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    Il Global Gateway dell’Ue implementato con 4 miliardi di euro mobilitati da Commissione e Banca Europea per Investimenti

    Bruxelles – Un’intesa decisiva per iniziare a sbloccare tutto il potenziale del Global Gateway, la strategia dell’Ue per le infrastrutture sostenibili a livello globale. La Commissione Europea e la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) hanno firmato oggi (28 febbraio) una serie di accordi da 4 miliardi di euro complessivi per sostenere le imprese dei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico fino al 2027. “L’accordo di oggi è un’altra pietra miliare nel progresso della priorità strategica del Global Gateway”, ha confermato la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, presentando la mobilitazione di finanziamenti pubblici e privati “in settori chiave come la digitalizzazione, il clima e l’energia, i trasporti e la salute” nei Paesi partner in tutto il mondo.
    “La mobilitazione del settore privato è fondamentale per lo sviluppo sostenibile dei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico”, ha aggiunto la commissaria parlando degli accordi siglati dall’esecutivo comunitario e dalla Bei. Nello specifico i 4 miliardi si compongono di un accordo di garanzia fino a 3,5 miliardi di euro in prestiti e di un contributo del Fondo fiduciario da 500 milioni di euro. Un esempio delle possibilità di investimento attraverso l’accordo di garanzia è il Green African Agricultural Value Chain Facility, che fornisce finanziamenti agli intermediari dell’Africa subsahariana per la concessione di prestiti alle piccole e medie imprese nelle catene del valore agroalimentari. Il Fondo fiduciario, invece, andrà a sostenere la costruzione di piccole centrali elettriche a energia rinnovabile, per consentire l’approvvigionamento autonomo di elettricità in aree remote non collegate alla rete.

    A che punto siamo con il Global Gateway
    Le intese da 4 miliardi di euro vanno ad aggiungersi all’accordo di garanzia da 26,7 miliardi di euro firmato da Ue e Bei nel maggio del 2022. Primi mattoni posti nell’Ue per dare concretezza alla strategia da 300 miliardi di euro che risale al dicembre 2021, in risposta alla Belt and Road Initiative della Cina e per rispondere alle sfide globali della transizione verde, della connettività digitale e dell’accesso alla salute pubblica. L’obiettivo del Global Gateway è proprio quello di veicolare un aumento degli investimenti in progetti locali, per “promuovere valori democratici, buona governance, trasparenza e partenariati equi”, mettendo in contatto istituzioni finanziarie e di sviluppo degli Stati membri, la Bei e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers).
    Metà degli sforzi d’investimento del Global Gateway hanno come punto focale i progetti di sviluppo che riguardano il continente africano. Circa 150 miliardi di euro che, come confermato al vertice Ue-Unione Africana di un anno fa dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, saranno indirizzati a potenziare le transizioni verde e digitale. Sul piano energetico, nello specifico, la volontà è quella di dare una spinta decisiva al potenziale verde del continente africano tra sole, vento e idroelettrico, attraverso la piena decarbonizzazione e il traguardo del cento per cento rinnovabile. In questo senso va letto anche il progetto della Grande Muraglia Verde contro desertificazione, effetti dei cambiamenti climatici e crisi alimentare in Africa, aspetti imprescindibili del Global Gateway. La stessa presidente von der Leyen ha definito la Grande Muraglia Verde un “baluardo contro l’insicurezza alimentare e il cambiamento climatico”, per cui la Banca Europea per gli Investimenti potrebbe presto svolgere un ruolo decisivo per la sua implementazione con il sostegno a progetti imprenditoriali concreti.

    Gli accordi di investimento consistono di un accordo di garanzia fino a 3,5 miliardi in prestiti e di un contributo del Fondo fiduciario di 500 milioni, a sostegno delle imprese dei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico fino al 2027: “Il settore privato è fondamentale per lo sviluppo sostenibile”

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    Per l’Ue la ricostruzione dell’Ucraina deve passare da energie rinnovabili e transizione verde

    Bruxelles – Un viaggio a Kiev per ribadire l’impegno dell’Unione Europea per la ricostruzione dell’Ucraina. Anche sul piano dell’energia e della transizione verde. Con questo obiettivo il vicepresidente della Commissione Europea per il Green Deal, Frans Timmermans, ha incontrato oggi (9 gennaio) il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro, Denys Shmyhal, per un confronto in prima persona sullo “stato di avanzamento nel Paese e sui bisogni immediati sul campo alla luce degli attacchi intensificati della Russia contro le infrastrutture critiche”, spiega l’esecutivo comunitario. “L’Ucraina ha tutte le carte in regola per diventare un leader nella moderna energia verde, ha un enorme potenziale di energia solare, eolica, idrogeno e biometano”, ha assicurato Timmermans.
    L’incontro tra il vicepresidente della Commissione Europea per il Green Deal, Frans Timmermans, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (9 gennaio 2023)
    In una giornata ricca di incontri anche con i ministri dell’Energia, Herman Galushchenko, e della Protezione ambientale e delle risorse naturali, Ruslan Strilets, il vicepresidente della Commissione Ue si è focalizzato principalmente sul “sostegno concreto al settore all’approvvigionamento energetico, ma anche sul piano del governo per la ricostruzione dell’Ucraina”. Per Bruxelles il supporto al Paese sotto attacco da quasi un anno sarà fondato sugli obiettivi del Green Deal europeo: “Lo sviluppo delle energie rinnovabili e una giusta transizione saranno al centro dei piani di ricostruzione“.
    Una spinta che arriva anche da Kiev, come dimostrano le parole del premier Shmyhal al termine dell’incontro con Timmermans: “L’Ucraina ha un potenziale significativo per lo sviluppo dell’energia verde ed è pronta a diventare un partner dell’Ue nello sviluppo del mercato del biometano e dell’idrogeno“. Un ringraziamento a Bruxelles è arrivato anche per le “iniziative di cooperazione in questa direzione”, che nei fatti dovrebbe impostarsi sul “recupero energetico dell’Ucraina basato su un percorso verde”, ha precisato lo stesso primo ministro. Tutto questo non può prescindere però da “azioni congiunte coordinate per ridurre l’influenza della Russia nel settore energetico dell’Unione Europea“, ma soprattutto – di fronte al continuo bombardamento delle infrastrutture civili da parte dell’esercito russo – da una “punizione per gli attacchi all’energia ucraina e per i crimini contro l’ambiente” e da “sanzioni contro il settore nucleare russo”, è la richiesta di Shmyhal.

    Very good to discuss Ukraine’s #GreenReconstruction plans and European future with President @ZelenskyyUA in Kyiv today.
    Ukraine has what it takes to become a leader in modern green energy. It has huge potential for solar, wind, hydrogen, and biomethane. pic.twitter.com/QnvKAXCEJ7
    — Frans Timmermans (@TimmermansEU) January 9, 2023

    Il supporto energetico Ue all’Ucraina
    La necessità di supportare l’Ucraina anche sul piano energetico è stato evidenziato anche nel corso della conversazione telefonica tra il presidente Zelensky e la numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, di lunedì scorso (2 gennaio), in cui sono state delineate le priorità del vertice Ue-Ucraina in programma il 3 febbraio a Kiev. Sul piano del sostegno immediato le due parti hanno concordato che entro la fine di gennaio sarà consegnato il primo lotto di 15 milioni di lampade a Led finanziate dall’Ue, a cui si aggiungono “generatori, tende e scuolabus”. Un primo passo per quanto riguarda l’impegno di Bruxelles a sborsare 30 milioni di euro per l’acquisto di 30 milioni di lampade al led, “che sono oggi vitali per portare luce all’Ucraina”, aveva spiegato la stessa presidente von der Leyen alla conferenza internazionale di solidarietà di Parigi lo scorso 13 dicembre: “Garantiscono un risparmio dell’88 per cento rispetto alle vecchie lampadine, si potrà così risparmiare un gigawatt di elettricità, che è equivalente alla produzione annuale di una centrale nucleare”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (15 settembre 2022)
    A questo si aggiunge il nuovo hub energetico e umanitario in Polonia, per un trasferimento “veloce e sostenibile” degli aiuti verso l’Ucraina, “anche per le donazioni di Paesi terzi e privati”. Mentre si attende per questo mese l’inizio dei lavori della piattaforma di ricostruzione dell’Ucraina, il sostegno di Bruxelles è già una realtà, con oltre 800 generatori per l’energia sono arrivati in tutto il Paese dall’inizio dell’invasione russa e gli ultimi 40 convogliati dalla riserva rescEu a 30 ospedali nelle regioni di Donetsk, Zaporizhzhia, Mykolaiv e Kherson. Attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue sono stati inviati anche 100 generatori di piccola e media potenza dalla Francia, 19 dalla Slovacchia, 23 dalla Germania, 52 trasformatori dalla Lituania e 4 sistemi di alimentazione di emergenza dalla Polonia.

    Il vicepresidente della Commissione Ue Timmermans ha incontrato a Kiev il presidente Zelensky e il premier Shmyhal per discutere del futuro del Paese, mentre continuano i bombardamenti russi: “Ha un enorme potenziale di energia solare, eolica, idrogeno e biometano”

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    Unione europea e Giappone rafforzano la cooperazione sull’idrogeno

    Bruxelles – L’Unione europea rafforza la cooperazione energetica con il Giappone. In viaggio fino a domani a Tokyo, la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, ha siglato con il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, Yasutoshi Nishimura, un memorandum di cooperazione per stimolare l’innovazione e sviluppare un mercato internazionale dell’idrogeno, riconoscendo che l’idrogeno “può dare un contributo fondamentale sia alla transizione verde sia alla sicurezza energetica”.
    Il memorandum individua una serie di aree in cui i governi, gli attori industriali, gli istituti di ricerca e le autorità locali dell’UE e del Giappone saranno incoraggiati a cooperare come sul piano normativo per standard e certificazioni comuni; progetti di ricerca e sviluppo di progetti anche nell’ambito di iniziative di cooperazione multilaterale, nell’ottica di supporto ad altri Paesi del mondo; istruzione, miglioramento delle competenze, riqualificazione e istruzione e formazione professionale, anche tramite scambi. L’accordo “conferma l’impegno dell’UE e del Giappone a lavorare insieme sull’idrogeno, che è fondamentale sia per i nostri obiettivi climatici sia per la sicurezza energetica”, ha commentato Simson, auspicando di “vedere i primi risultati concreti di questa cooperazione nei mesi e negli anni a venire”. Il memorandum, in quanto tale, definisce solo un rafforzamento della partnership energetica, senza indicare con precisione se aumenteranno le cifre negli scambi commerciali energetici delle due parti.

    In addition to signing the MoC on #hydrogen, Minister Nishimura & I discussed the #energy crisis, scaling up renewables, the situation on the LNG market & Japan’s 🇯🇵 priorities for the #G7 Presidency next year.
    We also confirmed our commitment to continue helping #Ukraine🇺🇦. pic.twitter.com/Rk11bNJRgU
    — Kadri Simson (@KadriSimson) December 2, 2022

    Per l’Unione europea, si tratta del quarto partnenariato rafforzato in materia di idrogeno siglato nel giro di pochi mesi. “Il Giappone è un partner energetico su cui possiamo contare”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un tweet dopo la firma dell’accordo. A margine della Cop27 di Sharm el-Sheikh, nelle scorse settimane l’Ue ha siglato un memorandum con l’Egitto, con il Kazakistan e poi con la Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie. Bruxelles ha indicato nel piano ‘REPowerEu’ presentato a maggio scorso per affrancarsi dai combustibili fossili russi, l’obiettivo di raggiungere 20 milioni di tonnellate di consumo di idrogeno rinnovabile nel 2030, di cui dieci provenienti dall’Ue e dieci dalle importazioni. Si tratta anche del terzo accordo di alto livello a cui l’Ue ha lavorato con i partner africani e asiatici a margine della Cop27, per accaparrarsi materie prime e altri materiali raffinati indispensabili per attuare la transizione verde del Green Deal.
    Non solo idrogeno. Secondo un tweet della commissaria per l’energia, con l’omologo Nishimura si è discusso anche della crisi energetica in atto, dell’aumento delle energie rinnovabili, della situazione del mercato del GNL e delle priorità del Giappone per la presidenza G7 del prossimo anno. L’Ue si è rivolta al Giappone non solo per riaffermare l’importanza della transizione verso l’energia verde e l’ambizione comune di essere climaticamente neutrali entro il 2050, ma anche per rafforzare la cooperazione con il governo giapponese per la diversificazione dei propri fornitori di risorse energetiche per affrancarsi dalla dipendenza da Mosca. Su richiesta di Washington e Bruxelles, il Giappone ha deciso nei primi mesi dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina di dirottare alcuni carichi di gas naturale liquefatto (GNL), con spedizioni extra verso il Continente europeo alla ricerca di gas da fornitori alternativi alla Russia.

    Per l’Unione europea, si tratta del quarto partnenariato rafforzato in materia di idrogeno siglato nel giro di pochi mesi, dopo gli accordi con l’Egitto, con il Kazakistan e poi con la Namibia siglati a margine della Cop27

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    Von der Leyen sigla l’intesa con il Kazakistan su materie prime e idrogeno. I primi impegni Ue alla Cop27 di Sharm el-Sheikh

    Bruxelles – Materie prime, idrogeno e batterie. E’ nella prima giornata (7 novembre) del Summit dei leader della Cop27 di Sharm El-Sheikh che Ursula von der Leyen ha siglato con il primo ministro del Kazakistan, Alikhan Smailov, un memorandum d’intesa per dar vita a un partenariato tra l’Ue e il Paese asiatico per lo sviluppo di un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime, batterie e catene del valore dell’idrogeno rinnovabile che sono fondamentali per le transizioni verde e digitale.
    Le materie prime critiche servono a costruire, ad esempio, le turbine eoliche (con magneti in terre rare); batterie (litio e cobalto) e semiconduttori (polisilicio), e la Commissione ha in programma per l’anno prossimo di mettere in piedi una strategia dedicata solo alle materie prime. Mentre le batterie sono fondamentali per la mobilità a emissioni zero, e la tecnologia dell’idrogeno rinnovabile sostiene la decarbonizzazione dei settori in cui le emissioni sono difficili da abbattere, come le industrie energivore. Von der Leyen e Smailov si sono impegnati a sviluppare una tabella di marcia per il periodo 2023-2024, con azioni congiunte concrete concordate entro sei mesi dalla firma del partenariato.

    Glad to sign the 🇪🇺🇰🇿 agreement on raw materials, batteries and renewable hydrogen with @PrimeMinisterEn Smailov.
    We will better integrate value chains that are key to the green and digital transition.
    It’s a new chapter in our already deep relationship. https://t.co/Pl4HfQQ9Em
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 7, 2022

    Nello specifico, la partnership è concentrata su tre aree di collaborazione. In primo luogo, l’integrazione economica e industriale nelle catene del valore strategico delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile progetti comuni le lungo rispettive catene del valore, allineamento di elevati standard ambientali, sociali e di governance (ESG) e modernizzazione dei processi e delle tecnologie di estrazione e raffinazione attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e pratiche sostenibili. In secondo, su come aumentare la resilienza delle catene di approvvigionamento migliorando “trasparenza e le informazioni sugli investimenti, alle operazioni e alle esportazioni rilevanti per l’ambito di questa partnership”.
    In ultimo, la cooperazione si concentrerà su come rafforzare capacità, competenze e ricerca e innovazione sulla decarbonizzazione della catena del valore delle materie prime critiche. In conferenza stampa a margine dei lavori della Cop27, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite ospitata quest’anno dall’Egitto e che ha preso il via ieri fino al 18 novembre, la presidente ha ricordato che l’Unione Europea è il “più grande investitore straniero in Kazakistan, con il 60 per cento dello stock di investimenti diretti esteri”. Il Memorandum d’intesa servirà ad ampliare “ulteriormente questo rapporto” allineandolo alle priorità condivise da entrambe le parti.
    Il Summit dei leader alla Cop27
    Von der Leyen interverrà domani al Summit dei leader a nome dell’Ue, insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Quindi oggi ha preso parte a una serie di eventi collaterali alla Cop27, come il vertice di partenariato dei leader forestali e climatici, confermandovi l’adesione dell’Unione europea. “A Glasgow ci siamo impegnati a proteggere la salute dei polmoni del nostro pianeta: le nostre foreste. La Commissione europea si è impegnata a stanziare un miliardo di euro”, ha ricordato. Ma “ora stiamo aumentando i finanziamenti, le nuove regole per un commercio rispettoso delle foreste e i partenariati per la conservazione”.

    La prima giornata di Summit si è aperta con le parole del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che ospita il vertice, che ha messo in guardia del fatto che “non c’è più tempo per esitare, ogni governo deve agire, deve sfruttare tutte le sue capacità per trovare una soluzione”. Al Sisi ha avuto incontri bilaterali con von der Leyen e con la premier Giorgia Meloni, al suo debutto nel dialogo climatico su scala internazionale.  E’ seguito un monito molto duro da parte del segretario generale Onu, Antonio Guterres, che ha parlato di umanità di fronte a un bivio: o si coopera contro il cambiamento climatico o si perisce.
    “Siamo sull’autostrada per l’inferno climatico, con il piede ancora sull’acceleratore”, ha avvertito Guterres. E poi, Emmanuel Macron, Pedro Sanchez e Olaf Scholz: i leader di Francia, Spagna e Germania sono intervenuti per sottolineare che la guerra di Russia in Ucraina non dovrà mettere a repentaglio le ambizioni globali sui cambiamenti climatici, non dovrà significare un passo indietro da parte della comunità internazionale degli Stati. “Questa guerra deve portarci a rafforzare la transizione energetica, dobbiamo dare un nuovo slancio anche alla protezione del clima con misure all’altezza. Abbiamo il dovere morale di agire con determinazione”, ha chiarito Sanchez. Dei quasi 100 leader presenti, la metà ha preso parola mentre l’altra metà (compresi von der Leyen e Michel) lo faranno domani. Grandi assenti la Cina e l’India, i più grandi emettitori al mondo, a cui si rivolge senza mezzi termini Guterres chiedendo di assumersi le responsabilità.

    La prima giornata del summit dei leader sul clima della Cop27 tra gli interventi del segretario generale Onu Antonio Guterres e della premier Giorgia Meloni. Bruxelles si impegna a rafforzare la partnership con Astana per la catena del valore di materie prime, batterie e idrogeno che servono alla transizione

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    L’inverno morde. I vescovi ai leader Ue: Energia accessibile e a prezzi ragionevoli

    Roma – Garantire un’energia accessibile e a prezzi ragionevoli alle persone più colpite dalla crisi; dare priorità all’efficienza e ridurre responsabilmente i consumi; perseguire partenariati energetici bilaterali e multilaterali per gettare le basi di un nuovo sistema energetico globale governato da giustizia, solidarietà, partecipazione inclusiva e sviluppo sostenibile. Lo chiede la Comece, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, che, con l’inverno alle porte, lancia un appello a chi nell’Unione ha responsabilità di governo.
    “L’eccessiva dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas da un unico fornitore ha permesso alla Russia di utilizzare le proprie forniture energetiche come un’arma”, tuonano i prelati, che lamentano una rafforzata insicurezza energetica in tutta Europa e una impennata dei prezzi che si ripercuote sulla società, “colpendo in particolare i più vulnerabili”.
    Non abbandonare le famiglie e le persone vulnerabili o vittime di discriminazioni socio-economiche, incapaci di far fronte all’aumento dell’inflazione e di pagare il riscaldamento o l’elettricità è la preghiera. Una situazione che, insiste la commissione, “rafforza le disuguaglianze sociali e il divario energetico“: “La crisi energetica è un ulteriore fardello dal punto di vista economico e mentale“. Mentre molte aziende falliscono, altre licenziano i propri lavoratori e molti, constatano i vescovi, “non sono più in grado di far fronte all’aumento del costo della vita”.
    Un appello alla solidarietà, ma anche alla lungimiranza: “Riconosciamo che la situazione attuale è complessa e rende necessarie considerazioni equilibrate che tengano conto degli aspetti sociali, economici, ecologici e geopolitici nell’ottica di un approccio eticamente responsabile” si legge. Nonostante la pressante emergenza, però, i prelati invitano a non perdere di vista gli obiettivi di lungo termine di una “transizione energetica giusta e sostenibile“.
    E anche se trovare un equilibrio corretto spetta alla politica, ci sono degli insegnamenti della Chiesa cattolica dai quali poter trarre esempio. Il primo: secondo la destinazione universale dei beni (il diritto naturale all’uso comune di tutti i beni del Creato a beneficio delle generazioni), lo Stato deve garantire una fornitura di energia sicura e sufficiente per tutti. Inoltre, sottolineano, è necessario “migliorare la responsabilità pubblica del settore attraverso un’equa distribuzione delle risorse energetiche, evitando la monopolizzazione da parte di uno Stato, di un gruppo d’interesse o di un’impresa, a scapito delle popolazioni e dei Paesi poveri che spesso pagano il prezzo di una cattiva gestione politica e della speculazione”. Il secondo: l‘opzione preferenziale per i poveri, che non è solo una priorità nella vita di carità di ogni cristiano, ma anche una responsabilità sociale. Il terzo: Giustizia e pace, una giustizia che “consenta uno sviluppo umano integrale” è requisito indispensabile per la pace. Una corretta gestione dell’energia diventa quindi un fattore chiave sia per la giustizia che per la pace. L’uso improprio dell’energia come strumento di coercizione geopolitica, “a cui stiamo assistendo”, sottolineano i vescovi, dovrebbe “spingere la comunità internazionale a trovare mezzi istituzionali per una ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche efficace, inclusiva ed equa”.

    L’appello dei prelati: dare priorità all’efficienza e partenariati per un nuovo sistema globale governato giusto, solidale, inclusivo e sostenibile

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    Supporto contro il caro-prezzi, gasdotti e infrastrutture transfrontaliere. L’energia tra Ue e Balcani Occidentali

    Bruxelles – Un viaggio che è andato ben oltre le solite promesse di supporto per il cammino di avvicinamento dei sei Paesi dei Balcani Occidentali all’Unione Europea. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha portato a casa dai quattro giorni nella regione (anche se l’ultima tappa di sabato 29 ottobre in Montenegro è stata annullata per “maltempo”) la consapevolezza di poter stringere il rapporto con i partner più vicini dell’Unione puntando tutto sulla questione energetica, in un momento di crisi e di prezzi alle stelle che sta colpendo tutto il continente, anche quei Paesi che ancora faticano ad allentare i rapporti con la Russia di Vladimir Putin.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, presso il cantiere della ferrovia Tirana-Durrës (27 ottobre 2022)
    In tutte le tappe la presidente von der Leyen ha ribadito tre concetti: unità, solidarietà e “Unione dell’Energia”. Il tutto si inserisce nel quadro della risposta dell’Ue alla crisi energetica scatenata dalla guerra russa in Ucraina e dalla manipolazione dei mercati da parte del Cremlino. Un tema che non riguarda solo i Ventisette, ma anche i Sei dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) che Bruxelles non può permettersi di lasciare soli nella tempesta: il rischio è enorme, perché potrebbe costringerli – o spingerli – a rendersi ancora più dipendenti dalle fonti fossili di Mosca. Ecco perché la numero uno della Commissione ha annunciato come prima cosa un sostegno diretto al bilancio per affrontare l’impatto degli alti prezzi dell’energia in ciascuno dei sei Paesi dei Balcani Occidentali: 80 milioni per la Macedonia del Nord, altrettanti per l’Albania, 75 per il Kosovo, 70 per la Bosnia ed Erzegovina, 165 per la Serbia (per il Montenegro sarà comunicato al momento della nuova visita di von der Leyen, rendono noto fonti Ue). Complessivamente oltre 470 milioni di euro di supporto immediato per famiglie e imprese vulnerabili, con le procedure che si concluderanno “entro la fine dell’anno” e i finanziamenti sborsati “a partire da gennaio”, ha assicurato von der Leyen.
    “Unione dell’Energia” significa anche interdipendenza nelle decisioni da prendere per uscire dal ricatto del gas di Putin. A livello indiretto i Paesi dei Balcani Occidentali potrebbero beneficiare delle possibili misure comunitarie sui massimali dei prezzi del gas e sullo sganciamento dei prezzi dell’elettricità da quelli del gas. Ma sarà cruciale l’impegno diretto, che può già essere messo in  pratica con la partecipazione alla piattaforma per l’approvvigionamento congiunto di gas, Gnl (gas naturale liquefatto) e idrogeno. La leader dell’esecutivo comunitario ha esteso l’invito ai sei partner, ponendo l’accento sull’importanza di “usare il nostro potere di mercato per ottenere risultati migliori dove c’è molta concorrenza, soprattutto sui prezzi”.
    I progetti energetici nei Balcani Occidentali
    Le misure immediate sono solo il primo tassello di un disegno più grande, che dovrebbe portare i Ventisette e i Balcani Occidentali (senza dimenticare la prospettiva della loro adesione all’Ue) a essere completamente indipendenti dalle fonti russe e sempre più orientati verso risorse rinnovabili e infrastrutture transfrontaliere. Ecco perché per Bruxelles non bastano gli oltre 470 milioni di euro in sostegno al bilancio, ma la Commissione ha elaborato anche un piano di sovvenzioni da 500 milioni per tutta la regione che avrà un impatto sul medio/lungo periodo. La seconda parte del sostegno energetico – “importante almeno quanto la prima parte”, ha sottolineato von der Leyen – sarà veicolata attraverso il Piano economico e di investimenti dell’Ue per i Balcani Occidentali, e avrà come pilastri le connessioni transfrontaliere, l’efficienza energetica e lo sviluppo di fonti rinnovabili, secondo le particolarità e i punti di forza di ciascun Paese.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in visita all’Università di Pristina, Kosovo (27 ottobre 2022)
    Per esempio, in Albania gli investimenti saranno indirizzati alla centrale solare galleggiante di Vau i Dejës (presso Scutari) e alla centrale idroelettrica di Fierza – che già oggi produce un quarto dell’intera produzione elettrica nazionale – in Bosnia ed Erzegovina allo sviluppo di centrali solari, eoliche e a biomassa, in Kosovo ai piani in atto di installazione di pannelli fotovoltaici e di teleriscaldamento con energia pulita. Visitando i progetti di ristrutturazione energetica delle Università di Tirana e Pristina, la stessa von der Leyen ha posto l’accento sul fatto che “l’investimento più importante per noi è quello nelle energie rinnovabili, perché non fanno solo bene al clima, ma sono di origine nazionale e creano posti di lavoro”. Per questo motivo i 500 milioni prossimamente sbloccati andranno anche a sostenere piani di più piccola portata, che avranno un impatto tangibile sulle comunità locali.
    Ma anche l’aspetto transfrontialiero è chiave nel Piano economico e di investimenti. Da un punto di vista pratico, i Balcani Occidentali sono centrali per gli interessi dell’Unione, semplicemente per una questione geografica. Non a caso la visita in Serbia della presidente von der Leyen si è svolta a Jelašnica (presso Niš, nel sud del Paese), dove “entro il prossimo anno” vedrà la luce l’interconnettore del gas Serbia-Bulgaria: il progetto – finanziato all’80 per cento da Commissione e Banca europea per gli investimenti (Bei) – prevede un collegamento di 171 chilometri tra Niš e Sofia e un flusso di 1,8 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, aumentando la sicurezza degli approvvigionamenti energetici in arrivo dai Paesi membri Ue della regione (Bulgaria e Grecia). Guardando verso sud, si dovrà sviluppare con i finanziamenti Ue anche l’interconnettore del gas Serbia-Macedonia del Nord, per completare il collegamento della regione con un’infrastruttura di 23 chilometri che si innesterà a quello Macedonia del Nord-Bulgaria presso la città di Kumanovo.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučič, a Jelašnica (28 ottobre 2022)
    A questo si aggiungono due progetti “affascinanti” – come li ha definiti von der Leyen – che hanno un respiro ancora più europeo. Il primo è il Corridoio Elettrico Trans-Balcanico, una rete di trasmissione elettrica a 400 Kilovolt che legherà l’Italia alla Bulgaria, passando da Montenegro, Bosnia ed Erzegovina e Serbia, e che risponderà a una delle priorità della politica energetica europea, ovvero integrare il mercato dell’elettricità dei diversi Paesi del continente. Il progetto di interconnessione prevede un cavo sottomarino tra Villanova e Lastva (Montenegro) e tre sezioni attualmente in fase di progettazione e costruzione sul territorio nazionale dei tre Paesi balcanici. E poi c’è il gasdotto Ionico-Adriatico (Iap), infrastruttura in cui è l’Albania a rivestire un ruolo centrale. Gasdotto bi-direzionale lungo 516 chilometri, con una capacità di 5 miliardi di metri cubi all’anno, si innesterà sul gasdotto Trans-Adriatico (Tap) che trasporta il gas dall’Azerbaigian all’Italia. Si svilupperà in Albania, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina, fino ad arrivare a Spalato (Croazia), dove sarà collegato al sistema di trasporto nazionale ed europeo e alle nuove infrastrutture, come il terminale di Gnl di Krk.

    Al centro del viaggio nella regione della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, lo sviluppo dei progetti di interconnessione del gas e del Corridoio Elettrico Trans-Balcanico. Ma anche l’annuncio di oltre 470 milioni di euro contro la crisi energetica e un piano da altri 500

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    L’Unione europea sigla un accordo con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas entro il 2027

    Bruxelles – 20 per cento. E’ la quota di gas russo proveniente da gasdotto che l’Unione europea ha importato quest’anno da Mosca. Un livello molto inferiore rispetto al 40 per cento (circa 150 miliardi di metri cubi di gas) che in media ha importato negli ultimi anni, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo di affrancare l’UE dagli idrocarburi russi. Bruxelles punta “a compensare” quel 20 per cento, diversificando i suoi fornitori e a tale scopo la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha siglato oggi (18 luglio) un protocollo d’intesa con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas naturale azero ad almeno 20 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2027.
    “Con questo protocollo d’intesa, stiamo aprendo un nuovo capitolo nella nostra cooperazione energetica con l’Azerbaigian, un partner chiave nei nostri sforzi per abbandonare i combustibili fossili russi”, ha detto in conferenza stampa a Baku la presidente dell’esecutivo, affiancata dal presidente azero Ilham Aliyev. L’UE sta cercando fornitori alternativi alla Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca e la decisione assunta a livello politico di dire addio ai combustibili fossili importati dalla Russia al più tardi entro il 2027. Secondo la Commissione europea, l’Azerbaigian sta già aumentando le consegne di gas naturale nell’UE da 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 a 12 miliardi di metri cubi previsti nel 2022, si legge nella nota dell’Esecutivo comunitario.
    Il corridoio meridionale del gas
    Il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio arriva in Europa attraverso il corridoio meridionale del gas, il Southern Gas Corridor, una vera e propria infrastruttura di approvvigionamento di gas naturale dalle regioni del Caspio e del Medio Oriente all’Europa, che si basa su tre componenti principali: il South Caucasus Pipeline (SCP), il gasdotto che segue la rotta dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e arriva fino al confine tra Georgia e Turchia; il gas azero, dopo essere arrivato in Turchia, prosegue poi attraverso il TANAP (Trans Anatolian Pipeline) al confine turco-greco a Kipoi, che attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico; prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia) attraverso il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline).
    Proprio il Tap avrà un ruolo particolarmente importante per l’aumento dei flussi di gas azero, dal momento che è l’ultimo tratto del Corridoio meridionale del gas che va dalla Grecia all’Italia, e Bruxelles prevede la necessità di lavori aggiuntivi per aumentare i flussi dagli attuali 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 ai 12 del prossimo anno”, ha spiegato un funzionario europeo spiegando i dettagli dell’accordo. A novembre sono previsti i primi “stress test” per comprendere le potenzialità di aumento di flussi attraverso l’infrastruttura che, in quanto progetto di interesse comune europeo (PCI) è stato finanziato con sovvenzioni europee e lo stesso sarà per i lavori aggiuntivi.
    Dato l’obiettivo di aumentare i volumi di gas, il memorandum contiene anche un impegno a ridurre le emissioni di metano lungo l’intera catena di approvvigionamento del gas. Il metano è tra i peggiori gas inquinanti atmosferici che contribuisce ai cambiamenti climatici: intrappola più calore rispetto alla CO2, ma si decompone nell’atmosfera più rapidamente, quindi impegnarsi per tagliare queste emissioni dovrebbe avere un impatto più rapido sul surriscaldamento globale. Non solo gas, Bruxelles punta su Baku anche in termini di energia pulita, in particolare nell’eolico offshore e nell’idrogeno verde. Con il memorandum, ha riferito von der Leyen, “stiamo gettando le basi per una solida cooperazione in quell’area. Quindi, gradualmente, l’Azerbaigian si evolverà dall’essere un fornitore di combustibili fossili a diventare un partner di energia rinnovabile molto affidabile e importante per l’Unione Europea”.
    Von der Leyen parla dell’Azerbaigian come di un partner “affidabile” dal punto di vista energetico. Lo stesso aveva detto, appena un mese fa, dell’Egitto, quando era volata al Cairo a metà giugno per siglare un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. Nel quadro del suo piano ‘RepowerEu’ per liberarsi dagli idrocarburi in arrivo da Mosca, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe, principalmente gas naturale liquefatto (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri UE che dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio. L’UE ha già siglato un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030. Cresce l’insicurezza dell’Ue sugli approvvigionamenti di gas dal momento che è iniziata la scorsa settimana la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino a giovedì 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre.

    Fino a 20 miliardi di metri cubi di gas entro cinque anni. Baku “partner cruciale”, dice la presidente von der Leyen, per la diversificazione degli approvvigionamenti all’Europa e in particolare per l’Italia. Bruxelles mette in conto nuovi lavori sul tratto del gasdotto Tap (Trans Atlantic Pipeline) per portare i flussi dagli attuali 8 miliardi di metri cubi a 12 già il prossimo anno

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    Von der Leyen vola in Azerbaigian, l’UE cerca l’intesa per raddoppiare la capacità del gasdotto TAP

    Bruxelles – Se all’inizio dell’invasione dell’Ucraina un’interruzione “grave” delle forniture di gas russo all’Europa era solo possibile, oggi l’Unione europea è sempre più certa che ci sarà, e dunque accelera il lavoro per diversificare i fornitori di energia. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la sua commissaria per l’energia, Kadri Simson, voleranno oggi (18 luglio) in Azerbaigian per “rafforzare ulteriormente la cooperazione esistente” tra i due partner. Cooperazione soprattutto energetica, di fronte a un possibile taglio alle forniture di gas dal principale fornitore all’Europa, la Russia.
    Del viaggio a Baku dell’esecutivo comunitario aveva parlato per la prima volta lo scorso 27 giugno la commissaria Simson, al termine di un Consiglio dei ministri europei dell’energia in cui si era mostrata preoccupata della possibilità concreta di vedersi tagliare completamente il gas dalla Russia. Bruxelles si prepara dunque a siglare un memorandum d’intesa con l’Azerbaigian per aumentare le importazioni di gas provenienti dalla regione. “Il corridoio meridionale del gas ha un ruolo centrale da svolgere nell’approvvigionamento di gas naturale dell’Ue, in particolare per l’Europa sudorientale“, si legge in una nota dell’esecutivo comunitario in cui è stata comunicata la traversata.
    Il memorandum dovrebbe spianare la strada al raddoppio della capacità del Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto TAP che trasporta in Europa il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio. Il gasdotto è lungo 878 km e si collega con il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) al confine turco-greco a Kipoi, attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico, prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia). Con il completamento della costruzione del TAP il 31 dicembre 2020, l’Azerbaigian ha iniziato le forniture commerciali di gas all’Europa attraverso il Southern Gas Corridor, il corridoio meridionale del gas, una rotta di approvvigionamento di gas naturale dalle regioni del Caspio e del Medio Oriente all’Europa. La rotta dall’Azerbaigian all’Europa è costituita dal gasdotto del Caucaso meridionale (SCPX), Gasdotto Trans Anatolico (TANAP) e dal TAP.
    Il corridoio meridionale del gas
    Il TAP a gennaio 2022 ha erogato circa 8 miliardi di metri cubi standard, con la previsione di raggiungere i 10 miliardi di metri cubi nell’estate 2022. Le trattative con l’Azerbaigian sono iniziate già lo scorso febbraio – nell’ottica di diminuire la dipendenza delle forniture dalla Russia, da cui provengono il 40 per cento delle importazioni di gas all’Europa – per aumentare la capacità di erogazione massima da 10 miliardi di metri cubi l’anno a circa 20, raddoppiandone quindi la capacità.
    A metà giugno Bruxelles aveva già siglato un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. L’insicurezza per ulteriori tagli alla fornitura di gas russo è aumentata questa settimana quando è iniziata la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino al 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre. A quanto riferito da Bruxelles, l’Ue e l’Azerbaigian stanno anche lavorando insieme per costruire un partenariato a lungo termine sull’energia pulita e l’efficienza energetica e negoziando un nuovo accordo globale, che consentirà una cooperazione rafforzata in un’ampia gamma di settori, tra cui la diversificazione economica, gli investimenti e il commercio.

    La presidente della Commissione europea oggi a Baku insieme alla commissaria per l’Energia, Kadri Simson. Si punta a raddoppiare i flussi ad almeno 20 miliardi di metri cubi annui entro il 2027, nell’ottica dei piani di diversificazione dei fornitori di gas dalla Russia