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    Gentiloni: “2024 bivio nei rapporti UE-Stati Uniti, le elezioni possono incidere sulle relazioni”

    Bruxelles – Il 2024 può produrre un vero e proprio terremoto politico. L’incertezza delle urne, su una sponda dell’Atlantico come sull’altra, può ridefinire gli assetti di Unione europea e Stati Uniti, e inevitabilmente le relazioni tra le due parti. Paoll Gentiloni ne è consapevole e non lo nasconde. Il commissario per l’Economia, nel suo discorso pronunciato all’università di Harvard, lo dice chiaramente: considerando l’appuntamento elettorale UE di inizio giugno e quello degli Stati Uniti di novembre, “l’esito di entrambe le elezioni potrebbe avere gravi conseguenze per le nostre politiche sul clima e le nostre politiche economiche su entrambe le sponde dell’Atlantico”.Da una parte c’è l’Unione europea. Gli interrogativi non mancano, ammette il componente italiano del team von der Leyen, soprattutto su impegni politici rimessi in discussione. “La campagna per le prossime elezioni europee sarà, in una certa misura, anche un referendum sul Green Deal“, come dimostrano le proteste del mondo agricolo e la solidarietà mostrata da certi schieramenti. Gli stessi che potrebbero rimettere tutto in discussione nel corso della prossima legislatura. “L’Europa si sta preparando per le elezioni europee che potrebbero produrre uno spostamento verso gli estremisti, soprattutto a destra, e vedere il centro schiacciato”. Con le ripercussioni del caso. Perché, avverte Gentiloni, “i populisti in tutta Europa sono ancora concentrati sull’immigrazione ma hanno trovato un nuovo grido di battaglia e ora stanno cavalcando un’onda anti-verde”.Dall’altra parte ci sono gli Stati Uniti. Qui la situazione non è molto diversa. Analogamente a dinamiche a dodici stelle, “possiamo aspettarci che la campagna per le prossime elezioni presidenziali americane si basi su due visioni opposte sui meriti della transizione verde“, continua il commissario per l’Economia, preoccupato per le scelte che gli elettori d’oltre oceano prenderanno a novembre. “Le elezioni di novembre sembrano destinate a rappresentare una rivincita tra il presidente Biden e l’ex presidente Trump, vicini di età ma molto distanti su quasi tutto il resto”.Le preoccupazione di Gentiloni sono le stesse dell’intero collegio dei commissari. A Bruxelles si è consapevoli delle possibili ricadute nei rapporti bilaterali in caso di un’affermazione del repubblica Donald Trump, e ci si prepara allo scenario peggiore, quello di un rinnovato braccio di ferro commerciale a colpi di dazi. Un’eventualità che rischia anche di colpire quel Green Deal tanto centrale e che nel Vecchio Continente non si intende rimettere in discussione. “Voglio essere chiarissimo”, scandisce Gentiloni: “Invertire la rotta del Green Deal europeo sarebbe estremamente miope, dal punto di vista ambientale, economico e geopolitico”.In sostanza, sintetizza Gentiloni, “il 2024 è davvero un bivio per l’Europa. Ma il 2024 sarà, ovviamente, un bivio anche per gli Stati Uniti”. Da questo bivio si determinerà il futuro dell’UE, delle sue politiche, e delle sue strategie. In gioco c’è molto, soprattutto la tenuta economica del blocco dei Ventisette: “Guardando al futuro, le sfide stanno diventando chiare: un rallentamento economico, con punti interrogativi che incombono sulla competitività dell’Europa“.

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    Una commissione indipendente indagherà sulle accuse all’Unrwa. Michel: “Non dimentichiamo il lavoro umanitario” a Gaza

    Bruxelles – L’Agenzia dell’Onu per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi (Unrwa) è sotto la lente d’ingrandimento, dopo le accuse da parte di Israele ad alcuni dei suoi dipendenti che avrebbero partecipato all’azione terroristica di Hamas del 7 ottobre. Sono già in corso un’indagine interna e una da parte del massimo organo investigativo delle Nazioni Unite (l’Oios). E dal 14 febbraio inizierà il suo scrutinio anche un gruppo indipendente nominato dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.La revisione sarà guidata da Catherine Colonna, ex ministro degli Esteri francese, che collaborerà con tre organizzazioni di ricerca: il Raoul Wallenberg Institute in Svezia, il Chr. Michelsen Institute in Norvegia e l’Istituto danese per i diritti umani. Il team dovrà valutare se l’Agenzia “sta facendo tutto ciò che è in suo potere per garantire la neutralità e per rispondere alle accuse di gravi violazioni”.

    IL Commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, e Josep Borrell (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)È stato lo stesso commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, a chiedere la nomina di una commissione indipendente per fugare ogni dubbio sull’integrità dell’Agenzia. L’equipe è chiamata a presentare un rapporto intermedio sulla scrivania di Guterres alla fine di marzo, mentre il rapporto finale dovrebbe essere redatto e reso pubblico entro la fine di aprile.Rapporto che l’Alto rappresentate Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, “attende con ansia”, come ha dichiarato in un post su X. Borrell ha messo in chiaro a più riprese che Bruxelles non ha intenzione di sospendere i finanziamenti all’Unrwa in seguito alle accuse di Tel Aviv, diversamente dalla scelta fatta già da 13 Paesi – Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Romania e Giappone – che rappresentano oltre il 50 per cento dei fondi dell’Unrwa. Alla luce di questi tagli, l’Agenzia ha già denunciato il rischio di non poter proseguire il proprio lavoro sul campo a Gaza dopo la fine di febbraio, se questi Paesi non sbloccheranno i propri finanziamenti. Intanto la Commissione europea ha richiesto all’Unrwa di “effettuare un audit dell’agenzia condotto da esperti esterni indipendenti nominati dall’Ue”, in modo da poter prendere eventuali decisioni su una partnership che prosegue da 50 anni.

    EP Plenary session – European Council and Commission statements – Conclusions of the special European Council meeting of 1 February 2024Sulla vicenda i governi dei 27 hanno preso posizioni differenti: al Consiglio europeo del 1 febbraio “diversi leader hanno menzionato, anzi denunciato, questo grave coinvolgimento di un certo numero di dipendenti dell’Unrwa”, ha ammesso il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, all’Eurocamera di Strasburgo. Michel ha dichiarato che “spetta a noi sostenere le indagini che sono state avviate sotto dalle Nazioni Unite in modo indipendente e in modo che venga fatta luce”, sottolineando tuttavia che “è anche nostro dovere non dimenticare che l’Unrwa ha 13 mila dipendenti che lavorano sul campo, svolgendo un lavoro umanitario estremamente vitale e prezioso”. Secondo i dati dell’Agenzia, circa 1,7 milioni di sfollati interni palestinesi stanno trovando riparo dai bombardamenti israeliani nei suoi rifugi di emergenza.Tel Aviv ha sostenuto, senza finora mostrare prove a corredo delle proprie accuse, che 12 dei 30 mila dipendenti regionali (13 mila ancora a Gaza) dell’agenzia fossero complice degli attacchi ai kibbutz ebraici in cui sono rimasti uccisi oltre 1.100 israeliani, in larga parte civili. Israele sostiene inoltre che in realtà una larga fetta degli operatori dell’Unrwa abbiano legami con Hamas. Il che è probabile oltre che banale, dal momento che Hamas governa il territorio dove l’Agenzia opera e che la maggior parte dei suoi dipendenti sono essi stessi profughi palestinesi. Le Nazioni Unite, nell’annunciare l’istituzione della commissione indipendente guidata da Catherine Colonna, ha evidenziato che “la cooperazione delle autorità israeliane, che hanno formulato queste accuse, sarà fondamentale per il successo dell’indagine“.

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    L’Ue guarda con preoccupazione agli sviluppi in Senegal e invita Macky Sall a indire elezioni “il prima possibile”

    Bruxelles – L’inizio di “un periodo di incertezza” in Senegal. La decisione del presidente Macky Sall di rinviare a tempo indeterminato le elezioni previste il prossimo 25 febbraio apre un pericoloso scenario in un Paese con una lunga tradizione di stabilità e democrazia. E l’Ue, che a causa di un susseguirsi di colpi di stato militari negli ultimi due anni ha già tagliato i ponti con Mali, Guinea, Burkina Faso e Niger, guarda con ansia agli sviluppi in uno dei pochi Paesi partner rimasti nella regione del Sahel.Da Bruxelles l’invito “a tutte le parti coinvolte a lavorare, in un clima di calma, per lo svolgimento di elezioni trasparenti, inclusive e credibili il prima possibile e nel rispetto dello Stato di diritto”, si legge in una nota diffusa dal Servizio Europeo di Azione Esterna (Seae). L’Ue condivide le preoccupazioni dell’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale, per le “circostanze che hanno portato al rinvio delle elezioni” e esorta Dakar ad “accelerare i vari processi al fine di fissare una nuova data per le elezioni”.Macky Sall, in carica dal 2012 e rieletto presidente del Senegal nel 2019, ha annunciato il rinvio dell’appuntamento elettorale sabato 3 febbraio in un discorso televisivo alla nazione, attribuendo la decisione a una controversia sulle liste dei candidati ammissibili alle elezioni. Sall, che è stato anche leader dell’Unione Africana tra il 2022 e il 2023, ha ribadito nel discorso la scelta di non ricandidarsi per un terzo mandato, senza però fornire indicazioni sulla data per le nuove elezioni. “Avvierò un dialogo aperto per ottenere le condizioni per elezioni libere, trasparenti e inclusive in un Senegal pacifico e riconciliato”, ha dichiarato.

    Una manifestazione per la liberazione di Ousmane Sonko a Parigi (Photo by Kiran RIDLEY / AFP)L’Ecowas si è “congratulato con il Presidente Macky Sall per aver mantenuto il suo impegno di non candidarsi per un altro mandato”. Ma il leader del partito centrista Alleanza per la Repubblica è accusato in patria di governare in modo sempre più autoritario: prima l’arresto e la condanna a due anni di carcere di Ousmane Sonko, leader del principale partito di opposizione (Pastef) poi – solo un mese fa – l’esclusione da parte del Consiglio costituzionale di alcuni importanti membri dell’opposizione dalle liste elettorali.

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    Borrell: “I finanziamenti all’UNRWA non vanno tagliati”

    Bruxelles – “Non vanno tagliati i finanziamenti all’Agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), perché se tagliamo i finanziamenti all’UNRWA colpiamo l’intero popolo palestinese”. Il capo della diplomazia UE, Josep Borrell, invita alla calma e al pragmatismo. L’eventualità che qualcuno, dall’interno dell’organismo delle Nazioni Unite, abbia potuto aiutare Hamas a colpire Israele il 7 ottobre scorso sono gravi e la Commissione non sottovaluta la cosa, ma l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza ricorda che cosa c’è in ballo.“Se si eliminano i finanziamenti non si possono aiutare i palestinesi”, aggravando una situazione che, dal punto di vista umanitario, preoccupa sempre più in Europa. “Dobbiamo continuare a lavorare con l’UNRWA“, scandisce Borrell al suo arrivo in Consiglio europeo per il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE. Invita a lasciare che l’inchiesta faccia il suo corso, senza per questo pregiudicare un lavoro che risulta indispensabile. E aggiunge che dal punto di vista europeo non si intende procedere alla linea intransigente. “L’Unione europea non ha deciso di sospendere i finanziamenti all’UNRWA“, mette in chiaro. Ci sono le verifiche del caso, come peraltro annunciato, che è cosa diversa.Borrell sa di poter contare sull’appoggio dei leader dell’UE. Uno di questi è il primo ministro irlandese, Leo Varadkar. “Serve un cessate il fuoco umanitario a Gaza”, scandisce anche lui prima di prendere parte ai lavori del vertice del Consiglio europeo. In questa ottica di cessate il fuoco umanitario l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi ha ancora un ruolo da poter svolgere. Su questo Borrel è categorico. “Non c’è alternativa all’UNRWA, come hanno detto chiaramente le Nazioni Unite, se si vuole mantenere in vita queste persone”.

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    Mar Rosso, l’obiettivo dell’Ue è lanciare la missione Aspides entro il 19 febbraio. Italia, Francia e Grecia candidate alla guida

    Bruxelles – La data cerchiata sul calendario è quella del 19 febbraio, in occasione del prossimo Consiglio Ue Affari Esteri. È il giorno indicato dall’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, per il lancio della missione navale europea che dovrà proteggere le navi mercantili dagli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso. “Bisogna fare in fretta”, ha avvisato Borrell, per scongiurare l’aggravarsi delle conseguenze sull’economia europea.
    Si chiamerà Aspides, che in greco antico significa scudo. Ed è pensata esattamente per fungere da scudo: sarà una missione “puramente difensiva”, ha sottolineato più volte Borrell a margine del vertice informale di oggi (31 gennaio) con i ministri della Difesa dei Paesi Ue. I 27 hanno trovato la quadra sulla missione: qualcuno non parteciperà, ma nessuno si opporrà al suo dispiego. E hanno trovato “l’intesa politica sui parametri principali dell’operazione“, che “saranno formalizzati” al più tardi il 19 febbraio. Un ulteriore passaggio politico avverrà a livello dei capi di stato e di governo dell’Ue: fonti europee hanno confermato che i 27 leader ne discuteranno al Consiglio europeo straordinario che si terrà domani a Bruxelles.
    Il nodo principale da sciogliere è quale Paese ne assumerà il comando e dove sarà situato il quartier generale. Hanno avanzato la propria candidatura Italia, Francia e Grecia. “Non è una gara, l’importante per noi è che questa missione parta, che sia congiunta, che venga coinvolto il maggior numero possibile di Paesi europei”, ha dichiarato il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, a margine dei lavori del Consiglio, ai microfoni di RaiNews24. Che in mattinata aveva esortato l’Ue a “prendere una posizione più concreta e meno burocratica, perché i tempi che viviamo richiedono velocità e pragmatismo”.
    Sette Paesi europei, che forniranno gli uomini e le tre navi chieste dal Servizio di Azione Esterna dell’Ue per avere l’impatto necessario nell’area. Anche se Borrell ha dichiarato che “metteremo in mare navi e mezzi proporzionali alla minaccia che affrontiamo”, lasciando aperta la porta a ulteriori modifiche. Il punto che resta ferma è che Aspides “non condurrà nessuna operazione via terra” sul suolo yemenita.
    Come a voler riaffermare l’indipendenza rispetto alla missione Prosperity Guardian, guidata dagli Stati Uniti, a cui partecipano anche alcuni Paesi europei. Ma con cui “chiaramente ci coordineremo”, ha precisato il capo della diplomazia europea.

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    L’Ue avvia una revisione dei fondi all’Unrwa, diversi Stati membri li hanno già sospesi. A rischio l’assistenza a Gaza

    Bruxelles – È cominciata la reazione a catena dopo le accuse mosse da Israele sul presunto coinvolgimento di 12 dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) nell’attacco terroristico di Hamas dello scorso 7 ottobre. Uno dopo l’altro, diversi governi hanno già annunciato la sospensione dei finanziamenti. L’Ue attende l’esito dell’indagine annunciata dall’Onu. E l’Unrwa fa sapere che così non sarà più in grado di garantire l’assistenza a Gaza oltre il mese di febbraio.Finora sono 13 i Paesi che si sono sfilati dagli impegni con l’Unrwa: Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Romania e Giappone. Più cauta invece l’Unione europea, la cui cooperazione con l’Agenzia dell’Onu per la Palestina risale addirittura al 1971. La Commissione europea – che nel 2023 ha mobilitato 92 milioni di euro per l’Unrwa – ha fatto sapere che “attualmente non sono previsti ulteriori finanziamenti fino alla fine di febbraio” e che riesaminerà la questione “alla luce dell’esito dell’indagine annunciata dall’Onu e delle azioni che intraprenderà”.Nel frattempo, Bruxelles ha richiesto all’Unrwa di “effettuare un audit dell’agenzia che sarà condotto da esperti esterni indipendenti nominati dall’Ue”. In sostanza – ha spiegato il portavoce capo dell’escutivo Ue, Eric Mamer -, quando la Commissione “lavora intensamente come fa con l’Unrwa”, esistono diversi meccanismi di controllo e la possibilità di chiedere un audit “in qualsiasi momento”. Non si tratta di un’indagine sull’accaduto, ma riguarda la “rivalutazione dei pilastri concentrandosi in particolare sui sistemi di controllo con cui l’Unrwa previene il possibile coinvolgimento del suo personale in attività terroristiche”.

    L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell (R) con il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Non si è fatta attendere nemmeno la risposta del Palazzo di vetro. L’Onu ha immediatamente lanciato un’indagine da parte dell’Office of Internal Oversight Services (OIOS), il massimo organo investigativo delle Nazioni Unite, anche se il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, aveva già annunciato l’avvio di un’indagine interna. Delle 12 persone implicate, nove sono state immediatamente identificate e licenziate, uno è stato confermato morto e le identità dei restanti due sono “in fase di chiarimento”.“Qualsiasi dipendente delle Nazioni Unite coinvolto in atti di terrorismo sarà ritenuto responsabile, anche attraverso procedimenti penali”, ha affermato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Riconoscendo le preoccupazioni dei paesi che hanno sospeso i fondi ed esprimendo il proprio orrore per le accuse, Guterres ha tuttavia lanciato un forte appello per garantire almeno la continuità delle operazioni dell’Unrwa. “I presunti atti ripugnanti di questi membri dello staff devono avere delle conseguenze. Ma le decine di migliaia di uomini e donne che lavorano per l’Unrwa, molti dei quali si trovano in alcune delle situazioni più pericolose per gli operatori umanitari, non dovrebbero essere penalizzate”, ha affermato. E con loro naturalmente la popolazione civile di Gaza, i cui “disperati bisogni devono essere soddisfatti”.Secondo i dati dell’Unrwa aggiornati al 27 gennaio, circa 1,7 milioni di sfollati interni stanno trovando riparo nei rifugi di emergenza dell’Agenzia. Delle 21.881 tonnellate metriche di farine distribuite dal 21 ottobre alla popolazione, più della metà (12.987) provenivano dall’Unrwa. Che nello stesso periodo ha consegnato a Gaza medicinali e forniture mediche per un valore totale di oltre 6,2 milioni di dollari, quasi 19 milioni di litri d’acqua, 2,7 milioni di unità di biscotti e biscotti ad alto contenuto energetico, quasi 4,7 milioni di scatole di cibo a base di proteine, oltre 6,5 milioni di unità di prodotti caseari e altri alimenti, tra cui datteri, dolci e succhi di frutta. E quasi 100.000 materassi, 80.000 kit per l’igiene familiare, oltre 3,1 milioni di pannolini, circa 144.000 coperte e oltre 1,9 milioni di articoli per la pulizia.

    Membri dell’Unrwa distribuiscono farina a Gaza (Photo by SAID KHATIB / AFP)Ma l’Agenzia ha dichiarato che non sarà in grado di continuare le operazioni a Gaza e in tutta la regione oltre la fine di febbraio, se non riprenderanno i finanziamenti a suo favore. Anche se l’Ue ha già affermato che “gli aiuti umanitari ai palestinesi di Gaza e della Cisgiordania continueranno senza sosta attraverso altre organizzazioni partner”, è difficile immaginare di poter rimpiazzare il lavoro degli oltre 13 mila dipendenti dell’Unrwa residenti a Gaza, in gran parte essi stessi profughi palestinesi.Tutto questo a pochi giorni dal pronunciamento della Corte di giustizia internazionale, che ha chiesto a Israele che vengano consentite “senza indugi” la fornitura di servizi di base e di assistenza umanitaria “urgentemente necessari per alleviare le difficili condizioni di vita a cui sono sottoposti i palestinesi della Striscia di Gaza”. E che, per le accuse mosse allo 0,09 per cento dell’Unrwa, rischia ora tragicamente di interrompersi.

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    La Commissione Ue punta a firmare un partenariato strategico con l’Egitto entro febbraio

    Bruxelles – Stiamo entrando in un “periodo d’oro” delle relazioni tra l’Ue e l’Egitto. In occasione del ventesimo anniversario dall’Accordo di associazione tra Bruxelles e il Cairo, il commissario europeo per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, ha annunciato che “spera di ottenere entro il mese prossimo tutti i via libera dagli Stati membri e di arrivare alla firma” di un nuovo partenariato strategico.Il gabinetto von der Leyen è al lavoro già da tempo per replicare il modello di accordo applicato a luglio con la Tunisia in altri Paesi della regione. E ora sembra in dirittura d’arrivo il Memorandum d’Intesa ricamato sull’Accordo di associazione che lega l’Ue e l’Egitto dal 2004 e sulle priorità del partenariato firmate due anni fa. “Sono lieto che la nostra cooperazione abbia acquisito intensità e qualità”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, nella conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry.

    Da destra: il commissario Ue per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, e il ministro degli Esteri egiziano, Sameh ShoukryIl partenariato con l’Egitto si baserà su sei pilastri di “interesse reciproco”: relazioni politiche, stabilità economica, investimenti e commercio, migrazione e mobilità, sicurezza e demografia e “altri settori a cui stiamo lavorando”, ha spiegato Várhelyi. Già oggi Borrell e Shoukry hanno firmato un accordo che consentirà all’Egitto di partecipare ad alcuni programmi europei aperti a Paesi terzi, come Horizon Europe.A sostegno dell’idea che i tempi sono maturi per “elevare a partnership globale e strategica” la cooperazione con il Cairo, Várhelyi ha citato il “successo” del piano economico e di investimento per l’Egitto, che prevede la mobilitazione di 9 miliardi di euro in investimenti nei settori alimentare, idrico ed energetico, nel periodo 2021-2027. “Siamo orgogliosi di aver già mobilitato 5,8 miliardi di euro“, ha esultato il commissario ungherese. E poi la presenza sempre più importante delle aziende europee in Egitto, che forniscono “una parte significativa del motore dell’economia egiziana”. E il dato sugli scambi commerciali: l’Ue è il primo partner commerciale del Cairo, copre il 27 per cento di tutti gli scambi dell’Egitto.Se il Memorandum con la Tunisia ruota maggiormente intorno alla gestione delle frontiere e alla cooperazione in materia migratoria, per l’Egitto – un Paese che già ospita sul suo territorio oltre 9 milioni di migranti – le sfide e le opportunità sono differenti. Da un lato, come spiegato da Borrell, l’Ue si impegnerà a “sostenere lo sviluppo economico e sociale, accompagnare l’agenda di riforme dell’Egitto, dall’economia ai diritti umani, e attrarre investimenti cruciali” nel Paese. Dall’altro, Bruxelles è particolarmente interessata all’enorme bacino energetico del Paese nordafricano. “L’Egitto può diventare non solo un fornitore affidabile di gas, ma anche una fonte affidabile di energia rinnovabile. Il potenziale dell’Egitto in termini di elettricità verde è difficile da eguagliare”, ha dichiarato Varhelyi, a margine del confronto con Borrell e Shoukry.Ue e Egitto ribadiscono il sostegno alla Soluzione dei due Stati in Israele e PalestinaNell’agenda del decimo Consiglio di Associazione c’era anche la crisi in corso in Medio Oriente. L’Ue e l’Egitto hanno condiviso la loro preoccupazione per la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, sollecitando “la massima moderazione e la protezione dei civili in conformità con i principi universali del diritto internazionale umanitario”.Borrell ha voluto sottolineare “il ruolo cruciale giocato dall’Egitto nel garantire assistenza alla popolazione palestinese e nel negoziare le pause umanitarie e il rilascio degli ostaggi”. I due partner hanno affermato il loro fermo rifiuto di qualsiasi forma di sfollamento individuale o collettivo, forzato o meno, di palestinesi da qualsiasi parte dei territori occupati. Compresa la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.Ancora distanti sulla necessità di fermare le ostilità: l’Egitto chiede un cessate il fuoco immediato, mentre l’Ue ha sottolineato l’urgenza di pause umanitarie. Ma Bruxelles e il Cairo condividono la necessità di rilanciare la soluzione dei due Stati. “L’unica via verso una soluzione giusta, duratura e globale del conflitto in Medio Oriente è la soluzione dei due Stati che ponga fine all’occupazione e conduca alla creazione di uno Stato palestinese indipendente, contiguo, sovrano“, si legge nella dichiarazione congiunta pubblicata a margine dell’incontro.

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    Tunisia, la Commissione Ue rassicura sull’applicazione del Memorandum: “In caso di violazioni dei diritti bloccheremo i fondi”

    Bruxelles – Per la Commissione europea il Memorandum d’Intesa con la Tunisia “funziona benissimo”. Parola di chi quell’accordo l’ha firmato, il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e della responsabile Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson. Che, interrogata dagli eurodeputati della commissione Libertà civili (Libe), ha rassicurato i più critici: “I nostri progetti hanno tolleranza zero verso le violazioni i diritti fondamentali”.I dati sugli sbarchi in Italia che arrivano dal Viminale danno per ora manforte all’esecutivo Ue, anche se la stessa Johansson ha ammesso che le cifre degli ultimi mesi “sono dovute anche alle condizioni meteorologiche”. Dallo scorso autunno infatti, i numeri degli arrivi di persone migranti sulle coste italiane sono costantemente più bassi di quelli dell’anno precedente: 10.277 a ottobre 2023 (erano 13.492 nel 2022), 8.317 a novembre (9.061 nel 2022), 5.237 a dicembre (10.788 nel 2022). E anche nel nuovo anno la tendenza sembrerebbe confermata: per ora nel 2024 il Ministero degli Interni italiano ha registrato 1.298 arrivi, contro i 3.035 dell’intero gennaio 2023.

    La commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva JohanssonSecondo la commissaria, dall’inizio di ottobre le partenze dalla Tunisia sarebbero diminuite addirittura dell’80-90 per cento. E – dalla firma del Memorandum avvenuta il 16 luglio – le autorità tunisine avrebbero arrestato 750 trafficanti di esseri umani e scafisti. “È estremamente importante prevenire queste pericolose partenze”, ha dichiarato Johansson. Dai dati raccolti dal Migrants Missing Project, sulla rotta del Mediterraneo centrale sarebbero morti e dispersi almeno 2498 migranti nel 2023. Di questi, dopo il picco di giugno in cui le vittime sono state 729, solo 665 nella seconda metà dell’anno. E 75 a gennaio 2024.La Commissione Ue respinge le accuse di violazioni dei diritti umani in TunisiaSe – con lo zampino delle cattive condizioni meteo – l’intensificazione dell’attività delle autorità tunisine ha effettivamente portato a un migliore controllo delle coste, questo non significa automaticamente che il Memorandum Ue-Tunisia sia vincente. All’audizione in Commissione Libe ha partecipato anche Hussein Baoumi, responsabile nella regione per Amnesty International: Baoumi ha denunciato le “continue espulsioni di massa” portate avanti dal governo di Kais Saied, che avvengono “sempre con lo stesso schema”. Quello già ampiamente documentato la scorsa estate, quando centinaia di migranti sub-sahariani erano stati caricati su pullman che da Sfax – principale località di partenza per l’Europa – li avevano abbandonati nel deserto al confine con la Libia.Inoltre, ha avvertito Amnesty International, “la polizia tunisina è estremamente corrotta” e “prende soldi anche da chi lavora con i trafficanti”. Ma Johansson non ne ha voluto sapere, la diminuzione delle partenze non è legata alle deportazioni nel deserto, ma al fatto che la guardia costiera e la polizia tunisine stiano combattendo i trafficanti. E per quel che riguarda le condizioni delle persone migranti che rimangono bloccate sulle coste del Paese nordafricano, “la Tunisia è sempre di più un Paese di transito e non è attrezzata per gestire la situazione, ci vuole tempo per costruire le capacità”, ha spiegato la commissaria.Secondo i dati citati da Johansson, in Tunisia c’è stato un aumento del 600 per cento dei richiedenti asilo negli ultimi anni. E l’Ue, nell’ambito del Memorandum d’intesa e attraverso la cooperazione con l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (Oim) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), sta cercando di rafforzare un sistema di asilo che non è mai esistito. La Commissione europea rispedisce al mittente le accuse di finanziare progetti che violano i diritti umani in Tunisia. “I fondi Ue per la Tunisia collegati alla migrazione non vanno ‘ad amici di amici’, vanno a organizzazioni internazionali”, ha dichiarato Johansson. L’Oim, l’Unhcr, la Croce rossa tunisina. “C’è controllo e valutazione su come vengono utilizzati e sono pronta a esplorare ulteriori meccanismi di monitoraggio per far sì che che i nostri fondi non siano usati da chi viola diritti umani“, ha promesso.Nonostante ci siano ancora numerose criticità sull’implementazione dei 5 pilastri del Memorandum con la Tunisia – che inserisce il capitolo gestione delle migrazioni in una “partnership comprensiva globale” – Johansson ha confermato che l’Ue è “vicina a un accordo su una dichiarazione congiunta con l’Egitto“, anticamera di un nuovo Memorandum d’Intesa sul modello di quello con la Tunisia. Un memorandum che dovrà rispondere ad altre sfide, perché l’Egitto “non è proprio un Paese di transito”. Proprio no, in Egitto ci sono oggi oltre 9 milioni di persone migranti.