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    Freedom Flotilla, l’Ue si fa da parte: “Responsabilità degli Stati di appartenenza”

    Bruxelles – La detenzione dell’equipaggio della Freedom Flotilla in Israele? L’Unione europea se ne lava le mani. Con una dichiarazione arrivata poco dopo le 17 del pomeriggio di oggi (9 giugno) – dunque a oltre 14 ore dall’intercettazione dalla nave e dall’arresto dei dodici volontari, tra cui l’eurodeputata francese Rima Hassan – la Commissione europea formula una breve dichiarazione in cui spiega che la responsabilità ricade sui Paesi di provenienza degli attivisti. “Le autorità responsabili di garantire la protezione consolare sono gli Stati di appartenenza dei cittadini“, è tutto quel che ha da dire per ora l’esecutivo Ue per bocca di un portavoce.L’eurodeputata franco-palestinese, l’attivista svedese Greta Thunberg, insieme agli altri volontari (5 francesi, un turco, uno spagnolo, un olandese, un inglese e una tedesca), sono attualmente trattenuti dalle autorità israeliane al porto di Ashdod, una trentina di chilometri a sud di Tel Aviv. L’imbarcazione e il carico di aiuti umanitari che trasportava confiscati. “L’equipaggio della Freedom Flotilla è detenuto illegalmente da Israele da oltre 14 ore, in seguito all’altrettanto illegale intercettazione della loro nave umanitaria mentre consegnava aiuti a Gaza, al di fuori delle acque territoriali israeliane”, si legge nel profilo X di Hassan, così come il quello degli altri attivisti che chiedono senza sosta da giorni di fare pressione sui governi occidentali.La Madleen del collettivo Freedom Flotilla [Ph: Account X FFC]L’Eliseo ha dichiarato oggi che la Francia si adopererà per garantire il rapido ritorno in patria dei sei cittadini francesi, la Spagna e la Turchia hanno condannato l’azione israeliana. Non una parola di condanna, né il tradizionale “seguiremo da vicino la vicenda” né, tantomeno, la presa di contatto con le autorità israeliane, da parte di Bruxelles. “L’Ue ribadisce il suo appello urgente per la ripresa immediata, senza ostacoli e continua degli aiuti su vasta scala a Gaza, nel pieno rispetto dei principi umanitari, e chiede l’immediato cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi”, ha aggiunto il portavoce della Commissione europea.Ai vertici della Commissione europea, in primis alla presidente Ursula von der Leyen e all’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, hanno indirizzato una lettera urgente 41 eurodeputati, su iniziativa della delegazione di Alleanza Verdi Sinistra a Bruxelles. I firmatari – che provengono dai gruppi dei Verdi/Ale, The Left, S&d e Renew – fanno appello all’esecutivo Ue affinché invochi “il rilascio immediato dei volontari detenuti e la protezione degli operatori umanitari europei”, condanni “pubblicamente” l’attacco alla nave “e il sequestro dell’equipaggio e degli aiuti”. Di fronte alla “palese aggressione”, i 41 chiedono “misure concrete”: la sospensione “degli scambi commerciali e della cooperazione” con Israele e “un embargo totale sulle armi“. Per fugare ogni dubbio, chiedono a Bruxelles che “chiarisca la posizione ufficiale sulle ripetute e crescenti violazioni del diritto internazionale umanitario da parte del governo israeliano”.Greta Thunberg e Rima Hassan insieme a parte dell’equipaggio della Madleen [Ph: Account Instagram Rima Hassan]Pochi minuti fa ha battuto un colpo la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, in visita negli Stati Uniti: “Negli ultimi giorni e nelle ultime ore” Metsola sarebbe stata in “costante contatto con le autorità israeliane e i leader dei gruppi politici del Parlamento europeo per garantire la sicurezza della deputata Rima Hassan, una delle persone a bordo della nave Madleen, e di tutti i suoi accompagnatori”, fa sapere l’ufficio del portavoce della presidente.La situazione è “ancora in corso e rimarremo in contatto 24 ore su 24 con tutte le parti fino a quando non sarà risolta in sicurezza”, aggiungono dallo staff di Metsola, sottolineando (ma generalizzando il problema e sfuggendo dunque da una richiesta diretta verso Israele) che “il Parlamento europeo insisterà sempre affinché tutti i suoi deputati siano tutelati e trattati con rispetto, in quanto rappresentanti eletti dei cittadini europei, ovunque si trovino nel mondo”. Su quest’ultimo punto, alza l’allarme Amnesty International, che in un comunicato ha chiesto “il rilascio immediato e incondizionato” dell’equipaggio della Madleen ed evidenzia che “devono inoltre essere protetti dalla tortura e da altri maltrattamenti”.Dal porto di Ashdod, i 12 volontari dovrebbero essere trasferiti in un centro di detenzione nella città israeliana di Ramla per poi venire rimpatriati. Nel frattempo, secondo il ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas, nella Striscia sarebbero rimasti uccisi anche oggi 47 cittadini palestinesi, e 388 feriti a causa dei raid dell’esercito israeliano.

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    Merz visita Trump: possibile un accordo sui dazi, ma niente sanzioni alla Russia (per ora)

    Bruxelles – Friedrich Merz evita lo scontro con Donald Trump, ma non riesce a convincerlo delle ragioni europee. Nel suo primo faccia a faccia col presidente statunitense, il cancelliere tedesco si è mostrato deferente e accomodante per non irritare la controparte, evitando di discutere di fronte alle telecamere i temi più controversi nelle relazioni tra Berlino e Washington. Dall’incontro, però, non ha portato a casa alcuna concessione particolare.Continua la processione dei leader mondiali alla corte di Donald Trump. Ieri (5 giugno) è stato il turno del cancelliere tedesco, che ha recato al tycoon un dono particolare: la copia del certificato di nascita del nonno incorniciata in oro. Friedrich Trump nacque nel 1869 a Kallstadt, un villaggio nell’attuale Länd del Palatinato che al tempo faceva parte della Baviera, ed emigrò successivamente negli Stati Uniti.Il Bundeskanzler ha dimostrato di aver studiato bene il proprio interlocutore. Ha saputo schivare gli argomenti che avrebbero potuto far precipitare la loro conversazione in uno scontro frontale, come avvenuto fra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e quello sudafricano Cyril Ramaphosa. Merz si è detto “estremamente soddisfatto” dell’incontro, aggiungendo di “aver trovato nel presidente americano una persona con cui posso parlare molto bene a livello personale”. Per contro, Trump ha descritto Merz come “una persona con cui è molto facile trattare“.Il presidente statunitense Donald Trump (sinistra) accoglie alla Casa Bianca il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il 5 giugno 2025 (foto via Imagoeconomica)Nel tentativo di creare un clima amichevole col tycoon newyorkese, il leader della Cdu ha ricordato che il giorno successivo, cioè oggi, sarebbe occorso l’81esimo anniversario dello sbarco in Normandia. “È stato allora che gli americani hanno liberato l’Europa“, ha notato il Bundeskanzler. Con l’operazione Overlord, il 6 giugno 1944 gli alleati arrivarono sulla costa atlantica della Francia, allora sotto occupazione nazista, mentre altre armate occidentali risalivano lo Stivale dalla Sicilia e i sovietici marciavano da est su Berlino.“Non è stata una giornata piacevole per voi“, ha ribattuto Trump alludendo al fatto che il D-Day segnò l’inizio della fine per Adolf Hitler. “A lungo  termine, signor presidente, questa è stata la liberazione del mio Paese dalla dittatura nazista“, ha risposto Merz, aggiungendo che “sappiamo cosa vi dobbiamo”. Il cancelliere ha poi colto la palla al balzo, tracciando un parallelo tra l’invasione dell’Europa da parte del Terzo Reich e quella dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin. Gli Stati Uniti, ha osservato, sono “di nuovo in una posizione molto forte per fare qualcosa per porre fine a questa guerra“.“Stiamo cercando di esercitare una maggiore pressione sulla Russia, dovremmo parlarne”, ha rimarcato Merz. Ma sulla guerra d’Ucraina non è riuscito a scucire alcuna concessione all’inquilino della Casa Bianca. Al contrario, e con buona pace delle sue stesse promesse di porre rapidamente fine al conflitto, Trump ha suggerito che potrebbe essere opportuno lasciare che Mosca e Kiev “continuino a combattere per un po’”, paragonando i due belligeranti a dei bambini litigiosi difficili da separare.Ma l’amministrazione a stelle e strisce non imporrà nuove sanzioni sul Cremlino, almeno per il momento. Se diventerà chiaro che le trattative in corso (o meglio in stallo) non porteranno a nulla, ha ammonito Trump, le contromisure di Washington potrebbero “riguardare entrambi i Paesi”. Il presidente Usa è apparso frustrato con l’Ucraina per gli attacchi condotti sul territorio della Federazione negli scorsi giorni, di cui ha parlato al telefono col suo omologo russo: Putin “è scontento”, ha detto, e “io sono scontento”. Una posizione che stona con quella degli alleati su questo lato dell’Atlantico, dove è netta la distinzione tra aggredito e aggressore, come ricordato stamattina dai portavoce della Commissione europea.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Gli altri due temi chiave dell’incontro sono stati la questione della sicurezza transatlantica e la guerra commerciale tra Stati Uniti ed Unione europea. Sul primo punto, Merz ha strappato a Trump l’impegno a non ritirare nessuno dei 40mila militari statunitensi stazionati in Germania. Il timore di un disimpegno dello zio Sam dal Vecchio continente è reale tra le cancellerie europee, che si stanno preparando a dare il disco verde alla richiesta di Washington di aumentare significativamente le spese per la difesa in ambito Nato, alzando l’asticella dal 2 al 5 per cento del Pil.Quanto ai dazi, il presidente statunitense è fiducioso che “un buon accordo commerciale” con Bruxelles sia a portata di mano. Attualmente, Washington ha imposto dazi del 10 per cento su tutte le importazioni europee, più il 25 per cento sulle auto (una catastrofe per l’economia tedesca, della quale l’automotive è un pilastro fondamentale) e il 50 per cento su acciaio e alluminio. Giorni fa, Trump ha compiuto l’ennesima giravolta sospendendo fino al 9 luglio l’attivazione di un’ulteriore dazio del 50 per cento sugli import a dodici stelle.Infine, Merz ha evitato di toccare determinati temi, come ad esempio le pesanti ingerenze da parte di membri di spicco dell’amministrazione Trump nella politica interna tedesca – con il vicepresidente JD Vance e l’ormai ex braccio di ferro del tycoon, Elon Musk, che hanno apertamente sostenuto l’ultradestra di Alternative für Deutschland (AfD) – o le relazioni di Berlino e Washington col premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ma anche il rapporto burrascoso della Casa Bianca con la Corte penale internazionale. Proprio ieri, il governo Usa ha imposto sanzioni su quattro giudici della Cpi a causa delle indagini in corso sui crimini di guerra dell’esercito di Tel Aviv, in una mossa senza precedenti fermamente condannata dai vertici Ue.

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    Albuquerque: “Con 16esimo pacchetto sanzioni finanziarie alla Russia per 228 miliardi di euro”

    Bruxelles – Il 16esimo pacchetto Ue di sanzioni contro la Russia vale almeno 228 miliardi di euro. A tanto ammontano le risorse bloccate e rese impossibili da usare per Mosca, assicura la commissaria per i Servizi finanziari, Maria Luís Albuquerque. La portata delle sanzioni, sottolinea nella risposta offerta ad una precisa richiesta che arriva dai banchi dei popolari (Ppe), riguarda però solo il settore finanziario. Con l’insieme di misure varate a fine febbraio, “circa 28 miliardi di euro di attività private sono stati congelati nell’Ue nell’ambito di misure individuali e oltre 200 miliardi di euro di attività della Banca centrale russa sono stati immobilizzati nell’ambito di sanzioni settoriali”. Da qui il valore da 228 miliardi di euro, limitato però solo ad una parte di uno dei tanti pacchetti Ue, peraltro neppure l’ultimo.Al 16esimo pacchetto di sanzioni se n’è aggiunto un altro varato il 20 maggio, con la Commissione europea al lavoro per un 18esimo pacchetto su cui non ci si sbilancia. “Non abbiamo una scadenza prestabilita” per chiuderlo e metterlo sul tavolo, premette Anitta Hipper, portavoce dell’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. “Vogliamo che sia solido, e sostenuto da tutti gli Stati membri” quando arriverà il momento di proporlo in Consiglio, precisa. In Commissione “stiamo lavorando” e a tempo debito arriverà l’insieme delle nuove misure restrittive.Secondo le prime indiscrezioni l’esecutivo comunitario sta ragionando a restrizioni per Nord Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando per il mar baltico, ulteriori restrizioni al settore bancario russo e una riduzione del tetto del prezzo del petrolio greggio.

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    Ucraina, Trump sente Putin (di nuovo). Ma all’orizzonte non c’è nessuna tregua

    Bruxelles – La pace in Ucraina è ancora lontana. È quanto emerso dalla nuova conversazione telefonica avvenuta ieri sera (4 giugno) tra Vladimir Putin e Donald Trump, durante la quale il capo del Cremlino ha promesso una dura rappresaglia agli attacchi compiuti da Kiev negli ultimi giorni (che gli Stati Uniti non sembrano interessati a impedire). Il presidente russo avrebbe anche offerto alla Casa Bianca una sponda nei complessi negoziati sul programma nucleare iraniano.La chiamata è stata riassunta dal presidente statunitense con un post sul suo social personale, Truth: “È stata una buona conversazione, ma non una conversazione che porterà ad una pace immediata“, ha scritto il tycoon. “Il presidente Putin ha detto, e molto fermamente, che dovrà rispondere al recente attacco sugli aeroporti“, ha aggiunto Trump, senza specificare se nella conversazione di circa 75 minuti abbia tentato di dissuadere il suo interlocutore dal portare a compimento suddetta rappresaglia. Stamattina, il palazzo dell’amministrazione regionale di Cherson è stato colpito con le famigerate “bombe plananti” dall’aviazione russa.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Lo smacco che lo zar non poteva lasciare impunito è una serie di attacchi compiuti negli scorsi giorni dai servizi ucraini contro diversi obiettivi sul territorio russo. Sono stati colpiti alcuni ponti – nelle oblast’ di Kursk, invasa dalle truppe di Kiev lo scorso agosto e recentemente “bonificata” da Mosca, e di Bryansk, ma soprattutto quello di Kerch che collega la Federazione con la Crimea occupata – e sono stati distrutti una quarantina di bombardieri strategici (usati per sganciare appunto le bombe plananti mantenendosi a distanza di sicurezza dalla contraerea nemica), cioè circa un terzo del totale.Bollando il governo ucraino come una “organizzazione terrorista“, Putin ha sostenuto che non ci sono più le condizioni per trattare col suo omologo Volodymyr Zelensky (nonostante lui stesso avesse aperto a questa possibilità poco più di un mese fa), confermando il sostanziale buco nell’acqua del secondo round di colloqui tra le delegazioni dei due Paesi belligeranti svoltisi a Istanbul all’inizio di questa settimana.Del resto, appare sempre più evidente il fiasco della mediazione statunitense nel complicatissimo processo negoziale tra Mosca e Kiev. Al netto di una serie di false partenze, le trattative per una tregua nel conflitto sono sostanzialmente ferme, date le posizioni inconciliabili di Russia e Ucraina su praticamente qualsiasi punto, a partire dalle condizioni per accettare un cessate il fuoco.Dalla prospettiva europea, peraltro, il disimpegno dello zio Sam dal Vecchio continente sembra ormai incontrovertibile. Per la prima volta in quasi tre anni e mezzo, il capo del Pentagono Pete Hegseth era assente alla riunione del gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina (il cosiddetto formato Ramstein) tenutasi ieri a Bruxelles. E, stando alle indiscrezioni circolate nelle scorse ore, l’amministrazione a stelle e strisce ha anche definitivamente rifiutato di fornire copertura aerea ad eventuali operazioni della “forza di rassicurazione” franco-britannica, una richiesta su cui avevano a lungo insistito i membri della coalizione dei volenterosi.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Un altro punto importante della chiamata Trump-Putin ha riguardato i difficili negoziati in corso (o meglio in stallo) sul nucleare iraniano. Secondo il tycoon, lo zar sarebbe “d’accordo” sul fatto che Teheran “non può possedere” un’arma atomica. Il presidente russo si sarebbe addirittura offerto di “partecipare nelle discussioni” con la Repubblica islamica, suggerendo di poter portare le discussioni “ad una rapida conclusione” mentre gli ayatollah starebbero rallentando le trattative. “Avremo bisogno di una risposta definitiva in un tempo molto breve!”, ha concluso l’inquilino della Casa Bianca.Dopo aver sentito Trump, Putin ha parlato brevemente anche col papa Leone XIV. L’inquilino del Cremlino avrebbe ringraziato il pontefice per la disponibilità mostrata dalla Santa Sede a ospitare in Vaticano futuri colloqui di pace tra Russia e Ucraina, un cambio di passo non indifferente da parte di Robert Francis Prevost rispetto al suo predecessore José Maria Bergoglio.Ma, appunto, non sembra ancora giunto il momento delle trattative. Per ora, Mosca ha proposto delle tregue temporanee (48 o 72 ore) limitate ad alcune zone del fronte per permettere a entrambi gli eserciti di recuperare i cadaveri dei caduti, ma Kiev ha rispedito l’offerta al mittente. Le diplomazie dei belligeranti sarebbero tuttavia impegnate per portare a termine un nuovo scambio di prigionieri di guerra e per la restituzione reciproca di diverse migliaia di salme. La Russia avrebbe anche accettato di rilasciare diverse centinaia di minori ucraini deportati dalle regioni occupate.

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    Yulia Navalnaya al Parlamento Ue: “Sostenete chi in Russia resiste a Putin, il regime cadrà”

    Bruxelles – Mentre la repressione in Russia si inasprisce, tre esponenti dell’opposizione lancianno un appello all’Ue per non abbandonare chi ancora resiste. Yulia Navalnaya, vedova di Alexei Navalny, Vladimir Kara-Murza e Ilya Yashin, sono intervenuti al Parlamento europeo chiedendo un cambio di approccio nel sostegno alle forze democratiche russe. Non si è trattato di semplici dichiarazioni simboliche: gli attivisti hanno presentato indicazioni concrete su cosa si aspettano dalle istituzioni europee.Durante la sessione congiunta della commissione Affari esteri del Parlamento europeo e della Sottocommissione per i diritti umani di stamattina (5 giugno), Navalnaya ha chiesto all’Ue di superare la fase delle dichiarazioni e avviare un sostegno tangibile alla società civile russa. In particolare, ha sollevato dubbi sull’allocazione di 5,5 milioni di euro stanziati per Radio Free Europe, testata americana, e ha chiesto perché non esista un finanziamento analogo per i media russi in esilio. “Ci sono giornali russi che da anni operano fuori dal Paese, parlano al pubblico in lingua russa, fanno un lavoro fondamentale e sopravvivono a fatica. Perché non vengono sostenuti?”, ha domandato, offrendo la disponibilità a fornire una lista di testate, attivisti e progetti specifici. Secondo Navalnaya sarebbero milioni i cittadini russi contrari alla guerra in Ucraina, ma per avere un ruolo, questi dovrebbero ricevere supporto ora. Tra le proposte: mantenere visibile la questione dei prigionieri politici, offrire aiuti ai difensori dei diritti umani, sostenere tecnologie come Vpn e spazi digitali liberi, e rafforzare le connessioni con chi agisce all’interno del Paese. “Servono piccoli progetti concreti, non solo grandi proclami”, ha sottolineato.(FILES) Russian opposition activist Vladimir Kara-Murza during a hearing in Moscow on October 10, 2022. (Photo by NATALIA KOLESNIKOVA / AFP)Vladimir Kara-Murza, recentemente liberato dopo due anni di detenzione, ha confermato che oggi ci sono oltre 3000 prigionieri politici in Russia, la maggior parte incarcerati per aver espresso dissenso contro la guerra. Ha invitato l’Ue a mettere le persone al centro della strategia: “Quando si parla di futuri negoziati, si citano risorse, confini, sanzioni. Ma i detenuti, le vittime civili e i bambini deportati devono diventare una priorità nei colloqui”. Kara-Murza ha inoltre insistito sulla necessità di un piano chiaro per il periodo successivo all’attuale regime: “L’errore degli anni ’90 fu non affrontare fino in fondo il passato sovietico. Serve una roadmap per il dopo-Putin, un piano per sostenere la costruzione di uno Stato di diritto. La transizione democratica, se arriverà, sarà rapida. Bisogna essere pronti”.Anche Ilya Yashin, incarcerato per le sue posizioni contro la guerra, ha ribadito che l’Europa non potrà costruire una democrazia russa al posto dei russi, ma può rafforzarne la capacità di resistenza. La sua richiesta principale è stata quella di legare in modo diretto il sostegno all’Ucraina con quello all’opposizione interna russa: “Ogni successo militare di Putin indebolisce chi, in Russia, lavora per una transizione pacifica e democratica”. Yashin ha inoltre segnalato un passaggio contenuto in una bozza negoziale dell’ultimo vertice negoziale di Istanbul, dove si menziona, per la prima volta, un possibile scambio di prigionieri politici tra Russia e Ucraina: “È un segnale che Putin riconosce l’esistenza di prigionieri politici. È su questo fronte che l’Unione europea dovrebbe insistere”.Molti eurodeputati hanno espresso commozione, rispetto e sostegno. Alcuni, come Michael Gahler del Ppe, hanno ricordato che “la Russia non è geneticamente autoritaria” e che un’altra Russia è possibile. Altri, come José  Sánchez Amor del gruppo Socialisti e democratici, hanno messo in guardia contro la tentazione postbellica di “lasciare fuori l’agenda russa”. Il filo conduttore è stato chiaro: la democrazia russa non può essere costruita dall’esterno, ma senza il sostegno europeo rischia di spegnersi. Infine, è emersa la proposta di creare un dialogo strutturato tra Unione europea e opposizione democratica russa, anche nel quadro di una futura Commissione parlamentare congiunta. L’obiettivo: consolidare il sostegno politico e pratico, e prepararsi a un cambiamento che, come ricordato dagli attivisti, potrebbe arrivare improvvisamente.

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    Moldova, l’adesione è sempre più vicina. Ma la Russia rimane una minaccia esistenziale

    Bruxelles – La Moldova si muove a passi da gigante verso l’adesione al club a dodici stelle. Ma non deve mollare la presa sulle riforme, se vuole aprire nei prossimi mesi i primi capitoli negoziali. E, soprattutto, deve continuare a difendersi dalle interferenze russe. A partire da quelle tramite cui, con ogni probabilità, il Cremlino tenterà di far deragliare le elezioni parlamentari in programma per il prossimo settembre, ripetendo un copione già andato in scena lo scorso autunno.“La Moldova ha fatto buoni progressi nel suo percorso verso l’Ue“, ha certificato oggi pomeriggio (4 giugno) l’Alta rappresentante Kaja Kallas durante una conferenza stampa congiunta al termine della nona riunione del consiglio d’associazione Ue-Moldova. Nello specifico, ha sottolineato, ci sono stati “progressi impressionanti nel contrasto alla corruzione, nell’avanzamento della riforma giudiziaria e nella tutela dei valori democratici“.Certo, ha concesso, “le riforme rimangono essenziali per mantenere il ritmo”, ma nessuno a Bruxelles o a Chisinau nutre seri dubbi sulle capacità del piccolo Paese balcanico di realizzarle. “La Moldova appartiene all’Europa“, ha scandito il capo della diplomazia comunitaria. Il mese prossimo si terrà il primo summit di alto livello Ue-Moldova, durante il quale si discuterà tra le altre cose di energia, digitale ed istruzione.Da sinistra: il primo ministro moldavo Dorin Recean, l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas e la commissaria all’Allargamento Marta Kos (foto: Consiglio europeo)La commissaria all’Allargamento, Marta Kos, parla addirittura di “velocità record“, e non esclude che Chisinau possa arrivare ad aprire tutti e 33 i capitoli negoziali entro la fine dell’anno, come vorrebbe il primo ministro moldavo Dorin Recean. Sulla carta, non è impossibile. Secondo gli esperti, Chisinau si muove ad un ritmo doppio rispetto agli altri Paesi candidati e tutto il lavoro tecnico potrebbe essere completato entro la fine del 2027.Per il premier, “l’adesione all’Ue non è più solo un sogno, ma sta avendo luogo di fatto“. La Commissione, come ricordato da Kos, ha già inoltrato agli Stati membri tre relazioni – una sul primo cluster (fondamentali), una sul secondo (mercato interno) e una sul sesto (relazioni esterne) – e si aspetta ora dal Consiglio una decisione sull’apertura dei primi capitoli negoziali “il prima possibile”.Di fatto, Chisinau gode già degli effetti dell’integrazione graduale. Secondo questo approccio, Bruxelles permette ai cittadini dei Paesi candidati di sperimentare in anticipo i benefici dell’adesione all’Ue, prima ancora che entrino effettivamente nel club, estendendo alcune delle politiche interne (soprattutto quelle relative al mercato unico).Great to meet HRVP @kajakallas ahead of the EU–Moldova Association Council & thank for the great support we receive for Moldova’s reform progress,regional security & the EU integration path.Together, we’re building a future rooted in resilience, democracy & a shared EU destiny. pic.twitter.com/jYH7jz8uYq— Dorin Recean (@DorinRecean) June 4, 2025Nel caso della Moldova, sono all’opera almeno tre strumenti di questa strategia: il Piano di crescita da 1,9 miliardi di euro stipulato il mese scorso per sostenere lo sviluppo infrastrutturale (la cui prima tranche dovrebbe arrivare nel giro di qualche settimana), l’estensione allo Stato balcanico dell’area unica per i bonifici in euro – meglio nota con l’acronimo inglese Sepa – e la possibilità di partecipare al fondo Safe da 150 miliardi per il riarmo del Vecchio continente, attraverso l’acquisto congiunto o la produzione di armamenti per i Paesi partecipanti.Ma il percorso verso l’Ue non è tutto rose e fiori, specialmente per chi ha gravitato nell’orbita dell’Unione sovietica. Il Cremlino ha varie armi a sua disposizione per tentare di impedire a nuovi Stati di avvicinarsi all’Ue. Una di queste è il ricatto energetico. Lo scorso inverno, Bruxelles ha messo in campo una strategia biennale per proteggere la sicurezza energetica della Moldova.Inoltre, Chisinau deve proteggersi dalle interferenze russe nei suoi processi democratici, come quelle registrate lo scorso autunno in occasione delle presidenziali, poi vinte dall’europeista Maia Sandu, e del referendum che ha portato all’inclusione in Costituzione dell’obiettivo di aderire all’Ue.La presidente della Moldova, Maia Sandu (foto: Daniel Mihaliescu/Afp)Il prossimo settembre, gli elettori saranno chiamati a rinnovare il Parlamento nazionale. Secondo Kallas, quell’appuntamento con le urne “sarà uno dei bersagli principali della guerra ibrida di Mosca“,  che ricorrerà probabilmente ad “una ragnatela di soldi, contenuti online e coercizione per cercare di influenzare il voto”. Bruxelles offrirà tutto il sostegno possibile a Chisinau, ha assicurato l’ex premier estone: una missione civile e una squadra di esperti per smantellare le reti di finanziamento illecito, nonché un team di contrasto alle minacce ibride. Basterà?A sentire Recean, il Cremlino starebbe puntando a truccare le elezioni per installare a Chisinau un governo fantoccio filorusso che acconsenta all’invio di “10mila soldati” di Mosca in Transnistria. L’obiettivo della Federazione sarebbe quello di provocare una “crisi umanitaria” nella regione secessionista e “usarla contro l’Ucraina e la Romania“.

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    Ucraina, la nuova proposta dell’Ue per i rifugiati: protezione fino al 2027 e supporto per un ritorno sicuro

    Bruxelles – La protezione 4,3 milioni di rifugiati ucraini in Europa si trova oggi a un bivio, tra la necessità di offrire continuità e quella di preparare un futuro diverso. Dopo oltre tre anni di guerra in Ucraina, la Commissione europea propone di estendere per un altro anno la protezione temporanea, mantenendo gli stessi diritti, ma avviando nel contempo un piano per una graduale transizione verso forme di sostegno più durature o il ritorno sicuro in Ucraina.Allo scoppio del conflitto l’Unione Europea ha reagito immediatamente, attivando già nel marzo 2022 la misura eccezionale che ha permesso agli ucraini fuggiti dalla guerra di avere accesso immediato a diritti come residenza, lavoro, assistenza sociale e sanitaria in tutti gli Stati membri. L’ha poi prorogata, ogni anno, di fronte al perdurare della guerra. Oggi (4 giugno) la Commissione propone di prolungare questa tutela fino al marzo 2027, assicurando così stabilità a chi è costretto a vivere lontano da casa. “La nostra solidarietà verso l’Ucraina e i suoi cittadini rimane salda”, ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione: “Continueremo a offrire protezione a chi scappa dalla guerra e, al contempo, prepariamo le condizioni per un futuro in cui il ritorno sicuro e dignitoso sarà possibile”.L’estensione della protezione temporanea è accompagnata da una strategia più ampia che tiene conto delle esigenze di lungo termine. La Commissione invita infatti gli Stati membri a coordinarsi per facilitare una transizione graduale verso altre forme di status legale, come permessi di lavoro o di studio, per chi ha iniziato a integrarsi nei Paesi ospitanti. Questo approccio mira a evitare l’insicurezza e la frammentazione, offrendo ai rifugiati prospettive più solide. Allo stesso tempo, viene promossa l’idea di programmi che favoriscano il ritorno volontario e sicuro in Ucraina, in stretta collaborazione con le autorità locali. Si prevede la possibilità per i rifugiati di effettuare visite esplorative nel Paese per valutare le condizioni reali, mentre saranno creati centri di supporto, chiamati “Unity hubs“, con informazioni e assistenza sia per chi resta in Europa sia per chi sceglie di tornare. Henna Virkkunen, vicepresidente esecutiva per Sovranità tecnologica, sicurezza e democrazia, ha spiegato che “estendere la protezione temporanea è un segnale di solidarietà e impegno europeo. Tuttavia, è altrettanto importante preparare una gestione coordinata della fase successiva, tra reinserimento e integrazione”.Il commissario per gli Affari interni Magnus Brunner ha ricordato come siano milioni gli ucraini che hanno trovato rifugio e opportunità nell’Ue negli ultimi anni, e come sia importante offrirgli le possibilità per ricostruire il proprio Paese una volta raggiunta una condizione di stabilità duratura. Per evitare squilibri, la Commissione raccomanda una migliore condivisione dei rifugiati e l’eliminazione di permessi di soggiorno doppi. Questo aiuterà a gestire più efficacemente i flussi e a offrire risposte più coordinate. I programmi di ritorno volontario sono stati progettati per garantire che il rientro sia sicuro e dignitoso, con particolare attenzione alle categorie vulnerabili e alle famiglie. Gli “Unity Hubs” saranno punti di riferimento essenziali, a Berlino, Praga e Alicante, dove i rifugiati potranno ricevere supporto sia per la vita in Europa sia per il rientro in Ucraina. L’Unione Europea si impegna inoltre a mantenere aperti i canali di comunicazione e scambio dati tra Stati membri e con l’Ucraina tramite piattaforme dedicate, garantendo un monitoraggio costante della situazione e la possibilità di adeguare la risposta alle evoluzioni sul terreno.Per Kiev il ritorno non è solo una questione simbolica, ma una necessità economica. Il vice primo ministro ucraino, Oleksandr Chernyshev, ha parlato chiaramente della necessità di programmi strutturati per favorire un rientro volontario e sostenibile per garantire supporto pratico e informazioni sui servizi disponibili in patria, dalla scuola al lavoro. “Abbiamo bisogno dei nostri cittadini per ricostruire l’economia”, ha detto Chernyshev, aggiungendo che l’Ucraina avrà bisogno di almeno 4 milioni di persone in più nel mercato del lavoro per raddoppiare il Pil nei dieci anni successivi alla fine della guerra.La palla ora passa al Consiglio, che dovrà formalmente approvare la proposta di proroga e le linee guida per la gestione coordinata della protezione e del futuro dei rifugiati ucraini in Europa.

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    Ucraina, nuova fumata nera dai colloqui di Istanbul sul cessate il fuoco

    Bruxelles – Ucraina e Russia ci riprovano, ma senza fare progressi sostanziali. Le delegazioni di Kiev e Mosca si sono incontrate di nuovo a Istanbul per continuare i colloqui diretti sulla fine della guerra. C’è l’intesa su uno scambio di prigionieri e sulla restituzione di un gran numero di salme, ma le posizioni su un’eventuale tregua nei combattimenti rimangono inconciliabili. Nel frattempo, di qua e di là del confine continuano a cadere le bombe.Con buona pace delle speculazioni su fantomatici negoziati di pace in Vaticano circolate nelle scorse settimane, è a Istanbul che russi e ucraini continuano a incontrarsi. Lì si è svolto ieri (2 giugno) un nuovo round di colloqui diretti tra le delegazioni dei due belligeranti, sedutesi allo stesso tavolo per la seconda volta dal marzo 2022.Il primo faccia a faccia risale a metà maggio, quando le squadre negoziali avevano concordato uno scambio di 1000 prigionieri per parte, ma senza fare progressi sul nodo centrale delle trattative: le condizioni per un cessate il fuoco sostenibile e, in prospettiva, l’avvio di veri colloqui di pace.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Anche stavolta, nella millenaria città sul Bosforo i negoziatori di Kiev e Mosca hanno dato il disco verde alla liberazione di un numero imprecisato di prigionieri – soprattutto i soldati più giovani, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, e i feriti più gravi – e alla restituzione di 6mila caduti per parte.Rimane invece siderale la distanza tra le rispettive posizioni su come giungere ad un’interruzione temporanea delle ostilità, punto di partenza per negoziati sostanziali su una pace duratura. Ucraina e Russia si sono scambiate dei memorandum sulle condizioni ritenute accettabili per una tregua, ma i desiderata messi nero su bianco dalle due parti sono sempre gli stessi. E non sono conciliabili.Per avviare negoziati sostanziali, Kiev continua a chiedere un cessate il fuoco immediato e totale, il rilascio di tutti i prigionieri militari e civili e il ritorno dei minori rapiti durante l’occupazione. Altri due punti cruciali sono la libertà dell’Ucraina di aderire tanto all’Ue quanto alla Nato, previo consenso politico all’interno dei due club, e le famigerate (quanto fumose) garanzie di sicurezza che dovrebbero essere fornite dalla coalizione dei volenterosi.I briefed the President of Ukraine @ZelenskyyUa on today’s meeting with the Russian side in Istanbul.Upon returning to Kyiv, I will also present the Russian proposals — which they shared only today, directly during the negotiations.The Ukrainian side acted clearly and… pic.twitter.com/MYuw15BPQw— Rustem Umerov (@rustem_umerov) June 2, 2025Kiev sostiene inoltre la necessità di un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin. “Riteniamo che abbia senso continuare il lavoro tra le delegazioni se è finalizzato a preparare un incontro tra i capi di Stato”, ha osservato il capo-negoziatore Rustem Umerov, titolare della Difesa ucraina. La finestra da lui proposta per organizzare il bilaterale – magari alla presenza di Donald Trump – è “entro la fine di questo mese, dal 20 al 30 giugno“.Eventuali cessioni territoriali, fanno sapere gli ucraini, andranno discusse solo al massimo livello tra i due presidenti. Se tali condizioni verranno soddisfatte, Kiev si dichiara disposta ad accettare il progressivo allentamento delle sanzioni contro Mosca, purché venga messo in piedi un meccanismo atto a reintrodurle rapidamente in caso di necessità. Zelensky ha inoltre invocato nuove misure restrittive se il processo di Istanbul non porterà a breve ad un cessate il fuoco.Si tratta con ogni evidenza di condizioni irricevibili per il Cremlino, che a sua volta mantiene le proprie richieste massimaliste già respinte al mittente da Kiev. La Federazione pretende la fine del supporto occidentale alla resistenza ucraina, la smilitarizzazione e “neutralizzazione” del Paese aggredito nonché la rinuncia a farlo entrare nell’Alleanza nordatlantica, oltre alla ritirata dell’esercito ucraino dalle quattro oblast’ parzialmente occupate – che Mosca vuole vedere riconosciute come territorio russo de jure, insieme alla Crimea – e alla rimozione di tutte le sanzioni internazionali.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Imagoeconomica)Quanto al cessate il fuoco, il capo-negoziatore russo Vladimir Medinsky (lo stesso che aveva guidato la squadra russa nella prima fase dei colloqui di Istanbul tre anni fa) ha messo sul tavolo la proposta di una tregua parziale di due e o tre giorni, da attivarsi solo in determinate aree del fronte durante i negoziati.Questo secondo round di colloqui a Istanbul ha avuto luogo all’indomani del più ampio attacco ucraino sul suolo della Federazione dall’inizio dell’invasione su larga scala, che avrebbe portato alla distruzione di decine di bombardieri. Così, tra le richieste avanzate dal Cremlino figura anche “il rifiuto da parte di Kiev di intraprendere attività sovversive e di sabotaggio contro la Russia”.Richiesta destinata a cadere nel vuoto, dato che proprio oggi i servizi di intelligence di Kiev hanno rivendicato il terzo attacco al ponte di Kerch dal 2022. L’infrastruttura, che collega direttamente la Federazione alla penisola nel Mar Nero, è fondamentale per rifornire le truppe russe nel sud dell’Ucraina. Nel frattempo, l’esercito di Mosca continua la sua lenta avanzata nella regione ucraina di Sumy, dove non si fermano i bombardamenti.