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    Israele ha attaccato una base militare in Iran, fonti Ue: “Impatto molto limitato, è un’azione minore”

    Bruxelles – L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ribadisce l’invito alla “massima moderazione per tutti gli attori” in seguito alle notizie dell’attacco compiuto questa mattina (19 aprile) da Israele contro una base militare a Isfahan, provincia nel centro dell’Iran. La reazione di Tel Aviv alle centinaia di missili e droni lanciati da Teheran il 13 aprile arriva nonostante l’appello del Consiglio europeo a prendere ogni precauzione per scongiurare una pericolosa escalation.Ma da Bruxelles chiudono un occhio e buttano acqua sul fuoco: “Abbiamo visto un impatto molto limitato“, ha commentato un alto funzionario Ue: “È vero che abbiamo chiesto di non fare nulla, ma è un’azione minore”. Insomma, la linea è che se fosse questa la temuta ritorsione all’attacco iraniano, allora si può tirare un sospiro di sollievo. Perché le esplosioni a Isfahan non avrebbero causato nessun danno significativo, fanno sapere le autorità iraniane, e soprattutto perché Teheran non avrebbe per ora l’intenzione di rispondere nuovamente alla provocazione.L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, a Capri per il G7 Esteri, 19/4/24L’offensiva iraniana del 13 aprile, che il regime ha dovuto lanciare in risposta al bombardamento israeliano sull’ambasciata di Teheran a Damasco, è “stato un errore strategico enorme”, ha dichiarato un alto funzionario a Bruxelles. Perché “è ovvio che Israele ora trae dall’attacco dell’Iran un vantaggio politico a Gaza”. Ha spostato l’attenzione sulla scala regionale del conflitto – mettendo in ombra la catastrofe umanitaria di Gaza – e ha inevitabilmente riavvicinato l’Occidente a Israele. Tant’è che anche a livello dei 27, mentre la distruzione dell’ambasciata iraniana in Siria da parte delle forze di difesa israeliane non è stata condannata perché “gli Stati membri la vedono in modo diverso“, gli stessi Paesi Ue hanno messo nero su bianco nelle conclusioni del vertice europeo che “prenderanno ulteriori misure restrittive contro l’Iran” in risposta alla sua pericolosa aggressività militare.L’accordo politico potrebbe arrivare già lunedì 22 aprile, in occasione della riunione dei ministri degli Esteri Ue a Lussemburgo. “Ne stiamo discutendo già da tempo. L’attacco iraniano contro Israele non ha fatto altro che rafforzare la discussione”, spiegano fonti Ue. Oltre al regime di sanzioni per le violazioni dei diritti umani, la repubblica islamica soggetta anche ad un quadro di misure restrittive per il trasferimento di droni militari verso la Russia. L’idea del Servizio di Azione Esterna dell’Ue (Seae) è quella di ampliare quest’ultimo regime inserendo anche i missili, e di estenderlo geograficamente, sanzionando cioè non solo gli apparecchi diretti a Mosca, ma anche il trasferimento di droni e missili a gruppi e organizzazioni non statali vicine a Teheran nella regione.Il Seae starebbe cercando inoltre gli appigli legali per colpire con le sanzioni non solo il trasferimento di missili e droni, ma anche la loro produzione. In ogni caso, il semaforo verde che può accendersi lunedì riguarda solo il quadro di riferimento: “Finora non ci sono nomi ed entità”, ha precisato la fonte.

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    Mar Rosso, la missione Aspides ha respinto 11 attacchi in meno di due mesi. L’Ue punta ad “aumentarne le capacità”

    Bruxelles – Una media di quasi due attacchi sventati alla settimana. Dal 19 febbraio – giorno del lancio di Aspides – a oggi, la missione navale europea nel Mar Rosso ha respinto undici volte le offensive delle milizie yemenite filo-iraniane degli Houthi. Finora, le 4 fregate dispiegate nell’area hanno scortato 68 navi mercantili lungo l’arteria commerciale che collega il Mediterraneo all’Oceano Indiano. Tutte le richieste di protezione sono state raccolte, ma “se il numero aumenta, dovranno crescere anche i nostri asset presenti nell’area“, avvertono i vertici dell’operazione.Dalla capitale Ue, l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, e il comandante strategico di Aspides, il contrammiraglio Vasileos Gryparis, hanno tirato le prime somme della missione a guida greco-italiana a salvaguardia delle compagnie di navigazione e del commercio internazionale. Messo a repentaglio dagli Houthi, che in risposta allo scoppio del conflitto a Gaza hanno dichiarato guerra a tutte le navi mercantili che si dirigono verso Israele.L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell con il contrammiraglio Vasileios Gryparis, 8/04/24 (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Le azioni militari del gruppo sciita che governa parte dello Yemen hanno costretto molte navi a circumnavigare l’Africa e doppiare il Capo di Buona Speranza per raggiungere l’Oriente, rendendo i viaggi per l’Oriente più lunghi di quasi due settimane. “Il costo di un container dalla Cina all’Europa è raddoppiato. L’assicurazione sulle spedizioni è aumentata del 60 per cento”, ha ricordato Borrell. E così, mentre prima della crisi il 13 per cento del commercio mondiale passava per il Mar Rosso, “oggi solo la metà delle 70 navi al giorno che normalmente utilizzavano il canale di Suez” sceglie ancora quella rotta.In totale, 19 Paesi dell’Ue stanno contribuendo alla missione con personale impiegato nel quartier generale a Larissa, in Grecia, o nell’area delle operazioni, sotto la guida del contrammiraglio della Marina militare italiana, Stefano Costantino. Un’area vastissima, “due volte il territorio dei 27 Stati membri”, ha dichiarato Gryparis. Dal Mar Rosso, passando per il Golfo di Aden, il Mare Arabico, il Mare di Oman e parte dell’Oceano Indiano. “Per andare da un estremo all’altro dell’area ci vogliono dieci giorni, per oltrepassare la zona più rischiosa due giorni”, ha spiegato il contrammiraglio greco. Impossibile per quattro fregate batterla tutta: ecco perché per ora Aspides si è concentrata “nell’area ad alto rischio”, nella parte meridionale del Mar Rosso.Ma intanto, come sottolineato da Borrell, Aspides coopera con altre operazioni già dispiegate sul posto. Le altre missioni Ue Agenor e Atalanta, con cui “collabora strettamente”, ma anche con Prosperity Guardian, la missione statunitense sostenuta anche da alcune capitali Ue. Borrell ha rimarcato ancora una volta il mandato prettamente difensivo di Aspides: “Non è impegnata in alcuna operazione contro gli Houthi a terra”, ha dichiarato, come a voler prendere ancora una volta le distanze dai raid che la coalizione internazionale guidata da Washington aveva lanciato su diverse basi Houthi quest’inverno. Per Borrell la missione Ue è “la prova evidente della nostra volontà e capacità di rafforzare la sicurezza internazionale, un esempio concreto di come l’Ue agisca come fornitore di sicurezza”.Secodo Gryparis c’è già stata una “piccola riduzione degli attacchi”, ma è “ancora presto per dire se Aspides abbia avuto un impatto sulla situazione”. Sicuramente, se le compagnie marittime riprendessero fiducia, aumenterebbero le richieste di protezione. Ecco perché è già stata avviata una riflessione sulla necessità di “aumentare la capacità” dell’operazione, con il contrammiraglio che ha precisato di aver già avanzato “richieste di capacità specifiche” agli Stati membri dell’Ue, in particolare sul “supporto logistico“. A cui Borrell ha aggiunto la volontà di aumentare le capacità mediche, “in caso di necessità”. Per il mandato iniziale di un anno, il Consiglio dell’Ue ha stanziato 8 milioni di euro per coprire i costi comuni della missione.

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    A Gaza “il fallimento dell’umanità”. Borrell e il segretario dell’Onu Guterres chiedono all’Ue un messaggio forte su Israele

    Bruxelles – Quello che sta accadendo a Gaza è “il fallimento dell’umanità”. Non ha ancora finito le parole l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che da cinque mesi è la voce più critica nelle istituzioni Ue sulle operazioni militari israeliane per annientare Hamas. Quelle scelte oggi, al suo arrivo al Consiglio europeo a Bruxelles, sono tra le più pesanti e non arrivano per caso: i capi di stato e di governo sono chiamati ad andare oltre la posizione sul conflitto concordata a ottobre. E in ballo c’è la richiesta di “una pausa umanitaria immediata che porti a un cessate il fuoco sostenibile“, recita l’ultima versione delle conclusioni del vertice.Potrebbe sembrare ancora troppo poco, alla luce degli appelli alla cessazione delle ostilità che si moltiplicano da mesi da parte di una buona fetta della comunità internazionale. Ma il conflitto a Gaza ha dimostrato la difficoltà dei 27 a cantare all’unisono quando si parla di politica estera. “Sono felice che oggi il Consiglio approvi delle conclusioni che vanno ben oltre le precedenti di ottobre”, ha confermato Borrell. Oltre a limare l’appello per abbassare le armi, i governi nazionali ribadiranno la richiesta di liberazione degli ostaggi e “mostreranno una forte preoccupazione” per la situazione della popolazione civile.Una situazione “inaccettabile” secondo il capo della diplomazia Ue. Oltre 31 mila vittime e il rischio di una carestia imminente “non sono una crisi umanitaria, ma il fallimento dell’umanità“. Che per Borrell ha una solo via d’uscita: “Israele deve rispettare la popolazione civile e permettere l’ingresso di aiuti a Gaza”. Visibilmente contrariato, Borrell ha elencato tutto ciò che Tel Aviv non sta facendo: “C’è un aeroporto a un’ora di macchina da dove stiamo paracadutando gli aiuti, ma è chiuso. Stiamo costruendo un porto, anche se a Gaza un porto c’è già. Ma è chiuso. E le frontiere di terra sono aperte così poco che i rifornimenti non entrano”.Per convincere i capi di stato e di governo che è il momento di lanciare un messaggio forte a Tel Aviv, è intervenuto in apertura al vertice il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Un alto funzionario Ue ha riferito di un colloquio di due ore e mezzo tra i leader e il segretario dell’Onu. “Positivo, franco”, nel quale i 27 hanno appoggiato integralmente le preoccupazioni di Guterres. Che ha fatto il punto della situazione sull’Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e sulla distribuzione di aiuti umanitari. I leader Ue dovrebbero riaffermare al vertice che “i servizi forniti dall’Unrwa a Gaza e in tutta la regione sono essenziali”.Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel con Antonio Guterres“Viviamo in un mondo caotico, con superpotenze che si combattono e situazioni di impunità dove Paesi o gruppi armati pensano di poter fare quello che vogliono perché non ne devono rispondere”, ha dichiarato Guterres al suo arrivo a Bruxelles. Ribadendo i principi che guidano il diritto internazionale, ha insistito sull’importanza di fugare ogni dubbio sull’applicazione di doppi standard in Ucraina e a Gaza. “Gli stessi motivi per cui crediamo che in Ucraina sia essenziale una pace pienamente in linea con il diritto internazionale, crediamo che sia necessario un cessate il fuoco a Gaza”. E allo stesso modo, “come abbiamo condannato gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, condanniamo il fatto che stiamo assistendo a un numero di vittime civili a Gaza senza precedenti”.Una svolta potrebbe arrivare proprio dal palazzo di vetro di New York: gli Stati Uniti hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu in cui per la prima volta Washington non antepone la liberazione degli ostaggi al cessate il fuoco, ma li mette sullo stesso piano. L’ha sottolineato Borrell, l’ha ribadito anche il primo ministro belga, Alexandre De Croo: “È ora di essere chiari, di chiedere un cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi e di mettere tutti sulla strada dei negoziati per la soluzione dei due Stati. Quello che gli Stati Uniti hanno presentato ieri al Consiglio di Sicurezza è un buon esempio”, ha dichiarato prima dei lavori.Sulla stessa linea Madrid, con Pedro Sanchez che ha parlato della “necessità di arrivare a un cessate il fuoco e di aprire la porte a aiuti umanitari proporzionati alla catastrofe umanitaria di Gaza”. Si avvicina a questa posizione anche Berlino: “Per noi è molto chiaro che abbiamo bisogno di un cessate il fuoco più duraturo”, ha confermato il cancelliere Olaf Scholz. Mentre l’olandese Mark Rutte ha preferito insistere perché “tutta l’enfasi sia posta sui colloqui per ottenere una pausa di sei settimane nei combattimenti, in modo che gli ostaggi possano uscire e gli aiuti massicci possano arrivare”. Colloqui attualmente in corso in Egitto, mediati da Stati Uniti e Qatar.L’Alto rappresentante Borrell ha infine confermato che inviterà alla prossima riunione dei ministri degli Esteri Ue il loro omologo israeliano, Israel Katz, perché “spieghi cosa sta facendo Israele”. Ma allo stesso tempo, l’Ue “deve analizzare cosa sta accadendo”, e Borrell lo farà insieme al rappresentante speciale Ue per i diritti umani. In modo da poter riferire ai ministri degli Esteri dei 27 e mettere pressione su Tel Aviv. “Israele ha diritto di difendersi, non di vendicarsi”, ha concluso il capo della diplomazia Ue.

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    Sanzioni ai coloni israeliani violenti, l’Ue ha trovato l’accordo politico

    Bruxelles – L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, è riuscito nell’impresa di mettere d’accordo tutti i Paesi membri sulla proposta di un primo pacchetto di sanzioni ai coloni israeliani responsabili di azioni violente contro il popolo palestinese nei territori occupati. Oggi (18 marzo) alla riunione dei ministri degli Esteri dei 27 è stato trovato “l’accordo politico” e ora si proseguirà “per una piena adozione il più presto possibile”.L’ha annunciato lo stesso Borrell, in conferenza stampa a margine dei lavori. Le misure restrittive saranno individuali e consisteranno nel divieto di ingresso sul territorio comunitario e nel congelamento dei beni detenuti in Ue. Superata così l’opposizione dell’Ungheria, che aveva impedito l’unanimità necessaria per il via libera politico all’ultimo consiglio Affari esteri lo scorso 19 febbraio. Budapest “si è astenuta”, ha dichiarato Borrell. Facendosi da parte e lasciando avanzare il dossier.

    Josep Borrell al Consiglio Ue Affari Esteri, 18/03/24“Abbiamo già preparato la lista di persone da sanzionare, ora dobbiamo solo sottoporla al Coreper (il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue, ndr) perché sia adottata“, ha proseguito il capo della diplomazia europea. In questo modo l’Ue si adeguerebbe a misure simili già intraprese da Stati Uniti e Regno Unito e unilateralmente anche da Francia e Belgio.Per cercare di aumentare la pressione sulle autorità israeliane, la cui risposta militare agli attacchi di Hamas del 7 ottobre ha causato più di 30 mila vittime e sta provocando una gravissima crisi umanitaria nella Striscia, i ministri degli Esteri dell’Ue avrebbero inoltre proposto di invitare nuovamente l’omologo israeliano, Israel Katz, al prossimo Consiglio Ue Affari Esteri. Rispondendo a una domanda su quali azioni più efficaci potrebbe intraprendere Bruxelles alla luce dell’allarme carestia a Gaza, Borrell è parso rassegnato e ha risposto: “L’unica azione è la pressione politica e diplomatica su Israele”.

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    A Gaza la carestia è imminente. Borrell attacca Israele: “Usa la fame come arma di guerra”

    Bruxelles – Secondo l’ultima valutazione dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), l’intera popolazione della Striscia di Gaza è in condizioni di grave insicurezza alimentare. Ma nel Nord dell’enclave palestinese, il 70 per cento di chi è rimasto sta già affrontando la carestia. E nei governatorati centrali e meridionali, la metà della popolazione soffre un’insicurezza alimentare catastrofica. Alla luce del rapporto, l’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, rilancia l’accusa a Israele: “Usa la fame come arma di guerra”.Un’accusa durissima: affamare volontariamente una popolazione è un crimine di guerra, e rientra nelle azioni deliberate che costituiscono un atto di genocidio. Questa volta, accanto a Borrell – che aveva già lanciato l’accusa di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’Onu – anche il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič. I due hanno rilasciato un comunicato congiunto in cui, commentando l’analisi degli esperti dell’Ipc, ribadiscono che “la fame non può essere usata come arma di guerra” e che “quello a cui stiamo assistendo non è un rischio naturale, ma un disastro provocato dall’uomo, ed è nostro dovere morale fermarlo“.

    Josep Borrell al Consiglio Ue Affari Esteri, 18/03/24Nel frattempo, a Bruxelles è in corso la riunione dei ministri degli Esteri dei 27, e la crisi umanitaria a Gaza è in agenda. Borrell, arrivando in Consiglio, ha rincarato la dose. Perché “ci sono derrate alimentari accumulate per mesi, che aspettano di entrare a Gaza, mentre al di là del confine si muore di fame”. Per il capo della diplomazia europea “prima della guerra Gaza era una grande prigione a cielo aperto, oggi è un grande cimitero a cielo aperto, anche per quello che riguarda il rispetto delle regole internazionali”.A far rabbrividire non è solo la situazione attuale fotografata dall’Ipc, in cui 2,2 milioni di persone affrontano “alti livelli di insicurezza alimentare”, ma le proiezioni per i prossimi mesi: “Da metà marzo a metà luglio, nello scenario più probabile e nell’ipotesi di un’escalation del conflitto che includa un’offensiva di terra a Rafah, metà della popolazione si troverà ad affrontare il rischio di carestia“. Nella scala da 1 a 5 utilizzata dall’Ipc, la carestia rappresenta il livello più grave dell’insicurezza alimentare acuta.

    [Fonte: Integrated Food Security Phase Classification]“È una situazione senza precedenti. Nessuna analisi dell’Ipc ha mai registrato tali livelli di insicurezza alimentare in nessuna parte del mondo“, sottolineano Borrell e Lenarčič . Nella Striscia il 50 per cento degli edifici sono stati danneggiati o distrutti. Abitazioni, negozi, ospedali e scuole, ma anche impianti idrici, igienici e le infrastrutture necessarie per la produzione e la distribuzione di cibo. Limitando notevolmente la funzionalità del sistema alimentare. Il rapporto dell’Icp snocciola anche le cifre degli ingressi di aiuti via terra: “Da una media pre-escalation di 500 camion al giorno, di cui 150 che trasportavano cibo, nel periodo tra il 7 ottobre 2023 e il 24 febbraio 2024, solo 90 camion al giorno, di cui solo 60 che trasportavano cibo, sono entrati nella Striscia di Gaza”.Dopo cinque mesi e mezzo di conflitto, Israele non ha ancora aperto tutti i varchi ai convogli umanitari e anzi, di aiuti ne entrano sempre meno. Le responsabilità di Tel Aviv sono sotto gli occhi di tutti: anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz – uno dei più prudenti sul denunciare le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele – ha sottolineato al premier israeliano Netanyahu che “non possiamo stare a guardare i palestinesi morire di fame”, precisando la situazione “è interamente opera dell’uomo” e deriva “da chi impedisce che il sostegno umanitario entri a Gaza“.Tajani: “Posizione non concordata”. Israele nega le accuseMa l’accusa lanciata dal capo della diplomazia europea non è condivisa da tutti a Bruxelles. A partire dal vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che ha commentato: “È una posizione di Borrell, non l’ha concordata con nessuno”. A Tel Aviv invece, non l’hanno presa proprio bene: Borrell “la smetta di attaccare Israele e riconosca il nostro diritto all’autodifesa contro i crimini di Hamas”, ha replicato con un post su X il ministro degli Esteri, Israel Katz.

    Il ministro degli Esteri di Israele, Israel Katz, e Josep BorrellIn un documento che le autorità israeliane hanno sottomesso alla Corte di Giustizia Internazionale relativamente al procedimento intentato dal Sudafrica per il possibile genocidio a Gaza, Israele nega con fermezza di ostacolare l’arrivo di beni di prima necessità per la popolazione palestinese. L’insicurezza alimentare a Gaza “è una sfida seria” ma “non è una questione semplice”, sostengono i legali di Tel Aviv, ribandendo che “Israele si è impegnata, insieme a una serie di parti interessate, a compiere sforzi costanti ed estesi per affrontare questa sfida”. Un impegno che dimostrerebbe “l’esatto contrario di un intento genocida o di un tentativo di affamare la popolazione”.Anzi: Israele si starebbe prodigando per la “continua facilitazione dell’ingresso dei carichi di aiuti umanitari a Gaza e l’utilizzo di ulteriori vie di comunicazione a tale scopo e il rafforzamento della capacità di quelle esistenti”. Le autorità israeliane puntano il dito contro la “spregevole strategia di Hamas”, che “assume il controllo delle forniture umanitarie” e le “devia dalla loro destinazione civile”.

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    La Commissione europea sta studiando la richiesta di Spagna e Irlanda di rivedere l’accordo di Associazione con Israele

    Bruxelles – Se sospendere effettivamente l’accordo di Associazione Ue-Israele è uno scenario ancora inverosimile, il fatto che la verifica del rispetto degli obblighi derivanti da tale accordo sia sul tavolo della Commissione Ue è un segnale politico non indifferente. Dopo la lettera inviata da Spagna e Irlanda a Ursula von der Leyen, oggi (15 febbraio) la conferma arriva direttamente dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell: “Stiamo studiando il documento dei due primi ministri“, ha dichiarato dal quartier generale della Nato a Bruxelles.La questione è ancora in una fase embrionale: le prossime tappe della procedura le ha spiegate la portavoce della Commissione europea responsabile per gli Affari esteri, Nabila Massrali. “La decisione di sospendere un accordo viene presa dal Consiglio dell’Ue, su proposta dell’Alto rappresentante o della Commissione”, ha chiarito Massrali la briefing quotidiano con la stampa. Spetterebbe dunque a Josep Borrell fare una valutazione politica sugli elementi che sussistono per una tale iniziativa, e sottoporla ai ministri degli Esteri dell’Ue. Ma perché l’accordo venga effettivamente sospeso, sarebbe necessario un voto all’unanimità dei 27 Paesi membri.“Presto potrò dire qualcosa rispetto a questo tema”, ha affermato il capo della diplomazia europea. Già lunedì 19 febbraio ad esempio, quando è previsto il vertice ministeriale Ue Affari Esteri e all’ordine del giorno – oltre all’Ucraina e al probabile lancio della missione navale Ue nel Mar Rosso – è presente un punto sulla crisi in Medio Oriente. “L’accordo di associazione è la base giuridica del nostro dialogo in corso con le autorità israeliane e fornisce importanti meccanismi per discutere le questioni problematiche. In questo quadro, l’Ue continuerà a riaffermare il suo impegno per l’applicabilità del diritto internazionale umanitario nei territori palestinesi occupati”, ha chiarito ancora Nabila Massrali. Ma portare avanti la procedura per una sua eventuale sospensione – e con esso tutte le agevolazioni commerciali che prevede -, potrebbe essere la leva per costringere Tel Aviv a rispettare effettivamente i propri obblighi.

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    Lazzarini da Bruxelles fa il punto della situazione a Gaza. E avverte: “Senza finanziamenti Ue, l’Unrwa in negativo già a marzo”

    Bruxelles – Gli 82 milioni di euro che la Commissione europea dovrebbe versare nelle casse dell’Unrwa a inizio marzo sono fondamentali perché l’Agenzia possa continuare a operare in soccorso ai profughi palestinesi. È fredda e semplice matematica: se diversi donatori non avessero deciso in fretta e furia di sospendere pagamenti per 450 milioni di dollari, l’Unrwa avrebbe potuto resistere fino a fine luglio. Ma ora l’Agenzia, che solo per saldare gli stipendi spende 60 milioni al mese, rischia di andare in rosso di 30-40 milioni già nel mese di marzo.I numeri sono stati snocciolati ai ministri dell’Ue – e alla stampa internazionale – dal commissario generale dell’Agenzia per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini. Invitato a Bruxelles per la riunione informale dei ministri dello sviluppo dei 27, Lazzarini ha fatto il punto sulla drammatica situazione a Gaza – con l’imminente operazione israeliana a Rafah – e sulle contromosse avviate dall’Agenzia dopo le accuse sul presunto coinvolgimento di 12 membri del suo staff negli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre.

    Membri dell’Unrwa distribuiscono farina nel sud di Gaza (Photo by SAID KHATIB / AFP)Anche qui, a parlare sono i numeri: secondo le stime dell’Unrwa ormai il 5 per cento della popolazione gazawi è rimasta uccisa, ferita o dispersa in questi quattro mesi di assedio israeliano. Cento mila persone, su un totale di circa 2 milioni. E pesanti “sacche di malnutrizione, con rischio di carestia”, soprattutto nel nord della Striscia, dove sarebbero rimaste 300 mila persone e dove l’Unrwa non è più riuscita a inviare convogli umanitari dal 20 gennaio. Lazzarini ha inoltre raccontato che ieri a Rafah per la prima volta lo staff “non ha potuto operare con un minimo di protezione” e che i propri veicoli per la distribuzione di generi alimentari sono stati presi d’assalto, perché ormai non esiste più nemmeno la polizia locale.Ma, da quando le autorità israeliane hanno accusato membri dell’Unrwa di complicità con Hamas, gli ostacoli al lavoro dell’Agenzia si sono moltiplicati: “Gli appaltatori hanno ricevuto istruzioni di non inviare il cibo perché serve all’Unrwa, le esenzioni sull’Iva sono state revocate, le banche locali hanno deciso di congelare i conti, i visti non sono più concessi su base giornaliera”, ha elencato Lazzarini. Tutto questo sulla base di accuse che finora non sono state supportate da alcuna prova. “Abbiamo chiesto e chiediamo la piena collaborazione delle autorità israeliane per condividere le prove“, ha ribadito il commissario generale dell’Unrwa, che per cercare di salvaguardare l’Agenzia aveva immediatamente licenziato i dipendenti coinvolti e avviato un’indagine interna.Ora le indagini sono più di una: c’è quella dell’Oios, il massimo organo investigativo delle Nazioni Unite, e la commissione di revisione indipendente guidato dall’ex ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna. Dagli esiti di quest’ultima, che esaminerà tutti i meccanismi interni di gestione dei rischi, le questioni relative al comportamento del personale e alle affiliazioni politiche, le misure preventive e investigative dell’Agenzia, dipendono molti dei fondi che garantiscono la sopravvivenza stessa dell’Unrwa. Perché se l’indagine dell’Onu “durerà tutto il tempo necessario”, il team guidato da Colonna dovrebbe presentare alcune osservazioni preliminari già a meta marzo e il rapporto finale entro il 20 aprile.Il Commissario Generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, al Consiglio informale Sviluppo a Bruxelles (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Molti dei Paesi che hanno sospeso i finanziamenti – Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Romania e Giappone – hanno espresso la volontà di aspettare i risultati della revisione prima di riprendere eventualmente gli impegni con l’Unrwa. Ma l’Ue ha in programma l’esborso di 82 milioni per il 2024 a inizio marzo. Lazzarini ne ha discusso con il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, che avrebbe chiesto alcune garanzie sul reclutamento dello staff di Unrwa, sul rafforzamento del meccanismo interno di supervisione e sul controllo del personale. C’è stato un “impegno reciproco perché l’esborso avvenga”, ha dichiarato il commissario generale svizzero.L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, pur ammettendo i “diversi approcci da parte degli Stati membri”, ha sottolineato che alcuni Paesi hanno deciso di aumentare il sostegno all’Unrwa proprio perché in una situazione di difficoltà. Come la Spagna, che ha annunciato oggi l’esborso di ulteriori 3 milioni per l’Agenzia. Borrell, ricordando che spetta sempre a chi accusa dimostrare la colpevolezza dell’accusato, ha voluto chiarire un punto fondamentale. Bisogna “garantire la responsabilità individuale, non punizioni collettive“. Cioè: se anche quei 12 su 30 mila dipendenti fossero riconosciuti implicati nell’attentato di Hamas, a rimetterci non potranno essere le 5,6 milioni di profughi palestinesi a Gaza, in Cisgiordania, in Siria, in Libano e in Giordania che sopravvivono solo grazie all’assistenza dell’Unrwa.

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    Su Israele Borrell continua a predicare nel deserto. Agli Usa: “Se credete che i morti siano troppi, smettete di vendere armi”

    Bruxelles – Di fronte all’immobilismo atlantico nei confronti della tragedia in corso a Gaza, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell – che su Israele è la più critica voce fuori dal coro nelle istituzioni europee  – punzecchia gli Stati Uniti: “Se credete che il numero di morti sia troppo alto, forse potete fare qualcosa“, ha dichiarato oggi (12 febbraio) dalla capitale europea.Non solo un appello generico a “fare qualcosa di più che esprimere preoccupazione”, che Borrell ha rivolto anche ai Paesi dell’Ue. La critica a Joe Biden è più specifica: “L’Ue non fornisce armi a Israele. Altri lo fanno“, ha precisato. Secondo i dati più recenti, pubblicati a dicembre 2023 dal Sole 24 Ore, da Washington arriva circa il 70 per cento delle armi utilizzate dalle Forza di difesa israeliane (Fdi). Da Bruxelles nessun supporto militare, ma non si può dire lo stesso dei Paesi membri: il secondo fornitore di armi per Tel Aviv è la Germania (24 per cento dell’arsenale israeliano), seguita dall’Italia (5,6 per cento).Questa mattina, al suo arrivo al vertice informale dei ministri dello Sviluppo dell’Ue a Bruxelles, Borrell è sembrato nuovamente molto duro su Israele. “Anche il presidente degli Stati Uniti, che sono i maggiori sostenitori di Israele, ha detto ieri che le operazioni non sono più proporzionate e che il numero di persone uccise è diventato insopportabile (28 mila, secondo il ministero della Salute di Hamas, ndr). Penso che sia una frase sempre più comune da parte di molti, in tutto il mondo”, ha attaccato il capo della diplomazia europea. Che “spera che il mondo intero prenda atto” della situazione nella Striscia di Gaza: quasi 2 milioni di persone che vengono bombardate costantemente senza poter fuggire.Una moschea distrutta dai bombardamenti israeliani a Rafah, 11/2/23 (Photo by MOHAMMED ABED / AFP)A far infuriare l’Alto rappresentante è la nuova operazione che le Fdi hanno lanciato a Rafah, al confine con l’Egitto, dove in questi 4 mesi di conflitto si sono progressivamente ammassati tutti gli sfollati di Gaza. “Netanyahu ha chiesto l’evacuazione di circa 1,7 milioni di persone, senza dire dove queste persone potrebbero essere evacuate”, ha sottolineato Borrell. Che è il punto sollevato anche da Biden nell’ultima telefonata con il premier israeliano: prima dell’operazione a Rafah, Israele avrebbe dovuto “garantire la sicurezza della popolazione con un piano credibile di evacuazione”.Ma il governo guidato da Netanyahu rimane sordo a qualsiasi richiesta della comunità internazionale e prosegue a testa bassa per la sua strada verso la “completa smilitarizzazione di Gaza”. Per ora, l’operazione lanciata a Rafah avrebbe causato oltre 100 vittime palestinesi, e portato alla liberazione di 2 ostaggi israeliani. Anche l’avvertimento dell’Egitto, secondo cui gli aiuti umanitari non riusciranno più a entrare nella Striscia dal valico di Rafah in caso di attacchi massicci israeliani, è rimasto inascoltato.Al vertice informale anche il commissario generale dell’Unrwa, Philippe LazzariniA Bruxelles è arrivato anche Philippe Lazzarini, il commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite sotto accusa per il presunto coinvolgimento di alcuni membri dello staff negli attacchi di Hamas a Israele del 7 ottobre. “Una cosa è certa per me: l’Unrwa oggi svolge un lavoro insostituibile, che nessun altro potrebbe”, ha immediatamente messo in chiaro Borrell. Che ha nuovamente provocato Israele, che finora non ha presentato alcuna prova a corredo delle proprie accuse: “Le accuse devono essere verificate. La presunzione d’innocenza vale sempre, anche per l’Unrwa”. Ma c’è di più: “Non è un segreto che il governo israeliano voglia sbarazzarsi dell’Unrwa. Non ora, ma da molti anni, perché credono che in questo modo si libereranno del problema dei rifugiati palestinesi”, ha affermato l’Alto rappresentante Ue.

    Josep Borrell con il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Quasi una supplica, quella di Borrell, almeno a quei Paesi dell’Ue che hanno deciso troppo presto di interrompere i fondi all’Agenzia Onu per il Soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi. “Aspettiamo che l’indagine abbia luogo“, ha ripetuto due volte. Di indagine in corso ce n’è più di una: quella interna lanciata dallo stesso Lazzarini, quella avviata dal massimo organo investigativo delle Nazioni Unite (Oios), oltre al gruppo di revisione indipendente guidato dall’ex ministra francese, Catherine Colonna.L’Ue per ora sta temporeggiando, affermando che “per ora non c’è stata alcuna sospensione dei fondi”, dal momento che non sono previsti pagamenti all’Unrwa fino alla fine di febbraio. Ma difficilmente nel giro di due settimane le indagini saranno concluse, e a Bruxelles dovranno scegliere da che parte stare. Una scelta che Borrell ha già ben chiara in mente: “L’indagine prenderà il tempo necessario, ma nel frattempo le persone devono poter continuare a mangiare”.