turno dell’Ue perché Viktor Orbán si imbarcasse alla volta di Kiev, per la prima volta dall’inizio dell’aggressione russa nel febbraio 2022. Il primo ministro ungherese, l’anello debole nel supporto incondizionato di Bruxelles all’Ucraina, ha incontrato Volodymyr Zelensky per “discutere di pace in Europa”, ha fatto sapere su X il suo portavoce, Zoltán Kovács.Una visita “nel solco delle decisioni dell’Ue”, ha commentato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Un “progresso” nelle relazioni tra Kiev e Budapest, l’ha definita l’ambasciatore americano in Ungheria, David Pressman. Di certo, una visita inaspettata da parte del leader più filorusso dei 27, che sta bloccando ostinatamente circa 6,5 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina attraverso lo European Peace Facility, dopo aver tenuto in ostaggio per mesi i 50 miliardi dello Strumento Ue per l’assistenza macrofinanziaria a Kiev.Viktor Orban e Volodymyr Zelensky in conferenza stampa a Kiev, 2/7/24 (Photo by Genya SAVILOV / AFP)“I colloqui si concentreranno sulle possibilità di raggiungere la pace e sulle questioni attuali delle relazioni bilaterali tra Ungheria e Ucraina”, ha precisato ancora Kovács. Secondo quanto riportato dal The Guardian, la visita di Orbán a Zelensky è stata pianificata dopo che i due Paesi hanno trovato un accordo sulla questione dei diritti delle comunità magiare in Ucraina, che vivono al di là del confine con l’Ungheria. La questione della minoranza ungherese è stata anche la principale motivazione con cui Budapest ha giustificato la sua strenua opposizione all’inizio dei negoziati di adesione all’Ue con l’Ucraina.Nel bilaterale, i due leader hanno “accettato di lasciarsi alle spalle le controversie del passato e di lavorare per migliorare le relazioni bilaterali, puntando a un accordo di cooperazione globale per l’Ucraina“, ha fatto sapere Kovács. Il portavoce ha inoltre sottolineato che ha sottolineato che Orbán riferirà gli omologhi del Consiglio europeo sulle discussioni avute con Zelensky.La scelta di recarsi a Kiev a un giorno dall’insediamento alla guida semestrale del Consiglio dell’Ue è un segnale importante da parte di Orbán. L’impegno sull’Ucraina è uno dei timori maggiori che i leader europei hanno segnalato riguardo la presidenza ungherese dell’Unione. Budapest “mira ad affrontare le sfide più urgenti che l’Unione si trova ad affrontare”, ha rivendicato il portavoce Balázs Orbán. Anche se sul percorso per riportare la pace in Ucraina, il punto di vista ungherese diverge profondamente da quello del blocco Ue, che parte dall’assunto dell’integrità territoriale del Paese aggredito: nella conferenza stampa congiunta con Zelensky, Orbán ha dichiarato che “l’Ucraina dovrebbe proclamare il cessate il fuoco e avviare negoziati con la Russia“.Con l’impegno sull’Ucraina, che Orbán ha definito “la questione principale dei prossimi 6 mesi di presidenza ungherese dell’Ue”, il premier sovranista manda un messaggio anche alle destra europea, nel bel mezzo di un processo di riconfigurazione politica. La più solida alleata di Orbán in Europa, Giorgia Meloni, presidente dei Conservatori e Riformisti Europei, è allineata alla posizione del blocco di supporto incondizionato a Kiev. Tant’è che, dopo mesi di corteggiamenti, il gruppo di Ecr ha chiuso la porta al partito di Orbán, Fidesz, che all’Eurocamera risulta ancora tra i non iscritti.Ora il primo ministro ungherese ha annunciato la nascita di una nuova alleanza, i ‘Patrioti per l’Europa’, con i populisti cechi di Ano (ex membri dei liberali) e i nazionalisti austriaci dell’Fpo (fuoriusciti dal gruppo sovranista Id, quello di Marine Le Pen e della Lega). All’alleanza hanno già aderito i portoghesi di Chega, mentre il Carroccio ammicca. Per creare un gruppo all’Eurocamera però, Orbán ha bisogno dell’adesione di partiti da 7 Paesi membri. Un atteggiamento meno oltranzista sull’Ucraina potrebbe attrarre altri ‘patrioti’, come i polacchi filoucraini di Diritto e Giustizia, ai ferri corti con Fratelli d’Italia in Ecr.

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    Zelensky attacca gli alleati: “Umiliante l’aiuto su artiglieria, Ue può dare di più”

    Bruxelles – L’Unione europea fa poco. Il presidente dell’Ucraina, Volodymir Zelensky, ringrazia i capi di Stato e di governo dell’Ue per il sostegno, prezioso, ma considerato ipocrita. Di più: “Umiliante”. Perché non aiuta fino in fondo, e anzi le ‘briciole’ che l’Ue mette a disposizione per la risposta militare di Kiev all’aggressore russo aiutano il Cremlino. Irrompe nel vertice del Consiglio europeo, Zelensky, per un affondo che è un richiamo alla responsabilità. I ritardi nella consegna delle munizioni non vanno giù al leader ucraino.“Le munizioni sono una questione vitale” per rispondere all’avanzata russa, ricorda Zelensky. “Purtroppo, l’uso dell’artiglieria in prima linea da parte dei nostri soldati è umiliante per l’Europa, nel senso che l’Europa può dare di più. Ed è fondamentale dimostrarlo adesso”. Il presidente ucraino non nasconde il suo malumore per un’Europa vicina molto a parole, ma troppo poco nella pratica. L’Ue aveva promesso un milione di pezzi di artiglieria entro fino 2023, per poi ammettere di non essere in grado di tenere fede agli impegni assunti e auspicabilmente consegnare poco più della metà di quanto promesso entro fine marzo di quest’anno. L’Ucraina ha ragione da vendere, e l’irritazione di Zelensky lo stesso leader ucraino la manifesta apertamente, avvertendo i Ventisette: “Questa è la guerra della Russia non solo contro l’Ucraina, ma contro tutti noi, anche contro i vostri paesi, contro tutta la nostra Europa e lo stile di vita europeo”.Il presidente ucraino chiede uno slancio, un cambio di passo, una maggiore determinazione, un impegno vero. Non critica l’apporto avuto fin qui, comunque prezioso, consapevole che l’Ue ha scelto la via migliore per un coinvolgimento diretto nel conflitto che vorrebbe dire guerra mondiale o quasi. Critica l’entità del sostegno, insufficiente per Kiev per vincere il conflitto. Lo dice con forza quando parla della contraerea.“I sistemi di difesa aerea esistenti non sono sufficienti a proteggere l’intero nostro territorio dal terrorismo russo“, avverte Zelensky. Quello che ne deriva non è che la diretta conseguenza di un’Ucraina impreparata e debole: fornire mezzi, strumentazioni e armi necessari per fermare la guerra dell’aria che la Russia conduce assieme a quella di terra. “Sapete tutti quali sono i passi da compiere”, scandisce Zelensky, in un’implicita ma chiara richiesta di aiuto, che è anche la pretesa di tenere fede a impegni assunti dall’Ue anche in questo ambito. “Dobbiamo fornire una protezione affidabile ai cieli sopra la linea del fronte”, che l’Ucraina da sola non può garantire. “Dobbiamo far sì che Putin perda la battaglia per il cielo ucraino” perché, assicura, “se lo farà, perderà anche la terra“. Il leader ucraino è consapevole che l’Europa non ha investito nell’industria bellica perché in tempi di pace, e dunque oggi in difficoltà a far ripartire un comparto divenuto strategico e necessario, e chiede di accelerare. “Per favore, non perdete il tempo necessario per attivare la produzione della difesa“. Un invito ai Ventisette a non rinviare le decisioni che servono per finanziare la produzione a dodici stelle, senza affidarsi a terze parti. “Spero che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che la nostra Europa ha bisogno di una reale autosufficienza in termini di difesa”, l’auspicio di Zelensky. “Ciò può essere raggiunto solo aumentando la produzione di armi e munizioni nel continente”. Esattamente uno dei punti sul tavolo del vertice, dove i leader sono divisi.Italia, Spagna, Lituania ed Estonia vedono di buon occhio l’idea di creare eurobond per la difesa, ipotesi su cui frenano invece Germania, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia. Un modo di presentarsi al cospetto del partner ucraino che non aiuta a fugare i dubbi sull’efficacia degli alleati europei e il loro “umiliante” sostegno.

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    L’Ue è pronta a mettere a terra un Patto per curare le “cicatrici ambientali” della guerra in Ucraina

    Bruxelles – L’obiettivo è sul tavolo delle discussioni, mentre l’Ucraina si avvicina ai due anni di invasione russa con ancora la guerra in casa. “Stiamo lanciando il Patto per l’ambiente, la nostra strategia per il ripristino” delle “cicatrici ambientali” del conflitto, è quanto annunciato oggi (9 febbraio) dal commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, al suo arrivo a Kiev per una due-giorni di visita nel Paese per confronti politici sulla ricostruzione verde dell’Ucraina. In particolare con il presidente Volodymyr Zelensky, con cui è previsto un punto sui lavori tecnici del Gruppo di lavoro di alto livello. “Non è solo una politica, ma la nostra promessa che il risanamento dell’Ucraina sarà inesorabile e che la Russia sarà ritenuta finanziariamente responsabile della sua devastazione ambientale“, è la promessa sancita a Kiev.

    “L’Europa è un alleato incrollabile nella vostra lotta per la libertà”, ha messo in chiaro il responsabile per l’Ambiente del gabinetto von der Leyen, gettando le basi delle discussioni sul nuovo piano in via di ultimazione. Come rende noto l’esecutivo comunitario, il Patto stabilisce raccomandazioni strategiche su tre pilastri: valutazione dei danni ambientali della guerra, ripresa e ricostruzione ecologica dell’Ucraina, e responsabilità legale per i crimini di guerra ambientali. Il confronto all’interno del Gruppo di lavoro di alto livello sulle conseguenze ambientali della guerra è iniziato nel giugno 2023 e ha visto tra i momenti più significativi la Conferenza sulla ripresa verde dell’Ucraina organizzata dalla Commissione Ue a fine novembre dello scorso anno. Il viaggio del commissario Sinkevičius si concentrerà sia sullo stato della ricostruzione e della ripresa ecologica dell’Ucraina sia sul lavoro di Kiev sulle priorità ambientali del processo di adesione all’Unione.

    Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, a Kiev (9 febbraio 2024)La necessità di discussioni serrate su risorse e azioni sul campo su questo fronte non solo parte dal presupposto che l’Ucraina è in prospettiva un futuro membro dell’Ue, ma considera anche la situazione contingente del conflitto. Secondo i dati forniti la stessa Commissione Europea, i danni della guerra russa sull’ambiente e sulle infrastrutture ambientali finora ammontano complessivamente a oltre 52 miliardi di euro. Si contano 497 strutture di gestione dell’acqua danneggiate o distrutte, oltre 1,4 miliardi di euro di danni nel settore forestale e il 20 per cento delle aree protette minacciato. Oggi l’Ucraina “è il Paese più minato al mondo”, senza dimenticare che la devastazione ambientale causata dalla distruzione della centrale idroelettrica di Kakhovka “è il peggior disastro causato dall’uomo dai tempi dell’incidente di Chernobyl”.Gli strumenti Ue per l’Ucraina verdeCon l’obiettivo di sostenere la ripresa verde dell’Ucraina, l’Ue sta analizzando gli strumenti a disposizione per spingere il suo supporto a Kiev. In primis l’iniziativa Phoenix, una combinazione di diversi programmi messa sul tavolo per la prima volta a inizio febbraio dello scorso anno, quando 15 commissari europei (guidati dalla presidente Ursula von der Leyen) si erano recati in visita a Kiev per una serie di incontri con le controparti del governo ucraino. Phoenix si articola in due direttrici: un bando da 5 milioni di euro nel contesto del Nuovo Bauhaus Europeo e 7 milioni di euro in finanziamenti dai programmi Horizon Europe e Life, tutti con il focus della gestione dei rifiuti, del riutilizzo dei detriti nel settore dell’edilizia e delle costruzioni e della conservazione della natura.

    Il commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, alla Conferenza sulla ripresa verde dell’Ucraina (28 novembre 2023)A questo proposito va ricordato che il Nuovo Bauhaus Europeo – l’iniziativa per combinare il Green Deal con la realtà degli spazi abitativi – ha come obiettivo in Ucraina la ricostruzione sostenibile, accessibile e basata sui bisogni delle persone: il network del Bauhaus è già attivo a sostenere città e regioni ucraine su questioni specifiche, come i materiali riciclabili da edifici demoliti e l’uso di metodi di costruzione circolare. Per quanto riguarda il secondo elemento dell’iniziativa – i finanziamenti Life e Horizon Europe per le città climaticamente neutre e intelligenti – i due bandi di gara dedicati appositamente all’Ucraina sono pensati per incoraggiare gli standard di sostenibilità e di circolarità negli sforzi di ricostruzione e di sviluppo della pianificazione urbana in vista del futuro comune tra Kiev e i Ventisette.

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    Ucraina, migrazione e Niger. Perché il buco di Chigi sullo ‘scherzo telefonico’ russo a Meloni riguarda anche l’Ue

    Bruxelles – Il caso dello ‘scherzo telefonico’ alla premier italiana, Giorgia Meloni, da parte di due comici russi – che ha più i contorni di un attacco ibrido rispetto a un’innocente candid camera – arriva anche a Bruxelles, suscitando non poche perplessità per la gestione della sicurezza delle comunicazioni di Palazzo Chigi, oltre che sui contenuti della finta telefonata con il presidente dell’Unione Africana, Azali Assoumani. Non si sbottona la Commissione Ue, ma sono aspre le critiche degli eurodeputati dei partiti di opposizione al governo italiano in carica per un episodio negativo che è stato ripreso dai giornali di tutto il mondo.“Meloni ridicolizza l’Italia agli occhi del mondo, è impressionante la leggerezza che lo scherzo ha messo in luce“, è l’attacco del capo-delegazione del Partito Democratico al Parlamento Ue, Brando Benifei: “Gravissima la mancanza di filtri, da chi è circondata la presidente del Consiglio di un Paese del G7?” Su una linea simile l’eurodeputato di Italia Viva e vicepresidente del gruppo Renew Europe, Nicola Danti: “L’inganno telefonico consumato ai danni di Meloni ha dell’incredibile, aver trasformato la presidente del Consiglio di un Paese del G7 in una ‘macchietta’ non può essere tollerato”. Per questo motivo la richiesta è quella che “i responsabili dell’accaduto si dimettano“. Durissimo il commento della vicepresidente del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (S&D) all’Eurocamera, Elisabetta Gualmini: “Siamo in mano a dei dilettanti per l’ennesima volta”, come dimostrerebbe il fatto che “due comici sono entrati in contatto privato con la premier facendole esprimere pensieri e opinioni gravi sia sulla guerra in Ucraina che sulle strategie future internazionali del Paese”. Anche l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle ed ex-vicepresidente del Parlamento Ue, Fabio Massimo Castaldo, parla di “una gravità senza precedenti“, sia per il fatto che “Palazzo Chigi non sia in grado di approntare misure di sicurezza e protocolli di verifica minimi” sia per le “dichiarazioni così pesanti” su Ucraina e migrazione.I contenuti della telefonata di MeloniLa prima ministra italiana, Giorgia MeloniOltre alla questione di come sia stato possibile che il corpo di consiglieri diplomatici di Meloni non abbia intercettato la minaccia, c’è anche da considerare il contenuto di quanto affermato dalla prima ministra italiana nel corso della finta telefonata con il presidente dell’Unione Africana. In primis sulla questione più calda, ovvero l’Ucraina. “Vedo che c’è molta stanchezza, devo dire la verità, da tutti i lati“, è il passaggio più criticato. Si tratta di un tipo di affermazione che certo non stupisce, ma che allo stesso tempo cozza con la narrativa del ‘staremo al fianco di Kiev per tutto il tempo che sarà necessario’ sempre pubblicamente rivendicato anche dalla premier Meloni. A questo si aggiunge il fatto che la telefonata è datata 18 settembre (ma è stata resa pubblica il primo novembre): quel giorno iniziava l’Assemblea Generale dell’Onu, in cui i leader occidentali cercavano di convincere il resto del mondo della necessità di non perdere la spinta a difesa del rispetto del diritto internazionale. Se “la controffensiva dell’Ucraina forse non sta funzionando come ci aspettavamo” è di per sé un dato di fatto, è un altro passaggio a gettare alcune ombre sull’impegno europeo: “Siamo vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita“. Meloni ha parlato di “problema” a trovarne una “che possa essere accettabile per Kiev e Mosca senza distruggere il diritto internazionale” o “aprire altri conflitti”. A questo proposito la premier dice di avere alcune idee, ma di voler aspettare “il momento giusto per metterle sul tavolo”.Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kaïs Saïed, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, alla firma del Memorandum d’Intesa Ue-Tunisia (17 luglio 2023)C’è poi la questione migrazione, su cui Meloni non ha risparmiato bordate alla Commissione Ue e a Ursula von der Leyen. “La Commissione Europea dice di capirlo [le necessità italiane, ndr], il problema è di quanto tempo ha bisogno per darci risposte concrete”, ha confessato la premier, facendo esplicito riferimento alla numero uno dell’esecutivo Ue: “Nelle parole capisce assolutamente, ma quando chiedi di prendere i soldi e di investire per aiutarci, per discutere con questi Paesi, lì diventa più difficile, devo dire la verità”. Questo riguarda anche la Tunisia, su cui Meloni si è presa i meriti di aver organizzato a luglio il memorandum tra l’Ue e il presidente tunisino, Kaïs Saïed. “Ma lui non ha visto ancora un euro”, ha attaccato la premier, dimenticando però che è stato proprio Saïed ad aver rifiutato la prima tranche da 60 milioni di euro. Ma l’attacco è molto più ampio e coinvolge anche i leader dei Paesi membri Ue: “Il problema è che agli altri non interessa, non hanno risposto al telefono quando li ho chiamati e sono tutti d’accordo sul fatto che l’Italia deve risolvere da sola questo problema“.In particolare si avverte una certa nota di fastidio nel passaggio in cui si parla del presidente francese, Emmanuel Macron, e della situazione in Niger dopo il colpo di Stato di quest’estate. “Vedo che la Francia sta spingendo per una sorta di intervento, ma io sto cercando di capire come possiamo sostenere uno sforzo diplomatico, dobbiamo stare attenti”, è l’avvertimento di Meloni, che ha accusato Parigi di avere “altre priorità, che non sono l’immigrazione in nazioni come il Niger”. Priorità “nazionali”, contro cui la premier italiana starebbe premendo per “non fare cose che ci creano più problemi di quanti già ne abbiamo” e a cui contrappone invece “un piano di investimento per l’energia in Africa”. Il Piano Mattei – che sarebbe dovuto arrivare in una conferenza a Roma a inizio novembre – con l’orizzonte del prossimo anno: “Mi piacerebbe concentrare la nostra presidenza del G7 soprattutto sul tema dell’Africa, andiamo verso un’epoca in cui è già troppo tardi, dobbiamo muoverci”, ha assicurato Meloni. Ignara che dall’altra parte della cornetta non c’era il presidente dell’Unione Africana, ma due comici russi.
    Critiche dagli eurodeputati a Bruxelles per l’attacco ibrido di Mosca concretizzatosi con una chiamata alla premier italiana da due comici, che hanno finto di essere il presidente dell’Unione Africana, Azali Assoumani: “Di una gravità senza precedenti, i responsabili si dimettano”

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    Un colpo al cerchio ucraino e uno alla botte russa. La Serbia di Vučić tenta uno spericolato equilibro tra Mosca e Kiev

    Bruxelles – Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, si muove sui cristalli, ma nessuno dei cocci che rompe fanno piacere a Bruxelles. Perché il leader del Paese candidato all’adesione Ue dal 2012 sembra avere una propensione naturale al cerchiobottismo, sfidando sempre un po’ di più i limiti che l’Unione può tollerare. Ma il rischio che si sta assumendo dopo lo scoppio della guerra russa in Ucraina sta diventando sempre più grosso e l’equilibrio sempre più delicato, volendo barcamenarsi in una presunta “equidistanza” non solo tra Bruxelles e Mosca, ma ora anche tra Kiev e il Cremlino, e tirando in ballo un’altra questione molto delicata per l’Ue: convincere altri Paesi a non riconoscerei il Kosovo.
    Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ad Atene (21 agosto 2023)
    A mettere in luce la nuova spericolata avventura di Vučić è stata la cena informale di lunedì (21 agosto) ad Atene tra i leader delle istituzioni comunitarie, dei Balcani Occidentali, dell’Ucraina e della Moldova, in cui sono andati in scena anche una serie di incontri bilaterali su allargamento Ue e invasione della Russia. Proprio uno dei punti, quest’ultimo, su cui Vučić ha dovuto più destreggiarsi. Il leader serbo non è nuovo alle critiche dell’Unione per il mancato allineamento alla Politica estera e di sicurezza comune, soprattutto sulle sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina (unico in Europa a non averlo fatto nemmeno a livello di principio), ma fino a oggi non ha mai ceduto ad allontanarsi eccessivamente dal legame con il Cremlino. Al contrario, nonostante riceverà un pacchetto di sostegno energetico da Bruxelles pari a 165 milioni di euro, nel maggio dello scorso anno ha siglato un’intesa con Vladimir Putin per altri tre anni di gas russo a condizioni favorevoli.
    La vera novità dalla cena di Atene è – come lo stesso Vučić ha dichiarato oggi (23 agosto) nel corso di una conferenza stampa – l’opposizione esplicita a inserire riferimenti alle sanzioni e ai crimini di guerra di Putin nella Dichiarazione di Atene, il tutto allo stesso tavolo di Zelensky: “Per noi sono condizioni molto difficili”, anche se ha concesso molto vagamente che “non può esserci impunità per la guerra e altri crimini, come gli attacchi contro i civili e la distruzione delle infrastrutture”. Il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dačić, nel celebrare pomposamente la “vittoria diplomatica da soli contro 13 Paesi” in un’intervista a Kurir Tv, ha rivelato un dettaglio di non poco conto: il presidente serbo avrebbe usato “la sua influenza politica” per modificare il testo della dichiarazione ufficiale, “in modo da eliminare il paragrafo che menzionava le sanzioni contro la Russia“, perché “contrario ai nostri interessi nazionali”. Da Bruxelles nessun commento sulla questione, ma in ogni caso non si tratta di segnali incoraggianti sullo spirito che anima l’establishment politico di Belgrado a un anno e mezzo dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
    L’Ucraina tra Serbia e Kosovo
    Da sinistra: il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ad Atene (21 agosto 2023)
    Per cercare di non tagliare i ponti con l’Ucraina, il leader serbo ha cercato di spostare la discussione su un altro livello: quello dell’integrità territoriale, che interessa tanto Kiev quanto Belgrado. “Un incontro aperto, onesto e proficuo”, lo ha definito il presidente Zelensky, riportando i temi di discussione all’incontro bilaterale di Atene: “Rispetto della Carta delle Nazioni Unite e inviolabilità dei confini, futuro comune delle nostre nazioni nella casa europea e relazioni reciproche nel mutuo interesse”. Perché se per l’Ucraina integrità territoriale significa Donbas e Crimea all’interno dei confini nazionali, per la Serbia significa non accettare l’indipendenza del Kosovo proclamata nel 2008. “Sto cercando di ottenere il meglio per la Serbia”, ha dichiarato alla stampa il presidente serbo, parlando delle conversazioni che ha avuto con quattro leader presenti ad Atene i cui Paesi non riconoscono la sovranità di Pristina: due membri Ue (Grecia e Romania) e due non-Ue, Bosnia ed Erzegovina e Ucraina, appunto. Facendo riferimento alle “pressioni” esercitate da Bruxelles su questi Stati, la missione di Vučić ad Atene è stata quella di spingere il leader ucraino a non cedere, facendo leva con tutta probabilità sull’invio di armi per la difesa dall’invasione russa.
    Eppure questo atteggiamento di Vučić si potrebbe scontrare presto non solo con l’irritazione di Mosca per il supporto all’esercito ucraino, ma soprattutto con la posizione dell’Unione Europea per la violazione di accordi precedentemente presi. Secondo l’accordo di Bruxelles sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo firmato sotto l’egida Ue lo scorso 27 febbraio “nessuna delle due Parti bloccherà, né incoraggerà altri a bloccare i progressi dell’altra Parte nel rispettivo cammino verso l’Ue sulla base dei propri meriti”, recita l’articolo 5, riferendosi implicitamente alla sovranità di Pristina (un Paese non indipendente non può fare ingresso nell’Ue). A questo si aggiunge il punto 4 dello stesso accordo, già violato da Belgrado in occasione della votazione sulla richiesta di Pristina di aderire al Consiglio d’Europa: “La Serbia non si opporrà all’adesione del Kosovo a nessuna organizzazione internazionale“. Secondo quanto confermato dallo stesso presidente serbo, Belgrado chiederà che si tenga “quanto prima” una sessione straordinaria del Consiglio di sicurezza delle Nazioni sulla situazione nel nord del Kosovo. Perché la strada di Vučić ormai è tracciata, per quanto spericolato sia l’equilibrio cercato tra Mosca e Kiev e a prescindere dagli avvertimenti di Bruxelles.

    Il presidente serbo sostiene di essere riuscito a modificare la bozza della Dichiarazione di Atene, rendendo meno duri i punti sui crimini di guerra e sanzioni. Ma intanto stringe i rapporti con Zelensky sull’integrità territoriale per impedire che Kiev riconosca la sovranità del Kosovo

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    L’Ucraina ha ricevuto dall’Ue la settima tranche di supporto macrofinanziario. Gli aiuti nel 2023 salgono a 12 miliardi

    Bruxelles – Continua secondo i piani della Commissione Europea il sostegno macro-finanziario all’Ucraina promesso per tutto il 2023. Nella giornata di oggi (22 agosto) sono stati versati nelle casse di Kiev altri 1,5 miliardi di euro, a un mese dall’ultima tranche stanziata da Bruxelles per supportare il Paese invaso dall’esercito russo dal 24 febbraio 2022 negli “sforzi di riparazione, recupero e mantenimento dello Stato”. Ad annunciare lo stanziamento della settima tranche di assistenza macrofinanziaria è stata la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che ha promesso che “ne arriveranno altri, quest’anno e oltre“.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (8 maggio 2023)
    Con la settimana tranche di aiuti destinati a Kiev attraverso lo strumento di assistenza macrofinanziaria Amf+, il supporto economico fornito da Bruxelles nel corso di quest’anno sale a 12 miliardi di euro, dei 18 totali previsti dal pacchetto approvato alla fine dello scorso anno dai co-legislatori. “Con questo strumento, l’Ue cerca di aiutare l’Ucraina a coprire il suo fabbisogno finanziario immediato, con un sostegno finanziario stabile, prevedibile e consistente nel 2023“, sottolinea l’esecutivo comunitario in una nota. Il supporto sarà utilizzato per pagare stipendi e pensioni, per mantenere in funzione i servizi pubblici essenziali (ospedali, scuole e alloggi per gli sfollati), per garantire la stabilità macroeconomica e per ripristinare le infrastrutture critiche distrutte (infrastrutture energetiche, sistemi idrici, reti di trasporto, strade, ponti): “Il Paese sta affrontando la brutale guerra di aggressione della Russia e sta lavorando per ripristinare le sue infrastrutture“, ha voluto ricordare von der Leyen.
    Il pagamento è arrivato dopo che il 25 luglio scorso la Commissione ha rilevato i “continui progressi” di Kiev nell’attuazione delle “condizioni politiche concordate”, rispettando i requisiti di rendicontazione “per garantire un uso trasparente ed efficiente dei fondi”. I progressi più importanti sono stati riscontrati nel lavoro per migliorare la stabilità finanziaria e il sistema del gas, rafforzare lo Stato di diritto, incoraggiare l’efficienza energetica e promuovere un migliore clima imprenditoriale. Ma la presidente von der Leyen ha voluto spingersi oltre: “Continueremo a stare risolutamente al fianco dell’Ucraina, con un sostegno fino a 50 miliardi di euro proposto per il periodo 2024-2027”. Il riferimento è alla proposta di revisione del bilancio pluriennale Ue 2021-2027, con l’idea di creare una riserva finanziaria da 50 miliardi di euro per i prossimi quattro anni, composta di sovvenzioni e prestiti. Mentre i 33 miliardi di prestiti saranno finanziati attraverso l’assunzione di prestiti sui mercati finanziari, i 17 miliardi di euro in sovvenzioni arriveranno direttamente dalle risorse aggiuntive previste dalla revisione del bilancio.
    Dall’inizio della guerra russa in Ucraina Bruxelles stima che il sostegno finanziario, umanitario, di bilancio d’emergenza e militare a Kiev arrivato dall’Unione Europea, dai Paesi membri e dalle istituzioni finanziaria europee “ammonta a 76 miliardi di euro“. Per quanto riguarda l’assistenza macro-finanziaria Ue, il totale è di 19,2 miliardi, di cui 7,2 miliardi stanziati nel 2022 e i 12 di quest’anno. La prima tranche dallo strumento assistenza macrofinanziaria Amf+ è arrivata all’Ucraina il 17 gennaio con un supporto iniziale di 3 miliardi, seguita da altri sei tranche mensili da 1,5 miliardi nel successivo semestre.

    Lo annuncia la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, promettendo che “ne arriveranno altri, quest’anno e oltre”. Lo strumento di assistenza macrofinanziaria Amf+ mobiliterà in totale 18 miliardi per gli “sforzi di riparazione, recupero e mantenimento dello Stato”

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    La coalizione dell’aviazione si allarga: la Grecia addestrerà i piloti ucraini di F-16, dice Zelensky

    Bruxelles – L’occasione era una cena per discutere delle prospettive di allargamento dell’Ue ai Balcani occidentali, all’Ucraina e alla Moldova. Ma per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky la cena che si è consumata ieri (21 agosto) ad Atene, ospitata dal premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stata soprattutto l’occasione per strappare alla Grecia l’impegno a partecipare all’addestramento dei piloti dell’aeronautica ucraina per i jet F-16.
    “Oggi abbiamo l’importante risultato per la coalizione dell’aviazione. La Grecia parteciperà all’addestramento dei nostri piloti per l’F-16. Sono grato per questa proposta”, ha detto Zelensky durante la conferenza stampa congiunta con il primo ministro greco ad Atene. A quanto riferito in un post su X, ex Twitter, dal presidente ucraino, la Grecia starebbe preparando un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev, ma non ha fornito ulteriori dettagli su come si svolgerà il programma di addestramento.

    Five outcomes of our talks with Prime Minister @KMitsotakis.
    1. Greece joined the aviation coalition: it will train our pilots to fly F-16s. Greece is also preparing a new military aid package for Ukraine.
    2. I proposed ways for Greece to assist us in securing Ukraine’s new… pic.twitter.com/saayynoA5I
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) August 21, 2023

    La promessa di Mitsotakis arriva a poche ore dall’annuncio di Danimarca e Paesi Bassi di voler fornire rispettivamente 19 e 42 aerei da combattimento F-16 all’Ucraina, che contribuiranno a rafforzare le difese aeree ucraine e la controffensiva contro l’invasione della Russia, iniziata il 24 febbraio di un anno fa. Dopo il suo piccolo tour europeo del fine settimana tra Amsterdam, Copenaghen e Stoccolma, il presidente ucraino ha detto ieri (21 agosto) di sentirsi “fiducioso” dopo la promessa di consegna degli F-16 di fabbricazione statunitense che l’Ucraina possa realmente porre fine all’invasione russa. I primi sei velivoli dovrebbero arrivare a Kiev prima della fine dell’anno. L’obiettivo del tour europeo di Zelensky – che finora ha fatto tappa in quattro capitali europee – è quello di rafforzare il sostegno militare dell’Occidente.
    Mitsotakis ha ribadito nel corso della conferenza la disponibilità a “sostenere il vostro percorso” di integrazione europea “e abbiamo anche recentemente aderito alla dichiarazione congiunta dei leader del G7 in merito alla fornitura di impegni di sicurezza al vostro Stato”. I due leader, dopo l’incontro bilaterale, hanno inoltre firmato una dichiarazione congiunta sul percorso euro-atlantico dell’Ucraina, che in sostanza sostiene l’integrazione di quest’ultima alla NATO.

    La cena ospitata da Atene per discutere le prospettive di allargamento dell’Unione europea a Balcani occidentali, Ucraina e Moldova è l’occasione per il presidente ucraino Zelensky di strappare alla Grecia l’impegno ad addestrare i piloti dei caccia F-16 che arriveranno a Kiev da Danimarca e Paesi Bassi

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    Zelensky ‘a caccia’ di F-16: Paesi Bassi e Danimarca si impegnano a fornire decine di aerei all’Ucraina

    Bruxelles – Un impegno e la prima vera promessa di fornire caccia F-16 alle forze armate ucraine. Danimarca e Paesi Bassi muovono i primi passi sulle forniture di aerei da combattimento per Kiev, dopo l’apertura del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e hanno annunciato ieri (20 agosto) che forniranno diversi F-16 a Kiev, che contribuiranno a rimpolpare le difese aree ucraina e la controffensiva contro l’invasione della Russia, iniziata il 24 febbraio di un anno fa.
    L’occasione per annunciare il dispiegamento di forze armate è stata la visita del presidente ucraino Volodomyr Zelenskyj, ai rispettivi premier di Danimarca e Paesi Bassi, Mette Frederiksen e Mark Rutte. “Gli F-16 instilleranno nuova fiducia e motivazione sia nei guerrieri che nei comuni cittadini. Produrranno nuovi risultati per l’Ucraina e il resto d’Europa”, ha scritto su X (precedentemente Twitter) il presidente ucraino, riferendo di una giornata “potente e fruttuosa” sul fronte degli armamenti. 

    F-16s will instill fresh confidence and motivation in both warriors and ordinary citizens. They will produce fresh results for Ukraine and the rest of Europe.
    I thank you once again, dear @MinPres Mark, @Statsmin Mette, your teams, and the peoples of the Netherlands and Denmark. pic.twitter.com/ffSdtMHkfI
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) August 20, 2023

    Coalizione F-16
    Copenaghen e Amsterdam muovono i primi passi in quella che dovrebbe diventare una vera coalizione, a cui i due premier europei invitano anche gli altri 25 Stati membri Ue a prendere parte. La Danimarca, come riferito da Frederiksen, consegnerà 19 arei caccia da combattimento in totale, con i primi sei che dovrebbero essere spediti in Ucraina intorno a Capodanno e che saranno seguiti da otto nel 2024 e cinque nel 2025. Quanto ai I Paesi Bassi hanno 42 F-16 disponibili in tutto, ma devono ancora decidere se verranno donati tutti, ha detto domenica il primo ministro olandese Mark Rutte, quando Zelenskiy ha visitato il paese.
    Prima i carri armati tedeschi, ora quella dei caccia aerei. La fornitura dei cosidetti fighter jets ha sollevato in Ue non poche divisioni e non meno remore tra i Paesi dell’Unione. Nonostante le divisioni a dodici stelle, una svolta è arrivata a fine maggio con la decisione del presidente americano Joe Biden di consentire ai Paesi che lo vorranno di fornire aerei caccia da guerra Made in USA F-16 all’Ucraina. Dopo mesi di richieste da parte di Zelensky, Biden – l’occasione era la riunione dei leader G7 a Hiroshima, in Giappone – ha comunicato agli altri leader riuniti nel formato G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti e Unione europea) che gli Stati Uniti sosterranno anche gli sforzi di addestramento dei piloti ucraini sugli F-16, che potrebbero coinvolgere anche l’Italia. Roma è insieme alla Grecia, Paesi Bassi, Danimarca, Romania, Portogallo tra i Paesi Ue a disporre di questi velivoli.

    Dopo l’apertura di Biden, da Paesi Bassi e Danimarca arriva la prima promessa ufficiale a fornire a Kiev aerei caccia F-16 che contribuiranno a rafforzare le difese aree ucraine e la controffensiva contro l’invasione della Russia. “Una giornata potente e fruttuosa”, annuncia il presidente ucraino, in visita domenica nei due Paesi Ue