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    Edi Rama sbeffeggia l’Ue sul Qatargate. Ma dovrebbe prima preoccuparsi per il livello di corruzione in Albania

    Bruxelles – Con un sorriso sornione e la classica loquela tra lo scherzoso e il cinico, il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, si toglie un sassolino dalla scarpa con la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, al World Economic Forum di Davos: “Quando lo scandalo di corruzione [Qatargate, ndr] è emerso, ho pensato subito che karma is a bitch“. Un’espressione piuttosto colorita – almeno per un forum internazionale come Davos – per sottolineare che il destino talvolta sa essere beffardo e che, dopo anni a chiedere all’Albania e agli altri Paesi dei Balcani Occidentali maggiori sforzi sullo Stato di diritto, è proprio Unione Europea a dover fare i conti con le falle nel sistema di integrità e trasparenza delle sue stesse istituzioni.
    La presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola (a sinistra), e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (a destra), al World Economic Forum di Davos (19 gennaio 2023)
    Nel suo intervento di ieri pomeriggio (19 gennaio) al panel ‘Widening Europe’s Horizons‘ organizzato da Politico al World Economic Forum, il premier albanese Rama ha lanciato più di una provocazione a Bruxelles, senza però strappare con il partner “a cui apparteniamo” e che dopo anni di attesa ha aperto le porte dei negoziati per l’adesione. “Dall’Ue ci è stato chiesto  di fare passi avanti contro la corruzione nel sistema giudiziario”, ha voluto ricordare l’uomo forte di Tirana: “Noi siamo stati radicali e abbiamo imposto le dimissioni di 9 giudici della Corte Costituzionale su 11 perché non potevano giustificare la propria ricchezza, ma poi ci è stato rinfacciato di non avere più una Corte Costituzionale”. Allo stesso tempo Rama ha voluto porre l’accento sul fatto che “il processo di allargamento è diventato nevrotico e ingiusto” e, se oggi Bruxelles trattasse nello stesso modo i suoi stessi Stati membri, “molti non sarebbero più in grado di entrare” nell’Unione: “E non parlo solo dei Paesi ex-comunisti, ma anche dei fondatori”.
    La presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, al World Economic Forum di Davos (19 gennaio 2023)
    Annuisce e si lascia sfuggire un “è vero” la presidente Metsola, incassando la provocazione di Rama e probabilmente pensando a Paesi come Ungheria e Polonia e alle accuse arrivate proprio ieri dagli avvocati dell’ex-vicepresidente dell’Eurocamera, Eva Kaili, sullo stato di detenzione dell’eurodeputata nella capitale del Belgio (uno dei Paesi fondatori dell’Unione, appunto). Parlando dello scandalo QatarGate, la numero uno del Parlamento Ue l’ha definito “un pugno nello stomaco” e ha assicurato che “è mia responsabilità fare in modo che i campanelli di allarme suonino prima e le contromisure vengano prese immediatamente”. Il piano in 14 punti approvato dalla Conferenza dei presidenti la settimana scorsa rappresenta “una serie di misure immediate per garantire l’integrità, la responsabilità e l’indipendenza” dell’istituzione comunitaria, che dovranno essere accompagnate da “riforme già necessarie prima”, come confermato anche dalla commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson.
    Dietro le parole di Rama: lo Stato di diritto in Albania
    Ma rinfacciare all’Unione Europea lo scoppio di uno scandalo all’interno di una delle sue istituzioni è una coperta molto corta per il premier Rama. Come emerge dal rapporto 2022 dell’organizzazione internazionale World Justice Project, l’Albania è all’87esimo posto su 140 Paesi per il livello di rispetto dello Stato di diritto, ultima in Europa a pari merito con la Serbia (se non si tengono in considerazione le paria internazionali di Russia e Bielorussia). I Paesi membri dell’Ue peggiori sono Bulgaria e Ungheria, ma comunque rispettivamente al 30esimo e 31esimo posto in classifica nel 2022. Il trend in Albania è di leggero ma costante declino della situazione negli ultimi anni, con le criticità maggiori registrate proprio nell’ambito della corruzione, della giustizia criminale e dell’applicazione delle normative.
    Il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (a destra), al World Economic Forum di Davos (19 gennaio 2023)
    A questo si aggiunge quanto messo nero su bianco dalla Commissione Europea nel dossier Albania del Pacchetto Allargamento 2022, pubblicato nell’ottobre dello scorso anno. “Nonostante alcuni progressi, l’aumento degli sforzi e l’impegno politico nella lotta alla corruzione, questa rimane un’area di grave preoccupazione“, si legge nel documento. La questione si pone “in molti settori della vita pubblica e imprenditoriale”, come dimostrato da alcune “condanne definitive di funzionari statali di alto livello”. Secondo l’esecutivo comunitario “i settori più vulnerabili alla corruzione richiedono valutazioni del rischio mirate e azioni specifiche”, in particolare sul fatto che i procedimenti penali siano avviati “in modo coerente e sistematico” contro gli accusati di condotta criminale: “Bisogna garantire che la Struttura specializzata per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata si occupi ulteriormente della corruzione ad alto livello”.
    Per quanto riguarda specificamente il sistema giudiziario – citato da Rama – l’analisi della Commissione Ue evidenzia che “l’Albania è moderatamente preparata”, grazie ai “buoni progressi sul proseguimento dell’attuazione della riforma della giustizia” e le “nuove nomine di giudici dell’Alta Corte, che ha raggiunto il quorum per effettuare le nomine di giudici alla Corte Costituzionale, procedendo a una di queste”. Tuttavia, l’efficienza del sistema giudiziario “è influenzata negativamente dalla lunghezza dei procedimenti, dal basso tasso di liquidazione e dall’ampio arretrato di cause”. Senza cercare scuse nel QatarGate per abbassare gli standard anti-corruzione durante i negoziati di adesione all’Ue, la raccomandazione per il 2023 a Tirana rimane il “consolidamento degli sforzi per migliorare l’efficienza e la trasparenza di tutti i tribunali e le procure”.

    Al World Economic Forum di Davos il premier albanese ha punzecchiato la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola: “Karma is a bitch”. La lotta alla corruzione rimane però di “grave preoccupazione” per Bruxelles sul piano dello Stato di diritto nel Paese in via di adesione

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    I Balcani più vicini all’Ue. Siglata a Tirana la dichiarazione per abbattere i costi roaming (e renderlo gratuito entro il 2027)

    dall’inviato a Tirana – Si apre con un accordo storico sul roaming il vertice Ue-Balcani Occidentali di Tirana, destinato ad avvicinare a livello concreto i cittadini dell’Unione e dei sei Paesi balcanici (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia). A margine del summit iniziato oggi (martedì 6 dicembre) nella capitale albanese i presidenti del Consiglio, Charles Michel, e della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e i sei leader dei Balcani Occidentali hanno siglato la Dichiarazione sul roaming, che porterà benefici a turisti e imprese già dal 2023.
    La cerimonia per la firma della Dichiarazione sul roaming Ue-Balcani Occidentali a Tirana (6 dicembre 2022)
    “Con l’accordo di oggi, gli operatori delle telecomunicazioni inizieranno a ridurre le tariffe di roaming dati tra l’Ue e i Balcani Occidentali a partire dal prossimo anno“, ha annunciato in un tweet la numero uno della Commissione. “È positivo per gli affari e il turismo” ed “è anche un ottimo modo per avvicinare le persone”, ha aggiunto von der Leyen. Come spiegano funzionari Ue a Tirana, la base di partenza è il successo dell’accordo sul Roam like at Home nella regione a partire dal luglio 2021, a cui era seguita la tabella di marcia per l’abolizione del roaming dati tra l’Unione e i Balcani Occidentali al vertice di Kranj (Slovenia) del 6 ottobre seguente.
    Si partirà da una prima riduzione dal primo ottobre 2023, ma l’obiettivo finale è più ambizioso: la completa eliminazione di ogni costo aggiuntivo del roaming entro il 2027, anticipano le stesse fonti. Entro il primo maggio del prossimo anno sarà reso noto l’accordo sugli step per portare avanti l’abbattimento del roaming tra le parti che hanno “volontariamente” deciso di unirsi. L’eliminazione graduale dei costi nel corso dei prossimi cinque anni garantirà a tutti i cittadini comunitari e balcanici di fare chiamate, mandare messaggi e navigare online sul proprio smartphone alla stessa tariffa a casa e negli altri Stati aderenti della dichiarazione firmata questa mattina. “L’Italia è pienamente impegnata” su diversi temi “su cui possiamo lavorare insieme, dall’economia alla sicurezza informatica e il roaming”, ha dichiarato alla stampa la prima ministra italiana, Giorgia Meloni, facendo ingresso al vertice Ue-Balcani Occidentali: “Potete contare su di noi”.

    With today’s agreement, telecom operators will start lowering data roaming charges between the EU and the Western Balkans, starting next year. This is good for business and tourism. It is also a great way of bringing people closer together. pic.twitter.com/ChYncvFpxx
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 6, 2022

    Come funziona il roaming gratuito nell’Ue
    Quello a cui si tende con la dichiarazione di oggi è rendere gratuiti i servizi di roaming anche ai Balcani Occidentali entro il decimo anniversario dall’entrata in vigore sul territorio dell’Unione Europea. Nel 2017 era stata siglata un’intesa tra i Ventisette per un periodo di prova di cinque anni, scaduto il 30 giugno di quest’anno. Grazie al via libera dei co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue alla proposta della Commissione Europea nel dicembre dello scorso anno, il roaming gratuito è stato esteso fino al 2032.
    La prima ministra italiana, Giorgia Meloni, al vertice Ue-Balcani Occidentali a Tirana (6 dicembre 2022)
    Le regole aggiornate permettono ai cittadini europei di continuare a fare chiamate, mandare messaggi e navigare online sul proprio smartphone alla stessa tariffa a casa e negli altri Stati membri. Lavoratori e turisti che viaggiano sul territorio comunitario hanno diritto alla stessa qualità e velocità di connessione mobile – se le condizioni sono disponibili sulla rete del Paese Ue visitato – con il divieto di pratiche che riducono la qualità dei servizi di roaming (per esempio, passare la connessione da 4G a 3G). È gratuito l’accesso ai servizi di emergenza, sia per le chiamate sia per i messaggi di testo, inclusa la trasmissione di informazioni sulla geolocalizzazione.
    Sul territorio comunitario le tariffe di roaming all’ingrosso (il prezzo massimo che gli operatori si addebitano a vicenda quando i rispettivi clienti usano altre reti in roaming nell’Ue) sono limitate a 2 euro per gigabyte, e dal 2027 scenderanno a 1 euro. Se i consumatori superano i limiti sul roaming previsti dal contratto con il proprio operatore, ogni costo aggiuntivo non può essere superiore ai massimali all’ingrosso.

    L’intesa prevede la diminuzione dei costi per chiamate, sms e dati tra i Ventisette e i sei Paesi balcanici già dal primo ottobre 2023, ma si punta a renderlo gratuito (come già succede da cinque anni sul territorio Ue) entro il 2027. Secondo von der Leyen “è positivo per affari e turismo”

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    Tra energia, migrazione, roaming e guerra russa in Ucraina. È tutto pronto per il vertice Ue-Balcani Occidentali a Tirana

    dall’inviato a Tirana – Il primo in assoluto nella regione, dopo una serie di summit tutti ospitati dai Paesi membri dell’Unione Europea. L’importanza del vertice Ue-Balcani Occidentali che si svolgerà domani (martedì 6 dicembre) a Tirana parte da qui, ma va ben oltre la semplice coreografia di una ‘prima volta’. Come spiegano funzionari europei prima dell’appuntamento in Albania tra i capi di Stato e di governo dei Paesi membri Ue, quelli dei sei Paesi balcanici (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) e i leader delle istituzioni comunitarie (i presidenti del Consiglio Ue, Charles Michel, e della Commissione, Ursula von der Leyen), “questo evento è il simbolo della nostra cooperazione rafforzata in risposta alla guerra russa” in Ucraina.
    Il Palazzo dei Congressi di Tirana, dove si svolgerà il vertice Ue-Balcani Occidentali il 6 dicembre 2022
    La base di partenza sarà lo “scambio franco” tra fine giugno e metà luglio – quando in poco meno di un mese si è passati dal fallimento del vertice Ue-Balcani Occidentali di Bruxelles ai festeggiamenti per l’avvio dei negoziati di adesione di Albania e Macedonia del Nord – ma anche gli ultimi sviluppi del Processo di Berlino, con la firma dei tre accordi sulla mobilità regionale. Non è un caso se il primo summit di questo genere nella regione ancora fuori dall’Unione Europea sarà ospitato proprio dall’Albania : “Il premier Edi Rama ha spinto la candidatura dopo i risultati di luglio e l’Ue l’ha accettata“, precisano le stesse fonti.
    Le priorità del vertice Ue-Balcani Occidentali di Tirana
    La priorità più urgente dei 35 leader dell’Unione e dei Balcani Occidentali (in attesa della decisione finale del presidente della Serbia, Aleksander Vučić, su un suo possibile boicottaggio del summit a causa delle tensioni con il Kosovo) sarà quella di rimanere tutti uniti contro l’escalation della guerra russa in Ucraina, che “mette a rischio la pace e la sicurezza europea e mondiale”, si legge nell’ultima bozza del vertice Ue-Balcani Occidentali di Tirana. “Una visione comune del futuro implica responsabilità reciproche e valori condivisi”, che si rendono indispensabili di fronte all’aggressione armata di uno Stato sovrano. Mentre l’esortazione rimane sempre quella di compiere “progressi rapidi e sostenuti” verso il “pieno allineamento” alla Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) – un richiamo implicito alla Serbia e alla sua politica di non-allineamento alle sanzioni contro la Russia – la collaborazione con Bruxelles è considerata come “un chiaro segno dell’orientamento strategico” delle sei capitali.
    In virtù della “determinazione” dei partner più vicini a sostegno dei valori europei, l’Unione è pronta a riconfermare l’impegno “pieno e inequivocabile” a favore della prospettiva di adesione dei Paesi balcanici, anche attraverso un processo di allargamento “reversibile e basato sul merito“. Si attendono discussioni accese sullo status di candidato della Bosnia ed Erzegovina, ma anche sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo (che nelle prossime due settimane dovrebbe anche presentare la propria richiesta di adesione).
    Ma una delle sfide maggiori riguarda proprio i rapporti tra Pristina e Belgrado, che da fine luglio fanno registrare intensi periodi di tensione e momenti improvvisi di slancio diplomatico. Dopo l’intesa in extremis raggiunta il 24 novembre sulla questione delle targhe dei veicoli alla frontiera, si sono riaccese le polemiche sulla nomina di Nenad Rašić – serbo-kosovaro ostile a Belgrado – come ministro per le Comunità e il ritorno dei profughi. A seguito della decisione del premier kosovaro, Albin Kurti, venerdì scorso (2 dicembre) il presidente serbo Vučić ha annunciato che boicotterà il vertice Ue-Balcani Occidentali per la “mancata condanna da parte dell’Ue”. Le riserve sulla partecipazione di Belgrado saranno in verità sciolte nella giornata di oggi, mentre Bruxelles continua a ripetere che “tutti i leader dovrebbero essere presenti” a Tirana. Nella bozza delle conclusioni del vertice trova spazio un capitolo specifico sui rapporti tra Serbia e Kosovo, sia sui “progressi concreti verso un accordo globale giuridicamente vincolante” sulla normalizzazione delle relazioni, sia sulla “forte aspettativa che tutti gli accordi passati siano pienamente rispettati e attuati senza indugio”.
    Bulevardi Dëshmorët e Kombit a Tirana, con le bandiere dell’Unione Europea e dell’Albania e le fotografie delle donne e degli uomini che hanno costruito l’Europa
    Nel quadro generale, sarà affrontato in via prioritaria anche il tema della migrazione, a partire dalle proposte del piano d’azione per la rotta balcanica presentate oggi dalla Commissione Ue. “La gestione della migrazione rimane una sfida e una responsabilità comune“, si legge nella bozza delle conclusioni, considerato il fatto che la rotta balcanica rappresenta il movimento migratorio di più ampia portata alle frontiere esterne dell’Unione, maggiore – in termini di ingressi irregolari – anche di quello del Mediterraneo centrale. Secondo i dati recentemente pubblicati da Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), tra gennaio e ottobre 2022 si sono verificati 281 mila attraversamenti irregolari attraverso la rotta balcanica, per un aumento del 77 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021 e il totale più alto dal 2016 (oltre 130 mila). I Ventisette porranno l’accento sul rafforzamento della protezione delle frontiere, sull’intensificazione dei rimpatri verso i Paesi di origine, sulla cooperazione con Frontex e sull’allineamento della politica dei visti.
    Le questioni energetiche, verdi e digitali
    Secondo quanto emerge dalla bozza delle conclusioni del vertice Ue-Balcani Occidentali, i leader dell’Unione ribadiscono il loro sostegno ai partner balcanici “nell’affrontare gli effetti negativi sulle loro economie e società” della guerra russa in Ucraina, per cui Mosca rimane “l’unica responsabile” della crisi energetica ed economica. Bruxelles ha risposto a queste crisi con un piano di sostegno da un miliardo di euro complessivo per l’intera regione, come anticipato dalla presidente della Commissione von der Leyen nel corso del suo viaggio nelle sei capitali (fatta eccezione per quella del Montenegro, rinviata a data da destinarsi) di fine ottobre.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, presso il cantiere della ferrovia Tirana-Durrës (27 ottobre 2022)
    Un piano che dovrebbe mobilitare 2,5 ulteriori miliardi di euro in investimenti, aiutando i sei Paesi partner a “mitigare l’impatto della crisi energetica e ad accelerare la transizione energetica nella regione”. Il pacchetto sarà finanziato attraverso lo strumento di assistenza pre-adesione (Ipa III) e sarà diviso in due parti, ciascuna da mezzo miliardo di euro. Da una parte un sostegno diretto al bilancio per affrontare l’impatto degli alti prezzi dell’energia in ciascuno dei sei Paesi dei Balcani Occidentali: 80 milioni per la Macedonia del Nord, altrettanti per l’Albania, 75 per il Kosovo, 70 per la Bosnia ed Erzegovina, 165 per la Serbia (per il Montenegro sarà comunicato al momento della nuova visita di von der Leyen). Dall’altra parte, i restanti 500 milioni saranno invece dedicati al “miglioramento delle infrastrutture per il gas e l’elettricità e gli interconnettori, compreso il Gnl“, ma anche a “nuovi progetti per le rinnovabili, aggiornamenti dei sistemi di trasmissione dell’energia, teleriscaldamento e schemi per migliorare l’efficienza energetica dei vecchi condomini”.
    A questo proposito, nella bozza delle conclusioni del vertice Ue-Balcani Occidentali i Ventisette ricordano la decisione di aprire gli acquisti comuni di gas, Gnl e idrogeno ai Paesi balcanici, chiedendo allo stesso tempo “rapida operatività di questa piattaforma” e incoraggiando i partner a “sfruttare questa opportunità”. Nella bozza si ribadisce anche che il piano RePowerEu è finalizzato a ridurre la dipendenza non solo dell’Ue, ma dell’intera regione balcanica dal gas russo e, attraverso la Comunità dell’energia, l’Unione sta aprendo il proprio mercato dell’elettricità – “anche per quanto riguarda le energie rinnovabili” – ai sei vicini, “a condizione che vengano attuate riforme normative“.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, presso il cantiere della ferrovia Tirana-Durrës (27 ottobre 2022)
    Rivestirà un ruolo centrale nelle discussioni di domani l’attuazione del Piano economico e di investimenti e delle Agende verde e digitale per i Balcani occidentali, “anche attraverso un ulteriore sostegno alla connettività, alla transizione e alla diversificazione delle forniture energetiche”. Nel pacchetto approvato nell’ottobre 2020 – che mobilita quasi 30 miliardi di euro tra sovvenzioni e investimenti – è già stato dato il via libera al finanziamento di 27 progetti-faro per un valore totale di 3,8 miliardi di euro, e nell’ultimo anno sono proseguiti i lavori per la connettività nella regione: dal corridoio ferroviario Oriente-Med per le merci ai ponti transfrontalieri a Svilaj (Croazia) e Gradiška (Bosnia ed Erzegovina). Parallelamente, grazie all’Agenda verde per la regione i leader balcanici rinnoveranno gli impegni climatici assunti con la firma dell’Accordo di Parigi, anche per combattere l’inquinamento, migliorare la gestione dei rifiuti e accelerare la transizione energetica verde. L’Ue li sosterrà invece nello sviluppo di una politica di tariffazione del carbonio nel contesto del meccanismo di aggiustamento delle frontiere del carbonio (Cbam).
    Ultima, ma di certo non per importanza, la questione della connettività digitale. Come rendono noto gli stessi funzionari europei a Tirana, appena prima del vertice Ue-Balcani Occidentali è prevista la firma di una dichiarazione congiunta sul roaming, per l’eliminazione graduale dei costi nei prossimi anni, garantendo così a tutti i cittadini di fare chiamate, mandare messaggi e navigare online sul proprio smartphone alla stessa tariffa a casa e negli altri Stati aderenti (come succede dal 2017 e almeno fino al 2032 nell’Ue). Si parte dal “successo” dell’accordo sul Roam like at Home nella regione a partire dal luglio dello scorso anno, con l’obiettivo di una prima riduzione dei costi dal primo ottobre 2023 e la “prospettiva di una completa eliminazione” al 2027, specificano le stesse fonti a ventiquattr’ore dal primo vertice Ue-Balcani Occidentali nella regione.

    Il 6 dicembre la capitale dell’Albania ospiterà il primo summit nella regione tra i leader dell’Unione e dei sei Paesi balcanici. Secondo quanto emerge dalla bozza delle conclusioni, sarà centrale la risposta alle crisi comuni, con un focus specifico sui rapporti tra Serbia e Kosovo

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    L’Albania è un nuovo membro del Meccanismo di protezione civile dell’Ue. Potrà ricevere e dare supporto contro catastrofi

    Bruxelles – È Tirana a far toccare quota 35 membri al Meccanismo di protezione civile dell’Ue. Con la firma del primo documento ufficiale dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione all’Unione, l’Albania da oggi (venerdì 18 novembre) è un nuovo Stato partecipante al sistema di gestione del rischio di catastrofi dell’Ue. “Questo passo arriva in un momento cruciale in cui i rischi naturali sono più frequenti e più intensi”, ha salutato con calore l’intesa il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, al momento della firma nella capitale albanese con il premier, Edi Rama, e il ministro della Difesa, Niko Peleshi: “Una catastrofe può colpire ovunque e in qualsiasi momento, i nostri sistemi di risposta alle crisi devono essere pronti a resistere alle conseguenze dei cambiamenti climatici”.
    Il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, a Tirana (18 novembre 2022)
    In qualità di membro a pieno titolo del Meccanismo di protezione civile dell’Ue, l’Albania potrà sia ricevere sostegno immediato sia inviare assistenza ai Paesi colpiti da una catastrofe, con una risposta alle crisi più forte e meglio coordinata in Europa e nel resto del mondo. Prima di aderire ufficialmente, l’Albania è già stata sostenuta dalle squadre di protezione civile dell’Ue in seguito al terremoto del novembre 2019 e agli incendi delle ultime tre estati. “Desidero ringraziare le autorità di protezione civile albanesi per la determinazione e l’instancabile impegno con cui hanno dato vita a questo importante sviluppo“, ha sottolineato il commissario Lenarčič, che ha ricordato come il lavoro congiunto possa “migliorare significativamente la nostra preparazione alle emergenze e costruire un sistema di gestione delle catastrofi più resiliente in Europa”.
    Cos’è il Meccanismo di Protezione Civile dell’Ue
    Istituito nel 2001 dalla Commissione, il Meccanismo di protezione civile dell’Ue è il mezzo attraverso cui i 27 Paesi membri e altri 8 Stati partecipanti (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Serbia e Turchia) possono rafforzare la cooperazione per la prevenzione, la preparazione e la risposta ai disastri, in particolare quelli naturali. Una o più autorità nazionali possono richiedere l’attivazione del Meccanismo quando un’emergenza supera le capacità di risposta dei singoli Paesi colpiti: la Commissione coordina la risposta di solidarietà degli altri partecipanti con un unico punto di contatto, contribuendo almeno a tre quarti dei costi operativi degli interventi di ricerca e soccorso e di lotta agli incendi. In questo modo vengono messe in comune le migliori competenze delle squadre di soccorritori e si evita la duplicazione degli sforzi. In 21 anni di attività, il Meccanismo di protezione civile dell’Ue ha risposto a oltre 600 richieste di assistenza all’interno e all’esterno del territorio dell’Unione.
    Il Meccanismo comprende un pool europeo di protezione civile, formato da risorse pre-impegnate dagli Stati aderenti, che possono essere dispiegate immediatamente all’occorrenza. Il centro di coordinamento della risposta alle emergenze è il cuore operativo ed è attivo tutti i giorni 24 ore su 24. A questo si aggiunge la riserva rescEu, una flotta di aerei ed elicotteri antincendio (oltre a ospedali da campo e stock di articoli medici per le emergenze sanitarie) per potenziare le componenti della gestione del rischio di catastrofi: nel corso di quest’estate la Commissione ha finanziato anche il mantenimento di una flotta antincendio rescEu aggiuntiva in stand-by, messa a disposizione da Italia, Croazia, Francia, Grecia, Spagna e Svezia. A Bruxelles si sta sviluppando anche una riserva per rispondere a incidenti chimici, biologici, radiologici e nucleari.
    Questo strumento si è dimostrato negli anni la chiave di volta per contrastare gli incendi boschivi e proteggere un ambiente naturale sempre più minacciato dai cambiamenti climatici ed estati che toccano livelli record in termini di temperatura. Nel 2022 sul territorio dell’Unione sono andati bruciati oltre 700 mila ettari di bosco – mai così tanti dal 2006 – ma allo stesso tempo sono state decisive le operazioni congiunte. Quella più grossa di quest’estate ha riguardato la Francia sud-occidentale, dove sei aerei della flotta rescEu (di cui due inviati dall’Italia) e quattro squadre di vigili del fuoco provenienti da Germania, Polonia, Austria e Romania hanno supportato i colleghi francesi per domare gli incendi nel dipartimento della Gironda.

    Con la firma del documento a Tirana alla presenza del commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, il Paese balcanico diventa il 35esimo Stato partecipante del sistema di gestione del rischio di catastrofi dei 27 Paesi membri dell’Unione (più altri 8 partner)

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    I Ventisette hanno autorizzato la Commissione ad avviare i negoziati per dispiegare Frontex nei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Il dispiegamento degli agenti Frontex su tutte le frontiere dei Balcani Occidentali si avvicina sempre di più. Dopo la raccomandazione della Commissione Europea dello scorso 26 ottobre, il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (venerdì 18 novembre) di autorizzare i negoziati con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia per ampliare gli accordi sulla cooperazione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
    Gli accordi negoziati nell’ambito del nuovo mandato di Frontex consentiranno all’agenzia di assistere i quattro Paesi balcanici nella gestione delle persone migranti in arrivo, nel contrastare l’immigrazione irregolare e nell’affrontare la criminalità trans-frontaliera. I nuovi accordi consentiranno al personale Frontex di esercitare poteri esecutivi, come i controlli di frontiera e la registrazione delle persone.
    In altre parole, se il nuovo quadro giuridico sarà negoziato secondo i termini di Bruxelles, i corpi permanenti dell’Agenzia Ue potranno essere dispiegati in tutta regione: non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi. In questo scenario, Frontex potrà operare con pieni poteri esecutivi anche alle frontiere tra Macedonia del Nord-Albania, Macedonia del Nord-Serbia, Albania-Montenegro, Montenegro-Serbia, Montenegro-Bosnia ed Erzegovina e Serbia-Bosnia ed Erzegovina. Rimane anche sul fronte della gestione congiunta delle frontiere il buco nero del Kosovo, dal momento in cui non c’è ancora l’unanimità tra i Ventisette sul riconoscimento della sua sovranità (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia si oppongono).
    A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “Le sfide migratorie nella rotta dei Balcani Occidentali non iniziano alle frontiere dell’Unione”, ha commentato il ministro dell’Interno della Repubblica Ceca e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Vít Rakušan: “La cooperazione con i nostri partner, anche attraverso l’invio di personale Frontex, è essenziale per individuare e bloccare tempestivamente i movimenti migratori irregolari“. Secondo il ministro ceco, questo accordo “migliorerà la protezione delle frontiere esterne dell’Unione”, contribuendo allo stesso tempo “agli sforzi dei Paesi dei Balcani Occidentali per impedire ai contrabbandieri di utilizzare i loro territori come tappe di transito“.
    Lo stato dell’arte degli accordi Frontex con i Balcani Occidentali
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento rivisto. È per questo motivo che per la Commissione era considerato cruciale il via libera alle raccomandazioni dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo.
    Nel corso del tappa a Skopje dello scorso 26 ottobre (nel contesto del suo viaggio nei Balcani Occidentali), la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha messo il cappello sulla firma del secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà a Frontex di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania). Si tratta del primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione all’Ue della Macedonia del Nord, in cui ha rivestito un ruolo significativo la traduzione anche in lingua macedone, “senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea”, ha sottolineato von der Leyen.
    A questo si aggiunge un nuovo pacchetto di assistenza da 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali. I finanziamenti di Bruxelles – arrivati a 171,7 milioni di euro – serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, specifica l’esecutivo Ue.

    Con il via libera del Consiglio dell’Ue, l’esecutivo comunitario potrà negoziare con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia l’operatività dei corpi permanenti non più solo alle frontiere esterne dell’Unione ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo poteri esecutivi

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    L’Albania è già pronta a ospitare il vertice Ue-Balcani Occidentali di dicembre. Con la benedizione di von der Leyen

    Bruxelles – Terza tappa del viaggio di quattro giorni nei Balcani Occidentali, terzo giro di applausi per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. E quello di oggi pomeriggio (giovedì 27 ottobre) in Albania è sembrato quello più convinto. “Non è solo il protocollo che me lo fa dire, ma parlo davvero quando dico che è un piacere accoglierla, perché con la sua leadership siamo più vicini che mai all’Unione Europea”, ha aperto la conferenza stampa nel pomeriggio di oggi (giovedì 27 ottobre) a Tirana il primo ministro albanese, Edi Rama.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (Tirana, 27 ottobre 2022)
    L’entusiasmo del premier dell’Albania e della stragrande maggioranza del Paese è dettato principalmente dallo sblocco dello stallo sull’avvio dei negoziati di adesione Ue (dopo la risoluzione del veto bulgaro sul dossier macedone, da cui Tirana dipendeva) con il via libera ufficiale arrivato lo scorso 19 luglio. Nonostante non sia mai stato messo in dubbio il supporto della Commissione e della sua presidente, lo stesso Rama non aveva parlato nello stesso modo dopo il fallimento del vertice di Bruxelles di fine giugno (gli addetti ai lavori ricordano una conferenza stampa con il presidente serbo, Aleksandar Vučić, quantomeno discutibile per la verve polemica). Dopo quattro mesi invece le parole sono solo positive, con lo sguardo rivolto al prossimo futuro: “Il 6 dicembre tutti i leader dell’Unione e della regione arriveranno a Tirana per il vertice Ue-Balcani Occidentali, è quasi incredibile essere riusciti a ospitare un altro evento europeo di così grande importanza, dopo la finale della Conference League” (la competizione Uefa di calcio, vinta dalla Roma). “Ci rivedremo a dicembre a Tirana, sarà un incontro molto importante”, ha confermato la presidente von der Leyen.
    Tra i due vertici “sono successe tante cose”, ha ricordato la numero uno della Commissione, in particolare “il momento toccante e speciale” dell’avvio dei negoziati di adesione Ue dell’Albania: “È un vostro successo, è il risultato di molti anni di duro lavoro, anni di pazienza“. Tutto questo impegno sul percorso di avvicinamento all’Unione “sta dando i suoi frutti con i negoziati di adesione”, ha assicurato von der Leyen, come dimostrato dal pieno allineamento alla politica estera e di sicurezza dell’Ue e alle sanzioni internazionali contro la Russia: “È esemplare il modo in cui l’Albania ha difeso attivamente l’ordine internazionale basato sulle regole nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, questo vi fa onore”. Per quanto riguarda il processo di screening dei negoziati, l’ultima relazione sull’allargamento Ue “mostra tutti i progressi” del Paese su Stato di diritto, riforme del sistema giudiziario, uguaglianza e inclusione sociale, così come il rafforzamento dell’economia dopo le ondate Covid-19: “Sono tutti risultati molto tangibili e visibili”, nonostante l’impatto della guerra russa in Ucraina su tutto il continente europeo.

    Albania is moving forward on its EU path.
    This is your success.
    The result of years of efforts by the Albanian people.
    I welcome our foreign policy alignment.
    You are showing it again in your stand for a rules-based order in your UN Security Council term.
    This honours you. pic.twitter.com/ZSmsNnAuHu
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 27, 2022

    L’asse energetico tra Ue e Albania
    A proposito della guerra russa in Ucraina, come ricordato dalla presidente von der Leyen anche a Skopje e Pristina, “tutti noi sentiamo gli effetti a catena dell’aumento dei prezzi dell’energia e dell’instabilità della sicurezza dell’approvvigionamento”. Se l’Albania è “completamente indipendente dal gas russo, grazie al suo sistema idroelettrico”, nemmeno Tirana può dirsi salva dalle “perturbazioni che vediamo nel mercato dell’energia, con i prezzi alle stelle”. La risposta da Bruxelles rimane “unità e solidarietà”, anche nei confronti dei partner balcanici, che conta oggi – economicamente parlando – 235 milioni di euro. Dopo gli 80 milioni per la Macedonia del Nord e i 75 milioni per il Kosovo, l’Ue fornirà 80 milioni all’Albania “come sostegno diretto al bilancio per affrontare l’impatto degli alti prezzi dell’energia” a partire da gennaio, che saranno intercettati da “un sistema valido per sostenere le famiglie e le piccole e medie imprese”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Albania, Bajram Begaj (Tirana, 27 ottobre 2022)
    Ma la presidente von der Leyen ha ribadito anche che è soprattutto la seconda parte dell’impegno dell’Unione nei confronti dei partner balcanici al centro dell’attenzione “sul medio e lungo termine”. Si tratta del “sostegno al sistema energetico“, che attraverso il Piano economico e di investimenti veicolerà “altri 500 milioni di euro in sovvenzioni per investimenti in infrastrutture energetiche per l’intera regione“. Il Piano è già all’opera nel Paese – come ha voluto testimoniare con i propri occhi von der Leyen presso il cantiere della ferrovia Tirana-Durrës – ma ora si tratta di spingere anche sul piano energetico. È qui che si inserisce l’investimento congiunto sul gasdotto Ionico-Adriatico (Iap), come riferito dal premier Rama: collegandosi a quello Trans-Adriatico (Tap) che trasporta il gas dall’Azerbaigian, dall’Albania passerà per il Montenegro e la Bosnia ed Erzegovina, fino ad arrivare a Spalato (Croazia).
    Il piano da 500 milioni di euro nella regione svilupperà anche gli investimenti nelle energie rinnovabili, un punto “molto importante” nel discorso di von der Leyen: “È energia prodotta in loco, che crea indipendenza, dà buoni posti di lavoro e fa bene al clima”. Nello specifico, per quanto riguarda l’Albania gli investimenti saranno indirizzati alla centrale solare galleggiante di Vau i Dejës (presso Scutari), alla centrale idroelettrica di Fierza – che “produce un quarto dell’intera produzione di elettricità” nazionale – e altri progetti di più piccola portata, sull’esempio della ristrutturazione energetica del campus dell’Università di Tirana. La presidente dell’esecutivo comunitario ha visitato due università in due capitali balcaniche nello stesso giorno (quella di Pristina e, appunto, quella di Tirana), un segnale da non sottostimare per quanto riguarda le attenzioni di Bruxelles sulle possibilità di ricerca, innovazione e sviluppo sul piano energetico dei partner balcanici.

    Nella terza tappa del viaggio nella regione, la presidente della Commissione Europea ha dato appuntamento a Tirana il prossimo 6 dicembre. Da Bruxelles arrivano 80 milioni di euro contro la crisi energetica e un piano di investimenti a lungo termine in connessioni e rinnovabili

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    Dopo un’attesa di quasi tre anni sono iniziati i negoziati di adesione Ue di Albania e Macedonia del Nord

    Bruxelles – Dopo anni di un processo fermo ai box per trovare il giusto assetto per ripartire, il 19 luglio 2022 segna una nuova data da segnare in rosso nel calendario della politica di allargamento dell’Unione Europea nella regione dei Balcani Occidentali. Con le prime conferenze intergovernative svoltesi oggi a Bruxelles, Albania e Macedonia del Nord hanno avviato i negoziati di adesione Ue, andando a unirsi a Montenegro e Serbia (i cui processi sono iniziati rispettivamente nel 2012 e nel 2014).
    “È il vostro successo e dei vostri cittadini, avete dimostrato resistenza ai nostri valori comuni e fede in quelli dell’accesso all’Unione”, ha salutato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la giornata “storica” per l’Ue e per i due Paesi balcanici: “Avete fatto tutto questo perché era importante per i vostri Paesi, noi continueremo a supportarvi”. A questo punto inizierà l’esame dell’acquis dell’Ue, che “consentirà ad Albania e Macedonia del Nord di familiarizzare con i diritti e gli obblighi della nostra Unione”, dai trattati agli accordi internazionali, mentre parallelamente si procederà a un avvicinamento in alcune aree-chiave: “L’Albania entrerà nel Meccanismo di protezione civile dell’Ue, per aumentare la resistenza contro incendi, terremoti e alluvioni, mentre la Macedonia del Nord negozierà un accordo con Frontex per rafforzare la cooperazione in materia di migrazione”. Nel frattempo, “con i progressi nei negoziati arriveranno i benefici per il commercio, l’energia, i trasporti e la massimizzazione dei fondi europei per nuovi lavori”, ha assicurato von der Leyen, che ha esortato infine a “stare uniti fino a quando non sarete membri a pieno diritto”.

    We will now start the screening of the EU acquis – and proceed very quickly. Dear @P_Fiala, @EU2022_CZ will also play an important role in advancing this negotiations process. The people of 🇦🇱🇲🇰 deserve it. pic.twitter.com/r39GHTWGpp
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 19, 2022

    A prendere immediatamente parola è stato il premier albanese, Edi Rama, che solo un mese fa criticava aspramente l’Unione per l’incapacità di liberare i due “ostaggi” dal ricatto bulgaro: “Ringrazio la presidente von der Leyen che ha saputo lottare per l’Ue e per noi, l’ex-cancelliera tedesca, Angela Merkel, perché senza di lei non saremmo qui, e i recenti sforzi del presidente francese, Emmanuel Macron, che è arrivato a una proposta per sbloccare una situazione assurda”. Il premier Rama ha definito gli ultimi tre anni “una tempesta perfetta”, per i veti prolungati, la pandemia Covid-19, i terremoti che hanno colpito il Paese e le conseguenze della guerra russa in Ucraina: “Sappiamo che questa è solo la fine dell’inizio della prima parte del processo, ma ne avevamo bisogno per continuare a costruire un’Albania e una regione balcanica forti e democratiche“, ha sottolineato con forza Rama.
    Da sinistra: Il premier della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (19 luglio 2022)
    Da rilevare nel punto con la stampa europea è stato un passaggio specifico del discorso della numero uno della Commissione. Rivolgendosi al premier macedone, Dimitar Kovačevski, la presidente von der Leyen ha assicurato di poter “contare sul mio sostegno” per garantire che tutti i passaggi del processo negoziale siano tradotti in lingua macedone, “senza note a piè di pagina, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Ue”. Una dimostrazione pratica della volontà di Bruxelles di rimanere fedele alle promesse fatte a Skopje – anche la settimana scorsa dalla stessa leader dell’esecutivo comunitario direttamente al Parlamento nazionale – in merito al riconoscimento della lingua e dell’identità macedone nella contesa identitaria con la Bulgaria. “L’Ue ci accoglierà come un Paese a cui riconosce la propria lingua madre, è un principio sancito per sempre, che non sarà sottoposto a trattative“, ha esultato il premier macedone, che ha voluto rimarcare come la proposta di mediazione francese per superare il veto della Bulgaria sia “la migliore possibile, che rispetta le nostre linee rosse, e ora siamo pronti per entrare nell’Ue con un processo veloce come è stato quello di adesione alla Nato” nel 2020. “Il nostro sogno si sta avverando”, ha commentato il premier macedone, sottolineando che “siamo una piccola Unione Europea, un Paese multietnico e multi-confessionale unito nella diversità”.
    A rendere la questione più complessa è però la posizione controversa della Bulgaria, che non si è ammorbidita nemmeno dopo la firma protocollo bilaterale che ha permesso di avviare i negoziati di adesione Ue della Macedonia del Nord. In una dichiarazione unilaterale presentata al Coreper (gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio), la delegazione bulgara ha ribadito che Sofia considera il macedone solo un dialetto della propria lingua e che il riferimento alla lingua ufficiale della Repubblica di Macedonia del Nord nei documenti di Bruxelles non ne implica il riconoscimento.
    Tre anni di stallo
    Macedonia del Nord e Albania sono Paesi candidati all’adesione Ue rispettivamente dal 2005 e dal 2014. Il processo di adesione di Skopje è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia, per la contesa identitaria e sul cambio del nome del Paese balcanico: solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Era il 19 ottobre 2019 quando il Consiglio Ue, stimolato per due volte dalla Commissione ad aprire i negoziati di adesione con Skopje e Tirana, chiudeva la porta ai due Paesi, con l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi e la richiesta di implementare le riforme strutturali prima di sedersi ai tavoli negoziali. Dopo cinque mesi, al Consiglio del 25-26 marzo 2020, era arrivato il via libera dei Ventisette, che sembrava aver risolto tutte le questioni rimaste in sospeso. Tuttavia, il 9 dicembre 2020 si era registrato – nemmeno troppo a sorpresa – lo stop della Bulgaria, con il veto all’avvio dei negoziati di adesione di Skopje.
    Da allora il processo è rimasto in stallo sia per la Macedonia del Nord, sia per l’Albania, legate dallo stesso dossier sull’allargamento. A nulla sono servite le pressioni della Commissione e di Paesi membri come l’Italia e la Germania, con due vertici Ue-Balcani Occidentali – il primo a Kranji (Slovenia) nel 2020 e il secondo lo scorso 23 giugno a Bruxelles – che hanno prodotto risultati insoddisfacenti per le ambizioni dell’allargamento dell’Unione in tutta la regione balcanica. La svolta si è concretizzata solo con la spinta decisiva del presidente francese Macron (che fino al 31 giugno era anche a capo della presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Ue), con la proposta di mediazione tra Sofia e Skopje per risolvere una volta per tutte una disputa che ha rischiato di far saltare il banco, a causa della frustrazione sempre più esplicita dei leader balcanici. Grazie a questa iniziativa, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi – dopo aver accantonato la prima proposta definita “irricevibile” dalla Macedonia del Nord – anche il Parlamento macedone ha dato l’approvazione nella giornata di sabato (16 luglio). Con la firma del protocollo bilaterale tra Bulgaria e Macedonia del Nord si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alle prime conferenze intergovernative per Skopje e Tirana, dopo un’attesa lunga quasi tre anni.

    Finito lo stallo iniziato il 19 ottobre 2019 con il primo veto in Consiglio ai due Paesi balcanici e proseguito nell’ultimo anno e mezzo con l’opposizione della Bulgaria a Skopje. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “Avete dimostrato resistenza e fede nei nostri valori comuni”

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    I giorni caldi di Skopje. La Macedonia del Nord di fronte alla proposta aggiornata per lo sblocco dei negoziati adesione UE

    Bruxelles – Siamo entrati nella settimana più calda a Skopje, in cui potrebbero essere decise le sorti di una nazione. Dopo aver rispedito al mittente quella che anche a Eunews avevamo definito una proposta irricevibile, il governo e il Parlamento della Macedonia del Nord stanno vagliando la nuova versione della mediazione francese per sbloccare lo stallo sull’avvio dei negoziati di adesione all’UE (causato dal veto della Bulgaria per questioni bilaterali di natura puramente identitaria). Preso tra i due fuochi delle proteste dell’opposizione nazionalista – che vuole rifiutare anche l’ultimo tentativo di compromesso – e delle pressioni di Bruxelles e di Tirana – a causa del legame imposto all’Albania nel dossier di adesione – l’esecutivo guidato da Dimitar Kovačevski sta valutando attentamente gli sviluppi, sempre più propenso ad accettare l’offerta di Parigi.
    Per sgombrare il campo dagli ultimi dubbi, a Skopje è volato oggi (martedì 5 luglio) il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, dopo il viaggio di sole tre settimane fa. “Avete l’occasione di decidere del vostro futuro, con questa proposta siamo al punto di svolta per il processo di adesione all’UE, con un compromesso che risponde alle vostre preoccupazioni”, ha voluto sottolineare nel corso della conferenza stampa congiunta con il premier della Macedonia del Nord. “Se dite di sì, la prima conferenza intergovernativa sarà convocata nei prossimi giorni e poi procederemo spediti”, ha aggiunto Michel. Secondo quanto hanno fatto sapere entrambi i politici, la proposta francese aggiornata tiene conto di “tutte le preoccupazioni” di Skopje, in particolare sul riconoscimento della lingua macedone al pari di tutte le altre in uso nel Paesi membri dell’Unione. Inoltre, le questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) non dovrebbero entrare nel quadro dei negoziati a livello UE e dovranno essere trattate a parte tra i due Paesi. “La proposta in discussone in questi giorni include le nostre osservazioni e le opinioni da noi chiaramente espresse“, ha confermato esplicitamente il primo ministro del Paese balcanico: “Stiamo proteggendo l’interesse pubblico e l’identità nazionale macedone, per raggiungere il nostro obiettivo strategico, che è la piena adesione all’UE”.
    “È una vostra decisione sovrana, ma anche un’opportunità storica, troppo importante da lasciarsi sfuggire”, ha incalzato Michel a Skopje, ribadendo con fermezza che “mi schiererò sempre per il rispetto dei diritti dei macedoni, attraverso un dialogo costruttivo“. Questo impegno dichiarato riguarda, appunto, “anche il riconoscimento della vostra lingua e delle vostre legittime preoccupazioni sull’identità nazionale, che devono rispettare le relazioni di buon vicinato”. Il richiamo alla Bulgaria è implicito, ma non per questo di secondaria importanza: “Se introdurrete gli emendamenti costituzionali per il rispetto di tutte le minoranze, dimostrerete alti standard di impegno e noi automaticamente inizieremmo i negoziati di adesione”, che “non potranno mai essere minati da questioni non legittime da un punto di vista dei valori europei“. In altre parole, “il processo di allargamento dell’Unione procederà senza trappole”, ha assicurato il numero uno del Consiglio.
    Il premier Kovačevski ha però avvertito che “spetta al Parlamento prendere una decisione definitiva” in merito alla proposta francese, che consenta l’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord: “Solo a quel punto il governo potrà presentare ufficialmente la sua risposta all’Unione Europea”. Ammesso e non concesso che la maggioranza parlamentare darà il via libera alla proposta (anche se ormai sembra sempre più verosimile), come la teoria dell’eterno ritorno, non è da escludere che la nuova proposta aggiornata non susciterà obiezioni a Sofia, dove lo scorso 24 giugno il Parlamento aveva sì revocato il veto all’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord, ma sulla base della prima versione della proposta di mediazione francese.

    You are deciding on your future. And on the pivotal next steps.
    North Macedonia belongs in the EU. Your future is with us.
    Together we are on the eve of a possible breakthrough in your country’s EU accession process.@DKovachevski @SPendarovski pic.twitter.com/XbbXUpWMWX
    — Charles Michel (@CharlesMichel) July 5, 2022

    Tra proteste e pressioni
    Quello che preoccupa però Skopje e Bruxelles è soprattutto l’ondata di proteste guidate dall’opposizione in Macedonia del Nord, che resta contraria a qualsiasi soluzione di compromesso che vada incontro anche a parte delle richieste identitarie della Bulgaria. L’ultima è andata in scena nella capitale macedone proprio durate i colloqui del presidente del Consiglio UE con la dirigenza politica del Paese: gli slogan dei gruppi nazionalisti hanno coinvolto non solo la disputa con Sofia, ma anche quella con la Grecia – “solo Macedonia, mai Macedonia del Nord” (in riferimento all’accordo di Prespa del 2018, sul cambio del nome del Paese per risolvere la questione identitaria decennale con Atene). Soprattutto per l’opposizione di VMRO-DPMNE (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) di ispirazione nazionalista-conservatrice, da Parigi è arrivato un “ultimatum inaccettabile” ispirato dalla Bulgaria: secondo il leader Hristijan Mickoski sarebbe “contrario agli interessi nazionali” e in linea con una volontà di favorire “l’assimilazione e la bulgarizzazione” della popolazione.
    Per il premier Kovačevski si tratta invece dell’ultima possibilità concreta per arrivare finalmente all’avvio dei negoziati di adesione all’UE. A maggior ragione se si considerano le pressioni che arrivano dall’altro Paese balcanico che fa parte del dossier sull’avvio dei negoziati UE, l’Albania del premier Edi Rama. “Si tratta di scelte, e questo è il momento di farne una, il mio istinto mi dice che sarebbe un grosso errore non accettare” la proposta francese, ha dichiarato nel corso di un’intervista alla TV macedone Kanal 5 – riportata da Albanian Daily News: “Sarebbe un grosso errore perché il Paese potrebbe essere lasciato indietro e nessuno avrebbe più la volontà di tornare indietro”. In ogni caso, se Skopje deciderà di rifiutare, Tirana spingerà per la prima volta per continuare separatamente, sostenuta in modo esplicito anche dall’Italia: “Abbiamo superato il punto in cui ci è negato di farlo, ma [i politici macedoni, ndr] devono accettare la proposta, perché non ce ne sarà un’altra, e rischiano di rimanere davanti alla porta dell’UE per altri 17 anni”, ha esortato il premier albanese. E al governo Kovačevski è arrivata una sponda proprio dalla minoranza etnica albanese in Macedonia del Nord, che sarebbe pronta ad appoggiare la maggioranza in Parlamento (nonostante il partito Alleanza per gli Albanesi sia seduto nei banchi dell’opposizione) per dare il via libera alla proposta francese, a patto che la lingua albanese sia inserita nella Costituzione nazionale.

    Mentre il governo di Dimitar Kovačevski è sotto pressione per le proteste guidate dall’opposizione, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, è volato a Skopje per spingere il nuovo tentativo di mediazione sulla contesta con la Bulgaria (che ora considera le preoccupazioni macedoni)