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    Ucraina, Borrell rassicura gli alleati Nato dopo le fughe in avanti di Orbán: “L’unico piano di pace è quello di Zelensky”

    Bruxelles – Al 75esimo vertice Nato che si chiude oggi (11 luglio) a Washington è stato sancito il percorso “irreversibile” dell’Ucraina verso l’adesione all’alleanza atlantica. Così come irreversibile è la posizione dell’Unione europea sul sostegno a Kiev fino al raggiungimento di una pace giusta. Dopo i viaggi a Mosca e Pechino di Viktor Orbán, il premier ungherese che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, arriva la rassicurazione agli alleati dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell: “Non c’è altro piano di pace oltre a quello di Zelensky. Tutta l’Ue sostiene questa posizione”.Integrità territoriale e sovranità nazionale dell’Ucraina. Qualsiasi negoziato per mettere fine al conflitto non può che partire da lì. Punto, discorso chiuso. In un summit in cui la questione ucraina è una delle più calde sul tavolo degli alleati transatlantici, sia sul fronte degli aiuti militari che su quello della futura adesione di Kiev alla Nato, il capo della diplomazia Ue ci ha tenuto a fugare ogni dubbio. “Per far sì che l’Ucraina prevalga, dobbiamo continuare a sostenerla“, ha chiarito oggi in un punto stampa. Borrell ha ricordato che Bruxelles ha fornito a Kiev “quasi 40 miliardi di euro di sostegno militare e addestrato 60 mila soldati ucraini”, ed ora “sta aumentando la capacità militare e incrementando la capacità produttiva dell’industria della difesa” per poter soddisfare le necessità di Kiev sul campo di battaglia.Borrell si è poi scagliato contro chi sostiene che continuare a armare l’esercito di Zelensky non farà altro che prolungare la guerra. “Se smettiamo di sostenere l’Ucraina, la guerra finirà certamente, ma con una resa ucraina, con un governo fantoccio a Kiev, con il popolo ucraino schiacciato da un aggressore“, ha dichiarato ancora l’Alto rappresentante. Non c’è spazio insomma per le fughe in avanti di Orbán, che ha creato scompiglio tra i 27 sfruttando l’inizio della presidenza semestrale del Consiglio dell’Ue per intraprendere la sua personalissima “missione di pace”. Che l’ha portato alle corti di Putin e di Xi Jinping, dopo aver chiesto a Zelensky di chiamare un cessate il fuoco e intraprendere trattative con il Cremlino.Lo stesso Cremlino che, nella dichiarazione finale del summit, viene definito “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza dell’Alleanza”. Tanto che, come annunciato a margine del vertice, dal 2026 gli Stati Uniti torneranno a dispiegare in Europa missili a lungo raggio, capaci di colpire obiettivi in territorio russo.A Washington aleggia inoltre lo spauracchio del ritorno alla Casa bianca di Donald Trump, che potrebbe rimescolare un’altra volta le carte dell’Alleanza atlantica. Motivo per cui si percepisce un certo senso di urgenza nell’assicurare la posizione dell’alleanza atlantica al fianco dell’Ucraina. Per non farsi mancare nulla, secondo Bloomberg Orbán si recherà in Florida per incontrare il tycoon a margine del vertice Nato. Un ulteriore tassello della sua iniziativa diplomatica per porre fine al conflitto. Un ulteriore strappo con Bruxelles, i cui servizi legali hanno dichiarato oggi che la visita della scorsa settimana del leader ungherese a Mosca avrebbe violato le regole comunitarie.

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    L’ultimo di Stoltenberg, il primo “a prova di futuro”. Il vertice Nato di Washington con la minaccia Trump

    Bruxelles – Quello al via oggi (9 luglio) a Washington sarà uno dei vertici Nato che probabilmente entreranno nella storia. Ancora non si sa se per decisioni “irreversibili”, ma sicuramente perché rappresenta uno spartiacque per il futuro dell’Alleanza Atlantica e per i rapporti tra gli Stati Uniti e gli altri 31 alleati. E, non di poco conto, perché sarà l’ultimo Summit di Jens Stoltenberg, il segretario generale che ha guidato la Nato in un periodo particolarmente turbolento: dal 2014 a oggi ha assistito al ritiro delle truppe dall’Afghanistan e il ritorno al potere dei talebani, alla guerra a bassa intensità nel Donbass ucraino fino all‘invasione russa in Ucraina e i successivi due anni e mezzo di guerra, all’aumento delle tensioni tra la Cina e Taiwan in uno dei luoghi più delicati al mondo per gli equilibri geopolitici tra le potenze internazionali.Il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergIn programma fino a giovedì (11 luglio) il 75esimo vertice dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord conterà per la prima volta 32 membri dopo l’ingresso della Svezia a marzo, e vedrà ancora una volta la partecipazione del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, proprio come a Vilnius lo scorso anno. La questione ucraina sarà una delle più calde sul tavolo degli alleati transatlantici, sia sul fronte degli aiuti militari sia su quello della futura adesione di Kiev alla Nato. A poche ore del vertice è da escludere che sarà accolta la richiesta di ingresso, ma l’ambizione più alta è quella di dare il via libera all’aggettivo “irreversibile” per definire il percorso di futura adesione. Cosa significhi precisamente in uno scenario in cui né gli Stati Uniti né le maggiori potenze europee stanno aprendo alla richiesta non è dato sapere, ma il leader ucraino cercherà risposte a Washington.Da sinistra: il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e l’ex-presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (14 novembre 2019)Sul fronte dell’invio di armi c’è sempre in agenda il programma di assistenza pluriennale da 100 miliardi di dollari per cinque anni, proposto ad aprile dal segretario generale Stoltenberg e che dovrebbe costituire l’impegno più concreto dei 32 alleati perché la Nato prenda direttamente in mano la responsabilità dell’assistenza militare all’Ucraina. È questo il cardine della volontà di rendere “a prova di futuro” il sostegno dell’Alleanza Atlantica a Kiev, anche attraverso un nuovo comando militare a Wiesbaden (Germania) responsabile per il coordinamento delle operazioni di invio degli aiuti e di addestramento dei soldati ucraini. In termini concreti questo significherà che la responsabilità passerà dagli Stati Uniti (il cui dipartimento della Difesa a ora guida il Gruppo di contatto per la difesa ucraina) alla Nato intera, garantendo – appunto – un futuro anche in caso di tempesta politica a Washington. Il rischio maggiore è quello del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca dopo le elezioni di novembre, che potrebbe rimettere completamente in discussione la partecipazione statunitense nell’organizzazione e nel suo finanziamento, ma anche la protezione degli alleati e i rapporti con la Russia di Vladimir Putin.Il primo ministro uscente dei Paesi Bassi e prossimo segretario generale della Nato, Mark Rutte (credits: Kenzo Tribouillard / Afp)L’ultima missione di Stoltenberg da segretario generale sarà quella di tenere uniti i capi di Stato e di governo dei 32 Paesi membri Nato, prima di passare il testimone all’ex-premier olandese, Mark Rutte, che lo succederà a partire dal primo ottobre. La nomina ufficiale di Rutte è arrivata lo scorso 26 giugno al termine della riunione del Consiglio del Nord Atlantico: “Guidare questa organizzazione è una responsabilità che non prendo alla leggera, sono grato a tutti gli alleati per aver riposto la loro fiducia in me”, erano state le prime parole del futuro segretario generale della Nato, in linea di perfetta continuità con l’eredità di Stoltenberg: “Ha fornito alla Nato una leadership eccezionale negli ultimi 10 anni e per il quale ho sempre nutrito grande ammirazione”. In un’Alleanza Atlantica che da Washington potrebbe uscire “a prova di futuro”, la promessa di Rutte è quella che “rimarrà la pietra angolare della nostra sicurezza collettiva“, anche con l’allineamento di tutti i Paesi alleati al target minimo del 2 per cento di spesa per la difesa sul Prodotto interno lordo.

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    Mark Rutte è stato nominato successore di Stoltenberg come segretario generale della Nato

    Bruxelles – Adesso è ufficiale. Il premier uscente del Paesi Bassi, Mark Rutte, sarà il prossimo segretario generale Nato a partire dal primo ottobre. A comunicarlo è il Consiglio del Nord Atlantico, il principale organo decisionale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, che in una nota annuncia la decisione di nominare l’unico candidato rimasto nella corsa per succedere al norvegese Jens Stolteberg alla guida dell’Alleanza Atlantica, assumendo le sue funzioni dopo pochi mesi dal Summit di Washington (in programma tra il 9 e l’11 luglio).Il primo ministro uscente dei Paesi Bassi e prossimo segretario generale della Nato, Mark Rutte (credits: Kenzo Tribouillard / Afp)“Accolgo con entusiasmo la scelta degli alleati della Nato su Rutte come mio successore”, è l’annuncio entusiasta di Stoltenberg, definendo il premier olandese “un vero transatlantico, un leader forte e un costruttore di consenso, so di lasciare la Nato in buone mani“. Le prime parole di Rutte dopo la nomina sottolineano il “grande onore” a guidare l’Alleanza Atlantica, che “è e rimarrà la pietra angolare della nostra sicurezza collettiva“, mette in chiaro il quasi ex-premier olandese: “Guidare questa organizzazione è una responsabilità che non prendo alla leggera, sono grato a tutti gli alleati per aver riposto la loro fiducia in me”. Con un ringraziamento al predecessore Stoltenberg, “che ha fornito alla Nato una leadership eccezionale negli ultimi 10 anni e per il quale ho sempre nutrito grande ammirazione”.Da Bruxelles arrivano le congratulazioni dei leader delle istituzioni Ue, che hanno visto il liberale olandese al tavolo del Consiglio Europeo per gli ultimi 14 anni (aveva assunto la carica di primo ministro dei Paesi Bassi il 14 ottobre 2010). “La sua leadership e la sua esperienza saranno fondamentali per l’Alleanza in questi tempi difficili, non vedo l’ora di lavorare insieme per rafforzare ulteriormente il partenariato Ue-Nato”, è il commento della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, rafforzato dalle parole della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola: “In un periodo di crescenti sfide alla sicurezza in tutto il mondo, la sua leadership e la sua tenacia saranno molto necessarie”. Anche il segretario generale del Partito Democratico Europeo, Sandro Gozi (della famiglia europea di Renew Europe come il quasi ex-premier olandese), esprime soddisfazione per la scelta di Rutte, “che arriva mentre è in gioco il futuro dell’Europa, della pace e della sicurezza”.La corsa di Rutte alla guida della NatoLe prime indicazioni sul fatto che Rutte fosse il favorito nella corsa alla segreteria della Nato erano emerse da un editoriale dell’ex-portavoce dell’Alleanza Atlantica (fino a settembre 2023), Oana Lungescu: “Creare consenso tra i 31 alleati della Nato è il compito principale del segretario generale” e Rutte, “a volte chiamato ‘Teflon Mark’ per la sua capacità di guidare coalizioni diverse e di sopravvivere agli scandali politici, è un pragmatico negoziatore e un maestro del consenso“. In questo senso, il premier olandese aveva stretto da tempo i rapporti non solo con Stoltenberg, ma anche con altri leader dell’Alleanza, dall’Albania alla Lituania, dalla Polonia agli Stati Uniti. La questione dei legami con Washington è stato un altro punto a favore di Rutte, che ha sviluppato un ottimo rapporto con il presidente Joe Biden e allo stesso tempo è anche uno dei pochi leader europei ad aver cercato di mantenere stabile quello con il suo predecessore Trump, che potrebbe ritornare alla Casa Bianca dopo le elezioni di novembre. Il premier olandese è anche riuscito a colmare l’unico punto debole della sua candidatura, ovvero l’allineamento dei Paesi Bassi alla soglia minima di spesa per la difesa del 2 per cento rispetto al Pil: nel rapporto pubblicato dalla Nato il 17 giugno emerge che L’Aia ha raggiunto il 2,05 nel 2024.Da sinistra: il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il presidente della Romania, Klaus Iohannis (credits: Andrei Pungovschi / Afp)Già a fine febbraio era diventato chiaro che il premier olandese dimissionario era il favorito per succedere a Stoltenberg alla guida dell’Alleanza Atlantica, dopo aver incassato l’appoggio di 20 Paesi membri, in particolare di Stati Uniti e Regno Unito. La selezione della figura del segretario generale dell’Alleanza avviene attraverso consultazioni diplomatiche informali tra i Paesi membri, che propongono i candidati alla carica (tradizionalmente un’alta personalità politica europea): non c’è una votazione vera e propria, ma la decisione non viene confermata finché non si raggiunge il consenso su un candidato. Rutte ha continuato negli ultimi mesi il suo lavoro diplomatico per convincere tutti i 31 leader, fino a quando il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, ha annunciato il 18 giugno l’accordo con il segretario generale uscente Stoltenberg per sbloccare la nomina di Rutte (a seguito di una lettera ricevuta dallo stesso collega olandese) e lo stesso ha fatto in parallelo il presidente della Slovacchia, Peter Pellegrini. Il presidente della Romania, Klaus Iohannis, è rimasto così senza alcun potenziale sostegno, rinunciando definitivamente alla corsa per diventare il prossimo segretario generale Nato giovedì scorso (20 giugno) al termine della riunione del Consiglio Supremo di Difesa nazionale.

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    Stoltenberg esorta i membri Nato a riconsiderare le restrizioni a Kiev sull’uso delle armi contro la Russia

    Bruxelles – La decisione è nazionale, ma il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, cerca quantomeno un coordinamento che dopo due anni di invasione russa dell’Ucraina rimane pur sempre “vitale” per Kiev. Al centro del vertice informale dei ministri degli Affari esteri in programma tra oggi e domani (30-31 maggio) a Praga c’è inevitabilmente il tema delle condizionalità sull’invio di armi all’Ucraina in merito alla possibilità di colpire obiettivi militari su territorio russo. “Credo che sia giunto il momento di considerare alcune di queste restrizioni per consentire agli ucraini di difendersi davvero”, è l’esortazione del segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (30 maggio 2024)Dopo aver già anticipato martedì (28 maggio) a margine della riunione dei ministri Ue della Difesa l’intenzione di spingere i 32 membri dell’Alleanza a “sostenere l’Ucraina nel suo diritto internazionale di difendersi“, il segretario generale Stoltenberg ha chiarito oggi durante la conferenza sui 75 anni della Nato i motivi che dovrebbero convincere gli alleati a coordinarsi meglio su questo tema: “Le restrizioni sulle armi consegnate all’Ucraina sono decisioni nazionali, ma alla luce di come la guerra è evoluta negli ultimi mesi, penso che possiamo riconsiderare le restrizioni“, incluse quelle legate al “colpire obiettivi militari appena oltre il confine”.Da sinistra: il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al vertice Nato di Vilnius (12 luglio 2023)Rispetto all’inizio della guerra, “quando quasi tutti i combattimenti avevano luogo in profondità sul territorio ucraino”, la situazione nelle ultime settimane è cambiata con l’intensificarsi dei combattimenti soprattutto nella regione di Kharkiv, al confine tra Russia e Ucraina: “Vediamo che i russi possono stare sul loro lato del confine con una visione che è più o meno la stessa della linea del fronte“, ha spiegato Stoltenberg, citando “artiglieria, lanciamissili e aerei per munizioni e carburante” che sul territorio russo sono “più sicuri” di quanto sarebbero al fronte in Ucraina, in quel caso attaccabili senza alcuna restrizione “con le armi più avanzate che l’Ucraina ha ricevuto” dagli alleati. In altre parole, la Russia ora può permettersi di bombardare l’Ucraina oltre confine con lo stesso grado di precisione, ma Kiev non può quasi più rispondere agli attacchi in quanto rischierebbe di vedere tagliati i rifornimenti dalla Nato.È per questa ragione che al vertice ministeriale informale Nato il segretario generale Stoltenberg spingerà per convincere tutti gli alleati che “il diritto all’autodifesa comprende anche la possibilità di colpire obiettivi militari legittimi al di fuori dell’Ucraina, appena oltre il confine con il territorio russo”. Anche perché Kiev “può ancora vincere, ma serve un sostegno solido e continuo da parte della Nato”, ha continuato il suo appello ai 32 alleati. L’obiettivo è arrivare al vertice Nato in programma a Washington tra il 9 e l’11 luglio con una proposta per un sostegno “su basi più solide, anche con un maggiore ruolo nel coordinamento dell’assistenza alla sicurezza e dell’addestramento” e con un impegno finanziario “per più tipologie di aiuti”.Da sinistra: il presidente francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il 28 maggio a Dresda (credits: Ludovic Marin / Pool / Afp)Intanto l’esortazione di Stoltenberg può contare su due membri di peso all’interno dell’Alleanza, la Francia di Emmanuel Macron e la Germania di Olaf Scholz, che hanno resa nota martedì la posizione favorevole a “consentire all’Ucraina di neutralizzare le basi da cui partono i razzi”. Rimane invece fortemente contraria l’Italia, il cui vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha messo in chiaro a margine del Consiglio Affari Esteri di lunedì (27 maggio) che “tutto il materiale militare che inviamo in Ucraina deve essere utilizzato per proteggersi all’interno del territorio ucraino”. Tajani ha ricordato che “noi non siamo in guerra con la Russia” e non ha risparmiato una critica alle parole di Stoltenberg, sostenendo che “a volte serve un po’ più di prudenza”. Tra oggi e domani i due avranno l’occasione di confrontarsi direttamente, per tentare di risolvere una delle questioni più urgenti al momento per la difesa ucraina dall’avanzata russa.

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    Ucraina, Macron spinge per l’utilizzo di armi Nato in Russia. E incassa il sì di Scholz

    Bruxelles – L’attivismo di Emmanuel Macron per dare una svolta alla resistenza di Kiev all’invasione russa trova terreno fertile e strappa l’appoggio del cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Pensiamo che dovremmo consentire all’Ucraina di neutralizzare le basi da cui partono i razzi”, ha dichiarato il presidente francese a nome dell’asse franco-tedesco. Parigi e Berlino stanno con il segretario della Nato, Jens Stoltenberg: è tempo che l’Ucraina possa utilizzare le armi dell’Alleanza atlantica per colpire bersagli militari in Russia.Per convincere l’opinione pubblica della necessità di prendere questa decisione, Macron si è presentato alla conferenza stampa congiunta con Scholz con una mappa del confine tra Russia e Ucraina, illustrando le basi da cui partono gli attacchi di Mosca. Che si trovano spesso appena dietro la frontiera, in territorio russo. Macron ha immediatamente chiarito che “non dovremmo consentire” a Kiev “di colpire obiettivi diversi da quelli, intendo naturalmente obiettivi civili o altri obiettivi militari”.Più cauto Scholz, che però ha sostanzialmente appoggiato la posizione di Parigi. “L’Ucraina ha tutte le possibilità di farlo, secondo il diritto internazionale. Bisogna dire chiaramente che se l’Ucraina viene attaccata, può difendersi“, ha confermato il cancelliere tedesco. Le due maggiori potenze Ue confermano dunque la linea illustrata ai ministri dei 27 da Jens Stoltenberg nel corso del Consiglio Ue Affari Esteri del 27 maggio. “Questa è una guerra, e secondo il diritto internazionale l’Ucraina ha il diritto di difendersi e questo implica anche raid su obiettivi militari in Russia“, ha dichiarato senza lasciare alcun dubbio il segretario generale della Nato.Il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergPosizione forte del via libera da parte dell‘Assemblea parlamentare della Nato alla rimozione dei vincoli di utilizzo di mezzi ed equipaggiamenti forniti. L’organo composto dai delegati dei Paesi Nato ha votato a grande maggioranza la dichiarazione che esorta i 32 governi dell’Alleanza a “sostenere l’Ucraina nel suo diritto internazionale di difendersi eliminando alcune restrizioni sull’uso delle armi fornite dagli alleati della Nato per colpire obiettivi legittimi in Russia“.A livello Ue tuttavia rimangono forti perplessità e timori per una tale svolta. Il vicepremier italiano, Antonio Tajani, ha affermato chiaramente che “tutto il materiale militare che inviamo in Ucraina deve essere utilizzato per proteggere l’Ucraina all’interno del territorio ucraino”, evidenziando che “noi non siamo in guerra con la Russia” e criticando l’uscita di Stoltenberg, perché “a volte serve un po’ più di prudenza”. Mentre l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borell, a margine dell’incontro di ieri con i ministri della Difesa dei 27 aveva dichiarato che solo “un Paese, forse uno e mezzo”, spingeva per la rimozione dei vincoli all’utilizzo delle armi in territorio russo.A Bruxelles aleggia la paura di innescare un ulteriore escalation con l’imprevedibile regime di Putin, come dimostra il mancato accordo tra i 27 sulla possibilità di addestrare personale militare in territorio ucraino. Perché alcuni Stati membri “ritengono che si tratta di inviare addestratori, e gli addestratori sono militari. In un modo o nell’altro – ha spiegato l’Alto rappresentante – si tratterebbe di inviare truppe non combattenti, ma alla fine sarebbero agenti militari nel territorio ucraino, con il rischio che certamente comporta”.Insomma, ogni scatto in avanti sul coinvolgimento nel conflitto va pesato attentamente. Ma l’asse Parigi-Berlino potrebbe avere la forza per riorientare le posizioni dei 27.

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    Ue e Nato pronti per il contrattacco di Kiev. “L’Ucraina può colpire obiettivi militari in Russia”

    Bruxelles – Non solo difesa. L’Ucraina può sparare in Russia, colpire obiettivi militari russi anche utilizzando quello che la Nato mette a disposizione di Kiev. Per il conflitto russo in Ucraina si aprono nuovi scenari, ancora più di guerra, ma è proprio quest’ultima, la guerra, a imporre le sue ‘logiche’. “Questa è una guerra, e secondo il diritto internazionale l’Ucraina ha il diritto di difendersi e questo implica anche raid su obiettivi militari in Russia“, scandisce il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al suo arrivo in Consiglio Ue per la riunione dei ministri della Difesa dei Ventisette.Il tempo di pensare in termini di offesa e contrattacco sono giunti. Il presidente ucraino, a Bruxelles per  visite e incontri istituzionali, incassa il sostegno dei partner occidentali ad andare avanti attraverso un rinnovato sostegno, forte del via libera dell‘Assemblea parlamentare della Nato alla rimozione dei vincoli di utilizzo di mezzi ed equipaggiamenti forniti. A grande maggioranza viene votata la dichiarazione che esorta i 32 governi dei Paesi dell’Alleanza a di “sostenere l’Ucraina nel suo diritto internazionale di difendersi eliminando alcune restrizioni sull’uso delle armi fornite dagli alleati della NATO per colpire obiettivi legittimi in Russia“.Per la ministra della Difesa dei Paesi Bassi, Kaija Ollongren, nulla di straordinario. “L’Ucraina è in guerra e deve difendersi”, ricorda. “Attacchi ucraini in suolo russo è qualcosa che non ho mai escluso, è fisiologico” perché la diretta conseguenza di un conflitto armato tra due parti. Mentre a nome dell’Unione europea, l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, arriva piena disponibilità ad andare avanti lungo il nuovo corso. Anche considerando l’apertura di un nuovo fronte a nord, verso Karchiv. “I nuovi sviluppi sul campo rendono la nostra assistenza militare ancora più importante“, sottolinea Borell, che annuncia per il Consiglio europeo di giugno le proposte di finanziamento per l’industria europea della difesa necessarie per tradurre in realtà la strategia annunciata a febbraio.

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    La Nato sta discutendo di un fondo da 100 miliardi di dollari per cinque anni per sostenere l’Ucraina

    Bruxelles – Ora è la Nato a riflettere sulla possibilità di un fondo per il sostegno dell’Ucraina, anche in ottica di un’eventuale elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Il vertice ministeriale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord di oggi (3 aprile) è ruotato attorno alla proposta del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, di “trasformare il pacchetto di assistenza globale all’Ucraina in un programma di assistenza pluriennale”, che potrebbe toccare i 100 miliardi di dollari per cinque anni. “Dobbiamo renderlo più solido e prevedibile, perché crediamo fermamente che il sostegno all’Ucraina debba dipendere meno dalle offerte volontarie a breve termine e più dagli impegni a lungo termine” dei 32 membri dell’Alleanza Atlantica.

    Il vertice dei 32 ministri degli Esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord a Bruxelles (3 aprile 2024)L’idea di “istituzionalizzare maggiormente” il supporto attuale fornito a Kiev è trapelato nel pomeriggio di ieri (2 aprile) ed è stato confermato questa mattina dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, nel suo intervento al Parlamento Europeo, prima di partecipare al vertice Nato: “Esamineremo questa idea, dobbiamo capire bene cosa significa nei contenuti, anche se dobbiamo ricordare che non siamo in guerra con la Russia e non invieremo un solo solato italiano in Ucraina”. Facendo ingresso al quartier generale della Nato, è stato lo stesso segretario generale Stoltenberg a spiegare che “un ruolo più forte dell’Alleanza nel coordinare e fornire supporto è il modo per porre fine a questa guerra, in modo che l’Ucraina prevalga“, specificando solo che l’idea è quella di “garantire una maggiore prevedibilità e fiducia nel fatto che il supporto arriverà ogni mese e ogni anno per un lungo periodo”. In ogni caso “non ci sarà alcuna finalizzazione durante l’incontro di oggi e domani”, ha messo in chiaro Stoltenberg: “Speriamo di procedere verso il consenso e di avere un accordo entro il vertice Nato” in programma a Washington il 9-11 luglio.

    Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (3 aprile 2024)La proposta del segretario generale Stoltenberg – che dovrebbe prevedere contributi nazionali “in base al prodotto interno lordo dei Paesi membri” dell’Alleanza, ha reso noto la ministra degli Esteri belga, Hadja Lahbib – risponde alle difficoltà sul terreno per l’esercito ucraino, ma anche a una potenziale situazione di crisi del supporto occidentale in futuro. “La situazione sul campo di battaglia è grave, vediamo che la Russia sta spingendo e tenta di vincere questa guerra” grazie al supporto “fondamentale” degli alleati del Cremlino, ha continuato Stoltenberg: “La Cina sostiene l’economia di guerra della Russia, in cambio Mosca sta ipotecando il suo futuro a Pechino”, mentre “Corea del Nord e Iran forniscono ingenti forniture di armi e munizioni e in cambio Pyongyang e Teheran ricevono tecnologie russe che li hanno aiutati a migliorare le capacità missilistiche e nucleari”.

    (credits: Nikolay Doychinov / Afp)Ma se da una parte è necessario “difendere un ordine globale governato dalla legge e non dalla forza”, dall’altro va considerato il rischio del ritorno di Trump alla Casa Bianca e il suo impatto sul sostegno armato all’Ucraina. Considerato il continuo stallo del pacchetto di aiuti militari statunitensi da 60 miliardi di dollari al Congresso per l’opposizione repubblicana, è evidente il timore degli alleati europei di Washington di cosa comporterebbe una nuova amministrazione Trump sul fronte dell’invio di armi a Kiev per la difesa dall’invasione che dura da oltre due anni (oltre ai rischi stessi per la tenuta dei principi fondanti della Nato di fronte alle minacce russe). Ecco perché il vero obiettivo di Stoltenberg – prima di dare l’addio definitivo all’Alleanza Atlantica entro l’autunno – è quello di assicurare il futuro delle relazioni tra la Nato e l’Ucraina, a partire dalla tenuta stessa dell’afflusso degli aiuti militari. Con la proposta del fondo da 100 miliardi di dollari sarebbero i 32 alleati nel loro insieme ad assumere il coordinamento delle forniture di armi a Kiev, che invece al momento è gestito prevalentemente dagli Statu Uniti nel quadro del formato Ramstein.

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    La bandiera della Svezia sventola al quartier generale Nato a Bruxelles

    Bruxelles – E ora sono 32 bandiere che sventolano fuori dal quartier generale della Nato a Bruxelles. Con la cerimonia dell’alzabandiera svoltasi oggi (11 marzo) la Svezia ha fatto la sua prima apparizione ufficiale da nuovo membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, portando a compimento l’ultima fase dell’allargamento dell’Alleanza Atlantica nell’anno del 75esimo anniversario dalla firma del Trattato del Nord Atlantico a Washington nel 1949. “L’adesione alla Nato è positiva per la Svezia, per la stabilità del Nord e per la sicurezza dell’intera Alleanza“, ha messo in chiaro il segretario generale dell’organizzazione militare intergovernativa, Jens Stoltenberg, accogliendo al quartier generale di Bruxelles il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, a tre giorni dalla conclusione del processo di adesione di Stoccolma.

    La cerimonia dell’alzabandiera a Bruxelles (11 marzo 2024)Nell’arco di meno di un anno Stoltenberg ha visto issare due nuove bandiere, quella svedese e quella finlandese (il 4 aprile 2023), appena prima della fine del suo mandato da segretario generale a ottobre di quest’anno: “L’adesione della Svezia dimostra ancora una volta che la porta della Nato rimane aperta, nessuno può chiuderla, ogni nazione ha il diritto di scegliere la propria strada“. Una risposta chiara alle accuse dell’autocrate russo, Vladimir Putin, e alle polemiche sulla questione dell’allargamento della stessa Alleanza Atlantica in riferimento alle aspirazioni dell’Ucraina di farne parte in futuro. “Quando Putin ha lanciato la sua invasione due anni fa voleva meno Nato e più controlli sui suoi vicini, voleva distruggere l’Ucraina come nazione indipendente, ma ha fallito“, ha sottolineato con forza Stoltenberg in conferenza stampa: “La Nato è più forte, l’Ucraina è più vicina all’adesione come mai prima, e continuiamo a essere al suo fianco”.

    Da sinistra: il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (11 marzo 2024)A proposito del sostegno dei 32 alleati a Kiev, Stoltenberg ha ribadito che “la resa non è pace” – mettendo un punto fermo alla posizione della Nato rispetto alle parole del fine settimana del capo della Chiesa cattolica, Papa Francesco – e “continueremo a rafforzare l’Ucraina per dimostrare a Putin che non otterrà ciò che vuole sul campo di battaglia”, perché “Putin ha iniziato questa guerra e potrebbe finirla oggi, ma l’Ucraina non ha questa opzione“. Sulla stessa lunghezza d’onda il premier svedese: “La situazione della sicurezza nella nostra regione non era così seria dai tempi della Seconda Guerra Mondiale e la Russia continuerà a costituire una minaccia per la sicurezza euroatlantica nel prossimo futuro“. È per questo motivo che la Svezia ha chiesto di aderire all’Alleanza “per ottenere sicurezza, ma anche per garantirla”, ha assicurato Kristersson, anche se ha escluso la necessità di ospitare sul territorio nazionale armi nucleari o basi permanenti: “Non ci sono piani di espandere il numero di Paesi alleati Nato con armi nucleari“.Il protocollo di adesione di Svezia era stato firmato (insieme alla Finlandia) il 5 luglio 2022 – dopo la svolta strategica storica la politica di sicurezza nazionale tradizionalmente legata al non-allineamento – e da allora per Stoccolma è stata una strada in salita. A oltre 19 mesi dal vertice di Madrid, l’Ungheria era rimasto all’inizio di quest’anno l’unico Paese membro a non aver approvato in modo formale l’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza Atlantica, quando anche la Turchia aveva messo fine al suo durissimo blocco. Un mese e mezzo fa il premier ungherese, Viktor Orbán, aveva fatto cadere formalmente il suo breve ostruzionismo, ma lo stesso non aveva fatto il suo partito Fidesz, boicottando la sessione straordinaria di inizio mese. Trovatosi sotto pressione da parte degli altri membri – e messo con le spalle al muro dalla visita di Kristersson – il premier ungherese ha infine spinto i membri del suo partito a far crollare la resistenza. Il via libera da Budapest è arrivato infine lo scorso 26 febbraio, dopo l’incontro nella capitale ungherese tra i premier Orbán e Kristersson per discutere di cooperazione in materia di difesa e sicurezza.Svezia e Finlandia gli ultimi membri nella NatoPer diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.

    Il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergLa procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.