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    Il partenariato Ue-Australia riparte dalle materie prime critiche. Siglato un Memorandum d’intesa bilaterale

    Bruxelles – Saltato l’accordo commerciale, Ue e Australia ripartono dalle materie prime critiche. A poco più di sei mesi dalla fumata nera sull’accordo di libero scambio, Bruxelles e Canberra hanno deciso di stringere i rapporti su uno dei fronti più caldi per il commercio globale e per le transizioni gemelle verde e digitale dell’Unione Europea. A dimostrarlo è la firma arrivata oggi (28 maggio) per un memorandum d’intesa sul partenariato bilaterale finalizzato alla cooperazione in materia di minerali critici e strategici sostenibili.Si tratta dell’ultimo memorandum d’intesa sulle materie prime critiche in ordine cronologico spinto dall’Ue con i partner globali come seguito prima del Piano d’azione e poi del Critical Raw Materials Act del marzo 2023. Una strategia che conta già come stretti alleati in questo campo Canada e Ucraina (dal 2021), Kazakistan e Namibia (dal 2022), Argentina, Cile, Zambia, Repubblica Democratica del Congo e Groenlandia (dal 2023) e Rwanda, Norvegia, Uzbekistan (da quest’anno) e ora Australia. “Questo partenariato mira a sostenere diversi obiettivi comuni, basandosi su vantaggi reciproci“, spiega la Commissione Europea dopo la firma da parte del suo vicepresidente esecutivo e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, e del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton. A questo punto sarà sviluppata congiuntamente nei prossimi sei mesi una tabella di marcia con le azioni concrete per la messa a terra di questa intesa.Il partenariato tra l’Ue e l’Australia è considerato da Bruxelles un’altra pietra miliare per la diversificazione delle forniture di materiali necessari per la transizione verde e digitale, per non ricadere nello stesso errore compiuto con il gas russo. Coprendo l’intera catena del valore dei minerali critici e strategici – esplorazione, estrazione, lavorazione, raffinazione, riciclo e trattamento dei rifiuti estrattivi – contribuirà inoltre allo sviluppo del settore nazionale dei minerali critici australiani. A questo si somma il fatto che, oltre a sviluppare congiuntamente progetti lungo l’intera catena del valore, sarà esplorata un’ulteriore cooperazione su “interessi comuni”, inclusa la riduzione dell’impatto ambientale, i benefici per le comunità locali e la spinta a tecnologie e servizi innovativi e digitali per l’estrazione mineraria.Fermo restando che il pesce grosso rimane l’accordo di libero scambio, a cui Bruxelles non ha mai chiuso la porta, il memorandum d’intesa siglato oggi tra Ue e Australia traccia la strada per riprendere e approfondire i contatti, a partire dal quadro di riferimento sulle aree di cooperazione per la creazione di catene del valore “sicure e sostenibili” di minerali critici e strategici. In primis l’integrazione delle stesse catene di valore, “compresa la creazione di reti, l’agevolazione congiunta di progetti” – anche attraverso joint venture – “la creazione di nuovi modelli di business e la promozione e agevolazione dei collegamenti commerciali e degli investimenti”. Il secondo ambito è quello della cooperazione per la ricerca e l’innovazione, “compresa la conoscenza dei minerali e la minimizzazione dell’impronta ambientale e climatica”, ma anche per la promozione di standard e pratiche ambientali, sociali e di governance “elevati”, soprattutto sul “pieno rispetto delle condizioni e della sicurezza dei lavoratori”.

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    L’Ue è pronta a mettere a terra un Patto per curare le “cicatrici ambientali” della guerra in Ucraina

    Bruxelles – L’obiettivo è sul tavolo delle discussioni, mentre l’Ucraina si avvicina ai due anni di invasione russa con ancora la guerra in casa. “Stiamo lanciando il Patto per l’ambiente, la nostra strategia per il ripristino” delle “cicatrici ambientali” del conflitto, è quanto annunciato oggi (9 febbraio) dal commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, al suo arrivo a Kiev per una due-giorni di visita nel Paese per confronti politici sulla ricostruzione verde dell’Ucraina. In particolare con il presidente Volodymyr Zelensky, con cui è previsto un punto sui lavori tecnici del Gruppo di lavoro di alto livello. “Non è solo una politica, ma la nostra promessa che il risanamento dell’Ucraina sarà inesorabile e che la Russia sarà ritenuta finanziariamente responsabile della sua devastazione ambientale“, è la promessa sancita a Kiev.

    “L’Europa è un alleato incrollabile nella vostra lotta per la libertà”, ha messo in chiaro il responsabile per l’Ambiente del gabinetto von der Leyen, gettando le basi delle discussioni sul nuovo piano in via di ultimazione. Come rende noto l’esecutivo comunitario, il Patto stabilisce raccomandazioni strategiche su tre pilastri: valutazione dei danni ambientali della guerra, ripresa e ricostruzione ecologica dell’Ucraina, e responsabilità legale per i crimini di guerra ambientali. Il confronto all’interno del Gruppo di lavoro di alto livello sulle conseguenze ambientali della guerra è iniziato nel giugno 2023 e ha visto tra i momenti più significativi la Conferenza sulla ripresa verde dell’Ucraina organizzata dalla Commissione Ue a fine novembre dello scorso anno. Il viaggio del commissario Sinkevičius si concentrerà sia sullo stato della ricostruzione e della ripresa ecologica dell’Ucraina sia sul lavoro di Kiev sulle priorità ambientali del processo di adesione all’Unione.

    Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, a Kiev (9 febbraio 2024)La necessità di discussioni serrate su risorse e azioni sul campo su questo fronte non solo parte dal presupposto che l’Ucraina è in prospettiva un futuro membro dell’Ue, ma considera anche la situazione contingente del conflitto. Secondo i dati forniti la stessa Commissione Europea, i danni della guerra russa sull’ambiente e sulle infrastrutture ambientali finora ammontano complessivamente a oltre 52 miliardi di euro. Si contano 497 strutture di gestione dell’acqua danneggiate o distrutte, oltre 1,4 miliardi di euro di danni nel settore forestale e il 20 per cento delle aree protette minacciato. Oggi l’Ucraina “è il Paese più minato al mondo”, senza dimenticare che la devastazione ambientale causata dalla distruzione della centrale idroelettrica di Kakhovka “è il peggior disastro causato dall’uomo dai tempi dell’incidente di Chernobyl”.Gli strumenti Ue per l’Ucraina verdeCon l’obiettivo di sostenere la ripresa verde dell’Ucraina, l’Ue sta analizzando gli strumenti a disposizione per spingere il suo supporto a Kiev. In primis l’iniziativa Phoenix, una combinazione di diversi programmi messa sul tavolo per la prima volta a inizio febbraio dello scorso anno, quando 15 commissari europei (guidati dalla presidente Ursula von der Leyen) si erano recati in visita a Kiev per una serie di incontri con le controparti del governo ucraino. Phoenix si articola in due direttrici: un bando da 5 milioni di euro nel contesto del Nuovo Bauhaus Europeo e 7 milioni di euro in finanziamenti dai programmi Horizon Europe e Life, tutti con il focus della gestione dei rifiuti, del riutilizzo dei detriti nel settore dell’edilizia e delle costruzioni e della conservazione della natura.

    Il commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, alla Conferenza sulla ripresa verde dell’Ucraina (28 novembre 2023)A questo proposito va ricordato che il Nuovo Bauhaus Europeo – l’iniziativa per combinare il Green Deal con la realtà degli spazi abitativi – ha come obiettivo in Ucraina la ricostruzione sostenibile, accessibile e basata sui bisogni delle persone: il network del Bauhaus è già attivo a sostenere città e regioni ucraine su questioni specifiche, come i materiali riciclabili da edifici demoliti e l’uso di metodi di costruzione circolare. Per quanto riguarda il secondo elemento dell’iniziativa – i finanziamenti Life e Horizon Europe per le città climaticamente neutre e intelligenti – i due bandi di gara dedicati appositamente all’Ucraina sono pensati per incoraggiare gli standard di sostenibilità e di circolarità negli sforzi di ricostruzione e di sviluppo della pianificazione urbana in vista del futuro comune tra Kiev e i Ventisette.

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    Gli aiuti allo sviluppo dell’Ue sono un problema per l’Africa

    Bruxelles – Gli aiuti dell’UE all’Africa non aiutano il continente e i suoi Stati. Al contrario, per come sono concepiti, accrescono i problemi, soprattutto economici, dei Paesi in cui l’azione concepita per portare contributi utili allo sviluppo. La strategie dell’Unione europea per i Paesi più poveri, soprattutto africani, dovrebbero essere dunque riviste. Il Parlamento europeo accende i riflettori su partenariati che, così, come sono, finiscono per produrre effetti contrari a quelli desiderati.La nota di accompagnamento alla relazione per la cooperazione allo sviluppo dell’Ue a sostegno dell’accesso all’energia nei paesi in via di sviluppo, che l’Aula del Parlamento europeo, da calendario, discuterà il 17 gennaio in occasione della prima sessione plenaria del nuovo anno, evidenzia le carenze dell’azione a dodici stelle.Tra il 2014 e il 2020, recita il passaggio allegato al testo legislativo, l’insieme dei Ventisette ha fornito 13,8 miliardi di euro complessivi di assistenza all’Africa per lo sviluppo sostenibile. Innanzitutto l’importo “non è ancora sufficiente e occorre compiere maggiori sforzi” se si vuole permettere una crescita sostenibile da un punto di vista climatico-ambientale. Ma, soprattutto, “il 53 per cento degli esborsi è avvenuto sotto forma di prestiti”, il che si traduce in “debito aggiuntivo che riduce la capacità di questi paesi di investire negli obiettivi di sviluppo sostenibile”.Aumenta in sostanza il debito dei Paesi africani, che si trovano in una situazione di difficoltà. Tanto che, viene messo in risalto, risulta che  “21 paesi africani a basso reddito si trovano o sono a rischio di sofferenza debitoria nel 2023“.C’è un’ulteriore considerazione da fare, e che viene fatta. La cooperazione allo sviluppo dell’UE, per com’è concepita, non è a misura di Green Deal europeo. “La maggior parte dei progetti finanziati dall’UE mirano a promuovere grandi infrastrutture di generazione elettrica e l’interconnessione delle reti di trasmissione per creare mercati elettrici integrati, che hanno un impatto minimo sulla promozione dell’accesso all’elettricità per coloro che non ce l’hanno”. C’è da ripensare l’intera architettura della politica per lo sviluppo. La relazione che sta per approdare in Aula chiede perciò agli Stati membri dell’UE di aumentare l’importo dell’aiuto pubblico allo sviluppo destinato al settore energetico in Africa, “dando priorità alle sovvenzioni rispetto ai prestiti nei paesi a rischio di indebitamento“. C’è di più. Perché si suggerisce di cambiare il modello di business condotto fin qui. “Per superare la povertà energetica in Africa, i finanziamenti dell’UE dovrebbero essere ri-orientati verso i paesi con tassi di accesso all’elettricità più bassi”.Un altro, poi, riguarda l‘idrogeno verde, quello prodotto attraverso le energie rinnovabili. L’Africa non appare una regione ottimale per spingere per questo particolare tipo di investimenti. “Sebbene possa potenzialmente svolgere un ruolo significativo” nel raggiungimento degli obiettivi internazionali di sostenibilità incardinati negli accordi di Parigi , allo stesso tempo “potrebbe innescare conflitti sull’uso del territorio e aggravare la povertà“. Questo perché produrre idrogeno verde implica estrazione mineraria e uso di materie prime e terre rare, che richiedono grandi quantità di acqua dolce e generano inquinamento idrico. Per il sud del mondo, povero di acqua e sistemi di raccolta, l’idrogeno verde “può avere impatti sociali e ambientali negativi”. L’UE, insomma, sta sbagliando calcoli e strategie, e dovrebbe correggere il tiro.

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    La Cop28 dell’Ue si apre con lo sforzo per il prezzo globale del carbonio: “Ridurre le emissioni, promuovendo la crescita”

    Bruxelles – Si aprono con un chiaro messaggio della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, le due settimane di Cop28 dell’Unione Europea: “C’è un modo per ridurre le emissioni, promuovendo al contempo l’innovazione e la crescita, ed è mettere un prezzo al carbonio“. Il primo intervento a margine della sessione plenaria della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (dal 30 novembre al 12 dicembre) da parte della numero uno dell’esecutivo comunitario si è concentrato su una delle principali priorità della missione Ue a Dubai, a partire dall’obiettivo-cardine della Conferenza stessa: “Se vogliamo mantenere il riscaldamento globale al di sotto del punto critico di 1,5 gradi, dobbiamo ridurre le emissioni globali”.All’evento di alto livello di questa mattina (primo dicembre) sui mercati del carbonio insieme al Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca Mondiale e Organizzazione mondiale del commercio (Omc) alla Cop28 di Dubai, la presidente von der Leyen non ha usato giri di parole per descrivere i motivi per cui bisogna spingere su un sistema di tariffazione del carbonio: “È uno strumento guidato dal mercato, il messaggio è chiaro: inquini? Devi pagare un prezzo. Vuoi evitare il pagamento? Innova e decarbonizza”. In altre parole o innovazione o “un prezzo equo a chi inquina pesantemente”, con i ricavi ottenuti che possono essere reinvestiti nella lotta al cambiamento climatico. Secondo le parole di von der Leyen si tratta di uno degli strumenti “più potenti, collaudati e affidabili”, che sono già stati messi in piedi da diversi governi in tutto il mondo: Canada, Cina, Nuova Zelanda, Kazakistan, Zambia.L’Unione Europea ha introdotto nel 2005 il suo sistema di scambio quote di emissioni – il mercato del carbonio Ets – e questi 18 anni forniscono un esempio concreto sulle possibilità e i risultati nell’obiettivo di “eliminare il carbonio”. Da quando è stato introdotto il sistema di tariffazione a livello comunitario le emissioni coperte sono diminuite di quasi il 40 per cento e contemporaneamente sono stati raccolti oltre 175 miliardi di euro di entrate (destinate “esclusivamente” ad azioni per il clima e innovazione anche nei Paesi in via di sviluppo), secondo i dati forniti dalla presidente della Commissione Ue. L’obiettivo ora è quello di “aiutare un numero sempre maggiore di Paesi a creare e completare i loro mercati nazionali del carbonio”. Aumentare la quota di Paesi allineati a un sistema di tariffazione globale permetterà “una più rapida riduzione delle emissioni, creerà condizioni di parità per il commercio internazionale e raccoglierà maggiori entrate per l’azione per il clima, anche nei Paesi in via di sviluppo”.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dello Zambia, Hakainde Hichilema, alla Cop28 di Dubai (primo dicembre 2023)A oggi si contano 73 strumenti di tariffazione del carbonio, che però coprono “solo il 23 per cento delle emissioni globali“, ha avvertito von der Leyen, appellandosi al motivo che ha portato i leader del mondo alla Cop28: “Dobbiamo dare impulso a questo movimento globale”. Per questa ragione è necessario il supporto delle tre organizzazioni internazionali, in particolare per spingere i crediti di carbonio volontari, in modo da far affluire capitale privato: “Gli investitori hanno anche bisogno di certezze e per questo motivo servono standard comuni per i progetti che riducono le emissioni e migliorino la biodiversità”, è l’esortazione di von der Leyen.Gli altri impegni Ue alla Cop28“Questa Cop può fare la storia, la scorsa primavera l’Unione Europea ha lanciato un appello per triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030“, è il messaggio congiunto lanciato dai leader dell’Unione (insieme alla presidente von der Leyen anche il numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel) a Dubai. “Più di 110 Paesi hanno già aderito” e ora si punta a “includere questi obiettivi nella decisione finale della Cop, in questo modo si invia un messaggio forte sia agli investitori che ai consumatori”. Per Bruxelles “non c’è dubbio, il futuro dell’energia sarà pulito, conveniente e di origine nazionale” e da qui parte l’impegno concreto sul Fondo per perdite e danni su cui è stata trovata l’intesa per l’operatività proprio alla Cop28: “A oggi Team Europe ha contribuito per oltre 270 milioni di dollari – 245 dai Paesi membri e 25 dal budget Ue – dobbiamo portare i fondi a disposizione velocemente“, ha annunciato von der Leyen, ricordando anche i “quasi 30 miliardi di dollari” di contributo dell’anno scorso per i finanziamenti sul clima.Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, alla Cop28 di Dubai (primo dicembre 2023)“Questo vertice non è solo una conferenza, è un esame di coscienza, per fare il punto sulla situazione globale dopo gli accordi di Parigi”, ha aggiunto nella sua parte di intervento il presidente Michel. “Nessun continente può sfuggire alla tragedia del cambiamento climatico” e se “la scienza, la conoscenza e la ragione ci stanno portando a conoscere la diagnosi”, le soluzioni per mantenere l’obiettivo di 1,5 gradi sono compito della politica: “Dobbiamo liberarci al più presto della nostra dipendenza dai combustibili fossili, che stanno mettendo a rischio il nostro futuro comune”. Michel ha fatto riferimento al Green Deal per parlare dell’impegno dell’Unione a questo proposito, con “pacchetti di misure per trasformare radicalmente il nostro paradigma di sviluppo economico“.E infine c’è l’impegno dell’Unione sul nuovo Club del Clima. “Sta crescendo, ora siamo 36 membri provenienti da ogni angolo del pianeta, con esigenze diverse ma aspirazioni comuni”, è stato il messaggio di von der Leyen: “Costruire un futuro più pulito e prospero per i nostri cittadini e far progredire la decarbonizzazione delle nostre industrie”. L’idea del Club del Clima era nata in seno al G7, ma ora “sta diventando un centro di conoscenza unico nel suo genere”, con tutti i membri che insieme rappresentano oltre il 30 per cento delle emissioni globali: “Qualsiasi cosa decideremo insieme sarà un potente vettore di cambiamento globale“. Ecco perché ora la strada verso la decarbonizzazione passerà dal “rafforzare i nostri legami con i partner che condividono le nostre idee in tutto il mondo”, ha spiegato lo spirito del Club del Clima von der Leyen, parlando dei partenariati messi in piedi dall’Ue. Da quelli sull’idrogeno con Paesi dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia, “che hanno un potenziale immenso per produrre energia pulita, trasformarla in idrogeno pulito e distribuirla al mondo”, a quelli per le materie prime critiche “da fornitori affidabili, in modo sostenibile”.
    A Dubai la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha definito le linee di collaborazione con Fondo monetario internazionale, Banca Mondiale e Organizzazione mondiale del commercio per “dare impulso” a più sistemi di tariffazione: “Strumento guidato dal mercato”

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    Strategie di neutralità climatica, riuso di detriti degli edifici e circolarità. L’Ue sostiene la ricostruzione verde dell’Ucraina

    Bruxelles – Quattro giorni di confronto per mettere a terra politiche e azioni per la futura ricostruzione verde dell’Ucraina. Si è aperta oggi (28 novembre) a Vilnius, in Lituania, la conferenza di alto livello che mira ad allineare Kiev e tutta l’Unione Europea sulle linee operative del Green Deal in vista del futuro a medio e lungo termine del Paese invaso dall’esercito russo da un anno e nove mesi, “un futuro che ora sembra molto lontano, ma che posso assicurarvi non sarà un sogno ad occhi aperti”, ha assicurato il commissario per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (8 maggio 2023)Sindaci e ministri ucraini, agenzie Ue e organizzazioni della società civile hanno iniziato a Vilnius il confronto sui “passi concreti” che permettano alle città dell’Ucraina di “riprendersi più forti di prima dagli attacchi russi, discuteremo di un futuro di prosperità, autonomia e alta qualità della vita“, ha assicurato il responsabile per l’Ambiente del gabinetto von der Leyen, aprendo i lavori della conferenza di alto livello: “La cosa più importante è che il futuro sarà condiviso tra Ucraina e Unione Europea, dobbiamo guardare oltre e questo è ciò che stiamo già facendo”.La necessità di discussioni serrate sull’allineamento degli “obiettivi strategici” – risorse necessarie e azioni sul campo – parte non solo dal fatto che l’Ucraina è considerata in prospettiva un futuro membro dell’Unione, ma anche da alcuni desolanti dati sul presente della guerra. Secondo i dati forniti la stessa Commissione Europea, i danni della guerra russa sull’ambiente e sulle infrastrutture ambientali finora ammontano complessivamente a “oltre 52 miliardi di euro”. Si contano “497 strutture di gestione dell’acqua danneggiate o distrutte, oltre 1,4 miliardi di euro di danni nel settore forestale e il 20 per cento delle aree protette minacciato”. Oggi l’Ucraina “è il Paese più minato al mondo”, senza dimenticare che la devastazione ambientale causata dalla distruzione della centrale idroelettrica di Kakhovka “è il peggior disastro causato dall’uomo dai tempi dell’incidente di Chernobyl”.Il sostegno Ue per un’Ucraina più verdeIl Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea a Bruxelles, illuminato con la bandiera dell’UcrainaÈ per queste regioni che l’Ue guarda agli strumenti che ha già iniziato a mettere in campo per sostenere la ripresa verde dell’Ucraina, con l’obiettivo di spingere ancora di più il suo supporto a Kiev. “L’iniziativa Phoenix è una combinazione su misura tra i programmi della Commissione Europea che abbiamo lanciato quest’anno e riguarda decisori politici e società civile dell’Ucraina per facilitare la ricostruzione verde”, ha ricordato il commissario Sinkevičius. Si tratta di un’iniziativa pensata per la prima volta a inizio febbraio, quando 15 commissari europei (guidati dalla presidente Ursula von der Leyen) si erano recati in visita a Kiev per una serie di incontri con le controparti del governo ucraino. Phoenix si articola in due direttrici: un bando da 5 milioni di euro nel contesto del Nuovo Bauhaus Europeo e 7 milioni di euro in finanziamenti dai programmi Horizon Europe e Life, tutti con il focus della gestione dei rifiuti, del riutilizzo dei detriti nel settore dell’edilizia e delle costruzioni e della conservazione della natura.Come precisato dal commissario Sinkevičius, il Nuovo Bauhaus Europeo punta a “combinare le migliori idee del Green Deal e la realtà degli spazi abitativi, per l’Ucraina permetterà una ricostruzione sostenibile, accessibile e costruita sui bisogni delle persone“. Il network del Bauhaus “sta aiutando le città su questioni specifiche, come i materiali riciclabili da edifici demoliti e l’uso di metodi di costruzione circolare”, grazie a una “stretta cooperazione con i sindaci ucraini, che presenteranno le loro esperienze di collaborazione con l’Ue”. Per quanto riguarda il secondo elemento dell’iniziativa, i due bandi di gara “dedicati appositamente all’Ucraina” sotto il programma Life e sotto Horizon Europe per le città climaticamente neutre e intelligenti sono pensati per “incoraggiare gli standard di sostenibilità negli sforzi di ricostruzione, con un lavoro congiunto insieme ai partner europei e con progetti scelti che coinvolgeranno città ucraine ed europee”. Anche grazie all’intensificazione dei rapporti tra Bruxelles e Kiev con la cruciale conferenza di Vilnius, l’Unione Europea si pone così in prima linea non solo nel sostegno immediato alle capacità dell’Ucraina di affrontare la guerra russa, ma anche per lo sviluppo della pianificazione urbana e la ricostruzione circolare e sostenibile in vista del futuro comune.
    Aperta a Vilnius (Lituania) la conferenza di alto livello per la definizione delle linee strategiche per allineare politiche e azioni sul campo tra Kiev e Bruxelles attraverso diversi canali di sviluppo dei progetti congiunti: Nuovo Bauhaus Europeo, fondi Horizon e Life e iniziativa Phoenix

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    Fondo ‘perdite e danni’ e target rinnovabili, l’Ue promette un “sostanziale” contributo finanziario alla Cop28

    Bruxelles – Un “sostanziale contributo finanziario” per il Fondo per le perdite e i danni del cambiamento climatico e per raggiungere gli impegni globali su energie rinnovabili ed efficienza energetica. E’ quanto si impegna a realizzare la Commissione europea che oggi (13 novembre) ha ospitato a Bruxelles il presidente designato della Cop28, Sultan Al Jaber, per discutere gli ultimi dettagli di diplomazia climatica prima dell’avvio della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in programma dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. A 17 giorni dall’inizio della Cop28, i negoziatori dei vari Paesi che parteciperanno alla Conferenza hanno raggiunto un accordo di principio sull’istituzione del Fondo ‘Perdite e danni’ (Loss and damage Fund), il fondo che mira a fornire assistenza finanziaria alle nazioni più vulnerabili e soprattutto ai Paesi in via di sviluppo colpiti dagli effetti diretti e indiretti del cambiamento climatico. L’architettura del fondo sarà una delle questioni più spinose da risolvere nei negoziati della Cop28 delle prossime settimane. Dopo l’incontro tra Hoekstra e Sultan Al Jaber, la Commissione europea ha rilasciato una dichiarazione in cui si impegna a garantire “un sostanziale contributo finanziario da parte dell’Ue e dei suoi Stati membri al fondo per perdite e danni alla” prossima Cop28 “nel contesto di un risultato ambizioso della Cop28 attraverso la mitigazione, l’adattamento e i mezzi di attuazione in modo da non lasciare indietro nessuno”. Nella stessa dichiarazione congiunta la Commissione si impegna inoltre ad annunciare “un contributo finanziario a sostegno dell’impegno Cop28 sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica e invita i paesi a fare lo stesso durante il vertice mondiale sull’azione per il clima”.Come ampiamente anticipato nei mesi scorsi dalla Commissione europea, su energie verdi e risparmio consumi l’Unione europea punterà a Dubai ad alzare le ambizioni globali. E chiederà un’azione globale (ovvero degli impegni vincolanti) per triplicare la capacità installata di energia rinnovabile portandola a 11 TW e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030, nel rispetto del mix energetico nazionale di ciascun paese. La risoluzione chiede infine maggiori sforzi a livello globale in una varietà di settori: lotta all’inquinamento da plastica; affrontare l’impatto climatico e ambientale dell’industria tessile; ridurre ulteriormente le emissioni di metano, le emissioni derivanti dal trasporto marittimo e aereo internazionale, dall’agricoltura e dalla difesa.
    Il presidente designato Sultan Al Jaber a Bruxelles per incontrare il commissario Hoekstra e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen

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    Dall’energia rinnovabile alle materie prime critiche. L’Ue investe 45 miliardi in America Latina con il Global Gateway

    Bruxelles – Si apre con la notizia di un impegno concreto dell’Unione Europea a sostegno dei Paesi dell’America Latina e dei Caraibi il terzo vertice Ue-Celac in programma oggi e domani (17-18 luglio) a Bruxelles. “Sono lieta di annunciare che investiremo oltre 45 miliardi di euro fino al 2027 attraverso il nostro programma Global Gateway“, sono state le prime parole della giornata di confronti bilaterali e multilaterali della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, illustrando alla Business Round Table il programma di investimenti “di alta qualità a beneficio di entrambe le nostre regioni” e le catene di valore che avranno la priorità: “Dall’idrogeno pulito alle materie prime critiche, dall’espansione della rete di cavi dati ad alte prestazioni alla produzione dei più avanzati vaccini a base di mRNA”, il tutto accompagnato dai “più elevati standard ambientali e sociali e dalla trasparenza”.
    Si tratta di “oltre 135 progetti già in cantiere” – ha continuato von der Leyen – che si inseriscono all’interno dell’Agenda per gli investimenti Global Gateway per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, secondo i criteri e le priorità che la Commissione Europea aveva presentato un mese fa in vista del primo vertice di alto livello tra i Ventisette e i 33 Paesi Celac dopo otto anni dall’ultima volta: transizione verde sostenibile, trasformazione digitale inclusiva, sviluppo umano, resilienza sanitaria e vaccini. Ma ciò su cui sarà principalmente rivolta l’attenzione è l’ambito energetico e digitale, sia come produzione sia come estrazione di materie prime critiche. “L’America Latina e i Caraibi hanno il potenziale per diventare una centrale elettrica globale per le energie rinnovabili”, ha assicurato la numero uno della Commissione, facendo riferimento ai settori eolico e solare che “stanno crescendo in modo esponenziale, anche grazie agli investimenti europei”. Il passo successivo ora è quello di “trasformare l’energia pulita in idrogeno pulito”, perché non solo “può essere facilmente esportato in altri continenti” ma può anche “alimentare nuove industrie nel vostro continente”. Acciaio e cemento, fertilizzanti, treni e autobus, “tutti puliti, tutti prodotti in America Latina”, ha sottolineato con forza von der Leyen: “Il vostro continente ha il potenziale per diventare un leader globale nelle industrie pulite di domani“.
    Per raggiungere questo obiettivo e fare in modo che le tecnologie verdi e digitali possano svilupparsi in tutte le loro potenzialità “le nostre industrie hanno bisogno di accedere a materie prime essenziali“, è l’avvertimento della numero uno dell’esecutivo Ue, che ha voluto assicurare come “anche in questo caso l’Europa vuole essere il vostro partner di riferimento”. Se tutto il mondo richiede materie prime critiche – dal litio al gallio e il germanio, come dimostrato dalle ultime restrizioni della Cina – c’è una grande differenza tra l’Ue e gli altri investitori, ha voluto mettere in chiaro von der Leyen: “Non siamo interessati a investire solo nella pura estrazione di materie prime, vogliamo collaborare con voi per costruire capacità locali di lavorazione, di produzione di batterie e di prodotti finali come i veicoli elettrici“. In altre parole, non si tratta solo di investimenti, ma “possiamo contribuire con una tecnologia di livello mondiale e con una formazione di alta qualità per i lavoratori locali”.
    Da sinistra: il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Spagna e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Pedro Sánchez (17 luglio 2023)
    Lo dimostrano gli oltre 130 progetti dal valore complessivo di 45 miliardi di euro annunciati oggi nell’ambito del Global Gateway per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. A partire dalla collaborazione con Argentina e Cile e attraverso il Club delle materie prime critiche “per rafforzare le catene di approvvigionamento sostenibili”. In Brasile saranno espanse le reti di telecomunicazione nella regione amazzonica, in Cile saranno promosse le attività di investimento sull’idrogeno verde, in Paraguay sarà potenziata la rete elettrica, a Panama si spingerà per l’accesso universale all’energia. in Giamaica sarà portato il 5G e la banda larga a tutta l’isola, in Costa Rica sarà elettrificato il trasporto pubblico – con la conversione all’elettrico della flotta di 40 autobus urbani – e in Colombia sarà costruita una linea metropolitana. Più in generale saranno implementate l’Alleanza digitale – attraverso la creazione di due centri Copernicus per la riduzione del rischio di catastrofi, il cambiamento climatico e il monitoraggio terrestre e marino – l’Iniziativa Health Resilience per lo sviluppo della produzione locale di farmaci e vaccini e l’Iniziativa Global Green Bonds sul mercato dei green bond nell’America Latina e nei Caraibi. Focus anche sul programma Società inclusive per affrontare le disuguaglianze, ridurre la povertà e l’esclusione sociale attraverso politiche sociali e di genere, l’istruzione e lo sviluppo delle competenze.

    L’annuncio della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, prima dell’inizio del vertice Ue-Celac. Saranno sviluppati oltre 130 progetti fino al 2027 per spingere la transizione digitale e verde e per aumentare i partenariati industriali e sanitari

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    Su clima e natura il nuovo Brasile di Lula rischia di deludere le aspettative Ue

    Bruxelles – Il ritorno di Lula alla guida del Brasile per il ritorno a politiche di protezione della natura, foresta amazzonica in testa, e di contrasto ai cambiamenti climatici. L’Unione europea guarda al governo del Paese sudamericano con rinnovate aspettative che rischiano però, se non di essere disattese, di essere soddisfatte solo in parte. Perché ci sono idee vecchie in un contesto cambiato, e una situazione politica che non conferisce un mandato veramente forte e tale da imprimere quella svolta verde e sostenibile che potrebbe rappresentare un prezioso alleato per il Green Deal europeo.
    Da una parte c’è l’eredità lasciata a Lula dal suo predecessore, il conservatore Jair Bolsonaro. Quando si parla di clima e impegni contro la deforestazione, anche al netto degli impegni della nuova amministrazione, “i progressi tangibili richiederanno del tempo, dati i danni causati negli ultimi quattro anni”, rileva un documento del Parlamento europeo. Luiz Inacio da Silva Lula è entrato in carica l’1 gennaio 2023. In un solo anno, tra agosto 2021 e luglio 2022, sono stati abbattuti 11.594 chilometri di alberi nell’Amazzonia legale, una regione di nove stati federali nel bacino amazzonico. “Un’area simile al territorio del Montenegro”. Certo, il tasso di deforestazione registrato rappresenta “un calo dell’11 per cento rispetto ai livelli del 2021”, ma si continua a minare la capacità del polmone verde del mondo di catturare e trattenere CO2.
    C’è poi un mutato contesto istituzionale, che incide sull’attività politica. Il Congresso “ha ridimensionato i poteri dei ministeri dell’Ambiente e del cambiamento climatico e delle Popolazioni indigene”, con ciò ne consegue per l’azione di governo, chiamato a dover far ripartire un’economia in sofferenza. Le ultime previsioni dell’Ocse prevedono la crescita del Pil nazionale dell’1,7 per cento alla fine di quest’anno e all’1,2 per cento nel 2024, livello occupazionali più bassi, elevata inflazione e condizioni di credito più severe. C’è dunque sullo sfondo la possibilità di un’azione meno decisa in tema di sostenibilità, rileva ancora il documento del Parlamento Ue.
    “Le contraddizioni nelle politiche di Lula possono derivare dalla difficoltà di conciliare la protezione dell’Amazzonia e dei diritti dei popoli indigeni con il rilancio dell’economia lenta e la riduzione della povertà”. Rispondere a questa secondo necessità potrebbe essere fatto “stimolando lo sviluppo economico in Amazzonia, che comporta grandi progetti infrastrutturali che alimentano la deforestazione”.
    Del resto questa natura ambivalente del nuovo corso di Lula è già riscontrabile nella dichiarazione congiunta Brasile-Cina dell’aprile 2023 sulla lotta al cambiamento climatico. Nonostante questo impegno formale “le importazioni non vengono vagliate per il loro potenziale collegamento con la deforestazione”, viene rilevato in Parlamento Ue. Un problema di non poco conto se si considera l’accordo commerciale che l’Unione europea vorrebbe chiudere con i Paesi Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay), e per cui ‘il fattore Lula’ agli occhio degli europei potrebbe giocare a favore dei Ventisette.
    Argentina e Brasile, però, “sono preoccupati per l’impatto del nuovo regolamento dell’Ue sui prodotti da deforestazione e loro accesso al mercato dell’Unione europea”, e qui l’Ue si aspetta garanzie da un presidente, Lula, considerato come la leva del possibile cambiamento sostenibile del Paese e del modello economico-produttivo internazionale.
    Quel che è certo, a Bruxelles, è che al momento “è troppo presto per valutare se le politiche anti-deforestazione di Lula saranno in grado di ottenere un risultato positivo simile a quello che hanno avuto in passato”. Il Brasile di Lula rischia di essere dunque molto diverso dalle aspettative a dodici stelle.

    Un’analisi del Parlamento europeo mette in luce le difficoltà per il leader sudamericano di imprimere una vera svolta dopo l’amministrazione Bolsonaro