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    Divieto d’import di carbone e ipotesi stop a petrolio dalla Russia: l’energia è nel quinto pacchetto di sanzioni

    Bruxelles – Sei pilastri per il quinto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia, in cui l’energia inizia a ritagliarsi il ruolo di protagonista. Dopo quattro pacchetti che “hanno colpito duramente e limitato le opzioni politiche ed economiche del Cremlino, con risultati tangibili”, la Commissione Europea ha deciso di reagire alle “immagini raccapriccianti di Bucha” proponendo ai governi una nuova tornata di misure restrittive, per “sostenere la massima pressione su Putin e sul governo russo in questo momento critico”. Lo hanno annunciato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sottolineando la necessità di rendere le sanzioni contro la Russia “ancora più ampie e dure”.
    Il primo pilastro della quinta tornata di misure restrittive è il divieto di importazione di carbone dalla Russia, “un mercato che ha un valore di 4 miliardi di euro all’anno”. Sempre sul piano energetico – anche se per il momento non rientra in questo pacchetto – si inizia a considerare anche lo stop alle importazioni di petrolio, su cui “siamo al lavoro”, ha precisato la presidente von der Leyen. Previsto poi il taglio delle transazioni verso quattro banche che rappresentano il 23 per cento della quota di mercato nel settore bancario russo, “tra cui la VTB, la seconda più grande banca russa”.
    La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (5 aprile 2022)
    A livello commerciale, alle navi russe sarà vietato di accedere ai porti dell’Unione, con alcune eccezioni previste per il trasporto di beni essenziali, “come i prodotti agricoli e alimentari, gli aiuti umanitari e l’energia”, e lo stesso si applicherà a operatori del trasporto stradale russi e bielorussi. Presi di mira anche settori vulnerabili per Mosca, con un divieto di esportazione di computer quantistici e semiconduttori avanzati “che vale 10 miliardi di euro”, mentre 5,5 miliardi sono quelli che saranno tagliati dalle importazioni di prodotti specifici: legno, cemento, frutti di mare e liquori: “Chiudiamo anche le scappatoie tra la Russia e la Bielorussia”, ha precisato von der Leyen.
    Infine, entrerà in vigore un divieto generale di partecipazione delle imprese russe agli appalti pubblici negli Stati membri e l’esclusione di ogni sostegno finanziario, europeo o nazionale, agli enti pubblici russi, “perché il denaro delle tasse dei nostri cittadini non deve arrivare a Mosca in nessuna forma”. L’alto rappresentante UE Borrell ha anche anticipato che tra le sanzioni contro la Russia “ci sarà anche un aggiornamento della lista degli individui e delle entità” colpiti dalle misure restrittive dell’Unione. In fase di studio anche “alcune idee presentate dagli Stati membri, come tasse o canali di pagamento specifici come un conto di garanzia”, hanno concluso i due leader UE.

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    I crimini di Bucha aumentano le pressioni sull’Europa per l’embargo di petrolio e gas dalla Russia

    Bruxelles – Nuove sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina, senza escludere la fine delle importazioni di idrocarburi in arrivo da Mosca. Sono le immagini delle violenze subite dalla popolazione civile di Bucha, cittadina ucraina a qualche decina di chilometri di Kiev, dalle truppe di Putin in ritirata nel fine settimana a far crescere le pressioni sui governi europei per sanzionare le importazioni energetiche in arrivo dalla Russia.
    “L’Unione Europea continuerà a sostenere l’Ucraina fermamente e farà avanzare, con urgenza, i lavori su ulteriori sanzioni contro la Russia”, ha annunciato durante il consueto briefing di mezzogiorno della Commissione il portavoce per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Peter Stano. L’intento è di “incrementare l’isolamento della Russia a livello internazionale”, ha continuato il portavoce, pur non specificando la natura delle prossime sanzioni. L’Alto rappresentante Joseph Borrell ha anche condannato le violenze riportate dalle forze di occupazione russe: “I colpevoli di crimini di guerra e altre violazioni, così come gli ufficiali governativi e leader militari coinvolti, verranno ritenuti responsabili”. 
    Una decisione che l’Unione Europea ha cercato di rimandare fino a quanto ha potuto, vista la dipendenza del continente per il 40 per cento dal gas, per circa il 27 per cento dal petrolio e dal 46 per cento di carbone importati da Mosca. La strategia adottata da Bruxelles è quella di diversificare le proprie forniture di idrocarburi (di gas) e spingere sull’energia pulita e rinnovabile, ma entrambe sono soluzioni che non consentono di ridurre la dipendenza dalla Russia dall’oggi al domani. La condanna unanime e l’indignazione internazionale per quelli che molti leader europei hanno denunciato come “crimini di guerra” perpetrati dalle truppe di Putin, dovrebbero infine portarli a invertire la rotta.
    Per settimane, da quando l’invasione dell’Ucraina è iniziata lo scorso 24 febbraio, sull’embargo all’energia è pesato il veto di Paesi come la Germania in primis ma anche dell’Ungheria e la Slovacchia, che hanno portato l’UE a colpire fino a questo momento solo le tecnologie di raffinazione del petrolio che Mosca importa da Bruxelles e a lasciare la banca statale Gazprombank, controllata dell’omonoma compagnia energetica di bandiera, attaccata al sistema delle banche internazionali Swift. L’ipotesi di un quinto pacchetto di sanzioni è sul tavolo di Bruxelles da settimane, anche se mai è stato tanto vicino lo sblocco dell’impasse sulla questione energia. Almeno per quanto riguarda il petrolio.
    Ad aprire in questi termini è stata nel fine settimana la stessa Germania, il cui ministro della difesa Christine Lambrecht ha dichiarato domenica che l’Unione europea deve necessariamente discutere di vietare l’importazione di gas russo, per non lasciare impuniti i crimini dell’esercito di Putin. La Germania è tra i Paesi in Europa più dipendenti dal gas russo, fino a questo momento anche quello più restio alle richieste di imporre un embargo sulle importazioni di energia dalla Russia. Berlino ha avviato un piano di emergenza per ridurre progressivamente le forniture in arrivo, ma chiudere del tutto i rubinetti del gas russo è un’altra questione. All’interno della stessa coalizione di governo si continua a rimanere su posizioni distanti, il ministro dell’Economia Robert Habeck ha ripetuto che la Germania sta progressivamente riducendo la sua dipendenza dall’energia russa ma è da escludere una interruzione nell’immediato. Il presidente francese Emmanuel Macron nel condannare le atrocità commesse ai danni di civili ha impegnato Parigi e l’Unione Europea a discutere “nei prossimi giorni” di nuove sanzioni, e trovare una posizione comune almeno sul carbone e sul petrolio.
    Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ha escluso “che nelle prossime ore possa esserci un dibattito sulla questione delle importazioni di idrocarburi dalla Russia “. Il collega dell’Agricoltura Stefano Patuanelli in un’intervista a La Stampa afferma che un embargo totale del gas russo “è percorribile, perché entriamo in una stagione in cui viene usato meno gas e perché stiamo affrontando bene la diversificazione dei nostri approvvigionamenti”. L’Italia si dice pronta a sostenere un quinto pacchetto di sanzioni concordato a livello europeo, mentre il presidente della Lituania Gitanas Nausėda già venerdì ha fatto sapere che dal primo aprile ha smesso di importare gas naturale russo: la Lituania nel 2015 ha ricevuto il 100% del suo gas naturale dalla Russia e oltre il 60% proveniva ancora dai produttori di energia russi nel 2020. “Se possiamo farlo noi, possono farlo anche gli altri”, ha incalzato Nauseda in un tweet. Il premier di Polonia Mateusz Morawiecki ha esortato gli altri capi di Stato e governo a tenere un nuovo Vertice straordinario, invitandoli “ad agire con decisione e ad attuare azioni che alla fine spezzeranno la macchina da guerra di Putin, confischeranno i beni della Federazione Russa e gli oligarchi depositati nelle banche d’Europa e di rompere questa politica aggressiva di Putin”. Il riferimento, sebbene non esplicito, è a porre fine alle importazioni energetiche, con cui indirettamente l’UE finanzia la guerra di Russia. È probabile che il tema arrivi in discussione lunedì e martedì alla riunione dei ministri europei dell’Eurogruppo e dell’Economia e finanza (ECOFIN) riuniti a Lussemburgo per discutere anche dell’impatto della guerra sull’economia europea.

    Berlino apre a nuove sanzioni contro i crimini di guerra di Putin in Ucraina e a lavorare in modo coordinato con gli altri leader UE per lo stop all’import di gas e petrolio russi. Un quinto pacchetto di misure restrittive sul tavolo di Bruxelles

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    I Paesi UE cercano una risposta coordinata alle minacce di Putin sul gas

    Bruxelles – Unità. È quella che cercano Stati membri e Commissione Europea per rispondere alle pressioni della Russia sul gas, dopo la decisione di giovedì del presidente Vladimir Putin di obbligare tutti i “Paesi ostili” a Mosca (quindi, tutti i Paesi occidentali) a pagare le forniture di gas nella valuta locale. Non facendoli pagare direttamente in rubli quanto obbligando la banca di stato Gazprombank a convertire i pagamenti in euro o in dollari.
    La reazione dell’UE è stata compatta nel condannare l’ultimatum del Cremlino, ma ancora non è chiaro come e in che termini i governi si adegueranno alle condizioni poste da Putin. La Commissione sta lavorando per coordinare una posizione comune europea a quello che considera un bluff da parte di Putin, tanto che già venerdì il Cremlino ha fatto sapere che non ha intenzione di interrompere immediatamente le esportazioni di gas in Europa. L’Unione europea dipende dal gas russo per il 40 per cento del suo mix energetico totale, ma questo rende l’Europa anche il principale acquirente del gas di Mosca che quindi avrebbe non poche ripercussioni economiche tagliando completamente le esportazioni.
    “Lavoriamo a stretto contatto con gli Stati membri e gli operatori” dell’energia per definire un “approccio comune sui pagamenti in valuta per i contratti di gas con la Russia”, ha riferito venerdì Ditte Juul Jorgensen, direttore generale della DG Energia della Commissione Europea, anticipando le informazioni su un confronto tra governi e operatori di settore sulla questione, anche se l’Esecutivo europeo non ha voluto fornire ulteriori dettagli.

    Our unity is our strength 🇪🇺Working closely with Member States and operators. EU coordination today to establish a common approach on currency payments for gas contracts with Russia @Energy4Europe
    — Ditte Juul Jorgensen (@JorgensenJuul) April 1, 2022

    I Paesi del G7, compresa l’Unione Europea, hanno respinto ormai una settimana fa la possibilità di pagare in rubli il gas, appellandosi principalmente al fatto che i contratti in essere con la compagnia energetica russa Gazprom prevedono espressamente il pagamento delle forniture in euro o in dollari. A Bruxelles si discute piuttosto di come prepararsi a dover tagliare le forniture, come è in discussione anche un quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia con l’ipotesi sempre presente di introdurre un divieto sulle importazioni di energia russa, su cui i governi sono molto divisi.

    Da quando l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca è iniziata lo scorso 24 febbraio, i governi europei stanno mettendo a punto dei piani di emergenza in caso di interruzione completa delle forniture da parte di Mosca, volontaria o forzata. Il “come” farlo è stato lasciato completamente nelle mani dei governi, sotto la supervisione di Bruxelles, tra l’idea di prolungare l’impiego del carbone o delle centrali nucleari per aggirare il ruolo del gas naturale nella transizione verso le rinnovabili, per ridurne l’impiego e quindi la dipendenza da terzi. Ogni Stato membro ha un mix energetico diverso, c’è chi come l’Italia e la Germania usa più gas di altri, e quindi anche l’impatto in caso di tagli alle forniture da parte di Mosca sarebbe sostanzialmente diverso. Proprio Berlino, tra i Paesi più dipendenti dal gas russo, ha fatto sapere di aver già attivato un piano di emergenza con l’idea di arrivare a un razionamento del gas se le forniture dovessero diventare scarse.

    Confronto a Bruxelles tra Commissione, Stati e operatori dell’energia sulla richiesta del presidente russo di far pagare in rubli il gas all’Europa, attraverso un meccanismo di conversione attraverso la banca di stato. Si cerca un approccio comune, mentre i governi si preparano in caso di tagli alle forniture

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    Putin firma il decreto per il pagamento in rubli del gas, ma per i Paesi UE non cambierà molto

    Bruxelles – Dopo aver a più riprese minacciato di farlo, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato oggi (31 marzo) infine il decreto per cambiare le regole sui pagamenti delle forniture di gas ai “Paesi ostili” alla Russia (ovvero tutti i Paesi occidentali) che di fatto non li obbliga a pagare direttamente in rubli il gas, ma obbliga la banca di stato Gazprombank a convertire in rubli tutti i pagamenti effettuati in euro e in dollari a partire da domani. E’ una cosa sostanzialmente diversa, anche se i Paesi occidentali saranno obbligati ad aprire dei conti in Gazprombank per consentire la conversione dei pagamenti in rubli ma dal punto di vista dei pagamenti per gli europei non cambierà molto.
    I dettagli di questa operazione sono stati forniti questo pomeriggio dal ​​portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha riferito ai giornalisti. In sostanza, dal primo aprile i Paesi che comprano il gas dalla Russia dovranno avere un doppio conto aperto presso Gazprombank: dovranno trasferire il pagamento con la propria moneta sul primo conto, chiamato “K”, ma sarà poi Gazprombank a convertire i pagamenti in valuta straniera in rubli e trasferirli sul secondo conto. “Per quelli che ricevono gas russo e che pagano per le forniture non ci saranno cambiamenti”, ha precisato Peskov, il portavoce del Cremlino, mettendo in chiaro dunque che in questo modo non ci sarà neppure una violazione dei contratti in essere per le forniture di gas, che prevedono espressamente il pagamento in euro o dollari. Ha aggiunto che Putin e il cancelliere tedesco Olaf Scholz avevano discusso in dettaglio il sistema ieri, la stessa conversazione che poi ha avuto con il premier italiano Mario Draghi.
    Si tratta comunque di una misura eccezionale, una risposta di Mosca alla sfilza di sanzioni varate dall’UE nelle scorse settimane dopo l’invasione dell’Ucraina iniziata lo scorso 24 febbraio. Putin è ricorso infine all’arma più potente che ha contro i governi dell’Occidente che impongono sanzioni alle sue banche, alle società e ai suoi uomini, per frenarne la furia: li ricatta con le proprie esportazioni di energia, minacciando in questo modo di ridurre le forniture di cui l’UE è dipendente per circa un quarto del proprio mix energetico. Chi più e chi meno, i governi europei importano da Mosca complessivamente circa il 40 per cento del proprio gas.
    Il capo del Cremlino parlava da qualche giorno della possibilità di rendere obbligatoria la conversione dei pagamenti per il gas – fatti in euro o in dollari, come previsto dai contratti – in rubli, attraverso il coinvolgimento della banca statale Gazprombank, con cui si effettuano anche adesso i trasferimenti di soldi per il gas. I Paesi del G7, compresa l’Unione Europea, hanno subito respinto questa possibilità, appellandosi principalmente al fatto che i contratti in essere con la compagnia energetica russa Gazprom prevedono espressamente il pagamento delle forniture di gas in euro o in dollari. I “contratti devono essere rispettati e i contratti dicono in modo esplicito che il pagamento del gas deve essere in euro o in dollari”, hanno ribadito solo ieri i portavoce del Berlaymont.
    Difficile se non impossibile pensare che si possano modificare i termini di contratti a lungo termine già in essere e secondo molti osservatori l’annuncio, come la decisione presa oggi, è più che altro il tentativo di Putin di salvare l’economia russa e rivalutare il rublo, colpito dalle sanzioni occidentali per la guerra in Ucraina. Una tesi che si avvalora dal fatto che il decreto varato dal Cremlino, come riporta l’agenzia stampa russa Tass, prevede anche la possibilità che alcuni pagamenti di gas da parte degli acquirenti stranieri possano non essere effettuati in rubli, ma per questi casi sarà necessario un’autorizzazione che verrà emessa dalla Commissione governativa russa per il controllo degli investimenti stranieri. In altre parole significa che è la stessa Mosca che può decidere quando non applicare i termini di questo decreto. Anche un modo per lasciare aperto il canale delle forniture all’Europa, perché se è vero che l’UE oggi non può rinunciare al gas russo, è anche vero che per Mosca è il suo principale acquirente e dunque tagliare le forniture completamente potrebbe generare ulteriori perdite all’economia russa.
    Il cancelliere tedesco Scholz ha ribadito nel pomeriggio che i pagamenti per il gas russo verranno effettuati secondo i contratti esistenti. “È così, rimarrà così, e l’ho chiarito ieri nella mia conversazione con il presidente Putin”, ha detto su Twitter.

    Die Zahlung russischer #Gaslieferungen findet entsprechend der bestehenden Verträge in Euro und Dollar statt. Das ist so, das wird auch so bleiben, und das habe ich gestern in meinem Gespräch mit Präsident Putin auch deutlich gemacht.
    — Bundeskanzler Olaf Scholz (@Bundeskanzler) March 31, 2022

    Nel frattempo Berlino, come anche la Francia, si prepara a un piano di emergenza per limitare al minimo il ricorso al gas in arrivo da Mosca. A Bruxelles si parla di nuove sanzioni e come da settimane a questa parte sul tavolo ci sono anche i limiti sulle esportazioni di energia russa, compreso il gas, su cui i governi sono molto divisi. Per far cambiare idea ai contrari e prendere posizione agli indecisi, molto dipenderà anche da quanto Mosca si spingerà oltre sui pagamenti del gas in rubli.

    Firmato dal Cremlino il decreto per convertire in rubli i pagamenti in euro o dollari dei Paesi “ostili alla Russia”, in risposta alla raffica di sanzioni europee per l’aggressione in Ucraina. I Paesi occidentali dovranno avere dei conti in Gazprombank, ma sarà la banca statale di Mosca a prendersi carico della conversione

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    Ispezioni a sorpresa dell’Antitrust UE per “alcune società” del gas in Germania. Gazprom nel mirino

    Bruxelles – L’Antitrust UE indaga in Germania su “sospette pratiche anticoncorrenziali” da parte di società attive nella fornitura, trasmissione e stoccaggio di gas naturale. A confermarlo è la stessa Commissione Europea in una nota pubblicata oggi (giovedì 31 marzo) e relativa alle ispezioni “senza preavviso” nei locali di alcune società due giorni fa. L’esecutivo comunitario non specifica quali aziende sono state coinvolte nelle perquisizioni, ma le indiscrezioni della stampa internazionale hanno individuato la russa Gazprom al centro della retata delle autorità comunitarie, in collaborazione con i colleghi tedeschi, per verificare la possibilità di abuso di posizione dominante nel mercato energetico.
    “Le ispezioni senza preavviso sono un passo investigativo preliminare su sospette pratiche anticoncorrenziali” nell’ambito della fornitura di gas naturale in Germania, si legge nella comunicazione dell’Antitrust UE. Tuttavia, questo “non significa che le imprese siano colpevoli” e per il completamento delle indagini “non c’è un termine legale”, avvertono le autorità comunitarie. La loro durata dipenderà da “una serie di fattori”, tra cui la complessità del caso, il livello di collaborazione con la Commissione Europea da parte delle aziende coinvolte nelle ispezioni e la portata dell’esercizio dei diritti di difesa.
    Le indiscrezioni riportate ieri da Bloomberg, secondo cui i funzionari della Commissione UE hanno fatto irruzione negli uffici del gigante russo Gazprom e della sua filiale di distribuzione Wingas in Germania come parte dell’indagine in corso sui prezzi del gas, sono state confermate questa mattina da fonti europee all’agenzia di stampa AFP. L’operazione sarebbe giustificata dal fatto che dovrebbe aprirsi a breve l’indagine ufficiale sul comportamento di Gazprom da parte del gabinetto guidato da Ursula von der Leyen.
    È da ottobre dello scorso anno che l’Antitrust UE sta raccogliendo prove sulla possibile manipolazione del mercato nel settore del gas naturale da parte di alcuni operatori commerciali, da quando è scoppiata l’emergenza energetica, in particolare il gigante russo Gazprom. Il 13 gennaio scorso Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione e responsabile per la Concorrenza, aveva confermato che Bruxelles “sta affrontando la questione con priorità“, considerato il “comportamento abbastanza raro nel mercato” dell’energia: “Il fatto che un’azienda decida di limitare l’offerta [di gas, ndr], pur essendo di fronte a un aumento della domanda, è un comportamento che ci fa pensare”. Due mesi fa e mezzo fa non era ancora iniziata l’invasione russa dell’Ucraina e oggi l’Unione deve fare i conti con l’ulteriore aggravamento della situazione sul fronte dell’approvvigionamento energetico dalla Russia e dell’aumento dei prezzi del gas.

    I funzionari hanno perquisito gli uffici lo scorso 29 marzo, in collaborazione con i colleghi tedeschi, per “sospette pratiche anticoncorrenziali” nella fornitura, trasmissione e stoccaggio di gas naturale. Il gigante russo sarebbe al centro dell’inchiesta

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    Unione Europea e Giappone verso un memorandum di cooperazione sull’idrogeno

    Bruxelles – Entro fine anno l’Unione Europea è intenzionata a finalizzare con il Giappone un memorandum di cooperazione sull’idrogeno, per aumentarne lo sviluppo su larga scala. E’ quanto emerso da un incontro a Bruxelles tra la commissaria per l’Energia Kadri Simson e il ministro giapponese dell’Economia, del commercio e dell’industria Koichi Hagiuda, che si sono impegnati a “lavorare a stretto contatto per affrontare le attuali sfide sui mercati energetici mondiali”, compresa la guerra di Russia in Ucraina.
    Entrambi hanno sottolineato l’importanza della transizione verso l’energia verde e l’ambizione comune di essere climaticamente neutrali entro il 2050, ma rafforzare la cooperazione con il governo giapponese è sopratutto un ulteriore passo che l’UE fa nella diversificazione dei propri fornitori di risorse energetiche per affrancarsi dalla dipendenza da Mosca. La commissaria Simson ha spiegato che l’UE conta sul Giappone “come alleato nei nostri sforzi per stabilizzare i mercati del gas e del petrolio e aiutare l’Europa a porre fine alla sua dipendenza dai combustibili fossili russi”. Proprio nelle scorse settimane il Giappone, su richiesta di Washington e Bruxelles, ha deciso di dirottare alcuni carichi di gas naturale liquefatto (GNL), con spedizioni extra che hanno iniziato ad arrivare già questo prossimo.
    Oggi il presente è nel gas e nel gnl, ma guardando al domani il futuro è rinnovabile. “Speriamo di concordare presto un Memorandum di cooperazione sull’idrogeno ed espandere la nostra collaborazione su questioni come l’eolico offshore, le reti elettriche e le emissioni di metano“, ha aggiunto la commissaria.

    La collaborazione su eolico offshore, reti elettriche e le emissioni di metano al centro dei colloqui tra la commissaria Kadri Simson e il ministro giapponese dell’Economia Koichi Hagiuda, che si sono impegnati a “lavorare a stretto contatto per affrontare le attuali sfide sui mercati energetici mondiali”, compresa la guerra in Ucraina

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    Gli impegni dei leader G7: indipendenza energetica, fondi per sicurezza alimentare e nuove sanzioni “se necessario”

    Bruxelles – Un’unità “straordinaria”, come l’ha definita il premier Mario Draghi, come forse mai prima d’ora, è quella che è risultata dal vertice dei leader del G7 di oggi (giovedì 24 marzo) sulla risposta alla guerra tra Ucraina e Russia, in linea con le precedenti discussioni in seno alla NATO. “Siamo pronti ad applicare ulteriori misure restrittive come richiesto, se necessario, continuando ad agire in unità nel farlo“, si legge nella dichiarazione conclusiva dell’incontro dei capi di Stato e di governo di Italia, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Canada, insieme ai presidenti della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel. “Lodiamo quei partner che si sono allineati con noi in questi sforzi”, hanno aggiunto i leader, chiamando a raccolta tutti gli alleati e i Paesi terzi che hanno condiviso i quattro pacchetti di sanzioni (come la tradizionalmente neutrale Svizzera).
    Oltre al sostegno all’Ucraina e alla condanna senza appello dell’aggressione militare scatenata dalla Russia, nelle conclusioni del vertice del G7 è ampio lo spazio dedicato alla questione energetica e alimentare. “Stiamo facendo ulteriori sforzi per ridurre la nostra dipendenza dall’energia russa“, anche attraverso la ricerca di “forniture alternative sicure e sostenibili” e il sostegno “attivo” dei Paesi che vogliono eliminare “gradualmente” la propria dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone russo. In caso di possibili interruzioni delle forniture in arrivo da Mosca, “agiremo in modo solidale e in stretto coordinamento”, mettono in chiaro i leader del Gruppo dei 7. L’appello è rivolto in particolare all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC), invitati ad “agire in modo responsabile e ad aumentare le consegne ai mercati internazionali”, per assicurare forniture energetiche globali “stabili e sostenibili”. Nessun passo indietro, in ogni caso, sul raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi e del patto sul clima di Glasgow per limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi centigradi. Sul fronte dell’aumento dei prezzi dell’energia, è stata condannata la decisione di Vladimir Putin di “mettere a rischio la ripresa economica globale, minare le catene globali del valore e di causare gravi impatti sui Paesi più fragili”.
    La preoccupazione dei leader del G7 va oltre l’energia e riguarda anche l’agricoltura, messa sotto pressione dalla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Nessun divieto di esportazione o misure restrittive al commercio, mercati aperti e trasparenti. Mentre “l’attuazione delle nostre sanzioni contro la Russia tiene conto della necessità di evitare un impatto sul commercio agricolo globale”, sarà necessario adottare misure per “rispondere alla crisi”. Tra queste anche un “uso coerente di tutti gli strumenti e meccanismi di finanziamento” che permettano di “affrontare la sicurezza alimentare e costruire la resilienza nel settore agricolo in linea con gli obiettivi climatici e ambientali”. In questo senso dovranno essere affrontate “potenziali interruzioni della produzione agricola e del commercio”, ma è stato anche annunciato l’aumento del contributo collettivo “alle istituzioni internazionali pertinenti”, come il Programma Alimentare Mondiale (PAM), “per fornire sostegno ai Paesi con insicurezza alimentare acuta”. Al vertice del G7 è stato anche deciso di chiedere una sessione straordinaria del Consiglio dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), in modo da affrontare le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina sul piano della sicurezza alimentare e dell’agricoltura mondiale.
    Sullo sfondo rimane la minaccia nucleare. “L’attacco della Russia ha già messo a rischio la sicurezza dei siti nucleari in Ucraina”, hanno denunciato i leader del G7, avvertendo Mosca che “deve rispettare i suoi obblighi internazionali e astenersi da qualsiasi attività pericolosa“, garantendo il controllo “senza ostacoli” da parte delle autorità ucraine e il pieno accesso all’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica. L’avvertimento sul possibile uso di “armi chimiche, biologiche e nucleari” ricalca quello del vertice NATO, con la denuncia “categorica” della campagna di disinformazione “completamente infondata della Russia contro l’Ucraina, uno Stato che rispetta pienamente gli accordi internazionali di non proliferazione”.
    Rispetto al richiamo esplicito alla Cina della dichiarazione dei leader NATO, i riferimenti a Pechino del Gruppo dei 7 rimangono solo tra le righe: “Esortiamo tutti i Paesi a non dare assistenza militare o di altro tipo alla Russia per aiutare a continuare la sua aggressione in Ucraina”, è la risposta al rischio che il governo cinese possa pendere verso un appoggio militare ed economico. Nella stessa direzione si inserisce la “preoccupazione per altri Paesi che hanno amplificato la campagna di disinformazione della Russia”. In tutte le condanne dell’aggressione dell’Ucraina, non va dimenticato che Cremlino e popolazione non necessariamente coincidono agli occhi del mondo: “I cittadini russi devono sapere che non abbiamo nessun rancore nei loro confronti”, ma “sono Putin, il suo governo e sostenitori – compreso il regime di Alexander Lukashenko in Bielorussia – che stanno imponendo questa guerra e le sue conseguenze”. Una decisione che “infanga la storia del popolo russo”, hanno puntato il dito i leader del G7.

    Al vertice del Gruppo dei Sette decise “ulteriori misure restrittive” ai danni della Russia in caso di nuove escalation. I Paesi esportatori di petrolio chiamati a garantire “forniture stabili e sostenibili” e ad aumentare le consegne in caso di interruzioni da Mosca

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    Ucraina e Moldova sincronizzate alla rete elettrica dell’UE

    Bruxelles – Sincronizzare la rete elettrica dell’Ucraina a quella europea, così da affrancare il Paese dalla dipendenza energetica dalla Russia. Dopo aver trovato un accordo di principio con gli Stati a inizio marzo, mercoledì 16 marzo la Commissione Europea ha annunciato che entrambe le reti elettriche di Ucraina e Moldova “sono state sincronizzate con successo con la rete dell’Europa continentale” per aiutare i due Paesi a mantenere stabile il “proprio sistema elettrico, le case calde e le luci accese” anche durante la guerra della Russia in Ucraina.
    Per quanto riguarda Kiev, la sincronizzazione elettrica era un progetto che Bruxelles portava avanti da tempo considerandolo strategico per diversificare i fornitori di elettricità e rafforzare l’autonomia energetica del Paese dalla Russia. Secondo quando riferito dalla commissaria per l’Energia, Kadri Simson, l’allaccio sarebbe accaduto comunque in circostanze normali “il prossimo anno”, ma la guerra intrapresa da Mosca, inevitabilmente, ne ha accelerato i risultati. Poche ore prima dell’inizio dell’invasione da parte della Russia sul territorio di Ucraina, è stato effettuato un primo test per disaccoppiare la rete ucraina da quella russa. Un test di isolamento della rete che ha funzionato, dimostrando che il sistema elettrico di Kiev è in grado di funzionare anche senza quello russo. Dopo l’aggressione, Kiev ha deciso di non riallacciare la rete a quella russa e rinforzare il dialogo con l’UE.
    Appena qualche settimana dopo è stato compiuto un “passo chiave per mantenere le luci accese e le case calde in questi tempi bui sincronizzando le reti elettriche di Ucraina e Moldova con la rete europea”, scrive su twitter la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, assicurando che “continueremo a lavorare per stabilizzare i loro sistemi di alimentazione”. Una promessa che arriva anche dalla commissaria Simson, secondo cui “l’UE continuerà a sostenere l’Ucraina nel settore energetico, garantendo l’inversione dei flussi di gas verso il paese e la fornitura di forniture energetiche di cui c’è un estremo bisogno”. Da Kiev è arrivato il messaggio di ringraziamento all’UE da parte del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, compiaciuto del fatto che “l’Ucraina è diventata membro dell’Unione dell’energia. L’unificazione dei sistemi energetici è completata e ora l’elettricità ucraina può entrare in UE e viceversa”.

    🇺🇦 has become a member of 🇪🇺 Energy Union. The unification of 🇺🇦 & 🇪🇺 energy systems has been completed. Now 🇺🇦 electricity flows in 🇪🇺 & vice versa. Grateful to 🇪🇺 members, personally to @vonderleyen, @KadriSimson & everyone, thanks to whom we now have a single energy system!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) March 16, 2022

    Un progetto che Bruxelles portava avanti da tempo considerandolo strategico per diversificare i fornitori di elettricità e rafforzare l’autonomia energetica dei Paesi dalla Russia. La guerra in Ucraina ne ha accelerato tempi e modi, il presidente Zelensky: “Kiev è ora membro dell’Unione dell’energia”