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    Metsola apre la plenaria del Parlamento Europeo chiedendo la liberazione degli ostaggi europei in Iran

    Bruxelles – Dopo l’esecuzione capitale di Habib Chaab, cittadino iraniano-svedese accusato dal regime teocratico di corruzione e di aver condotto azioni terroristiche, la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, lancia l’ennesimo appello a Teheran: la liberazione “immediata e senza condizioni” di tutti gli ostaggi europei dalle carceri iraniane.
    Manifestazione per la liberazione di Ahmad Reza Jalali a Stoccolma (Photo by Anders Wiklund / Tt News Agency / AFP) / Sweden Out)
    Tra le decine di detenuti con cittadinanza europea nel Paese, la leader Ue ha menzionato il caso di Ahmad Reza Jalali, medico e ricercatore iraniano naturalizzato svedese che si trova in carcere dall’aprile del 2016. Dopo un anno di ingiustificata detenzione, nell’ottobre del 2017 Jalali è stato condannato a morte con l’accusa di spionaggio per conto di Israele.
    Ma non è l’unico caso della vergognosa diplomazia degli ostaggi messa in pratica da Teheran, che cerca in questo modo di esercitare pressioni sui governi occidentali e di raggiungere concessioni politiche in cambio della liberazione dei connazionali. Olivier Vandecasteele, operatore umanitario belga arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 anni di carcere per spionaggio contro la Repubblica islamica, Benjamin Briére, viaggiatore e blogger francese detenuto da oltre due anni e in sciopero della fame dallo scorso 28 gennaio, Jamshid Sharmhad, giornalista iraniano naturalizzato tedesco, contro cui è stata emessa una condanna a morte lo scorso 26 aprile. E altri ancora.
    Davanti all’Eurocamera riunita per la sessione plenaria a Strasburgo, Metsola ha lanciato un messaggio alla Repubblica Islamica, che ha nuovamente risposto alle sanzioni europee aggiungendo altri membri del Parlamento Europeo alla propria lista di individui soggetti a misure restrittive. “Nessuna minaccia, intimidazione o sanzione potrà zittire quest’Aula”, ha avvertito la presidente, convinta che le sanzioni imposte da Teheran non faranno altro che “rafforzare la nostra determinazione nel supportare le donne e la libertà in Iran”.

    La presidente dell’Eurocamera ha commentato le sanzioni imposte da Teheran a diversi europarlamentari: “Nessuna minaccia, intimidazione o sanzione potrà zittire quest’Aula”. Si cerca di evitare la condanna a morte del ricercatore iraniano-svedese Ahmad Reza Jalali

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    Iran, ancora sanzioni dall’Ue per violazioni dei diritti umani. Più di 500 morti dall’inizio delle proteste

    Bruxelles – La carneficina governativa in Iran prosegue ormai senza fare troppo rumore. Ma l’Unione Europea, a distanza di un mese dall’ultimo pacchetto di sanzioni adottato contro i responsabili della feroce repressione delle proteste, ha mandato oggi un altro “chiaro segnale” a Teheran, imponendo misure restrittive nei confronti di altre 8 persone e 1 entità della Repubblica Islamica.
    Alla lunga lista sanzionatoria, che conta ora 211 individui e 35 entità, sono stati aggiunti due membri del Parlamento di Teheran, un ufficiale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (Irgc) e il consiglio d’amministrazione della Fondazione cooperativa Irgc, l’organismo responsabile della gestione degli investimenti della milizia governativa. I ministri degli Esteri dei 27 Paesi Ue hanno imposto misure restrittive anche nei confronti di Ariantel, fornitore di servizi mobili che ha contribuito all’architettura di sorveglianza delle telecomunicazioni delineata dal governo iraniano per reprimere il dissenso in questi mesi di proteste.
    Per tutti i sanzionati è stato disposto il congelamento dei beni, i divieti di ingresso in Ue e di ricevere fondi o risorse economiche dal territorio comunitario. Inoltre, sarà impedita loro l’esportazione di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
    Dopo oltre duecento giorni di proteste, sarebbero almeno 537 i manifestanti uccisi dalle forze governative iraniane, tra cui 48 donne e 68 minori. Come confermato dall’ultimo report di Iran Human Rights (Ihrngo), la maggior parte delle vittime risale ai primi mesi di proteste: a causa della durissima repressione messa in atto dal regime dei mullah, che da settembre 2022 ha incarcerato più di 20 mila persone e emesso condanne capitali nei confronti di centinaia di manifestanti, le dimensioni delle rivolte si stanno riducendo con il passare del tempo, e di conseguenza anche gli scontri fatali tra forze dell’ordine e manifestanti.
    Per ora sono state 4 le esecuzioni di giovani manifestanti, ma secondo Ihrngo sarebbero ancora 105 i detenuti che rischiano di essere giustiziati per aver partecipato alle proteste anti-governative. In generale, Iran Human Rights ha contato già 152 esecuzioni capitali nel 2023, di cui la maggior parte per reati collegati al traffico di droga. Ma questo ricorso senza precedenti alla condanna a morte da parte del regime sarebbe una strategia per “incutere timore” nel Paese, ha dichiarato il direttore dell’ong, Mahmood Amiry-Moghaddam, convinto inoltre che il governo teocratico avrebbe giustiziato ancora più persone se non fosse stato per “le reazioni internazionali alle condanne a morte contro i manifestanti”, che hanno “reso difficile per la Repubblica Islamica procedere” con le uccisioni.

    #FAC | Today, the EU has sent another clear signal to Iran.
    The FAC has adopted the 7th package of sanctions against persons and entities responsible for violations of human rights in Iran. pic.twitter.com/e8FjC1RdWx
    — Swedish Presidency of the Council of the EU (@sweden2023eu) April 24, 2023

    I ministri degli Esteri Ue hanno adottato misure restrittive nei confronti di altri 8 individui e 1 entità responsabili della brutale repressione delle proteste. Secondo l’ong Iran Human Rights, Teheran avrebbe giustiziato ancora più persone se non fosse stato per le reazioni della comunità internazionale

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    A Bruxelles è iniziato il lavoro sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – A Bruxelles è iniziato il lavoro sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che – dopo aver preso di mira carbone e petrolio importati dal Cremlino – potrebbe includere l’industria nucleare di Mosca. Gli Stati membri Ue hanno iniziato questa settimana a discutere con la Commissione europea del prossimo pacchetto di misure restrittive contro la Russia, l’undicesimo in tutto da quando è iniziata la guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina il 24 febbraio dell’anno scorso.
    A quanto si apprende da fonti diplomatiche, oggi inizieranno i colloqui tra l’esecutivo europeo e gli ambasciatori dell’Ue sul contenuto del pacchetto (attraverso i cosiddetti ‘confessionali’ tra la Commissione e gruppi di ambasciatori), con l’idea di raccogliere umori e considerazioni da parte dei governi nell’ottica di arrivare a presentare una proposta concreta nelle prossime settimane. Una proposta, spiegano ancora le fonti, che non si aspetta in tempi rapidi, sicuramente non entro la fine del mese. Il tema aveva trovato i governi europei divisi a febbraio scorso mentre erano alle prese con la preparazione del decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, quando a insistere sulla necessità di colpire l’industria nucleare di Mosca nelle sanzioni era stato in primis il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che il 9 febbraio era a Bruxelles per prendere parte al Vertice Ue insieme ai leader dei 27. A quel punto i governi erano ancora reticenti all’idea e l’industria dell’atomo non è finita nel pacchetto.
    Kiev ha ribadito che è necessario prendere di mira con più sanzioni non solo l’industria dell’atomo, ma anche nel settore dei diamanti e in quello finanziario, su cui le discussioni vanno avanti da tempo, ma senza fare progressi. Questa volta a insistere sull’inserimento dell’industria nucleare civile è anche la Germania, che sta facendo pressioni insieme alla Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Irlanda che spingono sullo stesso fronte di Berlino. Altri come l’Ungheria frenano. Il nuovo pacchetto di sanzioni dovrebbe concentrarsi in particolare su come rafforzare misure anti-elusione delle misure restrittive esistenti. Kiev chiede di prendere di mira in particolare Rosatom, il colosso di stato russo, fondato nel 2007, che controlla l’energia nucleare civile e l’arsenale di armi dell’atomo del Paese, oltre che l’attuale gestore della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia, nell’Ucraina orientale. L’Unione europea dipende dalla Russia anche per le importazioni di uranio, una componente essenziale per la produzione di energia nucleare. Secondo le ultime stime disponibili dell’agenzia di approvvigionamento di Euratom (la Comunità europea dell’energia atomica), nel 2020 il 20 per cento dell’uranio naturale importato in Ue arrivava proprio da Mosca, seconda solo al Niger.
    L’agenzia Euratom stima inoltre che il 26 per cento dell’uranio arricchito, usato nel processo di produzione dell’energia nucleare, arrivi dalla Russia, con un calo deciso rispetto all’anno precedente (circa il 25 per cento) ma che ancora testimonia una forte dipendenza tra la Russia e l’Ue nel settore della tecnologia nucleare. Bruxelles importa da Mosca anche reattori nucleari e parti di reattori. Ad oggi, ci sono 18 reattori nucleari nella Ue che fanno affidamento sulle barre di combustibile esagonali in arrivo dalla Russia: due in Bulgaria, sei nella Repubblica Ceca, due in Finlandia, quattro in Ungheria e quattro in Slovacchia. Secondo i dati del think tank Bruegel, Mosca nel 2019 ha esportato beni nucleari per un valore di circa 3 miliardi di dollari (circa 2,7 miliardi di euro), con il 60 per cento delle sue esportazioni di materiale nucleare e tecnologia rappresentato da uranio arricchito e plutonio (utilizzabile anche come combustibile nei reattori) in Germania, Francia, Paesi Bassi e Svezia e gli Stati Uniti. Complessivamente, il think tank di Bruxelles stima che la Russia rappresenta il 33 per cento delle esportazioni mondiali di uranio arricchito usato per i reattori nucleari.

    Sul tavolo anche il nucleare russo. Al via i colloqui tra l’esecutivo europeo e gli ambasciatori dell’Ue sul contenuto del pacchetto (attraverso i cosiddetti ‘confessionali’ tra la Commissione e gruppi di ambasciatori), con l’idea di raccogliere umori e considerazioni da parte dei governi nell’ottica di arrivare a presentare una proposta concreta nelle prossime settimane

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    Russia ‘cinese’: Mosca vende petrolio e gas a Pechino, che vale quasi il 50% dell’import di beni

    Bruxelles – La Russia ‘cinese’. Con la guerra in Ucraina che prosegue e le sanzioni Ue che mordono, l’orso ha bisogno del dragone, che se da una parte viene in soccorso del Cremlino dall’altra penetra sempre più in quella che all’inizio del conflitto era l’11esima economia mondiale. Lo stop decretato dall’Unione europea al greggio (in vigore da dicembre 2022) e a seguire ai prodotti petroliferi (febbraio 2023) non ha fermato l’export della federazione russa. Anzi. La Banca centrale europea rileva che “il volume delle esportazioni russe di petrolio, il suo principale prodotto di esportazione, è effettivamente aumentato nonostante le sanzioni dell’Ue e del G7”.
    La dinamica non sorprende. Mosca ha risposto all’azione dell’occidente reindirizzando i flussi dall’Europa verso la Cina e la Turchia, nonché verso nuovi partner commerciali in Africa, Medio Oriente e in India. Una riorganizzazione obbligata, per continuare ad alimentare economia nazionale e mantenere vivo la macchina da guerra. Ma pure una scelta che rischia di ridisegnare gli equilibri geopolitici. Perché, rileva la Bce, questo riorientamento del Cremlino “ha reso la Russia più dipendente da partner commerciali non sanzionatori, rendendo l’economia del Paese più fragile nel complesso”.
    Un esempio su tutti è offerto dai ‘numeri’ della Repubblica popolare cinese. “A partire da gennaio 2023, la Cina da sola fornisce quasi la metà delle importazioni di merci dalla Russia“. Sopperisce, per quello che può, alla mancanza di quei prodotti che non arrivano più dall’Unione europea. Allo stato attuale, almeno a Francoforte rimane “poco chiaro” se le nuove importazioni siano della stessa qualità di quelle perse. L’industria russa faceva molto affidamento sui beni high-tech dei partner commerciali occidentali prima della guerra. Le sanzioni imposte a questi prodotti hanno fatto sì che non siano disponibili, siano stati sostituiti da alternative di bassa qualità o siano diventati molto più costosi.
    Se da una parte questa vicinanza commerciale induce ad alimentare i timori peraltro diffusi della creazione di un blocco sino-russo, dall’altra parte si assiste ad uno sbilanciamento russo verso la Cina, a cui Gazprom ha comunque iniziato a vendere più gas compensando così “parzialmente” i mancati acquisti a dodici stelle. Una penetrazione commerciale cinese in territorio russo vorrebbe dire riscrivere gli equilibri economici della regione. Cosa che sta avvenendo. La Russia ‘cinese’ può essere la nuova realtà con cui dover fare i conti.

    Mosca ha dovuto ri-orientare la sua economia per rispondere alla sanzioni Ue. Vende più petrolio, ma dipende fortemente dalla repubblica popolare

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    Iran, ancora sanzioni per i responsabili di violazioni dei diritti umani

    Bruxelles – Continua la pioggia di misure restrittive Ue per i responsabili di violazioni dei diritti umani in Iran. I ministri degli Esteri dei 27 Paesi membri hanno aggiunto 8 persone e un’entità all’ormai ricca lista delle sanzioni contro Teheran, che conta ora 204 individui e 34 entità. L’ultimo pacchetto di sanzioni, il quinto contro la Repubblica dei mullah, era stato promulgato solo lo scorso 20 febbraio.
    Questa volta, a essere presi di mira dalle sanzioni anche tre giudici di altrettante province della Repubblica islamica, colpevoli di aver torturato e mandato al patibolo alcuni dei manifestanti che dallo scorso settembre protestano contro il regime. Entra nella lista il Consiglio supremo della Rivoluzione Culturale, organo statale che promuove progetti e iniziative che compromettono le libertà fondamentali delle donne e che discriminano la minoranze etniche e religiose nel Paese. Per tutti i sanzionati è stato disposto il congelamento dei beni, i divieti di ingresso in Ue e di ricevere fondi o risorse economiche dal territorio comunitario. Inoltre, sarà impedita loro l’esportazione di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
    Da Bruxelles i 27 hanno invitato per l’ennesima volta “le autorità iraniane a porre fine alla violenta repressione delle proteste pacifiche, a cessare il ricorso a detenzioni arbitrarie come mezzo per mettere a tacere le voci critiche ea rilasciare tutti coloro che sono stati ingiustamente detenuti”. Ribadito anche l’appello a “revocare le condanne a morte pronunciate e garantire un giusto processo a tutti i detenuti”. Secondo il bollettino pubblicato dall’ong Iran Human Rights il 16 marzo, sarebbero almeno 138 le persone giustiziate dal regime in questo spicchio di 2023.

    Il Consiglio Affari esteri Ue impone misure restrittive a 8 individui e un’entità. Tra loro tre giudici responsabili delle condanne a morte contro i manifestanti. Solo nel 2023, sarebbero almeno 138 le persone giustiziate dal regime di Teheran

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    Talebani, Iran e Russia. Per la prima volta l’Ue adotta sanzioni contro la violenza sessuale e sulle donne

    Bruxelles – Dai talebani agli ufficiali di polizia russa, dalle milizie sud sudanesi al viceministro degli affari interni in Myanmar. Sono in tutto nove le persone e tre le entità che l’Unione europea ha deciso di sanzionare per violazioni e abusi dei diritti umani, ma in particolare per le loro violenze sessuale e di genere. In Unione europea è la ‘prima volta’ che si riconosce e si adottano sanzioni relative alla violenza di genere, un annuncio che arriva oggi (7 marzo) alla vigilia della Giornata internazionale della donna che sarà celebrata domani.
    Nello specifico l’elenco include due ministri talebani ad interim per l’istruzione superiore e per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio, che sono dietro i decreti che vietano alle donne l’istruzione superiore e le pratiche di segregazione di genere negli spazi pubblici in Afghanistan. Poi ancora, gli ufficiali della stazione di polizia di Mosca responsabili di arresti e detenzioni arbitrari e di torture e altri trattamenti che Bruxelles definisce “crudeli, inumani e degradanti” nel contesto della censura e dell’oppressione perpetrata dalle autorità russe.
    Una nota del Consiglio Ue precisa che nell’elenco figureranno anche membri di alto rango delle forze armate di Mosca, le cui unità hanno “sistematicamente partecipato ad atti di violenza sessuale e di genere in Ucraina” tra marzo e aprile dello scorso anno, nel pieno della guerra di Russia in Ucraina. Poi ancora comandanti delle milizie sud sudanesi responsabili “dell’uso diffuso e sistematico della violenza sessuale e di genere come tattica di guerra nel Paese”, il viceministro degli affari interni in Myanmar/Birmania e infine la prigione di Qarchak in Iran, la guardia repubblicana siriana e l’ufficio del capo degli affari di sicurezza militare in Myanmar/Birmania sono sanzionati per il loro ruolo in gravi violazioni dei diritti umani sessuali e di genere. I sanzionati andranno incontro al congelamento dei beni nell’Ue e saranno soggette a un divieto di viaggio verso l’Ue. Inoltre, alle persone ed entità nell’UE sarà vietato mettere fondi a disposizione , direttamente o indirettamente, delle persone elencate.
    “In vista della Giornata internazionale della donna, passiamo dalle parole ai fatti. Non importa dove accada, combatteremo ed elimineremo tutte le forme di violenza contro le donne. Con la decisione odierna, stiamo intensificando gli sforzi per contrastare la violenza sessuale e di genere, per garantire che i responsabili siano pienamente responsabili delle loro azioni e per combattere l’impunità”, ha dichiarato l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell.

    Ahead of #IWD2023, we move from words to action.
    We are sanctioning 12 individuals and entities for violence against women & girls.
    We are enhancing efforts to counter sexual & gender-based violence, to ensure that those responsible are fully accountable https://t.co/6eaNXVL1ZS
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) March 7, 2023

    Sono nove le persone e tre le entità che l’Unione europea inserisce nella lista nera di sanzionati a cui congelare i beni e vietare i viaggi. Per la prima volta l’Ue colpisce il reato di violenza sessuale e violenza di genera e lo annuncia alla vigilia della Giornata internazionale della donna

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    L’Ue approva il decimo pacchetto di sanzioni alla Russia ma l’accordo arriva in extremis

    Bruxelles – Un accordo sul filo di lana per non venire meno alla promessa di approvare il decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia nella data simbolica del 24 febbraio. A due ore dalla mezzanotte, dopo trattative dell’ultimo minuto, gli ambasciatori dei 27 Stati membri hanno raggiunto ieri un accordo sul decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, nel giorno del primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. “Insieme, gli Stati membri dell’Ue hanno imposto le sanzioni più forti e di vasta portata mai viste per aiutare l’Ucraina a vincere la guerra”, ha annunciato la presidenza della Svezia alla guida dell’Ue su Twitter. “L’Ue è unita all’Ucraina e al popolo ucraino. Continueremo a sostenere l’Ucraina finché sarà necessario”.

    Together, the EU Member States have imposed the most forceful and far-reaching sanctions ever to help Ukraine win the war.
    The EU stands united with Ukraine and the Ukrainian people. We will keep supporting Ukraine, for as long as it takes.
    (3/3)
    — Swedish Presidency of the Council of the EU (@sweden2023eu) February 24, 2023

    Tra le altre cose, le sanzioni proposte prevedono nuovi divieti commerciali su componenti di macchinari, pezzi di ricambio per camion e motori che possono essere diretti alle forze armate della Russia e restrizioni all’esportazione di 47 componenti elettronici utilizzati nei sistemi armati russi, come droni, missili, elicotteri, ma anche tecnologie a duplice uso presenti sui campi di battaglia. Il valore del blocco delle esportazioni, secondo von der Leyen, è di circa 11 miliardi di euro. Per la prima volta Bruxelles colpisce anche la macchina della propaganda russa, elencando i propagandisti di Putin così come altri comandanti militari e politici nella lista nera Ue ed estende le sue sanzioni prendendo di mira sette entità connesse alle Guardie rivoluzionarie iraniane, l’organizzazione paramilitare che secondo Bruxelles fornisce armi a Mosca.
    Nonostante un sostanziale accordo tra 26 Paesi Ue raggiunto già a inizio settimana, il pacchetto è rimasto in stallo al Consiglio Ue per circa due giorni, bloccato dal veto della Polonia che si è detta contraria ad ammorbidire le restrizioni sulle importazioni di gomma sintetica russa. Per le sanzioni è necessaria l’approvazione all’unanimità in seno al Consiglio. Secondo Varsavia, le restrizioni proposte sulle importazioni di gomma russa prevedevano talmente tante esenzioni e periodi di transizione così lunghi che non avrebbero alcun effetto in pratica.
    Dopo aver sospeso i lavori della riunione tra gli ambasciatori convocata per ieri mattina, la presidenza di Stoccolma ha portato avanti nel pomeriggio colloqui bilaterali con i Paesi per riuscire a trovare un accordo sulle misure. A quanto si apprende, in cambio del via libera, la Polonia avrebbe ottenuto un impegno (pur non vincolante) dalla presidenza su una serie di questioni, come portare avanti il lavoro per sanzionare i diamanti e report della Commissione sulla gomma sintetica con la promessa di una eventuale rimodulazione delle sanzioni sulle relative importazioni. La presidenza ha lanciato la procedura scritta di approvazione del pacchetto con scadenza questa mattina, se non ci saranno obiezioni le sanzioni saranno formalmente pubblicate in Gazzetta. L’accordo politico è stato raggiunto entro la scadenza simbolica della mezzanotte del 24 febbraio, ma secondo molti il ritardo complessivo accumulato ha impedito all’Unione europea di confermare un impegno simbolico nei tempri previsti dalla giornata.

    Intesa sul filo di lana sulle nuove sanzioni con il via libera della Polonia che ottiene in cambio l’impegno (non vincolante) della presidenza Ue di una eventuale rimodulazione delle sanzioni sulle importazioni di gomma sintetica

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    Fumata nera sul decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, mentre Kiev spinge per colpire l’industria nucleare di Mosca

    Bruxelles – Fumata nera. A poche ore dalla scadenza del 24 febbraio, quando ricorrerà il primo anniversario dell’inizio dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina, gli ambasciatori dei 27 Stati membri ancora non riescono a trovare un accordo sul decimo pacchetto delle sanzioni e rimandano a domani. I rappresentanti permanenti presso l’Ue si sono riuniti questa mattina al Coreper, il comitato in cui si riuniscono, per approvare il nuovo pacchetto di misure restrittive annunciate da Ursula von der Leyen lo scorso 15 febbraio che prenderanno di mira non solo Mosca, ma anche Teheran.
    Tra le altre cose, le sanzioni proposte prevedono nuovi divieti commerciali su componenti di macchinari, pezzi di ricambio per camion e motori che possono essere diretti alle forze armate della Russia e “restrizioni all’esportazione di 47 componenti elettronici utilizzati nei sistemi armati russi, come droni, missili, elicotteri, ma anche tecnologie a duplice uso presenti sui campi di battaglia. Il valore del blocco delle esportazioni, secondo von der Leyen, è di circa 11 miliardi di euro. Per la prima volta Bruxelles colpisce anche la macchina della propaganda russa, elencando “i propagandisti di Putin così come altri comandanti militari e politici” nella lista nera Ue.
    A quanto si apprende, restano ancora dei punti di distanza, in particolare sul nuovo criterio di designazione dei familiari di persone già oggetto di sanzioni, richiesto da Polonia e Paesi baltici, e sugli obblighi di informativa dettagliata del settore finanziario sugli asset e riserve della Banca Centrale Russa (e relative sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto dell’obbligo di informativa dettagliata), con l’obiettivo di rafforzare il monitoraggio su asset immobilizzati e congelati. Una misura fortemente voluta dalla Commissione Ue, ma su cui alcune delegazioni hanno continuato a sollevare dubbi sulla realizzabilità. Pur con queste distanze, a quanto si apprende, è comunque stata riconfermata la volontà dei Ventisette di dare un segnale di unità con un accordo sul decimo pacchetto entro la data simbolica del 24 febbraio, e dunque la discussione è stata riaggiornata a domani pomeriggio con un nuovo Coreper. Nel frattempo proseguiranno contatti bilaterali dell’Esecutivo comunitario con gli Stati membri per definire gli ultimi dettagli rimasti da chiarire.
    Mentre i governi Ue fanno fatica a raggiungere la quadra politica sul decimo pacchetto di sanzioni, gli ambasciatori dei Ventisette sono stati raggiunti nelle discussioni questa mattina dalla vicepremier ucraina e ministro dell’Economia, Yulia Svyrydenko. La ministra di Kiev è tornata a insistere sulla necessità di colpire l’industria nucleare di Mosca nelle sanzioni, una questione riportata sul tavolo anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky che il 9 febbraio era a Bruxelles per prendere parte al Vertice Ue insieme ai leader dei 27.“Credo che sia importante persuadere i nostri partner sull’inserimento dell’industria nucleare e l’azienda russa Rosatom”, ha detto parlando in un punto stampa al termine della riunione. Si è detta consapevole del fatto che l’industria nucleare di Mosca ha un impatto globale su molti Paesi “ma questo non può essere una ragione per evitare le sanzioni sull’industria nucleare russa”. La vicepremier ha incalzato Ue e Usa sull’industria nucleare, altrimenti Mosca “continuerà a comportarsi da Stato terrorista”. Per Kiev è necessario prendere di mira con più sanzioni non solo l’industria dell’atomo, ma anche nel settore dei diamanti e in quello finanziario, su cui le discussioni vanno avanti da tempo, ma senza fare progressi.
    Rosatom è il colosso di stato russo, fondato nel 2007,che controlla l’energia nucleare civile e l’arsenale di armi dell’atomo del Paese, oltre che l’attuale gestore della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia, nell’Ucraina orientale. L’Unione europea dipende dalla Russia anche per le importazioni di uranio, una componente essenziale per la produzione di energia nucleare. Secondo le ultime stime disponibili dell’agenzia di approvvigionamento di EURATOM (la Comunità europea dell’energia atomica), nel 2020 il 20 per cento dell’uranio naturale importato in UE arrivava proprio da Mosca, seconda solo al Niger.
    ’agenzia EURATOM stima inoltre che il 26 per cento dell’uranio arricchito, usato nel processo di produzione dell’energia nucleare, arrivi dalla Russia, con un calo deciso rispetto all’anno precedente (circa il 25 per cento) ma che ancora testimonia una forte dipendenza tra la Russia e l’UE nel settore della tecnologia nucleare. Bruxelles importa da Mosca anche reattori nucleari e parti di reattori. Ad oggi, ci sono 18 reattori nucleari nella UE che fanno affidamento sulle barre di combustibile esagonali in arrivo dalla Russia: due in Bulgaria, sei nella Repubblica Ceca, due in Finlandia, quattro in Ungheria e quattro in Slovacchia.
    Secondo i dati del think tank Bruegel, Mosca nel 2019 ha esportato beni nucleari per un valore di circa 3 miliardi di dollari (circa 2,7 miliardi di euro), con il 60 per cento delle sue esportazioni di materiale nucleare e tecnologia rappresentato da uranio arricchito e plutonio (utilizzabile anche come combustibile nei reattori) in Germania, Francia, Paesi Bassi e Svezia e gli Stati Uniti. Complessivamente, il think tank di Bruxelles stima la Russia rappresenta il 33 per cento delle esportazioni mondiali di uranio arricchito usato per i reattori nucleari.
    Tra i governi Ue per ora non c’è consenso sulla questione, con Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Irlanda che spingono su questo fronte, mentre altri come l’Ungheria frenano. “Le sanzioni a Rosatom minaccerebbero la sicurezza nucleare globale, dato si tratta di uno dei principali attori dell’industria nucleare mondiale”, ha ribadito oggi il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, in conferenza stampa al termine dell’incontro a Budapest con Rafael Grossi, direttore generale della Agenzia internazionale per l’energia atomica. Il ministro ha poi sottolineato la necessità di “intraprendere un’azione energica per garantire che le sanzioni dell’Ue non influiscano in alcun modo sul settore nucleare russo, poiché – ha aggiunto – questo potrebbe danneggerebbe gli interessi nazionali fondamentali dell’Ungheria, minacciando al contempo anche la sicurezza nucleare globale”.

    Giovedì nuova riunione degli ambasciatori al Coreper per approvare il decimo pacchetto di sanzioni entro la data simbolica del 24 febbraio, quando sarà trascorso un anno dall’inizio dell’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina