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    Rischio caos frontiera Ue-Regno Unito: mancano strutture di controllo a porti e stazioni

    Bruxelles – Rischio caos alla frontiera tra Ue e Gran Bretagna. Nelle prossime settimane entreranno in vigore i controlli fisici, dopo la Brexit, e non ci sono strutture né il personale. Si rischiano blocchi all’import-export e code di ore, ad esempio, per gli spostamenti ferroviari. Possibili rincari, soprattutto Oltremanica, o addirittura carenza di merci. Già dal 31 gennaio è stata introdotta la certificazione sanitaria sulle importazioni di prodotti animali a medio rischio, piante, prodotti vegetali e alimenti e mangimi ad alto rischio di origine non animale dall’Unione Europea, che dovranno procurarsi gli esportatori verso il Regno Unito.La fase successiva e più critica del Btom (Border Target operating model) inizierà invece il 30 aprile. Da quella data la dogana britannica controllerà fisicamente anche i prodotti importati attraverso i cosiddetti Border Control Post (BCP) situati, ad esempio, nei porti e negli aeroporti inglesi. Infine dal 31 ottobre a tutte le spedizioni di importazione dalla Ue verrà applicata una dichiarazione alla dogana del Regno Unito.Le aziende europee e britanniche sono preparate a questo big bang, rinviato per tre anni di fila? Un sondaggio condotto dall’Institute of Export and International Trade in ottobre ha rilevato che meno di un quinto delle imprese del Regno Unito aveva ben di eventuali ripercussioni su di loro. Anche per le aziende europee c’è confusione.Tom Southall, direttore esecutivo della Cold Chain Federation, l’associazione commerciale del Regno Unito per l’industria della logistica a temperatura controllata, ha affermato pochi giorni fa sul ‘Guardian’ che i recenti ritardi sono dovuti in gran parte al fatto che le aziende europee non erano pronte. “C’è stata molta preoccupazione per il fatto che non vi sia stato un impegno sufficiente con gli Stati membri dell’UE per prepararli”, ha detto. “E questo comporta il rischio che, se introduciamo questi requisiti, si potrebbe verificare un calo delle importazioni alimentari perché i fornitori non sono pronti”.“C’è un’altra questione: nella seconda metà dell’anno, probabilmente dopo le Olimpiadi in Francia, scatterà in Europa l’Entry and Exit System. In pratica servirà il visto per entrare nel nostro Continente, come avviene negli Usa”, sottolinea Alberto Mazzola, rappresentante del settore Trasporti nella Domestic Advisory group, una sorta di consulta che raggruppa imprese, sindacati e consumatori europei con quelli inglesi. “Ci sarà un controllo fisico per gli inglesi alla frontiera, il sindaco di Londra ha ipotizzato anche possibili 6 ore di coda alla stazione. E poi chi va a lavorare in Gran Bretagna sarà soggetto a regimi autorizzativi più stringenti, le imprese europee dovranno dimostrare che possono operare nel mercato inglese perché non esiste un omologo oltremanica”.Una situazione complessa, riconosce Mazzola. “Non credo che siamo preparati a tutto ciò”. All’orizzonte “si prospettano criticità ai porti, nel mondo ferroviario” perché “mancano strutture fisiche per tutti i controlli sulle merci e manca pure il personale”. Per cui “ben vengano le regole, che si sappiano, altrimenti gli investimenti si fermano per incertezza su norme e costi… però partendo così senza un’adeguata preparazione – conclude Mazzola – si rischia il caos oltre che danni economici. I britannici ora capiranno quanto era utile il mercato unico, un monito anche per l’Italia”.

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    Il primo ripensamento post-Brexit di Londra. Accordo con Bruxelles per il ritorno del Regno Unito in due programmi Ue

    Bruxelles – Cadono le prime resistenze del Regno Unito post-Brexit a un ritorno nei programmi dell’Unione Europea, con tutto quello che significa anche da un punto di vista finanziario. Questa mattina (7 settembre) il governo britannico guidato da Rishi Sunak e la Commissione Europea hanno raggiunto un’intesa politica sulla partecipazione di Londra ai programmi Horizon Europe e Copernicus a partire dal primo gennaio 2024. Ricerca e innovazione e osservazione satellitare – con tutte le implicazioni sul piano della lotta alle conseguenze dei cambiamenti climatici e alle ambizioni di transizione energetica – hanno permesso di superare i dissapori degli ultimi due anni e mezzo a proposito dell’implementazione dell’Accordo di commercio e cooperazione, aprendo uno spiraglio per altri ripensamenti (come per esempio il programma d mobilità studentesca Erasmus+).
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)
    “L’Unione Europea è leader mondiale nella ricerca e nell’innovazione, Horizon è fondamentale per mantenere il vantaggio tecnologico”, è stato il commento soddisfatto della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a proposito di un accordo tra “partner e alleati strategici fondamentali” che “rafforzerà la scienza in tutta Europa”. Una soluzione concordata “di comune accordo”, precisa una nota congiunta, che permetterà alle due parti di rimettere in contatto le rispettive comunità di ricerca e spaziali per approfondire le relazioni sulle materie di innovazione comune. È la stessa Commissione a fornire alcuni dettagli dell’accordo: in primis il fatto che l’intesa di oggi è “pienamente in linea” con l’accordo negoziato per il post-Brexit e soprattutto che il Regno Unito “dovrà contribuire finanziariamente al bilancio dell’UE ed è soggetto a tutte le garanzie” previste. La stima per quanto riguarda il contributo finanziario di Londra per la partecipazione a Horizon Europe e a Copernicus è di 2,6 miliardi di euro all’anno (pari a 2,2 miliardi di sterline ogni 12 mesi).
    “Abbiamo lavorato con i nostri partner dell’Ue per assicurarci che questo sia l’accordo giusto per il Regno Unito, sbloccando opportunità di ricerca senza precedenti“, ha voluto sottolineare il premier Sunak, precisando che questa intesa è “giusta per i contribuenti britannici”. Anche se l’espressione “senza precedenti” è senza dubbio fuorviante – per nascondere un evidente fallimento della Brexit – considerato il fatto che nel programma predecessore di Horizon Europe, Horizon 2020 (nel bilancio pluriennale 2014-2020), il Regno Unito era il secondo maggior beneficiario di fondi Ue alle spalle della Germania. Se approvato dal Consiglio e adottato formalmente dal Comitato specializzato Ue-Regno Unito sulla partecipazione ai programmi dell’Unione, l’accordo politico permetterà a ricercatori ed enti di ricerca britannici di ritornare a partire dal prossimo anno in una “rete mondiale per affrontare le sfide globali in materia di clima, energia, mobilità, digitale, industria e spazio, salute”.
    Il totale dei finanziamenti da Horizon 2020 ai Paesi beneficiari
    Nelle intenzioni di Bruxelles c’è quella di tornare a stringere i legami con Londra per saldare l’alleanza sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici – grazie al programma satellitare Copernicus per il monitoraggio della Terra – e su quello del raggiungimento degli obiettivi climatici e del Green Deal – attraverso l’innovazione portata avanti con Horizon Europe (il 35 per cento dei 95,5 miliardi di euro complessivi stanziati sono destinati a questo proposito). Soddisfatto anche il vicepresidente della Commissione Ue per le Relazioni interistituzionali e vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, Maroš Šefčovič: “L’accordo garantirà che i ricercatori e l’industria dell’Ue e del Regno Unito beneficino reciprocamente dell’esperienza degli altri e della proficua collaborazione nei programmi scientifici e spaziali dell’Ue”. Prove generali di responsabile per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù nel gabinetto von der Leyen per la commissaria designata Iliana Ivanova: “Come ho detto nel mio scambio con i membri del Parlamento Ue, abbiamo bisogno di cooperare con i Paesi che la pensano allo stesso modo”.
    Due anni di contesa tra Ue e Regno Unito
    Dal momento in cui la Brexit è diventata a tutti gli effetti una realtà, i due anni e mezzo che hanno seguito l’entrata in vigore dell’Accordo di commercio e cooperazione sono stati particolarmente tortuosi per i rapporti tra Bruxelles e Londra. La contesa tra Londra e Bruxelles è iniziata nel marzo del 2021 attorno alla questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Nel contesto post-Brexit questi controlli sonoritenuti necessari per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda. Il problema maggiore ha riguardato le carni refrigerate e per questa ragione si è spesso parlato di ‘guerra delle salsicce’ con Bruxelles.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e l’ex-primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson
    Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte dell’allora governo guidato da Boris Johnson ha scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra il luglio e l’ottobre dello stesso anno. L’esecutivo comunitario ha così sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati. Ma nel giugno dello scorso anno la Commissione Ue ha scongelato la stessa procedura d’infrazione, attivandone altre due, per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del Protocollo sull’Irlanda del Nord.
    Il crollo del governo Johnson prima e di quello disastroso di Liz Truss poi – con la contemporanea crisi economica che da allora ha travolto il Paese – ha agevolato le aperture da entrambe le parti verso una soluzione sostenibile per un accordo di compromesso. Accordo trovato con il Framework di Windsor il 27 febbraio 2023, firmato dalla presidente von der Leyen e dal premier Sunak. L’intesa raggiunta su Horizon Europe e Copernicus rappresenta “una pietra miliare dopo l’accordo sul Windsor Framework“, hanno voluto sottolineare le due parti.

    Trovata l’intesa politica per la partecipazione dal primo gennaio 2024 a Horizon Europe (per ricerca e innovazione) e Copernicus (per l’osservazione satellitare), secondo l’Accordo di commercio e cooperazione. La Commissione stima un contributo di 2,6 miliardi di euro all’anno

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    L’affondo della commissaria Johansson sulla legge sulla migrazione del Regno Unito: “Contro diritto internazionale”

    Bruxelles – È difficile sentire nelle sale stampa delle istituzioni comunitarie attacchi diretti alle politiche nazionali di Paesi terzi, soprattutto di quelli di altri Paesi europei extra-Ue. Ma il Regno Unito e la sua nuova proposta di legge sulla migrazione sono un’eccezione dettata non solo dall’appartenenza di Londra all’Unione fino a pochi anni fa, ma soprattutto dai punti particolarmente controversi della politica migratoria perseguita dal governo di Rishi Sunak.
    La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson
    “Quando ho sentito di questa legge ho avuto subito l’impressione che si trattasse di una violazione degli accordi internazionali e della Convenzione di Ginevra“, è il commento senza filtri della commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, a margine del Consiglio Affari interni di ieri (9 marzo). Una prima “reazione a caldo” esternata anche alla segretaria di Stato per gli Interni britannica, Suella Braverman, nel corso di una conversazione telefonica “ancora prima che la proposta venisse presentata” alla Camera dei Comuni martedì (7 marzo): “Mi ha contattata due giorni fa, presentandomi per telefono la nuova proposta di legge” sulla migrazione del Regno Unito. “Le ho detto proprio di temere che questa misura potrebbe essere una violazione del diritto internazionale” e della Convenzione sullo status del rifugiati del 1951, ha reso noto la stessa commissaria Johansson, lasciando intendere un botta e risposta con Braverman: “Mi ha detto di non essere d’accordo, le ho risposto che esamineremo il progetto di legge e faremo una valutazione più approfondita“.
    “A prima vista” si tratterebbe di una violazione degli accordi internazionali sullo statuto dei rifugiati, come si legge nella Convenzione del 1951 sottoscritta dal Regno Unito: “I Paesi non devono imporre sanzioni ai rifugiati per il loro ingresso e la loro presenza illegale sul territorio, a condizione che si presentino alle autorità e dimostrino una buona causa”, e devono inoltre “consentire un accesso senza ostacoli alle procedure di asilo“. Il documento si basa sui principi di non discriminazione, non penalizzazione e non respingimento delle persone migranti, tutto il contrario del progetto di legge del governo Sunak. “La mia è una prima impressione”, ha precisato la commissaria Johansson, a cui dovrà seguire un esame “nei dettagli” che la stessa titolare per gli Affari interni del gabinetto von der Leyen si augura possa smentirla: “Spero che questa proposta rispetti il diritto internazionale“.
    Cosa prevede il progetto di legge del Regno Unito
    La nuova proposta di legge è un tentativo estremo del governo britannico di contrastare l’immigrazione irregolare dal Canale della Manica, il cui numero di arrivi di persone su imbarcazioni di fortuna dalla Francia è aumentato da circa 300 a più di 45 mila tra il 2018 e il 2022. Il progetto presentato alla Camera dei Comuni prevede che chiunque entri in modo irregolare nel Regno Unito sia posto in stato di fermo e poi espulso, o nel Paese di origine o in uno terzo “sicuro”, come il Rwanda. Non è un caso il riferimento esplicitato proprio dalla segretaria di Stato Braverman, dal momento in cui Londra ha già stretto il 13 aprile dello scorso anno un accordo con Kigali per il trasferimento di richiedenti asilo le cui domande devono ancora essere esaminate dal Regno Unito. Due mesi più tardi l’accordo è stato però bocciato dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu), la cui sentenza del 14 giugno ha bloccato la partenza di un volo in partenza verso la capitale ruandese con sette persone richiedenti asilo a bordo.
    Da sinistra: la segretaria di Stato per gli Interni del Regno Unito, Suella Braverman, e la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson (17 novembre 2022)
    Ai tempi del governo Truss – in cui Braverman rivestiva sempre la carica di segretaria di Stato per gli Interni – l’esponente del partito conservatore aveva affermato a una convention dei tories che “vorrei vedere una prima pagina del Daily Telegraph con un aereo che decolla per il Rwanda, è il mio sogno, la mia ossessione“. Dichiarazioni che ora vanno sostanzialmente in questa direzione. La nuova legge – che deve essere approvata dalle due Camere di Westminster – si pone l’obiettivo di “fermare le imbarcazioni che portano decine di migliaia di persone sulle nostre coste” e di perseguire il “dovere di allontanare chi entra illegalmente nel Regno Unito” dalla possibilità di accedere al diritto di asilo, come ha dichiarato la segretaria di Stato per gli Interni.
    La proposta di legge consentirebbe la detenzione nei primi 28 giorni senza possibilità di cauzione o ricorso e non concederebbe a chi entra in modo irregolare nel Regno Unito di appellarsi alle leggi britanniche contro la schiavitù e la tratta di esseri umani del 2015. Alcune eccezioni sono previste per i minori di 18 anni, persone “gravemente malate” o a rischio di un “reale e irreversibile danno”. Tutti gli altri sarebbero arrestati, espulsi e la loro richiesta di asilo esaminata successivamente, in loro assenza. La prima valutazione “a caldo” della commissaria Johansson mette in luce tutta la criticità della proposta di legge del governo britannico in materia di migrazione.

    It’s very simple – it’s this country and government who should decide who comes here – not criminal gangs.
    Our new laws show we will do what is necessary to achieve that. pic.twitter.com/pbJ8o6YxKH
    — Conservatives (@Conservatives) March 7, 2023

    In una conversazione telefonica con la segretaria di Stato britannica, Suella Braverman, la titolare per gli Affari interni del gabinetto von der Leyen ha messo in chiaro che “a prima vista mi sembra una violazione della Convenzione di Ginevra” del 1951 sullo status dei rifugiati

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    Ue e Regno Unito hanno raggiunto un’intesa post-Brexit per mettere fine alle contese sul Protocollo sull’Irlanda del Nord

    Bruxelles – Un accordo che dovrebbe porre fine alle tensioni costanti tra Unione Europea e Regno Unito sulla delicatissima questione del commercio nel Mare d’Irlanda, a due anni dalla separazione ufficiale tra Londra e Bruxelles. “Possiamo annunciare con orgoglio di essere riusciti a raggiungere un’intesa di principio sul Protocollo sull’Irlanda del Nord, che può offrire soluzioni di lungo termine per le preoccupazioni reciproche”, è l’annuncio in conferenza stampa della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al termine del confronto con il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, al castello di Windsor.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)
    Da mesi si sono intensificati i contatti tra Londra e Bruxelles per trovare una soluzione sostenibile alle controversie riguardanti la tessera più complicata del puzzle Brexit. “Ci siamo impegnati duramente, non è stato facile”, ha confessato la numero uno dell’esecutivo comunitario. Ma quello che viene definito ‘quadro Windsor‘ è un “pacchetto comprensivo di misure per affrontare in modo definitivo le sfide della vita di tutti i giorni” nell’isola d’Irlanda in generale e in Irlanda del Nord in particolare. Come confermato dal premier britannico, “ci sarà un sistema di corsie verdi e corsie rosse” per le merci in transito dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord (parte del Regno Unito). Le corsie verdi garantiranno un “commercio fluido” tra le due sponde del Mare d’Irlanda per tutte le merci che non saranno riesportate verso il Mercato Unico dell’Ue (“la burocrazia sarà eliminata per ristoranti, supermercati, negozi e farmacie”, ha puntualizzato Sunak), mentre le corsie rosse garantiranno il rispetto degli standard stabiliti dall’Unione per le merci che interessano il mercato dei Ventisette.
    È questa l’introduzione più rilevante del ‘Windsor framework’ aggiunto al Protocollo dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito, redatto per preservare l’unità dell’isola secondo l’accordo del Venerdì Santo del 1998. “Assicurerà che lo stesso cibo sia disponibile sugli scaffali dei supermercati dell’Irlanda del Nord come nel resto del Regno Unito e permetterà che tutte le medicine siano garantite alle stesse condizioni”, sono gli esempi forniti dalla numero uno della Commissione Ue. Allo stesso tempo però saranno di fondamentale importanza le “salvaguardie” per l’Unione, come l’accesso alla sorveglianza IT e alle procedure di implementazione degli accordi. In questo senso si inserisce il ruolo della Corte di Giustizia dell’Ue, che avrà “l’ultima parola sulle questioni legali”, compreso sul nuovo “freno d’emergenza” che l’Assemblea dell’Irlanda del Nord potrà attivare in caso di “preoccupazioni per la modifica di leggi Ue” sul quadro commerciale nell’isola. Come rendono noto funzionari europei, il meccanismo d’emergenza potrà essere attivato dal governo di Londra su richiesta di “almeno 30 membri” (su 90) del Parlamento di Belfast per questioni che coinvolgono aspetti del Protocollo.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)
    Nonostante gli ultimi due anni non siano stati particolarmente semplici per le relazioni tra le due sponde della Manica sulla questione del commercio nell’Irlanda del Nord, tra Londra e Bruxelles le nubi di tempesta sembrano diradarsi. “Il clima è molto più costruttivo da quando Sunak è diventato premier” il 24 ottobre dello scorso anno, confermano le stesse fonti Ue. E anche se l’inquilino di Downing Street 10 ci tiene a rimarcare che “l’unica legge Ue in vigore è il minimo necessario per evitare il confine duro sull’isola d’Irlanda e per garantire l’accesso delle merci al Mercato Unico” per l’Irlanda del Nord, non passano inosservati i ringraziamenti calorosi a von der Leyen: “Ha avuto una visione che ci ha spianato la strada, e anche se abbiamo avuto differenze nel passato, siamo alleati, amici e partner commerciali“. Di qui l’inizio oggi (27 febbraio) di “un nuovo capitolo delle nostre relazioni” che “preserva il delicato equilibrio dell’Accordo del Venerdì Santo”, ha sottolineato Sunak. Si potranno ora aprire le discussioni anche sulla “partecipazione del Regno Unito al programma Horizon Europe“, ha anticipato von der Leyen, mentre funzionari a Bruxelles precisano che al momento Londra non ha manifestato interesse per il programma Erasmus.
    I due anni di contesa sull’Irlanda del Nord
    La contesa tra Londra e Bruxelles è iniziata nel marzo del 2021 attorno alla questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Nel contesto post-Brexit questi controlli sonoritenuti necessari per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda. Il problema maggiore ha riguardato le carni refrigerate e per questa ragione si è spesso parlato di ‘guerra delle salsicce’ con Bruxelles.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e l’ex-primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson
    Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte dell’allora governo guidato da Boris Johnson ha scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra il luglio e l’ottobre dello stesso anno. L’esecutivo comunitario ha così sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati. Ma nel giugno dello scorso anno la Commissione Ue ha scongelato la stessa procedura d’infrazione, attivandone altre due, per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Il crollo del governo Johnson prima e di quello disastroso di Liz Truss poi – con la contemporanea crisi economica che da allora ha travolto il Paese – ha agevolato le aperture da entrambe le parti verso una soluzione sostenibile per un accordo di compromesso, che da oggi potrebbe mettere fine alle ultime scorie di tensione tra le due sponde della Manica.

    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il premier britannico, Rishi Sunak, hanno messo nero su bianco i termini per un nuovo accordo a due anni dalla separazione. Corsie differenziate per merci destinate al mercato nordirlandese e quelle da riesportare nell’Unione

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    L’onda lunga della Brexit. Il Regno Unito paralizzato dagli scioperi a causa della stagnazione economica

    Bruxelles – Il Regno Unito non riesce ad assestarsi politicamente ed economicamente, a quasi due anni dall’uscita ufficiale di Londra dall’Unione Europea. Ferrovieri, personale della polizia di frontiera e delle poste, autisti del trasporto pubblico e infermieri sono pronti a incrociare le braccia anche durante le festività natalizie, per protestare contro la persistente stagnazione economica che sta impattando pesantemente sui salari dei dipendenti pubblici. Il governo conservatore guidato da Rishi Sunak deve affrontare ora un’impennata di scioperi che non ha eguali negli ultimi 30 anni, con all’orizzonte anche il rischio di tracollo della politica restrittiva nei confronti dei cittadini Ue stabilitisi nel Regno Unito attraverso il programma di insediamento del 2018.
    A causare la nuova ondata di scioperi – che cresce di mese in mese da giugno – è l’impennata del costo della vita e dell’inflazione, sotto i colpi delle conseguenze delle crisi che hanno travolto il Paese negli ultimi anni: dalla Brexit alla pandemia Covid-19, fino ad arrivare alla guerra russa in Ucraina con l’impatto sui prezzi dell’energia e sulle catene di approvvigionamento globali. Come emerge dai dati pubblicati dall’Office for National Statistics (Ons), tra agosto e ottobre 2022 si è registrato uno dei maggiori cali nei salari britannici dall’inizio delle registrazioni nel 2001: nonostante il segno positivo sulla crescita complessiva delle retribuzioni, al netto dell’inflazione il crollo si attesta al 2,7 per cento rispetto al 2021 (già lo scorso anno si era registrato un -3 per cento rispetto al 2020). A questo si somma il fatto che per il settore privato la crescita media dei salari (senza considerare quindi l’impatto dell’inflazione) ha più che doppiato quella del settore pubblico (+6,9 contro +2,7 per cento): come dichiarato dalla stessa agenzia governativa britannica per le informazioni statistiche, si tratta di “una delle più grandi differenze tra i tassi di crescita del settore privato e pubblico mai viste“.
    Gli scioperi dei dipendenti pubblici nel Regno Unito tra il 19 e il 31 dicembre 2022 (fonte: CNN su dati dell’Office for National Statistics)
    Nella memoria pubblica del Regno Unito l’ondata di scioperi in atto riporta alla mente quelle degli inverni 1978-1979, quando si registrarono dure dispute salariali tra governo e sindacati del settore pubblico e privato (chiuse poi dalle politiche economiche della prima ministra Margaret Thatcher). In realtà l’ultimo picco nel numero di scioperi paragonabile a quello registrato nell’ottobre 2022 (124) è quello del febbraio del 1988 (128). Secondo l’Ons durante l’ultimo mese per cui sono disponibili i dati 2022 sono stati persi in totale 417 mila giorni lavorativi nel corso degli scioperi dei dipendenti dei diversi comparti economici britannici.
    Le nuove proteste iniziate lunedì (19 dicembre) mettono sempre più sotto pressione il governo tory in carica da nemmeno due mesi, accusato di non tenere conto delle richieste dei lavoratori e di non avere ancora una linea politica chiara su come mettere fine a un’instabilità economica e politica che dopo la Brexit è andata peggiorando (tutto al contrario di quanto promesso dai suoi fautori). Downing Street 10 ha visto succedersi quattro primi ministri dalle dimissioni di David Cameron nel luglio 2016, a poche settimane dall’esito del referendum sulla Brexit (in ordine, Theresa May, Boris Johnson, Liz Truss e Rishi Sunak), e ancora il Paese non sembra essersi ripreso del tutto dalla grave crisi finanziaria scatenata dalla proposta di riforma fiscale del governo Truss, il più breve della storia del Paese. Per il gabinetto Sunak non ci sarebbe spazio di manovra per soddisfare le rischieste salariali, ma l’opinione pubblica britannica è tendenzialmente solidale con i lavoratori in sciopero e il rischio nel 2023 è di vedere un nuovo cambio di inquilino a Downing Street 10.
    Il numero di scioperi mensili registrati nel Regno Unito dal 1970 al 2022 (fonte: CNN su dati dell’Office for National Statistics)
    Tra cittadini Ue nel Regno Unito e contese con Bruxelles
    Ma il governo britannico si deve guardare anche da un altro colpo che arriva dall’interno del Paese e che rischia di screditare la politica portata avanti negli ultimi quattro anni dai governi tory nei conforti dei cittadini comunitari che vivono e lavorano nel Paese. Con una sentenza deliberata ieri (21 dicembre) l’Alta Corte di Giustizia ha dichiarato illegittimo il programma di insediamento del governo britannico per i cittadini Ue che vivono nel Paese. L’Eu Settlement Scheme è stato concepito nel 2018 per consentire ai cittadini comunitari di continuare a soggiornare e lavorare nel Regno Unito dopo la Brexit, con la concessione dello status di residente per avere accesso ai servizi di welfare. Tuttavia a oltre il 40 per cento dei richiedenti (2,5 milioni) è stato concesso solo lo status di pre-insediamento, che conferisce il diritto di residenza per cinque anni ma – in caso di ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo – porterebbe automaticamente alla perdita del diritto al lavoro, all’alloggio, all’istruzione e alla richiesta di sussidi, con il rischio di essere espulsi.
    (credits: Daniel Leal / AFP)
    In vista della prima scadenza per il rinnovo dello status di pre-settled per agosto 2023 – cinque anni dopo l’introduzione della legge – il tribunale di primo grado della Royal Courts of Justice di Londra ha sancito che è illegale che i cittadini Ue perdano i loro diritti se non ripresentano domanda per lo status di pre-insediamento prima della scadenza: una volta che risiedono per il periodo richiesto di cinque anni, a tutti i cittadini comunitari dovrebbe essere concesso il diritto di risiedere permanentemente nel Regno Unito. La sentenza sarà impugnata dal governo britannico, che sostiene che la Commissione Europea sarebbe stata a conoscenza del fatto che i cittadini Ue con status di pre-settled sarebbero tenuti a presentare una seconda domanda di residenza permanente. Ma, se confermata la sentenza, l’esecutivo guidato da Sunak dovrà modificare la legge voluta dal governo May.
    A proposito del rapporto tra Londra e Bruxelles, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha avuto uno scambio con il premier britannico “sul nostro continuo e stretto coordinamento sul sostegno all’Ucraina e sulle sanzioni contro la Russia”. La numero uno dell’esecutivo comunitario ha però ricordato che è necessario “lavorare insieme per trovare soluzioni per quanto riguarda il protocollo sull’Irlanda del Nord“. La contesa va avanti dal marzo 2021, in particolare sulla questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari – e non – per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte dell’allora governo Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda. A metà giugno di quest’anno la Commissione ha scongelato la procedura d’infrazione e ne ha attivate altre due per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del protocollo.

    Happy to exchange with @RishiSunak on our continued close coordination on support to Ukraine and sanctions against Russia.
    We will also push for ambitious #G7 and #G20 agendas.
    On IE/NI Protocol, we concur on the importance of working together to agree on solutions. pic.twitter.com/CndTSjQgaD
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 22, 2022

    Durante le festività natalizie incroceranno le braccia ferrovieri, personale della polizia di frontiera e delle poste, autisti del trasporto pubblico e infermieri. Intanto dall’Alta Corte di Giustizia arriva un duro colpo alla politica restrittiva del governo sulle domande di insediamento di cittadini Ue

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    Liz Truss si è dimessa da prima ministra del Regno Unito dopo 45 giorni dall’inizio del mandato

    Bruxelles – La prima ministra del Regno Unito, Liz Truss, ha rassegnato le dimissioni. L’annuncio è arrivato oggi (giovedì 20 ottobre) davanti alla residenza di Downing Street 10, dopo soli 46 giorni dall’inizio del suo mandato (iniziato lo scorso 5 settembre). “Sono entrata in carica in un momento di grande instabilità economica e internazionale” – ha esordito Truss nel suo discorso di dimissioni – in cui “famiglie e imprese erano preoccupate su come pagare le bollette”. Tuttavia, affermando che “considerata la situazione attuale, non posso più rispettare il mandato per cui sono stata eletta” leader del Partito Conservatore e premier britannica.
    Per questo motivo “ho parlato con il re [Carlo III, ndr] per notificargli che rassegno le dimissioni”. Truss ha rivendicato che l’obiettivo del suo mandato prevedeva la necessità di “cambiare la situazione, risparmiando sulle bollette energetiche e tagliando sulle tasse”, anche grazie alla “libertà fornita dalla Brexit“. Quanto accaduto a Londra negli ultimi 45 giorni – dove è emerso chiaramente il clima di instabilità con le dimissioni del Cancelliere dello Scacchiere, Kwasi Kwarteng, e della segretaria degli Interni, Suella Braverman – ha cambiato però le carte in tavola, mettendo sempre più pressione sulla stessa premier britannica.
    Questa mattina Truss ha incontrato i membri del Comitato 1922 – il gruppo parlamentare del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni – ed è stata raggiunta la decisione che “entro la prossima settimana ci sarà l’elezione del nuovo leader“, che assumerà poi anche la guida del Paese. Il cambio di leadership dei tories “assicurerà il mantenimento del piano fiscale, della stabilità economica del Paese e della sicurezza nazionale”, ha sottolineato Truss, precisando che rimarrà “in carica fino al momento in cui sarà scelto il nuovo leader”. Quello di Liz Truss è stato il governo più breve della storia del Regno Unito, prima di lei la maglia nera toccava a quello presieduto da Boris Johnson conclusosi il 7 luglio dopo 2 anni e 349 giorni.
    “Continueremo a lavorare per le relazioni più forti e strette possibili con il Regno Unito, anche se esprimo nuovamente il mio rammarico per la Brexit”, ha commentato la presidente della Commissione Europea, Roberta Metsola, in conferenza stampa a Bruxelles, dopo il suo intervento al vertice dei leader Ue. A proposito delle dimissioni della premier Truss, “quando si prendono alcune decisioni economiche, può derivarne instabilità politica o governativa, ed è una lezione per tutti i Paesi”, ha aggiunto Metsola, auspicando che “la crisi nel Regno Unito sia risolta il prima possibile”.
    Preoccupazioni e auspici analoghi arrivano anche dal presidente francese, Emmanuel Macron. “Auspico che il Regno Unito ritrovi quanto prima la stabilità politica. E’ un bene per loro, ed è un bene per noi”. Micheal Martin, premier irlandese, attende di tornare a lavorare per l’Irlanda del nord, visto che Truss si era spera proprio per questo. Il taoiseach auspica “stabilità” in Regno Unito, “quanto mai necessaria in tempi cosi difficili”, anche per l’Ue.

    “Considerata la situazione attuale, non posso più rispettare il mandato per cui sono stata eletta” leader dei conservatori e del Regno Unito, sono le parole della premier dimissionaria. “Entro la prossima settimana” ci sarà l’elezione per la nuova leadership tory

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    La prima mossa di Liz Truss: ammorbidire Bruxelles con la promessa di accordo sull’Irlanda del Nord entro aprile 2023

    Bruxelles – Dopo la tempesta, l’Unione Europea si aspetta un atteggiamento più distensivo da parte di Londra. La nuova prima ministra britannica, Liz Truss, da New York apre a un accordo con l’Ue per l’implementazione del protocollo sull’Irlanda del Nord, che potrebbe avere come data ultima il 10 aprile 2023, ovvero il 25esimo anniversario dalla firma dell’Accordo del Venerdì Santo, che nel 1998 aveva sancito la fine del conflitto nell’isola d’Irlanda. A favorire la distensione dei rapporti tra le due sponde della Manica è stato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, preoccupato ancora una volta per un conflitto diplomatico tra Unione Europea e Regno Unito di cui al momento non si vede una via d’uscita.
    Da sinistra: la prima ministra del Regno Unito, Liz Truss, e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (New York, 21 settembre 2022)
    “Siamo impegnati a proteggere l’accordo del Venerdì Santo”, ha confermato l’inquilino della Casa Bianca rivolgendosi alla premier britannica in carica da due settimane. L’impegno diplomatico di Washington potrebbe aprire nuovi spiragli per un ammorbidimento delle posizioni della Commissione Europea, che a metà giugno ha scongelato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito e ne ha attivate altre due per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del protocollo sull’Irlanda del Nord. In qualità di capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit nel precedente gabinetto Johnson, è stata proprio Truss la principale artefice della crisi tra Ue e Regno Unito e dopo la sua nomina a prima ministra sono iniziate a intensificarsi le voci di un’attivazione dell’articolo 16 del Protocollo, che sospenderebbe temporaneamente buona parte dei controlli mentre le due parti negoziano la sua applicazione.
    Ecco perché è cruciale l’impegno della premier Truss per arrivare a un accordo sostenibile con Bruxelles, che risponda alle preoccupazioni della Commissione sulla possibilità che Downing Street 10 voglia cancellare con un colpo di spugna tutti i controlli sulle merci trasportate tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, mettendo di fatto fine all’integrità del Mercato Unico dell’Ue sull’isola d’Irlanda. Il nuovo calendario su cui si sta convergendo suggerisce che Truss sarebbe disposta ad adottare un approccio meno conflittuale a proposito delle relazioni post-Brexit e, a confermare l’intensificarsi del dialogo a New York a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è arrivato anche l’incontro tra la stessa Truss e la numero uno della Commissione, Ursula von der Leyen: nel condannare le recenti dichiarazioni di Vladimir Putin sulla guerra in Ucraina, la mobilitazione generale e la minaccia nucleare per difendere la Russia, le due leader hanno anche “discusso delle relazioni Ue-Regno Unito, tra cui l’energia, la sicurezza alimentare e il protocollo sull’Irlanda del Nord”, si legge nella dichiarazione congiunta.

    Good discussion with Prime Minister @trussliz on EU-UK relations and Russia’s invasion of Ukraine.
    We condemn Putin’s actions and agree that his calls to mobilise parts of the population are a sign of weakness.
    Russia’s invasion is failing. pic.twitter.com/b1Q3oZVmMn
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 21, 2022

    Al centro della contesa tra Bruxelles e Londra c’è in particolare la questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari – e non – per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte del governo guidato da Boris Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda. La mossa unilaterale di Downing Street 10 di giugno ha però causato una dura risposta da parte della Commissione, con la riattivazione della procedura d’infrazione del marzo 2021.

    La neo-premier britannica si è confrontata con la leader della Commissione, Ursula von der Leyen, a New York. Anche il presidente statunitense, Joe Biden, in campo per un compromesso non oltre il 10 aprile, 25esimo anniversario dalla firma dell’Accordo del Venerdì Santo

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    Liz Truss è la nuova leader dei conservatori britannici e (da domani) prima ministra. Ma per l’Ue non è una buona notizia

    Bruxelles – Segretaria di Stato per gli Affari esteri, capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit con l’Unione Europea, leader dei conservatori britannici e da domani (martedì 6 settembre) prima ministra del Regno Unito. L’ascesa di Liz Truss nell’ultimo anno sembra essere inarrestabile, suggellata dalla vittoria contro lo sfidante Rishi Sunak, l’ex-cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del ministro dell’Economia), per la leadership dei Tories e del Paese. L’annuncio è arrivato oggi alle ore 12.30 locali da parte del Comitato 1922 – il gruppo parlamentare del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni – dopo le dimissioni del leader Boris Johnson a inizio luglio. Truss ha ottenuto 81.326 voti espressi dai militanti conservatori nel corso delle ultime settimane, contro i 60.399 di Sunak.
    La nuova leader dei conservatori britannici e dal 6 settembre 2022 prima ministra del Regno Unito, Liz Truss
    La proclamazione di Truss a numero uno dei Tories fa scattare automaticamente la sua ‘promozione’ a prima ministra del Paese, considerato il fatto che in conservatori possono contare sulla maggioranza a Westminster, e domani è attesa al Castello di Balmoral in Scozia per essere formalmente confermata dalla regina Elisabetta II (non a Buckingham Palace, a causa di problemi di mobilità della sovrana). Sulla carta il programma del governo guidato da Liz Truss spingerà sui tagli delle tasse, in particolare per le classi più abbienti, sul congelamento temporaneo delle bollette energetiche per rispondere al caro-prezzi, sul prosieguo della linea dura di Johnson contro la Russia di Putin, ma anche sul piano della sfida a Bruxelles a proposito del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Ecco perché la nomina di Truss a Downing Street 10 per molti aspetti non è una buona notizia per l’Ue, nonostante da Bruxelles il portavoce della Commissione, Eric Mamer, auspichi “un nuovo inizio” nei rapporti tra le due sponde della Manica e nella “piena implementazione di tutti gli accordi siglati“.
    Proprio Truss, in qualità di capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit nel gabinetto Johnson, è stata la principale artefice della crisi tra Ue e Regno Unito che dura ormai da metà giugno, quando l’esecutivo comunitario ha scongelato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito e ne ha attivate altre due per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del protocollo sull’Irlanda del Nord. La proposta di legge è stata presentata proprio dall’allora segretaria di Stato per gli Affari esteri, animata dalla volontà di stralciare quanto concordato nel momento della firma dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito. Ora a Bruxelles si teme che la nuova premier segua la linea dura dei conservatori intransigenti che hanno sostenuto la sua leadership: un colpo di spugna a tutti i controlli sulle merci trasportate tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, mettendo di fatto fine all’integrità del Mercato Unico dell’Ue sull’isola d’Irlanda.
    Il vicepresidente della Commissione UE per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, e la futura premier britannica, Liz Truss
    A indicare la possibilità che venga seguita questa strada, il Financial Times ha riportato che Liz Truss, come prima mossa di politica estera, sarebbe pronta ad attivare l’articolo 16 del Protocollo, che sospenderebbe temporaneamente buona parte dei controlli mentre le due parti negoziano la sua applicazione. Già a metà estate Londra aveva annunciato che esistevano tutte le condizioni previste dall’articolo a cui può ricorrere una parte che ritenga che il Protocollo abbia determinato “gravi difficoltà economiche, sociali o ambientali“. Una volta attivato, iniziano “consultazioni immediate” nel comitato congiunto che regola l’accordo, ma possono anche essere adottate unilateralmente “misure di riequilibrio proporzionate”, se non è possibile raggiungere un’intesa. Ad appesantire la situazione è arrivata la notifica dell’l’HM Revenue & Customs (il dipartimento governativo non ministeriale del Regno Unito responsabile per la riscossione delle imposte) di una tariffa del 25 per cento ai produttori di acciaio britannici che vogliono vendere prodotti da costruzione in Irlanda del Nord, proprio per le “conseguenze negative” del Protocollo.
    Al centro della contesa tra Bruxelles e Londra c’è in particolare la questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari – e non – per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte del governo guidato da Boris Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda. La mossa unilaterale di Downing Street 10 di giugno ha però causato una dura risposta da parte della Commissione, con la riattivazione della procedura d’infrazione del marzo 2021: Londra ha tempo per rispondere entro il 15 settembre (grazie a un mese di proroga concesso da Bruxelles) ma, se non lo farà, l’esecutivo comunitario potrà valutare di deferire il Regno Unito alla Corte di Giustizia dell’Ue, così come previsto dall’accordo di recesso. La strategia di Truss a questo punto potrebbe essere attivare l’articolo 16 del Protocollo nei prossimi 10 giorni, aprendo un capitolo tutto nuovo – e sicuramente non più sereno – nei rapporti tra Londra e l’Unione.
    A cercare di rasserenare l’ambiente, iniziano ad arrivare da Bruxelles messaggi di congratulazioni alla nuova leader dei conservatori per il prossimo incarico a premier del Paese: “L’Ue e il Regno Unito sono amici e alleati naturali, con gli stessi interessi fondamentali, le democrazie devono rimanere unite contro l’autocrazia e l’aggressione”, ha commentato su Twitter la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, mettendo in risalto i punti di accordo tra le due sponde della Manica e ricordando che l’Eurocamera “sarà sempre un partner del popolo britannico”. La numero uno della Commissione, Ursula von der Leyen, ha esortato a “instaurare un rapporto costruttivo, nel pieno rispetto dei nostri accordi“, dal momento in cui le due parti affrontano “insieme molte sfide, dal cambiamento climatico all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”. Anche il premier ceco e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Petr Fiala, ha sottolineato che “la Gran Bretagna continuerà a essere un prezioso alleato della Repubblica Ceca e dell’Unione Europea”, mentre il numero uno del Consiglio, Charles Michel, si è richiamato ai Beatles per ricordare che “all we need is… friends“.

    Congratulations to @trussliz, the next Prime Minister of the UK.
    The EU & UK are natural friends & allies, with same core interests at heart.
    Democracies must remain united, in standing against autocracy and aggression.@Europarl_EN will always be a partner to the 🇬🇧 people.
    — Roberta Metsola (@EP_President) September 5, 2022

    La segretaria di Stato per gli Esteri nel gabinetto Johnson è la prima responsabile della lacerazione dei rapporti con Bruxelles per la decisione di modificare unilateralmente il Protocollo sull’Irlanda del Nord. E avrà tempo fino al 15 settembre per rispondere alle azioni legali dell’Ue