More stories

  • in

    Gaza, l’Ue certifica le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Ma non è ancora il momento di agire

    Bruxelles – A venti mesi dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, il Servizio europeo di Azione esterna (Seae) mette nero su bianco che “vi sono indicazioni che Israele violerebbe i propri obblighi in materia di diritti umani ai sensi dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele”. A dire il vero, è la seconda volta che il rappresentante speciale dell’Ue per i diritti umani, Olof Skoog, trae le stesse conclusioni: la prima già nel novembre scorso, su richiesta dell’allora Alto rappresentante Josep Borrel. Come allora però, il rischio è che il rapporto venga dimenticato in un cassetto senza alcuna conseguenza.“Le misure a disposizione ci sono, ma la domanda è: su cosa siamo in grado di concordare?”, ha affermato oggi (23 giugno) Kaja Kallas, che ha ereditato il difficile ruolo di capo della diplomazia europea. I ministri degli Esteri dei 27 hanno ricevuto il rapporto di Skoog già nel fine settimana e ne hanno discusso questa mattina con Kallas a Bruxelles. Lo scorso 20 maggio, 19 Stati membri avevano finalmente chiesto all’Alta rappresentante di avviare un esercizio di revisione del vasto accordo politico-commerciale che lega l’Unione europea a Israele, le cui disposizioni “si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici”.Dopo oltre 55 mila vittime palestinesi, le uccisioni di giornalisti e operatori umanitari, il blocco totale dell’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia e i raid durante la distribuzione del cibo – tutto documentato e denunciato da media, organizzazioni e tribunali internazionali -, le conclusioni del rapporto erano facilmente prevedibili. Quasi quanto l’impasse che arriva ora che i 27 dovranno decidere se sospendere l’Accordo con Israele, o se prendere altre misure o sanzioni nei confronti dello Stato ebraico, oppure se limitarsi ad avvertimenti verbali, richieste o appelli senza conseguenze concrete.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)“Quello di oggi è stato solo l’inizio del dibattito, non la sua conclusione”, ha spiegato Kallas a margine dell’incontro. La prima mossa sarebbe valutare se quanto denunciato dal rapporto faccia sì che Israele modifichi spontaneamente il proprio modo di condurre la guerra. L’Alta rappresentante ha confermato di aver già ricevuto la diplomatica risposta di Israele al rapporto: “Oltraggioso e indecente”, secondo quanto riportato dalla testata Politico.“Se la situazione non migliora, potremo discutere ulteriori misure a luglio“, durante il prossimo Consiglio Affari Esteri previsto il 15 del mese, ha proseguito Kallas. Per rivedere tutti gli aspetti del partenariato con Israele legati alla politica commerciale, i Paesi membri potrebbero decidere a maggioranza qualificata. Per imporre sanzioni, sospendere il dialogo politico o l’intero accordo, serve l’unanimità dei 27. Una chimera, quest’ultima, a rileggere le dichiarazioni del vicepremier italiano, Antonio Tajani, che già a fine maggio si oppose alla revisione dell’articolo 2 dell’accordo: “La nostra posizione è di andare avanti con il rapporto con Israele, pur non condividendo le scelte fatte a Gaza, cioè la sproporzione della reazione, l’uso eccessivo della forza che ha provocato migliaia di morti in quella parte della Palestina”, ha affermato.All’opposto, la Spagna ha reiterato la richiesta di “una sospensione immediata dell’accordo di associazione, un embargo sulle vendite di armi da parte dell’Unione europea ad Israele e sanzioni individuali contro tutti coloro che vogliono minare definitivamente la soluzione a due Stati”. Richieste che Tajani ha bollato come “velleitarie e utili per la politica interna”. In mezzo a questi due estremi, si collocano tutti gli altri Stati membri.Le conclusioni del rapporto redatto da Skoog finiranno giovedì sul tavolo del vertice dei capi di stato e di governo dei 27. “È inevitabile che i leader si troveranno di fronte al risultato della relazione”, ha confermato un alto funzionario dell’Ue. Ma il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, “non intende affatto sottoporre la questione ai leader per una decisione. Anche perché, siamo realistici, probabilmente non si raggiungerebbe l’unanimità”.

  • in

    Alla fine Kallas critica Netanyahu: “Israele deve difendersi, ma è andato oltre”

    dall’inviato a Strasburgo – “Quando è troppo è troppo. Israele ha il diritto di difendersi, ma quanto vediamo va al di là di questo diritto“. Alla fine Kaja Kallas riconosce pubblicamente le responsabilità dello Stato ebraico nella gestione della risposta agli attacchi di Hamas. L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue critica l’operato del governo di Benjamin Netanyahu nell’Aula di un Parlamento europeo che su questo l’ha incalzata, costringendola di fatto a esprimersi. All’orizzonte, c’è il Consiglio Ue Affari Esteri del prossimo 23 giugno, in cui Kallas svelerà le conclusioni sulla possibile revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele.Il dibattito tematico sulla situazione a Gaza è stato chiesto e ottenuto dal gruppo de laSinistra, che da Kallas ottiene quelle parole dure poco udite finora. Sì, l’Alta rappresentante ribadisce che “Israele ha il diritto di vivere, ma nessuno deve vivere nel terrore”. Una critica ad Hamas, che l’Ue riconosce come organizzazione terroristica, e dunque, sì, parole a sostegno dello Stato ebraico. “Dobbiamo fare pressione su Hamas, e in tal senso il mondo arabo può giocare un ruolo” importante, continua Kallas, attenta a usare toni comunque concilianti nei confronti del partner israeliano, a cui comunque non risparmia critiche e condanne.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Fermare gli aiuti mina decenni di impegni per il diritto umanitario”, scandisce. E’ questa una censura al governo di Netanyahu per il blocco di ciò che serve per la popolazione civile. “C’è un inaccettabile numero di morti”, continua l’Alta rappresentante. Che critica ancora: “Israele ha dichiarato che vuole il completo controllo della Striscia di Gaza, e questo è violazione del diritto internazionale, e va chiamato con il suo nome“. Vanifica anche gli sforzi diplomatici della stessa Ue per una pace duratura in Medio Oriente. “La soluzione a due Stati è l’unica possibile“.C’è poi la questione del fanatismo ebraico, che a detta di Kallas non viene affrontato da chi di dovere, vale a dire il capo di governo israeliano e il collegio dei ministri. “La violenza dei coloni sta aumentando, e questo è inaccettabile”, affonda ancora, e ricorda che “la distruzione delle case sta portando a sfollati” palestinesi. “Israele deve contrastare i suoi stessi estremisti“.Gli affondi di Kallas contro l’attuale leadership israeliana non impediscono all’Alta rappresentante di uscire dall’emiciclo senza critiche. Al contrario, si abbattono su di lei con forza. Inizia Manon Aubry, la co-presidente de laSinistra, che apre il dibattito in quanto rappresentante del gruppo che ha richiesto la discussione. “Genocidio. Genocidio. Lo ripeto perché in questi mesi non avete mai usato questo termine”, l’esordio della francese, che quindi accusa: “Basta con questa complicità, perché lei è complice di tutto questo, con il suo silenzio“. In realtà, precisa immediatamente dopo la stessa Aubry, “l’Ue e i leader europei sono direttamente complici di genocidio”, e responsabili di ipocrisia: “Contro la Russia sono stati adottati 17 pacchetti di sanzioni, contro Israele, che sta compiendo genocidio, neanche un pacchetto. Questo è il doppio standard dell’Ue”.L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas [Strasburgo, 18 giugno 2025]Per i socialisti è l’occasione per tornare a chiedere interventi seri. “Netanyahu deve smetterla con questa carneficina. Dobbiamo imporre sanzioni a tutti i membri del governo”, sostiene Evin Incir. Richieste di sanzioni arrivano, con altri toni, dal collega di partito Nacho Amor Sanchez: “Si possono chiudere gli occhi davanti a tutto quello che sta accadendo? Il doppio standard è il cancro di questa Unione”.Anche i liberali europei non risparmiano critiche, che sono per Kallas e la linea morbida dell’esecutivo comunitario di cui l’Alta rappresentante fa parte. “Ogni giorno che passa l’Ue diventa complice di un genocidio“, lamenta Hilde Vautmans (Re). “Si, Israele può usare la forza per liberare gli ostaggi, ma Netanyahu sta punendo tutti i palestinesi, la fame è usata come strategia. Questa non è difesa. E’ tempo per sanzioni mirate sul governo, su chi impedisce agli aiuti di entrare, sospende l’accordo con Israele”. Si unisce Tieneke Strik (Verdi) a ricordare a Kallas che “Netanyahu commette crimini di guerra, e attacca l’Iran”, ed evidenziando che “questa non è difesa, è prevaricazione del diritto internazionale”. Chiede “azioni concrete”, che vuol dire sanzioni, contro Israele. Persino il Ppe chiede un cambio di passo: “Non possiamo essere l’Europa dei valori solo a parole”, incalza Sean Kelly, anch’egli convinto che “ignorare quanto accade a gaza sarebbe tradire tutto ciò per cui l’Ue è stata creata”.Kallas ascolta tutti gli interventi, e attende il momento della replica. Innanzitutto ricorda all’intera Aula che “non rappresento me stessa, ma 27 Stati membri“. Lo ricorda a quanti invocano misure restrittive. “Sulle sanzioni decidono gli Stati all’unanimità”, ricorda, e nel farlo spiega che prima di promettere qualcosa occorre avere la certezza che esistano le condizioni per potersi esporre. “Perché dovrei spingere per qualcosa che poi non avverrà?”, chiede, a proposito di un’unità che non c’è. “Fate pressione sui vostri governi”, l’invito agli europarlamentari. Quindi prova a difendere sé stessa: “Non sono mai stata in silenzio. Ho lavorato per alleviare le sofferenze di quanti vivono in Palestina”.

  • in

    Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”

    dall’inviato a Strasburgo – “Una versione vergognosa della nostra umanità si sta dispiegando davanti ai nostri occhi in tempo reale, e i nostri valori globali si stanno sgretolando a un ritmo sconvolgente, con conseguenze devastanti. In nessun luogo ciò è più chiaro che a Gaza“. Il re di Giordania, Abdallah II, affonda il colpo contro il governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Si rivolge all’Aula del Parlamento europeo per parlare di un alleato ormai considerato come ‘ex’, non più sostenibile perché insostenibile in come sta conducendo sempre più la propria lotta contro Hamas.“Ciò che sta accadendo oggi a Gaza viola il diritto internazionale, gli standard morali e i nostri valori comuni“, accusa il sovrano dello Stato arabo. “E stiamo assistendo a una trasgressione dopo l’altra in Cisgiordania, con una situazione che peggiora di giorno in giorno”. In questo Abdallah II invita il Parlamento europeo e l’Ue che rappresenta a prendere una posizione chiara. “Se la nostra comunità globale non agisce con decisione, diventiamo complici della riscrittura del significato dell’essere umani”, afferma riferendosi ai tentennamenti europei. “Se i bulldozer israeliani continuano a demolire illegalmente case, uliveti e infrastrutture palestinesi, allo stesso modo abbatteranno i guardrail che definiscono la condotta morale”.Il re di Giordania prova a scuotere il Parlamento europeo, animato da parlamentari provenienti da Stati diversi, alcuni dei quali ancora non riconoscono ancora la Palestina come Stato. E’ a loro che si rivolge, quando scandisce che “i  palestinesi, come tutti i popoli, meritano il diritto alla libertà, alla sovranità e, sì, anche allo Stato“.Il re di Giordania, Abdallah II, in Parlamento europeo [Strasburgo, 17 giugno 2025]Abdallah II non entra nel merito delle operazioni militari contro la Repubblica islamica, limitandosi a ricordare le implicazioni in termini di instabilità e incertezza che può avere un allargamento del conflitto nella regione. Insiste sulla situazione a Gaza, per inchiodare il governo israeliano alle proprie responsabilità: “Ripensate al 2023: i primi attacchi e raid israeliani contro un ospedale di Gaza scatenarono shock e indignazione a livello globale. Da allora, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha documentato quasi 700 attacchi contro le strutture sanitarie di Gaza“. Quindi la stoccata per il Parlamento europeo: “Com’è possibile che ciò che solo 20 mesi fa era considerato un’atrocità sia ora così comune da passare inosservato?” Il re di Giordania chiede un cambio di passo da parte dell’Europa. Lascia all’Unione la riflessione e l’onere delle scelte. “Quest’anno sarà probabilmente un momento di decisioni cruciali per il mondo intero”, scandisce. In tal senso “la leadership europea sarà fondamentale per scegliere la strada giusta”.L’intervento deciso del sovrano arabo finisce con l’animare il dibattito in Aula. Da una parte socialisti, verdi e sinistra radicale, decisi a chiedere linea dura contro il governo di Tel Aviv, A loro si contrappongono i popolari, i conservatori e i sovranisti, al fianco dello Stato ebraico. Mentre i liberali esitano. “Chiediamo alla Commissione Ue di verificare se è stato violato l’articolo 2 del trattato di associazione Ue-Israele, perché ci sono elementi che suggerirebbero di no”, scandisce la presidente di Re, Valerie Hayer: “Se effettivamente non fosse stato rispettato allora ci sarà da sospenderlo e anche considerare embargo”.La guerra di Israele contro l’Iran mette in ombra la catastrofe di GazaL’articolo citato specifica che le relazioni tra le Parti, e il valore dell’accordo, si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Qualcosa che per i socialisti è stato violato. “Vogliamo sanzioni contro il governo israeliano“, tuona la presidente dei socialisti (S&D), Iratxe Garcia Perez. , convinta che con quanto sta avvenendo a Gaza “si sta violando l’articolo 2 dell’accordo di associazione e dovremmo sospenderlo, imponendo un embargo sulle armi”. Inoltre, gli attacchi in Iran “sono contro il diritto internazionale e pone problemi si stabilità mondiale”.Stessa linea, e ancor più decisa, quella espressa da Manon Aubry (laSinistra): “Il nostro gruppo non vedrà mai il sostegno all’Iran, ma l’Ue giochi il suo ruolo per condannare le violazioni del diritto“. Perché, spiega, “Israele ha attaccato illegalmente l’Iran, in violazione del diritto internazionale”. Una violazione che, denuncia l’europarlamentare francese, “avviene ancora una colta col sostegno dei vertici europei”. Una critica, quest’ultima, diretta alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, incapace di prendere posizione. “L’obiettivo di Netanyahu è la diversione”, continua Aubry. “Il programma nucleare iraniano è un pretesto per far dimenticare che è sotto mandato d’arresto internazionale, che si sta consumando un genocidio a Gaza e creare le condizioni perché non si riconosca più uno stato palestinese”.“Siamo a favore di sanzioni contro il governo israeliano e i suoi membri”, scandisce Bas Eickhut, co-presidente del Verdi. “Siamo supercritici sul ruolo di Israele, e siamo uniti su questo”, e per questo “chiediamo di fermare l’accordo di associazione, perché i diritti umani non sono più rispettati”. Inoltre “vogliamo cessate il fuoco e accesso di aiuti umanitari”.Da sinistra: Iratxe Garcia Perez (presidente dei socialisti), Bas Eickhut (co-presidente dei Verdi), Manon Aubry (co-presidente laSinistra)Decisamente altri i toni usati dal Ppe, con il presidente dei popolari, Manfred Weber, che da una parte ribadisce vicinanza allo Stato ebraico sostenendo che “non vogliamo altra escalation fermo restando il diritto di Israele a difendersi”, e spostando l’attenzione su Teheran: “L’Iran non deve ottenere accesso ad armi nucleari”, dice in conferenza stampa. Solo in seconda battuta arriva la critica per la situazione in corso nei territori palestinesi: “Serve piano accesso degli aiuti umanitari a Gaza, la fame non può essere un’arma“.Nessuna condanna al governo di Netanyahu da parte di Nicola Procaccini, co-presidente dei conservatori europei (Ecr). “Abbiamo visto il ruolo giocato dai droni” nei conflitti in corso, scandisce, puntando il dito contro le attività della Repubblica islamica.

  • in

    L’Ue finanzia il colosso delle armi di Israele, ma assicura: “Nessun fondo per la guerra a Gaza”

    Bruxelles – Con i riflettori accesi sulla carneficina in corso a Gaza, dove i bombardamenti israeliani hanno ucciso più di 55 mila civili palestinesi, sul banco degli imputati finisce anche la Commissione europea: oltre al supporto incondizionato che Bruxelles ha garantito a Israele all’indomani del 7 ottobre – e che solo ora sembra voler seriamente rimettere in discussione -, emergono inquietanti e controversi legami tra alcuni fondi europei e l’industria della difesa di Tel Aviv.Poche settimane fa un’inchiesta condotta dai quotidiani belgi L’Echo e De Tijd ha svelato l’impiego di circa un miliardo di euro del fondo Ue per la ricerca e l’innovazione (Horizon) da parte di aziende del settore bellico israeliane. A cui si è aggiunta ieri (11 giugno) la pubblicazione da parte di Investigate Europe di dettagli sulla partecipazione del colosso delle armi Israel Aerospace Industries (Iai) a 15 progetti finanziati con il Fondo Ue per la difesa. La stessa azienda avrebbe piede in 8 progetti del fondo Horizon.In entrambi i casi, la Commissione europea si è auto-assolta assicurando di avere “solide misure di salvaguardia” per fare in modo che nessun centesimo proveniente da Bruxelles contribuisca a commettere violazioni dei diritti fondamentali. Ma sono tanti i dubbi – condivisi anche dalla Corte dei Conti dell’Ue – sull’efficacia dei meccanismi di monitoraggio sull’utilizzo dei fondi europei.L’indagine di Investigate Europe e Reporters United ne sono una conferma. In sostanza, l’Ue avrebbe ammesso la greca Intracom Defense, di proprietà quasi integralmente della più grande compagnia pubblica di armamenti israeliana, la Israeli Aerospace Industries, a 15 progetti finanziati dal Fondo europeo per la Difesa. Il FED, istituito nel 2017 dalla Commissione presieduta da Jean Claude Juncker, dovrebbe essere riservato alle sole compagnie europee. Ma ammette la possibilità dell’estensione a Paesi terzi, vincolata ad alcune garanzie che devono essere fornite dalle società stesse.il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e l’ex ministro della Difesa. Yoav Gallant, entrambi oggetto di un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale  (Photo by Abir SULTAN / POOL / AFP)Una sorta di autocertificazione, che poi viene vagliata da Bruxelles, e che ha permesso a Intracom Defense di usufruire di ben 15 progetti, di cui sette avviati dopo la risposta israeliana al 7 ottobre e dopo che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità al premier Benjamin Netanyahu e all’allora ministro dell Difesa Yoav Gallant. In particolare, il progetto più controverso, che ha l’obiettivo di sviluppare un drone armato e per cui Intracom – ovvero la Israeli Aerospace Industries – ha ricevuto 14 milioni di euro, è stato avviato nel dicembre 2024.Atene aveva comunicato a Bruxelles l’associazione di un’impresa proveniente da un Paese terzo al progetto e fornito le garanzie necessarie per il via libera della Commissione, ha ricostruito oggi il portavoce dell’esecutivo Ue Thomas Regnier. “Per quanto riguarda le restrizioni al trasferimento di informazioni sensibili o dei risultati del progetto, disponiamo nuovamente di chiare garanzie per assicurare che nessun progetto nell’ambito dell’EDF violi il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale e i diritti fondamentali”, ha assicurato. Secondo quanto rivelato da Investigate Europe, la valutazione da parte di Bruxelles era stata effettuata nel giugno 2023, prima dello scoppio della guerra tra Israele e Hamas.“Naturalmente il monitoraggio e la valutazione continuano, come è sempre stato fatto”, ha aggiunto Regnier, bollando però come “altamente speculativa” qualsiasi ipotesi di revisione di tali finanziamenti.

  • in

    Il Regno Unito impone sanzioni contro due ministri estremisti del governo di Israele

    Bruxelles – Cinque alleati internazionali dell’Unione europea hanno imposto sanzioni contro i due ministri più estremisti del governo di Israele. Regno Unito, Canada, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda compiono finalmente un passo che a Bruxelles non è ancora riuscito, nonostante l’ex Alto rappresentante per gli Affari esteri, Josep Borrell, l’avesse suggerito quasi un anno fa.Il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, e il ministro per la Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, sono responsabili di “incitazione alla violenza e di gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi“, sostengono i cinque Paesi che hanno deciso di congelare i beni dei due membri dell’esecutivo di Benjamin Netanyahu e di vietare loro l’ingresso sul territorio nazionale.“La retorica estremista che sostiene lo sfollamento forzato dei palestinesi e la creazione di nuovi insediamenti israeliani è spaventosa e pericolosa. Queste azioni sono inaccettabili“, si legge nella dichiarazione congiunta. I due ministri sono entrambi leader del partito Sionismo Religioso, il cui programma prevede esplicitamente l’annessione della Cisgiordania e il pieno controllo israeliano del territorio compreso tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano. Rifiuta l’idea di uno Stato Palestinese e chiede la cancellazione degli Accordi di Oslo del 1993, con cui Israele e l’allora Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) si impegnarono per un reciproco riconoscimento.Benjamin Netanyahu e Bezalel Smotrich (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)Dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, Smotrich e Ben Gvir hanno indurito sempre di più la propria retorica anti-palestinese, arrivando ad affermare il primo che affamare la popolazione di Gaza potrebbe essere giustificabile e il secondo che bisognerebbe espellere i palestinesi dalla Striscia. Ben Gvir ha addirittura lasciato il governo quando è stato pattuito il cessate il fuoco, rientrando a farne parte una volta saltato l’accordo. “Abbiamo discusso ampiamente la questione con il governo israeliano, ma i responsabili delle violenze continuano ad agire con incoraggiamento e impunità“, sostengono Londra, Oslo e gli altri partner.Secondo i dati delle Nazioni Unite, nell’ultimo anno e mezzo sono stati compiuti oltre 1.900 attacchi contro civili palestinesi da coloni israeliani estremisti. “Il governo israeliano deve rispettare gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto internazionale e lo esortiamo ad adottare misure significative per porre fine alla retorica estremista, violenta ed espansionista”, prosegue la dichiarazione congiunta. I cinque governi alleati di Tel Aviv sottolineano che “le misure odierne sono rivolte contro individui che, a nostro avviso, minacciano la sicurezza di Israele e la sua posizione nel mondo”.Le risposte dei due ministri non stupiscono: “La Gran Bretagna ha già tentato una volta di impedirci di colonizzare la culla della nostra patria e non glielo permetteremo di nuovo. Siamo determinati a continuare a costruire”, ha scritto su X Smotrich. Mentre Ben-Gvir ha preferito un altro riferimento religioso: “Abbiamo superato il Faraone, supereremo anche il Muro di Starmer”, ha commentato.In chiusura alla dichiarazione congiunta, il riferimento a Gaza: “Le misure odierne si concentrano sulla Cisgiordania, ma ovviamente non possono essere considerate separatamente dalla catastrofe di Gaza“, scrivono i cinque governi, che ribadiscono a Tel Aviv l’opposizione a qualsiasi “trasferimento illegale di palestinesi da Gaza o all’interno della Cisgiordania” e a qualsiasi “riduzione del territorio della Striscia di Gaza”.Salta all’occhio l’assenza di Stati Uniti ed Unione europea dalla decisione congiunta di alcuni dei loro maggiori partner internazionali. Nel regime Ue di sanzioni per violazioni dei diritti umani, sono già presenti nove individui e cinque entità legati alle colonie illegali israeliane nei territori palestinesi occupati. L’idea di aggiungere i due ministri è stata già rilanciata allo scorso Consiglio Affari Esteri da diversi governi – Svezia, ma anche Francia, Spagna, Irlanda e Slovenia -, ma per ora non se n’è fatto nulla. Alla prossima riunione dei ministri degli Esteri dei 27, il 23 giugno, in ballo c’è la possibile revisione dell’Accordo di associazione con Israele a causa di violazioni dei diritti umani. C’è da aspettarsi che, ora che il passo è stato già compiuto da altri, la possibilità di sanzionare i ministri di Netanyahu si faccia più concreta anche a Bruxelles.

  • in

    Otto membri dell’equipaggio della Freedom Flotilla hanno rifiutato l’espulsione da Israele

    Bruxelles – C’è anche l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan tra gli otto membri dell’equipaggio della Freedom Flotilla che si sono rifiutati di firmare i documenti di espulsione da Israele, e che si trovano ora in stato di detenzione. “Saranno portati davanti a un’autorità giudiziaria, in conformità con la legge israeliana, per autorizzarne l’espulsione”, riferisce il ministero degli Esteri di Tel Aviv. Già in volo verso la Svezia è invece l’attivista Greta Thunberg.Questa mattina il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, aveva annunciato che solo uno dei sei cittadini francesi partiti a bordo della Madleen ha accettato la partenza volontaria e “dovrebbe rientrare oggi”. Gli altri cinque “saranno sottoposti a un’espulsione forzata”. Tutti quanti avrebbero incontrato le rappresentanze consolari dei Paesi di appartenenza all’aeroporto Ben Gurion. La Freedom Flotilla Coalition ha confermato in una  nota i nomi di chi verrà rimpatriato oggi: oltre all’attivista svedese, anche lo spagnolo Sergio Toribio – già atterrato a Barcellona – e il giornalista francese di Al Jazeera Omar Faiad. Secondo la lista del collettivo, anche il quarto è di nazionalità francese, si tratterebbe di Baptiste Andre.Secondo l’organizzazione palestinese di assistenza legale in Israele, Adalah, l’intercettazione della Madleen e l’arresto di attivisti disarmati che trasportavano aiuti umanitari “violano il diritto internazionale”. Adalah ha promesso che “intraprenderà azioni legali per garantire la sicurezza e il rilascio degli attivisti”. Israele sostiene invece che la zone marittima al largo della costa di Gaza “è chiusa alle imbarcazioni non autorizzate in base a un blocco navale legale, in conformità con il diritto internazionale”.

  • in

    Freedom Flotilla, l’Ue si fa da parte: “Responsabilità degli Stati di appartenenza”

    Bruxelles – La detenzione dell’equipaggio della Freedom Flotilla in Israele? L’Unione europea se ne lava le mani. Con una dichiarazione arrivata poco dopo le 17 del pomeriggio di oggi (9 giugno) – dunque a oltre 14 ore dall’intercettazione dalla nave e dall’arresto dei dodici volontari, tra cui l’eurodeputata francese Rima Hassan – la Commissione europea formula una breve dichiarazione in cui spiega che la responsabilità ricade sui Paesi di provenienza degli attivisti. “Le autorità responsabili di garantire la protezione consolare sono gli Stati di appartenenza dei cittadini“, è tutto quel che ha da dire per ora l’esecutivo Ue per bocca di un portavoce.L’eurodeputata franco-palestinese, l’attivista svedese Greta Thunberg, insieme agli altri volontari (5 francesi, un turco, uno spagnolo, un olandese, un inglese e una tedesca), sono attualmente trattenuti dalle autorità israeliane al porto di Ashdod, una trentina di chilometri a sud di Tel Aviv. L’imbarcazione e il carico di aiuti umanitari che trasportava confiscati. “L’equipaggio della Freedom Flotilla è detenuto illegalmente da Israele da oltre 14 ore, in seguito all’altrettanto illegale intercettazione della loro nave umanitaria mentre consegnava aiuti a Gaza, al di fuori delle acque territoriali israeliane”, si legge nel profilo X di Hassan, così come il quello degli altri attivisti che chiedono senza sosta da giorni di fare pressione sui governi occidentali.La Madleen del collettivo Freedom Flotilla [Ph: Account X FFC]L’Eliseo ha dichiarato oggi che la Francia si adopererà per garantire il rapido ritorno in patria dei sei cittadini francesi, la Spagna e la Turchia hanno condannato l’azione israeliana. Non una parola di condanna, né il tradizionale “seguiremo da vicino la vicenda” né, tantomeno, la presa di contatto con le autorità israeliane, da parte di Bruxelles. “L’Ue ribadisce il suo appello urgente per la ripresa immediata, senza ostacoli e continua degli aiuti su vasta scala a Gaza, nel pieno rispetto dei principi umanitari, e chiede l’immediato cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi”, ha aggiunto il portavoce della Commissione europea.Ai vertici della Commissione europea, in primis alla presidente Ursula von der Leyen e all’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, hanno indirizzato una lettera urgente 41 eurodeputati, su iniziativa della delegazione di Alleanza Verdi Sinistra a Bruxelles. I firmatari – che provengono dai gruppi dei Verdi/Ale, The Left, S&d e Renew – fanno appello all’esecutivo Ue affinché invochi “il rilascio immediato dei volontari detenuti e la protezione degli operatori umanitari europei”, condanni “pubblicamente” l’attacco alla nave “e il sequestro dell’equipaggio e degli aiuti”. Di fronte alla “palese aggressione”, i 41 chiedono “misure concrete”: la sospensione “degli scambi commerciali e della cooperazione” con Israele e “un embargo totale sulle armi“. Per fugare ogni dubbio, chiedono a Bruxelles che “chiarisca la posizione ufficiale sulle ripetute e crescenti violazioni del diritto internazionale umanitario da parte del governo israeliano”.Greta Thunberg e Rima Hassan insieme a parte dell’equipaggio della Madleen [Ph: Account Instagram Rima Hassan]Pochi minuti fa ha battuto un colpo la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, in visita negli Stati Uniti: “Negli ultimi giorni e nelle ultime ore” Metsola sarebbe stata in “costante contatto con le autorità israeliane e i leader dei gruppi politici del Parlamento europeo per garantire la sicurezza della deputata Rima Hassan, una delle persone a bordo della nave Madleen, e di tutti i suoi accompagnatori”, fa sapere l’ufficio del portavoce della presidente.La situazione è “ancora in corso e rimarremo in contatto 24 ore su 24 con tutte le parti fino a quando non sarà risolta in sicurezza”, aggiungono dallo staff di Metsola, sottolineando (ma generalizzando il problema e sfuggendo dunque da una richiesta diretta verso Israele) che “il Parlamento europeo insisterà sempre affinché tutti i suoi deputati siano tutelati e trattati con rispetto, in quanto rappresentanti eletti dei cittadini europei, ovunque si trovino nel mondo”. Su quest’ultimo punto, alza l’allarme Amnesty International, che in un comunicato ha chiesto “il rilascio immediato e incondizionato” dell’equipaggio della Madleen ed evidenzia che “devono inoltre essere protetti dalla tortura e da altri maltrattamenti”.Dal porto di Ashdod, i 12 volontari dovrebbero essere trasferiti in un centro di detenzione nella città israeliana di Ramla per poi venire rimpatriati. Nel frattempo, secondo il ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas, nella Striscia sarebbero rimasti uccisi anche oggi 47 cittadini palestinesi, e 388 feriti a causa dei raid dell’esercito israeliano.

  • in

    In Irlanda è pronta una legge per vietare le importazioni dagli insediamenti israeliani nella West Bank

    Bruxelles – L’Irlanda potrebbe diventare il primo Stato membro dell’Ue a vietare l’importazione di beni prodotti negli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Il governo irlandese presenterà domani (27 maggio) una proposta di legge che, se approvata, renderebbe reato l’acquisto di prodotti israeliani provenienti dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est, aree considerate illegalmente occupate dallo Stato ebraico secondo il diritto internazionale.Il disegno di legge, annunciato dal tánaiste e ministro degli Esteri e del Commercio Simon Harris, si inserisce in un contesto di crescente attenzione internazionale sulla situazione a Gaza. “È evidente che si stanno commettendo crimini di guerra: i bambini vengono affamati e il cibo è usato come arma”, ha dichiarato Harris al Financial Times: “Il mondo non ha fatto abbastanza, e dobbiamo agire”. La proposta irlandese rappresenta il primo tentativo concreto all’interno dell’Ue di introdurre una restrizione commerciale mirata nei confronti degli insediamenti israeliani.Insediamenti israeliani in CisgiordaniaIl disegno di legge prevede il divieto di importazione di beni fisici come datteri, arance, olive, legname e cosmetici, provenienti da insediamenti israeliani. A rimanere esclusi dal provvedimento sarebbero invece i prodotti realizzati da aziende palestinesi nella stessa area, come l’olio d’oliva Zaytoun. Tra il 2020 e il 2024, il valore complessivo delle importazioni irlandesi da questi territori è stato di appena 685.000 euro, ma la portata del provvedimento è considerata altamente simbolica. Oltre ai beni materiali, è in corso un dibattito giuridico sull’inclusione dei servizi, come turismo e tecnologia. Più di 400 accademici e giuristi irlandesi hanno firmato una lettera aperta a sostegno dell’estensione del divieto anche a settori come l’ospitalità, sottolineando come non vi siano ostacoli insormontabili nel diritto irlandese, europeo o internazionale a un provvedimento di questo tipo. Se inclusi, i servizi potrebbero coinvolgere aziende come Airbnb, che ha la propria sede europea a Dublino e sarebbe quindi soggetta alla normativa irlandese. Nel 2019, Airbnb aveva inizialmente annunciato il ritiro delle sue inserzioni nei territori occupati, salvo poi fare marcia indietro in seguito a cause legali, decidendo infine di devolvere i profitti derivanti da quelle attività a organizzazioni umanitarie. Harris ha dichiarato di non avere obiezioni politiche all’estensione del divieto ai servizi, confermando di aver ricevuto pareri legali secondo cui l’inclusione sarebbe attualmente impossibile.Sebbene il commercio sia una competenza dell’Unione Europea, esistono eccezioni in cui gli Stati membri possono agire autonomamente, specialmente in situazioni considerate di “straordinaria gravità”. A tal fine, l’Irlanda si richiama a un parere consultivo emesso lo scorso anno dalla Corte internazionale di giustizia, secondo cui gli Stati devono “adottare misure per impedire relazioni commerciali o d’investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale nei territori palestinesi occupati”.A livello comunitario, il provvedimento giunge pochi giorni dopo che una maggioranza di Stati membri ha votato per una revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele del 1995. Una richiesta simile, avanzata da Irlanda e Spagna nel febbraio 2024, era stata in precedenza respinta dalla Commissione europea. L’esecutivo comunitario ha dichiarato che commenterà la proposta solo dopo che sarà adottata dal parlamento irlandese e formalmente trasmessa a Bruxelles. “Vogliamo fare qualcosa di significativo, ma un’azione collettiva dell’Unione avrebbe un impatto molto più forte“, ha osservato Harris.