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    “Soluzioni africane a problemi africani”: l’Ue segue la linea dell’Ecowas sul Niger e prepara sanzioni per la giunta militare

    Bruxelles – L’Ue è pronta ad “ascoltare qualsiasi richiesta” che provenga dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), l’attore che si sta prendendo carico degli sforzi per riportare stabilità nella polveriera africana del Sahel. È questa la linea concordata dai 27 ministri degli Esteri dell’Unione, riuniti a Toledo per il vertice informale di fine agosto, assieme al Presidente dell’Ecowas, Omar Alieu Touray e al ministro degli Esteri del governo rovesciato solo un mese fa in Niger, Hassoumi Massaoudou.
    L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, in conferenza stampa a margine del meeting informale dei Ministri degli Esteri Ue a Toledo, in Spagna
    Per ora, per ristabilire l’ordine costituzionale a Niamey l’Ecowas ha intrapreso la strada del dialogo politico e delle sanzioni economiche. E l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha confermato “il pieno sostegno agli sforzi dell’Ecowas per mettere il massimo di pressione sulla giunta militare” che dallo scorso 26 luglio tiene imprigionato il presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum, e governa il Paese. La prima mossa di Bruxelles è la sospensione di tutti i programmi di supporto finanziario e di cooperazione in materia di difesa e sicurezza con il Niger. Fatto salvo per gli aiuti umanitari alla popolazione nigerina.
    La seconda e più incisiva mossa sarà un regime di sanzioni individuali contro il Consiglio nazionale per la Salvaguardia del Paese, il gruppo di militari protagonisti del putsch. “Abbiamo deciso di iniziare il processo per costruire un quadro di sanzioni seguendo strettamente quelle emanate dall’Ecowas”, ha annunciato Borrell. L’istituzione dei Paesi dell’Africa Occidentale avrebbe poi illustrato ai ministri Ue la situazione sul campo e le proprie riflessioni sulla possibilità di un intervento militare. Che, almeno parzialmente, potrebbe essere sostenuto attraverso l’European Peace Facility, lo strumento finanziario Ue per la risoluzione di conflitti.
    Cittadini nigerini manifestano contro l’ex potenza coloniale francese (Photo by AFP)
    “È evidente che privilegiamo soluzioni diplomatiche, nessuno desidera azioni militari. È questo che sta facendo l’Ecowas”, ha chiarito il capo della diplomazia europea, sottolineando però che “non sappiamo cosa succederà dopo, perché è l’Ecowas a decidere”. Sull’ipotesi di sostegno ad un intervento armato le posizioni tra i 27 sono distanti: se la Francia, l’ex potenza coloniale contro cui si si è scatenata la rabbia dei nigerini che appoggiano la giunta militare – è arrivata nel pomeriggio la notizia dell’espulsione dell’ambasciatore di Parigi da parte dei golpisti-, si è mostrata più possibilista, per il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani “la soluzione militare in Niger sarebbe un disastro”.
    La crisi del Sahel è endemica, ma sul golpe in Gabon l’Ue rimane prudente
    L’ondata di colpi di stato militari che ha investito il Sahel negli ultimi due anni, dal Mali alla Guinea al Burkina Faso e ora il Niger, rischia di propagarsi anche più a sud, verso il Golfo di Guinea. “Abbiamo studiato la situazione nel Golfo di Guinea, che diventa sempre più cruciale e dove la minaccia del terrorismo jihadista sta crescendo”, ha dichiarato l’Alto rappresentante.
    Cittadini del Gabon festeggiano il colpo di Stato contro il governo del presidente Ali Bongo (Photo by AFP)
    Ieri l‘esercito del Gabon ha deposto il presidente Ali Bongo Ondimba, al potere dal 2009 e fresco della terza rielezione in un appuntamento elettorale che agli occhi della comunità internazionale è parso quanto meno dubbioso. Per ora Borrell ha voluto tracciare una linea tra Niamey e Libreville, sottolineando “la differenza tra la situazione in Niger e in Gabon“. Da un lato Bazoum, “l’unica autorità democraticamente eletta in tutta la regione”, dall’altro Bongo e un processo elettorale su cui l’Ue “condivide serie preoccupazioni”. Nonostante il contesto profondamente differente, l’Ue “respinge qualsiasi presa di potere con la forza in Gabon e invita tutti gli attori alla moderazione”, ha dichiarato Borrell.
    Nel Paese centrafricano si trovano attualmente circa 10 mila cittadini europei, ma “non è prevista alcuna evacuazione“: il capo della diplomazia europea ha assicurato che “la situazione è tranquilla e non c’è alcuna situazione che possa indicare rischio di violenza e pericolo”.

    I ministri degli Esteri dei 27 alle prese con la polveriera del Sahel. L’Alto rappresentante Borrell ammette: “Dobbiamo rivedere le nostre politiche nella regione”, ma sottolinea le differenze tra i colpi di stato in Niger e in Gabon, dove il golpe è frutto di “elezioni che hanno lasciato molto a desiderare”

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    20 miliardi di sostegno militare fino al 2027. Borrell svela il piano per la difesa a lungo termine dell’Ucraina

    Bruxelles – Cinque miliardi di euro all’anno per i prossimi quattro anni per garantire un sostegno continuo alla difesa dell’Ucraina. Dopo averne accennato l’idea a fine luglio, l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha proposto oggi (30 agosto) ai 27 ministri europei della difesa riuniti al Consiglio informale a Toledo, in Spagna, di dare vita a un fondo di assistenza militare all’Ucraina per il periodo 2024-2027.
    Non sarà propriamente un fondo nuovo, ma una sezione incorporata al Fondo europeo per la pace, (European Peace Facility), lo strumento finanziario fuori dal bilancio comunitario isitituito nel 2021 per migliorare la capacità dell’Ue di prevenire i conflitti e di finanziare azioni operative che hanno implicazioni militari o di difesa nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune. E per Borrell “dovrebbe essere un elemento centrale del nostro contributo a lungo termine alla sicurezza dell’Ucraina, come hanno concordato i leader europei a giugno”, ha dichiarato nel corso della conferenza stampa conclusiva della riunione dei ministri della Difesa europei a Toledo. Le discussioni, se pure informalmente, proseguiranno domani (31 agosto) sul tavolo dei ventisette ministri riuniti al Consiglio Esteri informale Gymnich, che si riuniranno nella cornice della Fabbrica di Armi di Toledo.
    Il capo della diplomazia europea ha spiegato che i 5 miliardi rappresentano un tetto massimo di spesa. “I ministri hanno discusso di questo argomento, e lo faremo anche domani con i ministri degli Esteri, e spero che si possa raggiungere un accordo il prima possibile, anche entro la fine dell’anno”, ha concluso. Borrell ha parlato di venti miliardi di risorse extra da mobilitare fino al 2027, una cifra frutto di una valutazione dei bisogni e delle necessità per garantire il sostegno dell’Ucraina fatta dalla Commissione europea. La proposta di Borrell fa parte di un più ampio sforzo per porre il sostegno europeo a Kiev su una base a più lungo termine, dopo più di un anno di tentativi per rispondere ai bisogni immediati dell’Ucraina a seguito dell’invasione della Russia.
    L’Unione europea ha da poco raggiunto un accordo politico sull’Asap, il piano Ue per aumentare la consegna di munizioni e missili all’Ucraina e imprimere un cambio di passo sulla capacità di produzione bellica nei 27 Stati membri. Acronimo di ‘Act in support of ammunition production’, il piano prevede di mobilitare in via d’urgenza cinquecento milioni di euro dal bilancio comunitario fino a giugno 2025 per aumentare la capacità dell’industria europea di produrre munizioni, con l’obiettivo di produrre almeno un milione di pezzi all’anno, tra munizioni terra-terra, artiglieria e missili. Ultimo di tre pilastri di un più ampio e complesso ‘Piano per la difesa’ proposto ai Ventisette dal commissario al Mercato interno, Thierry Breton, e dall’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, per rispondere all’emergenza della fornitura di munizioni all’Ucraina, ma anche per costruire una visione di lungo termine per la difesa europea. Oltre all’Asap, il Piano per la difesa comprende un miliardo di euro mobilitato attraverso lo strumento europeo per la pace (strumento fuori bilancio comunitario) per la consegna immediata di munizioni a Kiev attraverso le scorte degli Stati membri e un altro miliardo di euro per gli acquisti congiunti di armi.
    In quanto informale, dalla riunione di domani non si aspettano decisioni sulla proposta di Borrell ma un primo scambio di idee da parte dei ventisette ministri. Non solo la guerra di Russia in Ucraina, ma i ministri degli Esteri si occuperanno della situazione nel Sahel e, in particolare, del Niger, dopo il colpo di stato.

    A Toledo la riunione informale dei ministri della difesa e degli Esteri dei 27, che discuteranno anche della proposta dell’alto rappresentante Josep Borrell di mobilitare risorse extra per cinque miliardi di euro l’anno per i prossimi quattro anni per il sostegno a lungo termine a Kiev

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    55 morti e 146 feriti in Libia, le milizie per ora fermano gli scontri. Dall’Ue “grande preoccupazione”

    Bruxelles – La Libia è ancora una polveriera, un Paese in equilibrio precario che rischia di scivolare nel caos ad ogni azione intrapresa dalle diverse milizie che si contendono il controllo del territorio. Dopo gli scontri degli ultimi due giorni, che hanno provocato 55 morti e almeno 146 feriti, l’allarme sembra essere rientrato. Un allarme suonato forte anche a Bruxelles, che segue “con grande attenzione e preoccupazione gli ultimi avvenimenti in Libia”.
    Arriva dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, l’invito “a tutte le parti a continuare ad astenersi dalle ostilità armate” e ad “avviare un dialogo per allentare la tensione e riportare la calma” a Tripoli. Secondo il The Libya Observer, questa mattina (17 agosto) i leader dei principali gruppi armati libici si sono incontrati e hanno deciso di “porre fine ai combattimenti e ripristinare l’ordine” nella capitale. A seguito dell’incontro, sarebbe già stato liberato il generale della brigata 444, Mohamed Hamza: allineato al primo ministro del governo di unità nazionale sotoo l’egida delle Nazioni Unite, Abdel Hamid al-Dbeibeh, Hamza era stato arrestato da un’unità affiliata alla forza di deterrenza ‘Rada’ all’inizio di questa settimana. Proprio la sua cattura ha innescato le rappresaglie da parte della brigata 444 e di altre milizie alleate.

    The commander of the 444th Brigade Mahmoud Hamza, whose detention sparked deadly clashes in Tripoli, has been released. pic.twitter.com/mXEyTbV0G6
    — The Libya Observer (@Lyobserver) August 17, 2023

    “Gli ultimi eventi sono un vivido promemoria della fragilità della situazione della sicurezza in Libia e dell’urgente necessità di elezioni per trovare una soluzione politica sostenibile e inclusiva”, ha commentato il capo della diplomazia europea. Un’instabilità su cui l’Ue ha dovuto più volte chiudere un occhio, obbligata in ogni caso ad allacciare rapporti con il Paese del vicinato meridionale. Nel complesso, Bruxelles ha stanziato 700 milioni di euro dal 2015 a oggi a sostegno della Libia attraverso vari strumenti di finanziamento. 90 milioni tra il 2021 e il 2022 e altri 95 promessi dal commissario Ue per l’Allargamento, Olivér Várhelyi. Finanziamenti che hanno convogliato diverse critiche, tra cui quelle della missione d’inchiesta dell’Onu, che in un rapporto pubblicato lo scorso marzo aveva ipotizzato che una parte dei fondi europei – in particolare quelli dedicati al contenimento del fenomeno migratorio- finanziassero in realtà una serie di attività illegali perpetrate dalle diverse milizie.
    Per il primo ministro al-Dbeibeh, che avrebbe mediato l’intesa tra i miliziani, “il ritorno della guerra in Libia è inaccettabile e il Paese non tollera alcun comportamento irresponsabile”. Borrell ha voluto ribadire “il suo fermo sostegno agli sforzi di mediazione condotti dall’Onu e dal suo rappresentante in loco, Abdoulaye Bathily“.

    Due giorni di scontri tra i gruppi armati allineati con il primo ministro al-Dbeibeh e quelli antagonisti. Ad accendere la miccia l’arresto del generale della brigata filogovernativa 444, ora rilasciato. Per l’Alto rappresentante Ue Borrell “gli ultimi eventi sono un vivido promemoria della fragilità” del Paese

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    Borrell alza la voce con i golpisti in Niger: “Senza democrazia stop ai fondi europei”

    Bruxelles – A 48 ore dal golpe militare orchestrato dalla Guardia Presidenziale del Niger ai danni del governo democratico di Mohamed Bazoum, iniziano a delinearsi nuovi scenari: è il generale Abdourahamane Tchiani, comandante dell’unità speciale dell’esercito di Niamey, ad aver preso il comando del Paese. L’ha annunciato ieri sera (27 luglio) sulla televisione nazionale, aggiungendo che qualsiasi interferenza militare straniera “avrà delle conseguenze”.
    Il generale Abdourahamane Tchiani sulla televisione nazionale (Photo by ORTN – Télé Sahel / AFP)
    Immediata la risposta dell’Unione europea, affidata all’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell. “L’Ue condanna con la massima fermezza il colpo di stato in Niger” e rilancia l’appello per l’immediata liberazione del presidente Bazoum. Ma questa volta il capo della diplomazia europea va oltre, minacciando “la sospensione immediata di tutti i fondi di sostegno al bilancio” del Paese africano.
    “Qualsiasi violazione dell’ordine costituzionale avrà conseguenze per la cooperazione tra l’Ue e il Niger”, continua Borrell. Una cooperazione su cui Bruxelles riponeva grande fiducia per mantenere una qualche influenza nella regione del Sahel, scivolata nel caos negli ultimi due anni a causa di una sfilza di colpi di stato militari in Mali, Guinea e Burkina Faso. Borrell, che ha confermato in un tweet di essere in contatto con il presidente in stato di fermo dalla mattinata del 26 luglio, si era recato in Niger a inizio luglio, per rafforzare la partnership su “sicurezza, sviluppo, educazione, transizione energetica”.
    Josep Borrell in Niger lo scorso 5 luglio
    Salta agli occhi soprattutto la missione di partenariato militare (Eupmm) lanciata lo scorso febbraio, e i 40 milioni mobilitati attraverso l’European Peace Facility per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nigerine al fine di difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Niger”. Addestramento e attrezzature che paradossalmente potrebbero aver giocato un ruolo nel colpo di stato. Ma con Niamey, snodo cruciale dei flussi di persone migranti dall’Africa sub-sahariana verso le coste del Maghreb c’è in ballo anche un partenariato operativo contro il traffico di migranti.
    In totale l’Ue ha investito 503 milioni di euro per rafforzare la governance, l’istruzione, la formazione e lo sviluppo economico in Niger tra il 2021 e il 2024. E proprio durante la visita a Niamey, Borrell aveva annunciato un ulteriore stanziamento di 66 milioni di euro, sotto l’ombrello del Global Gateway, destinati a sostenere il bilancio nazionale del Paese amico.

    Il generale Abdourahamane Tchiani, comandante della Guardia Presidenziale del Niger, minaccia conseguenze in caso di interferenze militari straniere. L’Ue ha investito oltre 500 milioni di euro tra il 2021 e il 2024 nella cooperazione con il Paese africano

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    In Niger l’esercito (addestrato dall’Ue) si schiera con i golpisti. Bruxelles in contatto con il presidente Bazoum

    Bruxelles – “La situazione è ancora troppo fluida”, ha ripetuto più volte questa mattina (27 luglio) la portavoce della Commissione europea, Nabila Massrali. Ma è chiaro che la scelta dell’Ue di lanciare, appena cinque mesi fa, una nuova partnership militare con il Niger, rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol. Perché l’esercito regolare si è unito alla Guardia Presidenziale, l’unità speciale che ieri ha catturato e deposto il presidente Mohamed Bazoum, in un vero e proprio colpo di stato nel Paese partner di Bruxelles nella regione del Sahel.
    Nella mattinata del 26 luglio gruppi della Guardia presidenziale del Niger hanno circondato il palazzo del presidente Bazoum e gli edifici di diversi ministeri a Niamey, la capitale del Paese. Dopo alcune ore di tensione, in cui i golpisti hanno deciso di trattenere il presidente, la sua famiglia e membri del suo entourage, l’annuncio sulla televisione nazionale: la deposizione di Bazoum è stata resa necessaria a causa del “continuo degradare della situazione di sicurezza e della cattiva gestione economica e sociale del Paese”. A pronunciare queste parole, il colonnello maggiore Amadou Abdramane, a capo di un gruppo che si è ribattezzato Consiglio nazionale per la salvaguardia del Paese. I golpisti hanno ordinato la sospensione di tutte le istituzioni, la chiusura delle frontiere aeree e terrestri e il coprifuoco dalle 22 alle 5. Da questo momento, ha dichiarato Abdramane, “la gestione del Paese è affidata alle forze di sicurezza”.
    Il colonnello maggiore Amadou Abdramane, portavoce del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia del Paese (CNSP), annuncia il golpe sulla televisione nazionale (Photo by ORTN – Télé Sahel / AFP)
    Dopo l’incertezza iniziale, sembrerebbe che l’esercito abbia deciso di unirsi alla Guardia Presidenziale per “preservare l’unità” del Paese. Immediate le condanne da parte della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
    “Riaffermiamo il nostro pieno sostegno al Presidente Bazoum e la nostra convinzione che il Niger sia un partner essenziale dell’Ue nel Sahel, la cui destabilizzazione non gioverebbe agli interessi di nessuno, né nel Paese, né nella regione e oltre”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell. Gli ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che questa mattina in un tweet ha fatto sapere di essere in contatto con Bazoum: “Ho parlato con il presidente e gli ho assicurato il pieno sostegno dell’Ue”, ha scritto Michel.
    Il golpe militare in Niger e i programmi d’addestramento Ue
    Il golpe in Niger è una vera e propria doccia fredda per Bruxelles che, dopo la sequela di colpi di Stato militari che si sono consumati in meno di un biennio nei Paesi del Sahel (Mali, Guinea e Burkina Faso), aveva puntato moltissimo sul presidente Mohamed Bazoum, democraticamente eletto due anni fa. “La nostra partnership con il Niger è solida e non smette di rinforzarsi in tutti i settori: sicurezza, sviluppo, educazione, transizione energetica”, aveva dichiarato il 5 luglio scorso Borrell dopo un incontro con Bazoum a Niamey. Appena tre settimane dopo quella visita, rischia di saltare tutto. “Non abbiamo visto nessun elemento scatenante”, ha ammesso Massrali, portavoce della Commissione europea.
    L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell in Niger lo scorso 5 luglio
    Oltre il danno, la beffa: anche se dall’esecutivo Ue per ora non arriva alcuna conferma, perché “la situazione non è chiara in questo momento nel Paese”, non è da escludere che i militari che hanno orchestrato il colpo di stato fossero coinvolti nel programma di addestramento lanciato da Bruxelles lo scorso 20 febbraio. Una missione di partenariato militare (Eupmm) per sostenere il Niger nella lotta contro il terrorismo, con l’istituzione di un Centro per la formazione delle forze armate. Non solo formazione e infrastrutture, ma anche attrezzature: sempre nell’ambito della missione Eupmm l’Ue ha mobilitato 40 milioni di euro, attraverso l’European Peace Facility (Epf), per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nigerine al fine di difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Niger“.
    Sahel nel caos, Niger essenziale per i flussi migratori
    La cooperazione Ue-Niger passa anche per la questione migratoria: in piedi c’è un partenariato operativo contro il traffico di migranti, varato l’estate scorsa. Il Paese è snodo cruciale dei flussi di persone migranti dall’Africa sub-sahariana verso le coste di Tunisia, Algeria e Libia. Questione che sta particolarmente a cuore all’Italia, che lo scorso 22 luglio aveva annunciato lo stanziamento di 7,5 milioni di euro al Niger per cooperare “nella lotta la traffico di migranti e all’immigrazione irregolare nel Mediterraneo centrale”.
    Il colpo di stato a Niamey rischia di far scivolare ancora più nel caos il Sahel occidentale, vanificando gli sforzi dei Paesi Ue di mettersi al riparo da ingenti flussi migratori cercando di supportare la stabilità della regione. Anche in Mali l’Ue aveva avviato una partnership militare. O in Sudan. Potrebbe essere necessario politiche e strategie, ma “la responsabilità primaria di ciò che succede nel Sahel è in primo luogo dei Paesi della regione“, affermano dall’esecutivo comunitario. “La mancanza di governi e la debolezza degli Stati non permette nessun risultato, né nel campo della sicurezza né nel campo umanitario”.

    J’ai parlé avec le Président @mohamedbazoum et lui ai assuré le plein soutien de l’UE.
    Nous condamnons fermement toute tentative de déstabilisation du Niger.
    — Charles Michel (@CharlesMichel) July 27, 2023

    La Guardia Presidenziale del Niger ha annunciato in diretta televisiva la deposizione del presidente, tenuto ancora in stato di fermo. L’esercito regolare si è unito ai golpisti per “preservare l’unità nel Paese”. Appello dell’Ue, che a marzo ha stanziato 40 milioni per addestramento e equipaggiamento militare in Niger, per il rilascio immediato di Bazoum

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    L’accordo con la Tunisia sulla gestione dei migranti è a un passo. Tajani: “Martedì 27 la firma”

    Bruxelles – La firma del memorandum d’intesa tra l’Ue e Tunisi potrebbe arrivare già domani. L’accordo sarebbe stato trovato oggi (26 giugno) al Consiglio Affari Esteri a Lussemburgo, con il testo inviato dalle autorità tunisine e approvato dal commissario Ue per l’allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi. A riverlarlo, un soddisfattissimo Antonio Tajani: “Domani Várhelyi sarà a Tunisi per la firma”, ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri a margine del vertice.
    L’azzurro rivendica i propri meriti – “ho parlato questa mattina con il ministro degli Esteri tunisino e poco dopo è arrivato il testo dell’accordo”- e quelli del governo Meloni, che per primo ha posto con urgenza la questione della stabilità politica tunisina in chiave sicuritaria e di gestione dei flussi migratori, e che sta interpretando il ruolo di mediatore tra Bruxelles e l’autoritario presidente Kais Saied. Le premier italiana aveva tra l’altro manifestato il desiderio di vedere firmato il memorandum d’intesa prima del Consiglio europeo del 29-30 giugno dal momento che, come sottolineato dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, il pacchetto di partenariato globale dovrà in ogni caso essere approvato dagli Stati membri.
    Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied, Giorgia Meloni
    La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una lettera indirizzata ai 27 capi di stato e di governo in vista del vertice, ha confermato che il commissario Várhelyi “finalizzerà a breve un memorandum d’intesa con la Tunisia“, che dovrà fare da “modello” per “partenariati simili in futuro”. La partnership disegnata durante la missione a Tunisi di von der Leyen, Meloni e il suo omologo olandese, Mark Rutte, prevede una maggiore cooperazione su sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. Dei cinque pilastri dell’accordo, sembra giocarsi tutto sull’equazione tra sviluppo economico – in sostanza assistenza finanziaria a Tunisi – e gestione dei flussi migratori. C’è anche un terzo termine, con tutti dubbi e le perplessità del caso. Borrell ha ricordato a margine del Consiglio Affari Esteri che “il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e trattamento dignitoso di tutti i migranti”.
    L’Ue è infatti pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. I restanti 900 milioni di assistenza microfinanziaria rimarrebbero invece vincolati alla firma dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), congelato ormai da mesi a causa del rifiuto di Saied di avviare una serie di riforme impopolari previste per sbloccare il finanziamento. In cambio, Bruxelles chiede in sostanza a Saied di continuare a fermare le partenze dei barconi e di trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia. Borrell ha aggiunto un termine importante all’equazione: “Il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e il trattamento dignitoso di tutti i migranti”, ha avvertito a margine del Consiglio Affari Esteri.
    Proteste a Sfax contro la presenza di migranti subsahariani. A destra una donna con uno striscione che recita: “Non siamo razzisti ma la sicurezza è la nostra priorità” (Photo by HOUSSEM ZOUARI / AFP)
    Il gioco al rialzo di Saied, che nonostante gli incontri degli ultimi mesi con diversi leader Ue continua a dichiarare pubblicamente che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese” sembra funzionare, e il presidente tunisino ha trovato nell’Italia un ottimo compagno di squadra per fare cassa il più possibile. Anche oggi Tajani si è detto speranzoso che i 105 milioni dall’Ue per la gestione dei confini siano seguiti da una seconda tranche, e ha espresso fiducia sulla “flessibilità del Fondo monetario internazionale”, che sarebbe emersa durante gli ultimi colloqui tra l’Italia e la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva.
    Intanto però, dopo mesi in cui proprio Saied ha soffiato sul fuoco dell’intolleranza verso i migranti subsahariani, in Tunisia sono scoppiate le polemiche per il possibile accordo con l’Unione europea. A Sfax, città portuale da dove partono la maggior parte dei barconi diretti verso le coste italiane, da qualche giorno infuriano le proteste per la presenza di migranti irregolari, sfociate anche in episodi di violenza tra la popolazione locale e gli stranieri.

    Secondo il vicepremier italiano domani il commissario Ue Várhelyi sarà a Tunisi per la firma. In una lettera ai 27 capi di stato e di governo, von der Leyen conferma “l’accordo a breve”. Assistenza finanziaria, scambi e investimenti, energie rinnovabili e gestione dei flussi migratori i cinque pilastri. Pronti 105 milioni per il controllo delle coste

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    Borrell a L’Avana, l’Ue pronta a sostenere le neonate aziende private di Cuba

    Bruxelles – L’Ue sembra pronta a scrivere un nuovo capitolo nella complicata storia delle relazioni con Cuba. È questo il messaggio che Josep Borrell, al suo primo viaggio a L’Avana come Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, sta portando nell’isola della rivoluzione castrista: Bruxelles guarda con interesse all’apertura verso il libero mercato che sta attuando il Paese e al suo neonato settore privato.
    Perché il governo di Miguel Diaz-Canel, alle prese con una delle peggiori crisi economiche della storia di Cuba e con forti tensioni sociali, nel 2021 ha dato il via libera alla creazione di micro, piccole e medie imprese (Mpmi), che in poco più di un anno hanno già cambiato radicalmente il panorama economico del Paese socialista. Oggi un cubano su tre lavora in una delle quasi 8 mila mpmi, che producono ormai il 12 per cento del prodotto interno lordo nazionale.
    Josep Borrell all’incontro con gli imprenditori cubani (Photo by YAMIL LAGE / AFP)
    Non a caso il primo incontro di Borrell nella due giorni a L’Avana è stato proprio con i rappresentanti delle nuove imprese private: per loro “il contesto attuale è ricco di sfide, ma anche di formidabili opportunità – ha dichiarato il capo della diplomazia europea-, speriamo che saranno in grado di consolidarsi e di continuare a contribuire alla modernizzazione economica di Cuba”. Bruxelles, ha promesso Borrell, “è impegnata a supportarle”: nel periodo 2021-24, l’Ue ha stanziato 91 milioni di euro in diversi accordi di collaborazione con Cuba, di cui 14 per il suo emergente settore privato. Corsi di formazione, supporto tecnico, consulenza, accesso ai finanziamenti: queste le carte messe sul tavolo dall’Unione per stimolare il nuovo ecosistema economico dell’isola.
    Dopo la firma dell’Accordo di Dialogo Politico e di Cooperazione nel 2017, che ha messo fine a vent’anni di allontanamento, la distanza tra l’Ue e Cuba potrebbe finalmente ridursi. All’interno di questo spazio, se per l’Avana è di primaria importanza la condanna europea del logorante embargo statunitense – in vigore da sessant’anni- e l’impegno diplomatico perché l’amministrazione Biden rimuova l’isola dall’elenco dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo (con Corea del Nord, Siria e Iran), per Bruxelles uno dei temi chiavi del dialogo con l’Avana è il progresso nel campo dei diritti umani. “Ci sono cose che le persone dovrebbero avere anche se non possono permettersele: i diritti”, ha twittato Borrell a margine dell’incontro con gli imprenditori cubani, ricordando che “è necessario trovare un equilibrio tra libertà fondamentali, iniziativa privata, equità fiscale, azione statale e azione economica individuale”.
    L’invito a mettere da parte qualsiasi ambiguità sul rispetto dei diritti sarà probabilmente ribadito durante l’incontro di oggi (26 maggio) con il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez, nel terzo Consiglio congiunto Ue-Cuba dopo la firma dell’accordo del 2017. Sul piatto ci sarà anche la condanna della guerra d’aggressione russa in Ucraina, dal momento che il governo di Diaz-Canel negli ultimi mesi ha accresciuto, anche per far fronte alla crisi economica e sociale interna, il suo avvicinamento alla Russia sia economicamente che politicamente. Il 23 febbraio scorso, in occasione della risoluzione Onu per la pace giusta in Ucraina, che chiedeva l’immediato abbandono delle truppe russo dal territorio invaso, Cuba ha infatti preferito astenersi.

    L’Alto Rappresentante Ue ha incontrato gli imprenditori delle ormai 8 mila piccole medie imprese dell’isola della rivoluzione castrista. “Il contesto attuale è ricco di sfide e di formidabili opportunità”, ha dichiarato. Oggi l’incontro con il ministro degli Esteri, sul piatto progressi sui diritti e condanna dell’embargo statunitense

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    Ue-Cina, i 27 approvano la strategia di Borrell. De-risking economico e sostegno all’Ucraina al centro dei nuovi rapporti

    Bruxelles – Passa la linea dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, sulle relazioni tra l’Unione europea e la Cina. Una linea che si riassume con l’espressione de-risking, vale a dire la necessità di ridurre la dipendenza economica eccessiva dal gigante asiatico, e con il pugno duro sul tema della sicurezza strategica: su Taiwan e soprattutto sulla guerra della Russia in Ucraina, Pechino è chiamata a stare dalla parte giusta della storia.
    Al vertice informale dei ministri degli Esteri dei 27, tenutosi oggi (12 maggio) a Stoccolma, il capo della diplomazia europea ha presentato un documento in cui ha messo nero su bianco i tre punti fondamentali per ricalibrare i rapporti con Pechino: valori, sicurezza economica e sicurezza strategica. “Sono contento di annunciare che ci siamo trovati d’accordo”, ha esordito Borrell in conferenza stampa. Il mantra che rimane sullo sfondo è sempre lo stesso: la Cina è rivale, partner e competitor. Partner, perché con l’Ue scambia con Pechino merci per 2,7 miliardi al giorno. Competitor, perché la crescita economica e la capacità tecnologica cinese hanno sbilanciato le relazioni commerciali con il vecchio continente. Rivale, perché la Cina presenta al mondo un modello di sistema politico differente e valori spesso contrastanti a quelli dell’Unione, ad esempio sul rispetto dei diritti umani.
    Josep Borrell al vertice di Stoccolma
    Ma non c’è alcuno spiraglio, secondo Borrell, per il “decoupling“, lo sganciamento dell’economia europea da quella cinese. Piuttosto l’impegno a “ribilanciare in maniera giusta” le relazioni, ora che la storia recente ha insegnato all’Ue il rischio dell’estrema dipendenza commerciale da un solo Paese. Addirittura, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue, attualmente “le dipendenze europee dalla Cina sono maggiori di quelle che avevamo dalla Russia sui combustibili fossili“. Centrare con le proprie gambe l’obiettivo della doppia transizione verde e digitale “richiederà la diversificazione delle catene di approvvigionamento dell’Ue, la riconfigurazione delle catene del valore, il controllo degli investimenti in entrata ed eventualmente in uscita e lo sviluppo di uno strumento anti-coercizione”, si legge nel non paper presentato da Borrell.
    Sicurezza strategica: l’Ue chiama la Cina a fermare Putin in Ucraina
    Questa strategia di “coinvolgimento e competizione” con Pechino rischia di crollare in un solo caso, su cui i 27 hanno ribadito totale fermezza: l’eventuale sostegno di Xi Jinping alla guerra di Putin in Ucraina. “Le relazioni con la Cina non si svilupperanno normalmente, se la Cina non spingerà la Russia a ritirarsi“, ha avvertito Borrell. Che ha poi sottolineato l’altra questione geopolitica, quella relativa all’isola di Taiwan: “La nostra posizione rimane la stessa, mantenere lo status quo e promuovere una de-escalation nello stretto di Taiwan”, è l’indicazione che arriva dai ministri degli Esteri Ue.
    Resta da capire cosa significa “le relazioni non si svilupperanno normalmente”, cosa succederebbe cioè nel drammatico scenario di un ulteriore avvicinamento tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Perché anche se “è fondamentale che la Cina capisca che la guerra in atto in Ucraina è un rischio esistenziale per l’Ue”, lo stesso Borrell ha ammesso che “è impossibile provare a risolvere le sfide globali più importanti senza un forte impegno con la Cina“. Sicuramente, anche e soprattutto nell’eventualità peggiore, gli Stati europei devono essere uniti e agire secondo una politica comune. In questo oggi Borrell ha ottenuto un successo, in attesa degli sviluppi futuri più immediati: il “perfezionamento del paper” in vista del Consiglio Europeo del 29-39 giugno e “l’approvazione di una proposta congiunta sulla sicurezza economica”. All’orizzonte si profila anche una visita dello stesso Alto rappresentante in terra cinese, già programmata in aprile ma rimandata a causa della positività di Borrell al Covid.

    Al vertice dei Ministri degli Esteri in Svezia, l’Alto rappresentante Ue ha presentato le linee guida per “ricalibrare” i rapporti con Pechino. Valori, sicurezza economica e sicurezza strategica i tre punti principali. Ma “le relazioni non si svilupperanno normalmente” se la Cina appoggerà la Russia