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    Migranti, la soluzione di Polonia e Paesi baltici per fermare la rotta bielorussa è innalzare muri e sanzionare Minsk

    Bruxelles – Si sta trasformando sempre più in una polveriera il confine dell’Unione Europea con la Bielorussia. Lituania e Polonia sono sul piede di una guerra diplomatica con il regime di Alexander Lukashenko a causa di quello che dai funzionari europei viene definito un “attacco ibrido”. Il presidente bielorusso da mesi agevola il flusso irregolare di migliaia di persone migranti verso l’Unione Europea, come ritorsione alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles.
    Dopo la pubblicazione dei dati sul flusso di immigrazione irregolare da parte del dipartimento di Statistica del governo lituano, il ministro degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, ha fatto sapere ieri (24 agosto) durante una conferenza stampa che Vilnius ha proposto all’Unione Europea di imporre sanzioni ai bielorussi che stanno aiutando i migranti ad attraversare la frontiera. Il ministro lituano ha presentato al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) una lista di cittadini e aziende bielorusse “coinvolte nei flussi migratori illegali”.
    Il valico di frontiera di Padvaronys, tra Lituania e Bielorussia
    Dal primo gennaio a oggi (25 agosto) le statistiche ufficiali del governo riportano 4.140 tentativi di attraversamento illegale della frontiera lituana dal territorio bielorusso. A inizio luglio erano 672, in tutto lo scorso anno 81 (tra il 2017 e il 2020 complessivamente 303). Nel solo mese di luglio l’entità del flusso migratorio è aumentata esponenzialmente, oltre sei volte quella registrata nei primi sei mesi dell’anno.
    “Dobbiamo mandare un segnale molto chiaro non solo alla Bielorussia, ma anche a qualsiasi dittatore che decida di usare un tale strumento contro l’Unione Europea o uno dei suoi Stati”, ha minacciato Landsbergis. Ma le sanzioni sono solo l’ultimo tra gli strumenti proposti dal governo di Vilnius. Il 9 luglio la Lituania ha annunciato la costruzione di una barriera di filo spinato di 550 chilometri – sui 678 totali – di confine con la Bielorussia, che prevede di completare entro settembre del prossimo anno. Rispetto alle previsioni di spesa (41 milioni di euro), il costo stimato è lievitato e si attesta ora a 152 milioni di euro. Estonia, Slovenia e Danimarca hanno già aiutato la Lituania, inviando materiale per la costruzione della prima barriera di filo spinato.
    Muri, sanzioni e finanziamenti
    Costruire muri per proteggere le frontiere esterne dell’UE costa e, come la Lituania, anche gli altri Paesi membri della regione sono alla ricerca di sostegno economico per intraprendere lo stesso tipo di operazioni. In primis la Polonia, da dove è arrivata la notizia che sarà costruita una recinzione simile a quella lituana lungo i 399 chilometri di confine con la Bielorussia. Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa, Mariusz Błaszczak, su Twitter: si tratterà di una recinzione di 2,5 metri di altezza, mentre “più soldati saranno coinvolti per aiutare la guardia di frontiera”.
    Nel frattempo il premier Mateusz Morawiecki ha accusato Lukashenko di “cercare sistematicamente e in modo organizzato di destabilizzare la situazione politica” in Polonia. Morawiecki ha riferito di essere a conoscenza di “pubblicità che incoraggiano gli iracheni a viaggiare in Bielorussia” e di lì sarebbero poi “scortati al confine e costretti da ufficiali bielorussi ad attraversare la frontiera“.
    Il governo polacco è stato però criticato da diverse organizzazioni per i diritti umani per essersi reso responsabile di episodi di pushback (respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea), come nel caso di un gruppo di migranti nei pressi del villaggio di Usnarz Gorny. “Questi non sono rifugiati, sono migranti economici portati dal governo bielorusso“, ha risposto in modo inquietante ai giornalisti il viceministro degli Esteri, Marcin Przydacz, giustificando implicitamente possibili azioni illegali da parte della guardia di frontiera polacca.

    Na granicy z Białorusią powstanie nowy, solidny płot o wysokości 2,5 m. Więcej żołnierzy będzie zaangażowanych w pomoc Straży Granicznej. Wkrótce przedstawię szczegóły dotyczące dalszego zaangażowania Sił Zbrojnych RP. pic.twitter.com/uTQ0lKYIb4
    — Mariusz Błaszczak (@mblaszczak) August 23, 2021

    Come la Lituania, anche la Polonia e la Lettonia hanno visto aumentare il numero di attraversamenti illegali, mentre l’Estonia teme ripercussioni sulla stabilità interna e di tutta la regione. Per questo motivo i primi ministri dei quattro Paesi (rispettivamente Ingrida Šimonytė, Mateusz Morawiecki, Arturs Krišjānis Kariņš e Kaja Kallas) hanno firmato una dichiarazione congiunta per portare all’attenzione dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite “la questione degli abusi dei migranti sul territorio bielorusso”.
    I quattro premier hanno sollecitato l’alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati a “prendere misure attive per facilitare la soluzione di questa situazione”, dal momento in cui “la crisi in corso è stata pianificata e sistematicamente organizzata dal regime di Alexander Lukashenko“. Il fatto di “usare gli immigrati per destabilizzare i Paesi vicini costituisce una chiara violazione del diritto internazionale”, da qualificarsi come “attacco ibrido”.
    In quest’ottica all’Unione Europea è stato chiesto di “ripensare l’approccio alla protezione dei nostri confini”. Non si tratterebbe solo di “un’adeguata attenzione politica a livello europeo”, ma soprattutto di “stanziare fondi sufficienti” ai singoli Stati membri, essendo questa una “responsabilità comune” dell’intera Unione. Lituania, Polonia, Lettonia ed Estonia hanno messo nero su bianco che “prenderemo tutte le azioni necessarie, compreso il patrocinio di eventuali nuove misure restrittive da parte dell’UE, per prevenire qualsiasi ulteriore immigrazione illegale orchestrata dallo Stato bielorusso”. Allo stesso tempo, è stata ribadita la volontà di “fornire tutta la protezione necessaria alle persone che entrano nei nostri Paesi alle condizioni previste dal diritto internazionale dei rifugiati”.
    La risposta dell’Unione
    “Non possiamo accettare alcun tentativo da parte di Paesi terzi di incitare alla migrazione illegale”, ha commentato ieri il portavoce per la Giustizia della Commissione UE, Christian Wigand, durante il punto giornaliero con la stampa. “Respingiamo fermamente i tentativi di strumentalizzare le persone per scopi politici”. L’esecutivo comunitario starebbe comunque “monitorando da vicino gli sviluppi al confine per la gestione ordinata delle frontiere e il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti”.
    La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, durante la sua visita al valico di frontiera di Padvaronys (2 agosto 2021)
    Una replica attendista, soprattutto in ottica di possibili nuovi pushback alle frontiere dell’Unione Europea (dopo quelli in Ungheria, Croazia e Grecia). Il portavoce dell’esecutivo non si è voluto sbilanciare, richiamandosi piuttosto alle dichiarazioni che hanno seguito la riunione straordinaria dei ministri degli Interni di mercoledì scorso (18 agosto). “Questo comportamento aggressivo è inaccettabile ed equivale a un attacco diretto e mirato a mettere sotto pressione l’Unione“, aveva spiegato alla stampa la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson.
    Ora che si innesta anche la questione di nuovi flussi migratori provenienti da un’Afghanistan destabilizzato, “l’Unione Europea dovrà considerare ulteriormente la sua risposta a queste situazioni, per scoraggiare qualsiasi tentativo di strumentalizzare l’immigrazione illegale“, ha aggiunto la commissaria Johansson. Dalla settimana prossima, quando l’esecutivo UE tornerà a lavorare a pieno regime, si capirà quale sarà la linea che verrà seguita sia a livello di ulteriori sanzioni contro la Bielorussia, sia sul piano di eventuali finanziamenti europei per l’innalzamento di nuovi muri alle frontiere esterne dell’Unione.

    La Lituania chiede all’UE di imporre sanzioni a chi agevola il flusso irregolare nel Paese, mentre Varsavia annuncia la costruzione di una barriera di confine. Denunciato il regime di Lukashenko in una dichiarazione congiunta con Estonia e Lettonia

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    Bielorussia, tutti contro Lukashenko: UE e Stati Uniti tengono alta l’attenzione su repressioni interne e flussi migratori

    Bruxelles – Prosegue su due binari, quello della repressione dell’opposizione interna e quello della facilitazione del flussi migratori, la strategia del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, per rafforzare la sua posizione nel Paese e sullo scacchiere internazionale. Nonostante le sanzioni economiche imposte a Minsk dall’Unione Europea e le condanne internazionali per la violenze nei confronti di attivisti e giornalisti indipendenti, l’ultimo dittatore d’Europa cerca di non mollare la presa, giocandosi le ultime carte per mettere a tacere le voci critiche.
    Da mesi si sta stringendo sempre più il cappio al collo dei media, come dimostrato anche dallo scandalo internazionale del dirottamento dell’aereo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk per arrestare il giornalista Roman Protasevich, e la compagna, Sofia Sapega. Ieri (mercoledì 28 luglio) un tribunale della Bielorussia ha dichiarato “estremista” Belsat TV, televisione indipendente con sede in Polonia, dopo la minaccia del ministero dell’Interno di multare e incarcerare chiunque condivida informazioni provenienti da questo canale d’informazione.
    L’ingiunzione del Tribunale, che ha bloccato il sito web Belsat e tutti i suoi account social in Bielorussia, è l’ultimo atto di un’intensa azione di repressione dei media e della società civile: lo stesso Lukashenko ha affermato di voler “ripulire” il Paese da attivisti e media indipendenti, che a suo avviso hanno l’unico obiettivo di sovvertire l’ordine pubblico. Il vicedirettore della testata, Aleksy Dzikawicki, ha annunciato che il canale continuerà il suo lavoro in ogni caso: “Continueremo a portare informazioni indipendenti in bielorusso e senza censura”. Con un affondo al regime: “Chi detiene il potere in Bielorussia chiama ‘estremisti’ tutti coloro che si oppongono alla violenza e al terrore imposto dopo le elezioni truccate, cioè la stragrande maggioranza dei propri cittadini”.
    La situazione tragica del giornalismo bielorusso è stata recentemente descritta alla commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento Europeo da Stanislav Ivashkevich, reporter di Belsat TV, ma risale già a cinque mesi fa la condanna a due anni di carcere per due colleghe della stessa emittente, Katsiaryna Andreyeva e Darya Chultsova, per aver ripreso la manifestazione in memoria dell’attivista Raman Bandarenka nel novembre dello scorso anno. Senza dimenticare il blocco di Tut.by, uno dei più importanti siti di informazione bielorussi, e l’arresto dei giornalisti della redazione lo scorso 18 maggio.
    Da Bruxelles è arrivata la ferma condanna della decisione del tribunale bielorusso: “È un altro esempio della repressione della libertà di espressione e di informazione sotto il regime di Lukashenko, che mira a mettere a tacere tutte le voci indipendenti”, ha accusato la portavoce della Commissione UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Nabila Massrali. Da Washington invece è arrivata la reazione della leader dell’opposizione bielorussa e presidente legittima riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya: “I giornalisti sanno che stanno facendo la cosa giusta e stanno combattendo per la libertà del nostro Paese”.

    Belarus: EU deplores recent court decision declaring Belsat TV channel “extremist”. Another example of the crackdown on freedom of expression and freedom of information under the Lukashenko regime, aiming to silence all independent voices.
    — Nabila Massrali (@NabilaEUspox) July 28, 2021

    La dichiarazione di Tsikhanouskaya è arrivata durante il suo viaggio negli Stati Uniti, che l’ha portata a incontrare il presidente democratico, Joe Biden, il segretario di Stato, Antony Blinken, e il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan. L’obiettivo è quello di raccogliere sostegno per un’azione più decisa contro il presidente Lukashenko, oltre a quello attuato – le sanzioni economiche – e promesso – il pacchetto di investimenti da 3 miliardi di euro per il futuro democratico del Paese – dall’Unione Europea. La leader dell’opposizione bielorussa ha esortato Washington a imporre misure restrittive alle aziende petrolifere, di potassio, dell’acciaio e del legno legate al regime. “Lukashenko capisce solo il linguaggio della forza. Ecco perché le sanzioni devono essere estremamente dure”.
    Il presidente Biden ha ribadito il suo sostegno alla società civile in Bielorussia nel corso del colloquio di ieri con Tsikhanouskaya alla Casa Bianca, definendosi “onorato” dell’incontro con la leader dell’opposizione: “Gli Stati Uniti sono al fianco del popolo bielorusso nella sua ricerca della democrazia e dei diritti umani universali”, ha fatto sapere via Twitter. Da parte sua, Tsikhanouskaya ha ringraziato Biden per il “potente segno di solidarietà con milioni di impavidi bielorussi” che stanno combattendo “pacificamente per la libertà”. Il Paese dell’Est Europa in questo momento “è in prima linea nella battaglia tra democrazia e autocrazia”, ha aggiunto su Twitter: “Il mondo è con noi, la Bielorussia sarà una storia di successo”.

    I was honored to meet with @Tsihanouskaya at the White House this morning. The United States stands with the people of Belarus in their quest for democracy and universal human rights. pic.twitter.com/SdR6w4IBNZ
    — President Biden (@POTUS) July 28, 2021

    Ma intanto a Bruxelles c’è apprensione anche su un altro fronte, quello del ricatto di Lukashenko all’Unione attraverso l’apertura della rotta bielorussa alle persone migranti verso la Lituania. La Commissione UE ha attivato il meccanismo europeo di protezione civile per aiutate il Paese membro ad affrontare un flusso che dall’inizio dell’anno conta oltre 2.100 migranti e richiedenti asilo, quasi tre volte in più di tutto lo scorso anno. I Paesi di provenienza sono soprattutto africani (Repubblica del Congo, Gambia, Guinea, Mali e Senegal) e mediorientali (Iraq, Iran e Siria).
    Non a caso l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è messo in contatto con il ministro degli Esteri iracheno, Fuad Hussein. “Ho avuto una buona conversazione su come affrontare l’aumento del numero di cittadini iracheni che attraversano irregolarmente la Bielorussia verso la Lituania”, ha fatto sapere su Twitter. “Questo è motivo di preoccupazione per l’intera UE. Contiamo sul sostegno dell’Iraq“. In aggiunta, la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha comunicato che sarà in visita in Lituania il primo e il 2 agosto, per ribadire l’opposizione del gabinetto von der Leyen “all’ondata di aggressione” di Minsk.
    Durante il punto quotidiano con la stampa il portavoce per gli Affari interni, la migrazione e la sicurezza interna, Adalbert Jahnz, ha confermato il supporto dell’esecutivo UE alla Lituania, negando qualsiasi tentativo di pushback alla frontiera con la Bielorussia (respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea). “Dalla composizione dei gruppi di migranti arrivati è evidente che non si tratta di aventi il diritto di richiedere l’asilo e perciò diventa centrale il tema del rimpatrio di queste persone“. Desta però particolare perplessità tra i giornalisti a Bruxelles la decisione del governo lituano – non ostacolato nemmeno a parole dall’esecutivo comunitario – di costruire un muro lungo i 678,8 chilometri di confine tra la Lituania e la Bielorussia, per una spesa pari a circa 48 milioni di euro.

    Good conversation w/ Iraqi Foreign Minister @Fuad_Hussein1 yesterday on how to tackle increased number of Iraqi citizens irregularly crossing from Belarus into Lithuania.
    This is an issue of concern not only for one Member State but for the entire EU. We count on Iraq’s support.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) July 28, 2021

    Mentre il sito di informazione indipendente Belsat è stato dichiarato “estremista” da Minsk, la leader dell’opposizione Tsikhanouskaya ha incontrato il presidente Biden a Washington. Bruxelles preoccupata per l’aumento dei migranti iracheni verso la Lituania

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    Bielorussia, l’Unione Europea alza la voce contro Lukashenko: “Il popolo di Minsk deve sapere che li stiamo sostenendo già ora”

    Bruxelles – Non è solo il tempo delle denunce e delle sanzioni economiche. Contro il regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, l’Unione Europea vuole dimostrare che già adesso è impegnata a sostegno della società civile e dell’opposizione democratica: una questione che spesso si sente dire o si legge alla voce “cose che Bruxelles non fa a sufficienza”. Proprio nei giorni in cui si è riaccesa la tensione tra l’UE e Minsk sulla questione della migrazione irregolare verso la Lituania, il Parlamento Europeo ha organizzato audizioni e attività nelle commissioni per accendere i riflettori sulla situazione nel Paese in tutta la sua drammaticità e per chiarire in che modo la macchina comunitaria si sia attivata per non lasciare soli i cittadini bielorussi.
    “Lo spazio per le libertà della società civile in Bielorussia si sta riducendo in maniera sempre più significativa”, ha avvertito Vassilis Maragos, capo unità per il Partenariato Orientale di DG Near (dipartimento della Commissione Europea deputato alle politica di vicinato e dei negoziati di allargamento), durante il confronto odierno con gli eurodeputati della commissione Cultura (CULT). “Non smettiamo però di mantenere aperti i canali con attivisti e giornalisti, per condividere lo sforzo verso una transizione democratica nel Paese”. Tra le modalità di assistenza offerta da Bruxelles compare il “potenziamento della rete degli attuali 13 media indipendenti che sono dovuti fuggire dalla Bielorussia, o che dall’interno stanno creando una narrazione per i cittadini diversa da quella di Stato”.
    Nonostante le sanzioni economiche imposte a Minsk, l’UE sta cercando per quanto possibile di non abbattere il sistema produttivo del Paese, soprattutto quello formato dalla maggioranza di imprenditori che non hanno nulla a che fare con il regime: “Da marzo stiamo sostenendo finanziariamente le piccole e medie imprese con prestiti, ma solo quelle che possiamo individuare prive di legami con lo Stato”, ha spiegato Maragos. Importante anche la solidarietà nel contesto COVID-19: “Non abbiamo mai smesso di fornire apparecchiature e materiale sanitario agli ospedali“, anch’essi spesso colpiti dalla scure della repressione, come ha dimostrato il caso dell’Ospedale dei Bambini di Grodno.
    C’è poi il capitolo degli studenti universitari, “presi di mira, sospesi o incarcerati” per aver manifestato le proprie posizioni politiche ed essere scesi nelle piazze a protestare. “Per loro abbiamo previsto un regime di borse di studio per il prossimo anno accademico nelle università europee nelle quali hanno trovato rifugio”. Infine Maragos ha ricordato agli europarlamentari il pacchetto di investimenti da 3 miliardi di euro per il futuro della Bielorussia: “Non appena si metterà in moto un vero sistema democratico, saranno già pronti investimenti per la connettività e le PMI, per il sostegno ai media indipendenti e alle istituzioni democratiche”.
    Il relatore sulla Bielorussia per il Parlamento UE, Petras Auštrevičius (Renew Europe)
    Il relatore sulla Bielorussia per il Parlamento UE, Petras Auštrevičius, ha riconosciuto che “solidarietà e sanzioni devono andare di pari passo fino a quando non riusciremo ad annullare il regime di Lukashenko”. Ricordando il rapporto che deve essere rinsaldato con la società civile (“i nostri interlocutori per il futuro sono loro”), l’eurodeputato lituano ha voluto porre l’attenzione sulla situazione dei media: “La Bielorussia è il Paese più pericoloso per i giornalisti“. Lo dimostrano le 480 detenzioni nel 2020 e i 147 incidenti – tra vessazioni, perquisizioni o incarcerazioni – solo a giugno di quest’anno. “La libertà di stampa non c’è più da tempo”, ha ribadito uno sconsolato Auštrevičius, “tutte le testate che si discostano dalla posizione dei media statali vengono represse dalla legge sugli estremismi”.
    Proprio su questo tema ieri (lunedì 12 luglio) si è focalizzata l’attenzione della commissione Affari esteri (AFET). “Il giornalismo in Bielorussia è a rischio di estinzione“, è stato il grido di aiuto di Natalia Belikova, rappresentante dell’organizzazione Belarus in Focus. “Senza il sostegno della comunità internazionale non sopravviveremo, abbiamo bisogno della vostra solidarietà e del vostro aiuto”. Cosa significa in termini pratici “rischio di estinzione” lo ha messo in chiaro Daria Losik, moglie del blogger bielorusso Igor, detenuto dal giugno dello scorso anno: “Mio marito si trova nella prigione di Gomel in condizioni disumane, la sua cella è una cassa di cemento vuota. È in una situazione allucinante sia a livello fisico che psichico“, che ha portato l’uomo a tentare il suicidio e ora lo sciopero della fame.
    Il dramma del giornalismo bielorusso è stato descritto in prima persona anche da Stanislav Ivashkevich, reporter di Belsat TV, televisione indipendente con sede in Polonia. Due colleghe – Katsiaryna Andreyeva e Darya Chultsova, condannate a febbraio a due anni di carcere – già da otto mesi si trovano dietro le sbarre: “La vita in prigione significa tortura”, è stato il commento lapidario del relatore. “Contro i giornalisti in prigione si usano tentativi di soffocamento“, come “chiudere cinque persone in una cella di due metri quadrati per far loro mancare l’aria necessaria e cospargerla di cloro”, ufficialmente per disinfezione, “ma in realtà per rendere ancora più difficile la respirazione”.
    Il tentativo di Lukashenko è quello di “distruggere tutti i media, uno per uno, cominciando con i giornalisti più visibili”. Per questo motivo è stato chiesto “più sostegno ai media liberi”, perché non si zittiscano le voci critiche dentro i confini nazionali, quelle che ancora non sono state piegate dalla violenza dell’ultimo dittatore d’Europa. L’Unione sta facendo molto a sostegno della società civile bielorussa. Ma per dire “abbastanza” è necessario che anche l’ultimo prigioniero politico ingiustamente incarcerato sia fuori dalle sbarre e possa godere dei diritti fondamentali dell’essere umano.

    Intensa attività nelle commissioni del Parlamento UE per denunciare i soprusi del regime Lukashenko verso società civile, studenti e giornalisti. Attivate borse di studio universitarie e supporto finanziario a PMI e media indipendenti

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    Bielorussia sospende il Partenariato orientale con l’UE, e gioca la carta del ricatto attraverso l’immigrazione irregolare

    Bruxelles – Sembra aver assunto ormai i tratti di un gioco al rialzo il confronto diplomatico tra Unione Europea e Bielorussia dopo le vicende dello scorso 23 maggio, tra dirottamenti di aerei di linea e imposizioni di sanzioni economiche. Il regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, ha deciso oggi di sospendere la propria partecipazione all’iniziativa del partenariato orientale dell’UE, in risposta alle “azioni che minacciano la sicurezza nazionale e causano danni diretti alla sua economia e ai cittadini”, si legge in una nota del ministero degli Affari Esteri di Minsk (non ancora tradotta in inglese). In altre parole, una rappresaglia contro le sanzioni economiche imposte giovedì scorso dal Consiglio dell’UE, che hanno colpito il settore dei prodotti petroliferi, del cloruro di potassio, del tabacco e delle tecnologie civili e militari.
    La decisione è stata comunicata al capo della delegazione UE nella Repubblica di Bielorussia, Dirk Schuebel, al quale è stata riportata la “ferma posizione” del governo di Minsk riguardo “l’assoluta inaccettabilità dell’uso delle sanzioni come strumento di pressione su uno Stato sovrano e indipendente”. In questo quadro, è stata confermata anche l’attuazione della procedura di sospensione dell’Accordo di riammissione con l’UE (firmato il 27 maggio dello scorso anno), che stabilisce obblighi e procedure per i Ventisette e la Bielorussia in materia di riammissione di cittadini il cui soggiorno sul territorio dell’altra parte è irregolare.
    A conferma dei timori dei Paesi baltici, il regime Lukashenko è pronto a giocare la carta della migrazione irregolare per ricattare l’UE e costringerla a ritirare le sanzioni economiche imposte contro il Paese. “Non possiamo adempiere ai nostri obblighi, secondo le condizioni delle restrizioni imposte dall’Unione Europea”, mette in guardia il ministero degli Esteri bielorusso. “Affermiamo con profondo rammarico che la sospensione forzata dell’Accordo avrà un impatto negativo sull’interazione nel campo della lotta all’immigrazione illegale e alla criminalità organizzata“. La posizione di Minsk sarà riportata a Bruxelles da Schuebel, mentre il rappresentante permanente della Repubblica di Bielorussia presso l’UE, Aleksandr Mikhnevich, è stato richiamato nella capitale bielorussa “per consultazioni”.
    È stato inoltre comunicato il divieto di ingresso in Bielorussia “ai rappresentanti delle strutture europee e alle persone dei Paesi UE che hanno contribuito all’introduzione di misure restrittive”. Una promessa di sanzioni individuali nei confronti di politici di spicco europei – sulla falsariga di quelle imposte dalla Russia lo scorso 30 aprile, anche se non sono ancora trapelati possibili nomi di questo elenco. “Continuiamo a sviluppare misure di risposta, comprese quelle di natura economica”, ha minacciato ancora il governo bielorusso: “Ci auguriamo che i funzionari dell’UE e dei suoi Stati membri siano consapevoli dell’inutilità delle decisioni sull’uso di un approccio energico“.

    Belarus has taken another step backwards today by suspending its participation in the Eastern Partnership.
    This will escalate tensions further and have a clear negative impact on the people of Belarus by depriving them of opportunities provided by our cooperation.
    — Charles Michel (@eucopresident) June 28, 2021

    Immediata la risposta del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel: “Oggi la Bielorussia ha fatto un altro passo indietro, sospendendo la sua partecipazione al Partenariato orientale”, ha commentato su Twitter. Questa decisione “aumenterà ulteriormente le tensioni“, ma soprattutto “avrà un chiaro impatto negativo sulla popolazione della Bielorussia, privandola delle opportunità fornite dalla nostra cooperazione”.

    In risposta alle sanzioni economiche di Bruxelles, il regime di Lukashenko ha attuato la procedura di sospensione dell’Accordo di riammissione di migranti irregolari. Annunciato anche il divieto di ingresso nel Paese per responsabili delle misure restrittive europee

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    Bielorussia, l’UE impone sanzioni economiche: colpiti petrolio, ed export tecnologico. Sospesi gli investimenti

    Bruxelles – Come promesso solo tre giorni fa dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, l’Unione Europea ha deciso di imporre sanzioni economiche contro la Bielorussia. Il Consiglio dell’UE ha introdotto oggi (giovedì 24 giugno) nuove misure restrittive nei confronti del regime del presidente, Alexander Lukashenko, per rispondere all’escalation di “gravi violazioni dei diritti umani” e alla “repressione violenta” della società civile, dell’opposizione democratica e della libera informazione, si legge in una nota. Ultimo caso, in ordine cronologico, il dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk e l’arresto del giornalista Roman Protasevich e della compagna Sofia Sapega.
    Dopo quattro pacchetti di misure restrittive contro 166 persone e 15 entità legate al regime (che comprendono il congelamento dei beni e il divieto di viaggio nell’UE), le nuove sanzioni economiche prendono di mira il settore dei prodotti petroliferi, del cloruro di potassio, del tabacco e delle tecnologie civili e militari. Vietata la vendita, la fornitura e l’esportazione “direttamente o indirettamente a chiunque in Bielorussia” di apparecchiature, tecnologie o software destinati al monitoraggio o all’intercettazione delle attività online e delle comunicazioni telefoniche.
    Limitato anche l’accesso ai mercati dei capitali dell’Unione e vietata la fornitura di assicurazioni al governo, agenzie ed enti pubblici bielorussi. Infine, la Banca Europea per gli Investimenti sospenderà ogni erogazione o pagamento nell’ambito di “eventuali accordi esistenti” e gli Stati membri UE saranno tenuti a intraprendere azioni “per limitare il coinvolgimento in Bielorussia delle banche multilaterali di sviluppo di cui sono membri”, conclude la nota.

    Via libera dal Consiglio dell’UE alle nuove misure restrittive mirate, che si aggiungono ai quattro pacchetti contro persone ed entità legate al regime di Lukashenko

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    Bielorussia, adottato il quarto pacchetto di sanzioni UE in coordinamento con Stati Uniti, Canada e Regno Unito

    Bruxelles – E sono quattro. Il Consiglio Affari Esteri ha adottato oggi (lunedì 21 giugno) un nuovo pacchetto di sanzioni dell’Unione Europea contro il regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Repressione delle proteste pacifiche, dirottamento di un volo di linea internazionale, violenze contro gli oppositori politici e violazioni dei diritti umani: è lunga la lista delle motivazioni che hanno spinto i ministri degli Esteri europei ad aggiornare la lista nera di individui e aziende da colpire con misure restrittive.
    “Oggi abbiamo lavorato sodo e abbiamo deciso di imporre un ampio pacchetto di sanzioni nei confronti di 78 persone e 8 entità bielorusse“, ha spiegato l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Un’azione attuata per “influenzare il comportamento dei responsabili”, soprattutto della vicenda del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius e il successivo arresto del giornalista Roman Protasevich e la compagna Sofia Sapega. L’alto rappresentante UE ha avvertito che “non è esclusa una quinta tornata di sanzioni“, dal momento in cui “non abbiamo la bacchetta magica, ma questo è uno strumento pesante che può contribuire a sfiancare persone, istituzioni e aziende vicine al regime”. Una visione confermata anche dalla leader dell’opposizione democratica e presidente legittima riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya, che durante il suo intervento alla riunione dei ministri “ha fornito molti consigli utili a questo riguardo”.
    Il fattore di novità del quarto ciclo di sanzioni è il coordinamento dell’Unione Europea con Stati Uniti, Canada e Regno Unito. “Ci impegniamo a sostenere le aspirazioni democratiche a lungo represse del popolo bielorusso e siamo uniti per imporre costi al regime per il suo palese disprezzo degli impegni internazionali”, si legge nella nota congiunta. Le richieste sono sempre le stesse – “cooperare con le indagini internazionali sugli eventi del 23 maggio, rilasciare i prigionieri politici, avviare un dialogo politico con i rappresentanti dell’opposizione democratica” – ma l’azione armonica del blocco delle potenze occidentali, guidata da Bruxelles, potrebbe essere una vera svolta nella risposta internazionale al regime di Lukashenko.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Per quanto riguarda l’aggiornamento della lista nera, sono ora 166 le persone e 15 le entità destinatarie di sanzioni che “inviano un ulteriore forte segnale ai sostenitori del regime”. Congelamento dei beni, divieto di viaggio nell’UE e impossibilità per i cittadini e le imprese europee di mettere fondi a loro disposizione: “Appoggiare il regime di Lukashenko ha un costo sostanziale”. Tra i nomi compaiono anche quello di uno dei tre figli di Lukashenko, Dimitry, e la nuora Liliya (già dal 6 novembre è incluso il primogenito Viktor, consigliere per la Sicurezza nazionale), ma anche importanti uomini d’affari della cerchia ristretta del presidente: Siarhei Tsiatseryn, nel settore dei prodotti alimentari, Mikhail Gutseriev, imprenditore russo dell’energia e del potassio e Aliaksey Aleksin, con interessi che vanno dal petrolio al tabacco.
    Nel mirino di Bruxelles sono finiti anche uomini della propaganda di regime, come Andrei Mukavozchyk, giornalista di Belarus Today (quotidiano dell’amministrazione presidenziale) e Siarhei Gusachenka, vicepresidente della televisione di Stato, Belteleradio. Compaiono inoltre professori e rettori universitari, come il vicerettore dell’Università statale di economia, Siarhei Skryba, il rettore dell’Università statale di medicina, Siarhei Rubnikovich, e quello dell’Accademia statale delle arti, Mikhail Barazna, tutti ritenuti responsabili per la decisione di espellere gli studenti che hanno partecipato alle manifestazioni pacifiche contro il regime. Da non dimenticare anche il vicecapo per le strutture detentive del ministero degli Affari interni, Ivan Myslitski, a causa dei trattamenti disumani e degradanti inflitti ai manifestanti, e l’impresa di proprietà dello Stato Belaeronavigatsia, responsabile del controllo del traffico aereo bielorusso: decisivo il suo ruolo in tutta la vicenda del dirottamento del volo Ryanair su Minsk il 23 maggio.
    Dopo il quarto pacchetto di sanzioni contro persone ed entità bielorusse e la decisione del Consiglio di vietare l’ingresso nello spazio aereo UE e l’accesso agli aeroporti dei Paesi membri a tutti i vettori battenti bandiera rosso-verde, sono attese a breve sanzioni economiche contro Minsk. L’alto rappresentante UE ha confermato che “le approveremo secondo le indicazioni che ci arriveranno dal prossimo vertice dei leader europei“, in programma questa settimana (24-25 giugno). “Finora non le abbiamo messe in atto perché creano danni indiscriminatamente all’economia di tutto Paese e colpiscono tutti i cittadini”, ha concluso Borrell, “ma ormai è arrivato il momento di adottare anche questo strumento”.

    L’alto rappresentante Borrell ha annunciato le nuove misure restrittive contro 86 individui e aziende al termine del vertice con i ministri degli Esteri dei Ventisette. Sanzioni economiche settoriali al vaglio del prossimo Consiglio Europeo

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    Bielorussia, l’UE denuncia pratiche “disumane” di segretezza del sistema penale e di condanne a morte

    Bruxelles – Si continua a parlare di Bielorussia a Bruxelles, dopo settimane in cui la questione del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk è stata al centro della scena internazionale. Nonostante le variazioni sul tema, il nodo cruciale rimane sempre lo stesso: le violazioni dei diritti umani da parte del regime del presidente Alexander Lukashenko.
    Con una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), sono state denunciate oggi (giovedì 17 giugno) le pratiche di segretezza del sistema penale bielorusso e soprattutto il persistere della pena di morte. La Bielorussia è l’unico Paese europeo in cui vige tuttora la pena capitale. “L’Unione Europea ricorda la sua irrevocabile opposizione all’uso della pena di morte in qualsiasi circostanza”, si legge nella nota: “È una punizione crudele e disumana, che non agisce da deterrente contro il crimine e rappresenta un’inaccettabile negazione della dignità e dell’integrità umana”.
    L’accusa delle istituzioni europee è stata sollevata dal caso di Viktar Paulau, detenuto nel braccio della morte della prigione pre-processuale n. 1 di Minsk. Il 31 luglio dello scorso anno l’uomo 50enne è stato riconosciuto colpevole di un duplice omicidio commesso il 30 dicembre 2018 nel villaggio di Prysushyna, nella regione di Vitsebsk (nel Nord-Est del Paese).
    Nonostante l’effettiva esecuzione non sia stata ancora confermata ufficialmente, come riporta l’organizzazione per i diritti umani Viasna, la sorella del condannato a morte non riceve notizie da Paulau da più di sei settimane e da qualche giorno le viene negato l’accesso alla struttura. Inoltre, il personale della prigione ha comunicato in maniera generica all’avvocato difensore che il detenuto non si trova più nella struttura. “La negazione di informazioni tempestive ai parenti è stata un’indicazione in precedenti occasioni di un’esecuzione segreta eseguita dal regime autoritario in Bielorussia”, ha commentato il Servizio europeo per l’azione esterna, facendo riferimento proprio alle informazioni fornite dalla da Viasna.
    Nel frattempo, l’Unione Europea è pronta ad adottare il quarto pacchetto di sanzioni contro il regime di Lukashenko che, come anticipato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in plenaria al Parlamento Europeo lo scorso 8 giugno, “peseranno sui settori economici-chiave, oltre a coinvolgere i responsabili del dirottamento del volo” su cui viaggiavano il giornalista e oppositore politico Roman Protasevich, e la compagna Sofia Sapega (poi arrestati).
    Secondo quanto confermano fonti di Bruxelles a Reuters, il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) degli Stati membri UE ha deciso ieri (mercoledì 16 giugno) di imporre nuove sanzioni per la duplice violazione del diritto internazionale e dei diritti umani lo scorso 23 maggio. Dovrebbe essere compreso il congelamento dei beni e il divieto di viaggio nell’UE contro circa 70 persone, oltre alle 88 già inserite nella lista nera dai precedenti pacchetti di misure restrittive, tra cui compaiono Lukashenko e suo figlio Viktor, consigliere per la Sicurezza.
    Le sanzioni approvate dagli ambasciatori dell’UE dovrebbero essere adottate nel corso della riunione dei ministri degli Esteri UE lunedì prossimo (21 giugno). Già dal 4 giugno il Consiglio dell’UE ha rafforzato le misure restrittive nei confronti di Minsk, introducendo il divieto di sorvolo dello spazio aereo dell’Unione e di accesso agli aeroporti europei per tutti i vettori e le compagnie aeree bielorusse.

    La nuova accusa al regime di Lukashenko è arrivata a seguito della negazione di “informazioni tempestive” alla famiglia e all’avvocato di un condannato a Minsk. Intanto i Ventisette sono pronti ad adottare il quarto pacchetto di sanzioni

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    Bielorussia, Borrell: “Arresto e violenze su Protasevich sono atti orrendi”. Ma il Parlamento UE vuole più determinazione

    Bruxelles – Immagini “vergognose”, una violenza “tremenda” e atti “orrendi”. In un climax di crescente indignazione, l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha condannato gli eventi delle ultime due settimane in Bielorussia. Dal dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk, fino alla confessione forzata da parte del giornalista e oppositore politico Roman Protasevich, arrestato insieme alla compagna Sofia Sapega proprio dopo il dirottamento dell’aereo che stava sorvolando lo spazio aereo bielorusso. “La Bielorussia è di nuovo al centro dell’attualità mondiale”, ha sottolineato Borrell durante il suo intervento alla plenaria del Parlamento Europeo. “Non solo per le repressioni da parte di un dittatore che ha il sostegno della Russia, ma anche per la continua violazione dei diritti umani e delle norme internazionali”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    L’ultima in ordine cronologico è stata la violazione del diritto internazionale del volo, su cui l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) ha già aperto un’indagine: “Con l’intervento di un caccia bielorusso, è stata messa a repentaglio la sicurezza dei più di cento passeggeri e dell’equipaggio di un’aereo commerciale che volava tra due capitali dell’Unione“. Una volta atterrato all’aeroporto nazionale di Minsk, si è consumato “l’atto orrendo” dell’arresto di Protasevich e di Sapega. Ma ancora più “tremendo” è stato assistere alla confessione forzata del giornalista e oppositore al regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko: “È stato l’ennesimo esempio di violazioni, dobbiamo rispondere con decisione alle immagini vergognose di questa persona che piangeva e riconosceva reati mai commessi contro la Bielorussia”.
    La prima risposta messa in atto dall’UE è stata la decisione del Consiglio Europeo di imporre la no fly zone sulla Bielorussia, di impedire l’accesso allo spazio aereo europeo ai vettori di Minsk e di implementare sanzioni non solo a carico di singole entità, ma anche economiche mirate. “Saranno adottate presumibilmente dal prossimo Consiglio Affari Esteri”, ha anticipato l’alto rappresentante Borrell, “e peseranno sui settori economici-chiave per il regime, oltre a coinvolgere i responsabili del dirottamento del volo”. Nel frattempo, “continueremo a sollevare la questione dei 450 prigionieri politici in tutti forum internazionali e portare avanti il pacchetto economico da 3 miliardi di euro a sostegno di una Bielorussia democratica”.
    La reazione del Parlamento Europeo
    Gli eurodeputati di tutti i gruppi politici hanno espresso con forza la dura condanna nei confronti del regime di Lukashenko per quanto accaduto nelle ultime settimane a Minsk e hanno chiesto una risposta ancora più decisa alla Commissione e al Consiglio. “È finito il tempo delle discussioni”, ha avvertito Andrzej Halicki (PPE), perché ormai la Bielorussia “è stata trasformata in un’enorme prigione a cielo aperto”. È arriva l’ora di “sanzioni economiche e di un sostegno più tangibile ai media indipendenti, perché il popolo è totalmente isolato”.
    Anche per Robert Biedroń (S&D) “Lukashenko ha oltrepassato tutti i limiti, ma la comunità internazionale non ha fatto tutto quanto in suo potere per fermarlo“. Con la proposta di risoluzione che sarà votata dopodomani (giovedì 10 giugno), “chiediamo a tutte le istituzioni di riconoscere Lukashenko per quello che è: l’ultimo dittatore d’Europa, che sta costruendo una Corea del Nord nel Vecchio Continente”, ha attaccato l’eurodeputato, citando le parole della leader dell’opposizione bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya.
    L’eurodeputata della Lega, Susanna Ceccardi (ID)
    Secondo Petras Auštrevičius (Renew Europe), il regime di Lukashenko “da autoritario è diventato apertamente dittatoriale”, ma è anche vero che “il suo capitale politico dipende solo dal sostegno di Vladimir Putin“. Per questo motivo “dobbiamo imporre sanzioni nei settori vitali e dare sostegno immediato alla società civile”. Sul ruolo del leader russo – che proprio ieri si è confrontato telefonicamente con il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel – si è soffermata anche Susanna Ceccardi (ID). “La Russia ha perso l’occasione di prendere le distanze e l’incontro di Sochi mette il Cremlino in una posizione scomoda”, ha sottolineato l’eurodeputata in quota Lega. Ma “anche la Cina non ha condannato il dirottamento del volo e usa la Bielorussia come un corridoio strategico verso l’Europa”. Di qui, l’Unione “dovrebbe bloccare i convogli cinesi in arrivo da Minsk, sarebbe un messaggio forte contro il dittatore e suoi amici illiberali”.
    Il fatto di “non poter starcene con le mani in mano” è il filo conduttore che unisce anche l’intervento di Viola Von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE): “Servono sanzioni contro i prodotti di raffineria e della concimazione“, settori-chiave per il “regime del terrore” instaurato dal presidente bielorusso. Per l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo, le ultime azioni di Lukashenko però non sarebbero un atto di forza, ma “mosse disperate e segni di debolezza“, perché “l’opposizione non vuole rassegnarsi ai suoi diktat”. Ecco perché il Parlamento Europeo ha ribadito con forza che “bisogna sostenere con più determinazione il piano di aiuti per una transizione veramente pacifica e democratica della Bielorussia”.

    L’alto rappresentante UE è intervenuto al dibattito in plenaria sulle vicende che hanno riportato il regime di Lukashenko al centro dell’attualità internazionale. Si attendono sanzioni economiche “mirate” anche contro i responsabili del dirottamento del volo Ryanair