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    Metsola apre la plenaria del Parlamento Europeo chiedendo la liberazione degli ostaggi europei in Iran

    Bruxelles – Dopo l’esecuzione capitale di Habib Chaab, cittadino iraniano-svedese accusato dal regime teocratico di corruzione e di aver condotto azioni terroristiche, la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, lancia l’ennesimo appello a Teheran: la liberazione “immediata e senza condizioni” di tutti gli ostaggi europei dalle carceri iraniane.
    Manifestazione per la liberazione di Ahmad Reza Jalali a Stoccolma (Photo by Anders Wiklund / Tt News Agency / AFP) / Sweden Out)
    Tra le decine di detenuti con cittadinanza europea nel Paese, la leader Ue ha menzionato il caso di Ahmad Reza Jalali, medico e ricercatore iraniano naturalizzato svedese che si trova in carcere dall’aprile del 2016. Dopo un anno di ingiustificata detenzione, nell’ottobre del 2017 Jalali è stato condannato a morte con l’accusa di spionaggio per conto di Israele.
    Ma non è l’unico caso della vergognosa diplomazia degli ostaggi messa in pratica da Teheran, che cerca in questo modo di esercitare pressioni sui governi occidentali e di raggiungere concessioni politiche in cambio della liberazione dei connazionali. Olivier Vandecasteele, operatore umanitario belga arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 anni di carcere per spionaggio contro la Repubblica islamica, Benjamin Briére, viaggiatore e blogger francese detenuto da oltre due anni e in sciopero della fame dallo scorso 28 gennaio, Jamshid Sharmhad, giornalista iraniano naturalizzato tedesco, contro cui è stata emessa una condanna a morte lo scorso 26 aprile. E altri ancora.
    Davanti all’Eurocamera riunita per la sessione plenaria a Strasburgo, Metsola ha lanciato un messaggio alla Repubblica Islamica, che ha nuovamente risposto alle sanzioni europee aggiungendo altri membri del Parlamento Europeo alla propria lista di individui soggetti a misure restrittive. “Nessuna minaccia, intimidazione o sanzione potrà zittire quest’Aula”, ha avvertito la presidente, convinta che le sanzioni imposte da Teheran non faranno altro che “rafforzare la nostra determinazione nel supportare le donne e la libertà in Iran”.

    La presidente dell’Eurocamera ha commentato le sanzioni imposte da Teheran a diversi europarlamentari: “Nessuna minaccia, intimidazione o sanzione potrà zittire quest’Aula”. Si cerca di evitare la condanna a morte del ricercatore iraniano-svedese Ahmad Reza Jalali

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    Iran, ancora sanzioni dall’Ue per violazioni dei diritti umani. Più di 500 morti dall’inizio delle proteste

    Bruxelles – La carneficina governativa in Iran prosegue ormai senza fare troppo rumore. Ma l’Unione Europea, a distanza di un mese dall’ultimo pacchetto di sanzioni adottato contro i responsabili della feroce repressione delle proteste, ha mandato oggi un altro “chiaro segnale” a Teheran, imponendo misure restrittive nei confronti di altre 8 persone e 1 entità della Repubblica Islamica.
    Alla lunga lista sanzionatoria, che conta ora 211 individui e 35 entità, sono stati aggiunti due membri del Parlamento di Teheran, un ufficiale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (Irgc) e il consiglio d’amministrazione della Fondazione cooperativa Irgc, l’organismo responsabile della gestione degli investimenti della milizia governativa. I ministri degli Esteri dei 27 Paesi Ue hanno imposto misure restrittive anche nei confronti di Ariantel, fornitore di servizi mobili che ha contribuito all’architettura di sorveglianza delle telecomunicazioni delineata dal governo iraniano per reprimere il dissenso in questi mesi di proteste.
    Per tutti i sanzionati è stato disposto il congelamento dei beni, i divieti di ingresso in Ue e di ricevere fondi o risorse economiche dal territorio comunitario. Inoltre, sarà impedita loro l’esportazione di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
    Dopo oltre duecento giorni di proteste, sarebbero almeno 537 i manifestanti uccisi dalle forze governative iraniane, tra cui 48 donne e 68 minori. Come confermato dall’ultimo report di Iran Human Rights (Ihrngo), la maggior parte delle vittime risale ai primi mesi di proteste: a causa della durissima repressione messa in atto dal regime dei mullah, che da settembre 2022 ha incarcerato più di 20 mila persone e emesso condanne capitali nei confronti di centinaia di manifestanti, le dimensioni delle rivolte si stanno riducendo con il passare del tempo, e di conseguenza anche gli scontri fatali tra forze dell’ordine e manifestanti.
    Per ora sono state 4 le esecuzioni di giovani manifestanti, ma secondo Ihrngo sarebbero ancora 105 i detenuti che rischiano di essere giustiziati per aver partecipato alle proteste anti-governative. In generale, Iran Human Rights ha contato già 152 esecuzioni capitali nel 2023, di cui la maggior parte per reati collegati al traffico di droga. Ma questo ricorso senza precedenti alla condanna a morte da parte del regime sarebbe una strategia per “incutere timore” nel Paese, ha dichiarato il direttore dell’ong, Mahmood Amiry-Moghaddam, convinto inoltre che il governo teocratico avrebbe giustiziato ancora più persone se non fosse stato per “le reazioni internazionali alle condanne a morte contro i manifestanti”, che hanno “reso difficile per la Repubblica Islamica procedere” con le uccisioni.

    #FAC | Today, the EU has sent another clear signal to Iran.
    The FAC has adopted the 7th package of sanctions against persons and entities responsible for violations of human rights in Iran. pic.twitter.com/e8FjC1RdWx
    — Swedish Presidency of the Council of the EU (@sweden2023eu) April 24, 2023

    I ministri degli Esteri Ue hanno adottato misure restrittive nei confronti di altri 8 individui e 1 entità responsabili della brutale repressione delle proteste. Secondo l’ong Iran Human Rights, Teheran avrebbe giustiziato ancora più persone se non fosse stato per le reazioni della comunità internazionale

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    Iran, ancora sanzioni per i responsabili di violazioni dei diritti umani

    Bruxelles – Continua la pioggia di misure restrittive Ue per i responsabili di violazioni dei diritti umani in Iran. I ministri degli Esteri dei 27 Paesi membri hanno aggiunto 8 persone e un’entità all’ormai ricca lista delle sanzioni contro Teheran, che conta ora 204 individui e 34 entità. L’ultimo pacchetto di sanzioni, il quinto contro la Repubblica dei mullah, era stato promulgato solo lo scorso 20 febbraio.
    Questa volta, a essere presi di mira dalle sanzioni anche tre giudici di altrettante province della Repubblica islamica, colpevoli di aver torturato e mandato al patibolo alcuni dei manifestanti che dallo scorso settembre protestano contro il regime. Entra nella lista il Consiglio supremo della Rivoluzione Culturale, organo statale che promuove progetti e iniziative che compromettono le libertà fondamentali delle donne e che discriminano la minoranze etniche e religiose nel Paese. Per tutti i sanzionati è stato disposto il congelamento dei beni, i divieti di ingresso in Ue e di ricevere fondi o risorse economiche dal territorio comunitario. Inoltre, sarà impedita loro l’esportazione di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
    Da Bruxelles i 27 hanno invitato per l’ennesima volta “le autorità iraniane a porre fine alla violenta repressione delle proteste pacifiche, a cessare il ricorso a detenzioni arbitrarie come mezzo per mettere a tacere le voci critiche ea rilasciare tutti coloro che sono stati ingiustamente detenuti”. Ribadito anche l’appello a “revocare le condanne a morte pronunciate e garantire un giusto processo a tutti i detenuti”. Secondo il bollettino pubblicato dall’ong Iran Human Rights il 16 marzo, sarebbero almeno 138 le persone giustiziate dal regime in questo spicchio di 2023.

    Il Consiglio Affari esteri Ue impone misure restrittive a 8 individui e un’entità. Tra loro tre giudici responsabili delle condanne a morte contro i manifestanti. Solo nel 2023, sarebbero almeno 138 le persone giustiziate dal regime di Teheran

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    Il figlio dell’ultimo scià di Persia al Parlamento Europeo: “La mia missione è la transizione democratica” in Iran

    Bruxelles – Reza Ciro Pahlavi, il figlio maggiore dell’ultimo scià di Persia, cerca di accreditarsi agli occhi del mondo democratico come figura cardine delle forze di opposizione in Iran che da mesi stanno manifestando contro il regime degli ayatollah. “È un onore per me parlare per conto dei miei compatrioti, che mi hanno dato il compito di portare la loro voce e il loro messaggio ai rappresentanti eletti dell’Ue”, ha esordito il principe ereditario in visita oggi (primo marzo) al Parlamento Europeo, accompagnato dagli eurodeputati Charlie Weimers (Ecr) e Tomáš Zdechovský (Ppe).
    Pahlavi, in esilio dall’età di 19 anni, intravede ora uno spiraglio per rientrare nel Paese e rovesciare il regime che nel 1979 depose suo padre e instaurò la Repubblica Islamica a Teheran. Fondatore del National Council of Iran nel 2013, gruppo di opposizione in esilio, ha sposato la causa del popolo iraniano e cerca ora di ritagliarsi un ruolo di primo piano nell’Iran che verrà. “La mia missione è di servire la transizione”, ha dichiarato Pahlavi, che vuole essere “costruttore di un processo democratico” nel suo Paese dopo “l’inevitabile caduta del regime criminale” dei mullah. Apparentemente nessun ruolo politico, nessuna bramosia di potere: “Devo essere al di sopra e neutrale, non siamo qui per imporre un’alternativa, ma per proporre un processo”, promette il principe.
    Il percorso sembra essere tracciato. Dopo aver preso coscienza che la Repubblica Islamica “rappresenta una minaccia per il suo popolo e che non può essere riformata”, oggi stiamo assistendo alla “disobbedienza civile e agli scioperi nazionali che porteranno al collasso del sistema”. Una volta caduto il regime, il processo “dovrà continuare con libere elezioni per un’Assemblea costituente e infine arrivare a un referendum nazionale“, dove i cittadini sceglieranno la forma di governo che desiderano “per salvaguardare i propri diritti”. Se fosse una monarchia parlamentare, è lecito pensare che il figlio dell’ultimo scià di Persia non rifiuterebbe l’onere e l’onore di guidarla.
    Da sinistra: Reza Ciro Pahlavi e l’eurodeputato Charlie Weimers (Ecr)
    Ma Pahlavi al Parlamento Europeo è venuto anche per chiedere che l’Ue inasprisca le posizioni contro il regime attuale e che garantisca supporto totale al popolo iraniano. Aiutare gli iraniani a evitare la soppressione di internet da parte del regime, finanziare lunghi scioperi sindacali e designare il corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche come organizzazione terroristica. Perché sanzionare i pasdaran “velocizzerebbe il processo di implosione del regime”, facilitando defezioni tra le fila governative. E potrebbe anche aprire la strada al sequestro di beni da utilizzare per creare un fondo per finanziare i lavoratori iraniani, ha suggerito Weimers.
    Pahlavi è convinto che il supporto alla causa del popolo iraniano rientra anche negli interessi economici dell’Unione, perché “l’Iran rappresenta oggi il più vasto mercato ancora da aprire al mondo“. Con un regime democratico, partner dell’Occidente, le aziende europee avrebbero “immense opportunità economiche”, ma non solo: Teheran potrebbe “soddisfare i bisogni energetici dell’Ue con benefici reciproci“. A chi gli chiede del programma sul nucleare, Pahlavi garantisce che ne ha sempre avuto un giudizio negativo, anche nelle applicazioni civili. “Ci sono molte alternative più pulite e sicure da sviluppare”, ha dichiarato ancora il principe, sottolineando inoltre “l’incompetenza del regime che ha portato a una grave crisi ambientale nel Paese”. Il messaggio di Pahlavi è che un Iran pacifico è la promessa di un “futuro più sicuro e prospero per tutte le nazioni democratiche”. Resta da capire se il giovane popolo iraniano che protesta ha intenzione di consegnare le chiavi della transizione al vecchio figlio di un ancor più vecchio monarca.

    Reza Ciro Pahlavi ha incontrato deputati di diversi gruppi politici, per cercare di legittimarsi come garante della transizione democratica a Teheran in caso di implosione del regime. E chiede agli eurodeputati di prendere ulteriori misure in supporto dei manifestanti

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    Via libera al quinto pacchetto di sanzioni all’Iran. Borrell richiama Teheran all’impegno sul nucleare

    Bruxelles – Il cerchio sui responsabili della repressione delle proteste in Iran si stringe, ma l’Ue non centra ancora il bersaglio richiesto a gran voce nelle ultime settimane. Oggi (20 febbraio) i ministri degli Esteri dei 27 Paesi Ue hanno aggiunto alla lista delle sanzioni contro Teheran altre 32 persone e 2 entità, ritenute “responsabili di gravi violazioni dei diritti umani”. Decisione presa mentre fuori dall’Europa Building, sede del Consiglio europeo a Bruxelles, migliaia di manifestanti chiedevano a gran voce ai leader di fare un passo in più: inserire finalmente il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) nell’elenco Ue delle organizzazioni terroristiche.
    Con il quinto pacchetto di sanzioni approvato oggi, le misure restrittive si applicano ora a 196 persone e 33 entità. Colpiti anche il ministro della Cultura e dell’Orientamento islamico, Mohammad Esmaeili, e il ministro dell’Istruzione, Yousef Nouri, oltre al vice comandante e al portavoce dei Pasdaran, membri del parlamento di Teheran, diversi procuratori dei Tribunali rivoluzionari, magistrati, guardie carcerarie e direttori degli istituti penitenziari. Per tutti i sanzionati è stato disposto il congelamento dei beni, i divieti di ingresso in Ue e di ricevere fondi o risorse economiche dal territorio comunitario. Inoltre, sarà impedita loro l’esportazione di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
    Protest supporting Iranian resistance movement in Brussels on February 20, 2023. (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)
    “Le sanzioni non sono solo necessarie, sono inevitabili”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Sanzioni che non stanno producendo alcun effetto sulla condotta del regime, che secondo il bollettino del mese scorso di Iran Human Rights sarebbe responsabile della morte di almeno 481 manifestanti. “Non sono sufficienti, ma hanno una valenza politica e pratica”, ha commentato Borrell. C’è chi chiede di più: l’ha fatto il Parlamento europeo, oggi l’hanno ribadito almeno 6 mila persone per le strade di Bruxelles. “Siamo qui oggi per farci sentire dai ministri degli Esteri: il Parlamento europeo ha già deciso che le Irgc devono essere inserite nella lista europea dei terroristi, ora è tempo per il Consiglio europeo di agire”, ha gridato ai manifestanti l’eurodeputata svedese di origini irachene Abir Al-Sahlani, che assieme ad altri parlamentari europei e belgi ha sostenuto la marcia di protesta della diaspora iraniana a Bruxelles. La richiesta dell’Eurocamera, approvata all’emiciclo di Strasburgo lo scorso 18 gennaio, per il momento è caduta nel vuoto, un po’ per ostacoli di natura giuridica, un po’ per il timore che una scelta così radicale possa compromettere definitivamente i rapporti con la Repubblica Islamica e di conseguenza tutti i dossier che la riguardano.
    Uno su tutti, il negoziato per l’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa), che non gode sicuramente di ottima salute: secondo il Wall Street Journal, Teheran starebbe producendo uranio arricchito con una purezza dell’84 per cento, considerato “quasi di livello militare”. Nonostante l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aeia), che dovrà rispondere alla richiesta di indagini formulata dall’Ue entro questa settimana, non abbia ancora confermato le indiscrezioni, il capo della diplomazia europea ha telefonato al ministro degli Esteri del regime di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, chiedendogli di rispettare gli impegni sul programma nucleare, viste le “notizie preoccupanti sull’arricchimento dell’uranio iraniano”.
    A destare preoccupazione è anche la detenzione di cittadini europei nelle carceri iraniane: in Belgio tiene banco la vicenda di Olivier Vandecasteele, operatore umanitario arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 anni di carcere per spionaggio contro la Repubblica islamica, ma non è l’unico caso. Benjamin Briére, viaggiatore e blogger francese detenuto da oltre due anni e in sciopero della fame dallo scorso 28 gennaio, Ahmadreza Djalali, medico e docente iraniano naturalizzato svedese, accusato di spionaggio per conto di Israele nel 2016 e condannato a morte, e altri ancora. Borrell si è detto “preoccupato per il crescente numero di cittadini dell’Ue attualmente detenuti in Iran per motivi pretestuosi”, in condizioni “degradanti senza alcuna possibilità di un giusto processo”. Per il momento, oltre all’esplicito “invito a rispettare gli obblighi internazionali” ai mullah iraniani, Borrell non può fare altro che consigliare caldamente ai cittadini europei, “a causa del grave rischio per la loro sicurezza personale”, di non mettere piede in Iran.

    Thank you @AbirAlsahlani ✌️✌️✌️#IRGCterrorists‌ #WomanLifeFreedom #MahsaAmini‌ #مهسا_امينی‌ https://t.co/nIeKTVw1Rb
    — Nasser (@Nasser83174478) February 20, 2023

    Aggiunte 32 persone e 2 entità, tra cui due ministri, alla lista dei responsabili della repressione delle proteste, mentre per le strade di Bruxelles migliaia di persone chiedono l’inserimento delle Guardie della rivoluzione nell’elenco europeo dei terroristi

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    L’Iran sanziona 34 individui e entità: 6 sono eurodeputati, tra loro la leghista Bonfrisco

    Bruxelles – Non si è fatta attendere la risposta di Teheran al quarto pacchetto di sanzioni Ue, promulgato appena due giorni fa (23 gennaio) da ministri degli Esteri dei 27. La Repubblica Islamica, così come già successo lo scorso novembre, ha immediatamente reagito, azionando misure restrittive per 34 individui e entità europee e del Regno Unito. Ancora una volta, le sanzioni colpiscono direttamente il Parlamento Ue: 6 gli eurodeputati all’indice, tra cui la leghista Anna Cinzia Bonfrisco.
    Con lei i socialdemocratici Thijs Reuten e Dietmar Köster, il membro del Partito Popolare europeo Lukas Mandl (ppe), Abir Al-Sahlani e Bart Groothuis del gruppo Renew, colpevoli di “sostegno al terrorismo e incoraggiamento alla violenza contro il popolo iraniano”. È il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, a chiarire che gli individui e le entità sanzionate hanno “interferito negli affari interni della Repubblica islamica dell’Iran e diffuso false informazioni” sul regime, oltre ad “aver partecipato all’escalation di crudeli sanzioni contro il popolo iraniano”. Per tutti loro sono previsti “il blocco dei conti e delle transazioni nei sistemi finanziari e bancari iraniani, il sequestro dei beni all’interno della giurisdizione della Repubblica islamica dell’Iran, nonché il divieto di rilascio dei visti e di ingresso nel territorio della Repubblica islamica”, si legge nella nota pubblicata dal Ministero degli Esteri di Teheran.
    Anna Bonfrisco
    Anna Bonfrisco è la seconda italiana a essere oggetto di sanzioni dal regime di Teheran dopo la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. La ragione del suo inserimento nella lista potrebbe risiedere nel fatto che proprio Bonfrisco è stata la prima firmataria di una lettera inviata a novembre all’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per chiedere l’esclusione dell’Iran dalla Commissione sulle condizioni della donne delle Nazioni Unite. “L’espulsione di Teheran dalla Commissione Onu è stata una prima conquista, ora c’è bisogno di inserire i Guardiani della Rivoluzione nella black list europea dei terroristi”, ha dichiarato Bonfrisco dopo aver appreso la notizia della sua condizione. Una condizione che “dedica alle donne della resistenza iraniana, che hanno fatto conoscere la follia e le atrocità del regime dei mullah”.
    Anche la presidente dei socialdemocratici, Iratxe Garcia-Perez, ha commentato le misure restrittive a carico di due membri del gruppo: “Questa decisione sconsiderata non ci intimidisce. Le sanzioni rafforzano il nostro impegno e la nostra convinzione di opporci alla spietata repressione contro donne, uomini e giovani che si oppongono alla brutalità del regime in Iran”. Secondo Garcia-Perez, il pacchetto di sanzioni approvato in settimana dal Consiglio Affari Esteri non basta: “Come ulteriore passo necessario, esortiamo ora gli Stati membri a designare il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) come organizzazione terroristica”, ha concluso la capogruppo S&d.

    Teheran risponde alle sanzioni decise dal Consiglio Affari Esteri Ue appena due giorni fa, imponendo misure restrittive a individui e entità “colpevoli di sostegno al terrorismo e violenza contro il popolo iraniano”. L’eurodeputata leghista risponde: “dedico questa condizione alle donne della resistenza in Iran”

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    Iran, avanti con le sanzioni. L’Ue rinuncia a inserire i Guardiani della Rivoluzione islamica nelle organizzazioni terroristiche

    Bruxelles – Non cambia la strategia dei leader Ue sull’Iran: accantonate le richieste del Parlamento europeo di riconoscere il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) come organizzazione terroristica e di imporre sanzioni contro la Guida Suprema Ali Khamenei e il presidente Ebrahim Raisi, i ministri degli Esteri dei 27 hanno deciso oggi (23 gennaio) di aggiungere alla lista delle persone oggetto di misure restrittive 37 membri e entità legati al regime teocratico, elenco che ora conta 173 individui e 31 unità.
    “Il quarto pacchetto di sanzioni adottato oggi è un chiaro messaggio che non rimarremo con le mani in mano davanti alle violazioni dei diritti umani in Iran”, ha commentato su Twitter il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Questa volta, in continuità con il precedente pacchetto di sanzioni del 12 dicembre, a essere presa di mira dalle sanzioni Ue è soprattutto la rete di forze dell’ordine responsabile della repressione delle proteste. Tra i 18 individui sanzionati, oltre al ministro dello Sport e della Gioventù di Teheran, figurano diversi governatori delle province del Paese, comandanti dell’Irgc e delle forze dell’ordine (Lef), membri dell’Assemblea islamica e dirigenti dell’Irib, l’emittente televisiva del regime. Le 19 entità colpite dalle misure restrittive sono per la maggior parte i corpi regionali e le basi operative dell’Irgc, a cui si aggiunge il corpo delle Forze speciali di polizia iraniane. Per tutti loro è previsto il congelamento dei beni, il divieto di viaggio nell’Ue e l’impossibilità di ricevere fondi o risorse economiche provenienti dal territorio comunitario.
    Manifestanti in supporto al National Council of Resistance of Iran, 23/01/23
    Davanti alla sede del Consiglio europeo, dove era in corso il vertice, si erano radunati già in mattinata qualche centinaia di manifestanti iraniani, sostenitori del National Council of Resistance of Iran (Ncri), uno dei principali movimenti di opposizione al regime dei mullah. “L’Ncri e la sua leader, Maryam Rajavi, chiedono di riconoscere i Guardiani della Rivoluzione come organizzazione terroristica da decenni”, ha dichiarato Ali Bagheri, ricercatore iraniano a Bruxelles a capo del presidio. “Ora che il Parlamento europeo ha votato per l’inserimento nella lista, crediamo che sia anche la volontà di 450 milioni di cittadini europei”.
    L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha spiegato che per inserire i Guardiani della Rivoluzione nella lista europea delle organizzazioni terroristiche manca una fondamentale base giuridica: “È una decisione che non può essere presa senza avere prima la sentenza di un tribunale, c’è bisogno che la Corte di uno Stato membro emetta una condanna concreta, dopo di ché si può lavorare a livello europeo”. Esiste anche un secondo problema, di natura politica: l’iscrizione dei Guardiani della rivoluzione nell’elenco delle organizzazioni terroristiche potrebbe compromettere definitivamente tutti i dossier in corso con Teheran. Due su tutti, l’accordo sul nucleare iraniano e le trattative per la liberazione di alcuni cittadini europei presi in ostaggio dalla Repubblica islamica.
    Nel fine settimana infatti Borrell ha avuto una discussione al telefono con il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, che avrebbe minacciato “il ritiro di Teheran dal Trattato di non proliferazione (Tnp) o l’espulsione degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aeia)”.  Riferendosi alle richieste dell’eurocamera, il ministro avrebbe affermato che “il Parlamento europeo si è sparato sui piedi”, aggiungendo che il parlamento iraniano sta discutendo un piano per designare “elementi degli eserciti degli Stati europei come terroristi”.
    Manifestazione per la liberazione di Oliver Vandecasteele a Bruxelles, 22/01/23 (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)
    Per quanto riguarda i cittadini europei detenuti nelle prigioni iraniane, la ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, ha suggerito che sia arrivato “il tempo che, come europei, riflettiamo su come rispondere alla politica degli ostaggi di Stato praticata dall’Iran”. A tenere banco a Bruxelles è soprattutto il caso di Olivier Vandecasteele, operatore umanitario arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 di carcere per spionaggio contro la Repubblica islamica. La ministra degli Esteri belga, Hadja Lahbib, in mattinata ha dichiarato: “Siamo d’accordo con le nuove misure restrittive contro l’Iran, la situazione è totalmente inaccettabile, dobbiamo ottenere la liberazione dei nostri concittadini ingiustamente imprigionati in Iran”. 

    I ministri degli Esteri Ue hanno aggiunto 18 individui e 19 entità all’elenco delle sanzioni all’Iran, colpiti diversi organi delle forze dell’ordine responsabili della repressione. Ma per riconoscere le Irgc come terroristi serve una sentenza di un tribunale nazionale

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    Iran, il Parlamento Ue vuole sanzioni per la guida suprema Khamenei e il presidente Raisi

    Bruxelles – Dopo i Pasdaran, le massime figure politiche dell’Iran. L’Aula del Parlamento europeo chiede che la Guida Suprema Ali Khamenei e il presidente Ebrahim Raisi siano inseriti nell’elenco delle persone oggetto di sanzioni dell’Ue. Un invito per i governi dei 27, a cui spetta il compito di decidere in materia di misure restrittive, contenuto nella risoluzione approvata per alzata di mano. Per la repressione delle proteste nel Paese e il sostegno di Teheran alla Russia, per l’eurocamera servono ” ulteriori adeguamenti della posizione dell’UE nei confronti dell’Iran”, si legge nella risoluzione adottata per alzata di mano.
    Il voto d’Aula si aggiunge a quello che ha già visto chiedere di considerare le Guardie della Rivoluzione un’organizzazione terroristica. A distanza di ventiquattro ore da quel voto adesso l’ulteriore passo che segna il momento più alto delle tensioni diplomatiche con la repubblica islamica. Oltre alle due massima figure politiche, gli europarlamentari riuniti a Strasburgo vorrebbero che nella lista nera dell’Unione europea finissero anche  il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri e tutte le fondazioni (“bonyad”) legate al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRCG).
    “Oggi il Parlamento europeo si è espresso con forza contro la violenta repressione e le uccisioni del suo popolo da parte del regime iraniano”, il commento di Ernest Urtasun, vicepresidente dei Verdi. “La Repubblica islamica deve essere ritenuta responsabile dei suoi crimini e deve consentire l’accesso alla nuova missione conoscitiva delle Nazioni Unite”.
    Soddisfatto anche Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega al Parlamento Europeo, componente della delegazione per i rapporti con l’Iran, che però chiede “un impegno più forte, concreto e deciso contro il regime di Teheran” da parte dell’Unione europea. Fin qui, lamenta, “le sanzioni da parte delle istituzioni europee sono ancora troppo timide”.

    La richiesta segue quella di dichiarare i Pasdaran terroristi. Le relazioni tra l’Ue e Teheran si fanno sempre più tese