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    Il ‘Triangolo di Weimar’ tra Scholz, Tusk e Macron riparte dal sostegno “unanime” a Kiev. Anche sulle armi

    Bruxelles – Riparte da Berlino, ma soprattutto dal sostegno “unanime” a Kiev, il Triangolo di Weimar tra Germania, Francia e Polonia. “Oggi abbiamo concordato una serie di priorità, tra cui l’immediato approvvigionamento di un numero ancora maggiore di armi per l’Ucraina sull’intero mercato mondiale”, ha annunciato il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, al termine del vertice di oggi (15 marzo) con il presidente francese, Emmanuel Macron, e il primo ministro polacco, Donald Tusk, facendo riferimento al lancio di “una coalizione degli alleati dell’Ucraina per le armi a lungo raggio“.

    Dopo le frizioni delle ultime settimane in particolare tra Scholz e Macron sul tipo di supporto da fornire a Kiev e sulla possibilità di un intervento dei soldati Nato in Ucraina per fronteggiare l’esercito russo, l’alleanza regionale tra Francia, Germania e Polonia si è rinsaldata sotto la bandiera del “non lasciare mai che la Russia vinca” la guerra in Ucraina, ha messo in chiaro Macron in conferenza stampa. Questo tuttavia non implicherà un confronto diretto tra Mosca e i Paesi dell’Unione Europea, almeno nelle intenzioni dei tre leader: “È altrettanto chiaro che non siamo in guerra con la Russia“, ha precisato Scholz, a cui ha fatto eco lo stesso presidente francese, puntualizzando che “non prenderemo mai l’iniziativa di un’escalation“.Anche se, in ogni caso, “vogliamo fare tutto il necessario, a partire da ora, per garantire che la situazione in Ucraina, nelle prossime settimane e mesi, migliori e non si deteriori“, ha sottolineato il premier polacco. Ecco perché “Putin deve sapere che il sostegno dei membri del Traingolo di Weimar a Kiev non verrà meno”, ha insistito ancora Scholz, annunciando che i Paesi europei – quella “coalizione di alleati” di Kiev – acquisteranno un maggior numero di armi per l’Ucraina sul mercato mondiale e aiuteranno Kiev ad aumentare la propria produzione. “Sarà ampliata la produzione di equipaggiamenti militari, anche attraverso la cooperazione con i partner in Ucraina”, ha spiegato Scholz a proposito delle “priorità” discusse oggi a Berlino.

    Da sinistra: il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il primo ministro polacco, Donald Tusk, e il presidente francese, Emmanuel Macron, a Berlino (15 marzo 2024)In questo contesto giocherà un ruolo decisivo l’aumento dell’impegno nell’ambito dell’Unione Europea, “per il quale abbiamo preso decisioni molto importanti a Bruxelles questa settimana”. Un riferimento al Fondo europeo per la pace che “riceverà 5 miliardi di euro per fornire ulteriore assistenza militare a Kiev quest’anno”, ma anche al rafforzamento della missione Ue di addestramento dei soldati ucraini e all’utilizzo dei profitti “significativi” dei beni russi congelati “per sostenere finanziariamente l’acquisto di carri armati per l’Ucraina”. Infine, per fronteggiare “l’espansionismo imperialista” del Cremlino, sarà costituita una “nuova coalizione di capacità per l’artiglieria missilistica a lungo raggio nell’ambito del formato Ramstein” (il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina guidato dagli Stati Uniti), i cui dettagli operativi saranno resi noti prossimamente.

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    L’Ue pronta a imporre sanzioni contro i coloni israeliani violenti

    Bruxelles – Il piano di imporre misure restrittive ai coloni israeliani estremisti in Cisgiordania è fermo sul tavolo dei 27 Paesi Ue da dicembre. A poco a poco si sono convinti tutti, rimaneva solo l’ostruzionismo dell’Ungheria di Viktor Orban. Ma lunedì 18 marzo i ministri degli Esteri dell’Ue dovrebbero raggiungere l’accordo politico per un primo pacchetto di sanzioni contro coloni che si sono macchiati di atti di violenza contro il popolo palestinese.Secondo quanto dichiarato da un alto funzionario europeo, l’Ue procederà parallelamente all’introduzione di nuove sanzioni contro Hamas. I due regimi dovrebbero essere approvati separatamente: prima “quello sui crimini sessuali commessi da Hamas nell’attacco del 7 ottobre”, poi il pacchetto sui coloni. Alcuni Stati membri infatti, avrebbero posto come linea rossa l’approvazione delle sanzioni contro Hamas prima di procedere con quelle dirette agli insediamenti illegali israeliani. Ma “non c’è nessuno Stato membro, al momento, che si oppone ai due regimi“, ha confermato la fonte.L’accordo politico di principio dovrebbe arrivare dunque al Consiglio Ue Affari Esteri di lunedì, per poi essere formalizzato in un secondo momento. Solo dal 7 ottobre, l’Ufficio delle Nazioni Unite Ocha-Opta ha registrato 646 attacchi di coloni israeliani contro palestinesi. Causando feriti, danni alle proprietà e 9 vittime.Dopo le sanzioni imposte da Stati Uniti, Regno Unito e Francia, che hanno vietato l’ingresso ad alcuni coloni estremisti sul proprio territorio nazionale, anche l’Ue sembra decisa a muoversi. Incalzata anche da Belgio, Spagna e Irlanda, che hanno dichiarato più volte di essere pronti a procedere in autonomia se Bruxelles non riuscisse a trovare un accordo. Proprio oggi il dipartimento di Stato americano ha aggiunto altri tre coloni alla sua lista e, per la prima volta, anche due interi insediamenti israeliani in Cisgiordania.

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    L’Eurocamera vuole vederci chiaro sui 150 milioni di assistenza macroeconomica sborsati alla Tunisia

    Bruxelles – L’Eurocamera continua la sua crociata contro il discusso Memorandum d’Intesa con la Tunisia firmato a luglio 2023 dalla Commissione europea. Dopo averne messo in dubbio più volte la legittimità del mandato – oltre che il significato politico – l’emiciclo di Strasburgo ha messo ai voti una risoluzione in cui chiede che l’esecutivo Ue spieghi la recente decisione di procedere all’erogazione di 150 milioni di euro in supporto alle casse statali tunisine.Risoluzione approvata oggi (14 marzo) con 243 voti a favore, 167 contrari e 41 astenuti. Gli eurodeputati invitano così la Commissione a chiarire in che modo abbia ritenuto che la Tunisia soddisfi i criteri sui valori fondamentali, come affermato nel suo documento d’azione, dove si parla di “progressi soddisfacenti” che giustificano l’erogazione del sostegno al bilancio.

    Da sx: Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied e Giorgia Meloni alla firma del Memorandum d’Intesa Ue-Tunisia, 17 luglio 2023I 150 milioni sotto accusa sono stati sbloccati lo scorso 4 marzo e rientrano nel primo dei cinque pilastri del partenariato globale stipulato con il presidente Kais Saied, quello relativo all’assistenza macroeconomica. Sono la prima fetta di un sostanzioso pacchetto da un miliardo di euro, di cui però i restanti 900 mila sono vincolati allo sblocco del maxi-prestito che il Fondo Monetario Internazionale aveva negoziato con Saied in precedenza. E che è rimasto congelato per il rifiuto del presidente tunisino di accompagnarlo a una serie di impopolari riforme economiche.Non è solo l’erogazione in sé a porre dei dubbi, ma anche il modo con cui è avvenuta: il Parlamento europeo infatti si interroga sul perché la Commissione abbia scelto di versare la cifra in un’unica tranche invece che con un’erogazione graduale basata sui traguardi o sugli obiettivi concreti raggiunti. Precludendosi così la possibilità di “sospendere ulteriori erogazioni in caso di una chiara erosione dei valori fondamentali”. il deterioramento dello Stato di diritto in Tunisia preso a picconate dal presidente Saied è stato peraltro già denunciato dall’Eurocamera in una risoluzione che risale al marzo 2023.

    L’eurodeputata del gruppo dei Verdi, Tineke StrikA mandare su tutte le furie la relatrice del testo votato oggi in aula, l’eurodeputata olandese Tineke Strik, è inoltre la mancata osservazione da parte della Commissione europea del sacrosanto diritto di controllo parlamentare. Già in una lettera inviata il 25 gennaio dal gruppo dei Verdi alla commissione Affari Esteri (Afet) dell’Eurocamera, Strik e i suoi colleghi denunciavano di “non aver mai ricevuto una risposta conclusiva da parte dell’esecutivo Ue” alle continue richieste di informazioni sul controllo del rispetto dello stato di diritto, della democrazia e dei diritti umani nell’ambito dell’accordo con la Tunisia e sull’eventuale applicazione di qualche forma di condizionalità per autorizzare i finanziamenti.La decisione della Commissione di ricorrere a una procedura d’urgenza per l’erogazione dei 150 milioni, nonostante non mancasse certo il tempo sufficiente per ricorrere alla procedura normale da luglio 2023 a oggi, “dimostra il mancato rispetto del controllo parlamentare“, mettono nero su bianco gli eurodeputati nella risoluzione.Le condizioni concordate per il pagamento dei 150 milioniUna portavoce della Commissione europea ha chiarito a Eunews che “il pagamento è stato effettuato dopo che la Commissione ha valutato positivamente il raggiungimento da parte della Tunisia, entro gennaio 2024, delle condizioni reciprocamente concordate nell’Accordo di finanziamento”. Specificando inoltre che tali condizioni riguardavano “progressi nell’attuazione della politica macroeconomica a sostegno della stabilità, nella buona gestione delle finanze pubbliche, nella trasparenza e nel controllo del bilancio”.Nell’Accordo di finanziamento stipulato con Tunisi, ci sarebbero state poi tre ulteriori condizioni particolari: la pubblicazione della legge di bilancio per il 2024 e dei suoi allegai, l’adozione del Piano d’azione per la gestione delle finanze pubbliche da parte del Consiglio dei ministri e i progressi nella discussione macroeconomica.

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    Strasburgo alza la voce sul rischio di “imminente carestia” a Gaza: Israele deve garantire l’accesso degli aiuti da tutti i varchi

    Bruxelles – Un cessate il fuoco “immediato e permanente” e l’accesso umanitario “rapido, sicuro e senza ostacoli di aiuti in tutta Gaza attraverso tutti i varchi esistenti“. Sono le richieste per Israele da parte di un Parlamento europeo “profondamente preoccupato per la catastrofica situazione umanitaria a Gaza”. E per il rischio di “un’imminente carestia”.In una risoluzione non vincolante approvata con 327 voti favorevoli, 44 contrari e 120 astensioni, l’emiciclo di Strasburgo fa sentire la sua voce in difesa della popolazione palestinese di Gaza. Il testo è stato appoggiato da tutti i gruppi politici – con qualche isolata defezione -, fatta eccezione per l’estrema destra di Conservatori e Riformisti (Ecr) e Identità e Democrazia (Id). Le delegazioni italiane appartenenti ai due gruppi, Fratelli d’Italia e Lega, hanno scelto di astenersi.

    Palestinian children collect food at a donation point provided by a charity group in the southern Gaza Strip city of Rafah, on December 6, 2023, (Photo by MOHAMMED ABED / AFP)Dopo le durissime parole dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha accusato Israele di “usare la fame come un’arma di guerra”, affamando cioè deliberatamente la popolazione civile di Gaza per raggiungere i propri scopi militari, da Strasburgo un altro chiaro messaggio a Tel Aviv. Un messaggio che – per evitare ogni possibile fraintendimento – parte ancora dalla condanna dello “spregevole attacco del 7 ottobre” e dal “diritto di Israele all’autodifesa nei limiti del diritto internazionale”.Ma la risposta militare “sproporzionata” delle autorità israeliane ha già provocato oltre 30 mila morti e 70 mila feriti a Gaza. E oggi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quasi il 16 per cento dei bambini di Gaza soffre di malnutrizione acuta. Prendendo in prestito le parole di Borrell, non è la conseguenza di “un disastro naturale, un terremoto o un’alluvione”, ma è una situazione provocata artificialmente”.Il palco non regge più: l’Eurocamera “condanna fermamente l’ostruzione degli aiuti umanitari e gli attacchi contro i convogli umanitari”, con un riferimento particolare al 29 febbraio 2024, “quando le truppe israeliane hanno aperto il fuoco durante le consegne di aiuti umanitari” uccidendo oltre 100 palestinesi e ferendone 700. Anche ieri (13 marzo) il Commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha denunciato l’attacco da parte delle forze di difesa israeliane a un centro di distribuzione del cibo nella parte orientale di Rafah, che ha ucciso un membro dello staff dell’Agenza Onu e ferito altre 22 persone. “Ogni giorno condividiamo con le parti in conflitto le coordinate di tutte le nostre strutture nella Striscia di Gaza. L’esercito israeliano ha ricevuto ieri le coordinate di questa struttura”, ha dichiarato Lazzarini. In questo contesto, l’Eurocamera “condanna l’uccisione di 161 operatori umanitari delle Nazioni Unite, 340 operatori sanitari e 7 operatori umanitari” dall’inizio del conflitto.

    Il Parlamento accoglie con favore l’apertura del corridoio marittimo cipriota per Gaza, ma sottolinea che “la distribuzione via terra deve essere la priorità”. Israele deve garantire l’apertura dei varchi di Rafah, Kerem Shalom, Karmi ed Erez.Anche qui, l’appello dell’Eurocamera arriva in contemporanea con quello degli attori coinvolti nell’operazione Amalthea, il corridoio via mare da Cipro: nella riunione ministeriale tenutasi ieri sera, Cipro, la Commissione europea, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Unito, il Qatar e gli Stati Uniti hanno ribadito che “non esiste un sostituto significativo alle rotte terrestri attraverso l’Egitto e la Giordania e ai punti di ingresso da Israele a Gaza per la consegna degli aiuti su larga scala”. E sottolineato di conseguenza la necessità che Israele “apra altri varchi per consentire a un maggior numero di aiuti di raggiungere Gaza, anche nel nord, e che allenti le restrizioni doganali per facilitare un maggior flusso di assistenza umanitaria”. La stessa Ursula von der Leyen, a margine dell’incontro, ha insistito perché a Gaza entrino “un minimo di 500 camion al giorno o l’equivalente”.Nella risoluzione approvata dall’Eurocamera viene menzionato anche “il ruolo indispensabile dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi (Unrwa) nella regione”. E passa un emendamento che ricorda l’urgenza di mettere in discussione il rispetto delle clausole sui diritti umani dell’accordo di associazione Ue-Israele, come richiesto in una lettera congiunta a Ursula von der Leyen dai primi ministri di Spagna e Irlanda. Perché l’Unione europea ha a disposizione strumenti diplomatici più efficaci di una risoluzione non vincolante dell’Eurocamera per fermare la carneficina a Gaza.

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    L’Ue trova l’accordo a 27 per altri 5 miliardi in aiuti militari all’Ucraina

    Bruxelles – I Paesi membri dell’Ue hanno raggiunto l’accordo sull’approvazione della Ukraine Assistance Facility (Uaf): una fumata bianca, alla riunione dei rappresentanti permanenti dei 27 a Bruxelles, che vale 5 miliardi di euro in aiuti militari urgenti a Kiev per il 2024.Il Fondo d’assistenza per l’Ucraina fa parte del Fondo europeo per la Pace, lo strumento attraverso cui dall’inizio dell’invasione russa i Paesi Ue hanno fornito all’Ucraina attrezzature militari – e ottenuto rimborsi, almeno parziali – per 5,6 miliardi di euro. Anche l’Uaf prevede la possibilità di coprire i costi dell’acquisto di armi sul mercato internazionale per consegnarle all’esercito ucraino.“Ce l’abbiamo fatta: il Coreper ha raggiunto un accordo sul Fondo di assistenza all’Ucraina. Il messaggio è chiaro: sosterremo Kiev con tutto ciò che è necessario per prevalere”, ha esultato con un post su X l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell. “L’Ue resta determinata a fornire un sostegno duraturo all’Ucraina e a garantire che il Paese riceva l’equipaggiamento militare necessario per difendersi“, ha aggiunto la presidenza belga del Consiglio dell’Ue, che ha guidato i negoziati tra i rappresentanti dei 27.Questi 5 miliardi si aggiungono dunque ai 5,6 già mobilitati in due anni per la fornitura di attrezzature militari letali e non letali, quali dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso, carburante, munizioni e missili. L’Epf, istituito a marzo 2021, è uno strumento fuori bilancio volto a consolidare la capacità dell’Unione di “prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale”. Inizialmente disponeva di un massimale finanziario di 5,7 miliardi di euro a prezzi correnti per il periodo 2021-2027, ma i Paesi membri hanno ritenuto necessario aumentarlo più volte e portarlo all’attuale massimale di 12 miliardi di euro fino al 2027.La fumata bianca a livello Ue arriva dopo l’annuncio da parte di Washington di aver sbloccato l’invio di armi per 300 milioni di dollari a Kiev. Sarà ora compito dei ministri degli Esteri dei 27, che si riuniscono già lunedì 18 marzo a Bruxelles, di mettere nero su bianco l’accordo trovato dalle diplomazie dei Paesi Ue.

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    Putin annuncia l’invio di militari e “sistemi di distruzione” al confine con la Finlandia

    Bruxelles – Arriva la risposta del dittatore russo all’ingresso della Finlandia nella Nato: truppe e “sistemi di distruzione” saranno inviati al confine con il Paese entrato un anno fa nell’Alleanza.In un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa statale Ria e alla televisione di Stato Rossiya-1, il presidente russo ha criticato l’adesione della Finlandia e della Svezia alla Nato, come riporta l’agenzia di stampa Reuters, e fa la voce grossa, lui che nonostante una lunga preparazione ha fallito nell’intento di occupare l’Ucraina: “È un passo assolutamente insignificante (per Finlandia e Svezia) dal punto di vista della garanzia dei propri interessi nazionali”, ha detto.Poi, rispondendo di fatto alle osservazioni occidentali che la mossa di attaccare Kiev è servita solo ad allargare la Nato ed a perdere spazi commerciali, Putin ha aggiunto che “non avevamo truppe lì (al confine finlandese), ora ci saranno. Non c’erano sistemi di distruzione lì, ora appariranno”.

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    Ue-Svizzera: Bruxelles e Berna riprovano a negoziare un accordo per il futuro

    Bruxelles – Il Consiglio dell’Unione europea ha autorizzato oggi la Commissione a negoziare, a nome dell’Ue, un ampio pacchetto di misure con la Svizzera come base per le future relazioni UE-Svizzera, definendo anche le direttive corrispondenti per il negoziato.Dopo la brutale ed improvvisa rottura del maggio 2021 si riparte, con l’obiettivo è di modernizzare e approfondire le relazioni bilaterali tra l’Ue e la Svizzera, spiega una nota del Consiglio, di assicurare una concorrenza leale tra le imprese dell’Ue e quelle svizzere che operano nel mercato interno e di garantire la tutela dei diritti dei cittadini dell’Ue in Svizzera, anche evitando discriminazioni tra i cittadini dei diversi Stati membri. Il mandato risponde anche alle preoccupazioni della Svizzera consentendo eccezioni limitate all’allineamento con le norme dell’Ue nei settori della libera circolazione delle persone, del distacco dei lavoratori e del trasporto ferroviario e stradale.Si è insomma un po’ bilanciato il cuore della vecchia proposta dell’Unione (del 2014): arrivare ad un allineamento “dinamico” delle regole, che permettesse agli accordi vecchi di decenni di procedere al passo con le nuove regole che nel tempo l’Unione si darà.“L’Ue e la Svizzera hanno una stretta relazione, basata su valori condivisi e forti legami economici. Il mandato negoziale che abbiamo approvato oggi ci permetterà di sviluppare il nostro partenariato e di sfruttarne appieno il potenziale. Mi auguro che i negoziati progrediscano rapidamente”, afferma Hadja Lahbib, Ministro degli Affari Esteri ed Europei del Belgio e presidente di turno del Consiglio.Gli elementi chiave del pacchetto comprendono disposizioni istituzionali da includere negli accordi esistenti e futuri con la Svizzera relativi al mercato interno, che prevedono un allineamento dinamico con l’acquis dell’Ue, un’interpretazione e un’applicazione uniformi e la risoluzione delle controversie disposizioni sugli aiuti di Stato, da includere negli accordi esistenti e futuri relativi al mercato interno, un accordo che consenta la partecipazione della Svizzera ai programmi dell’Ue, tra cui Horizon Europe, un accordo sul contributo finanziario permanente della Svizzera alla coesione sociale ed economica dell’Ue come contropartita della sua partecipazione al mercato interno, il rilancio dei negoziati sugli accordi in materia di elettricità, sicurezza alimentare e salute. I negoziati sui diversi elementi del pacchetto saranno condotti in parallelo.Sulla base del mandato, la Commissione (che ha fatto sapere di accogliere “con favore” questo mandato) potrà ora avviare negoziati formali con la Svizzera sull’ampio pacchetto di misure. L’inizio dei negoziati è previsto per i prossimi giorni.Una vicenda lunga e difficileNel maggio 2014, il Consiglio ha autorizzato l’avvio dei negoziati tra l’Ue e la Svizzera su un accordo quadro istituzionale che disciplina le relazioni bilaterali. Nel novembre 2018 la Commissione europea e la Svizzera hanno finalizzato la bozza di un accordo quadro istituzionale. Nel maggio 2021, la Svizzera ha però interrotto unilateralmente i negoziati su questo accordo.Nel febbraio 2022, il Consiglio federale svizzero ha proposto una via alternativa per le relazioni tra l’Ue e la Svizzera, consistente in un ampio pacchetto di misure, tra cui elementi istituzionali da includere in ogni accordo bilaterale relativo al mercato interno. Sulla base di questo approccio alternativo sono seguiti colloqui esplorativi tra la Commissione e i rappresentanti del Consiglio federale svizzero. Il 15 dicembre 2023, la Commissione e il Consiglio Federale hanno pubblicato un’intesa comune che riporta per iscritto l’esito dei colloqui esplorativi.Il mandato dell’Ue è stato concordato in linea con questa intesa comune e si riflette nella raccomandazione della Commissione per un mandato, presentata il 20 dicembre 2023.Il mandato si basa sul mandato del 2014 per un accordo quadro istituzionale e sui precedenti mandati per gli accordi sull’elettricità, la salute, la sicurezza alimentare e la partecipazione della Svizzera alle Agenzie dell’Unione Europea per il Programma Spaziale e per le Ferrovie.Il Consiglio federale svizzero ha approvato il mandato negoziale della Svizzera l’8 marzo 2024.

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    Gaza, i parlamentari europei si uniscono nella condanna a Netanyahu

    Bruxelles – Israele è andato oltre, e continuare a dare man forte e pieno sostegno al governo e al suo leader, Benjamin Netanyahu, diventa difficile. L’Unione europea prende le distanze dal modo in cui lo Stato ebraico sta gestendo la risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, e di fatto inizia a scaricare la leadership israeliana. Il dibattito d’Aula del Parlamento europeo sulla situazione a Gaza registra toni duri, da parte della Commissione e da parte di molti parlamentari europei, che da ogni gruppo politico censurano una situazione considerata sempre più insostenibile.Inizia la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a condannare l’operato di Netanyahu, senza comunque mai citarlo direttamente. Però, nel denunciare pubblicamente che “la situazione sul campo è più drammatica che mai e ha raggiunto un punto critico”, von der Leyen di fatto mette sul banco degli imputati lo Stato ebraico. “Abbiamo tutti visto le segnalazioni di bambini che muoiono di fame. Non può essere“. Accusa indirettamente il governo israeliano, quando sottolinea che “tutti sanno quanto sia difficile spostare gli aiuti dentro e dentro Gaza”. Un rimprovero chiaro. Da parte Ue garantisce tutto il sostegno possibile. Annuncia l’attivazione del meccanismo di protezione civile dell’Unione europea invitando gli Stati membri dell’Ue a partecipare, conferma il pieno sostegno al corridoio umanitario marittimo annunciato lo scorso fine settimana, e in tal senso “finanzieremo e coordineremo il flusso delle merci europee attraverso il corridoio”. La situazione, continua von der Leyen, “rende ancora più importante collaborare con quelle agenzie che sono ancora presenti sul territorio. E questo è il caso dell’Unrwa“, l’agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi che Israele vorrebbe delegittimata e isolata dopo le accuse di funzionari coinvolti negli attacchi di Hamas. Una sottolineatura che segna le distanze tra Ue e Israele.Ma è nell’Aula che si consuma lo strappo forse più grande. Voci critiche si levano da tutti i principali gruppi: popolari (Ppe), socialisti (S&D), liberali (Re), Verdi, Sinistra radicale. Esponenti di tutte queste forze spendono parole dure, non necessariamente espressione delle posizione dell’intero gruppo, ma comunque sono personalità di alto livello a parlare, a testimonianza di un malumore diffuso. La più diretta è la capogruppo dei socialisti, Iratxe Garcia Perez, che parla apertamente di “massacro di palestinesi da parte di Netanyahu“, di fronte al quale “dobbiamo mandare un chiaro segnale” ed invita “far cessare la sua impunità”. Come Ue, continua, “dobbiamo evitare che i palestinesi vengano sopraffatti dal regime di apartheid istituito da Netanyahu”.Va giù duro anche Juan Fernando Lopez Aguilar (S&D), presidente della commissione Libertà civili: “Netanyahu impedisce l’accesso via terra agli aiuti umanitari”, denuncia. “Questa brutalità commessa contro il popolo di Gaza supera il legittimo diritto di autodifesa e il diritto internazionale”. Quindi l’affondo: i responsabili “devono essere puniti”. Un chiara messa in stato d’accusa per il governo di Tel Aviv.Dalle fila del Ppe è l’irlandese Sean Kelly a chiedere “lo stop dell’uccisione di persone innocenti a Gaza da parte di Netanyahu“, e invocare “un cessate il fuoco”. Parole che si contrappongono a quelle di von der Leyen, che in Aula sostiene invece la necessità di “una pausa umanitaria”. Il dibattito dunque mostra anche visioni diverse interne al Ppe.Senza accuse così veementi anche i liberali scaricano quello che una volta era un partner incondizionato. “Abbiamo perso ogni speranza in Netanyahu e in Israele“, scandisce il greco Georgos Kyrtsos, che non considera l’attuale classe dirigente come affidabile ai fini del processo di pace e una soluzione a due Stati. Valery Hayer, presidente di Renew Europe, invoca il “cessate il fuoco per ragioni umanitari”. Anche qui, cessate il fuoco invece di pausa umanitaria, a riprova dell’insostenibilità di una situazione considerata non più sostenibile. Si aggiunge alla richiesta Jordì Sole, dei Verdi, anch’egli critico di fronte al deterioramento a Gaza.Dai banchi de laSinistra i toni si fanno ancora più duri. Joao Pimenta Lopes accusa Israele di “genocidio a Gaza”, invitando l’Ue a ritirare appoggio e sostegno allo Stato ebraico. “La situazione è imbarazzante, e dovremmo smetterla di essere complici”. Il dibattito d’Aula sembra suggerire che, a prescindere da come finirà il confronto tra Israele e Hamas, lo Stato ebraico questo conflitto l’abbia già perso in termini di sostegno dell’opinione pubblica e di appoggio politico.