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    L’Ue ha aggiunto alla lista dei terroristi il leader politico di Hamas nella Striscia di Gaza. Chi è Yahya Sinwar

    Bruxelles – Il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (16 gennaio) di aggiungere Yahya Sinwar, leader politico di Hamas nella Striscia di Gaza, alla lista dei terroristi dell’Unione europea. Uno dei principali obiettivi dei bombardamenti israeliani, lo scorso 9 gennaio Tel Aviv aveva posto su di lui una taglia di 400 mila dollari.Da oggi il “macellaio di Khan Yunis”, com’è soprannominato Sinwar, sarà ​​soggetto al congelamento dei fondi e di altre attività finanziarie negli Stati membri dell’Ue. Parallelamente, a tutti gli operatori comunitari sarà vietato mettergli a disposizione fondi e risorse economiche. Con l’aggiunta del leader dell’organizzazione che governa la Striscia di Gaza, la lista dei terroristi Ue conta ora 15 persone e 21 gruppi ed entità.Yahya Sinwar si unì ad Hamas già negli anni Ottanta. Ha più di 60 anni, nato e cresciuto in un campo profughi a Khan Yunis, nel sud della Striscia. Venne arrestato dall’esercito israeliano nel 1988, con l’accusa di aver ucciso due soldati delle Forze di Difesa Israeliane. Nei 23 anni che ha trascorso in prigione, Sinwar ha imparato l’ebraico e studiato a fondo “il modo in cui pensa e agisce il nemico”.Nel 2011 fu liberato, insieme a oltre mille prigionieri palestinesi, in cambio di un solo soldato israeliano, Gilad Shalit. Tornato a Gaza, nel 2017 fu nominato capo politico di Hamas all’interno della Striscia. Assieme a Mohammed Deif, capo delle brigate al Qassam, il braccio militare di Hamas, è ritenuto uno dei principali ideatori dell’attacco terroristico del 7 ottobre. Sinwar e Deif non sono gli unici leader dell’organizzazione: in esilio a Doha, in Qatar, vive Ismail Haniyeh, ritenuto la figura politica più importante di Hamas, così come il suo vice, Saleh Arouri, che si trova a Beirut, in Libano.

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    L’Ue colpisce Alrosa, il colosso minerario che produce oltre il 90 per cento dei diamanti russi

    Bruxelles – L’Unione europea ha inaugurato ufficialmente la battaglia contro i diamanti russi. Dopo l’approvazione del dodicesimo pacchetto di sanzioni a Mosca, che per la prima volta dall’inizio della guerra d’invasione in Ucraina ne ha vietato il commercio, oggi (3 gennaio) Bruxelles ha deciso di imporre sanzioni direttamente alla società Pjsc Alrosa, il gigante minerario di proprietà dello Stato russo, e al suo amministratore delegato.Stiamo parlando della più grande compagnia produttrice di diamanti al mondo, che rappresenta oltre il 90 per cento di tutta la produzione russa e che contribuisce in larghissima parte all’indotto complessivo di 4,5 miliardi di dollari all’anno che Mosca ricava dal commercio dei gioielli di lusso. Alrosa, così come tutte le entità colpite dalle misure restrittive dell’Ue, sarà soggetta al congelamento dei beni sul territorio europeo. E non potrà ricevere fondi da cittadini e imprese dell’Ue. Al suo amministratore delegato, Pavel Alekseevich Marinychev, sarà impedito l’ingresso e il transito nei 27 Paesi membri.Il colpo assestato ad Alrosa “integra il divieto di importazione di diamanti russi incluso nel dodicesimo pacchetto di sanzioni economiche e individuali adottato il 18 dicembre 2023″, spiega il Consiglio dell’Ue con un comunicato stampa. L’offensiva contro i diamanti russi è coordinata con i Paesi del G7 nel tentativo di privare la Russia di una importantissima fonte di ricchezza.Valdimir Putin e l’ex Ceo di Alrosa, Sergei Ivanov, al Cremlino nel 2020 (Photo by Mikhail KLIMENTYEV / SPUTNIK / AFP)Fino ad ora la compagnia di proprietà del Cremlino aveva potuto continuare la propria attività in Europa senza intoppi, così come il suo ex Ceo, Sergey Sergeyevich Ivanov, figlio di un amico di lunga data di Vladimir Putin. Sostituito da Marinychev nel maggio 2023, Ivanov è figlio di un ufficiale del Kgb, Sergey Borisovich Ivanov, nella cerchia dei più stretti collaboratori di Putin. Ivanov padre era stato inserito nella lista delle sanzioni europee già il 9 marzo 2022, due settimane dopo l’inizio dell’invasione russa, mentre l’ex amministratore delegato di Alrosa era soggetto a misure restrittive da parte di Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito, Giappone, Nuova Zelanda e Ucraina. Ma non dall’Ue.Con questa nuova designazione, le misure restrittive di Bruxelles nei confronti di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina si applicano ora complessivamente a 1.950 persone ed entità in totale. La prossima tappa della battaglia per ostacolare il commercio di diamanti russi è attesa dal primo marzo, quando sarà introdotto gradualmente un sistema di tracciabilità che diventerà obbligatorio a partire dal primo settembre 2024, e che permetterà di introdurre divieti anche sui diamanti russi lavorati in Paesi terzi.

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    Adottato il dodicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia. L’Ue colpisce il commercio di diamanti

    Bruxelles – L’Ue incarta il pacchetto regalo natalizio e lo spedisce al Cremlino. A una settimana dalle festività, i 27 hanno adottato oggi (18 dicembre) il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia dall’inizio della guerra d’aggressione in Ucraina. E finalmente prende di mira il commercio di diamanti, che frutta a Mosca 4,5 miliardi di dollari all’anno.Sconfitte le resistenze del Belgio e del settore dei gioielli di lusso: la nuova tornata di misure restrittive prevede il divieto di importazione, acquisto diretto o indiretto o trasferimento di diamanti dalla Russia. Un divieto che si applica “ai diamanti originari della Russia, ai diamanti esportati dalla Russia, ai diamanti in transito in Russia e ai diamanti russi lavorati in Paesi terzi”. L’iniziativa, coordinata con i partners del G7, farà sì che dall’inizio del nuovo anno sarà vietato il commercio di diamanti naturali e sintetici non industriali e di gioielli con diamanti.(Photo by Alexander NEMENOV / AFP)Solo in un secondo momento saranno introdotti una serie di divieti sui diamanti russi lavorati -cioè tagliati e/o lucidati – in Paesi terzi: per consentire misure di applicazione efficaci, dal primo marzo sarà introdotto gradualmente un sistema di tracciabilità che diventerà obbligatorio a partire dal primo settembre 2024. Con il dodicesimo pacchetto stop anche alle importazioni dalla Russia di prodotti derivati dai metalli: ghisa, fili di rame, fili di alluminio, tubi e tubature, che l’anno scorso sono stati acquistati da imprese europee per un valore totale di 2,2 miliardi di euro.Inoltre, il pacchetto amplia l’elenco di articoli soggetti a restrizioni che potrebbero contribuire al miglioramento tecnologico del settore militare, includendo prodotti chimici, batterie al litio, termostati, motori cc e servomotori per veicoli aerei senza pilota (i droni), macchine utensili e parti di macchinari.L’Ue a caccia delle elusioni alle misure restrittive contro la Russia“Più andiamo avanti e più saltano fuori elusioni” alle misure restrittive, spiegano fonti europee. Per tappare le fuoriuscite, Bruxelles ha deciso di estendere a tutti i beni con potenziale uso bellico esportati dall’Ue verso Paesi terzi il divieto di transito attraverso il territorio russo. I cittadini con nazionalità russa non potranno inoltre possedere, controllare o ricoprire incarichi in organi direttivi di entità che forniscono portafogli di criptovalute, servizi di conto o custodia a persone e residenti russi. Infine, l’Ue ha deciso di imporre obblighi di notifica per il trasferimento di fondi al di fuori dei 27 Paesi membri da parte di qualsiasi entità stabilita nell’Ue posseduta o controllata da un’entità stabilita in Russia.Diventa legge la clausola “no Russia”: chiunque esporti beni e tecnologie sensibili al di fuori del territorio comunitario dovrà vietare contrattualmente la riesportazione verso la Russia. La clausola copre tutti gli articoli utilizzati nei sistemi militari russi rinvenuti sul campo di battaglia in Ucraina.Una petroliera russa (Photo by Rizwan TABASSUM / AFP)Ma il nuovo pacchetto mira anche a chiudere le importanti lacune che hanno permesso a Mosca di continuare a esportare petrolio a prezzi competitivi, con un impatto ridotto sulle sue entrate. Perché l’embargo sulle importazioni e il tetto al prezzo del greggio russo non sono finora bastati, con diversi Stati Ue che hanno continuato a acquistare derivati del petrolio di Mosca da navi che battevano bandiera di Paesi terzi.Per mettere fine all’elusione Bruxelles ha escogitato un meccanismo rafforzato di condivisione delle informazioni che dovrebbe consentire una migliore identificazione delle navi e delle entità che attuano pratiche ingannevoli, come i trasferimenti da nave a nave utilizzati per nascondere l’origine o destinazione del carico. Inoltre, sarà introdotta l’obbligo di notifica per la vendita di navi cisterna, anche di seconda mano, a qualsiasi paese terzo. Infine, è stato introdotto un apposito embargo sul Gpl, il propano liquefatto, per un periodo transitorio di 12 mesi.In questo dodicesimo pacchetto non manca un capitolo dedicato alle sanzioni individuali. Un capitolo corposo, con 147 nuovi ingressi – 61 individui e 86 entità – in un elenco che conta ora 1950 individui e entità soggetti a misure restrittive dall’inizio della guerra in Ucraina. “Il nostro messaggio è chiaro – ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell -, rimaniamo fermi nel nostro impegno nei confronti dell’Ucraina e continueremo a sostenere la sua lotta per la libertà e la sovranità”.

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    Il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia è nelle mani dei Ventisette

    Bruxelles – Lista ‘nera’ aggiornata, inasprimento del tetto al prezzo del petrolio russo e nuovi divieti di import ed export. Il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’aggressione dell’Ucraina è nelle mani da ieri delle Capitali Ue, che nelle prossime ore cercheranno di raggiungere un accordo a Ventisette (come richiedono le questioni di politica estera e in particolare le misure restrittive).A confermarlo in una nota è l’alto Rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, spiegando di aver presentato ieri sera “insieme alla Commissione europea una proposta per il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’aggressione dell’Ucraina”. Pochi i dettagli sul contenuto del pacchetto, ma la nota del Seae (Servizio europeo per l’azione esterna) spiega che Borrell e Palazzo Berlaymont hanno proposto di sanzionare oltre 120 ulteriori persone ed entità per il loro ruolo nel indebolire la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina.Nel pacchetto viene proposto di adottare nuovi divieti di importazione ed esportazione (tra cui dovrebbero esserci anche i diamanti russi, dopo la concessione del Belgio), nonché azioni per inasprire il tetto del prezzo del petrolio e contrastare l’elusione delle sanzioni dell’Ue. Le proposte di inserimento nell’elenco includono attori del settore militare, della difesa e dell’IT russo, nonché altri importanti operatori economici. Le proposte mirano a rafforzare il quadro sanzionatorio nel suo complesso. Per il via libera al nuovo regime di sanzioni è necessaria l’unanimità in seno al Consiglio. Borrell aveva annunciato l’intenzione di presentare il pacchetto lo scorso lunedì, al termine del Consiglio Ue Affari Esteri.A inizio novembre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva annunciato che la proposta sarebbe stata avanzata già venerdì scorso agli ambasciatori dei 27 Stati membri dell’Ue. 
    Lista ‘nera’ aggiornata, inasprimento del tetto al prezzo del petrolio russo e nuovi divieti di import ed export. Il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’aggressione dell’Ucraina è nelle mani da ieri delle Capitali Ue, che nelle prossime ore cercheranno di raggiungere un accordo a Ventisette (come richiedono le questioni di politica estera e in particolare le misure restrittive)

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    Il Parlamento europeo chiede un’applicazione più rigorosa delle sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – Le sanzioni ci sono, ma non si applicano. Durante la seduta plenaria odierna (9 novembre) del Parlamento europeo, gli eurodeputati hanno chiesto all’Unione e ai suoi Stati membri di rafforzare e centralizzare il controllo sull’attuazione delle sanzioni contro la Russia, nonché di sviluppare un meccanismo per la prevenzione e il monitoraggio dell’elusione.Il regime di sanzioni applicato dall’Ue contro la Russia presenta varie lacune, che mettono in allarme l’Eurocamera. Quello che manca è soprattutto un’adeguata applicazione delle misure restrittive, ma gli eurodeputati hanno espresso la loro preoccupazione anche sui tentativi di compromettere gli sforzi volti a indebolire strategicamente l’economia e la base industriale russa e a ostacolare la capacità del Paese di condurre la guerra.La Russia finora è stata in grado di eludere le misure comunitarie come il tetto massimo sulle sanzioni petrolifere introdotto dagli Stati membri dell’Ue e il cosiddetto Price Cap Coalition. A questo si aggiunge il problema dell’importazione di prodotti petroliferi realizzati con petrolio russo, attraverso Paesi terzi come l’India, da parte dei Ventisette. In questo modo, la sanzione viene aggirata con una scorciatoria e la quantità di questi prodotti che arrivano in territorio europeo passando da altri Paesi è in crescita. Il problema è lo stesso anche nella direzione opposta: è il caso di alcuni componenti occidentali cruciali, che arrivano ancora in Russia attraverso Paesi come Cina, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Kazakistan, Kirghizistan e Serbia.A causa di alcune lacune nelle norme sulle sanzioni, Il Cremlino è riuscito a racimolare fondi per i suoi scopi bellici. L’Unione europea aveva concesso alla Bulgaria un’esenzione unica al divieto sull’acquisto di petrolio russo, grazie alla quale il Paese ha potuto permettere a milioni di barili di raggiungere una raffineria locale di proprietà russa, che ha poi esportato vari combustibili raffinati all’estero, Ue compresa. Secondo Politico, questa scappatoia avrebbe permesso a Putin di raccogliere 1 miliardo di euro. Anche Paesi come l’Azerbaigian starebbero mascherando la provenienza russa del gas per esportarlo nell’Ue. La stessa Unione rimane poi uno dei maggiori clienti di combustibili fossili della Russia, a causa delle continue importazioni di gas da metanodotti e Gnl, nonché di varie eccezioni al divieto di importare petrolio greggio e prodotti petroliferi.Nella risoluzione votata oggi, l’Eurocamera ha poi espresso preoccupazione per il commercio in corso di beni strategici per la guerra tra gli Stati membri dell’Ue e Mosca. Bisognerà fare più attenzione anche a chiudere adeguatamente il mercato comunitario per i combustibili fossili di origine russa, nonché a imporre sanzioni a tutte le principali compagnie petrolifere russe, a Gazprombank, alle loro controllate e ai loro consigli di amministrazione e gestione. Secondo l’Eurocamera, l’Ue ha poi un altro compito: esplorare vie legali che consentano la confisca dei beni russi congelati e il loro utilizzo per la ricostruzione dell’Ucraina.Per portare a termine quanto espresso nella risoluzione, l’Unione europea dovrebbe collaborare con il G7: lo scopo è abbassare sostanzialmente il prezzo massimo del petrolio russo e dei prodotti petroliferi, oltre a imporre un divieto totale sulle importazioni russe di Gnl e Gpl nonché sull’importazione di carburante e altri prodotti petroliferi da paesi Paesi extra-Ue, qualora questi prodotti fossero stati fabbricati utilizzando petrolio russo. Il Parlamento vuole inoltre che l’Unione vieti la spedizione di petrolio russo e le esportazioni di Gnl attraverso i Ventisette e introduca limiti di prezzo e volume sulle importazioni comunitarie di fertilizzanti russi e bielorussi. A questo, gli eurodeputati aggiungono ancora una richiesta, indirizzata soprattutto alla Commissione europea: le sanzioni per includere un divieto totale sulla commercializzazione e sul taglio dei diamanti di origine russa o riesportati dalla Russia nell’Unione europea.
    Le misure restrittive finora applicate alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina sono lacunose e insufficienti. L’Eurocamera propone di usare i beni russi congelati per ricostruire l’Ucraina

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    Petrolio e misure anti elusione, Bruxelles annuncia nuove sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – Nuovi nomi nella lista nera dell’Ue, stretta sul tetto al prezzo del petrolio e misure contro i Paesi terzi che eludono le sanzioni. A sei mesi dall’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’aggressione ai danni dell’Ucraina, Bruxelles ha ultimato i lavori sul dodicesimo, che sarà presentato in settimana agli ambasciatori dei 27 Stati membri dell’Ue.Ad annunciarlo nel fine settimana la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso pronunciato sabato (4 novembre) di fronte ai membri della Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, in una visita a sorpresa a Kiev. “Tutti gli ucraini si oppongono alla brutalità russa. E di fronte al tuo coraggio c’è solo una cosa che noi, nel resto d’Europa, dobbiamo fare. E questo significa stare al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”, ha ribadito la leader dell’Esecutivo comunitario, annunciando che la prossima “settimana annunceremo il nostro dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia”.A detta della presidente tedesca le nuove misure restrittive includeranno fino a 100 nuovi individui, nuovi divieti di importazione ed esportazione, azioni per inasprire il tetto del prezzo del petrolio e misure severe nei confronti delle società di paesi terzi che eludono le sanzioni. “Per troppo tempo molti in Europa hanno pensato che avremmo potuto commerciare con la Russia e integrarla nell’ordine di sicurezza europeo, ma non ha funzionato”, ha puntualizzato. A chiedere un ulteriore rafforzamento delle misure restrittive era stato lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, intervenendo da remoto di fronte ai leader dell’Ue all’ultimo Vertice europeo del 27 e 28 ottobre. “È in discussione un nuovo pacchetto di sanzioni Ue. Dobbiamo tenere conto dell’esperienza di tutti i pacchetti precedenti e la potenza della nuova fase di sanzioni dell’UE dovrebbe essere maggiore di quelle precedenti”, aveva incalzato i leader in questi termini. Ha puntualizzato l’importanza di prestare particolare attenzione anche al “price cap” il tetto al prezzo applicato al petrolio russo. “E’ ovvio – ha detto – che non funziona così efficacemente come ci si aspettava quando è stato introdotto” ed è “necessario ridurre il “price cap” e rafforzare i meccanismi per la sua applicazione”. Il tetto massimo al prezzo del petrolio russo è stato stabilito a livello europeo nel quadro dell’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia ed è stato imposto insieme ai Paesi G7 (Canada, Francia, Italia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) dall’Unione Europea e dall’Australia, riuniti nella “Price Cap Coalition”. Sul prezzo effettivo del tetto l’intesa a livello europeo è arrivata a dicembre di un anno fa dopo aver convinto anche la Polonia che ha spinto per giorni per un tetto molto più basso. Nei fatti, l’imposizione del ‘cap’ consente al petrolio russo di essere spedito a Paesi terzi utilizzando petroliere dei Paesi G7 e dell’UE solo se il carico viene acquistato al di sotto della soglia dei 60 dollari al barile, anche se il prezzo di mercato è più alto (attualmente si aggira intorno agli 80 euro). Come per tutte le sanzioni contro Paesi terzi al Consiglio Ue è richiesto un voto all’unanimità
    Ursula von der Leyen annuncia per questa settimana l’adozione del dodicesimo pacchetto per l’aggressione dell’Ucraina, anticipando che includerà nella lista nera fino a 100 nuovi individui, nuovi divieti di importazione ed esportazione, azioni per inasprire il tetto del prezzo del petrolio e misure severe nei confronti delle società di paesi terzi che eludono le misure

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    L’Ue: “Sanzioni anti-Russia funzionano. Pronti a vararne altre, se necessario”

    Bruxelles – “Voglio ribadirlo: le sanzioni contro la Russia funzionano“. Il commissario per la Giustizia, e adesso anche commissario per la Concorrenza ad interim, lo scandisce sia nell’intervento di apertura che di chiusura del dibattito d’Aula al Parlamento europeo. Didier Reynders trova un emiciclo diviso, dove al fronte dei sempre contrari alla misure restrittive nei confronti di Mosca per l’aggressione dell’Ucraina si aggiungono che iniziano a essere stanchi delle ricadute economiche. A tutti però ricorda che “le sanzioni stanno avendo un forte impatto sull’economia russa”, e lo dicono i numeri. “Solo per quest’anno le stime parlano di una contrazione economica di 1,7 miliardi di rubli”. A questo si aggiungono i circa “300 miliardi di euro di asset congelati, due terzi dei quali in Europa”.La linea non si cambia. Perché è giusto così e perché funziona. Tanto che la presidenza spagnola di turno del Consiglio dell’Ue annuncia la disponibilità ad andare avanti. “L’attuale regime di sanzioni contro la Russia è il più vasto mai adottato dall’Ue”, premette Pascual Navarro Rios, segretario per gli Affari europei del governo di Madrid. Quindi l’affondo: “L’Ue è pronta ad accrescere la pressione ulteriormente, anche con altre sanzioni, quando e dove necessario“.Un’apertura che trova il plauso di Juan Fernando Lopez Aguilar. L’europarlamentare socialista chiede di spostare attenzione e azione dell’Unione europea “sul settore dei porti”, così da chiudere ogni strada alle merci per e dalla Russia. C’è chi invece invita alla riflessione. “Sulle sanzioni sarebbe magari il caso di fare meno filosofia e iniziare a pensare sul prezzo che le aziende italiane ed europee stanno pagando”, scandisce Paolo Borchia (Lega/Id), che invoca “un ragionamento in termini di efficacia e di ricadute sulla nostra economia”. Piè deciso l’alleato Harald Vilimsky, esponente dell’ultradestra di Fpo ed euroscettico del gruppo Id, lo stesso gruppo della Lega. “Le sanzioni non garantiscono stabilità dei prezzi? No. L’inflazione è una conseguenza delle sanzioni. Dobbiamo lavorare per portare le persone attorno al tavolo”.Ma trattare non è un’opzione, almeno non per i liberali. “Sento gli amici di Putin in quest’Aula parlare dei costi delle sanzioni e contro le sanzioni, senza dire che il costo di questa guerra anche maggiore”, tuona  Sophie in’t Veld (Re).
    Il commissario per la Giustizia e la presidenza spagnola del Consiglio nell’Aula del Parlamento insistono sulla necessità di procedere come fatto finora. Sovranisti ed euroscettici vogliono lo stop e chiedono trattative con Mosca

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    In Nagorno-Karabakh “pulizia etnica”, Parlamento Ue per la linea dura contro Azerbaijan

    Bruxelles – Con l’Azerbaijan, ma non con questo Azerbaijan. Il Parlamento europeo censura l’operato di Baku nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, lo accusa di “pulizia etnica” e invia un forte segnale politico di rottura. Nella risoluzione che l’Aula approva a larghissima maggioranza (491 voti favorevoli, 9 contrari e 36 astensioni) si chiede a Commissione e Stati membri di rivedere completamente le relazioni bilaterali con il Paese del Caucaso. Stop alla concessione agevolata dei visti, sanzioni ai funzionati azeri, stop agli acquisti di gas. Una risposta ‘stile Russia’, dura, come quella adottata dall’Ue per rispondere alle manovre militare del Cremlino in Ucraina.Il voto di Strasburgo si inserisce sia nel conflitto russo-ucraino, sia ancora di più con la riunione della Comunità politica europea in corso a Granada, in Spagna, a cui né la Turchia né l’Azerbaijan hanno deciso di partecipare. La questione del conflitto del Nagorno-Karabakh doveva essere uno dei temi oggetto di confronto politico e diplomatico, ma l’Azerbaijan e il suo alleato storico turco hanno deciso di lasciare l’Armenia da sola a un tavolo privo di partecipanti.La censura per l’Azerbaijan e il suo presidente Ilham Aliyev è però di quelle difficili da digerire, visto che la risoluzione dell’Aula del Parlamento europeo, di fronte a “oltre 100 mila armeni che sono stati costretti a fuggire dall’enclave in seguito all’ultima offensiva”, decreta che “l’attuale situazione equivale a una pulizia etnica“.Per questa ragione il Parlamento invita l’Ue ad adottare “sanzioni mirate” contro i funzionari governativi di Baku, poiché “responsabili di molteplici violazioni del cessate il fuoco oltre a violazioni dei diritti umani nel Nagorno-Karabakh“. Ma soprattutto si invita ad una “una revisione globale delle relazioni” con il Paese del Caucaso. Perché, denunciano gli europarlamentari, sviluppare un partenariato strategico con l’Azerbaigian, “che viola gravemente” il diritto internazionale, gli impegni internazionali e “che ha una situazione allarmante in materia di diritti umani, è incompatibile con gli obiettivi della politica estera dell’Ue“. Per cui l’invito è quello di “sospendere qualsiasi negoziato sul rinnovo del partenariato con Baku e, se la situazione non dovesse migliorare, prendere in considerazione la possibilità di sospendere l’applicazione dell’accordo di facilitazione per l’ottenimento dei visti europei con l’Azerbaigian”.L’Eurocamera prende una posizione molto netta e dura. Non si mette in discussione la territorialità dell’area contesa, visto che nessuno Stato membro dell’Ue l’ha mai riconosciuto come extraclave armena. Si condannano l’attacco e l’uso sproporzionato della forza, anche dopo le operazioni militari vere e proprie. Per questo il Parlamento invita l’Ue anche a “ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di gas azero” e considerare l’ipotesi di sganciarsi completamente dal fornitore azero. “In caso di aggressione militare o di attacchi ibridi significativi contro l’Armenia”, i deputati si dichiarano “a favore di una sospensione completa delle importazioni da parte dell’Ue di petrolio e gas azeri“.C’è una parte di Unione europea che dunque mostra i muscoli, ma non è chiaro quanto la risoluzione, non legislativa e dunque non vincolante, troverà seguito. Perché da una parte sconfessa l’operato della Commissione per sottrarre il club dei Ventisette dalla morsa di Gazprom e raddoppiare l’import di gas azero al 2027. In secondo luogo rischia di esporre l’Ue a nuovi shock energetici. Senza più gas russo e, eventualmente, in prospettiva, senza gas azero, risulta difficile capire come potrebbe l’Unione europea a soddisfare il proprio fabbisogno.E’ qui che lo strappo tra Ue e Azerbaijan si collega alla guerra in Ucraina. Baku era vista come elemento centrale o quantomeno portante di una strategia volta a indebolire la Russia. Lo scontro diplomatico non gioca a favore degli europei. Anche perché Ilham Aliyev fin qui non ha mai smesso di sostenere Vladimir Putin. L’Azerbaijan vende il suo gas agli europei e poi, con i soldi degli europei, acquista gas russo per rispondere ai fabbisogni interni e sopperire all’aumento delle vendite.fonte foto: https://agsc.az/Il voto di oggi serve come incentivo a chiudere ogni residuo legame con la Russia. Perché a dire il vero, il gas azero arricchisce comunque la Russia. Shah Deniz, il più grande giacimento di gas naturale dell’Azerbaijan, è gestito da Azerbaijan Gas Supply Company Limited (AGSC), consorzio di cui fa parte Lukoil.Il voto del Parlamento apre però un altro fronte, quello dei mai semplici rapporti con Ankara. Si vorrebbe operare sulla Turchia un convincimento a non incoraggiare ulteriormente l’Azerbaijan. Ma come sempre in questi casi i turchi potrebbero chiedere una contropartita. Il Parlamento dell’Ue, con un voto sia pur comprensibile, si espone a rischio geo-politici non indifferenti.
    L’Aula approva una risoluzione che va allo scontro con Baku. Si chiedono stop a visti agevolati e acquisti di gas, e sanzioni ai funzionati azeri. Una prova di forza che apre un nuova sfida geopolitica