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    Ue e Sudafrica firmeranno un partenariato su materie prime ed energia pulita

    Bruxelles – Complice forse il via alla guerra commerciale con Washington – oltre al taglio netto dei rapporti con la Russia maturato negli ultimi tre anni -, l’Unione europea continua a puntellare nuovi accordi con i suoi partner in giro per il mondo. Oggi (13 marzo), in occasione dell’ottavo summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, i vertici delle istituzioni europee e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa hanno avviato i colloqui per un accordo tutto nuovo: il primo “Partenariato per il commercio e gli investimenti puliti”.Bruxelles e Johannesburg scambiano già merci per circa 50 miliardi di euro all’anno, e “il 98 per cento è già senza dazi”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Per accompagnare questo “nuovo capitolo” delle relazioni con il Sudafrica, la leader Ue ha annunciato inoltre che l‘Ue mobiliterà attraverso Global Gateway un pacchetto di investimenti del valore di 4,7 miliardi di euro, di cui la maggior parte – circa 4,4 miliardi – sarà investita in progetti a sostegno di una “transizione energetica pulita e giusta” nel Paese dell’estremo sud. Altri 700 milioni di euro finanzieranno il potenziamento della produzione di vaccini in Sudafrica nell’ottica di raggiungere l’obiettivo, ribadito nella dichiarazione congiunta a margine del vertice, che l’Unione Africana produca in Africa oltre il 60 per cento dei vaccini necessari per la popolazione.António Costa, Cyril Ramaphosa, Ursula von der Leyen al summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, 13/03/2025L’accordo sulle ‘clean tech’ invece è ancora tutto da scrivere, ma si concentrerà su investimenti, transizione verso l’energia pulita, competenze e tecnologia, nonché sullo sviluppo di industrie strategiche lungo l’intera catena di approvvigionamento. Senza dimenticare la cooperazione sulle materie prime critiche. “Siamo qui per investire lungo l’intera catena del valore, dall’esplorazione al riciclaggio. E vogliamo lavorare insieme sull’industria chiave del futuro. Ho menzionato l’idrogeno verde, ma anche, naturalmente, i veicoli elettrici e la produzione di batterie”, ha elencato la leader Ue.“La motivazione è semplice – ha spiegato von der Leyen intervenendo al summit -, l’economia sudafricana sta crescendo in dimensioni e complessità e voi avete l’ambizione di creare più valore aggiunto qui nel Paese”. Un accordo reciprocamente vantaggioso, con l’Unione europea che vuole spingere e sfruttare il potenziale del Sudafrica per “diventare un leader globale” nella produzione di energia pulita, “dal vento al sole”, ma anche di “materie prime fondamentali per gli elettrolizzatori, tra cui il 91 per cento delle riserve mondiali di metalli del gruppo del platino”, ha evidenziato von der Leyen.Il piano sarebbe firmare un memorandum d’Intesa in vista dell’accordo già a margine del G20 sudafricano, nel prossimo novembre. Dal G20 al G20: come sottolineato dalla Commissione europea, l’accordo va letto nel contesto della campagna Scaling up Renewables in Africa, lanciata da von der Leyen e Ramaphosa a margine del vertice del G20 di Rio pochi mesi fa.A Città del Capo è presente anche Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, che ha insistito sulla cooperazione regionale e sulla difesa del multilateralismo: “In questi tempi turbolenti partnership fidate sono più importanti che mai”, ha dichiarato Costa, assicurando che “l’Unione europea è e rimarrà un partner forte e fidato per il Sud Africa”. Secondo il leader Ue, Bruxelles e Johannesburg condividono l’impegno per “istituzioni multilaterali forti e un ordine globale basato sulle regole”. Nella dichiarazione finale del vertice, i due partner hanno “convenuto che, guidati da questi principi, sosteniamo una pace giusta, globale e duratura in Ucraina, nei Territori palestinesi occupati, in Sudan, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e in altre grandi guerre e conflitti in tutto il mondo”.

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    L’Ue sta scommettendo (al buio) sulla nuova leadership in Siria

    Bruxelles – L’Unione europea ha scelto di credere che una nuova Siria inclusiva e democratica possa rinascere dalle ceneri della sanguinaria dittatura di Assad e oltre un decennio di guerra civile. Ha cominciato a smantellare il durissimo regime di sanzioni in vigore contro Damasco, nonostante il suo nuovo leader, Ahmed al-Sharaa, fosse a capo di una milizia islamista riconosciuta come organizzazione terroristica dall’Onu, da Washington e dalla stessa Bruxelles. Ora, a pochi giorni dai massacri consumati nell’ovest del Paese fedele ad Assad, l’Ue si prepara ad ospitare la nona conferenza per il sostegno alla Siria. “C’è speranza, ma le sfide sono immense”, ammette un alto funzionario europeo.In effetti, dopo una prima fase di grande entusiasmo per il crollo del regime di Bashar al-Assad, gli ultimi giorni hanno dimostrato che la nuova leadership non è certo priva di contraddizioni. Venerdì scorso, nella regione a maggioranza alawita rimasta fedele al deposto presidente, nel nord-ovest del Paese, sono scoppiati dei feroci scontri tra le milizie pro-Assad e le forze governative. I combattimenti e le esecuzioni di massa di civili hanno causato quasi 1.500 morti in una settimana. Secondo l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani, almeno 973 civili, in maggioranza alawiti, sono stati uccisi “in esecuzioni sommarie e operazioni di pulizia etnica“.Forze di sicurezza governative a Qardaha, villaggio d’origine della famiglia Assad, nella provincia occidentale di Latakia, 10/03/2025. (Photo by Abdulwajed HAJ ESTEIFI / AFP)Il presidente ad interim al-Sharaa si è impegnato “a perseguire i responsabili delle uccisioni di civili”. Ed oggi, al palazzo presidenziale di Damasco, ha firmato la dichiarazione costituzionale che sarà applicata durante il lungo periodo di transizione di cinque anni, al termine del quale la nuova leadership si è impegnata a indire elezioni e redigere una nuova Costituzione. Firmando il documento, al-Sharaa si è augurato che segni l’inizio di “una nuova storia per la Siria, dove sostituiamo l’oppressione con la giustizia”.Segnali contrastanti, di violenze e aperture democratiche. Come l’accordo raggiunto con i curdi delle Forze democratiche siriane (SDF) – che hanno deposto le armi per integrarsi nelle forze di sicurezza governative -, del quale però non si conoscono ancora le conseguenze sui territori amministrati autonomamente dai curdi nel nord-est del Paese. “Sappiamo tutti, e lo sapevamo fin dall’inizio, che la situazione è davvero fragile. Le atrocità dello scorso fine settimana hanno lanciato un forte allarme”, ha ammesso un alto funzionario dell’Ue. Ma per una serie di motivi – geopolitici, economici e non ultimo legati al rimpatrio dei rifugiati siriani – l’Unione europea ha scelto finora di accettare le contraddizioni e di esporsi nel sostegno ad al-Sahraa. La commissaria Ue per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, ha incontrato il leader siriano a Damasco lo scorso 17 gennaio.La commissaria Ue per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, e Ahmed al-Sahraa a Damasco, 17/01/25In un comunicato a nome dell’Ue, l’Alta rappresentante per gli Affari esteri Kaja Kallas ha condannato “con la massima fermezza” gli attacchi delle milizie pro-Assad contro le forze di sicurezza e “gli orribili crimini commessi contro i civili, incluse le esecuzioni sommarie, molte delle quali presumibilmente perpetrate da gruppi armati che sostengono le forze di sicurezza delle autorità di transizione”. Kallas ha quindi “accolto con favore” l’impegno di al-Sahraa ad avviare un’indagine, chiedendo che sia “rapida, trasparente e imparziale”. Il capo della diplomazia Ue ha sottolineato l’importanza dell’accordo con i curdi delle SDF e l’avvio del dialogo nazionale, “determinante per garantire che la transizione soddisfi le aspirazioni di tutte le componenti della società siriana”.Lo scorso 24 febbraio i Paesi membri hanno deciso di sospendere le sanzioni contro la Siria in alcuni settori chiave, come energia, trasporti e banche. Una sospensione “graduale e reversibile”, ha ricordato Kallas, chiarendo al contempo che “l’Ue continuerà a esaminare possibili ulteriori sospensioni delle sanzioni sulla base di un attento monitoraggio della situazione nel paese”. Fonti Ue hanno ammesso che è “ancora troppo presto” per dire se lo stop alle sanzioni abbia già fatto una qualche differenza in termini di vitalità economica. “C’è chiaramente interesse” di aziende europee, turche e dei Paesi arabi ad esempio nel settore edile, ma finché la Siria non sarà riammessa al sistema di pagamenti internazionali SWIFT rimarrà “praticamente impossibile fare un pagamento”.L’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas A Ryiad per colloqui sul futuro della Siria (Ph: Account X Kaja Kallas]Anche gli eurodeputati si sono uniti all’appello per “cogliere questa opportunità storica per sostenere una transizione politica guidata dalla Siria al fine di unire e ricostruire il paese”, incoraggiando l’Ue e gli Stati membri, in una risoluzione approvata ieri a larghissima maggioranza a Strasburgo, ad aiutare le autorità siriane nella ricostruzione del paese. L’Eurocamera ha suggerito di valutare la possibilità di utilizzare i beni congelati del regime di Assad sul territorio dell’Ue per finanziare la ricostruzione, la riabilitazione e il risarcimento delle vittime.È in questo contesto che si terrà lunedì 17 marzo a Bruxelles la nona Conferenza sulla Siria, anticipata di qualche mese rispetto al solito proprio per l’urgenza di dare delle basi solide alla nuova Siria prima che risprofondi nel caos. L’obiettivo è “mobilitare il sostegno internazionale per una transizione pacifica e inclusiva e generare impegni per l’assistenza umanitaria e non”. Dalla Conferenza dello scorso anno, erano stati raccolti impegni per 7,5 miliardi di euro, di cui la metà – 3,8 miliardi – dall’Ue e dai Paesi membri. Quest’anno, confermano fonti Ue, sarà presente anche il ministro degli Esteri del governo di transizione di Damasco.Ora che si parla di ricostruzione, ne servono di più. Stiamo parlando di un Paese che è stato tagliato fuori da tutto per quasi 15 anni, in cui il tasso di distruzione è enorme, la disoccupazione si aggira intorno all’80 per cento, le infrastrutture energetiche e l’approvvigionamento idrico sono scarsissime. Un problema è che – afferma un alto funzionario Ue – il sistema di aiuti umanitari si è basato fino ad oggi “su due pilastri”: da un lato l’Ue e i Paesi membri, dall’altro gli Stati Uniti. E quest’ultimo, dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca, “è stato tagliato molto, se non sospeso”. Le stesse fonti fanno sapere che Marco Rubio, segretario di Stato americano, non parteciperà alla Conferenza, ma Washington dovrebbe essere rappresentata dal sottosegretario di Stato per la regione.

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    Dazi, l’Ue non cede: “Preparati a qualunque cosa possa accadere”

    Bruxelles – Nessun ripensamento, nessun cedimento. Sulla questione dazi l’Ue tira dritto, e non ha paura di ingaggiare una guerra commerciale aperta. Perché, spiega il portavoce della Commissione europea responsabile per le questioni di commercio, Olof Gill, le minacce del presidente statunitense Donald Trump di imporre sanzioni ulteriori all’Europa in caso di mancata sospensione dei controdazi a dodici stelle non spaventa: “Siamo preparati per qualunque cosa possa accadere, e lo siamo da oltre un anno“.L’Unione europea offre la possibilità di una soluzione condivisa, a patto che i passi indietro si facciano. “Esortiamo gli Stati Uniti a revocare immediatamente i dazi decretati e avviare negoziati per evitare nuove tariffe in futuro“, l’invito di Gill a nome della Commissione europea per l’amministrazione Trump. La linea del team von der Leyen non cambia: si ritiene che la guerra dei dazi “sia una soluzione in cui perdono tutti”, viceversa “noi vogliamo focalizzare l’attenzione sulle formule mutualmente vantaggiose”, vale a dire soluzioni negoziate.Da Bruxelles arrivano anche le critiche per Trump e la sua narrativa considerata prossima alle fake news. “L’Ue non è parte del problema” quando si parla di acciaio, continua il portavoce. “Sostenere che l’Ue è parte del problema è fuorviante“, in quanto “il problema è la sovra-capacità globale, e l’Unione europea può lavorare con gli Stati Uniti per trovare una soluzione”. In questo dibattito tramutatosi in confronto muscolare l’Ue, conclude Gill, “siamo impegnati con il settore siderurgico” europeo.Ad ogni modo, l’Ue non intende retrocedere: “Siamo preparate alle potenziali conseguenze delle decisioni deplorevoli adottate dagli Stati Uniti”. La Commissione è dunque pronta allo scontro commerciale con l’amministrazione Trump.

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    Trump è ottimista sulla tregua in Ucraina. Ma tutti aspettano Putin (che non sembra convinto)

    Bruxelles – All’indomani dei colloqui in Arabia Saudita tra Kiev e Washington, il mondo rimane col fiato sospeso in attesa di una risposta della Russia. Per ora Vladimir Putin non si è sbilanciato, anche se Donald Trump si dice ottimista. Una delegazione statunitense dovrebbe raggiungere Mosca nelle prossime ore per presentare al capo del Cremlino la proposta di tregua elaborata a Gedda. Ma in realtà, alla Federazione non conviene interrompere i combattimenti.L’accordo tra le delegazioni ucraina e statunitense su una tregua di 30 giorni, raggiunto nella tarda serata di ieri (11 marzo) a Gedda, sulla sponda saudita del Mar Rosso, ha rappresentato una svolta importante nella complessa partita politica per giungere alla fine del conflitto che infuria da oltre tre anni nell’ex repubblica sovietica. Si potrebbe dire che il vero cessate il fuoco è stato quello tra Kiev e Washington dopo settimane in cui la tensione era salita alle stelle. E infatti: l’accordo sulle materie prime critiche ucraine dovrebbe venire stipulato “il prima possibile” e stamattina sono ripresi i trasferimenti degli armamenti statunitensi attraverso la Polonia.Le delegazioni di Usa (sinistra) e Ucraina (destra) si incontrano a Gedda per esplorare le condizioni per un cessate il fuoco alla presenza dei mediatori sauditi (centro), l’11 marzo 2025 (foto: Saul Loeb/Afp)Stavolta, l’ennesima fuga in avanti di Donald Trump ha messo Vladimir Putin, e non più Volodymyr Zelensky, di fronte al fatto compiuto. Secondo diversi osservatori, il presidente statunitense si è preso una buone dose di rischio chiamando il bluff dell’omologo russo, che sarebbe ora rimasto allo scoperto. “La palla è nel campo della Russia“, ha ripetuto in più occasioni tra ieri e oggi Marco Rubio, il capo della diplomazia a stelle e strisce.“Se ci diranno di no, questo ci dirà molto su quali sono i loro obiettivi e la loro mentalità“, ha dichiarato Rubio nel pomeriggio, aggiungendo che un qualche tipo di deterrente per mettere al riparo l’Ucraina da future aggressioni “dovrà essere parte della conversazione” e che in tale conversazione ci sarà “probabilmente” un ruolo anche per le cancellerie europee.Parlando ai cronisti dalla Casa Bianca poco più tardi, il tycoon newyorkese si è mostrato ottimista, sostenendo di aver ricevuto “segnali positivi” dalla controparte russa. “Speriamo di poter ottenere un cessate il fuoco”, ha dichiarato, annunciando che una delegazione statunitense sta viaggiando verso Mosca proprio in queste ore. Anche se non è stato menzionato direttamente, è verosimile che della squadra di contatto faccia parte anche Steve Witkoff, l’inviato speciale di Trump per il Medio Oriente già artefice del cessate il fuoco tra Israele e Hamas e probabile architetto anche di quello tra Russia e Ucraina.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Ma per il momento dalla Federazione quasi nessuno si sbottona. Fonti vicine al Cremlino fanno trapelare che il presidente russo trova “difficile da accettare” il cessate il fuoco nella sua forma attuale. Secondo il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, la Russia sta “studiando attentamente” la proposta elaborata a Gedda e non ci saranno commenti ufficiali prima che i funzionari statunitensi abbiano informato i loro omologhi russi. Sempre stamattina, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha reiterato l’opposizione di Mosca alla presenza di truppe Nato in Ucraina.La verità è che alla Russia non conviene interrompere i combattimenti in questa fase. Sul campo sta raccogliendo i frutti di una rapida avanzata nell’oblast’ di Kursk, dove gli ucraini erano penetrati lo scorso agosto. Al contrario, le forze armate di Kiev avrebbero tutto da guadagnare da una pausa delle ostilità, dopo mesi in cui non riescono a riprendere l’iniziativa.Dal canto suo, Zelensky ha detto di sperare in “passi forti” da parte dei suoi alleati occidentali contro la Russia, nel caso in cui Mosca rifiuti la proposta di cessate il fuoco. Il leader ucraino ha elogiato i “risultati molto positivi” ottenuti durante i colloqui con gli Stati Uniti e ha ribadito che Kiev “ha sempre voluto che la guerra finisse”, promettendo il suo sostegno al piano messo sul tavolo a Gedda. Ora Washington, dice, dovrà coordinarsi con gli europei per “obbligare la Russia a porre fine” al conflitto.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Roman Pilipey/Afp)Ha anche aggiunto che, durante i 30 giorni di tregua, andrà affrontata la questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Riguardo ad eventuali cessioni territoriali, ha ribadito che “non riconosceremo alcun territorio occupato dai russi“, sostenendo che si tratta della “linea rossa più importante” per Kiev. La speranza di Zelensky è evidentemente ancora quella di poter riottenere i territori de facto occupati dal nemico per via diplomatica, obiettivo per il quale non può consentire al loro riconoscimento de jure come parte della Federazione.

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    L’Eurocamera riafferma il sostegno a Kiev (e striglia Washington)

    Bruxelles – Il Parlamento europeo conferma il proprio sostegno all’Ucraina aggredita. All’indomani dell’accordo raggiunto tra Kiev e Washington sui termini di un potenziale cessate il fuoco, da Strasburgo arriva l’ennesima, convinta presa di posizione degli eurodeputati. Che, al netto delle defezioni (prevedibili) degli italiani, ripetono la necessità di pervenire ad una “pace giusta e duratura” al conflitto in corso.La risoluzione non vincolante approvata oggi (12 marzo) dall’Eurocamera, riunita in plenaria a Strasburgo, ribadisce che l’Ue deve continuare a rimanere al fianco dell’ex repubblica sovietica, impegnata da tre anni nella resistenza all’invasione russa. Bruxelles è chiamata a fornire all’Ucraina solide garanzie di sicurezza e, insieme agli Stati membri, deve “aumentare in modo significativo la necessaria assistenza” a Kiev.I deputati sottolineano che la leadership ucraina non va spinta ad accettare una “resa” e che i Ventisette devono prendere parte alla definizione della nuova architettura della sicurezza continentale, sostenendo parallelamente la creazione di una “coalizione dei volenterosi” sotto l’egida franco-britannica per inviare in Ucraina una forza d’interposizione.E non hanno risparmiato frecciate alla Casa Bianca di Donald Trump, criticando Washington per l’approccio eccessivamente morbido adottato nei confronti di Mosca – contro la quale i parlamentari chiedono sanzioni più stringenti nonché la confisca dei beni congelati per ripagare la ricostruzione ucraina – e per le “pressioni” sugli alleati europei ed ucraini. Infine, l’emiciclo ha chiesto di accelerare sul processo di adesione di Kiev al club a dodici stelle.Il co-capogruppo dell’Ecr, Nicola Procaccini (foto: Philippe Stirnweiss/European Parliament)Il meloniano Nicola Procaccini, co-capogruppo dei Conservatori (Ecr), aveva provato a rimandare la votazione sostenendo che una presa di posizione forte dell’Aula rischierebbe di compromettere la delicata discussione in corso tra Stati Uniti e Russia sulle condizioni del cessate il fuoco che sono state concordate ieri a Gedda – in merito alle quali il Cremlino deve ancora esprimersi ufficialmente – gettando una luce negativa sugli sforzi dell’amministrazione a stelle e strisce.Ma l’emiciclo ha bocciato la sua richiesta, e dunque la risoluzione comune presentata da Ppe, S&D, Ecr, Renew e Verdi (che faceva seguito ad un dibattito dello scorso febbraio) è passata con 442 voti favorevoli, 98 contrari e 126 astensioni.Tra gli italiani, le fratture si sono registrate soprattutto nel Pd (il capodelegazione Nicola Zingaretti ha votato in dissenso, Cecilia Strada e Marco Tarquinio si sono astenuti e i restanti 18 hanno sostenuto il testo), mentre Fi ha dato un “sì” convinto, FdI si è astenuta (a parte Sergio Berlato, che ha votato contro) e, infine, Lega, M5s e Avs hanno votato compattamente contro alla risoluzione (dei quattro Verdi, solo Ignazio Marino ha votato a favore, laddove per Sinistra italiana c’era solo Mimmo Lucano, che ha votato “no”).Un aggiornamento al testo per includere un riferimento ai colloqui di ieri è comunque stato approvato dai deputati, con un emendamento orale (presentato dal popolare tedesco Michael Gahler) secondo cui il Parlamento “accoglie con favore la dichiarazione congiunta dell’Ucraina e degli Stati Uniti a seguito del loro incontro” in Arabia Saudita e “ricorda che un cessate il fuoco può essere uno strumento efficace di sospensione delle ostilità solo se l’aggressore vi aderisce pienamente“, auspicando pertanto “che la Russia lo accetti e lo segua cessando tutti gli attacchi alla popolazione civile, alle infrastrutture e al territorio ucraini”.

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    Ucraina e Stati Uniti concordano le condizioni per un cessate il fuoco

    Bruxelles – AGGIORNAMENTO : Ucraina e Stati Uniti ci riprovano e ci riescono. Le delegazioni di Kiev e Washington, incontratesi a Gedda, in Arabia Saudita, hanno raggiunto un accordo preliminare sulle condizioni per raggiungere un cessate il fuoco con la Russia. L’Ucraina ha accettato la proposta statunitense per una tregua immediata della durata di 30 giorni, mentre la Casa Bianca ha annunciato la revoca dello stop agli aiuti militari verso il Paese aggredito. Attesa a breve anche la stipula dell’accordo sulle materie prime critiche ucraine. Secondo il segretario di Stato Usa Marco Rubio, “ora la palla è nel campo” di Mosca.Secondo quanto si legge in una dichiarazione congiunta delle delegazioni statunitense e ucraina, Kiev e Washington hanno “compiuto passi importanti verso il ripristino di una pace duratura” nell’ex repubblica sovietica. “L’Ucraina si è dichiarata pronta ad accettare la proposta statunitense di un cessate il fuoco immediato e provvisorio di 30 giorni, che può essere prorogato di comune accordo tra le parti e che è soggetto all’accettazione e alla contemporanea attuazione da parte della Federazione Russa”, si legge ancora nella nota.“Gli Stati Uniti comunicheranno alla Russia che la reciprocità russa è la chiave per raggiungere la pace“, prosegue il comunicato, mentre il capo della diplomazia a stelle e strisce Marco Rubio ha dichiarato: “Spero che (i russi, ndr) dicano di sì. Se lo faranno, credo che avremo fatto grandi progressi. Se invece diranno di no, allora sapremo purtroppo qual è l’ostacolo alla pace”. A seguito dell’accordo raggiunto a Gedda, la Casa Bianca ha annunciato che “rimuoverà immediatamente la pausa sulla condivisione dell’intelligence e riprenderà l’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina“.All’indomani del più grosso attacco di droni (oltre una novantina) mai compiuto in tre anni dall’esercito di Kiev che ha fatto almeno tre morti nella capitale della Federazione, i team negoziali di Ucraina e Stati Uniti si sono incontrati oggi (11 marzo) a Gedda per provare a sbloccare la complessa partita sul cessate il fuoco e mettere in pausa il conflitto che da tre anni sta tenendo il mondo col fiato sospeso. Stando al capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak, il clima dei colloqui è “molto costruttivo”.Si tratta del primo contatto diretto tra i due Paesi, teoricamente alleati, dopo le forti tensioni diplomatiche delle scorse settimane culminate nell’imboscata tesa da Donald Trump e dal suo vice J.D. Vance a Volodymyr Zelensky lo scorso 28 febbraio nello Studio ovale. Nelle speranze del leader ucraino, i colloqui odierni (a cui non prenderà parte direttamente, nonostante ieri abbia incontrato il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman) servono a ravvivare le relazioni con Washington e a ottenere “risultati pratici”.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) incontra il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman a Gedda, il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)Il presidente statunitense, secondo cui sarebbe “più facile” negoziare con l’omologo russo Vladimir Putin piuttosto che con Zelensky (quest’ultimo non sarebbe “pronto” alla pace, aveva detto nei giorni scorsi il tycoon), ha recentemente sospeso gli aiuti militari a Kiev – inclusa la condivisione delle informazioni d’intelligence – nel tentativo di mettere pressione sugli ucraini per costringerli a sedersi al tavolo delle trattative.Al tavolo di Gedda, il presidente del Paese aggredito arriva con una proposta per una tregua di un mese nei combattimenti aerei e marittimi. L’obiettivo di Zelensky è duplice: saggiare la buona fede della Russia di muoversi verso un negoziato di pace e dimostrare al contempo la propria disponibilità all’inquilino della Casa Bianca, col quale gli alleati europei lo avevano esortato a ricucire i rapporti. “La posizione dell’Ucraina in questi colloqui sarà pienamente costruttiva“, ha scritto su X alla vigilia dell’incontro.Dal canto suo, il segretario di Stato Marco Rubio – che guida la delegazione a stelle e strisce, di cui fanno parte anche il consigliere alla Sicurezza nazionale Michael Waltz e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff – ha dichiarato che “dobbiamo capire la posizione ucraina e avere un’idea generale di quali concessioni sarebbero disposti a fare, perché non si otterrà un cessate il fuoco e la fine di questa guerra se entrambe le parti non faranno concessioni“.La Casa Bianca considera inevitabile la cessione di alcuni dei territori ucraini occupati all’invasore, ma non è ancora chiaro quali. “I russi non possono conquistare tutta l’Ucraina e ovviamente sarà molto difficile per l’Ucraina, in un periodo di tempo ragionevole, costringere i russi a tornare indietro fino a dove erano nel 2014”, ha osservato il capo della diplomazia statunitense. Attualmente, Mosca controlla all’incirca un quinto del territorio ucraino (inclusa la penisola della Crimea, annessa unilateralmente 11 anni fa).Il segretario di Stato di Washington, Marco Rubio, al suo arrivo a Gedda il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)La speranza, condivisa tanto da Kiev quanto da Washington, è quella di concludere una volta per tutte la stipula del patto sulle materie prime critiche che era saltato dopo il catastrofico colloquio a tre nello Studio ovale. L’amministrazione Usa lo considera un risarcimento per gli aiuti inviati all’ex repubblica sovietica in tre anni di guerra, mentre per Zelensky si tratta dell’ultimo spiraglio per tenere lo zio Sam dalla sua parte. Trump aveva in precedenza descritto l’accordo come “la miglior garanzia di sicurezza” per Kiev, nonostante non preveda nessun distaccamento di truppe statunitensi sul suolo ucraino.Quello odierno è il secondo incontro diplomatico di alto livello che si tiene in Arabia Saudita per arrivare ad una fine negoziata della guerra in Ucraina. Il precedente era stato convocato a Riad lo scorso 18 febbraio, ed era stato il primo faccia a faccia tra funzionari statunitensi e russi dal 2022, che nella capitale saudita avevano concordato il ripristino delle relazioni diplomatiche congelate durate la presidenza di Joe Biden.

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    Nell’Ue si inizia a ragionare con forza alla confisca degli asset russi congelati

    Bruxelles – Asset congelati russi, l’Ue prova a rompere l’indugio per una confisca. Il tema diventa centrale tra i ministri economici dei Ventisette riuniti a Bruxelles per la riunione dell’Ecofin, con l’Europa degli Stati ancora incerta sul da farsi ma con qualche titubanza in meno, che può voler dire l’inizio di una decisione a venire. La Finlandia spinge per la linea dura: “Al momento serve andare avanti e procedere alla confisca degli asset russi congelati” in Europa, enfatizza la vicepremier e ministra delle Finanze, Riikka Purra. Questa scelta è congeniale a quello che gli europei vogliono e non nascondono, vale a dire “garantire una posizione negoziale di forza all’Ucraina” quando si apriranno le trattative con la Russia di Vladimir Putin.La soluzione non dispiace agli austriaci. Certamente “la confisca degli asset russi sarebbe una nuova strada“, riconosce il ministro delle Finanze di Vienna, Markus Marterbauer, che però avverte: “Serve una decisione all’unanimità”. Sul tema “vanno evitate decisioni a maggioranza”. Ammettendo che una maggioranza esista, e va comunque verificata alla prova della discussione, restano comunque le posizioni contrarie di Francia e Germania, non semplici da superare.La presidenza polacca di turno del Consiglio Ue si mette a disposizione degli Stati. “Dobbiamo esercitare ancora più pressione sulla Russia“, scandisce il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski. Parole sibilline che lasciano intendere che in caso di volontà unanime raggiunta da qui a fine semestre di presidenza, quindi entro il 30 giugno, la Polonia non si opporrà. Certamente la presidenza polacca intende procedere con nuove misure restrittive: “Vediamo che le sanzioni funzionano. L’Economia russa si indebolisce”.Il dibattito sull’uso degli asset russi congelati in Europa non è nuovo, come non nuove sono le incertezze degli europei al riguardo. Si tema che questo possa sfiduciare mercati, privati, investitori, e rischi per l’attrattività internazionale dell’euro. Un aspetto, quest’ultimo, su cui ha insistito anche la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, in occasione dell’incontro avuto con il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Si teme che gli investitori, di cui l’Ue ha bisogno per finanziare la doppia transizione e rilanciare l’industria della difesa, possano riconsiderare le proprie scelte, a scapito dell’eurozona. I ministri economici però rilanciano il discorso.In Parlamento europeo inizia a formarsi un consenso in merito, con la capogruppo dei socialisti, Iratxe Garcia Perez, che invita la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a presentare una proposta per confiscare i 200 miliardi di euro di beni statali russi congelati per ricostruire e armare l’Ucraina. Non solo: si vuole permettere a Kiev di utilizzare le armi per colpire obiettivi militari. E’ l’Ue di pace che non esiste più.

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    L’Ue rinnova il sostegno all’Ucraina. Impegno a 26, senza l’Ungheria messa all’angolo

    Bruxelles – I timori di un possibile accordo mancato svaniscono presto, poco dopo le 20, quando i capi di Stato e di governo dell’Ue riuniti a Bruxelles per il vertice straordinario dedicato a difesa e Ucraina approvano il testo sugli aiuti a Kiev, isolando e mettendo all’angolo l’Ungheria di Viktor Orban lasciata sola a recitare la parte dell’alleato di ferro di Mosca. Certo, non è stato possibile approvare un testo di conclusioni tutti insieme, ma il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, riesce comunque a risolvere il problema facendo approvare un allegato alla conclusioni sulla difesa. Un escamotage per andare avanti, e mostrare che gli europei, a differenza degli americani, sono davvero amici fedeli, credibili e affidabili.“Oggi è una giornata importante per la difesa europea e l’Ucraina“, sottolinea Costa, che guarda all’esito della riunione. L’unità a 27 è un principio che viene di fatto superato, i leader scelgono un approccio tutto nuovo, forte anche della famiglia dei popolari (Ppe), nutrita e numerosa, un terzo di tutti i leader, ben 10 su 27, che ha scelto di scaricare il premier ungherese e senza neppure nasconderlo.Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, è stato lasciato solo a dire ‘no’ al sostegno all’Ucraina [Bruxelles, 6 marzo 2025. Foto: European Council]Alla fine la dichiarazione sull’Ucraina allegata alle conclusioni mantengono proclami, impegni e posizioni espressi fin qui: rispetto dell’integrità territoriale del Paese secondo i confini “internazionalmente riconosciuti”, e quindi comprendenti anche della Crimea annessa nel 2014. Una condizione che difficilmente potrà essere accettata dalla Russia in chiave negoziale. I Ventisei poi insistono sulla necessità di “raggiungere la pace attraverso la forza”, che obiettivo che implica “solide capacità militari e di difesa come componente essenziale”. Ed è in tale ottica che i leader europei si impegnano a continuare a fornire ogni tipo di sostegno (politico, finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico).Sul fronte finanziario a Kiev vengono assicurati 30,6 miliardi di euro per il 2025, con la richiesta esplicita alla Commissione a incrementare le risorse dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility). Oltre a ciò i capi di Stato e di governi dell’Ue si rendono disponibili a “intensificare urgentemente” gli sforzi per rispondere alle urgenti esigenze militari e di difesa dell’Ucraina, “in particolare la fornitura di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili, la fornitura della formazione e delle attrezzature necessarie per le brigate ucraine e altre esigenze che l’Ucraina potrebbe avere”.Per il futuro, poi, si resta disponibili a lavorare per quelle ‘garanzie di sicurezza’ da ottenere soprattutto in un’ottica post-negoziale e di pace. Qui, recitano le conclusioni, “l‘Unione e gli Stati membri sono pronti a contribuire ulteriormente sulla base delle rispettive competenze e capacità”. Le misure non vengono esplicitate perché vanno stabilite e definite, i leader rimandano alle prossime riunione del Consiglio europeo, a iniziare da quella di fine mese (20 e 21 marzo).