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    Il figlio dell’ultimo scià di Persia al Parlamento Europeo: “La mia missione è la transizione democratica” in Iran

    Bruxelles – Reza Ciro Pahlavi, il figlio maggiore dell’ultimo scià di Persia, cerca di accreditarsi agli occhi del mondo democratico come figura cardine delle forze di opposizione in Iran che da mesi stanno manifestando contro il regime degli ayatollah. “È un onore per me parlare per conto dei miei compatrioti, che mi hanno dato il compito di portare la loro voce e il loro messaggio ai rappresentanti eletti dell’Ue”, ha esordito il principe ereditario in visita oggi (primo marzo) al Parlamento Europeo, accompagnato dagli eurodeputati Charlie Weimers (Ecr) e Tomáš Zdechovský (Ppe).
    Pahlavi, in esilio dall’età di 19 anni, intravede ora uno spiraglio per rientrare nel Paese e rovesciare il regime che nel 1979 depose suo padre e instaurò la Repubblica Islamica a Teheran. Fondatore del National Council of Iran nel 2013, gruppo di opposizione in esilio, ha sposato la causa del popolo iraniano e cerca ora di ritagliarsi un ruolo di primo piano nell’Iran che verrà. “La mia missione è di servire la transizione”, ha dichiarato Pahlavi, che vuole essere “costruttore di un processo democratico” nel suo Paese dopo “l’inevitabile caduta del regime criminale” dei mullah. Apparentemente nessun ruolo politico, nessuna bramosia di potere: “Devo essere al di sopra e neutrale, non siamo qui per imporre un’alternativa, ma per proporre un processo”, promette il principe.
    Il percorso sembra essere tracciato. Dopo aver preso coscienza che la Repubblica Islamica “rappresenta una minaccia per il suo popolo e che non può essere riformata”, oggi stiamo assistendo alla “disobbedienza civile e agli scioperi nazionali che porteranno al collasso del sistema”. Una volta caduto il regime, il processo “dovrà continuare con libere elezioni per un’Assemblea costituente e infine arrivare a un referendum nazionale“, dove i cittadini sceglieranno la forma di governo che desiderano “per salvaguardare i propri diritti”. Se fosse una monarchia parlamentare, è lecito pensare che il figlio dell’ultimo scià di Persia non rifiuterebbe l’onere e l’onore di guidarla.
    Da sinistra: Reza Ciro Pahlavi e l’eurodeputato Charlie Weimers (Ecr)
    Ma Pahlavi al Parlamento Europeo è venuto anche per chiedere che l’Ue inasprisca le posizioni contro il regime attuale e che garantisca supporto totale al popolo iraniano. Aiutare gli iraniani a evitare la soppressione di internet da parte del regime, finanziare lunghi scioperi sindacali e designare il corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche come organizzazione terroristica. Perché sanzionare i pasdaran “velocizzerebbe il processo di implosione del regime”, facilitando defezioni tra le fila governative. E potrebbe anche aprire la strada al sequestro di beni da utilizzare per creare un fondo per finanziare i lavoratori iraniani, ha suggerito Weimers.
    Pahlavi è convinto che il supporto alla causa del popolo iraniano rientra anche negli interessi economici dell’Unione, perché “l’Iran rappresenta oggi il più vasto mercato ancora da aprire al mondo“. Con un regime democratico, partner dell’Occidente, le aziende europee avrebbero “immense opportunità economiche”, ma non solo: Teheran potrebbe “soddisfare i bisogni energetici dell’Ue con benefici reciproci“. A chi gli chiede del programma sul nucleare, Pahlavi garantisce che ne ha sempre avuto un giudizio negativo, anche nelle applicazioni civili. “Ci sono molte alternative più pulite e sicure da sviluppare”, ha dichiarato ancora il principe, sottolineando inoltre “l’incompetenza del regime che ha portato a una grave crisi ambientale nel Paese”. Il messaggio di Pahlavi è che un Iran pacifico è la promessa di un “futuro più sicuro e prospero per tutte le nazioni democratiche”. Resta da capire se il giovane popolo iraniano che protesta ha intenzione di consegnare le chiavi della transizione al vecchio figlio di un ancor più vecchio monarca.

    Reza Ciro Pahlavi ha incontrato deputati di diversi gruppi politici, per cercare di legittimarsi come garante della transizione democratica a Teheran in caso di implosione del regime. E chiede agli eurodeputati di prendere ulteriori misure in supporto dei manifestanti

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    Via libera al quinto pacchetto di sanzioni all’Iran. Borrell richiama Teheran all’impegno sul nucleare

    Bruxelles – Il cerchio sui responsabili della repressione delle proteste in Iran si stringe, ma l’Ue non centra ancora il bersaglio richiesto a gran voce nelle ultime settimane. Oggi (20 febbraio) i ministri degli Esteri dei 27 Paesi Ue hanno aggiunto alla lista delle sanzioni contro Teheran altre 32 persone e 2 entità, ritenute “responsabili di gravi violazioni dei diritti umani”. Decisione presa mentre fuori dall’Europa Building, sede del Consiglio europeo a Bruxelles, migliaia di manifestanti chiedevano a gran voce ai leader di fare un passo in più: inserire finalmente il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) nell’elenco Ue delle organizzazioni terroristiche.
    Con il quinto pacchetto di sanzioni approvato oggi, le misure restrittive si applicano ora a 196 persone e 33 entità. Colpiti anche il ministro della Cultura e dell’Orientamento islamico, Mohammad Esmaeili, e il ministro dell’Istruzione, Yousef Nouri, oltre al vice comandante e al portavoce dei Pasdaran, membri del parlamento di Teheran, diversi procuratori dei Tribunali rivoluzionari, magistrati, guardie carcerarie e direttori degli istituti penitenziari. Per tutti i sanzionati è stato disposto il congelamento dei beni, i divieti di ingresso in Ue e di ricevere fondi o risorse economiche dal territorio comunitario. Inoltre, sarà impedita loro l’esportazione di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
    Protest supporting Iranian resistance movement in Brussels on February 20, 2023. (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)
    “Le sanzioni non sono solo necessarie, sono inevitabili”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Sanzioni che non stanno producendo alcun effetto sulla condotta del regime, che secondo il bollettino del mese scorso di Iran Human Rights sarebbe responsabile della morte di almeno 481 manifestanti. “Non sono sufficienti, ma hanno una valenza politica e pratica”, ha commentato Borrell. C’è chi chiede di più: l’ha fatto il Parlamento europeo, oggi l’hanno ribadito almeno 6 mila persone per le strade di Bruxelles. “Siamo qui oggi per farci sentire dai ministri degli Esteri: il Parlamento europeo ha già deciso che le Irgc devono essere inserite nella lista europea dei terroristi, ora è tempo per il Consiglio europeo di agire”, ha gridato ai manifestanti l’eurodeputata svedese di origini irachene Abir Al-Sahlani, che assieme ad altri parlamentari europei e belgi ha sostenuto la marcia di protesta della diaspora iraniana a Bruxelles. La richiesta dell’Eurocamera, approvata all’emiciclo di Strasburgo lo scorso 18 gennaio, per il momento è caduta nel vuoto, un po’ per ostacoli di natura giuridica, un po’ per il timore che una scelta così radicale possa compromettere definitivamente i rapporti con la Repubblica Islamica e di conseguenza tutti i dossier che la riguardano.
    Uno su tutti, il negoziato per l’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa), che non gode sicuramente di ottima salute: secondo il Wall Street Journal, Teheran starebbe producendo uranio arricchito con una purezza dell’84 per cento, considerato “quasi di livello militare”. Nonostante l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aeia), che dovrà rispondere alla richiesta di indagini formulata dall’Ue entro questa settimana, non abbia ancora confermato le indiscrezioni, il capo della diplomazia europea ha telefonato al ministro degli Esteri del regime di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, chiedendogli di rispettare gli impegni sul programma nucleare, viste le “notizie preoccupanti sull’arricchimento dell’uranio iraniano”.
    A destare preoccupazione è anche la detenzione di cittadini europei nelle carceri iraniane: in Belgio tiene banco la vicenda di Olivier Vandecasteele, operatore umanitario arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 anni di carcere per spionaggio contro la Repubblica islamica, ma non è l’unico caso. Benjamin Briére, viaggiatore e blogger francese detenuto da oltre due anni e in sciopero della fame dallo scorso 28 gennaio, Ahmadreza Djalali, medico e docente iraniano naturalizzato svedese, accusato di spionaggio per conto di Israele nel 2016 e condannato a morte, e altri ancora. Borrell si è detto “preoccupato per il crescente numero di cittadini dell’Ue attualmente detenuti in Iran per motivi pretestuosi”, in condizioni “degradanti senza alcuna possibilità di un giusto processo”. Per il momento, oltre all’esplicito “invito a rispettare gli obblighi internazionali” ai mullah iraniani, Borrell non può fare altro che consigliare caldamente ai cittadini europei, “a causa del grave rischio per la loro sicurezza personale”, di non mettere piede in Iran.

    Thank you @AbirAlsahlani ✌️✌️✌️#IRGCterrorists‌ #WomanLifeFreedom #MahsaAmini‌ #مهسا_امينی‌ https://t.co/nIeKTVw1Rb
    — Nasser (@Nasser83174478) February 20, 2023

    Aggiunte 32 persone e 2 entità, tra cui due ministri, alla lista dei responsabili della repressione delle proteste, mentre per le strade di Bruxelles migliaia di persone chiedono l’inserimento delle Guardie della rivoluzione nell’elenco europeo dei terroristi

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    L’Iran sanziona 34 individui e entità: 6 sono eurodeputati, tra loro la leghista Bonfrisco

    Bruxelles – Non si è fatta attendere la risposta di Teheran al quarto pacchetto di sanzioni Ue, promulgato appena due giorni fa (23 gennaio) da ministri degli Esteri dei 27. La Repubblica Islamica, così come già successo lo scorso novembre, ha immediatamente reagito, azionando misure restrittive per 34 individui e entità europee e del Regno Unito. Ancora una volta, le sanzioni colpiscono direttamente il Parlamento Ue: 6 gli eurodeputati all’indice, tra cui la leghista Anna Cinzia Bonfrisco.
    Con lei i socialdemocratici Thijs Reuten e Dietmar Köster, il membro del Partito Popolare europeo Lukas Mandl (ppe), Abir Al-Sahlani e Bart Groothuis del gruppo Renew, colpevoli di “sostegno al terrorismo e incoraggiamento alla violenza contro il popolo iraniano”. È il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, a chiarire che gli individui e le entità sanzionate hanno “interferito negli affari interni della Repubblica islamica dell’Iran e diffuso false informazioni” sul regime, oltre ad “aver partecipato all’escalation di crudeli sanzioni contro il popolo iraniano”. Per tutti loro sono previsti “il blocco dei conti e delle transazioni nei sistemi finanziari e bancari iraniani, il sequestro dei beni all’interno della giurisdizione della Repubblica islamica dell’Iran, nonché il divieto di rilascio dei visti e di ingresso nel territorio della Repubblica islamica”, si legge nella nota pubblicata dal Ministero degli Esteri di Teheran.
    Anna Bonfrisco
    Anna Bonfrisco è la seconda italiana a essere oggetto di sanzioni dal regime di Teheran dopo la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. La ragione del suo inserimento nella lista potrebbe risiedere nel fatto che proprio Bonfrisco è stata la prima firmataria di una lettera inviata a novembre all’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per chiedere l’esclusione dell’Iran dalla Commissione sulle condizioni della donne delle Nazioni Unite. “L’espulsione di Teheran dalla Commissione Onu è stata una prima conquista, ora c’è bisogno di inserire i Guardiani della Rivoluzione nella black list europea dei terroristi”, ha dichiarato Bonfrisco dopo aver appreso la notizia della sua condizione. Una condizione che “dedica alle donne della resistenza iraniana, che hanno fatto conoscere la follia e le atrocità del regime dei mullah”.
    Anche la presidente dei socialdemocratici, Iratxe Garcia-Perez, ha commentato le misure restrittive a carico di due membri del gruppo: “Questa decisione sconsiderata non ci intimidisce. Le sanzioni rafforzano il nostro impegno e la nostra convinzione di opporci alla spietata repressione contro donne, uomini e giovani che si oppongono alla brutalità del regime in Iran”. Secondo Garcia-Perez, il pacchetto di sanzioni approvato in settimana dal Consiglio Affari Esteri non basta: “Come ulteriore passo necessario, esortiamo ora gli Stati membri a designare il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) come organizzazione terroristica”, ha concluso la capogruppo S&d.

    Teheran risponde alle sanzioni decise dal Consiglio Affari Esteri Ue appena due giorni fa, imponendo misure restrittive a individui e entità “colpevoli di sostegno al terrorismo e violenza contro il popolo iraniano”. L’eurodeputata leghista risponde: “dedico questa condizione alle donne della resistenza in Iran”

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    Iran, avanti con le sanzioni. L’Ue rinuncia a inserire i Guardiani della Rivoluzione islamica nelle organizzazioni terroristiche

    Bruxelles – Non cambia la strategia dei leader Ue sull’Iran: accantonate le richieste del Parlamento europeo di riconoscere il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) come organizzazione terroristica e di imporre sanzioni contro la Guida Suprema Ali Khamenei e il presidente Ebrahim Raisi, i ministri degli Esteri dei 27 hanno deciso oggi (23 gennaio) di aggiungere alla lista delle persone oggetto di misure restrittive 37 membri e entità legati al regime teocratico, elenco che ora conta 173 individui e 31 unità.
    “Il quarto pacchetto di sanzioni adottato oggi è un chiaro messaggio che non rimarremo con le mani in mano davanti alle violazioni dei diritti umani in Iran”, ha commentato su Twitter il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Questa volta, in continuità con il precedente pacchetto di sanzioni del 12 dicembre, a essere presa di mira dalle sanzioni Ue è soprattutto la rete di forze dell’ordine responsabile della repressione delle proteste. Tra i 18 individui sanzionati, oltre al ministro dello Sport e della Gioventù di Teheran, figurano diversi governatori delle province del Paese, comandanti dell’Irgc e delle forze dell’ordine (Lef), membri dell’Assemblea islamica e dirigenti dell’Irib, l’emittente televisiva del regime. Le 19 entità colpite dalle misure restrittive sono per la maggior parte i corpi regionali e le basi operative dell’Irgc, a cui si aggiunge il corpo delle Forze speciali di polizia iraniane. Per tutti loro è previsto il congelamento dei beni, il divieto di viaggio nell’Ue e l’impossibilità di ricevere fondi o risorse economiche provenienti dal territorio comunitario.
    Manifestanti in supporto al National Council of Resistance of Iran, 23/01/23
    Davanti alla sede del Consiglio europeo, dove era in corso il vertice, si erano radunati già in mattinata qualche centinaia di manifestanti iraniani, sostenitori del National Council of Resistance of Iran (Ncri), uno dei principali movimenti di opposizione al regime dei mullah. “L’Ncri e la sua leader, Maryam Rajavi, chiedono di riconoscere i Guardiani della Rivoluzione come organizzazione terroristica da decenni”, ha dichiarato Ali Bagheri, ricercatore iraniano a Bruxelles a capo del presidio. “Ora che il Parlamento europeo ha votato per l’inserimento nella lista, crediamo che sia anche la volontà di 450 milioni di cittadini europei”.
    L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha spiegato che per inserire i Guardiani della Rivoluzione nella lista europea delle organizzazioni terroristiche manca una fondamentale base giuridica: “È una decisione che non può essere presa senza avere prima la sentenza di un tribunale, c’è bisogno che la Corte di uno Stato membro emetta una condanna concreta, dopo di ché si può lavorare a livello europeo”. Esiste anche un secondo problema, di natura politica: l’iscrizione dei Guardiani della rivoluzione nell’elenco delle organizzazioni terroristiche potrebbe compromettere definitivamente tutti i dossier in corso con Teheran. Due su tutti, l’accordo sul nucleare iraniano e le trattative per la liberazione di alcuni cittadini europei presi in ostaggio dalla Repubblica islamica.
    Nel fine settimana infatti Borrell ha avuto una discussione al telefono con il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, che avrebbe minacciato “il ritiro di Teheran dal Trattato di non proliferazione (Tnp) o l’espulsione degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aeia)”.  Riferendosi alle richieste dell’eurocamera, il ministro avrebbe affermato che “il Parlamento europeo si è sparato sui piedi”, aggiungendo che il parlamento iraniano sta discutendo un piano per designare “elementi degli eserciti degli Stati europei come terroristi”.
    Manifestazione per la liberazione di Oliver Vandecasteele a Bruxelles, 22/01/23 (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)
    Per quanto riguarda i cittadini europei detenuti nelle prigioni iraniane, la ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, ha suggerito che sia arrivato “il tempo che, come europei, riflettiamo su come rispondere alla politica degli ostaggi di Stato praticata dall’Iran”. A tenere banco a Bruxelles è soprattutto il caso di Olivier Vandecasteele, operatore umanitario arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 di carcere per spionaggio contro la Repubblica islamica. La ministra degli Esteri belga, Hadja Lahbib, in mattinata ha dichiarato: “Siamo d’accordo con le nuove misure restrittive contro l’Iran, la situazione è totalmente inaccettabile, dobbiamo ottenere la liberazione dei nostri concittadini ingiustamente imprigionati in Iran”. 

    I ministri degli Esteri Ue hanno aggiunto 18 individui e 19 entità all’elenco delle sanzioni all’Iran, colpiti diversi organi delle forze dell’ordine responsabili della repressione. Ma per riconoscere le Irgc come terroristi serve una sentenza di un tribunale nazionale

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    Iran, il Parlamento Ue vuole sanzioni per la guida suprema Khamenei e il presidente Raisi

    Bruxelles – Dopo i Pasdaran, le massime figure politiche dell’Iran. L’Aula del Parlamento europeo chiede che la Guida Suprema Ali Khamenei e il presidente Ebrahim Raisi siano inseriti nell’elenco delle persone oggetto di sanzioni dell’Ue. Un invito per i governi dei 27, a cui spetta il compito di decidere in materia di misure restrittive, contenuto nella risoluzione approvata per alzata di mano. Per la repressione delle proteste nel Paese e il sostegno di Teheran alla Russia, per l’eurocamera servono ” ulteriori adeguamenti della posizione dell’UE nei confronti dell’Iran”, si legge nella risoluzione adottata per alzata di mano.
    Il voto d’Aula si aggiunge a quello che ha già visto chiedere di considerare le Guardie della Rivoluzione un’organizzazione terroristica. A distanza di ventiquattro ore da quel voto adesso l’ulteriore passo che segna il momento più alto delle tensioni diplomatiche con la repubblica islamica. Oltre alle due massima figure politiche, gli europarlamentari riuniti a Strasburgo vorrebbero che nella lista nera dell’Unione europea finissero anche  il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri e tutte le fondazioni (“bonyad”) legate al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRCG).
    “Oggi il Parlamento europeo si è espresso con forza contro la violenta repressione e le uccisioni del suo popolo da parte del regime iraniano”, il commento di Ernest Urtasun, vicepresidente dei Verdi. “La Repubblica islamica deve essere ritenuta responsabile dei suoi crimini e deve consentire l’accesso alla nuova missione conoscitiva delle Nazioni Unite”.
    Soddisfatto anche Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega al Parlamento Europeo, componente della delegazione per i rapporti con l’Iran, che però chiede “un impegno più forte, concreto e deciso contro il regime di Teheran” da parte dell’Unione europea. Fin qui, lamenta, “le sanzioni da parte delle istituzioni europee sono ancora troppo timide”.

    La richiesta segue quella di dichiarare i Pasdaran terroristi. Le relazioni tra l’Ue e Teheran si fanno sempre più tese

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    Iran, per il Parlamento europeo i Pasdaran sono un’organizzazione terroristica

    Bruxelles – Il Parlamento Ue ha chiesto di inserire il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione, i pasdaran iraniani, nell’elenco delle organizzazioni terroristiche stilato dall’Unione europea. L’emendamento proposto dall’eurodeputata polacca Anna Fotyga, a nome del gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR), alla relazione del vicepresidente del Partito Popolare europeo (PPE), David McAllister, sull’attuazione della politica estera e di sicurezza comune Ue, è stato approvato all’emiciclo di Strasburgo con 598 voti a favore, 9 contrari e 31 astenuti.
    Una maggioranza schiacciante, che segna così un nuovo punto di non ritorno nelle relazioni tra l’aula di Bruxelles e le autorità di Teheran: equiparare le Guardie della rivoluzione (IRGC), il corpo armato istituito nel 1979 dall’ayatollah Khomeini per difendere le istituzioni islamiche, a una milizia terroristica, significa delegittimare un organo statale e in definitiva il regime stesso dei mullah. Nel testo approvato oggi (18 gennaio), il Parlamento “invita l’Unione e i suoi Stati membri a includere l’IRGC nell’elenco dei terroristi stilato dall’UE sulla base delle sue attività terroristiche, della repressione nei confronti dei manifestanti e della fornitura di droni alla Russia”. Per i deputati europei i Pasdaran sono dunque responsabili della feroce repressione delle proteste che infiammano nel Paese da ormai 4 mesi: repressione che, secondo l’ultimo bollettino pubblicato dalla ong Iran Human Rights, ha provocato almeno 481 vittime, di cui 64 bambini e 35 donne.
    Roberta Metsola – Voting session, 18/01/23
    Ripercorrendo gli ultimi giorni, l’endorsement era arrivato anche dalla presidente dell’eurocamera, Roberta Metsola, che lunedì aveva partecipato a una marcia in solidarietà al popolo iraniano a Strasburgo e che in apertura alla plenaria aveva dichiarato: “Le persone in strada in Iran stanno facendo la storia e noi saremo al loro fianco”. Metsola, lo scorso 23 novembre, aveva già sancito la sospensione temporanea del dialogo tra gli europarlamentari e gli omologhi dell’assemblea islamica di Teheran, a causa delle misure restrittive che l’Iran aveva indetto contro alcuni membri del Parlamento Ue.
    L’eurocamera, che ha ribadito un’altra volta “il proprio sostegno al movimento di protesta pacifica insorto in tutto il Paese” e si è definita “sconvolta dall’uso sfrenato e sproporzionato della forza da parte della polizia e delle forze di sicurezza iraniane”, non è la prima istituzione occidentale che propone di inserire nelle proprie liste nere le Guardie della rivoluzione islamica: nel 2019 gli Stati Uniti di Trump, nel giro di qualche settimana potrebbe essere il turno del Regno Unito.

    L’aula di Strasburgo ha approvato con una maggioranza schiacciante la relazione con cui “invita l’Unione e gli Stati membri a includere le Guardie della Rivoluzione nell’elenco dei terroristi stilato dall’UE”. I Pasdaran sarebbero responsabili di almeno 481 vittime dall’inizio delle proteste

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    Per l’Ue l’accordo sul nucleare iraniano “non è morto”, Borrell ancora impegnato nelle trattative con Teheran

    Bruxelles – L’accordo sul nucleare iraniano “non è morto”, ma sicuramente non gode di ottima salute. L’Unione europea, che nella figura dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è coordinatore dell’intesa per limitare il programma nucleare di Teheran, non nasconde le enormi difficoltà a portare avanti le già complicate negoziazioni tra i Paesi firmatari dell’accordo, ora che la Repubblica islamica si sta rendendo protagonista di strappi sempre più profondi con la comunità internazionale.
    “La brutale repressione contro i manifestanti, l’esecuzione barbara delle condanne a morte e il supporto militare all’invasione russa dell’Ucraina sono questioni che stanno ulteriormente complicando il dialogo”, ha ammesso il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano. Le trattative sul JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), l’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015 a Vienna dall’Unione europea, dall’Iran e dal gruppo dei 5+1 (Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Germania), non hanno mai avuto vita facile: messe in stand-by nel 2018, quando gli Stati Uniti dell’allora presidente Donald Trump decisero unilateralmente di ritirarsi, sono riprese lentamente durante il 2021 grazie al cambio di amministrazione a Washington, ma proprio il presidente statunitense, Joe Biden, avrebbe recentemente dichiarato, durante un comizio elettorale lo scorso dicembre, che “il JCPOA è morto”. Un’affermazione inequivocabile, che la Casa Bianca non ha smentito.
    L’incontro tra Hossein Amir-Abdollahiane Josep Borrell, 20/12/22 (Photo by Khalil MAZRAAWI / AFP)
    Per Bruxelles, che si è storicamente presa carico dello sforzo diplomatico per avvicinare le parti, “l’accordo non è morto, ma nella situazione attuale l’obiettivo è cercare di rompere lo stallo”: il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, dopo aver incontrato in un bilaterale lo scorso 20 dicembre il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amirabdollahian, aveva affermato di essersi trovato d’accordo con la controparte iraniana sulla necessità di “mantenere aperta la comunicazione e ripristinare il JCPOA sulla base dei negoziati di Vienna”, ma la situazione nel Paese sta precipitando giorno dopo giorno. Ultimo in ordine di tempo, due giorni fa il procuratore generale del governo teocratico, Mohammad Jafar Montazeri, ha dato il via libera all’esecuzione capitale dell’ex viceministro della difesa Alireza Akbari, che aveva doppia nazionalità anglo-iraniana, accusato di spionaggio per conto dell’intelligence britannica.
    Roberta Metsola, manifestazione per l’Iran 16/1/23
    Il Regno Unito, anche in risposta all’impiccagione di Akbari, sta velocizzando le procedure per inserire il corpo militare iraniano delle Guardie della Rivoluzione nella lista nazionale delle organizzazioni terroristiche, e ha già richiamato in patria il proprio ambasciatore a Teheran: simili richieste potrebbero essere formulate anche dal Parlamento europeo, che si riunisce oggi a Strasburgo e che ha in programma proprio una discussione con Josep Borrell sulla risposta europea alle atrocità commesse dal regime dei mullah. La presidente dell’eurocamera, Roberta Metsola, ha aperto la sessione plenaria chiedendo alla comunità internazionale di “rispondere con fermezza al terrore perpetrato dal regime” e ribadendo la necessità di “fermare le Guardie della Rivoluzione e giudicare i responsabili” della feroce repressione. Metsola ha pronunciato un discorso anche fuori dal Parlamento, dove era in corso un presidio in solidarietà verso i manifestanti iraniani. L’Iran, ha dichiarato Peter Stano, “sarà in agenda anche al prossimo vertice dei ministri degli Esteri Ue (il 25 gennaio), stiamo osservando attentamente la situazione e siamo pronti a reagire ulteriormente”.
    Nonostante lo stato dei rapporti con l’Iran sembrerebbe giunto a un punto di non ritorno, l’Unione europea non perde le speranze di poter proseguire il dialogo almeno sul dossier relativo alle limitazioni al programma nucleare di Teheran: “Non è facile, ma Josep Borrell è in contatto regolarmente con il ministro degli Esteri iraniano e con gli altri partecipanti, siamo ancora impegnati per capire come e se riusciremo a procedere nell’accordo”, ha concluso il portavoce del Seae.

    Il portavoce del Seae, Peter Stano, ha ammesso che la situazione attuale “complica ulteriormente il dialogo”, ma lo sforzo diplomatico per riprendere le trattative del Jcpoa non è terminato. Roberta Metsola a Strasburgo chiede di “rispondere con fermezza al terrore perpetrato dal regime”

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    Iran, l’ong di Vidal-Quadras Roca chiede il ritiro degli ambasciatori Ue e indica Maryam Rajavi come alternativa democratica al regime

    Bruxelles – Richiamare gli ambasciatori dei Paesi europei in Iran e chiudere le rappresentanze di Teheran sul territorio comunitario: è quanto chiede l’ong International Committee In Search of Justice (ISJ), che dal 2014 opera a Bruxelles per contrastare il regime islamico dei mullah iraniani. Il suo presidente, l’ex numero due del Parlamento europeo Alejandro Vidal-Quadras Roca, e gli ex eurodeputati Paulo Casaca e Struan Stevenson, hanno presentato ieri (10 gennaio) il libro Iran’s Democratic Revolution, un breve volume che approfondisce le caratteristiche della repubblica teocratica e le proteste in corso dallo scorso settembre, a seguito della morte della ventiduenne Mahsa Amini.
    Presente anche l’ex senatrice colombiana Ingrid Betancourt, che nel 2002 fu rapita in patria dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e liberata dopo 6 anni di prigionia. È lei che per prima propone il ritiro dei rappresentanti diplomatici da Teheran e la chiusura delle ambasciate del regime, “presidi terroristici” in Europa. Secondo Betancourt stiamo assistendo alla “prima rivoluzione al mondo condotta dalle donne e con un’agenda femminista”, e per questo sarebbero proprio le donne a dover guidare la transizione verso un regime democratico.
    Linea sposata dall’ong di Vidal-Quadras Roca, che ha indicato Maryam Rajavi, leader del National Council of Resistance of Iran (NCRI), come unica guida credibile per immaginare un Iran del futuro democratico, stabile e forte. La 69enne di Teheran, che nel 1982 ha perso una sorella per mano del regime dell’allora ayatollah Khomeini, è un’attivista politica da ormai mezzo secolo ed è conosciuta in tutto il Paese. “C’è bisogno di una faccia che tutti riconosciamo”, ha affermato Vidal-Quadras, secondo cui “l’alternativa deve essere iraniana, non può essere inventata a tavolino dall’Occidente”. Ma non solo: l’alternativa al regime teocratico deve avere un piano d’azione concreto. Anche qui, ISJ converge sul programma politico presentato da Rajavi, 10 punti per traghettare l’Iran fuori dall’oppressivo governo religioso, che prevedono tra gli altri l’uguaglianza di genere, la separazione tra Stato e religione, libertà di culto e la tutela delle minoranze etniche.
    Ingrid Betancourt ha speso alcune parole sul caso dell’operatore umanitario belga Olivier Vandecasteele, incarcerato a Teheran e condannato a 40 anni di carcere e 74 frustate con l’accusa di spionaggio. Il regime iraniano vorrebbe uno scambio di prigionieri con il diplomatico Assadollah Assadi, che sta scontando in Belgio una pena di 20 anni per terrorismo: secondo l’ex ostaggio delle FARC colombiane, Bruxelles non dovrebbe cedere alle richieste della dittatura islamica, ma cercare altre soluzioni per la liberazione di Vandecasteele, come il pagamento di un riscatto in denaro o la chiusura di qualsiasi dossier sull’Iran per mettere pressione al regime.

    L’International Committee in Search of Justice ha presentato a Bruxelles il libro Iran’s Democratic Revolution, in cui indica la leader del National Council of Resistance of Iran come unica alternativa credibile per una transizione democratica a Teheran. L’ong chiede anche l’espulsione di tutti i diplomatici iraniani dal territorio Ue