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    Una Nato “preoccupata” per l’escalation in Medio Oriente accoglie la tregua temporanea a Gaza e avverte l’Iran

    Bruxelles – Per la prima volta dallo scoppio delle ostilità tra Israele e Hamas, i ministri degli Esteri della Nato hanno fatto il punto della situazione a Gaza e più in generale nel contesto della regione, considerate le “preoccupazioni per l’escalation di tensione in Medio Oriente” dei 31 Paesi membri. Così ha riassunto lo stato delle discussioni del vertice ministeriale a Bruxelles il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg, parlando alla stampa al termine della prima giornata di lavori (28 novembre): “È essenziale che quello in corso non si trasformi in un conflitto regionale più grande”.Il vertice dei ministri degli Esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, 28 novembre 2023 (credits: Nato)“Gli alleati accolgono con favore l’estensione delle pause umanitarie e il rilascio degli ostaggi“, sono state le parole di speranza di Stoltenberg, dopo il via libera delle due parti in guerra al proseguo della tregua temporanea nella Striscia di Gaza in atto da quasi una settimana consecutiva: “C’è sollievo per la popolazione civile e anche per il fatto che gli aiuti umanitari possano essere consegnati, auspichiamo ulteriori proroghe“. Le notizie positive finiscono qui, anche perché il segretario generale della Nato ha un’idea precisa sull’origine di potenziali ulteriori minacce nel prossimo futuro: “L’Iran non deve complicare la crisi in Medio Oriente e deve tenere a freno i suoi delegati“, ovvero Hamas (in Palestina) e Hezbollah (in Libano).In ogni caso, come fatto notare dallo stesso Stoltenberg di fronte alle domande pressanti dei giornalisti internazionali, “è importante riconoscere che la Nato come alleanza non svolge un ruolo attivo nel conflitto israelo-palestinese“. È vero che alcuni dei 31 alleati sono attivi “in modi diversi” e soprattutto su fronti diversi – come Stati Uniti e Turchia – ma strettamente parlando di Alleanza Atlantica non si può affermare che ci sia un coinvolgimento diretto. Le preoccupazioni sorgono soprattutto per il fatto che esiste una presenza di ormai lunga data della Nato “nella più ampia regione del Medio Oriente“: attualmente è in corso una missione di addestramento in Iraq per aiutare l’esercito nazionale a combattere l’Isis, una “stretta collaborazione” con diversi Stati arabi del Golfo, del Nord Africa e del Medio Oriente, “inclusa un partenariato con la Giordania, dove svolgiamo alcune attività di rafforzamento delle capacità di difesa”, ha precisato Stoltenberg. Ecco perché una polveriera in Palestina non può lasciare l’Alleanza Atlantica indifferente.Il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), Jens Stoltenberg (credits: Nato)Eppure le discussioni tra i 31 ministri hanno anche riguardato il modo in cui Israele sta conducendo la guerra contro Hamas. “Il diritto internazionale e il diritto umanitario devono essere rispettati in tutte le guerre e la vita dei civili deve essere sempre tutelata ovunque nel mondo, a prescindere dal tipo di conflitto e dei rapporti con gli alleati”, ha messo in chiaro il segretario generale dell’Alleanza Atlantica. Interrogato a proposito del rapporto tra la situazione a Gaza e quella in Ucraina – altro tema caldo sul tavolo dei ministri – lo stesso Stoltenberg ha voluto sottolineare che “è diversa in molti modi, l’Ucraina non ha mai né provocato né attaccato la Russia, l’invasione russa non è stata provocata” da Kiev ed è stata “su larga scala contro un altro Paese” sovrano e indipendente. Ecco perché, passando ad analizzare anche il ruolo di supporto armato e operativo della Nato a Kiev, “gli ucraini hanno diritto di difendersi contro un attacco non provocato e per mantenere la propria integrità territoriale”, ha precisato Stoltenberg. “Sostenere l’Ucraina è qualcosa su cui tutti gli alleati concordano, non solo perché il diritto all’autodifesa è garantito dalla Carta delle Nazioni Unite”, ma anche per il fatto che “il diritto umanitario internazionale si applica in tutti gli scenari e noi abbiamo il dovere di proteggerlo”.
    Al vertice del ministri degli Esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord sono state accolte con favore “l’estensione delle pause umanitarie e il rilascio degli ostaggi”. Il segretario generale, Jens Stoltenberg a Teheran: “Tenga a freno i suoi delegati” Hamas ed Hezbollah

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    L’Ue rilancia l’industria bellica: “Studiamo cosa manca e dove investire”

    Bruxelles – “Analizzeremo la nostra capacità militari per vedere, esercito per esercito, dove ci sono lacune, cosa manca, e dove investire“. L’Europa si riarma. Il messaggio che invia l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, è il rilancio in grande stile dell’industria bellica. E’ giustificato dalla necessità di rispondere alle manovre militari della Russia in Ucraina, e dal fatto che le munizioni di cui Kiev ha bisogno l’Ue le sta prendendo dalle riserve nazionali degli Stati membri, ora sguarnite. La produzione serve più che mai e la linea dunque è tracciata.C’era una volta l’Unione europea, progetto di pace e addirittura premio Nobel per la pace, nel 2012. Dopo un decennio e poco più benvenuti in tutt’altra Europa. La riunione dei ministri della Difesa dei Ventisette riunisce attorno al tavolo i rappresentanti dell’Agenzia europea per la difesa (EDA) e pure il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Non è la prima volta né una novità. Ma è in questo formato che Borrell conduce l’analisi sulle lacune dell’industria bellica a dodici stelle, con l’Alleanza atlantica a fare da sponsor.“Putin deve capire che non vincerà, e l’unico modo che abbiamo per farglielo capire è continuare a sostenere militarmente l’Ucraina”, scandisce Stoltenberg. Che proietta l’Europa e il mondo di oggi nell’universo orwelliano per cui ‘guerra è pace’. Del resto essere positivi non è semplice. “Non credo che nessuno sia davvero ottimista” per ciò che riguarda il conflitto russo-ucraino, scandisce la ministra della Difesa olandese, Kajsa Ollongren. “La visione ottimistica sarebbe quella di una Russia che smette di combattere, ma è ciò che non sta accadendo”. Dal punto di vista euro-occidentale dunque, giusto andare avanti e sostenere quanto più possibile l’Ucraina. Anche perché ha molto da perdere, l’Ue. La faccia, l’immagine, la credibilità. I ritardi nella consegna del milione di munizione, con le promesse che non saranno mantenute, non depongono a favore di un’Europa decisa, a maggior ragione, alla corsa bellica.
    L’annuncio dell’Alto rappresentante Borrell. “Valuteremo le lacune esercito per esercito”. Il sostegno della Nato: “Putin deve capire che in Ucraina non può vincere”

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    I porti europei ‘cinesi’ un problema per la sicurezza Ue e Nato

    Bruxelles – Adesso la presenza cinese nei porti europei spaventa davvero. Perché all’aspetto economico si aggiunge anche quello della difesa e della sicurezza nazionale. La presenza cinese nei porti dell’Ue è una questione che si pone da anni, ma contro cui l’Unione europea ha fatto fatica. Da una parte il mercato unico, con le sue regole e il suo approccio aperto, non impedisce a operatori stranieri di fare affari in Europa. Dall’altra parte, per stessa ammissione dell’esecutivo comunitario, si fa fatica a capire il giro di affari delle imprese collegate al governo di Pechino.Un nuovo studio prodotto per conto della commissione trasporti del Parlamento europeo stima che tra il 2004 e il 2021 le compagnie del dragone abbiamo speso oltre 9,1 miliardi di euro per acquisizioni di e negli scali marittimi a dodici stelle.“I rischi derivanti dagli investimenti cinesi sono evidenti oltre determinate soglie di livelli di proprietà”, avverte il documento. In particolare il problema si pone in termini di influenza sulla strategia portuale e in termini di rischi informatici “se le aziende cinesi possono accedere ai sistemi di comunicazione e alle reti locali”. Ciò presenta certamente “un rischio a livello locale”, ma allo stesso tempo “potrebbe anche comportare rischi più ampi per l’Europa, soprattutto per quanto riguarda le forze armate degli Stati membri e la NATO”.Il problema è che la Cina appare aver goduto troppo dei diritti che l’Ue concede ad operatori stranieri. Su tutti China Ocean Shipping Company (COSCO) e China Merchants sono quelli che più massicciamente hanno investito in Europa. Tanto che oggi COSCO controlla il porto di Atene e si mette in risalto come “alcuni dei rischi più significativi emergono non solo dagli investimenti nelle infrastrutture ma anche dalle successive espansioni delle operazioni di COSCO”. Questi includono “rischi di influenza e coercizione localizzata”. In che modo? Viene offerto un chiaro esempio. COSCO potrebbe minacciare di dirottare i suoi trasbordi verso altri porti del Mediterraneo se la Grecia dovesse intraprendere un’azione che dispiacesse a Pechino.Un caso non isolato, visto che In Italia nel 2016 COSCO ha acquistato il 40 per cento del porto di Vado Ligure e in Germania controlla il 24,9 per cento dell’impresa che controllo il porto di Amburgo. All’Ue “manca una valutazione dei colli di bottiglia nella spedizione di merci dalla Cina all’Europa che consideri il trasbordo”, vale a dire il trasferimento di merci. “A seguito di tale valutazione, dovrebbero essere creati piani di emergenza per prepararsi a un conflitto con la Cina”.Ma in tema di sicurezza il caso ellenico è forse quello più emblematico. Nel porto del Pireo “la presenza di COSCO accanto a infrastrutture civili e militari critiche è altamente problematica, in termini di rischi informatici e potenziali fughe di dati sensibili”. Un rischio considerato dagli autori dell’analisi realistico poiché “vi sono indicazioni che in futuro gli scali delle navi militari statunitensi saranno più frequenti”. Alla luce di questo “è ragionevole supporre che i servizi segreti cinesi siano interessati a raccogliere dati sulle tecnologie militari avanzate degli Stati Uniti”. Si rende dunque “un’azione approfondita del rischio dell’investimento di COSCO” attraverso “uno stretto coordinamento con i partner occidentali in termini di assistenza tecnica”. Allo stesso modo, “la creazione di un meccanismo di gestione delle crisi e la mitigazione di vari rischi potenziali sono possibili solo di concerto con i partner dell’UE e della NATO”.Lo studio di nuova pubblicazione evidenzia una situazione in contrapposizione con la nuova strategia dell’Ue per la difesa navale e la sicurezza marittima. Questa include la protezione delle infrastrutture marittime critiche che includono gasdotti, cavi sottomarini e anche porti. Rispetto a questa necessità l’Ue appare già in ritardo. 
    Un nuovo studio del Parlamento europeo per la prima volta evidenzia i rischi non-economici di una troppa presenza asiatica negli scali marittimi a dodici stelle

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    La Nato promette una “risposta determinata” in caso di sabotaggio al gasdotto Baltico

    Bruxelles – La Nato promette una “risposta determinata” se i danni al gasdotto Baltic Connector e al cavo delle telecomunicazioni che connette Estonia e Finlandia dovessero dimostrarsi il risultato di un “atto deliberato”. Non punta il dito, né fa nomi. Ma il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, nella prima giornata di ministeriale della difesa che si è tenuta oggi (11 ottobre) a Bruxelles promette che la risposta dell’alleanza militare fra i 31 Paesi dell’America settentrionale e dell’Europa non sarà indulgente quando le cause del presunto sabotaggio saranno accertate. La prima giornata di ministeriale è stata movimentata, a sorpresa, dalla visita al quartier generale della Nato del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. “Se si dimostrerà che si tratta di un attacco alle infrastrutture critiche della NATO, otterremo una risposta unita e determinata da parte della NATO”, ha assicurato Stoltenberg prima di iniziare i lavori. Il presidente finlandese, Sauli Niinistö, ha annunciato ieri di avviato un’indagine sulle perdite di gas che sono state osservate a partire da domenica scorsa in un gasdotto sottomarino che collega Finlandia ed Estonia passando sotto il Mar Baltico, il Baltic Connector, e di un cavo di telecomunicazioni. L’indagine è condotta in collaborazione con l’Estonia, e secondo il presidente è probabile che il danno al gasdotto e al cavo adiacente sia il risultato di “attività esterne” anche se “non è ancora noto cosa abbia causato concretamente il danno”.Il presunto sabotaggio è finito oggi sul tavolo della ministeriale Nato, anche se ancora è presto per stabilire quali potrebbero esserne le cause. In conferenza stampa, Stoltenberg ha confermato di aver sentito ieri il presidente finlandese, Sauli Niinisto, e la premier estone, Kaja Kallas, che lo hanno “aggiornato sulle indagini in Finlandia e in Estonia. Hanno condiviso con la Nato ciò che hanno scoperto e ho detto loro che siamo pronti ad aiutarli con le indagini. Ha poi aggiunto che è troppo “presto per stabilire con esattezza cosa abbia causato il danneggiamento delle condutture e dei cavi. Ci sono indagini in corso e finché non saranno concluse, è troppo presto per dirlo”. Ha aggiunto però che se i danni subiti dal gasdotto Balticconnector tra Finlandia e Estonia dovessero risultare frutto di un attacco deliberato, si tratterebbe di un fatto “molto grave”. Ha ricordato ancora che queste infrastrutture critiche sottomarine “sono vulnerabili”, perché “si parla di migliaia di chilometri di condutture, di cavi, di rete internet, di rete elettrica, che per loro natura sono vulnerabili”. 
    Il presunto sabotaggio del tubo sottomarino che collega Finlandia ed Estonia, Baltic Connector, e di un cavo di telecomunicazione sul tavolo della prima giornata di ministeriale della difesa dell’Alleanza Atlantica che a sorpresa ha visto la presenza di Zelensky

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    Zelensky fa visita alla Nato, l’Ucraina ha bisogno di missili a lungo raggio e sistemi di difesa per resistere all’inverno

    Bruxelles – La prima volta di Volodymir Zelensky al quartier generale dell’Alleanza atlantica a Bruxelles. Una visita a sorpresa, resa necessaria perché il presidente ucraino teme che l’inverno alle porte – e la rinnovata attenzione internazionale sul Medio Oriente – possano minare la resistenza di Kiev contro l’invasore russo. “Sono qui per preparare la resilienza dell’Ucraina” in vista della stagione fredda, ha dichiarato al suo arrivo.Ai ministri della difesa Nato e al segretario generale, Jens Stoltenberg, Zelensky ha chiesto “tre cose concrete”: sistemi di difesa aerea, missili a lungo raggio e artiglieria. Stoltenberg ha fugato ogni dubbio sul supporto dell’occidente all’Ucraina. Anche ora che si è riacceso il conflitto israelo-palestinese. “Le azioni parlano più forte delle parole, gli alleati stanno incrementando il supporto all’Ucraina”, ha dichiarato il segretario generale. Il motivo è tanto chiaro quanto semplice: “È nel nostro interesse nazionale”. Belgio e Danimarca hanno confermato la fornitura degli aerei militari F-16, ma dal 2024-25, il Canada ha annunciato 10 milioni di dollari in equipaggiamento militare invernale, la Germania addirittura un pacchetto da 1 miliardo per migliorare i sistemi di difesa (Patriots e Iris-T). Il Regno Unito ha promesso lo stanziamento di ulteriori 100 milioni di euro, Washington più di 200 milioni di dollari in difesa aerea, missili e munizioni.“La Russia sta aumentando gli attacchi alle infrastrutture ed è pronta a usare un’altra volta l’inverno come un’arma da guerra”, ha avvisato Stoltenberg. Ecco perché soprattutto sistemi di difesa aerea efficaci sono necessari per difendere le infrastrutture energetiche e portuali dagli attacchi russi. Ma l’Occidente – garantisce Stoltenberg – “avrà le capacità di affrontare la situazione anche in Medio oriente“.L’appello a “non lasciare sola la popolazione di Israele” è arrivato in primis proprio da Zelensky, perché Kiev sa meglio di qualsiasi altro “cosa vuol dire subire un attacco terroristico”. Sulla risposta militare che il governo Netanyahu sta conducendo, Stoltenberg ha dichiarato che “Israele ha il diritto di difendersi, hanno sofferto un attacco terroristico tremendo”. Ma il capo della Nato si accoda alle raccomandazioni già espresse dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, e dal capo della diplomazia europea, Josep Borrell: “Mi aspetto che la risposta sia proporzionata” e che Israele “faccia il possibile per prevenire la morte di civili innocenti“. Domani (12 ottobre) il ministro della Difesa israeliano, Yoav Galan, informerà i ministri Nato sulla situazione nel Paese.Meno sul velluto Lloyd Austin, il segretario alla difesa a stelle e strisce: “Ciò che farà o non farà” Israele è una scelta che spetta alle autorità di Tel Aviv, ma intanto gli Stati Uniti hanno già inviato aiuti militari, inclusi i sistemi Iron Dome, per “assicurarci che Israele abbia ciò che è necessario per difendere i suoi cittadini“. Austin ha lanciato un monito a tutta la regione araba: “Per chiunque pensi di cercare di approfittare dell’agonia in Israele, per cercare di allargare questo conflitto o cercare di spargere più sangue, abbiamo una sola parola: non fatelo”.
    Il presidente ucraino, a sorpresa al vertice dei ministri della Difesa dell’Alleanza atlantica, ha invitato i leader occidentali a “non lasciare sola la popolazione di Israele”. Stoltenberg: “La Russia userà ancora l’inverno come arma da guerra, stiamo incrementando il supporto” all’Ucraina.

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    Ucraina, saldo il sostegno dell’Occidente, ma le armi scarseggiano: “Il fondo del barile è ora visibile”

    Bruxelles – Urge un più stretto coordinamento sugli aiuti all’Ucraina e forti pressioni sulla Russia tramite le sanzioni. È quanto hanno concordato oggi (3 ottobre) la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel in un colloquio telefonico, organizzato da parte statunitense, con i Capi di Stato e di Governo di Stati Uniti, Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Canada, Giappone, Polonia e Romania e il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg. “I leader hanno confermato l’urgenza di uno stretto coordinamento in merito all’assistenza all’Ucraina in tutte le sue dimensioni in questa ulteriore fase del conflitto e hanno al tempo stesso reiterato la necessità di continuare a mantenere forte pressione sulla Russia tramite un impianto sanzionatorio che si sta rivelando molto efficace”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. Sia il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sia la presidente del consiglio italiano Giorgia Meloni, durante il colloquio, hanno ribadito il loro sostegno all’Ucraina “finché sarà necessario e con l’obiettivo di raggiungere una pace giusta, duratura e complessiva”.
    L’annuncio è arrivato insieme alla notizia, riportata dal The Guardian, secondo la quale Nato e Regno Unito hanno avverito che le potenze militari occidentali stanno esaurendo le munizioni da dare all’Ucraina per fronteggiare l’invasione russa. I governi e i produttori di armi per la difesa ora devono “aumentare la produzione a un ritmo molto più rapido”, ha annunciato Rob Bauer, il più alto funzionario militare della Nato. “Il fondo del barile è ora visibile“, ha aggiunto, in relazione al fatto che l’Ucraina spara migliaia di proiettili al giorno. Molti dei quali provengono dalla stessa Nato.

    I leader dei Paesi occidentali confermano le sanzioni alla Russia e il sostegno militare al Paese invaso “con l’obiettivo di raggiugere una pace giusta”

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    Niente invito all’adesione, ma garanzie di sicurezza G7 e un Consiglio ad hoc. I risultati del vertice Nato sull’Ucraina

    Bruxelles – È andato tutto come previsto, nonostante le forti pressioni del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Al vertice di Vilnius dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato) non è arrivato un invito a Kiev per l’adesione, né sotto forma di una tabella di marcia né di tempistiche definite. Perché sono pochi gli alleati che si vogliono sbilanciare sull’ingresso del Paese mentre continua la guerra con la Russia, anche se nessuno rinnega il processo considerato ormai praticamente irreversibile di avvicinamento dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica. Eppure c’è stato qualcosa di più, proprio per rendere manifesto al leader ucraino che il futuro ingresso è a portata, ma serve tempo. Parallelamente al comunicato del secondo giorno di vertice Nato, i leader del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti) hanno pubblicato una dichiarazione in cui si impegnano a fornire “garanzie di sicurezza a lungo termine” a Kiev, anche nel caso si ripeta un’aggressione al Paese.
    La foto di famiglia del vertice Nato di Vilnius (12 luglio 2023)
    “Oggi l’Ucraina è più vicina che mai alla Nato“, ha messo in chiaro oggi (12 luglio) il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, in conferenza stampa congiunta con il presidente Zelensky, ribandendo però che il processo di adesione dell’Ucraina potrà iniziare solo “quando tutti gli alleati decideranno che le condizioni sono state soddisfatte”. Da Vilnius arriva comunque “il messaggio di unità più forte possibile” e anche le garanzie di sicurezza del G7 “vanno in questa direzione”, ha assicurato Stoltenberg.
    Proprio nella dichiarazione del Gruppo dei Sette si legge che sarà garantita la “fornitura continua” di equipaggiamento militare moderno, con “priorità alla difesa aerea, all’artiglieria e al fuoco a lungo raggio, ai veicoli blindati e ad altre capacità chiave, come l’aviazione da combattimento”. Sarà sostenuto lo sviluppo della base industriale ucraina e l’addestramento delle forze militare, oltre alla cooperazione in materia di intelligence. Nel caso di un nuovo futuro attacco armato russo, “intendiamo consultarci immediatamente con l’Ucraina per determinare i passi successivi più appropriati”, mettono in chiaro i sette leader. Da parte di Kiev, invece, è richiesta la prosecuzione dell’attuazione delle riforme delle forze dell’ordine, del sistema giudiziario, della lotta alla corruzione, della governance aziendale, dell’economia, del settore della sicurezza e della gestione dello Stato, ma anche la modernizzazione del settore della difesa “rafforzando il controllo civile democratico delle forze armate”. Questo sforzo “sarà portato avanti mentre l’Ucraina persegue un percorso verso la futura adesione alla comunità euro-atlantica“, è l’ulteriore rassicurazione fornita al presidente Zelensky dopo le dure critiche per l’assenza di un riferimento netto all’ingresso Nato del Paese nelle conclusioni del vertice di Vilnius.
    Da sinistra: il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il primo ministro del Giappone e presidente di turno del G7, Fumio Kishida, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky (credits: Andrew Caballero-Reynolds / Afp)
    “Questa dichiarazione è aperta a tutti i Paesi che vogliono supportare l’Ucraina“, ha messo in chiaro il primo ministro giapponese e presidente di turno del G7, Fumio Kishida, annunciando la dichiarazione dei leader dei sette Paesi più industrializzati al mondo. Parole confermate dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha precisato come “non possiamo aspettare per impegnarci sul lungo termine per rendere sicura l’Ucraina contro qualsiasi aggressione”. Per l’inquilino della Casa Bianca “il futuro dell’Ucraina è nella Nato, non è una sorpresa per nessuno, ma serve un percorso per l’adesione mentre intraprende il percorso riforme”. Nonostante non abbia raggiunto il risultato dichiarato di vedere l’invito ad aderire all’Alleanza Atlantica, il presidente ucraino Zelensky è sembrato piuttosto rassicurato dall’impegno del Gruppo dei Sette: “È un pacchetto importante di garanzie di sicurezza sul lungo termine, ora ci coordineremo con il G7 per estendere l’accordo con altri partner-chiave”, ha rimarcato il numero uno di Kiev davanti ai sette leader e ai rappresentanti delle istituzioni Ue.
    “L’Unione Europea sarà un partner fondamentale in questo sforzo”, è la rassicurazione della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, commentando la dichiarazione dei leader del G7: “Abbiamo fornito al coraggioso popolo ucraino sostegno umanitario, assistenza finanziaria sostanziale, armi e addestramento, oggi ci impegniamo per la sicurezza a lungo termine e la prosperità economica dell’Ucraina all’interno della comunità euro-atlantica”. Da parte di Bruxelles ci sarà il continuo rafforzamento delle sanzioni contro la Russia e il sostegno degli “ammirevoli sforzi di riforma” che sbloccheranno anche l’adesione di Kiev all’Ue. “La nuova realtà geopolitica sfida l’ordine internazionale basato sulle regole, l’Ue e la Nato stanno rafforzando la loro cooperazione e sono unite a sostegno dell’Ucraina”, ha twittato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel.
    Il nuovo Consiglio Nato-Ucraina
    La prima riunione del Consiglio Nato-Ucraina a Vilnius, 12 luglio 2023 (credits: Ludovic Marin / Afp)
    “Buon pomeriggio, benvenuti a questa prima riunione del Consiglio Nato-Ucraina“, sono le prime parole pronunciate dal segretario generale Stoltenberg nel corso dell’inaugurazione del nuovo format che porterà i 31 alleati e Kiev a stringere sempre di più i rapporti nell’ottica del futuro allargamento dell’Alleanza Atlantica: “Questo è davvero un momento storico, siamo seduti fianco a fianco come pari per affrontare la nostra visione comune della sicurezza euro-atlantica“. Alla sessione inaugurale del Consiglio hanno partecipato tutti i leader dell’Alleanza e il presidente ucraino Zelensky, che ha voluto rimarcare come il nuovo format “non è uno strumento di partecipazione, ma di integrazione” del Paese nell’Alleanza.
    Perché un organismo di collegamento tra l’Alleanza Atlantica e Kiev già esisteva – la commissione Nato-Ucraina – ma da mesi non era più considerato sufficiente per gli obiettivi comuni. Secondo quanto si legge nel comunicato finale del vertice di Vilnius, il Consiglio è “un nuovo organismo congiunto in cui gli alleati e l’Ucraina siedono come membri paritari per promuovere il dialogo politico, l’impegno, la cooperazione e le aspirazioni euro-atlantiche dell’Ucraina all’adesione Nato. Le stesse parole sono state utilizzate dal segretario generale Nato nel corso della prima riunione di oggi: “Ci incontriamo da pari a pari, attendo con ansia il giorno in cui ci incontreremo come alleati“, perché durante il vertice nella capitale lituana “abbiamo riaffermato che l’Ucraina diventerà un membro dell’Alleanza”.

    Nonostante le insistenze del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al summit dell’Alleanza Atlantica di Vilnius non sono state definite tempistiche per l’ingresso. Ma l’avvicinamento di Kiev è dato dal nuovo format “da pari” e dal sostegno militare “a lungo termine” del Gruppo dei Sette

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    I temporeggiamenti della Nato sull’invito all’Ucraina per aderire all’Alleanza stanno irritando Zelensky

    Bruxelles – L’invito dei 31 alleati per l’adesione Nato non c’è e nemmeno una tabella di marcia con le tempistiche di un eventuale ingresso. E questo temporeggiamento ha portato a una reazione dura – come mai prima d’ora – del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky: “Ho intrapreso un viaggio qui con la fiducia nelle decisioni, con la fiducia nei partner, con la fiducia in una Nato forte, che non esita, non perde tempo e non si volta indietro di fronte a nessun aggressore… è aspettarsi troppo?“, ha attaccato su Twitter nella serata di ieri (11 luglio) al termine della prima giornata di lavori del vertice dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord a Vilnius.
    Da sinistra: il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky
    Le parole al vetriolo del presidente dell’Ucraina sono arrivate in risposta alla prima dichiarazione del summit di Vilnius, in cui sono stati elencati gli impegni dei 31 alleati a sostegno di Kiev, ma senza stabilire alcuna tabella di marcia né tempistiche per il possibile futuro ingresso del Paese sotto attacco russo dal 24 febbraio 2022. “Per sostenere l’ulteriore integrazione dell’Ucraina nella Nato, abbiamo concordato un pacchetto sostanziale di sostegno politico e pratico ampliato“, si legge nel testo, che anticipa l’istituzione del Consiglio Nato-Ucraina che si riunirà per la prima volta oggi (12 luglio). Si tratta di “un nuovo organismo congiunto in cui gli alleati e l’Ucraina siedono come membri paritari per promuovere il dialogo politico, l’impegno, la cooperazione e le aspirazioni euro-atlantiche dell’Ucraina all’adesione Nato”. Tuttavia, per Zelensky l’obiettivo dichiarato dal settembre dello scorso anno e l’unica conquista desiderata è un’adesione Nato “accelerata”, anche se nessuno – Kiev nemmeno – parla di un ingresso nell’Alleanza Atlantica mentre è ancora in corso la guerra con la Russia. “Vorrei che questa fede diventasse fiducia – fiducia nelle decisioni che meritiamo – che tutti noi meritiamo”, ha aggiunto nel suo tweet il numero uno ucraino, rilanciando le discussioni di oggi anche sul tema della tabella di marcia e delle condizioni per diventare il 33esimo Paese membro (la Svezia è sempre più vicina a diventare il 32esimo).
    “Sosteniamo pienamente il diritto dell’Ucraina di scegliere i propri accordi di sicurezza, il futuro dell’Ucraina è nella Nato”, è il mantra ripetuto dagli alleati, che nel testo hanno riaffermato “l’impegno assunto al vertice di Bucarest del 2008, secondo cui l’Ucraina diventerà membro della Nato“. Nonostante l’insoddisfazione del presidente ucraino per le tempistiche non chiare, non c’è comunque discrepanza tra gli obiettivi euro-atlantici di Kiev e le dichiarazioni d’intenti di Vilnius: “Riconosciamo che il percorso dell’Ucraina verso la piena integrazione euro-atlantica è andato oltre la necessità del Piano d’azione per l’adesione”, dal momento in cui il Paese dell’Europa orientale è diventato “sempre più interoperabile e politicamente integrato con l’Alleanza e ha compiuto progressi sostanziali nel suo percorso di riforme“. In questo contesto l’Alleanza Atlantica “sosterrà l’Ucraina nel realizzare le riforme nel suo percorso verso la futura adesione”, considerato il fatto che sarà possibile estendere a Kiev l’invito per l’adesione Nato “quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte“, conclude il testo.
    Quali sono le tappe del processo di adesione Nato
    Per diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente portano all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
    La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.
    Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

    Nella dichiarazione del primo giorno del vertice dell’Alleanza Atlantica a Vilnius non compare nessuna tempistica per l’ingresso, nonostante venga ribadito l’impegno preso a Bucarest nel 2008. Il presidente ucraino chiede una Nato “che non perde tempo e non si volta indietro”