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    Arresti e condanne a morte, convocato l’ambasciatore iraniano presso l’Ue

    Bruxelles – Basta repressioni, basta arresti e condanne a morte. La situazione in Iran ha passato il limite, e l’Unione europea ha voluto ribadirlo una volta di più al governo di Teheran convocando l’ambasciatore delle repubblica islamica presso l’Ue. A nome dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, il segretario generale del Servizio per l’azione esterna (Seae), Stefano Sannino, ha invitato nei suoi uffici il massimo diplomatico iraniano a Bruxelles.
    Hossein Dehghani è stato convocato a seguito dell’esecuzione di Mohammad Mehdi Karami e Seyyed Mohammad Hosseini, del 7 gennaio scorso, dopo essere arrestati e condannati a morte in relazione alle proteste in corso in Iran. Proteste a cui il regime degli Ayatollah ha risposto e continua a rispondere con il pugno duro, tanto che per questo l’Ue ha già varato sanzioni a ottobre, per poi inasprirle il mese successivo.
    Sannino, a nome dell’Ue, ha ribadito l’appello alle autorità iraniane per uno stop immediato della pratica “condannabile” e per questo condannata di imporre ed eseguire condanne a morte nei confronti dei manifestanti. E’ stato inoltro rivolto l’invito ad “annullare senza indugio le recenti condanne a morte già pronunciate nel contesto delle proteste in corso e di garantire un giusto processo a tutti i detenuti”, fa sapere il Seae.
    E’ quest0 l’ultimo atto in ordine di tempo di una crisi diplomatica tra Bruxelles e Teheran che ha visto nella sospensione delle relazioni tra Parlamento europeo e parlamentari iraniani una prima dimostrazione del deterioramento dei rapporti.

    Richiamato dal segretario generale del Servizio per l’azione esterna, Stefano Sannino: “Basta condanne, e annullare tutte le decisioni prese”

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    Iran, bilaterale tra Borrell e il ministro degli esteri di Teheran a causa del “deterioramento dei rapporti” con l’Ue

    Bruxelles – Un incontro vis à vis, dopo i ripetuti colloqui telefonici delle ultime settimane. L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il Ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, hanno sfruttato la seconda conferenza di Baghdad per la cooperazione e il partenariato per discutere in un bilaterale le forti divergenze che allontanano sempre di più Bruxelles e Teheran. La brutale repressione delle proteste interne messa in atto dal regime dell’ayatollah Khamenei, la vendita di droni militari alla Russia, la trattativa decennale sul nucleare iraniano: questi i temi sollevati da Borrell a margine del summit regionale, che si è tenuto oggi (20 dicembre) nella capitale del regno di Giordania, Amman.

    Necessary meeting w Iranian FM @Amirabdolahian in Jordan amidst deteriorating Iran-EU relations Stressed need to immediately stop military support to Russia and internal repression in IranAgreed we must keep communication open and restore #JCPOA on basis of Vienna negotiations
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) December 20, 2022

    Un faccia a faccia “reso necessario a causa del deterioramento delle relazioni Ue-Iran“, ha dichiarato in un tweet il capo della diplomazia europea: negli ultimi mesi la Repubblica islamica e le istituzioni europee si sono sfidate a colpi di sanzioni, in un’escalation che ha toccato il punto più alto con la decisione, presa lo scorso 23 novembre dalla presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, di interrompere qualsiasi contatto tra gli europarlamentari e i loro omologhi di Teheran.
    Come ha ribadito il portavoce della Commissione europea responsabile per gli Affari esteri, Peter Stano, l’Iran “è entrato nell’agenda degli ultimi tre vertici dei 27 ministri degli Esteri Ue”, dato significativo per capire i venti che soffiano a Bruxelles sul dossier iraniano. Nell’ultimo Consiglio Affari esteri Ue, il 12 dicembre, i 27 Paesi membri hanno deciso di aggiungere alle misure restrittive anche gli alti gradi dei Pasdaran, le guardie della Rivoluzione islamica, e l’emittente televisiva statale del regime, l’Irib: ora nella lista nera di Bruxelles figurano ben 155 individui e 12 entità, soggetti al congelamento dei beni e al divieto di viaggio in territorio Ue.
    Peter Stano ha assicurato che “in ogni meeting con i partner l’Ue si prende tutto il tempo necessario per veicolare i propri messaggi”: sempre su twitter, Borrell ha reso noto di aver insistito affinché Teheran metta fine immediatamente al supporto militare al Cremlino e alla brutale repressione interna, che, secondo l’ultimo bollettino dell’ong Iran Human Rights, ha già provocato 469 vittime, tra cui 63 minori e 32 donne.
    Le trattative sul nucleare iraniano
    L’Alto rappresentante Ue avrebbe cercato di lavorare i fianchi di Amirabdollahian anche su un terzo punto: la ripresa dei dialoghi sul JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), l’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015 a Vienna dall’Unione europea, dall’Iran e dal gruppo dei 5+1 (Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Germania), messo in stand-by nel 2018, quando gli Stati Uniti dell’allora presidente Donald Trump hanno deciso unilateralmente di ritirarsi. “Ci siamo trovati d’accordo nel mantenere aperta la comunicazione e ripristinare il JCPOA sulla base dei negoziati di Vienna”, ha dichiarato ancora Borrell.
    Le trattative sull’intesa, che pone significative restrizioni al programma nucleare iraniano in cambio della cessazione delle sanzioni economiche imposte dalle Nazioni Unite a Teheran, sono lentamente riprese a novembre 2021 grazie al cambio di amministrazione a Washington, ma lo sforzo diplomatico per avvicinare le parti è soprattutto a carico di Bruxelles: come ha sottolineato il portavoce Peter Stano, “Borrell è il coordinatore del JCPOA, quindi è logico che incontri tutte le parti dell’accordo, specialmente nel momento in cui si cerca di riportare l’intesa a un pieno funzionamento”.

    Il capo della diplomazia europea ha incontrato Hossein Amirabdollahian a margine della seconda conferenza di Baghdad per la cooperazione e il partenariato: sul tavolo la violenta repressione delle proteste nel Paese, il sostegno militare di Teheran al Cremlino e la ripresa dei dialoghi sul programma nucleare iraniano

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    Il Consiglio Europeo dà l’ok alle sanzioni all’Iran e chiede di “annullare immediatamente” le esecuzioni capitali

    Bruxelles – I 27 leader dell’Ue danno il loro beneplacito alle sanzioni contro il regime in Iran, approvate lo scorso 12 dicembre al Consiglio Affari Generali. Lo scambio di opinioni tra i capi di Stato e di governo sulla situazione nella Repubblica Islamica è durato poco, il tempo di ribadire la “ferma condanna alle sentenze di pena di morte pronunciate ed eseguite recentemente nel contesto delle proteste in corso in Iran” e di chiedere ancora una volta “alle autorità di Teheran di terminare immediatamente questa pratica e annullare le sentenze”, come si legge nelle conclusioni del Consiglio Europeo che si è tenuto oggi (15 dicembre) a Bruxelles.
    Le sanzioni aggiuntive, che fanno seguito a quelle già decise il 17 ottobre e il 14 novembre, riguardano venti persone e un’entità: ora nella lista dei destinatari delle misure restrittive figurano 155 individui e 12 entità. Tra i nuovi sanzionati spiccano il direttore, diversi conduttori e reporter della Radio Televisione della Repubblica Islamica dell’Iran (Irib) e l’emittente statale stessa, megafono del regime, colpevole di trasmettere “confessioni estorte a detenuti, fra cui giornalisti, attivisti politici ed esponenti delle minoranze curde e arabe”. Oltre al canale media governativo, entrano per la prima volta nella lista nera gli alti gradi delle Guardie della rivoluzione, il corpo armato istituito nel 1979 dall’ayatollah Khomeini per difendere la rivoluzione islamica: i comandanti e vicecomandanti dei Pasdaran delle province iraniane sono ritenuti “responsabili della repressione violenta dei manifestanti civili”. Per tutti loro, le misure restrittive comprendono il congelamento dei beni, il divieto di viaggio nell’Ue e l’impossibilità di ricevere fondi o risorse economiche provenienti dal territorio comunitario.
    Roberta Metsola, 15/12/22
    Chi ha speso parole forti sul tema è la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, che dopo il dibattito con i 27 leader Ue ha dichiarato: “Quello che stiamo vedendo non ha precedenti, possiamo commentare il coraggio delle donne, chiedere libere elezioni, continuare a aggiungere sanzioni, ma dobbiamo anche mandare il messaggio che noi siamo con la gente che protesta”. Secondo Metsola c’è bisogno di maggiore fermezza e incisività nell’azione delle democrazie europee per fermare la repressione in corso in Iran: per questo la presidente dell’Eurocamera ha annunciato che lancerà “nei prossimi giorni una piattaforma interparlamentare con i colleghi del G7” per coordinare la risposta alle continue violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime degli ayatollah, sul modello di quelle istituite per l’Ucraina e per promuovere l’uguaglianza di genere.
    Alla voce Iran avanza parallelamente un altro dossier. Come ha sottolineato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, prima del meeting di oggi, il nuovo pacchetto di sanzioni riguarda “sia la questione interna al Paese sulla repressione delle dimostrazioni, sia la fornitura di armi e droni alla Russia”. Il Consiglio Affari Esteri ha aggiunto altre quattro persone e quattro entità all’elenco delle misure restrittive “relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”, nel tentativo di fermare l’elaborazione e la fornitura di velivoli senza pilota (Uav) utilizzati dalla Russia nei bombardamenti sulle città ucraine.

    I 27 leader Ue “condannano fermamente le sentenze di pena di morte” e sostengono le misure restrittive che colpiscono gli alti gradi delle Guardie della Rivoluzione e l’emittente televisiva del regime. La presidente dell’Eurocamera Metsola vuole una piattaforma interparlamentare per coordinare l’azione Ue in difesa dei manifestanti

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    Teheran attacca la vicepresidente dell’eurocamera Pina Picierno e “l’ipocrisia occidentale”. Il Parlamento reagisce compatto

    Bruxelles – “A differenza di molti regimi occidentali che diffamano e reprimono violentemente anche i manifestanti pacifici, l’Iran ha mostrato la massima moderazione nel contrastare le rivolte”: queste le parole rivolte dal ministero degli Esteri di Teheran, in un tweet in cui accusava “l’ Occidente ipocrita che sostiene i terroristi”, alla vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, e ad altre personalità delle istituzioni europee, tra cui la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, e i ministeri degli Esteri di Francia e Austria.

    In countering riots, 🇮🇷’s shown utmost restraint & -unlike many Western regimes who smear & violently crackdown even the peaceful protesters- Iran has employed proportionate & standard anti-riot methods. The same is true for the judicial process: restraint & proportionality. 1/ pic.twitter.com/vz7dMPAiSR
    — Iran Foreign Ministry 🇮🇷 (@IRIMFA_EN) December 8, 2022

    Mohsen Shekari
    L’eurodeputata del Partito Democratico e vice di Roberta Metsola, aveva poco prima espresso su Twitter il proprio sconforto per l’impiccagione del rapper ventitreenne Mohsen Shekari, divenuto celebre in Iran per il proprio impegno politico contro il regime: quella del giovane, che era stato arrestato durante le proteste a fine settembre e da allora era detenuto nel carcere di Evin, è ufficialmente la prima esecuzione capitale del regime contro i manifestanti. “È la prima folle sentenza di morte eseguita per un manifestante in Iran. Ci troverete dalla parte della libertà, dalla parte dei manifestanti. Sempre”, ha dichiarato Picierno.
    Fin da subito le istituzioni europee hanno fatto scudo intorno alla vicepresidente Picierno: “Esprimo la mia solidarietà a Pina Picierno, l’Ue sarà sempre unita contro la pena di morte e dalla parte di tutte le donne e uomini che scendono in strada per difendere la libertà e il rispetto dei diritti umani”, ha dichiarato la presidente dell’eurocamera, Roberta Metsola. Manifestazioni di solidarietà anche dal Partito Democratico e da Camilla Laureti, subentrata a David Sassoli nella delegazione del PD a Bruxelles: “Pensare di poter intimidire Pina Picierno equivale a non conoscerla – ha twittato Laureti -, il regime iraniano, oppressivo e sanguinario, avrebbe potuto risparmiarsi questa perdita di tempo”.

    Pensare di poter intimidire @pinapicierno equivale a non conoscerla.Il regime iraniano, oppressivo e sanguinario, avrebbe potuto risparmiarsi questa perdita di tempo…A Pina il mio abbraccio e la mia solidarietà!#IranRevolution #Iran #picierno #MohsenShekari #MahsaAmini pic.twitter.com/LwkPyDVTQT
    — Camilla Laureti (@camillalaureti1) December 9, 2022

    Il ministero degli Esteri iraniano ha taggato Picierno in un tweet in cui accusa l’Occidente di sostenere i terroristi, dopo che la vicepresidente dell’eurocamera aveva condannato l’impiccagione del rapper 23enne Mohsen Shekari da parte del regime. Manifestazioni di solidarietà da Roberta Metsola e da esponenti del Pd

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    Iran, tra le aperture sul velo e la tolleranza zero: da oggi tre giorni di scioperi in tutto il Paese

    Bruxelles – Il popolo iraniano non ha più paura, non si accontenta e rilancia ancora. Da oggi (5 dicembre) al via una nuova mobilitazione, con tre giorni di scioperi a cui stanno aderendo i lavoratori di tutto il Paese: sui social network si moltiplicano testimonianze di serrande chiuse al Gran Bazar di Teheran, per le strade di Isfahan, così come nella provincia curda e nel Beluchistan.
    Il regime teocratico, nel tentativo di scoraggiare le proteste, ha annunciato la “tolleranza zero” verso i manifestanti: le Guardie della rivoluzione, il corpo militare istituito nel 1979 dall’ayatollah Khomeini, hanno dichiarato che “non esiteranno a fronteggiare duramente i rivoltosi, i criminali armati e i terroristi sostenuti dai servizi di intelligence stranieri”.
    Sembrano quindi archiviate le timide ipotesi di aperture, circolate nel fine settimana, da parte del governo iraniano: sabato 3 dicembre il Procuratore generale Mohamad Montazeri, in una conferenza stampa a margine di un incontro con l’establishment clericale nella città santa sciita di Qom, aveva paventato lo scioglimento “de facto” della Gasht-e Ershad, la polizia morale incaricata di vigilare sul rispetto dei precetti islamici e responsabile della morte della ventiduenne Mahsa Amini, che ha dato il via alle proteste lo scorso 16 settembre.
    In realtà, non c’è stata alcuna dichiarazione ufficiale sulla sospensione della polizia morale, confermata da alcuni quotidiani riformisti iraniani, ma smentita da diverse associazioni e da esponenti della società civile. Anche perché non è la magistratura a controllare la milizia, che fu creata nel 2005 dal governo di Mahmud Ahmadinejad e rinforzata dal presidente attuale, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi. A segnare un punto di non ritorno però, è stata un’altra comunicazione del Procuratore generale: Montazeri ha ammesso che si aprirà una commissione congiunta tra l’Assemblea islamica e il Consiglio supremo della rivoluzione per discutere le norme che regolano l’abbigliamento femminile.
    A prescindere dalle decisioni che prenderanno i mullah iraniani sul velo, ridiscutere l’obbligatorietà di uno dei simboli del regime teocratico è una concessione che potrebbe non bastare più, e che anzi potrebbe rappresentare un incentivo per insistere ulteriormente nelle proteste. Anche perché il costo sostenuto dai manifestanti, in termini di vite umane, va ben oltre la questione del velo: secondo l’ultimo bollettino dell’agenzia iraniana per i diritti umani Hrana, sarebbero almeno 471 le vittime dall’inizio delle proteste, tra cui 64 minori. E 18 mila arrestati, che rischiano la pena capitale.
    Abir Al-Sahlani
    I segni di cedimento del regime potrebbero essere cavalcati anche dalla Comunità internazionale, che finora non è riuscita a incidere in maniera significativa. È questo il pensiero dell’eurodeputata svedese di origini irachene, Abir Al-Sahlani, che lo scorso 5 ottobre si rese protagonista del gesto simbolo della mobilitazione delle donne iraniane, tagliandosi una ciocca di capelli nell’aula del Parlamento europeo di Strasburgo. Intervenuta a “Center Stage”, podcast del gruppo Renew di cui fa parte, Al-Sahlani ha affermato che “la comunità internazionale, guidata dall’Unione europea, deve prendersi maggiori responsabilità e isolare il regime iraniano”. Secondo l’eurodeputata, le sanzioni europee a 126 persone e 11 entità iraniane sono ancora troppo poche: “Sostanzialmente è solo il gabinetto del presidente. Bisogna isolare le Guardie della rivoluzione, la polizia morale, tutti i membri del Parlamento e le loro famiglie, che spesso vivono all’estero e godono dei diritti che gli verrebbero negati in patria”.
    Oltre alle sanzioni, un’altra via che l’Ue può percorrere è il supporto ai movimenti della società civile che si battono per i diritti umani: il programma Global Europe Human Rights and Democracy prevede budget specifici per sostenere associazioni per i diritti umani in Paesi terzi, che possono essere concessi senza il consenso dei rispettivi governi. Per “non distogliere lo sguardo da coloro che ci guardano dalle strade dell’Iran”, come ha dichiarato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, in apertura al dibattito tenutosi a Strasburgo lo scorso 23 novembre sulla risposta dell’Ue alla crescente repressione delle proteste in Iran, esiste anche questa possibilità.

    Al via una nuova mobilitazione, a cui le Guardie della Rivoluzione hanno annunciato che “reagiranno duramente”. Smentito lo scioglimento della polizia morale, rimane l’apertura del regime che ridiscuterà le norme sul velo obbligatorio

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    Sospesi i contatti tra il Parlamento europeo e Teheran, l’Ue respinge le sanzioni iraniane contro i deputati

    Bruxelles – “In risposta alle inaccettabili sanzioni ai membri di quest’aula, annuncio che non ci saranno contatti diretti tra le delegazioni del Parlamento europeo e le controparti ufficiali iraniane, fino a nuovo avviso”: nel suo discorso d’apertura della sessione plenaria all’emiciclo di Strasburgo, la presidente dell’eurocamera, Roberta Metsola, ha sancito la temporanea sospensione del dialogo tra gli europarlamentari e gli omologhi dell’assemblea islamica di Teheran.
    La rottura è stata confermata anche dal Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato, Olivér Varhelyi, che nel dibattito di ieri sera (23 novembre) sulla “risposta dell’Ue alla crescente repressione delle proteste in Iran”, ha dichiarato che “le misure contro gli europarlamentari verranno respinte”.

    We will not look away from those who look to us from the streets of Iran.
    Iran must stop its oppression of legitimate protests.
    In response to Iran sanctioning MEPs, @Europarl_EN will no longer engage with Iranian authorities.
    زن زندگی آزادی pic.twitter.com/f6CKwilizQ
    — Roberta Metsola (@EP_President) November 21, 2022

    Le misure indirizzate dal governo islamico di Ebrahim Raisi a 6 eurodeputati e a diversi media, società e ONG europee, colpevoli di “azioni deliberate a sostegno del terrorismo che ha causato rivolte e violenze contro la nazione iraniana”, altro non sono che una mossa di ritorsione in seguito a quelle emesse a più riprese da Bruxelles, che lo scorso 14 novembre aveva aggiunto altre 29 persone e 3 entità all’elenco dei soggetti a misure restrittive in Iran, che conta ora 126 persone e 11 entità.
    Il Commissario Ue Oliver Varhelyi
    Nella rotta di collisione tra il Parlamento Ue e la Repubblica islamica, il dibattito tenutosi all’emiciclo di Strasburgo segna quindi un nuovo capitolo. Varhelyi ha sottolineato in aula che “nonostante le nostre richieste, l’uso di violenza sproporzionata continua e non c’è alcuna chiarezza sul numero di persone uccise e arrestate”: il regime continua a accusare gruppi terroristici della responsabilità delle stragi di piazza, ma secondo l’ultimo bollettino pubblicato da Iran Human Rights, le vittime per mano delle forze di sicurezza sarebbero 416, di cui 51 minori e 27 donne. Nell’ultima settimana i morti nelle manifestazioni sarebbero addirittura 72, dato che certificherebbe un inasprimento ancora maggiore delle proteste e della repressione governativa, soprattutto nelle aree a maggioranza curda, dove negli ultimi sette giorni avrebbero perso la vita 56 persone. A queste vittime vanno aggiunti i 6 manifestanti che la repubblica islamica ha condannato alla pena capitale perché “rivoltosi e perturbatori della sicurezza”.
    Domani (24 novembre), il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite terrà a Ginevra una sessione speciale sulla situazione in Iran, convocata in seguito a una richiesta ufficiale di Germania e Islanda e sostenuta da 44 Paesi. “L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, accoglie favorevolmente la riunione speciale”, ha dichiarato a proposito il commissario Varhelyi, che ha poi assicurato che il capo della diplomazia europea “utilizzerà tutte le opportunità nei suoi contatti diretti con le autorità iraniane per reiterare la posizione dell’Ue sulla pena capitale e sul rispetto dei diritti umani”.

    In seguito alle misure restrittive imposte a 6 europarlamentari e a diverse società europee, Metsola ha annunciato la sospensione del dialogo con le controparti ufficiali a Teheran. Dibattito in aula sulla risposta europea alla crescente repressione in Iran, dove l’ultimo bollettino racconta di 416 vittime tra i manifestanti

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    Ue “al fianco” del popolo iraniano, sanzionati altri 29 individui per la morte di Mahsa Amini e le violenze in piazza

    Bruxelles – Ferma condanna “dell’inaccettabile e violenta repressione” delle manifestazioni in Iran. Il Consiglio Affari Esteri riunito a Bruxelles ha deciso oggi (14 novembre) di sanzionare altre 29 persone e tre entità per il ruolo nella morte di Mahsa Amini, la 22enne morta lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab e nella repressione delle proteste che vanno avanti senza sosta da oltre un mese.
    Tra gli ultimi nomi aggiunti all’elenco di individui soggetti a misure restrittive (che si traducono in un divieto di viaggio e congelamento dei beni), come si legge in una nota del Consiglio Ue, c’è anche il ministro dell’Interno iraniano, Ahmad Vahidi, che è anche responsabile della LEF, le forze dell’ordine iraniane. Presi di mira altri quattro membri della squadra che ha arrestato arbitrariamente Mahsa Amini, i capi provinciali delle LEF e del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC), nonché il generale di brigata Kiyumars Heidari, il comandante della Le forze di terra dell’esercito iraniano, per il loro ruolo “nella brutale repressione delle recenti proteste”, scoppiate nel Paese a seguito dell’uccisione della donna. Bruxelles prende di mira anche l’emittente televisiva di Stato iraniana Press TV responsabile “della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti” e Vahid Mohammad Naser Majid, il capo della polizia informatica iraniana per la sua responsabilità nell’arrestare arbitrariamente persone per aver espresso critiche online al regime iraniano.
    Il regime di sanzioni per i diritti umani applicato in Iran include anche il divieto di esportazione in Iran di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni. Con l’aggiornamento della lista, l’elenco dei soggetti alle misure restrittive dell’UE sale a quota 126 persone e 11 entità. “L’UE condanna fermamente l’inaccettabile e violenta repressione dei manifestanti. Siamo con il popolo iraniano e sosteniamo il suo diritto a protestare pacificamente e ad esprimere liberamente le sue richieste e opinioni. Oggi stiamo imponendo ulteriori sanzioni ai responsabili della repressione dei manifestanti iraniani”, commenta l’alto rappresentato Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell.

    Dal Consiglio Affari Esteri via libera a nuove restrizioni contro individui ed entità coinvolte con “la violenta repressione”. Nell’elenco anche il ministro dell’Interno iraniano, Ahmad Vahidi

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    Per von der Leyen è tempo di sanzioni Ue contro Teheran per la repressione delle donne iraniane

    Bruxelles – Difendere i valori in cui l’Europa crede e difendere chi si batte per proteggerli anche fuori dall’Europa. Come “le coraggiose” donne iraniane che attraverso settimane di proteste e manifestazioni “chiedono libertà e uguaglianza”. Per Ursula von der Leyen è arrivato il momento di sanzionare i responsabili della repressione delle donne iraniane.
    E’ durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, che la presidente della Commissione europea ha condannato la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici che vengono picchiati e detenuti: uomini e donne, avvocati e giornalisti, attivisti e cittadini comuni” che protestano da settimane per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa (la cosiddetta polizia della moralità) per non aver indossato correttamente l’hijab.
    “Questo è un grido per l’uguaglianza, è un grido per i diritti delle donne”, ha detto la presidente, precisando che il messaggio dell’Unione europea di fronte alla repressione deve essere dobbiamo chiedere che la violenza si fermi. Le donne devono avere la possibilità di scegliere. E dobbiamo ritenere responsabili coloro che sono responsabili della repressione delle donne”. Per questo, è arrivato il momento di sanzionare le persone che sono responsabili. “La scioccante violenza inflitta al popolo iraniano non può rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni”, ha dichiarato, aprendo di fatto all’idea che l’Ue possa imporre sanzioni contro i funzionari iraniani coinvolti nella repressione. Secondo quanto riportano fonti Ue a Bloomberg, il pacchetto di misure restrittive dovrebbe coinvolgere 15 tra persone ed entità iraniane legate alla morte di Amini e potrebbe essere adottato già la prossima settimana, se sarà raggiunto un accordo unanime tra i Ventisette.
    Un’idea che l’Europarlamento, per primo, ha sostenuto approvando lo scorso 6 ottobre a Strasburgo un atto di indirizzo per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. Gli europarlamentari hanno chiesto “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.

    Durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, la presidente della Commissione europea condanna la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici” che vengono picchiati e detenuti in Iran per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab