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    Medio Oriente, Borrell formalizza la richiesta di sanzioni per i ministri di Israele. “Decideranno gli Stati, ma il processo è avviato”

    Bruxelles – Josep Borrell non molla, al contrario insiste. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue vuole mandare un messaggio, chiaro e diretto: c’è un’Unione europea che non è più disposta a sostenere le ragioni di Israele di fronte a una risposta all’aggressione di Hamas che ha passato il limite del tollerabile. L’idea di sanzionare i ministri israeliani per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, e delle Finanze, Bezalel Smotrich, diventerà una proposta formale e ufficiale.“Ho deciso di proporre l’inclusione dei due ministri israeliani nella lista Ue delle sanzioni”, annuncia al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri. “Ovviamente spetterà ai ministri decidere, come sempre, il processo sarà avviato“. La proposta con ogni probabilità sarà affossata dagli Stati. L’unanimità richiesta per approvare le sanzioni non c’è, vista la contrarietà dichiarata dell’Italia, ma non solo. L’idea non piace all’Ungheria di Orban, e neppure alla Germania. Ma Borrell vuole comunque inviare un messaggio al governo di Benjamin Netanyahu.Non vengono messe in discussione le ragioni dello Stato ebraico. “L’attacco di Hamas ha dato origine a una guerra, e la guerra ha dato origine a una situazione drammatica dal punto di vista umanitario”, dice sintetizzando in estrema sintesi gli avvenimenti dal 7 ottobre 2023 in poi. Ma si scaglia contro la reazione di Israele, e una condotta che a Bruxelles viene vista come irresponsabile. “Dichiarazioni sulla costruzione di una sinagoga dentro una moschea suggeriscono una radicalizzazione della situazione” da parte israeliana, aggiunge in conferenza stampa. Una presa di distanze da Ben-Gvir, che ha dichiarato di voler costruire un luogo di culto ebraico laddove sorge la mosche di Al-Aqsa, a Gerusalemme.E’ l’ultimo atto di una giornata iniziata con un attacco frontale di Borrell nei confronti di Israele. Ai Ventisette chiedeva di condannare l’operato dell’amministrazione Netanyahu, bollata come “inaccettabile”, e di non prevedere tabù nei confronti di un alleato storico considerato dall’Alto rappresentante come non più difendibile. Finora l’Ue si era espressa contro i coloni estremisti, decretando sanzioni restrittive nei loro confronti, ma è la prima volta che prende corpo l’iscrizione nella lista nera di esponenti di governo israeliano. Con ogni probabilità la linea Borrell non passerà, ma adesso Tel Aviv è avvisata: il sostegno senza ‘se’ e senza ‘ma’ dell’Europa è rimessa in discussione.E’ questa un’altra incrinatura dei rapporti tra Europa e Israele, dopo che Belgio e Slovenia hanno sostenuto l’azione legale del Sudafrica, che ha trascinato lo Stato ebraico davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, con l’accusa di crimini di genocidio nei confronti dei palestinesi.

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    Tajani: “Convergenza nel governo su Fitto”. E all’Ucraina dice: “Le armi italiane non siano usate in territorio russo”

    Bruxelles – “La figura di Raffaele Fitto è la migliore possibile”: non ci sono dubbi per il vicepremier azzurro, Antonio Tajani, sul profilo del candidato italiano per la prossima Commissione europea, il quale assicura che la maggioranza di governo è compatta nel sostenerlo. E ha risposto in maniera scettica alle critiche mosse a inizio mattinata dall’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, contro l’inerzia dimostrata fin qui dai Ventisette su due dossier cruciali: Ucraina e Medio Oriente. Il leader di Forza Italia, a Bruxelles per il Consiglio Affari esteri informale di giovedì (29 agosto), ha blindato il nome dell’attuale ministro agli Affari europei Raffaele Fitto prima di unirsi ai suoi omologhi nel palazzo Europa. “Domani ne parleremo al vertice di maggioranza, poi ci sarà il Consiglio dei ministri”, ha continuato Tajani, sottolineando come l’ex presidente della regione Puglia “sia la persona più giusta” e su come sul suo nome “ci sia una convergenza da parte di tutti” i partiti della coalizione. La sua esperienza, che il vicepremier ha assicurato essere gradita anche a Bruxelles, è il punto che mette tutti d’accordo: è importante che Roma invii al Berlaymont qualcuno “che non faccia l’apprendista commissario ma il commissario”. E tuttavia il governo italiano attenderà, appunto, fino a domani per formalizzare la nomina, dopo essere rimasto l’ultimo grande Paese del blocco a non aver ancora indicato ufficialmente alcun candidato.Quanto alle accuse, tutt’altro che velate, mosse dal capo della diplomazia Ue all’indirizzo degli Stati membri prima dell’avvio delle discussioni in Consiglio, il titolare degli Esteri si è dimostrato piuttosto indifferente. Anzitutto, sull’Ucraina: “Ogni Paese è libero di decidere” se mantenere o rimuovere le restrizioni sull’utilizzo delle armi inviate a Kiev oltre i confini della Russia, ha ribadito, sottolineando che “per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi all’interno del territorio ucraino“. A quanto riportato dal ministro, Roma è in procinto di inviare all’Ucraina una nuova batteria per il sistema antiaereo Samp/T.  E sulla proposta, caldeggiata nuovamente da Borrell in mattinata, di sanzionare dei membri del governo israeliano, il vicepremier forzista ha parlato di “periodo ipotetico dell’irrealtà“. L’obiettivo è “convincere Israele a fare delle scelte che portino al cessate il fuoco a Gaza perché questa è la priorità vera”, ha dichiarato Tajani, sostenendo che “non è col riconoscimento teorico della Palestina o con le sanzioni ai ministri israeliani che si risolvono i problemi” nel complesso quadro della crisi mediorientale. “Serve più diplomazia“, ha aggiunto, ricordando che gli obiettivi prioritari sono la sospensione immediata delle ostilità nella Striscia, la distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese e la liberazione degli ostaggi israeliani ancora in mano ai gruppi islamisti.

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    Borrell allo scontro con gli Stati dell’Ue su Ucraina e Medio Oriente

    Bruxelles – L’Unione europea si impegna tanto, e produce troppo poco. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, fa auto-critica e poi critica gli Stati membri. Sull’Ucraina ci sono ritardi e promesse non mantenute, sul modo in cui Israele sta gestendo l’offensiva di Hamas sta invece chiudendo gli occhi su ciò che andrebbe condannato.In occasione della riunione informale dei ministri degli Esteri in corso a Bruxelles Borrell si presenta alla stampa con il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, per permettere al partner di esternare tutta la contrarietà per un’Ue a doppia velocità. “Solleverò una questione per noi spaventosa”, e cioè “il divario tra gli annunci sull’assistenza militare e la consegna effettiva” di quanto promesso, fa sapere un visibilmente contrariato Kuleba. “Ogni ritardo lo paghiamo noi. Quale che sia la ragione per i ritardi, è tempo di rendere operative le decisioni”. Un riferimento ai sistemi di difesa aerea che pure si è deciso fornire a Kiev.Parole che trovano terreno fertile in Borrell. “Condivido le preoccupazioni, e ne parleremo con i ministri” degli Stati membri. L’Alto rappresentante vuole mettere pressioni sui governi, e imprimere un cambio di passo, visto anche come si stanno mettendo le cose. “Le operazioni a Kursk sono un duro colpo alla narrativa di Putin”. Vuol dire che l’Ucraina guadagna terreno, ma la Russia “non smetterà di colpire” finché l’Ucraina sarà in grado di difendersi completamente. Tradotto, in termini chiari: “I sistemi di difesa aerea erano di critica importanza a giugno, e lo ancor più di critica importanza oggi“.Borrell si scusa con Kuleba come può, e accusa pubblicamente gli Stati. “Kuleba ha ragione: gli annunci sono una cosa, la realizzazione un’altra. Chiederò agli Stati di dare ciò che hanno promesso, perché avere forze armate meglio equipaggiate è un elemento chiave per permettere di vincere la guerra”.Ma la furia dell’Alto rappresentante è rivolta nei confronti dei Ventisette per come non stanno gestendo la crisi in Medio Oriente. Invita a trovare quel coraggio fin qui mancato. “Non dovremmo avere tabù” quando si parla di Israele, sottolinea. Perché una volta di più Borrell va all’attacco frontale dell’attuale governo israeliano. “Un ministro israeliano lancia messe di odio che sono un chiaro invito a calpestare il diritto umanitario”, ricorda Borrell, in riferimento al ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, che sosteneva la necessità di affamare la popolazione a Gaza.C’è poi “la preoccupante intenzione di spostare la popolazione in Cisgiordania come già fatto a Gaza“, sottolinea ancora l’Alta rappresentante, producendo sfollati e di fatto disperdendo i palestinesi dai loro territori. Qualcosa di “completamente inaccettabile”. Israele ha passato il segno, e l’Ue dovrebbe farsi sentire con decisione e senza tentennamenti, proprio come Borrell sente che andrebbe fatto nei confronti dell’Ucraina. Il consiglio informale dei ministri degli Esteri sarà l’occasione per una lavata di testa.

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    L’Alto rappresentante Ue Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro due ministri di Israele

    Bruxelles – Dopo le parole sconcertanti del ministro delle Finanze d’Israele, Bezalel Smotrich, sulla giustificazione morale di affamare la popolazione di Gaza per ottenere la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas, sono arrivate quelle di Itamar Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza nazionale e leader del partito di estrema destra ‘Potere Ebraico’. Troppo per il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, che aveva condannato duramente la dichiarazione di Smotrich e chiesto al governo israeliano di prenderne distanza. Ora Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro i suoi due ministri più estremisti.In un post sul suo profilo X, Ben-Gvir ha criticato la strategia dei negoziati incoraggiata dagli Stati Uniti e dai principali Paesi della regione, perché Hamas “deve continuare a essere calpestato fino a che non si arrenderà completamente”. Per farlo, lo Stato ebraico dovrebbe “fermare il trasferimento di aiuti umanitari e carburante a Gaza finché tutti i nostri rapiti non saranno tornati a casa”. In più, il ministro ha esortato il governo israeliano a “incoraggiare l’immigrazione e occupare i territori della Striscia di Gaza per tenerli permanentemente nelle nostre mani”.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Dichiarazioni che ricalcano quelle fatte a più riprese da Smotrich, a capo del partito Sionismo Religioso, e che per la verità non sono fughe in avanti dei leader, ma sono perfettamente in linea con i principi e le linee guida delle loro formazioni politiche: il programma politico di Potere Ebraico prevede esplicitamente l’annessione della Cisgiordania e il pieno controllo israeliano del territorio compreso tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano.  Rifiuta l’idea di uno Stato Palestinese e chiede la cancellazione degli Accordi di Oslo del 1993, con cui Israele e l’allora Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) si impegnarono per un reciproco riconoscimento.“Come le sinistre dichiarazioni del ministro Smotrich, questo è un incitamento a crimini di guerra“, ha commentato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, suggerendo di fissare in agenda un aggiornamento del regime di sanzioni europee per colpire i due ministri. Nel regime Ue di sanzioni per violazioni dei diritti umani, sono già presenti nove individui e cinque entità legati alle colonie illegali israeliane nei territori palestinesi occupati. Chi finisce sulla lista nera dell’Ue, è soggetto al congelamento dei beni sul territorio europeo e al divieto di mettere piede sul suolo europeo. Parallelamente, gli individui e le entità colpite dalle sanzioni non possono ricevefondi o risorse economiche a loro beneficio.Sebbene sia prerogativa di Borrell, in quanto Alto rappresentante, proporre di modificare gli elenchi di chi è soggetto a misure restrittive da parte dell’Unione europea, c’è bisogno del sì di tutti i Paesi membri per poter procedere. Il capo della diplomazia europea ha esortato un’altra volta il governo israeliano a “prendere inequivocabilmente le distanze da queste incitazioni a commettere crimini di guerra” ed a “impegnarsi in buona fede nei negoziati facilitati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto per un cessate il fuoco immediato” a Gaza.

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    L’Ue chiede al governo israeliano di “prendere le distanze” dalle parole del ministro estremista che legittima la fame a Gaza

    Bruxelles – Lasciar morire di fame due milioni di civili a Gaza “potrebbe essere giustificato e morale”, nel braccio di ferro tra Israele e Hamas sugli ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo terroristico palestinese. A pronunciare questa bestialità, il ministro delle Finanze del governo di Benjamin Netanyahu, l’estremista religioso Bezalel Smotrich. Parole “oltremodo ignominiose”, condannate con forza dall’Ue, che ha chiesto a Tel Aviv di prenderne “inequivocabilmente” le distanze.Intervenendo alla Conferenza annuale di Katif, lunedì 5 agosto, il leader del partito Sionismo Religioso ha affermato che Israele sta permettendo l’ingresso di aiuti umanitari nell’enclave palestinese semplicemente perché “non abbiamo scelta”. Nel suo ragionamento, Smotrich ha spiegato che Israele ha bisogno della “legittimità internazionale per condurre questa guerra”, e che di conseguenza “nessuno al mondo ci permetterà di far morire di fame due milioni di persone, anche se potrebbe essere giustificato e morale per liberare gli ostaggi”.I ministri israeliani di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Affermazioni che “dimostrano ancora una volta il suo disprezzo per il diritto internazionale e per i principi fondamentali dell’umanità“, ha commentato con sdegno l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, in una nota. D’altronde, solamente negli ultimi mesi, il ministro israeliano ha messo in fila una serie di dichiarazioni figlie di un pensiero religioso fanatico e pericoloso: dopo le violenze di coloni israeliani nel villaggio palestinese di Huwara, ha affermato che il villaggio “dovrebbe essere cancellato”, ha incoraggiato un “trasferimento forzato dei palestinesi da Gaza”, ha sostenuto che “non si può parlare di palestinesi perché non esiste un popolo palestinese“. Smotrich, insieme al ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, si è inoltre opposto strenuamente al piano proposto da Joe Biden per porre fine alla guerra a Gaza, minacciando di far crollare il governo di Netanyahu.Al pari della deportazione di un’intera popolazione, “affamare deliberatamente dei civili è un crimine di guerra“, ha sottolineato il capo della diplomazia Ue. Il ministero degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese ha reso noto, con un post su X, di aver chiesto alla Corte internazionale di giustizia di emettere un mandato di arresto per Smotrich a causa delle sue dichiarazioni politiche.Oltre a chiedere a Netanyahu di alzare la voce contro il proprio ministro, Borrell ha invitato Israele a fare chiarezza sugli atti di tortura riportati nella prigione di Sde Teiman, la Guantanamo israeliana nel deserto del Negev. “L’Ue continua a sollecitare Israele ad attuare le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e gli ordini vincolanti della Corte internazionale di giustizia, e a garantire un accesso umanitario pieno e senza ostacoli per soddisfare le esigenze di decine di civili, tra cui centinaia di migliaia di bambini, che vivono in condizioni estremamente difficili e sono esposti alla carestia e alle malattie a Gaza”, ha concluso l’Alto rappresentante Ue.

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    Con l’uccisione del leader di Hamas e il raid a Beirut, Israele innesca l’escalation in Medio Oriente. L’Ue: “No a esecuzioni extragiudiziali”

    Bruxelles – Le pareti del buco nero in cui si è infilato il Medio oriente a partire dallo scorso 7 ottobre diventano ogni giorno più umide e scivolose. In fondo, c’è lo scenario di una guerra regionale sempre più verosimile. Soprattutto dopo il doppio raid israeliano a Beirut e a Teheran, dove sono rimasti uccisi Fuad Shukr, uno dei comandanti della milizia libanese filo-iraniana Hezbollah, e il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, che si trovava nella capitale della repubblica islamica per celebrare l’insediamento del nuovo presidente iraniano.Da un lato, la risposta annunciata di Netanyahu all’attacco di Hezbollah alla cittadina drusa di Majdal Shams, nel territorio occupato israeliano delle Alture del Golan, che ha causato la morte di 12 giovani su un campetto da calcio. Dall’altra, il materializzarsi della possibilità di eliminare uno dei peggiori nemici dello Stato ebraico, che aveva reso nota la sua visita a Teheran. Le ultime decisioni militari di Israele non solo rischiano di far naufragare i già fragilissimi negoziati per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani – era proprio Haniyeh a condurli per conto di Hamas -, ma aprono la porta a una possibile escalation del conflitto che divampi in tutta la regione.Il campo da calcio colpito dai razzi di Hezbollah a Majdal Shams, nel territorio delle Alture del Golan annesso da Israele (Photo by Menahem Kahana / AFP)Secondo un copione già visto in questi mesi, le dichiarazioni successive ai raid israeliani non vanno assolutamente nella direzione della distensione: l’attacco “non resterà senza risposta”, ha avvertito il gruppo terrorista palestinese, mentre il primo ministro libanese, Najib Miqati, ha dichiarato che “prenderà misure” per “scoraggiare l’ostilità israeliana”. Gli occhi sono puntati soprattutto sull’Iran, che foraggia la lotta anti-israeliana di Hamas e di Hezbollah: “Il regime sionista dovrà senza dubbio affrontare una risposta dura e dolorosa da parte del potente e vasto fronte della resistenza, in particolare dell’Iran“, hanno dichiarato le Guardie rivoluzionarie in un comunicato, prima di annunciare tre giorni di lutto. Lasciando così pochissimo margine al neo-presidente riformista Masoud Pezeshkian.Gli ultimi sviluppi stanno creando scompiglio anche al quartier generale della Nato, con gli Stati Uniti che hanno confermato il loro appoggio a Israele nel caso di un conflitto regionale e la Turchia che ha reiterato la minaccia di intervenire a sostegno della causa palestinese. A Bruxelles la preoccupazione è ai massimi livelli: mentre i leader e i corpi diplomatici dei Paesi membri hanno contattato a più riprese le controparti in Libano, Israele e Iran per cercare di placare gli animi e porre fine alla spirale di violenza, il portavoce del Servizio europeo di Azione Esterna (Eeas), Peter Stano, ha chiesto “a tutte le parti di esercitare la massima moderazione e di evitare qualsiasi ulteriore escalation“.Il leader politico di Hamas, Ismael Haniyeh, a Teheran il 30/07/24 (Photo by AFP)Sull’assassinio di Haniyeh in territorio iraniano, Stano ha sottolineato che “l’Ue ha una posizione di principio che rifiuta le esecuzioni extragiudiziali e sostiene lo stato di diritto, anche nella giustizia penale internazionale“, nonostante il fatto che Hamas sia inserita “nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e che il procuratore della Corte penale internazionale ha chiesto un mandato di arresto contro Ismail Haniyeh con varie accuse di crimini di guerra”.

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    Nuove sanzioni Ue nei confronti di coloni israeliani in Cisgiordania

    Bruxelles – Seconda tornata di sanzioni Ue ai coloni israeliani responsabili di “gravi e sistematiche” violazioni dei diritti umani contro i palestinesi in Cisgiordania. Cinque persone e tre entità, che si aggiungono alle precedenti quattro persone e due entità prese di mira lo scorso 19 aprile.Il Consiglio dell’Ue li ha inseriti nel regime globale di sanzioni dell’Ue in materi di diritti umani, che prevede il congelamento dei beni sul territorio europeo e il divieto di fornire fondi o risorse economiche a loro beneficio. Oltre al divieto di mettere piede sul suolo dell’Ue.Tra i cinque responsabili di abusi del “diritto di ognuno a godere del più alto standard raggiungibile di integrità fisica e mentale, del diritto alla proprietà, del diritto alla vita privata e familiare, della libertà di religione o di credo e del diritto all’istruzione”, il colono israeliano Moshe Sharvit e la sua “Fattoria di Moshe” nella Valle del Giordano, da cui Sharvit si è reso protagonista di violenze e minacce nei confronti dei residenti palestinesi delle comunità di pastori vicine al suo avamposto in Cisgiordania. Molestie fisiche e verbali che si sono intensificate dal 7 ottobre 2023.Figurano poi Zvi Bar Yosef e il suo avamposto non autorizzato noto come “Fattoria di Zvi” in Cisgiordania, da cui sono partiti atti di violenza ripetuti contro i palestinesi dei villaggi di Jibya, Kaubar (Kobar) e Umm Safa, Baruch Marzel, che chiede apertamente una pulizia etnica dei palestinesi, Ben-Zion “Bentzi” Gopstein, fondatore e leader dell’organizzazione estremista Lehava, e Isaschar Manne, fondatore dell’avamposto non autorizzato Manne Farm nelle colline meridionali di Hebron.Le designazioni di oggi includono anche Tzav 9, un gruppo israeliano di attivisti violenti fondato nel gennaio 2024, che blocca regolarmente i camion degli aiuti umanitari che consegnano cibo, acqua e carburante a Gaza. Le azioni di Tzav 9 includono proteste violente, attacchi contro camion di cibo e distruzione di alimenti.

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    Israele accelera l’occupazione illegale della Cisgiordania. L’Ue condanna “fermamente le politiche” di Netanyahu

    Bruxelles – Una settimana fa, la decisione di legalizzare cinque colonie in Cisgiordania. Con annessa provocazione all’Occidente: una “per ogni Paese che ha riconosciuto unilateralmente la Palestina”, ha dichiarato il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, esponente dell’estrema destra sionista. Ieri (3 luglio), l’annuncio della più grande designazione di terreni statali nei territori palestinesi occupati dagli accordi di Oslo del 1993, oltre 1.200 ettari. Oggi, l’approvazione di 6 mila unità abitative per gli insediamenti dei coloni.Il governo israeliano conferma – se ancora ce ne fosse bisogno – il suo rifiuto al dialogo verso la soluzione dei due Stati, a cui la comunità internazionale sta cercando di restituire vigore, e che prevede il ripristino dei confini del 1967 tra Israele e Palestina. Prima della guerra dei sei giorni, la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme Est, facevano integralmente parte dei territori palestinesi. Oggi invece, nella West Bank vivono circa 475 mila coloni israeliani, in insediamenti autorizzati da Tel Aviv.Secondo i dati dell’ong Peace Now, che si batte contro l’occupazione in Cisgiordania, solo in questa prima metà del 2024 Israele si è già appropriato di 2.368 ettari. Una quantità record: finora, il totale più alto era stato registrato nel 2014, quando Israele aveva designato 478 ettari di terra demaniale. La designazione di ieri, lungo la Valle del Giordano, fa seguito ad altre appropriazioni di terreni di grandi dimensioni: 800 ettari sempre lungo il Giordano a marzo, 263 ettari a est di Gerusalemme a febbraio e 17 ettari a Etzion, a sud di Betlemme – dove vivono già circa 70 mila coloni -, ad aprile.Benjamin Netanyahu e Bezalel Smotrich (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)“Grazie a Dio, stiamo costruendo e sviluppando gli insediamenti e ostacolando il pericolo di uno Stato palestinese“, ha dichiarato ancora Smotrich, rivendicando i propri meriti nel cambio di marcia del processo di occupazione dei territori palestinesi. Durante il suo mandato, iniziato nel 2022, sono state approvate circa 24 mila unità abitative per i coloni israeliani. Tutto questo mentre il gabinetto di Benjamin Netanyahu ha reso noto che “Israele sta valutando” le ultime osservazioni di Hamas riguardo all’accordo sul cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi.In una nota a nome dei 27 Paesi dell’Ue, l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha condannato “fermamente le continue politiche di esproprio attuate dall’attuale governo israeliano nella Cisgiordania occupata”. L’Ue, dopo mesi di tentennamenti, a metà aprile ha imposto per la prima volta delle sanzioni contro quattro persone e due entità ritenute colpevoli di “gravi violazioni dei diritti umani” contro le comunità palestinesi nei territori occupati, ma nei confronti del governo si è sempre limitata alle critiche diplomatiche.I 27 hanno chiesto a Israele di “revocare le proprie decisioni”, che non solo costituiscono “una grave violazione del diritto internazionale”, ma “esacerbano le tensioni e minano gli sforzi per raggiungere una soluzione a due Stati“. Come espresso nelle conclusioni del vertice Ue dei capi di Stato e di governo della scorsa settimana, Bruxelles “non riconoscerà modifiche ai confini del 1967 se non concordate dalle parti”.