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    Israele ha attaccato una base militare in Iran, fonti Ue: “Impatto molto limitato, è un’azione minore”

    Bruxelles – L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ribadisce l’invito alla “massima moderazione per tutti gli attori” in seguito alle notizie dell’attacco compiuto questa mattina (19 aprile) da Israele contro una base militare a Isfahan, provincia nel centro dell’Iran. La reazione di Tel Aviv alle centinaia di missili e droni lanciati da Teheran il 13 aprile arriva nonostante l’appello del Consiglio europeo a prendere ogni precauzione per scongiurare una pericolosa escalation.Ma da Bruxelles chiudono un occhio e buttano acqua sul fuoco: “Abbiamo visto un impatto molto limitato“, ha commentato un alto funzionario Ue: “È vero che abbiamo chiesto di non fare nulla, ma è un’azione minore”. Insomma, la linea è che se fosse questa la temuta ritorsione all’attacco iraniano, allora si può tirare un sospiro di sollievo. Perché le esplosioni a Isfahan non avrebbero causato nessun danno significativo, fanno sapere le autorità iraniane, e soprattutto perché Teheran non avrebbe per ora l’intenzione di rispondere nuovamente alla provocazione.L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, a Capri per il G7 Esteri, 19/4/24L’offensiva iraniana del 13 aprile, che il regime ha dovuto lanciare in risposta al bombardamento israeliano sull’ambasciata di Teheran a Damasco, è “stato un errore strategico enorme”, ha dichiarato un alto funzionario a Bruxelles. Perché “è ovvio che Israele ora trae dall’attacco dell’Iran un vantaggio politico a Gaza”. Ha spostato l’attenzione sulla scala regionale del conflitto – mettendo in ombra la catastrofe umanitaria di Gaza – e ha inevitabilmente riavvicinato l’Occidente a Israele. Tant’è che anche a livello dei 27, mentre la distruzione dell’ambasciata iraniana in Siria da parte delle forze di difesa israeliane non è stata condannata perché “gli Stati membri la vedono in modo diverso“, gli stessi Paesi Ue hanno messo nero su bianco nelle conclusioni del vertice europeo che “prenderanno ulteriori misure restrittive contro l’Iran” in risposta alla sua pericolosa aggressività militare.L’accordo politico potrebbe arrivare già lunedì 22 aprile, in occasione della riunione dei ministri degli Esteri Ue a Lussemburgo. “Ne stiamo discutendo già da tempo. L’attacco iraniano contro Israele non ha fatto altro che rafforzare la discussione”, spiegano fonti Ue. Oltre al regime di sanzioni per le violazioni dei diritti umani, la repubblica islamica soggetta anche ad un quadro di misure restrittive per il trasferimento di droni militari verso la Russia. L’idea del Servizio di Azione Esterna dell’Ue (Seae) è quella di ampliare quest’ultimo regime inserendo anche i missili, e di estenderlo geograficamente, sanzionando cioè non solo gli apparecchi diretti a Mosca, ma anche il trasferimento di droni e missili a gruppi e organizzazioni non statali vicine a Teheran nella regione.Il Seae starebbe cercando inoltre gli appigli legali per colpire con le sanzioni non solo il trasferimento di missili e droni, ma anche la loro produzione. In ogni caso, il semaforo verde che può accendersi lunedì riguarda solo il quadro di riferimento: “Finora non ci sono nomi ed entità”, ha precisato la fonte.

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    Sanzioni ai coloni israeliani violenti, l’Ue ha trovato l’accordo politico

    Bruxelles – L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, è riuscito nell’impresa di mettere d’accordo tutti i Paesi membri sulla proposta di un primo pacchetto di sanzioni ai coloni israeliani responsabili di azioni violente contro il popolo palestinese nei territori occupati. Oggi (18 marzo) alla riunione dei ministri degli Esteri dei 27 è stato trovato “l’accordo politico” e ora si proseguirà “per una piena adozione il più presto possibile”.L’ha annunciato lo stesso Borrell, in conferenza stampa a margine dei lavori. Le misure restrittive saranno individuali e consisteranno nel divieto di ingresso sul territorio comunitario e nel congelamento dei beni detenuti in Ue. Superata così l’opposizione dell’Ungheria, che aveva impedito l’unanimità necessaria per il via libera politico all’ultimo consiglio Affari esteri lo scorso 19 febbraio. Budapest “si è astenuta”, ha dichiarato Borrell. Facendosi da parte e lasciando avanzare il dossier.

    Josep Borrell al Consiglio Ue Affari Esteri, 18/03/24“Abbiamo già preparato la lista di persone da sanzionare, ora dobbiamo solo sottoporla al Coreper (il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue, ndr) perché sia adottata“, ha proseguito il capo della diplomazia europea. In questo modo l’Ue si adeguerebbe a misure simili già intraprese da Stati Uniti e Regno Unito e unilateralmente anche da Francia e Belgio.Per cercare di aumentare la pressione sulle autorità israeliane, la cui risposta militare agli attacchi di Hamas del 7 ottobre ha causato più di 30 mila vittime e sta provocando una gravissima crisi umanitaria nella Striscia, i ministri degli Esteri dell’Ue avrebbero inoltre proposto di invitare nuovamente l’omologo israeliano, Israel Katz, al prossimo Consiglio Ue Affari Esteri. Rispondendo a una domanda su quali azioni più efficaci potrebbe intraprendere Bruxelles alla luce dell’allarme carestia a Gaza, Borrell è parso rassegnato e ha risposto: “L’unica azione è la pressione politica e diplomatica su Israele”.

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    L’Ue pronta a imporre sanzioni contro i coloni israeliani violenti

    Bruxelles – Il piano di imporre misure restrittive ai coloni israeliani estremisti in Cisgiordania è fermo sul tavolo dei 27 Paesi Ue da dicembre. A poco a poco si sono convinti tutti, rimaneva solo l’ostruzionismo dell’Ungheria di Viktor Orban. Ma lunedì 18 marzo i ministri degli Esteri dell’Ue dovrebbero raggiungere l’accordo politico per un primo pacchetto di sanzioni contro coloni che si sono macchiati di atti di violenza contro il popolo palestinese.Secondo quanto dichiarato da un alto funzionario europeo, l’Ue procederà parallelamente all’introduzione di nuove sanzioni contro Hamas. I due regimi dovrebbero essere approvati separatamente: prima “quello sui crimini sessuali commessi da Hamas nell’attacco del 7 ottobre”, poi il pacchetto sui coloni. Alcuni Stati membri infatti, avrebbero posto come linea rossa l’approvazione delle sanzioni contro Hamas prima di procedere con quelle dirette agli insediamenti illegali israeliani. Ma “non c’è nessuno Stato membro, al momento, che si oppone ai due regimi“, ha confermato la fonte.L’accordo politico di principio dovrebbe arrivare dunque al Consiglio Ue Affari Esteri di lunedì, per poi essere formalizzato in un secondo momento. Solo dal 7 ottobre, l’Ufficio delle Nazioni Unite Ocha-Opta ha registrato 646 attacchi di coloni israeliani contro palestinesi. Causando feriti, danni alle proprietà e 9 vittime.Dopo le sanzioni imposte da Stati Uniti, Regno Unito e Francia, che hanno vietato l’ingresso ad alcuni coloni estremisti sul proprio territorio nazionale, anche l’Ue sembra decisa a muoversi. Incalzata anche da Belgio, Spagna e Irlanda, che hanno dichiarato più volte di essere pronti a procedere in autonomia se Bruxelles non riuscisse a trovare un accordo. Proprio oggi il dipartimento di Stato americano ha aggiunto altri tre coloni alla sua lista e, per la prima volta, anche due interi insediamenti israeliani in Cisgiordania.

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    Il tredicesimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia è ufficiale. Colpite anche Cina e Corea del Nord

    Bruxelles – Ci sono anche quattro aziende registrate in Cina e il ministro della Difesa della Corea del Nord nei quasi 200 individui ed entità che l’Ue ha colpito con l’adozione del tredicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Per la prima volta – alla vigilia del secondo anniversario del conflitto – arriva lo strappo con Pechino.Per la precisione 106 persone e 88 entità, che vanno ad aggiungersi a una lista nera di oltre 2000 soggetti che Bruxelles ritiene responsabili di “azioni che minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”. E a cui, come tali, sono imposti il divieto di ingresso nel territorio comunitario e il congelamento dei beni posseduti nei Paesi membri. Le designazioni adottate oggi riguardano principalmente i settori militare e della difesa: più di 140 delle società e individui colpiti fanno parte del complesso militare-industriale russo, che producono missili, droni, sistemi missilistici antiaerei, veicoli militari, componenti ad alta tecnologia per armi e altre attrezzature militari.Segnale forte anche contro i partner del Cremlino: l’Ue ha preso di mira 10 società e persone russe coinvolte nella spedizione di armamenti dalla Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC) in Russia, oltre Kang Sun-nam, ministro della Difesa del regime di Kim Jong-un, e diverse società e persone bielorusse che forniscono supporto alle forze armate russe. E per interrompere la catena di approvvigionamento per lo sviluppo e la produzione di droni militari, Bruxelles ha imposto sanzioni a quattro aziende registrate in Cina e a una ciascuna registrata in Kazakistan, India, Serbia, Thailandia, Sri Lanka e Turchia, operanti nel settore dei componenti elettronici.“Mentre raggiungiamo il triste traguardo dei due anni dall’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, l’Unione europea continua a esercitare pressioni sulla Russia”, ha rivendicato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, sottolineando che oltre prendere di mira chi fornisce attrezzature militari alla Russia, Bruxelles ha individuato ulteriori responsabili “della deportazione illegale e della rieducazione militare dei bambini ucraini”. I nuovi elenchi includono infatti anche 15 persone e 2 entità coinvolte nel trasferimento forzato, nella deportazione e nell’indottrinamento militare di bambini ucraini, anche in Bielorussia.Attraverso i tredici pacchetti di sanzioni a Mosca, l’Ue ha congelato in due anni asset russi per un valore di oltre 200 miliardi di euro. Secondo i dati della Commissione europea, il fatto che – nonostante le sanzioni economiche occidentali – l’economia russa continua a crescere sulla carte, è dovuto sostanzialmente alla spesa militare “in forte aumento”, arrivata nel 2024 al 6 per cento del Pil, ovvero a circa 109 miliardi di euro. Quella russa è diventata insomma un’economia di guerra, con il rublo che è calato di oltre il 20 per cento rispetto al dollaro nel 2023 e con la spesa militare che è aumentata del 79 per cento tra il 2021 e il 2023, superando per la prima volta la spesa sociale.

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    Il tredicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia è pronto e colpirà anche alcune aziende cinesi

    Bruxelles – L’Unione europea segnerà il secondo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina con l’approvazione del tredicesimo pacchetto di sanzioni a Mosca. A tre giorni dal 24 febbraio, gli ambasciatori dei 27 hanno dato il via libera all’applicazione di misure restrittive a quasi 200 individui ed entità, che vanno ad aggiungersi agli oltre 2000 soggetti vicini al Cremlino già sanzionati in due anni di guerra.Il pacchetto sanzionatorio sarà ora adottato formalmente dal Consiglio con procedura scritta entro la data simbolica auspicata del 24 febbraio. “Uno dei più ampi” approvati finora, ha sottolineato nel dare l’annuncio la presidenza belga dell’Ue.  Il pacchetto si dovrebbe concentrare sulla lotta all’elusione delle misure restrittive – in continuità con il dodicesimo – e sulle reti di approvvigionamento di tecnologia avanzata e equipaggiamento militare del Cremlino.In particolare, Bruxelles vuole colpire le aziende che riforniscono Mosca dei componenti per la costruzione di droni, che vengono poi utilizzati nei bombardamenti sulle città ucraine. “Dobbiamo continuare a ridurre la macchina da guerra di Putin. Con 2000 nomi in totale, manteniamo alta la pressione sul Cremlino. Stiamo anche riducendo ulteriormente l’accesso della Russia ai droni”, ha commentato in un post su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.Oltre a diverse imprese russe, l’Ue avrebbe inserito nella lista nera anche aziende turche e della Corea del Nord. Ma soprattutto, a quanto si apprende le nuove sanzioni prenderanno di mira – per la prima volta – anche tre aziende cinesi che avrebbero fornito tecnologia militare a Mosca. “La Russia sta pagando per le sue azioni. Il tredicesimo pacchetto di sanzioni concordato oggi dall’Ue ridurrà ulteriormente la produzione dell’arsenale del Cremlino e frammenterà la sua cassa di guerra”, ha esultato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.

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    L’Ue vuole intitolare all’oppositore russo Alexei Navalny il regime di sanzioni per i diritti umani

    Bruxelles – Intitolare il regime europeo di sanzioni per i diritti umani ad Alexei Navalny, l’oppositore russo morto venerdì (16 febbraio) in carcere ad alta sorveglianza in Russia, dove era detenuto da quasi tre anni. Questa la proposta con cui il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha fatto ingresso questa mattina (19 febbraio) al Consiglio Ue Affari Esteri a Bruxelles, che ha visto anche la partecipazione della vedova di Navalny, Yulia Navalnaya, a cui i ministri dell’Ue hanno inviato in una dichiarazione un forte messaggio “di sostegno ai combattenti per la libertà in Russia”.I am proposing to EU Member States to rename our Global Human Rights Sanctions Regime the “Navalny Regime”.To honour his memory, for his name to be written on the work of the EU in the defence of human rights around the world. pic.twitter.com/yIGfpcDWBE— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 19, 2024Una proposta accolta oggi ‘politicamente’ dai 27 ministri dell’Ue e che ora andrà formalmente adottata a livello tecnico dagli ambasciatori degli Stati membri. “Per rendere omaggio ad Alexei Navalny lentamente assassinato dal regime di Putin e onorare la sua memoria ho proposto ai ministri di rinominare il regime di sanzioni dell’Ue per i diritti umani con il suo nome”, ha spiegato questa mattina l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza. Sarà il ‘regime Navalny per le sanzioni Ue per la tutela dei diritti umani’ affinché il suo nome sia scritto per sempre nel lavoro per la tutela dei diritti umani”, ha precisato.Il regime europeo di sanzioni dei diritti umani è stato inaugurato dall’Ue non molto tempo fa, a dicembre 2020. Una ‘legge Magnitsky europea’, ovvero un nuovo regime di sanzioni dedicato a colpire i responsabili di violazioni dei diritti umani, per rispondere a chi accusa l’Europa di essere troppo lenta o poco coraggiosa nei confronti di chi viola i diritti umani. Il nome di Navalny, 47 anni, era diventato celebre in occidente per il tentativo fallito del Cremlino di avvelenarlo ad agosto 2020.Era detenuto in Russia da gennaio 2021, arrestato appena dopo essere tornato nel suo Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Lo scorso agosto era stato condannato a scontare altri 19 anni di carcere.

    Yulia Navalnaya insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles MichelPresente alla riunione dei ministri degli esteri anche Yulia Navalnaya, che nel corso della giornata ha avuto un incontro bilaterale con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “E’ una donna che vuole continuare a battersi per difendere la libertà nel suo Paese e ha ribadito che la Russia non è Putin e Putin non è la Russia, l’abbiamo trovata determinata. Borrell, a nome di tutti noi, le abbiamo assicurato che continueremo a sostenere il diritto di parlare in Russia, di poter condurre battaglie politiche e chiederemo la liberazione di tutti i prigionieri politici”, ha detto Tajani in un punto stampa.

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    L’Ue non ha ancora imposto sanzioni contro i coloni israeliani violenti. A differenza degli Stati Uniti

    Bruxelles – Sono passati due mesi da quando l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha annunciato l’intenzione di proporre un quadro di sanzioni per i coloni israeliani che si macchiano di atti di violenza contro le comunità palestinesi nei territori occupati. Tra il dire e il fare però ci sono di mezzo 27 governi con posizioni diverse nei confronti di Israele. “La discussione avanza nella direzione giusta“, fa sapere un alto funzionario Ue. Si sarebbe convinta anche la Germania, ma chi non vuole saperne è ancora una volta l’Ungheria di Viktor Orban.La questione è stata risollevata oggi (8 febbraio) dai corpi diplomatici dei Paesi membri al gruppo di lavoro sul Maghreb/Mashreq (MaMa), organo che si occupa – nell’ambito della politica comune estera e di sicurezza (Cfsp) – di Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Sahara occidentale, Autorità Palestinese, Siria e Tunisia. A coordinare il lavoro, la presidenza belga del Consiglio dell’Ue, che non ha mai nascosto la volontà di imporre misure restrittive ai coloni israeliani estremisti.

    L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell con il presidente israeliano Isaac HerzogGià a inizio dicembre, Belgio, Spagna, Irlanda e Malta avevano firmato una lettera congiunta per sostenere la proposta di Borrell. A poco a poco, la frangia di Paesi Ue che si è convinta della necessità di lanciare un messaggio forte a Tel Aviv – che continua a incentivare gli insediamenti illegali – è aumentata. La Francia si è mostrata fin da subito possibilista e il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, pur con il freno a mano tirato, aveva dichiarato che dopo l’implementazione di maggiori sanzioni verso Hamas, si sarebbe potuto discutere anche dei coloni israeliani.Era questa, a livello informale, l’idea concordata dai 27: prima il pugno duro contro il gruppo considerato un’organizzazione terroristica, per poi prendere una posizione più netta sulle violenze dei coloni estremisti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Violenze che non sono iniziate in seguito all’attacco terroristico di Hamas, basti pensare che dal 2009 a oggi – secondo i dati dell’ufficio delle Nazioni Unite Ocha-Opt – i coloni hanno distrutto almeno 10.452 proprietà palestinesi.Ma dopo il 7 ottobre la media degli attacchi alle comunità palestinesi è aumentata sensibilmente: da 21 episodi settimanali registrati tra gennaio e settembre 2023 a 36 episodi dopo il 7 ottobre. In questi attacchi, sono rimasti uccisi 12 palestinesi. E ne sono sono stati feriti 117. Senza contare le operazioni dell’esercito israeliano, che nella West Bank è una vera e propria forza di occupazione, che dal 7 ottobre hanno causato 365 vittime palestinesi e 4.288 feriti.Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, presenta un nuovo progetto di espansione degli insediamenti nel 2017Nel frattempo, a metà dicembre il governo di Benjamin Netanyahu ha addirittura approvato l’ulteriore costruzione di 1.700 unità abitative a Gerusalemme est, in barba alle innumerevoli condanne – e risoluzioni delle Nazioni Unite – che definiscono gli insediamenti israeliani come illegali secondo il diritto internazionale e che chiedono il ripristino dei confini vigenti nel 1967. È paradossale sostenere il rilancio della soluzione a due Stati, che proprio su quei confini si basa, e continuare a chiudere un occhio sulle violazioni deliberate di Israele.A maggior ragione nel momento in cui gli Stati Uniti, il più convinto alleato di Tel Aviv nel conflitto a Gaza, hanno già imposto il divieto di ingresso sul territorio nazionale e il congelamento dei fondi per 4 coloni israeliani. “Non c’è una data precisa” perché anche l’Ue alzi finalmente la voce, ammettono fonti diplomatiche. Ma se anche i Paesi più storicamente vicini a Israele, come la Germania, o la Repubblica Ceca, sono saliti sul treno, potrebbe non volerci ancora molto.

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    L’Ue sanziona sei entità responsabili della guerra civile in Sudan

    Bruxelles – Il Consiglio dell’Ue ha adottato oggi (22 gennaio) misure restrittive nei confronti di sei entità “responsabili del sostegno ad attività che minano la stabilità e la transizione politica del Sudan“. Nel Paese più orientale del Sahel è in corso – dal 15 aprile 2023 – una guerra civile tra le forze armate sudanesi (Saf) e le forze di supporto rapido (Rsf).La decisione fa seguito all’istituzione, il 9 ottobre scorso, di un regime europeo di sanzioni dedicato alla crisi sudanese. Tra le entità inserite nel nuovo elenco figurano due società coinvolte nella produzione di armi e veicoli per l’esercito regolare, la Defence Industries System e la SMT Engineering, oltre alla Zadna International Company for Investment Limited, controllata da dalla Saf. Parallelamente, le misure restrittive toccheranno anche tre società coinvolte nell’approvvigionamento di attrezzature militari per la Rsf, la Al Junaid Multi Activity Co Ltd, la Tradive General Trading e la GSK Advance Company Ltd.Le società elencate sono soggette al congelamento dei beni sul territorio comunitario. Nei Paesi Ue sarà inoltre vietata la fornitura di fondi o risorse economiche , direttamente o indirettamente, a loro o a loro vantaggio . L’Ue “resta profondamente preoccupata per la situazione umanitaria in Sudan e riafferma il suo fermo sostegno e la sua solidarietà al popolo sudanese”, si legge in una nota pubblicata dal Consiglio dell’Ue.