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    Niente più mascherine, protesi e dispositivi medici dalla Cina: l’Ue esclude le imprese di Pechino dagli appalti pubblici

    Bruxelles – Nuovo bisticcio commerciale tra Bruxelles e Pechino: la Commissione europea ha deciso che escluderà le imprese cinesi dagli appalti pubblici dell’Ue per dispositivi medici di valore superiore a 5 milioni di euro. E lo fa come “risposta proporzionata alle barriere imposte dalla Cina”, che secondo l’esecutivo Ue discrimina sistematicamente le aziende europee nelle proprie gare d’appalto.Proprio mentre sono in corso i preparativi per il summit di fine luglio che celebrerà i 50 anni di relazioni diplomatiche tra l’Unione europea e la Cina, i due partner (e competitor e rivali, ndr) aggiungono benzina sul fuoco. Oltre agli attriti sul ruolo di Pechino nella guerra della Russia in Ucraina, c’è ancora da risolvere il nodo dei dazi aggiuntivi che Bruxelles ha imposto dallo scorso novembre alle importazioni di auto elettriche cinesi, in risposta ai sussidi che la Cina fornisce ai suoi produttori di veicoli a batteria.La chiusura dell’Ue a mascherine, protesi, apparecchiature e software per radiografie e diagnosi specialistiche prodotte in Cina fa seguito alle conclusioni di un’approfondita indagine avviata già ad aprile 2024 ai sensi del regolamento Ue per gli appalti internazionali (IPI). La Commissione europea accusa sostanzialmente il gigante asiatico di aver eretto “ostacoli giuridici e amministrativi significativi e ricorrenti al proprio mercato degli appalti”: secondo Bruxelles, l’87 per cento degli appalti pubblici per dispositivi medici in Cina è soggetto a misure e pratiche di esclusione e discriminazione nei confronti dei dispositivi medici fabbricati nell’Ue e dei fornitori dai 27 Paesi membri. Mentre d’altra parte, tra il 2015 e il 2023, le esportazioni cinesi di dispositivi medici verso l’Ue “sono più che raddoppiate”.Dopo aver “sollevato ripetutamente la questione con le autorità cinesi alla ricerca di una soluzione costruttiva ed equa”, l’Ue ha deciso di rispondere con la stessa moneta. Oltre a escludere le imprese cinesi dagli appalti dal valore superiore a 5 milioni di euro, il contenuto cinese delle offerte aggiudicatrici sarà limitato ad un massimo del 50 per cento. La Commissione europea assicura che la rappresaglia non metterà a rischio la disponibilità dei dispositivi necessari ai sistemi sanitari dei Paesi membri, e che in ogni caso “sono previste deroghe nei casi in cui non esistono fornitori alternativi“.Il commissario Ue per il Commercio, Maroš Šefčovič, ha riaffermato “l’impegno nel dialogo con la Cina per risolvere tali questioni”. In una nota, la Commissione precisa che “qualora la Cina offrisse soluzioni concrete, verificabili e soddisfacenti che affrontino efficacemente le preoccupazioni individuate, il quadro IPI consentirebbe la sospensione o la revoca delle misure”. Da Pechino, la risposta a caldo non è stata conciliante: il portavoce del Ministero degli Affari esteri cinese, Guo Jiakun, ha denunciato i “doppi standard” di Bruxelles, che “agisce in nome della concorrenza leale mentre pratica la concorrenza sleale”.

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    Niente più mascherine, protesi e dispositivi medici dalla Cina: l’Ue esclude le imprese di Pechino dagli appalti pubblici

    Bruxelles – Nuovo bisticcio commerciale tra Bruxelles e Pechino: la Commissione europea ha deciso che escluderà le imprese cinesi dagli appalti pubblici dell’Ue per dispositivi medici di valore superiore a 5 milioni di euro. E lo fa come “risposta proporzionata alle barriere imposte dalla Cina”, che secondo l’esecutivo Ue discrimina sistematicamente le aziende europee nelle proprie gare d’appalto.Proprio mentre sono in corso i preparativi per il summit di fine luglio che celebrerà i 50 anni di relazioni diplomatiche tra l’Unione europea e la Cina, i due partner (e competitor e rivali, ndr) aggiungono benzina sul fuoco. Oltre agli attriti sul ruolo di Pechino nella guerra della Russia in Ucraina, c’è ancora da risolvere il nodo dei dazi aggiuntivi che Bruxelles ha imposto dallo scorso novembre alle importazioni di auto elettriche cinesi, in risposta ai sussidi che la Cina fornisce ai suoi produttori di veicoli a batteria.La chiusura dell’Ue a mascherine, protesi, apparecchiature e software per radiografie e diagnosi specialistiche prodotte in Cina fa seguito alle conclusioni di un’approfondita indagine avviata già ad aprile 2024 ai sensi del regolamento Ue per gli appalti internazionali (IPI). La Commissione europea accusa sostanzialmente il gigante asiatico di aver eretto “ostacoli giuridici e amministrativi significativi e ricorrenti al proprio mercato degli appalti”: secondo Bruxelles, l’87 per cento degli appalti pubblici per dispositivi medici in Cina è soggetto a misure e pratiche di esclusione e discriminazione nei confronti dei dispositivi medici fabbricati nell’Ue e dei fornitori dai 27 Paesi membri. Mentre d’altra parte, tra il 2015 e il 2023, le esportazioni cinesi di dispositivi medici verso l’Ue “sono più che raddoppiate”.Dopo aver “sollevato ripetutamente la questione con le autorità cinesi alla ricerca di una soluzione costruttiva ed equa”, l’Ue ha deciso di rispondere con la stessa moneta. Oltre a escludere le imprese cinesi dagli appalti dal valore superiore a 5 milioni di euro, il contenuto cinese delle offerte aggiudicatrici sarà limitato ad un massimo del 50 per cento. La Commissione europea assicura che la rappresaglia non metterà a rischio la disponibilità dei dispositivi necessari ai sistemi sanitari dei Paesi membri, e che in ogni caso “sono previste deroghe nei casi in cui non esistono fornitori alternativi“.Il commissario Ue per il Commercio, Maroš Šefčovič, ha riaffermato “l’impegno nel dialogo con la Cina per risolvere tali questioni”. In una nota, la Commissione precisa che “qualora la Cina offrisse soluzioni concrete, verificabili e soddisfacenti che affrontino efficacemente le preoccupazioni individuate, il quadro IPI consentirebbe la sospensione o la revoca delle misure”. Da Pechino, la risposta a caldo non è stata conciliante: il portavoce del Ministero degli Affari esteri cinese, Guo Jiakun, ha denunciato i “doppi standard” di Bruxelles, che “agisce in nome della concorrenza leale mentre pratica la concorrenza sleale”.

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    La Cina revoca le sanzioni contro i deputati europei

    Bruxelles – Le politiche commerciali del presidente Usa Donald Trump rafforzano le relazioni tra gli altri partner commerciali globali. Oggi (30 aprile) la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha informato la Conferenza dei presidenti della decisione delle autorità cinesi di revocare le sanzioni contro tutti i deputati (e le loro famiglie) e le commissioni del Parlamento europeo.“In qualità di presidente, è mia responsabilità garantire che ogni membro di questa Assemblea possa esercitare il proprio mandato liberamente, senza restrizioni”, ha dichiarato Metsola in una nota. “Le nostre commissioni parlamentari devono poter discutere gli interessi europei con le loro controparti cinesi senza timore di ripercussioni. Le nostre relazioni con la Cina – ha aggiunto – rimangono complesse e sfaccettate. Il modo migliore per affrontarle è attraverso l’impegno e il dialogo”.Le sanzioni, imposte dalla Cina nel marzo 2021, avevano colpito cinque membri del Parlamento europeo e la sottocommissione per i diritti umani.La Conferenza dei presidenti ha ribadito che la revoca delle sanzioni non significa che il Parlamento europeo ignorerà le sfide persistenti nelle relazioni Ue-Cina. Il Parlamento continuerà dunque “a difendere con forza i diritti umani universali e i valori fondamentali in tutto il mondo”, cercando al contempo di impegnarsi con i partner globali in modo chiaro e basato su principi.Il 22 marzo 2021 la Cina aveva imposto sanzioni a dieci cittadini dell’Ue e a quattro entità, tra cui cinque deputati europei allora tutti in carica (Reinhard Butikofer (Verdi), Michael Gahler (PPE), Raphaël Glucksmann (S&D), Ilhan Kyuchyuk (Renew) e Miriam Lexmann (PPE)) e la sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo. Le sanzioni, che vietavano l’ingresso nel territorio cinese alle persone interessate, hanno indotto il Parlamento europeo a sospendere tutti i dialoghi ufficiali con la Cina.Nel settembre 2024 la Cina ha iniziato a cercare di ristabilire la comunicazione. Dall’autunno 2024 si sono tenuti diversi incontri a vari livelli, che sono culminati nella decisione della Cina di revocare le sanzioni.

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    Dazi: Trump li “sospende” per 90 giorni mettendoli al 10 per cento. Ma per la Cina vanno al 125

    Bruxelles – Ennesima giravolta del presidente statunitense Donald Trump, che ha oggi deciso di “sospendere” per 90 giorni i dazi a tutti i Paesi, confermandoli però al 10 per cento in questo periodo, e di aumentare quelli verso i prodotti cinesi al 125 per cento.“In considerazione della mancanza di rispetto mostrata dalla Cina nei confronti dei mercati mondiali, con la presente aumento al 125 per cento le tariffe doganali imposte alla Cina dagli Stati Uniti d’America, con effetto immediato”, scrive Trump sul suo social Truth. “A un certo punto, si spera in un futuro prossimo – continua il presidente -, la Cina si renderà conto che i giorni in cui derubava gli Stati Uniti e altri Paesi non sono più sostenibili o accettabili”.Al contrario, continua Trump nel sul messaggio, “sulla base del fatto che più di 75 Paesi hanno chiamato i rappresentanti degli Stati Uniti, compresi i Dipartimenti del Commercio, del Tesoro e l’USTR, per negoziare una soluzione alle questioni in discussione relative al commercio, alle barriere commerciali, alle tariffe, alla manipolazione valutaria e alle tariffe non monetarie, e che questi Paesi non hanno, su mio forte suggerimento, preso alcuna ritorsione contro gli Stati Uniti, ho autorizzato una PAUSA (maiuscolo nell’originale, ndr) di 90 giorni e una tariffa reciproca notevolmente ridotta durante questo periodo, del 10 per cento, anch’essa con effetto immediato”.E conclude: “Grazie per l’attenzione prestata a questa questione!”.

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    Dazi mirati e prove di dialogo, l’Ue cerca la risposta a Trump. Alleanze con la Cina sullo sfondo

    Bruxelles – Rispondere, ma senza forzare la mano, e creare nuove alleanze, anche inedite, per mettere sotto pressione gli Stati Uniti e produrre un effetto boomerang tale da costringere il presidente Usa, Donald Trump, a fare retromarcia sui dazi imposti all’Europa e non solo. La strategia dell’Ue c’è e inizia a delinearsi. In un club a dodici stelle preoccupato al punto da dedicare alle relazioni trans-atlantiche la riunione dei ministri responsabili per il commercio, la linea è tracciata e serve solo l’accordo, esattamente quello che si cerca nella riunione in corso a Lussemburgo.E’ la Svezia a svelare le carte in tavola. “I contro-dazi Ue devono essere ben mirati e proporzionati“, evidenzia Benjamin Dous, ministro per il Commercio con l’estero di Stoccolma. E’ questa la precondizione di una risposta che deve mirare a costringere Washington e l’amministrazione Trump a tornare sulle decisioni prese e mettere la Casa Bianca in un angolo. “Quando nei prossimi giorni Ue, Canada e Cina imporranno contro-tariffe la pressione sugli Stati Uniti aumenterà“, continua Dous, che lascia intendere come uno degli effetti prodotti da Trump e le sue stesse scelte è spingere la Repubblica popolare cinese, che l’Europa considera ostile e nemica, tra le braccia dell’Europa. “Certo, restano questioni importanti da risolvere quali le condizioni di reciprocità, ma è fuori dubbio che la Cina resta un partner commerciale importante“, sottolinea e conferma la ministra per il Commercio con l’estero dei Paesi Bassi, Reinette Klever.L’obiettivo finale è e resta una soluzione amichevole e concordata. E’ la linea prevalente attorno al tavolo. “Non possiamo essere noi quelli che portano la guerra commerciale su un livello più elevato“, la linea espressa dal ministro della Lettonia che, a ben vedere, è la stessa della presidenza polacca di turno del Consiglio Ue. “Fin qui l’approccio è stato: ‘prima agiamo e poi discutiamo’, ci piacerebbe invertire il paradigma“, sottolinea Michał Baranowski, sottosegretario per lo Sviluppo economico della Polonia. E’ questo, con ogni probabilità, l’indicazione che i 27 daranno alla Commissione europea.Risposte mirate, per non far vedere che l’Ue resta a guardare, con eventuali contromisure più muscolari solo per un secondo momento. Una linea sposata anche dall’Italia. “Dobbiamo lavorare per evitare assolutamente una guerra commerciale, che sarebbe esiziale per gli Usa e per le nostre imprese”, sottolinea il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Dobbiamo trattare, lo deve fare l’Ue unita”. In questo, continua il leader di Forza Italia, l’Italia “sosterrà tutte le iniziative del commissario [per il Commercio] Sefcovic, nel quale riponiamo estrema fiducia”, aggiunge per quella che è una frecciata agli alleati di maggioranza della Lega, viceversa intenzionati a un negoziato bilaterale e separato italo-statunitense.La questione dei dazi voluti da Trump, comunque vada a finire, mette in mostra un allontanamento generale dalle logiche tradizionali adottato sin qui da un modello che su entrambe le sponde dell’Atlantico appare superato. Trump non accetta che il modello tanto difeso e promosso dagli Stati uniti sia rivolto contro gli interessi a stelle e strisce: il ‘business as usual’ va bene finché la bilancia commerciale sorride all’America, altrimenti il resto del mondo deve pagare. Dall’altra parte c’è quantomeno una parte di Europa che considera il libero scambio in modo analogo, fruttuoso solo a fasi alterne.“Non vogliamo dazi, vogliamo più commercio. Il commercio è sempre positivo“, le considerazioni rese in pubblico dal ministro della Svezia. Esternazioni che stridono con il modo in cui è stato accolto l’accordo tra Ue e Mercosur, avvolto da critiche. Segno che il commercio non è più considerato questa grande conquista. Certo è che malumori in Europa non mancano, e quello tedesco è uno dei principali.Robert Habeck, ministro uscente dell’Economia della Germania, commenta le dichiarazioni di Elon Musk, che ora immagina un’area di libero scambio Ue-nord America a dazi zero: “E’ segno di debolezza e di paura. Forse dovrebbe recarsi da Trump e dirgli che prima di parlare di dazi deve risolvere questo pasticcio che ha creato”.

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    In America latina l’Ue è arrivata tardi e male, e ora sconta la forte presenza della Cina

    Bruxelles – L’Unione europea ‘riscopre’ l’America latina. Nuove ragioni rilanciano la necessità di nuove relazioni che sono nei fatti nuovi riposizionamenti su uno scacchiere dove la Cina ha iniziato però a muovere le proprie mosse da tanto, e in modo costante. Per quanto la Commissione europea esulti per i risultati raggiunti con i Paesi del Mercosur (Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, Uruguay più il Venezuela sospeso), e per quanto si prodighi per cercare sponde sul versante caraibico, l’Ue arriva tardi e male in una zona del mondo dove Pechino guarda da tempi non sospetti e investe, in relazioni commerciali e politiche.E’ il centro studi e ricerche del Parlamento europeo a fare la lista degli errori strategici dell’Ue, con tanto di relazione che mette in luce i limiti di un’Unione europea che ha tanto da perdere in questa corsa alla presenza nel continente. Il primo errore è politico: “L’Ue ha perso l’occasione di tenere un summit con la regione per otto anni, dal 2015 al 2023”. Nel frattempo la Repubblica popolare tesseva la sua tela. Tra il 2013 e il 2024 il presidente Xi Jinping si è recato sei volte di persona in America Latina, con i cui Paesi la Cina ha firmato in questo stesso lasso temporale circa mille accordi commerciali bilaterali.Il presidente della Cina, Xi Jinping (foto d’archivio)Il secondo errore dell’Ue è di metodo. Gli analisti del Parlamento europeo fanno notare come il tanto sbandierato accordo di libero scambio Ue-Mercosur non offre certezze, in quanto ci sono resistenze di alcuni Paesi (Francia e Polonia) e parlamenti nazionali che scalpitano per affossarlo. Viceversa, la Cina non ha bisogno di conferme su quanto già sottoscritto. Ancora, durante la pandemia di Covid la Cina ha rifornito prima e di più di vaccini, con l’Ue arrivata dopo. E poi la sostenibilità: il regolamento sulla deforestazioni “è stato percepito come protezionistico”, in particolare in Brasile e Argentina, Paesi non proprio marginali.L’Argentina può offrire accesso al litio tramite l’accordo di libero scambio Ue-Mercosur, ma c’è molto di più di quello: antimonio, niobio, bauxite, manganese, grafite, metallo di silicio, tantalio e vanadio. Tutte materie prime critiche di cui l’America Latina è ricca e di cui la Cina, attraverso la sua presenza nella regione, vuole garantirsi approvvigionamento e controllo, così da influenzare mercati ed economie globali. La Repubblica popolare sta giocando silenziosamente e pazientemente la sua partita per un nuovo ordine mondiale all’insegna cinese.Una dimostrazione pratica della rinnovata potenza cinese è rappresentata dall’orientamento su Taiwan. Nel 2017 sui 33 Paesi dell’area America Latina e Caraibi, 18 riconoscevano l’isola di Formosa come Stato sovrano, mentre oggi solo sette mantengono relazioni diplomatiche con Taipei (Belize, Guatemala, Haiti, Paraguay, Saint Kitts and Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and Grenadine). Pechino dunque sta erodendo il sostegno internazionale attorno a Taiwan, considerata parte integrante della Repubblica popolare. Una mossa che è in aperto contrasto alle posizioni dell’Ue, che riconosce ‘due Cine’ mentre per Pechino la Cina è una sola, con Taiwan. La presenza cinese in America Latina contribuisce dunque anche a sminuire l’agenda internazionale Ue.Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump [foto: archivio]La politica dell’Ue verso l’America latina si mostra dunque miope. Da un punto di vista commerciale la Cina è il secondo partner commerciale per la regione dietro agli Stati Uniti, che potrebbero essere scalzati nel 2035. In questo flussi commerciale enorme e crescente, Pechino è l’acquirente principale delle materie prime dei Paesi della regione: nel 2023  un terzo delle materie prime esportate dall’America latina (34 per cento) finivano nella Repubblica popolare. Considerando che delle 34 materie prime critiche contenute nell’allegato 2 della proposta di regolamento in materia ben 25 sono estratte in America Latina, l’Unione europea sta già perdendo la corsa agli approvvigionamenti e ancora di più rischia di perderla.L’accresciuta presenza della Cina in America latina si deve anche alla prima presidenza di Donald Trump (2017-2021). Con lui alla testa degli Stati Uniti l’impostazione protezionistica ha prodotto come risultato quello di spingere i governi dei Paesi della regione verso Pechino, che a differenza degli Usa si è mostrato più conciliante. La seconda presidenza Trump, contraddistinta da una politica dei dazi facili, potrebbe aiutare la Cina a rompere ancor di più le uova europee nel paniere centro-americano.

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    Il libro bianco sulla difesa certifica che Russia e Cina sono i possibili nemici dell’Ue

    Bruxelles – La Russia senza ombra di dubbio, e poi la Cina. I nemici potenziali dell’Unione europea sono loro, sono i grandi attori del versante orientale del mondo, e da adesso sono nemici dichiarati, perché tali sono definiti all’interno del libro bianco sul futuro della difesa. Qui si citano esplicitamente, per il ruolo che hanno giocato e, soprattutto per quello che ancora non hanno avuto.“La Russia è una minaccia esistenziale per l’Unione“, si legge nell’introduzione del documento redatto a Bruxelles. “Considerato il suo passato di invasione dei suoi vicini e le sue attuali politiche espansionistiche, la necessità di una deterrenza contro le aggressioni armate della Russia resterà anche dopo un accordo di pace giusta e duratura in Ucraina“. Visioni e considerazioni sul Cremlino sono chiare, e fanno capire come l’Ue intende vivere da qui in avanti, con uno stato di allerta perenne per una minaccia avvertita come persistente, ma non isolata.Perché la minaccia russa è strettamente collegata quella cinese. “Anche se un cessate il fuoco dovesse essere raggiunto in Ucraina, la Russia probabilmente continuerà ad aumentare la scale della sua economia di guerra, col sostegno di Bielorussia, Cina e Corea del nord“. E’ questo un nuovo, più diretto, attacco frontale dell’Ue alla Repubblica popolare, già criticata per il suo appoggio a Mosca. Se da una parte “una Russia revanscista è la minaccia militare immediata per l’Ue“, dall’altra parte c’è il governo di Pechino che “sta aumentando costantemente” la sua produzione di capacità militare col risultato che adesso la Cina “possiede un forza militare di primo rango con capacità marittime senza precedenti”.Un dragone cinese. La Cina è diventata una minaccia per l’Ue [foto: imagoeconomica, tramite AI]Il risultato di questa crescita militare cinese, riconosce pubblicamente la Commissione europea, è che “l’equilibrio strategico nella regione dell’Indo-Pacifico è sotto pressione, il che influisce sulla sicurezza dell’Ue“. Insomma, il libro bianco sul futuro della difesa sconfessa le aspettative della presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, che proprio alla Cina guardava come possibile alternativa agli Stati Uniti di Donald Trump. Invece, a giudicare dai contenuti del documento, i migliori auspici appaiono morti e sepolti. Anche perché, si denuncia ancora, “la Cina è diventato un un attore ibrido principale che minaccia l’Ue“. Vuol dire che Pechino attacca l’Europa senza bisogno di muovere truppe, utilizzando tecniche diverse e metodi diversi da quelli militari per indebolire il blocco a dodici stelle.Certo, non è un mistero che la Repubblica popolare abbia importanti leve economiche grazie al controllo dei porti europei, che garantiscono al Paese asiatico una presenza tale da minacciare la sicurezza a dodici stelle.  Ma la minaccia cinese si estende oltre l’Europa e diventa più globale, e l’Ue lo mette nero su bianco. “La Cina sta utilizzando l’insieme dei suoi strumenti economici, militari e informatici per esercitare pressione su Tawain e sui Paesi che si affacciano sul mar cinese meridionale“. Le acque dell’area sono ‘agitate’, visto che le isola Paracelso, controllate da Pechino dal 1974, sono rivendicate da Taiwan e dal Vietnam, mentre tra Repubblica popolare e Filippine si contendono le isole Spratly, che ricadono nella zona economica esclusiva di Manila per le contestazioni cinesi.In sostanza, la Cina “sta minando la stabilità regionale”, avverte la Commissione europea, preoccupata per le ricadute anche economiche potenziali. Il mar cinese meridionale è gioca un ruolo commerciale non indifferente, essendo al centro di alcune delle rotte marittime più trafficate al mondo che collegano Cina, Giappone, Corea del sud e Taiwan con l’oceano Indiano. Non solo: i fondali di questa porzione marittima nascondono importanti giacimenti di petrolio e di gas, che fanno del controllo dell’area un motivo di confronto accesso.Di questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma nell’evento della serie Connact “Difesa comune europea: finanziamenti e integrazione industriale“.

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    Ucraina, l’Ue insiste: “La Cina sostiene la Russia, stop a questa collaborazione”

    Bruxelles – La Commissione europea prova ad alzare la voce contro la Repubblica popolare cinese e il suo ruolo nel conflitto in Ucraina. Dopo l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, è la volta del suo portavoce, Anour El Anouni, andare all’attacco contro il sostegno militare di Pechino a Mosca. “Condanniamo le relazioni tra Cina e Russia. Intimiamo lo stop di questa collaborazione“, scandisce in occasione del tradizionale incontro con la stampa.A Bruxelles non viene digerito l’attivismo commerciale utile a portare avanti le operazioni militari dell’armata russa. “La Cina è il principale fornitore di tecnologie a duplice uso” civile e militare, come droni e componenti, “che sostengono la base industriale militare russa”, accusa ancora il portavoce di Kallas. “Queste tecnologie sono poi usate sul campo di battaglia” per combattere le forze regolare ucraine e procedere con l’offensiva, sottolinea El Anouni. “Sono beni con applicazioni militari”, insiste.All’interno dell’esecutivo comunitario non c’è alcuno dubbio sul fatto che “senza sostegno della Cina la Russia non potrebbe continuare la sua aggressione con la stessa potenza” di fuoco, riconosce il portavoce dell’Alta rappresentante. Non ci si gira troppo attorno: “Siamo profondamente preoccupati” per questa alleanza sino-russa, va avanti il portavoce.La preoccupazione non riguarda solo il conflitto russo-ucraino in sé e il ritorno in termini di rapporti di forza nei confronti con Kiev, soprattutto con scenari di negoziali di pace sullo sfondo, ma preoccupazione riguarda anche le alleanze regionali su uno scacchiere internazionale improvvisamente assai meno prevedibile. Inoltre si teme che l’azione, pur decisa, dell’Ue nei confronti degli alleati della Russia, possa essere meno incisiva del previsto. Con il tredicesimo pacchetto di sanzioni aziende cinesi sono state oggetto di misure restrittive, ma evidentemente non è bastato a fermare i rifornimenti all’esercito russo.