More stories

  • in

    Per von der Leyen è tempo di sanzioni Ue contro Teheran per la repressione delle donne iraniane

    Bruxelles – Difendere i valori in cui l’Europa crede e difendere chi si batte per proteggerli anche fuori dall’Europa. Come “le coraggiose” donne iraniane che attraverso settimane di proteste e manifestazioni “chiedono libertà e uguaglianza”. Per Ursula von der Leyen è arrivato il momento di sanzionare i responsabili della repressione delle donne iraniane.
    E’ durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, che la presidente della Commissione europea ha condannato la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici che vengono picchiati e detenuti: uomini e donne, avvocati e giornalisti, attivisti e cittadini comuni” che protestano da settimane per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa (la cosiddetta polizia della moralità) per non aver indossato correttamente l’hijab.
    “Questo è un grido per l’uguaglianza, è un grido per i diritti delle donne”, ha detto la presidente, precisando che il messaggio dell’Unione europea di fronte alla repressione deve essere dobbiamo chiedere che la violenza si fermi. Le donne devono avere la possibilità di scegliere. E dobbiamo ritenere responsabili coloro che sono responsabili della repressione delle donne”. Per questo, è arrivato il momento di sanzionare le persone che sono responsabili. “La scioccante violenza inflitta al popolo iraniano non può rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni”, ha dichiarato, aprendo di fatto all’idea che l’Ue possa imporre sanzioni contro i funzionari iraniani coinvolti nella repressione. Secondo quanto riportano fonti Ue a Bloomberg, il pacchetto di misure restrittive dovrebbe coinvolgere 15 tra persone ed entità iraniane legate alla morte di Amini e potrebbe essere adottato già la prossima settimana, se sarà raggiunto un accordo unanime tra i Ventisette.
    Un’idea che l’Europarlamento, per primo, ha sostenuto approvando lo scorso 6 ottobre a Strasburgo un atto di indirizzo per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. Gli europarlamentari hanno chiesto “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.

    Durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, la presidente della Commissione europea condanna la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici” che vengono picchiati e detenuti in Iran per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab

  • in

    Gli eurodeputati del Pd manifestano a sostegno delle donne iraniane con il taglio di una ciocca di capelli

    Bruxelles – Gli eurodeputati del Partito Democratico prendono una posizione netta e con un gesto simbolico ma tangibile a sostegno delle donne iraniane, dopo quasi un mese di proteste contro il regime teocratico provocate dall’omicidio di Mahsa Amini, 22enne morta lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab.
    Il taglio delle ciocche di capelli dei sei eurodeputati del Partito Democratico in solidarietà con le proteste delle donne iraniane (13 ottobre 2022)
    “Donna, vita, libertà”, hanno intonato Alessandra Moretti, Camilla Laureti, Elisabetta Gualmini, Patrizia Toia, Pietro Bartolo, Giuliano Pisapia e Pierfrancesco Majorino di fronte alla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles oggi (giovedì 13 ottobre), in concomitanza con la manifestazione indetta a Roma dal segretario del Pd, Enrico Letta, davanti all’ambasciata iraniana. Dopo aver spiegato di voler “manifestare la solidarietà, fratellanza e sorellanza alle donne e al popolo iraniano per la loro libertà”, i sette eurodeputati si sono tagliati una ciocca di capelli ciascuno, emulando uno dei gesti più estremi mostrati dalle manifestanti durante le proteste di piazza a Teheran e in altre decine di città in Iran, oltre ai falò di hijab. Le ciocche sono state poi raccolte in una busta, che sarà spedita all’ambasciata iraniana a Bruxelles.
    I sette eurodeputati del Pd sono stati anche tra i firmatari dell’interrogazione parlamentare della settimana scorso all’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sull’attivazione dei canali diplomatici europei per liberare la travel blogger romana Alessia Piperno – insieme ad altri otto cittadini Ue – arrestata lo scorso 28 settembre a Teheran e di cui si hanno pochissime notizie, se non che è detenuta nel carcere di Evin nella capitale iraniana. Piperno non sarebbe stata l’obiettivo della retata della polizia, ma si sarebbe trovata nello stesso ostello frequentato da alcuni “sobillatori” – come li definiscono le autorità della Repubblica Islamica – delle proteste delle donne iraniane contro il regime teocratico.
    A proposito delle manifestazioni nel Paese mediorientale, la dura repressione da parte della polizia – che lancia lacrimogeni e spara ad altezza uomo durante le manifestazioni – ha già causato la morte di 201 persone (di cui 23 bambini), denuncia l’organizzazione non-governativa Iran Human Rights. Ecco perché la Commissione Europea è sempre più decisa a imporre nuove sanzioni all’Iran, per far pagare il prezzo economico dell’uso della violenza sistematica contro le donne e i giovani manifestanti pacifici. Secondo quanto riportano fonti Ue a Bloomberg, il pacchetto di misure restrittive dovrebbe coinvolgere 15 tra persone ed entità iraniane legate alla morte di Amini e potrebbe essere adottato già la prossima settimana, se sarà raggiunto un accordo unanime tra i Ventisette. “Credo che sia giunto il momento di sanzionare i responsabili della repressione contro le donne iraniane, la scioccante violenza inflitta non può rimanere senza risposta”, ha attaccato la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, nel suo intervento di ieri (mercoledì 12 ottobre) alla Conferenza degli ambasciatori.

    Sette membri della delegazione del Partito Democratico hanno mostrato solidarietà verso le rivendicazioni del popolo in Iran contro il regime teocratico, condividendo il gesto che sta animando le proteste di piazza nel Paese da quasi un mese dopo la morte di Mahsa Amini

  • in

    Velo islamico, Parlamento Ue chiede sanzioni per il regime iraniano. Il gruppo ID critica l’Aula

    dall’inviato a Strasburgo – Sanzionare i funzionari iraniani coinvolti nella morte di Mahsa Amini e nelle violenze contro i manifestanti. Il Parlamento europeo si rivolge ai capi di Stato e di governo dell’Ue, riuniti a Praga e pronti a ritrovarsi a Bruxelles per il vertice di fine mese, per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. L’Aula approva, per alzata di mano, il testo di condanna per la morte della 22enne lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab, il velo islamico imposto alle donne. Gli europarlamentari chiedono “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.
    Nel giorno in cui il Parlamento Ue si schiera con la società civile e con le donne dell’Iran, si consuma lo strappo con le forze sovraniste. Al termine della sessione di voto il gruppo Identità e democrazia (Id), dove siede la Lega, denuncia e condanna l’atteggiamento degli altri gruppi, rei di aver compiuto “atti antidemocratici”. Quello che è accaduto, la denuncia del gruppo, è l’”averci impedito di firmare e sostenere la risoluzione comune” sulla morte di Mahsa Amini e la repressione delle donne manifestanti per i diritti in Iran. Per gli europarlamentari di Identità e democrazia si tratta di “un ultimo tentativo di mantenere il cordone sanitario attorno al gruppo ID” anche su una questione come quella del velo islamico e l’Iran, e la che bollano come “una vergogna”.
    Intanto il Parlamento lancia un messaggio ai capi di governo. Sulla proposta di sanzioni e condanna dovrà esprimersi a breve il nuovo esecutivo tricolore. Gli italiani del gruppo Id avranno modo di esprimersi in quell’occasione, in forza della coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia.

    L’Eurocamera chiede indagini Onu sulla morte di Mahsa Amini, i sovranisti denunciano la negata possibilità di sottoscrivere la risoluzione. “Vergogna”.

  • in

    Iran, gli Usa rispondono alle proposte di Teheran. UE fa da mediatore per rilanciare l’accordo sul nucleare

    Bruxelles – La resurrezione dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015 potrebbe essere vicina. La Commissione europea conferma a Eunews di aver ricevuto ieri la risposta degli Stati Uniti alla proposta di compromesso dell’UE per superare le divergenze tra  Washington e Teheran e salvare l’accordo sul programma nucleare iraniano sottoscritto ormai sette anni fa, e di averla trasmessa a Teheran e agli altri partecipanti dell’accordo JCPOA (‘Joint Comprehensive Plan of Action’), ovvero Gran Bretagna, Cina, Francia, Germania e Russia.
    Si riaccendendo dunque le speranze di un ritorno all’intesa sul programma nucleare di Teheran, che prevedeva una limitazione alla capacità dell’Iran di sviluppare la tecnologia utile alla creazione di armi nucleari, vedendo riconosciuto in cambio un alleggerimento delle sanzioni internazionali imposte all’economia iraniana. Un tentativo di placare il timore di molti Paesi occidentali che il governo di Teheran potesse usare il suo programma nucleare nazionali per lavorare armi nucleari, mettendo potenzialmente in pericolo la sicurezza internazionale. L’intesa è saltata appena tre anni dopo. Nel 2018, l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva annunciato l’uscita unilaterale dall’accordo e la ripresa di alcune sanzioni economiche da parte di Washington (anche nel settore petrolifero), che hanno spinto Teheran a venire meno agli obblighi dell’accordo circa un anno dopo, superando il tasso di arricchimento dell’uranio autorizzato e arrivando nel 2021 a produrre uranio arricchito (utile per la produzione di energia nucleare) al 60 per cento.
    Dopo oltre un anno di negoziati infruttuosi, i colloqui sono ripresi a inizio agosto e il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, aveva presentato alle due parti l’8 agosto scorso una “versione finale” di un accordo che prevedeva la revoca delle sanzioni economiche contro l’Iran, compresa la vendita di petrolio, in cambio di restrizioni al suo programma nucleare. Dopo la risposta degli USA potrebbe volerci ancora un po’ per superare le divergenze che rimangono tra le prima di raggiungere un accordo, ma una soluzione potrebbe essere vicina. 

    Bruxelles conferma di aver ricevuto la risposta di Washington alla bozza di intesa promossa dall’UE per salvare l’accordo del 2015, da cui Trump chiamò fuori gli Stati Uniti nel 2018

  • in

    I tentativi dell’Unione europea per salvare l’accordo sul nucleare con l’Iran

    Bruxelles – Un accordo per superare le divergenze tra Stati Uniti e Iran e salvare l’accordo sul nucleare iraniano sembra più vicino. L’Unione europea “sta studiando, insieme ai suoi partner” internazionali la risposta che Teheran ha inviato ieri sera (15 agosto) al “testo finale” proposto da Bruxelles alla fine di luglio per salvare lo storico accordo sul nucleare del 2015. E superare oltre un anno di stallo nei negoziati tra Stati Uniti e Iran.
    La conferma che Bruxelles ha ricevuto la risposta del governo iraniano è arrivata questa mattina da un portavoce dell’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. “Stiamo studiando (la risposta, ndr) e ci stiamo consultando con gli altri partecipanti al JCPOA (l’accordo del 2015, il ‘Joint Comprehensive Plan of Action’) e gli Stati Uniti sulla strada da percorrere”, ha chiarito il portavoce dell’esecutivo, senza commentare le tempistiche sulla risposta da parte dell’Ue o fornire dettagli sul contenuto della controproposta.
    Lo storico accordo risale al 2015 ed era stato concluso tra l’Iran da un lato e Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina, Francia, Germania e Russia, dall’altro. Si tratta di un accordo politico (non legalmente vincolante) e prevedeva una limitazione alla capacità dell’Iran di sviluppare la tecnologia utile alla creazione di armi nucleari, vedendo riconosciuto in cambio un alleggerimento delle sanzioni internazionali imposte all’economia iraniana. Un tentativo di placare il timore di molti Paesi occidentali che il governo di Teheran potesse usare il programma nucleare per lavorare armi nucleari. L’intesa è saltata appena tre anni dopo. Nel 2018, l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l’uscita unilaterale dall’accordo e la ripresa di alcune sanzioni economiche da parte di Washington (anche nel settore petrolifero), che hanno spinto Teheran a venire meno agli obblighi dell’accordo circa un anno dopo, superando il tasso di arricchimento dell’uranio autorizzato e arrivando nel 2021 a produrre uranio arricchito (utile per la produzione di energia nucleare) al 60 per cento.
    “Ciò che può essere negoziato è stato negoziato ed è ora in un testo finale. Ma dietro ogni questione tecnica e ogni paragrafo si cela una decisione politica che deve essere presa nelle capitali”, scriveva l’alto rappresentante Borrell lo scorso 8 agosto, annunciando di aver consegnato il testo finale della proposta nelle mani di Usa e Iran, nel tentativo di mediare un accordo.

    What can be negotiated has been negotiated, and it’s now in a final text.
    However, behind every technical issue and every paragraph lies a political decision that needs to be taken in the capitals.
    If these answers are positive, then we can sign this deal.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) August 8, 2022

    Dopo mesi di stallo, i colloqui sono ripresi lo scorso 4 agosto in Austria, a Vienna, per salvare l’accordo sotto l’egida dell’UE. Se Washington si è detta pronta a siglare l’accordo mediato da Bruxelles in tempi rapidi, il ministro degli Esteri dell’Iran, Hossein Amirabdollahian, ha esortato Washington a mostrare “flessibilità” per risolvere tre questioni che per Teheran restano aperte sul tavolo e che, a detta del capo della diplomazia iraniana, sono imprescindibili per finalizzare un accordo politico. “Le differenze sono su tre punti, sui quali gli Stati Uniti hanno verbalmente espresso flessibilità in due casi, ma questo dovrebbe essere incluso nel testo”, ha riferito l’agenzia di stampa iraniana Irna, citando Amirabdollahian. Tra le questioni “aperte” da parte iraniana, la garanzia che l’accordo sia sostenibile e sul fatto che nessun futuro presidente degli Stati Uniti possa rinnegarlo, come fece Trump nel 2018.

    Bruxelles ha ricevuto la risposta di Teheran alla bozza di intesa promossa dall’UE per salvare l’accordo del 2015, da cui Trump chiamò fuori gli Stati Uniti nel 2018. “Stiamo studiando la risposta e ci stiamo consultando con gli altri firmatari dell’accordo e con gli Stati Uniti sulla strada da seguire”

  • in

    Usa e Russia un vertice “distante”. Sulla crisi ucraina Biden e Putin restano divisi ma il dialogo è aperto

    Roma – Nessun passo in avanti tra Joe Biden e Vladimir Putin anche se il dialogo resta aperto. Il presidente americano conferma le minacce di sanzioni durissime in caso di superamento dei confini dell’Ucraina. Il presidente della federazione Russa insiste nella richiesta di tenere lontana Kiev dalla NATO.
    Due ore davanti agli schermi ai due leader sono bastate per sciogliere il gelo ma non per trovare soluzioni alla tensione salita in Europa orientale con le truppe del Cremlino concentrate a migliaia ai confini con il Paese “cuscinetto”. Come era accaduto alla vigilia Biden ha poi avuto un secondo colloquio con gli alleati europei Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna e giovedì parlerà con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
    “Nessuna concessione, il Presidente è stato diretto e chiaro” ha detto Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale al termine del vertice, ribadendo “serie conseguenze” se la Russia deciderà di muoversi oltre confine. Il rafforzamento delle sanzioni era definito in precedenza e prevede una stretta economica pesante, dall’esclusione delle banche russe dai circuiti del sistema finanziario internazionale, alle limitazioni nel settore energetico, oltre che una serie di restrizioni alla libera circolazione di manager e oligarchi.
    Da Mosca Putin ha replicato che “i soldati russi sono sul loro territorio e non stanno minacciando nessuno”, al contrario “è la NATO che sta facendo pericolosi tentativi di conquistare il territorio ucraino e sta aumentando il suo potenziale militare ai nostri confini”. L’accusa lanciata al governo di Kiev e di voler smantellare gli accordi di Minsk con le continue provocazioni adottate verso la comunità russofona del Donbass, nel sud-est della repubblica ucraina.
    Le posizioni restano dunque distanti e solo una timida apertura, “una buona discussione” secondo la fonte del Cremlino, si è registrata sulla questione iraniana, che fa sperare positivamente nel riavvio del negoziato del trattato sul nucleare annunciato la scorsa settimana.
    Nonostante le minacce, condivise dagli alleati europei, la Casa Bianca punta all’azione diplomatica e il recupero degli accordi di Minsk. “I due presidenti – si legge nella nota diffusa da Washington – hanno incaricato i loro team di approfondire e gli Usa lo faranno in stretto coordinamento con gli alleati e partner”.
    Da Bruxelles prima del vertice, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, aveva assicurato il sostegno dell’UE che nei confronti della Russia “risponderà in modo appropriato in caso di una nuova aggressione, di violazioni del diritto internazionale e di qualsiasi altra azione dolosa intrapresa contro di noi o i nostri vicini, inclusa l’Ucraina”.

    I due leader non cambiano posizione con gli Stati Uniti che minacciano sanzioni dure in caso di invasione e il Cremlino che chiede assicurazioni sulla necessità di allontanare i suoi confini dalla NATO. Dopo il vertice nuovo colloquio del presidente americano con gli alleati europei

  • in

    Iran, Borrell attacca la presidenza slovena del Consiglio: “Il premier Janša non ci rappresenta in politica estera”

    Bruxelles – È un gancio destro in pieno volto quello sferrato da Josep Borrell, alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza: “Il primo ministro sloveno, Janez Janša, non rappresenta l’Unione Europea in politica estera“. Una dichiarazione durissima che, a nemmeno due settimane dall’inizio del semestre sloveno di presidenza del Consiglio dell’UE, approfondisce il distacco tra Bruxelles e Lubiana e alimenta le polemiche sulla figura del nuovo presidente di turno.
    La reazione del capo diplomatico dell’Unione è arrivata a seguito di alcune esternazioni del primo ministro sloveno sull’Iran. In un discorso di sabato scorso (10 luglio) al Free Iran World Summit, evento annuale organizzato dal Consiglio nazionale della resistenza iraniana, Janša aveva esplicitato la necessità di avviare un’inchiesta internazionale sulle esecuzioni dei prigionieri politici iraniani nel 1988 (almeno duemila secondo Amnesty International): “Per quasi 33 anni il mondo ha dimenticato le vittime del massacro, è ora che questo cambi“.
    Il polverone diplomatico che si è alzato da Teheran nel corso del fine settimana ha coinvolto Janša non tanto in qualità di capo del gabinetto sloveno, ma soprattutto per la carica che riveste per i prossimi sei mesi all’interno dell’istituzione comunitaria. Il controverso nuovo presidente di turno del Consiglio dell’UE ha ricordato quanto sia facile scatenare confusione tra i messaggi inviati a Paesi terzi e come i diversi livelli di leadership spesso non rendono chiaro chi stia parlando a nome del proprio governo o per l’intera Unione.
    A dimostrazione di questa problematica, Borrell ha confermato di aver ricevuto una telefonata dal ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, che voleva essere messo al corrente “se le dichiarazioni del primo ministro sloveno rappresentano la posizione ufficiale dell’Unione Europea”. L’alto rappresentante UE ha parlato proprio di “una certa confusione“, legata al fatto che la Slovenia è attualmente il Paese membro che detiene la presidenza di turno del Consiglio. Il ministro iraniano è stato rassicurato sul fatto che, anche in questo frangente, “la posizione di un primo ministro non rappresenta la posizione dell’Unione Europea” e che solo il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, può rappresentare i Ventisette a livello di capi di Stato e di governo.
    In merito alla complessa situazione iraniana, Borrell ha affermato che l’Unione ha “una posizione equilibrata“, fatta di un mix di “pressioni politiche, quando necessario” e di “cooperazione, quando possibile”. In questo contesto si inserisce l’impegno dell’Unione Europea – attraverso la figura dell’alto rappresentante – per quanto riguarda l’accordo sul nucleare iraniano (il Piano di azione congiunto globale, JCPOA). Allo stesso tempo, “la politica estera rimane una competenza degli Stati membri, che possono avere l’opinione che ritengono adatta per ogni questione internazionale“, ha precisato Borrell alla stampa di Bruxelles. “Se mi chiedete se la posizione di Janša rappresenta quella dell’Unione Europea, devo ribadire che di certo non è così”.

    L’alto rappresentante UE reagisce alle polemiche nate dopo la richiesta del primo ministro di Lubiana di avviare un’inchiesta internazionale sull’esecuzione di prigionieri politici nel 1988. “Ogni Paese membro ha le proprie opinioni, ma la nostra è una posizione equilibrata”