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    Il presidente dell’Iran Raisi è morto. Polemica sull’assistenza Ue per le ricerche, Lenarčič: “Atto di umanità elementare”

    Bruxelles – La Repubblica islamica dell’Iran si è risvegliata orfana del suo presidente ultraconservatore, Ebrahim Raisi. L’elicottero su cui viaggiava si è schiantato ieri sera (19 maggio) in una zona montuosa dell’Azerbaigian, e con lui sono morti tutti i passeggeri. A Bruxelles fa già discutere la scelta di accorrere in soccorso al sanguinario regime teocratico, con l’attivazione del servizio di mappatura satellitare Copernicus per le ricerche del velivolo. Ma il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, non ci sta: “Semplicemente un’espressione dell’umanità più elementare”.A bordo dell’elicottero, oltre al 63enne presidente – molto vicino alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e per molti favorito per la sua successione -, c’erano anche il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, il governatore della provincia dell’Azarbaijan orientale Malek Rahmati e il leader della preghiera del venerdì di Tabriz Mohammadali Al-Hashem. Il luogo dell’incidente sarebbe a un centinaio di chilometri da Tabriz, in una remota zona montuosa dell’Azerbaigian, dove Raisi si era recato per inaugurare una diga insieme all’omologo Ilham Aliyev.(FILES) Iranian President Ebrahim Raisi . (Photo by Ed JONES / AFP)Già nel tardo pomeriggio di domenica, diversi media iraniani hanno dato la notizia di “un’incidente” al convoglio presidenziale, senza però specificare se fosse effettivamente coinvolto Raisi. Intorno alle 19, il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha annunciato, su richiesta di Teheran, l’attivazione del servizio di mappatura di risposta rapida Ue, Copernicus, per fornire assistenza alle complesse operazioni di ricerca.Anche Arabia Saudita e Turchia hanno offerto assistenza, e da Mosca sono partiti due aerei, un elicottero e 50 uomini per cercare la delegazione iraniana dispersa. La decisione dell’Ue di offrire assistenza ad un regime sanguinario, su cui nell’ultimo anno e mezzo Bruxelles ha imposto dieci pacchetti di sanzioni per gravi violazioni dei diritti umani e diverse altre misure restrittive per la fornitura di droni e missili al Cremlino, ha fatto immediatamente storcere il naso a molti. Tant’è che già alle 21, il portavoce della Commissione europea responsabile per gli aiuti umanitari e le situazioni di crisi, Balazs Ujvari, ha spiegato in un tweet che “né il Meccanismo di protezione civile dell’Ue né il sistema satellitare Copernicus sono guidati da considerazioni politiche. Qualsiasi paese può richiedere assistenza di carattere umanitario o civile attraverso questi canali e la Commissione europea fa del suo meglio per aiutare”.(FILES) Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian (R) con l’Alto rappresentane Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, a Teheran nel 2022 (Photo by ATTA KENARE / AFP)D’altronde si parla di un regime apertamente ostile al blocco atlantista, di un presidente noto anche come “il macellaio di Teheran” per il suo ruolo nelle esecuzioni di migliaia di prigionieri politici e ricordato dal ministro degli Affari esteri russo, Sergej Lavrov, come un “vero e affidabile amico” del Cremlino. Che il punto sia delicato è evidente anche dalla reazione trattenuta dei leader delle istituzioni europee, con le condoglianze espresse dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e dall’Alto rappresentante per gli Affari Esteri. “L’Ue esprime le proprie condoglianze alle famiglie di tutte le vittime e ai cittadini iraniani colpiti”, dichiara in un breve statement il capo della diplomazia europea.Il punto è talmente spinoso che è dovuto intervenire nuovamente Lenarčič, mettendo in chiaro che “la fornitura di una mappatura satellitare su richiesta per facilitare un’operazione di ricerca e salvataggio non è un atto di sostegno politico ad alcun regime o istituzione“, ma “semplicemente un’espressione dell’umanità più elementare”. Nel frattempo a Teheran, l’Ayatollah Khamenei ha assicurato – con un messaggio diretto sia dentro i confini del Paese che ai nemici dell’Iran – che non ci saranno vuoti di potere, annunciando che il governo iraniano continuerà ad operare “senza interruzioni” dopo la morte del presidente Raisi.Nuove elezioni in Iran entro 50 giorni, l’opposizione spinge “i giovani ribelli ad agire”Il leader supremo ha già conferito l’incarico di presidente ad interim al vice di Raisi, Mohammad Mokhber, come previsto dalla Costituzione iraniana. Mokhber traghetterà il governo per un periodo massimo di 50 giorni, entro il quale saranno dovranno essere organizzate nuove elezioni. Difficilmente questo nuovo scenario potrà aprire delle faglie nel potere totalitario dei mullah iraniani, ma una parte dell’opposizione al regime è pronta a cogliere al volo l’occasione.A partire da Maryam Rajavi, presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (Ncri) – organizzazione che si proclama governo e parlamento in esilio dal 1981 – che ha dichiarato: “Questo rappresenta un colpo strategico monumentale e irreparabile per la Guida Suprema dei mullah Ali Khamenei e per l’intero regime, noto per le sue esecuzioni e i suoi massacri. Questo fatto scatenerà una serie di ripercussioni e crisi all’interno della tirannia teocratica, che spingeranno i giovani ribelli ad agire“.

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    Israele ha attaccato una base militare in Iran, fonti Ue: “Impatto molto limitato, è un’azione minore”

    Bruxelles – L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ribadisce l’invito alla “massima moderazione per tutti gli attori” in seguito alle notizie dell’attacco compiuto questa mattina (19 aprile) da Israele contro una base militare a Isfahan, provincia nel centro dell’Iran. La reazione di Tel Aviv alle centinaia di missili e droni lanciati da Teheran il 13 aprile arriva nonostante l’appello del Consiglio europeo a prendere ogni precauzione per scongiurare una pericolosa escalation.Ma da Bruxelles chiudono un occhio e buttano acqua sul fuoco: “Abbiamo visto un impatto molto limitato“, ha commentato un alto funzionario Ue: “È vero che abbiamo chiesto di non fare nulla, ma è un’azione minore”. Insomma, la linea è che se fosse questa la temuta ritorsione all’attacco iraniano, allora si può tirare un sospiro di sollievo. Perché le esplosioni a Isfahan non avrebbero causato nessun danno significativo, fanno sapere le autorità iraniane, e soprattutto perché Teheran non avrebbe per ora l’intenzione di rispondere nuovamente alla provocazione.L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, a Capri per il G7 Esteri, 19/4/24L’offensiva iraniana del 13 aprile, che il regime ha dovuto lanciare in risposta al bombardamento israeliano sull’ambasciata di Teheran a Damasco, è “stato un errore strategico enorme”, ha dichiarato un alto funzionario a Bruxelles. Perché “è ovvio che Israele ora trae dall’attacco dell’Iran un vantaggio politico a Gaza”. Ha spostato l’attenzione sulla scala regionale del conflitto – mettendo in ombra la catastrofe umanitaria di Gaza – e ha inevitabilmente riavvicinato l’Occidente a Israele. Tant’è che anche a livello dei 27, mentre la distruzione dell’ambasciata iraniana in Siria da parte delle forze di difesa israeliane non è stata condannata perché “gli Stati membri la vedono in modo diverso“, gli stessi Paesi Ue hanno messo nero su bianco nelle conclusioni del vertice europeo che “prenderanno ulteriori misure restrittive contro l’Iran” in risposta alla sua pericolosa aggressività militare.L’accordo politico potrebbe arrivare già lunedì 22 aprile, in occasione della riunione dei ministri degli Esteri Ue a Lussemburgo. “Ne stiamo discutendo già da tempo. L’attacco iraniano contro Israele non ha fatto altro che rafforzare la discussione”, spiegano fonti Ue. Oltre al regime di sanzioni per le violazioni dei diritti umani, la repubblica islamica soggetta anche ad un quadro di misure restrittive per il trasferimento di droni militari verso la Russia. L’idea del Servizio di Azione Esterna dell’Ue (Seae) è quella di ampliare quest’ultimo regime inserendo anche i missili, e di estenderlo geograficamente, sanzionando cioè non solo gli apparecchi diretti a Mosca, ma anche il trasferimento di droni e missili a gruppi e organizzazioni non statali vicine a Teheran nella regione.Il Seae starebbe cercando inoltre gli appigli legali per colpire con le sanzioni non solo il trasferimento di missili e droni, ma anche la loro produzione. In ogni caso, il semaforo verde che può accendersi lunedì riguarda solo il quadro di riferimento: “Finora non ci sono nomi ed entità”, ha precisato la fonte.

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    Israele, l’imperativo dell’Ue è evitare l’escalation regionale. Borrell dal G7 avverte: “Mantenere alta l’attenzione su Gaza”

    Bruxelles – I centinaia di droni e missili lanciati dall’Iran verso il territorio israeliano, in risposta al bombardamento della sede diplomatica di Teheran a Damasco, hanno convogliato le energie – e le preoccupazioni – dei capi di stato e di governo Ue riuniti per il Consiglio europeo straordinario a Bruxelles. Ora l’imperativo è evitare ad ogni modo l’escalation tra le due potenze regionali: nelle conclusioni i 27 esortano “tutte le parti a esercitare la massima moderazione e ad astenersi da qualsiasi azione che possa aumentare la tensione” e mettono in chiaro di essere pronti a sanzionare ulteriormente l’Iran.Il nuovo scenario aperto dall’attacco iraniano riporta il blocco Ue a parlare con una voce unica. Sul Medio Oriente, dal 7 ottobre, farlo è sempre stata un’impresa. Nessuna ambiguità nella “condanna ferma e inequivocabile dell’attacco iraniano a Israele“, con i capi di stato e di governo che ribadiscono la “piena solidarietà al popolo israeliano e l’impegno per la sicurezza di Israele e per la stabilità regionale”.Contro Teheran, colpevole secondo l’Ue di una risposta “sproporzionata”, i leader danno il via libera al Servizio Europeo di Azione Esterna per proporre ulteriori misure restrittive, ” in particolare in relazione ai veicoli aerei senza pilota (UAV) e ai missili“. Al termine della prima giornata di lavori del vertice, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha sottolineato alla stampa che “l’impegno nella regione è fondamentale e dobbiamo isolare l’Iran, poniamo delle sanzioni contro l’Iran e lavoriamo con i nostri partner”.

    il presidente del Consiglio europeo, Charles MichelNon solo l’Iran, ma anche il Libano, dove al confine meridionale con Israele proseguono gli scambi di “cortesie” tra Hezbollah e le forze di difesa Israeliane. I 27 ricordano il “forte sostegno al Libano e al popolo libanese e riconoscono le difficili circostanze che il Libano sta attraversando a livello interno e a causa delle tensioni regionali”.Al di là della tensione crescente tra lo Stato ebraico e il regime degli ayatollah iraniani, l’epicentro del conflitto rimane però a Gaza. Dove Israele, nel tentativo di stanare e eliminare completamente Hamas, ha raso al suolo la gran parte della Striscia e causato più di 33 mila vittime palestinesi. “È necessario mantenere alta l’attenzione verso la guerra in corso a Gaza, dove la violenza è in aumento, e, al contempo, sostenere la difesa di Israele dagli attacchi dell’Iran”, ha avvertito l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, in un punto stampa a Capri, prima dell’inizio dei lavori della seconda giornata della ministeriale Esteri del G7 sotto presidenza italiana.Nelle conclusioni del vertice in corso a Bruxelles, il Consiglio europeo “ribadisce il suo impegno a collaborare con i partner per porre fine senza indugio alla crisi a Gaza”. Per la prima volta, i 27 mettono nero su bianco che l’assedio israeliano – che secondo la Corte di Giustizia Internazionale rischia di presentare alcuni tratti di un vero e proprio genocidio – può essere fermato “anche attraverso il raggiungimento di un cessate il fuoco immediato e il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi”.Il muro di Netanyahu: “Apprezzo i consigli, ma Israele prende decisioni da solo”Agli appelli dell’Ue ha risposto indirettamente il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che alla riunione del suo gabinetto ha dichiarato: “Ringrazio i nostri amici per il loro sostegno in difesa di Israele. Hanno anche suggerimenti e consigli di ogni tipo, che apprezzo; tuttavia, vorrei anche chiarire che prenderemo le nostre decisioni da soli. Lo Stato di Israele farà tutto ciò che è necessario per difendersi“.Per ribadire l’intenzione di tirare dritto e non piegarsi alle richieste della comunità internazionale, Netanyahu ha annunciato l’approvazione di un nuovo Piano di espansione dei coloni nel Negev occidentale, con un investimento di 19 miliardi di Nis, circa 5 miliardi di euro. “I terroristi di Hamas hanno cercato di sradicarci. Noi li sradicheremo e approfondiremo le nostre radici. Costruiremo la Terra d’Israele e salvaguarderemo il nostro Stato”, ha chiuso il discorso Netanyahu. Tutto questo mentre Borrell, da Capri, insisteva perché “l’Ue adotti delle sanzioni contro chi ha commesso delle violenze contro i palestinesi in Cisgiordania”.

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    Una Nato “preoccupata” per l’escalation in Medio Oriente accoglie la tregua temporanea a Gaza e avverte l’Iran

    Bruxelles – Per la prima volta dallo scoppio delle ostilità tra Israele e Hamas, i ministri degli Esteri della Nato hanno fatto il punto della situazione a Gaza e più in generale nel contesto della regione, considerate le “preoccupazioni per l’escalation di tensione in Medio Oriente” dei 31 Paesi membri. Così ha riassunto lo stato delle discussioni del vertice ministeriale a Bruxelles il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg, parlando alla stampa al termine della prima giornata di lavori (28 novembre): “È essenziale che quello in corso non si trasformi in un conflitto regionale più grande”.Il vertice dei ministri degli Esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, 28 novembre 2023 (credits: Nato)“Gli alleati accolgono con favore l’estensione delle pause umanitarie e il rilascio degli ostaggi“, sono state le parole di speranza di Stoltenberg, dopo il via libera delle due parti in guerra al proseguo della tregua temporanea nella Striscia di Gaza in atto da quasi una settimana consecutiva: “C’è sollievo per la popolazione civile e anche per il fatto che gli aiuti umanitari possano essere consegnati, auspichiamo ulteriori proroghe“. Le notizie positive finiscono qui, anche perché il segretario generale della Nato ha un’idea precisa sull’origine di potenziali ulteriori minacce nel prossimo futuro: “L’Iran non deve complicare la crisi in Medio Oriente e deve tenere a freno i suoi delegati“, ovvero Hamas (in Palestina) e Hezbollah (in Libano).In ogni caso, come fatto notare dallo stesso Stoltenberg di fronte alle domande pressanti dei giornalisti internazionali, “è importante riconoscere che la Nato come alleanza non svolge un ruolo attivo nel conflitto israelo-palestinese“. È vero che alcuni dei 31 alleati sono attivi “in modi diversi” e soprattutto su fronti diversi – come Stati Uniti e Turchia – ma strettamente parlando di Alleanza Atlantica non si può affermare che ci sia un coinvolgimento diretto. Le preoccupazioni sorgono soprattutto per il fatto che esiste una presenza di ormai lunga data della Nato “nella più ampia regione del Medio Oriente“: attualmente è in corso una missione di addestramento in Iraq per aiutare l’esercito nazionale a combattere l’Isis, una “stretta collaborazione” con diversi Stati arabi del Golfo, del Nord Africa e del Medio Oriente, “inclusa un partenariato con la Giordania, dove svolgiamo alcune attività di rafforzamento delle capacità di difesa”, ha precisato Stoltenberg. Ecco perché una polveriera in Palestina non può lasciare l’Alleanza Atlantica indifferente.Il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), Jens Stoltenberg (credits: Nato)Eppure le discussioni tra i 31 ministri hanno anche riguardato il modo in cui Israele sta conducendo la guerra contro Hamas. “Il diritto internazionale e il diritto umanitario devono essere rispettati in tutte le guerre e la vita dei civili deve essere sempre tutelata ovunque nel mondo, a prescindere dal tipo di conflitto e dei rapporti con gli alleati”, ha messo in chiaro il segretario generale dell’Alleanza Atlantica. Interrogato a proposito del rapporto tra la situazione a Gaza e quella in Ucraina – altro tema caldo sul tavolo dei ministri – lo stesso Stoltenberg ha voluto sottolineare che “è diversa in molti modi, l’Ucraina non ha mai né provocato né attaccato la Russia, l’invasione russa non è stata provocata” da Kiev ed è stata “su larga scala contro un altro Paese” sovrano e indipendente. Ecco perché, passando ad analizzare anche il ruolo di supporto armato e operativo della Nato a Kiev, “gli ucraini hanno diritto di difendersi contro un attacco non provocato e per mantenere la propria integrità territoriale”, ha precisato Stoltenberg. “Sostenere l’Ucraina è qualcosa su cui tutti gli alleati concordano, non solo perché il diritto all’autodifesa è garantito dalla Carta delle Nazioni Unite”, ma anche per il fatto che “il diritto umanitario internazionale si applica in tutti gli scenari e noi abbiamo il dovere di proteggerlo”.
    Al vertice del ministri degli Esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord sono state accolte con favore “l’estensione delle pause umanitarie e il rilascio degli ostaggi”. Il segretario generale, Jens Stoltenberg a Teheran: “Tenga a freno i suoi delegati” Hamas ed Hezbollah

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    Iran, arriva il decimo pacchetto di sanzioni Ue per i responsabili della repressione dei movimenti di protesta

    Bruxelles – Decimo pacchetto di sanzioni europee ai responsabili della feroce repressione in Iran. Alla vigilia dell’anniversario della morte per mano della polizia morale di Mahsa Amini, che il 16 settembre dell’anno scorso ha scatenato un movimento di protesta nazionale contro il regime di Teheran, il Consiglio dell’Ue ha imposto misure restrittive nei confronti di quattro individui e sei entità ritenute responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.
    Alla lista delle sanzioni Ue, che conta ora un totale di 227 persone e 43 entità, soni stati aggiunti il vice comandante in capo del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) nel quartier generale della sicurezza centrale dell’Imam Ali e i comandanti della polizia delle province di Mazandaran e Fars . Nell’elenco anche la prigione di Kachui e il suo direttore, le carceri di Sanandaj, Zahedan e Isfshan, l’agenzia Tasnim News e il Consiglio Supremo del Cyberspazio.
    A tutti loro sarà imposto il congelamento dei beni sul territorio comunitario, il divieto di viaggiare verso l’Unione Europea e il divieto di ricevere fondi o risorse economiche dai 27 Paesi Ue. È inoltre in vigore un divieto di esportazione verso l’Iran di attrezzature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna o per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
    L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell
    “L’Ue e i suoi Stati membri sono uniti nell’esortare le autorità iraniane a rispettare rigorosamente i principi sanciti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui l’Iran è parte“, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell. L’appello che arriva dal capo della diplomazia europea è sempre lo stesso, da ormai un anno, ed è stato oggetto di critica pochi giorni fa da parte dell’Eurocamera perché ritenuto privo di efficacia e di conseguenze per i cittadini iraniani: “eliminare, nella legge e nella pratica, tutte le forme di discriminazione sistemica contro le donne e le ragazze nella vita pubblica e privata e di adottare misure attente al genere per prevenire e garantire protezione alle donne e alle ragazze dalla violenza sessuale e di genere” e “astenersi da qualsiasi futura esecuzione capitale e garantire un giusto processo a tutti i detenuti e a perseguire una politica coerente verso l’abolizione della condanna a morte”. E infine “cessare immediatamente la pratica inaccettabile e illegale della detenzione arbitraria, anche di cittadini Ue e con doppia cittadinanza Ue-iraniana”.
    Borrell, a cui l’emiciclo di Strasburgo ha chiesto a gran voce di cambiare strategia nei confronti del regime dei mullah iraniani, ha concluso: “L’Ue e i suoi Stati membri riaffermano il loro forte sostegno ai diritti fondamentali delle donne e degli uomini iraniani e alle loro aspirazioni. Di conseguenza, continuiamo a considerare tutte le opzioni appropriate a nostra disposizione per affrontare qualsiasi questione preoccupante relativa alla situazione dei diritti umani in Iran”.

    Alla vigilia dell’anniversario dell’uccisione di Mahsa Amini, la ventiduenne curdo-iraniana morta mentre era in custodia della polizia morale del regime, imposte misure restrittive a altri 4 individui e 6 entità. Borrell: “Consideriamo tutte le opzioni a nostra disposizione per la situazione dei diritti umani in Iran”

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    Strasburgo ricorda Mahsa Amini a un anno dalla sua uccisione. Gli eurodeputati chiedono all’Ue il pugno duro sull’Iran

    Bruxelles – Il 16 settembre 2022, la morte di una ragazza ventiduenne curdo-iraniana mentre era in tenuta in stato di fermo dalla polizia morale del regime di Teheran, ha innescato una reazione capace di far tremare le fondamenta della Repubblica islamica. A un anno dall’uccisione di Mahsa Amini, il Parlamento europeo si interroga su ciò che da quel giorno è per sempre cambiato in Iran, su ciò che è rimasto del movimento di protesta che ha infuocato il Paese, sulla politica adottata dall’Ue nei confronti del governo dei mullah.
    Dodici mesi che “hanno marcato un chiaro cambiamento del nostro rapporto con l’Iran”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, dall’emiciclo di Strasburgo. Un anno in cui i 27 Stati membri hanno emanato 9 pacchetti consecutivi di sanzioni contro i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani in Iran. Nella lista nera dell’Ue figurano ora 223 individui e 37 entità legate e diverso titolo agli apparati governativi che hanno attuato la feroce repressione dei moti di protesta. “Le nostre relazioni sono al punto più basso – ha sottolineato il capo della diplomazia Ue-, ma è essenziale mantenere i canali diplomatici aperti”.
    L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell
    È questa volontà di non chiudere completamente il rapporto a scatenare la reazione dell’Eurocamera. Ognuno ha il suo ruolo: Borrell usa i guanti di velluto perché deve tenere conto degli equilibri geopolitici sempre più incerti, con l’Iran che ammicca sempre di più verso Putin e fornisce al Cremlino i droni usati per bombardare infrastrutture civili in Ucraina, ma gli eurodeputati gli chiedono il pugno duro. Troppo poco ha fatto la politica delle sanzioni rispetto alle centinaia di morti per mano delle forze di polizia (secondo Iran Human Rights erano 537 i manifestanti uccisi nei primi 200 giorni di proteste) e le 499 esecuzioni di condanne a morte solo nel 2023, con un aumento di oltre il 70 per cento rispetto all’anno precedente.
    Una strategia definita “fallimentare”, quella attuata da Borrell per conto del blocco. La mancanza più grave, non aver raccolto l’invito del Parlamento europeo a designare il corpo dei Guardiani della Rivoluzione Iraniana (Irgc) come organizzazione terroristica. Il motivo c’è, Borrell l’ha spiegato un’altra volta in Aula, ma nasconde una mancanza di volontà politica. Per inserire l’Irgc nella lista europea delle organizzazioni terroristiche “deve essere presentata la decisione di un tribunale nazionale che dimostri che tale organizzazione ha partecipato un atto qualificato come terrorista”. E serve poi l’unanimità tra i 27 Paesi Ue.
    A distanza di un anno dalla morte di Mahsa Amini, il regime di terrore in Iran continua. Terrore perpetrato da uno Stato che ha paura di cadere sotto i colpi del motto “Donne, vita, libertà” che ha accompagnato il movimento di protesta in questi mesi. “Voglio ribadire ancora che il Parlamento europeo è accanto a queste donne e uomini coraggiosi che continuano a lottare per l’uguaglianza, la libertà e la dignità in Iran. Siamo accanto a coloro che anche dal carcere continuano a portare avanti il movimento Women Life Freedom”, ha dichiarato la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola.

    Dallo scoppio delle proteste l’Ue ha emanato 9 pacchetti di sanzioni contro i responsabili della dura repressione governativa. Per l’Eurocamera non basta, la strategia dell’Alto rappresentante Borrell è stata “fallimentare”

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    Iran, un pacchetto di sanzioni europee al mese. Siamo al nono, ma nel Paese aumentano le esecuzioni capitali

    Bruxelles – Arriva puntuale, anche questo mese, il pacchetto di sanzioni Ue contro i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani in Iran. È il nono, uno al mese dallo scorso ottobre, e colpisce 7 persone che vanno ad aggiungersi alla lunga lista nera, che ora conta 223 individui e 37 entità.
    I 27 ministri degli Esteri Ue hanno deciso di applicare misure restrittive nei confronti del procuratore generale e del vice giudice del tribunale penale della provincia di Isfahan, responsabili dei processi che hanno portato all’esecuzione capitale di tre manifestanti nel mese di maggio. Preso di mira anche il comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) della stessa provincia. Le misure restrittive, che consistono nel congelamento dei beni , nel divieto di viaggio verso l’Unione Europea e nel divieto di ricevere fondi o risorse economiche dal territorio comunitario, colpiscono anche il governatore e il comandante della polizia di Rezvanshahr, città nella provincia di Gilan, responsabili di aver ordinato agli agenti di aprire il fuoco sui manifestanti in diverse proteste, causando morti e feriti.
    Infine, entrano ufficialmente nei cattivi il governatore della città di Amol, responsabile dell’uccisione di almeno due giovani manifestanti iraniani, e il comandante del Corpo delle Guardie Imam Hossein di Karaj per la detenzione e lo stupro di Armita Abbasi da parte delle forze di sicurezza di Karaj. Abbassi, ventunenne, era stata indicata come una dei leader delle proteste e per questo incarcerata per oltre tre mesi.
    Alle sanzioni si accompagnano i soliti appelli alla Repubblica Islamica affinché “ponga fine alla violenta repressione delle proteste pacifiche e al ricorso a detenzioni arbitrarie”. I 27 invitano inoltre Teheran a “cessare la pratica di imporre ed eseguire condanne a morte contro i manifestanti, revocare le condanne a morte pronunciate e garantire un giusto processo a tutti i detenuti“.
    Le esecuzioni capitali nel Paese, secondo l’ong Iran Human Rights (Ihrngo), sono aumentate in maniera drammatica: solo a maggio sarebbero state giustiziate almeno 142 persone, dato più alto dal 2015. In questa prima metà di 2023 sarebbero almeno 307, con un aumento del 76 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Emblematiche le parole del direttore di Ihrngo, Mahmood Amiry-Moghaddam, che in un comunicato stampa ha dichiarato: “Se la comunità internazionale non mostra una reazione più forte all’attuale ondata di esecuzioni, nei prossimi mesi altre centinaia cadranno vittime della loro (delle autorità iraniane, ndr) macchina per uccidere”. Dopo nove pacchetti di sanzioni, forse è arrivato il momento di cambiare strategia.

    I ministri degli Esteri Ue a Lussemburgo emanano il nono pacchetto di misure restrittive per i responsabili di violazioni dei diritti umani. Colpiti governatori, comandanti di polizia e delle Irgc. Ma l’ong Iran Human Rights lancia l’allarme: 142 persone giustiziate nel mese di maggio

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    Metsola apre la plenaria del Parlamento Europeo chiedendo la liberazione degli ostaggi europei in Iran

    Bruxelles – Dopo l’esecuzione capitale di Habib Chaab, cittadino iraniano-svedese accusato dal regime teocratico di corruzione e di aver condotto azioni terroristiche, la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, lancia l’ennesimo appello a Teheran: la liberazione “immediata e senza condizioni” di tutti gli ostaggi europei dalle carceri iraniane.
    Manifestazione per la liberazione di Ahmad Reza Jalali a Stoccolma (Photo by Anders Wiklund / Tt News Agency / AFP) / Sweden Out)
    Tra le decine di detenuti con cittadinanza europea nel Paese, la leader Ue ha menzionato il caso di Ahmad Reza Jalali, medico e ricercatore iraniano naturalizzato svedese che si trova in carcere dall’aprile del 2016. Dopo un anno di ingiustificata detenzione, nell’ottobre del 2017 Jalali è stato condannato a morte con l’accusa di spionaggio per conto di Israele.
    Ma non è l’unico caso della vergognosa diplomazia degli ostaggi messa in pratica da Teheran, che cerca in questo modo di esercitare pressioni sui governi occidentali e di raggiungere concessioni politiche in cambio della liberazione dei connazionali. Olivier Vandecasteele, operatore umanitario belga arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 anni di carcere per spionaggio contro la Repubblica islamica, Benjamin Briére, viaggiatore e blogger francese detenuto da oltre due anni e in sciopero della fame dallo scorso 28 gennaio, Jamshid Sharmhad, giornalista iraniano naturalizzato tedesco, contro cui è stata emessa una condanna a morte lo scorso 26 aprile. E altri ancora.
    Davanti all’Eurocamera riunita per la sessione plenaria a Strasburgo, Metsola ha lanciato un messaggio alla Repubblica Islamica, che ha nuovamente risposto alle sanzioni europee aggiungendo altri membri del Parlamento Europeo alla propria lista di individui soggetti a misure restrittive. “Nessuna minaccia, intimidazione o sanzione potrà zittire quest’Aula”, ha avvertito la presidente, convinta che le sanzioni imposte da Teheran non faranno altro che “rafforzare la nostra determinazione nel supportare le donne e la libertà in Iran”.

    La presidente dell’Eurocamera ha commentato le sanzioni imposte da Teheran a diversi europarlamentari: “Nessuna minaccia, intimidazione o sanzione potrà zittire quest’Aula”. Si cerca di evitare la condanna a morte del ricercatore iraniano-svedese Ahmad Reza Jalali