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    L’Ue è pronta a dispiegare gli agenti Frontex anche lungo le frontiere interne dei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Dopo i visti, Frontex. Non bastava l’aver alzato la voce sull’allineamento dei Paesi balcanici alla politica dei visti dell’Ue per tentare di frenare l’arrivo di persone migranti dirette verso l’Unione. Alla vigilia dell’inizio del viaggio della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nelle sei capitali dei Balcani Occidentali, l’esecutivo comunitario ha adottato una raccomandazione al Consiglio per autorizzare l’avvio dei negoziati per il potenziamento degli accordi sullo status dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia,
    In altre parole, con la nuova proposta di quadro giuridico, sarà possibile dispiegare i corpi permanenti di Frontex nella regione, non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo loro poteri esecutivi. A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “I nuovi accordi sullo status sosterranno e rafforzeranno meglio la cooperazione sulla gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali”, si legge nel comunicato dell’esecutivo comunitario. La presenza potenziata di Frontex “rafforzerà la capacità dei partner nella gestione della migrazione, nella lotta al contrabbando e nel garantire la sicurezza” lungo le frontiere.
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento Frontex rivisto. Le raccomandazioni della Commissione dovranno essere adottate dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo. Questa sera (26 ottobre) invece sarà firmato dalla presidente von der Leyen a Skopje un secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà all’Agenzia Ue di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, in particolare lungo il confine meridionale con la Grecia.
    “Siamo impegnati a sostenere i nostri partner nei Balcani occidentali e a rafforzare la nostra cooperazione sulla gestione della migrazione in loco“, ha commentato la proposta sul rafforzamento di Frontex nella regione la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, puntualizzando la necessità che “le loro frontiere continuino a essere rispettate e protette in linea con le migliori pratiche europee”. Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha invece insistito sull’importanza del nuovo pacchetto di assistenza fa 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali: “Intendiamo aumentare i nostri finanziamenti del 60 per cento in totale, fino a raggiungere almeno 350 milioni di euro“.
    Oltre al sostegno di Frontex, i finanziamenti di Bruxelles – arrivati oggi a 171,7 milioni di euro – dovrebbero “sostenere lo sviluppo di sistemi efficaci di gestione della migrazione, tra cui l’asilo e l’accoglienza, la sicurezza delle frontiere e i rimpatri”, ha precisato Várhelyi. In verità serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, è quanto comunica l’esecutivo Ue.

    La Commissione ha raccomandato al Consiglio autorizzare l’avvio dei negoziati per potenziare gli accordi sullo status dell’Agenzia con Albania, Serbia, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina. A oggi i corpi permanenti possono operare (senza poteri esecutivi) solo lungo i confini dei Paesi Ue

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    Per la ricostruzione dell’Ucraina Zelensky chiede 38 miliardi per il deficit 2023, von der Leyen ne mette sul piatto la metà

    Bruxelles – Trentotto miliardi di euro all’Ucraina per coprire il deficit del bilancio del prossimo anno: il presidente Volodymyr Zelensky, intervenuto da remoto alla Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina in corso a Berlino, ha chiesto all’Ue di impegnarsi ulteriormente dal punto di vista finanziario. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, per il momento ha messo sul piatto 18 miliardi di euro entro il 2023, fiduciosa di poter contare “sul contributo degli amici americani e delle istituzioni finanziarie internazionali” per raggiungere la cifra totale.
    Al meeting nella capitale tedesca, von der Leyen ha ribadito che la Commissione Europea sta lavorando per poter garantire 1,5 miliardi di euro al mese all’Ucraina fino al 2023. “L’Ucraina ha bisogno di un supporto finanziario costante, una somma compresa fra i 3 e i 5 miliardi di euro al mese solo per le spese correnti, l’Ue parteciperà in modo equo a questo sforzo”, ha affermato la presidente dell’esecutivo Ue.
    A Berlino è stato trovato l’accordo preliminare sull’organizzazione di una piattaforma di coordinamento finanziario: Shmyhal ha assicurato che “non più avanti della fine dell’anno, si terrà una sorta di Ramstein finanziario”, sul modello della conferenza militare di Ramstein che ha riunito lo scorso aprile 40 Paesi per discutere del supporto bellico all’Ucraina. Quel che è certo è che se, come ha stimato la Banca Mondiale, i danni della devastazione russa ammontano già a 350 miliardi di dollari, per la ricostruzione ci sarà davvero bisogno di un grande sforzo globale, che coinvolga Ue, G7 e gli istituti finanziari internazionali.
    “La posta in gioco non è altro che la creazione di un nuovo piano Marshall per il ventunesimo secolo”: così il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha evidenziato le proporzioni dell’intervento necessario alla ricostruzione del Paese dilaniato dall’aggressione russa. “Mentre noi parliamo la Russia sta intensificando gli attacchi indiscriminati contro cittadini e infrastrutture civili”, ha proseguito Scholz: “Non sappiamo quando finirà la guerra, ma finirà, abbiamo appreso in passato che la ricostruzione è sempre possibile e che non è mai troppo presto per prendere in mano questo compito”.
    La conferenza di Berlino è in questo senso un passo fondamentale: oltre al padrone di casa Scholz e alla presidente della Commissione Europea von der Leyen, hanno partecipato il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, il suo omolgo polacco, Mateusz Morawiecki, esperti di sviluppo e amministratori delegati di istituzioni finanziarie internazionali. “Questa conferenza è importante- ha affermato von der Leyen- perché mette insieme i migliori esperti che sono necessari per una ricostruzione di queste dimensioni”. Dopo il primo meeting di luglio a Lugano, il piano per la ricostruzione dell’Ucraina sta evolvendo e “ora è il momento – ha aggiunto Scholz alle parole della presidente della Commissione – di riunire le migliori menti per cominciare la ricostruzione”. Ora “è il momento che l’intelligenza collettiva contribuisca al futuro dell’Ucraina, ora è il momento di discutere di come questo futuro potrà essere costruito e finanziato”.
    Il primo ministro ucraino Shmyhal ha voluto ringraziare in particolare la Germania per aver fornito all’esercito di Kiev il sistema di difesa anti-aerea Iris-t LSM, i cui missili riescono a colpire bersagli fino ad un altitudine di 20 chilometri e ad una distanza di 40 chilometri: “Il sistema di difesa tedesco funziona perfettamente sul campo di battaglia, 9 missili Iris-t su 10 raggiungono i bersagli”.
    Shmyhal, ricordando il principio “Build back better” (“Ricostruire migliorando”) espresso già alla conferenza estiva a Lugano, ha insistito sul percorso europeo intrapreso dall’Ucraina: “Vogliamo modernizzare la nostra economia in conformità con le direttive e gli standard europei, perché siamo un Paese candidato e il nostro obiettivo è diventare Stato membro dell’Ue”. Anche il presidente Zelensky, in collegamento da Kiev, ha sottolineato l’importanza della visione dell’Ucraina come Paese europeo: “Sotto molti aspetti abbiamo già meritato di fare parte dell’Ue, noi rappresentiamo la sicurezza fisica dell’Europa”, ha tuonato il presidente ucraino.

    Da Berlino il presidente ucraino ha lanciato la richiesta per la copertura del deficit di bilancio dell’anno prossimo. La numero uno della Commissione Ue ha garantito 1,5 miliardi al mese per il 2023. Intanto la Banca Mondiale stima già 350 miliardi di danni, per Scholz è necessario il “nuovo piano Marshall del ventunesimo secolo”

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    L’Ue si prepara a un 2023 di supporto finanziario “costante” all’Ucraina: “Potrà contare su 1,5 miliardi di euro al mese”

    Bruxelles – La parola ‘ricostruzione’ inizia a prendere contorni più definiti. L’ultimo vertice dei 27 leader Ue conclusosi oggi (21 ottobre) ha iniziato a gettare le basi per il sostegno finanziario dell’Ucraina non più solo per i bisogni immediati di fronte all’aggressione russa, ma anche e soprattutto per il progetto di rinascita di un Paese parzialmente distrutto dai missili e dall’invasione dell’esercito del Cremlino, ormai arrivata all’ottavo mese.
    “Ascoltiamo quanto ci chiedono le autorità di Kiev, hanno bisogno di 3/4 miliardi di euro al mese per avere abbastanza risorse di base, che arriveranno da finanziamenti dell’Ue, degli Stati Uniti e delle istituzioni finanziarie internazionali”, ha puntualizzato al termine del Consiglio Europeo la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Ma a questo si sommeranno “1,5 miliardi di euro al mese nel 2023 da parte dell’Unione Europea, per un totale di 18 miliardi“, ha annunciato per la numero uno dell’esecutivo comunitario: “L’Ucraina può contare su questo supporto”.
    Il flusso di denaro “stabile e prevedibile” per il progetto di ricostruzione dell’Ucraina, sostenuto dalla Piattaforma gestita da Bruxelles, sarà un “importante segnale a Kiev, per far capire che ci rendiamo conto di quanto sia importante” per il partner aggredito militarmente. I fari sono tutti puntati sulla Conferenza internazionale di esperti sulla ricostruzione dell’Ucraina che si terrà a Berlino martedì prossimo (25 ottobre), ospitata congiuntamente dal cancelliere tedesco, Olaf Scholz (in qualità di presidente di turno del G7) e dalla presidente della Commissione von der Leyen. Il compito è “immane”, ha confessato von der Leyen, ma proprio la presenza dei “massimi esperti di tutto il mondo” offrirà la possibilità di “gestire al meglio gli aspetti tecnici e finanziari”.
    Nelle conclusioni del Consiglio i leader Ue hanno voluto mettere nero su bianco che “l’Unione Europea è determinata a sostenere i soccorsi, la riabilitazione e la ricostruzione dell’Ucraina” e hanno esortato la stessa Commissione a “presentare opzioni in linea con il diritto dell’Ue e internazionale volte a utilizzare i beni congelati per sostenere la ricostruzione” del Paese invaso dalle truppe russe. Tutto questo dovrà spingere il processo con “massicci investimenti e l’allineamento alle riforme richieste, gettando le basi per l’adesione all’Unione Europea“, ha tracciato la strada la numero uno della Commissione, facendo riferimento all’inizio del percorso di allargamento dell’Ue all’Ucraina.
    Nel frattempo va conclusa l’erogazione dei 9 miliardi di euro in assistenza macro-finanziaria entro la fine dell’anno, così come accordata al vertice dei leader Ue di fine maggio. Al momento è arrivato il via libera definitivo a due terzi del pacchetto – un miliardo ad agosto e cinque a settembre – e nelle conclusioni del Consiglio viene sottolineata la richiesta di “fornire tempestivamente i restanti 3 miliardi di euro“. Nel frattempo viene rinnovato l’invito al gabinetto von der Leyen a “lavorare su una soluzione più strutturale” per il programma 2023, i cui dettagli saranno discussi nelle prossime settimane a Bruxelles.

    I 27 leader dell’Unione hanno discusso delle linee di sviluppo per il sostegno per la ricostruzione del Paese sul medio termine, oltre i 3 miliardi in arrivo come assistenza macrofinanziaria. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, dà appuntamento a Berlino il 25 ottobre

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    Per von der Leyen è tempo di sanzioni Ue contro Teheran per la repressione delle donne iraniane

    Bruxelles – Difendere i valori in cui l’Europa crede e difendere chi si batte per proteggerli anche fuori dall’Europa. Come “le coraggiose” donne iraniane che attraverso settimane di proteste e manifestazioni “chiedono libertà e uguaglianza”. Per Ursula von der Leyen è arrivato il momento di sanzionare i responsabili della repressione delle donne iraniane.
    E’ durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, che la presidente della Commissione europea ha condannato la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici che vengono picchiati e detenuti: uomini e donne, avvocati e giornalisti, attivisti e cittadini comuni” che protestano da settimane per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa (la cosiddetta polizia della moralità) per non aver indossato correttamente l’hijab.
    “Questo è un grido per l’uguaglianza, è un grido per i diritti delle donne”, ha detto la presidente, precisando che il messaggio dell’Unione europea di fronte alla repressione deve essere dobbiamo chiedere che la violenza si fermi. Le donne devono avere la possibilità di scegliere. E dobbiamo ritenere responsabili coloro che sono responsabili della repressione delle donne”. Per questo, è arrivato il momento di sanzionare le persone che sono responsabili. “La scioccante violenza inflitta al popolo iraniano non può rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni”, ha dichiarato, aprendo di fatto all’idea che l’Ue possa imporre sanzioni contro i funzionari iraniani coinvolti nella repressione. Secondo quanto riportano fonti Ue a Bloomberg, il pacchetto di misure restrittive dovrebbe coinvolgere 15 tra persone ed entità iraniane legate alla morte di Amini e potrebbe essere adottato già la prossima settimana, se sarà raggiunto un accordo unanime tra i Ventisette.
    Un’idea che l’Europarlamento, per primo, ha sostenuto approvando lo scorso 6 ottobre a Strasburgo un atto di indirizzo per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. Gli europarlamentari hanno chiesto “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.

    Durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, la presidente della Commissione europea condanna la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici” che vengono picchiati e detenuti in Iran per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab

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    L’Ue reagisce all’escalation in Ucraina con l’ottavo pacchetto di sanzioni: price cap a petrolio e stop a europei nei Cda russi

    Bruxelles – Dal sesto all’ottavo pacchetto di sanzioni, passando dal maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento, un sorta di ‘sesto e mezzo’), per colpire il Cremlino immediatamente dopo la nuova escalation in Ucraina, caratterizzata dai referendum farsa di annessione dei territori occupati dalla Russia, l’arruolamento di 300 mila riservisti, le minacce di uso dell’arma nucleare e il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream. “La Russia ha portato l’invasione dell’Ucraina a un nuovo livello, siamo determinati a far pagare al Cremlino questa ulteriore escalation“, ha attaccato senza troppi giri di parole la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
    Il cuore del nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia è un’ulteriore limitazione degli scambi commerciali, che “costerà al Cremlino altri 7 miliardi di euro in entrate“. Le proposte dettagliate ancora non sono state rese note, ma dal discorso della numero uno della Commissione e dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si iniziano a intravedere le direttrici dell’intervento. Prima di tutto un isolamento ulteriore dell’economia russa, per privare il complesso militare del Cremlino di tecnologie-chiave: “Si tratta di ulteriori prodotti per l’aviazione, componenti elettronici e sostanze chimiche specifiche”, ha anticipato von der Leyen. Ma soprattutto, nel pacchetto sarà introdotto un “tetto massimo di prezzo del petrolio russo per i Paesi terzi”, per annullare i profitti del Cremlino derivanti dalla vendita di combustibili fossili. “Abbiamo già deciso di vietare il trasporto di greggio russo via mare nell’Unione Europea a partire dal 5 dicembre”, ha ricordato von der Leyen – fornendo per la prima volta una data precisa alla decisione sul sesto pacchetto approvato a giugno. “Stiamo gettando le basi legali per questo tetto al prezzo del petrolio”, è l’annuncio che però ancora rimane molto vago.
    Sarà poi vietato ai cittadini europei di fornire servizi e sedere negli organi direttivi delle imprese statali russe, perché Mosca “non dovrebbe beneficiare delle conoscenze e delle competenze europee”, e saranno anche intensificati gli sforzi per reprimere l’elusione delle misure restrittive: “Stiamo aggiungendo una nuova categoria, con cui saremo in grado di schedare le persone che aggirano le nostre sanzioni“, per esempio chi acquista beni nell’Ue e li porta in Russia passando da Paesi terzi. “Credo che avrà un grande effetto deterrente, rendendo a Putin ancora più difficile sostenere la guerra”, ha concluso la presidente della Commissione.
    “Il Cremlino sta seguendo lo stesso schema che abbiamo già visto in Georgia nel 2008 e in Crimea nel 2014“, ha messo in chiaro l’alto rappresentante Borrell: “Sono sicuro di poter parlare a nome degli Stati membri dell’Unione Europea, che nessuno di loro riconoscerà il risultato falsificato dei referendum farsa” nelle province ucraine occupate di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Ribadendo che “le nostre sanzioni stanno funzionando”, Borrell ha illustrato l’aggiornamento dell’elenco dei sanzionati, che “già ora conta più di 1.300 tra individui ed entità“. Saranno colpiti dalle sanzioni “tutti coloro che sono coinvolti nell’occupazione e nell’annessione illegale di aree dell’Ucraina da parte della Russia”, vale a dire le autorità russe per procura a Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia e i responsabili dell’organizzazione dei referendum farsa. Saranno poi inclusi i funzionari di alto livello del ministero della Difesa russo e “coloro che sostengono le forze armate russe fornendo attrezzature e armi dell’esercito, compresi missili e aerei da combattimento”, o che “partecipano al reclutamento” dei riservisti. Infine sarà prevista una nuova stretta sulla propaganda e la disinformazione di regime e ai donatori nelle aree occupate.
    A completare il quadro sulle sanzioni contro la Russia, il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha elencato i dati del crollo dell’economia del Cremlino: “Le importazioni dall’Ue sono diminuite di circa il 50 per cento nel periodo marzo-giugno, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, la nostra quota di importazioni di gas dalla Russia è diminuita dal 45 per cento prima della guerra al 14 di oggi“. Ancora più impressionante è quanto riporta il commissario italiano sull’industria civile di Mosca: “Le poche auto oggi prodotte sono prive di airbag, Abs e marmitte catalitiche, mentre i dati dell’estate indicavano un calo delle vendite di oltre il 70 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso a causa del crollo della produzione”. Un chiaro segno che “la nostra risposta comune sta funzionando”, come dimostrano anche le recenti mosse di Putin, “dall’interruzione delle consegne di gas attraverso Nord Stream 1, fino alla mobilitazione dei riservisti e ai falsi referendum nei territori occupati”, ha ribadito Gentiloni.

    La Commissione ha annunciato nuove misure restrittive contro “tutti coloro che sono coinvolti nell’aggressione armata e nell’annessione illegale di territori ucraini”. La presidente von der Leyen ha annunciato che la nuova stretta alle importazioni “costerà al Cremlino altri 7 miliardi di euro”

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    La prima mossa di Liz Truss: ammorbidire Bruxelles con la promessa di accordo sull’Irlanda del Nord entro aprile 2023

    Bruxelles – Dopo la tempesta, l’Unione Europea si aspetta un atteggiamento più distensivo da parte di Londra. La nuova prima ministra britannica, Liz Truss, da New York apre a un accordo con l’Ue per l’implementazione del protocollo sull’Irlanda del Nord, che potrebbe avere come data ultima il 10 aprile 2023, ovvero il 25esimo anniversario dalla firma dell’Accordo del Venerdì Santo, che nel 1998 aveva sancito la fine del conflitto nell’isola d’Irlanda. A favorire la distensione dei rapporti tra le due sponde della Manica è stato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, preoccupato ancora una volta per un conflitto diplomatico tra Unione Europea e Regno Unito di cui al momento non si vede una via d’uscita.
    Da sinistra: la prima ministra del Regno Unito, Liz Truss, e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (New York, 21 settembre 2022)
    “Siamo impegnati a proteggere l’accordo del Venerdì Santo”, ha confermato l’inquilino della Casa Bianca rivolgendosi alla premier britannica in carica da due settimane. L’impegno diplomatico di Washington potrebbe aprire nuovi spiragli per un ammorbidimento delle posizioni della Commissione Europea, che a metà giugno ha scongelato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito e ne ha attivate altre due per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del protocollo sull’Irlanda del Nord. In qualità di capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit nel precedente gabinetto Johnson, è stata proprio Truss la principale artefice della crisi tra Ue e Regno Unito e dopo la sua nomina a prima ministra sono iniziate a intensificarsi le voci di un’attivazione dell’articolo 16 del Protocollo, che sospenderebbe temporaneamente buona parte dei controlli mentre le due parti negoziano la sua applicazione.
    Ecco perché è cruciale l’impegno della premier Truss per arrivare a un accordo sostenibile con Bruxelles, che risponda alle preoccupazioni della Commissione sulla possibilità che Downing Street 10 voglia cancellare con un colpo di spugna tutti i controlli sulle merci trasportate tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, mettendo di fatto fine all’integrità del Mercato Unico dell’Ue sull’isola d’Irlanda. Il nuovo calendario su cui si sta convergendo suggerisce che Truss sarebbe disposta ad adottare un approccio meno conflittuale a proposito delle relazioni post-Brexit e, a confermare l’intensificarsi del dialogo a New York a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è arrivato anche l’incontro tra la stessa Truss e la numero uno della Commissione, Ursula von der Leyen: nel condannare le recenti dichiarazioni di Vladimir Putin sulla guerra in Ucraina, la mobilitazione generale e la minaccia nucleare per difendere la Russia, le due leader hanno anche “discusso delle relazioni Ue-Regno Unito, tra cui l’energia, la sicurezza alimentare e il protocollo sull’Irlanda del Nord”, si legge nella dichiarazione congiunta.

    Good discussion with Prime Minister @trussliz on EU-UK relations and Russia’s invasion of Ukraine.
    We condemn Putin’s actions and agree that his calls to mobilise parts of the population are a sign of weakness.
    Russia’s invasion is failing. pic.twitter.com/b1Q3oZVmMn
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 21, 2022

    Al centro della contesa tra Bruxelles e Londra c’è in particolare la questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari – e non – per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte del governo guidato da Boris Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda. La mossa unilaterale di Downing Street 10 di giugno ha però causato una dura risposta da parte della Commissione, con la riattivazione della procedura d’infrazione del marzo 2021.

    La neo-premier britannica si è confrontata con la leader della Commissione, Ursula von der Leyen, a New York. Anche il presidente statunitense, Joe Biden, in campo per un compromesso non oltre il 10 aprile, 25esimo anniversario dalla firma dell’Accordo del Venerdì Santo

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    Il nome di Ursula von der Leyen è stato inciso nella ‘Walk of the Brave’ di Kiev: “Simbolo del legame tra Ue e Ucraina”

    Bruxelles – La terza è quella della consacrazione. Se la prima volta della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a Kiev era servita per esprimere vicinanza al popolo e alle istituzioni dell’Ucraina e per indicare la strada del Paese verso l’adesione all’Unione, e la seconda per portare un segnale concreto di sostegno prima del vertice cruciale dei leader Ue sulla questione, la visita di oggi (giovedì 15 settembre) ha sancito l’ingresso della numero uno dell’esecutivo comunitario nella ‘Walk of the Brave’, la strada con i nomi dei valorosi che hanno combattuto al fianco di Kiev contro la Russia.
    “Sono onorata di essere tornata qui a Kiev, ma soprattuto di vedere quanto la città sia cambiata in meglio, la vita è tornata”, ha esordito von der Leyen nel suo intervento alla stampa con il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. “Voglio ringraziarvi dal profondo del cuore per l’onorificenza che ho ricevuto oggi”, ha continuato, facendo riferimento non solo al nome inciso sulla strada ‘dei coraggiosi’, ma anche alla medaglia di prima classe dell’Ordine di Jaroslav il Saggio (uno dei più alti riconoscimenti a chi si è distinto per i servizi allo Stato e al popolo ucraino) consegnatale oggi dallo stesso leader di Kiev: “La prendo a nome dei milioni di europei che sostengono l’Ucraina, credo che sia un bellissimo simbolo del legame tra l’Ucraina e l’Unione Europea“.
    A proposito del legame tra Kiev e Bruxelles, la presidente von der Leyen ha ricordato la presenza di ieri della first lady ucraina, Olena Zelenska, a Strasburgo durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione alla plenaria del Parlamento Ue: “La standing ovation con cui è stata accolta è stata commovente ed era palpabile il calore e l’amicizia” nell’emiciclo. E, come anticipato proprio nell’intervento a Strasburgo, la numero uno dell’esecutivo Ue ha reso noto che con Kiev si è discusso di come “lavorare in modo da avere una profonda integrazione dell’economia ucraina nel Mercato Unico“, a partire dall’abolizione delle tariffe roaming reciproche per gli utenti ucraini e comunitari. Anche il presidente Zelensky ha sostenuto che per il Paese è “prioritario” entrare nel Mercato Unico, dove circolano liberamente beni, servizi e capitali, così come accedere alla zona ‘free roaming’.

    Dear Volodymyr @ZelenskyyUA, thank you so much for the award of the First Class of the Order of Yaroslav the Wise.
    This is a great honour.  I accept it in the name of all EU citizens. And as a symbol of our strong bond. pic.twitter.com/6W8JPLTao3
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 15, 2022

    Per quanto riguarda il capitolo sull’adesione all’Unione, “il processo è ben avviato, è impressionante vedere la velocità, la determinazione, la precisione con cui state procedendo“, ha confermato von der Leyen. Finto stupore tradito da una battuta ben studiata: “Non devo dire che accelereremo il processo, perché lo state già facendo voi e questo è molto positivo”. Parallelamente, è l’aspetto economico quello che si vuole invece far procedere in modo spedito. Dopo il lavoro fatto sulle corsie di solidarietà per il grano, sulla sospensione dei dazi sulle esportazioni ucraine e sul collegamento di Kiev alla rete elettrica europea – “che ricorderete avevamo già in piano entro il 2024 prima della guerra, e invece ci siamo riusciti in due settimane e da allora l’Ucraina sta fornendo elettricità all’Unione Europea” – si dovrà “proseguire con l’eliminazione delle barriere non tariffarie, su cui lavoreranno i nostri esperti”. L’obiettivo finale è l’accesso dell’Ucraina nel Mercato Unico e nell’Unione Europea, particolarmente ambizioso mentre il Paese ancora affronta una guerra lacerante. Ma le promesse di von der Leyen a Kiev godono – ancora di più da oggi – di enorme credito in Ucraina.

    Nel corso della sua terza visita nella capitale la leader dell’esecutivo comunitario ha ricevuto dal presidente Zelensky anche l’onorificenza dell’Ordine di Jaroslav il Saggio. Al centro delle discussioni l’integrazione del Paese nel Mercato Unico, a partire dalla zona ‘free roaming’

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    Von der Leyen torna a Kiev dopo il discorso sullo Stato dell’Unione: “Illustrerò a Zelensky benefici del Mercato Unico”

    Bruxelles – Il ritorno in Ucraina dopo cinque mesi. L’8 aprile la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, indicava la strada del Paese verso l’adesione all’Unione, oggi (mercoledì 14 settembre) la numero uno dell’esecutivo comunitario aprirà le porte di Kiev al Mercato Unico. “Questa è una delle più grandi storie di successo dell’Europa, ora è giunto il momento di farne una storia di successo anche per i nostri amici ucraini”, ha annunciato von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell’Unione 2022.
    Di fronte alla plenaria del Parlamento Europeo e parlando occhi negli occhi all’ospite d’onore, la first lady ucraina Olena Zelenska (arrivata ieri sera a Strasburgo per l’occasione), la presidente von der Leyen ha dato la notizia che si recherà a Kiev per “discutere in dettaglio con il presidente, Volodymyr Zelensky” del progetto, che prevederà la collaborazione tra la Commissione e l’Ucraina per “garantire un accesso senza soluzione di continuità al Mercato Unico e viceversa”. La base di tutto il lavoro sarà costituito dalla prosecuzione del lavoro fatto sulle corsie di solidarietà per il grano, sulla sospensione dei dazi sulle esportazioni ucraine e sul collegamento di Kiev alla rete elettrica europea “previsto inizialmente per il 2024, ma ci siamo riusciti in due settimane, e oggi l’Ucraina esporta elettricità verso di noi”. Ecco perché von der Leyen vuole “espandere in modo significativo questo commercio reciprocamente vantaggioso” e “mobilitare tutta la potenza del nostro Mercato Unico per contribuire ad accelerare la crescita e a creare opportunità”:  il punto di approdo non può essere altro che “far entrare l’Ucraina nella nostra area di libero scambio europea“, anche a fronte di un piccolo aumento dei costi per gli operatori di mercato dell’Unione.
    Da sinistra: la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, la first lady ucraina, Olena Zelenska, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen (14 settembre 2022)
    Prima di recarsi a Kiev, von der Leyen ha voluto omaggiare “il coraggio dell’Ucraina, che ha il volto delle donne e degli uomini che si ergono contro l’aggressore russo“. Un esempio è arrivato proprio dalla moglie del presidente ucraino che “a poche settimane dall’inizio dell’invasione ha guidato silenziosamente una folla di genitori di bimbi uccisi dai russi, per appendere agli alberi piccole bandierine, uno per ciascun morto”. Il merito di Zelenska e del presidente Zelensky è stato quello di “essere rimasti e aver difeso Kiev, dando coraggio all’intera nazione“. Ecco perché per tutte le istituzioni comunitarie “è un onore avere la first lady qui con noi”, ha sottolineato la numero uno della Commissione, che proprio da lei ha saputo che “ogni giorno i genitori mettono nella cartella dei propri figli un pacchetto di emergenza con acqua, cibo, necessario medico e cambio intimo, senza sapere se li rivedranno all’uscita di scuola nel pomeriggio”. Di qui l’impegno dell’Unione a “ricostruire le 70 scuole distrutte dalle bombe russe” con uno stanziamento di “100 milioni di euro per far ripartire dai bambini il futuro del Paese”.
    Mai nella storia dello Stato dell’Unione (dal 2007) un presidente della Commissione ha rivolto il suo discorso alla plenaria dell’Eurocamera mentre una guerra andava in scena sul suolo europeo. “Quella mattina del 24 febbraio ci siamo svegliati scossi dal volto del male senza pietà e dalla brutalità della guerra”, ha ricordato la presidente von der Leyen. Da allora, “un continente intero si è levato in un moto di solidarietà”, dimostrando di essere “all’altezza della sfida”, ha sottolineato il successo la numero uno dell’esecutivo Ue: “Se 15 anni fa abbiamo impiegato anni per rispondere alla crisi finanziaria e due anni fa poche settimane con la pandemia, quest’anno non appena le truppe russe hanno attraversato frontiera ucraina, la nostra risposta è stata decisa e immediata”. I messaggi sono chiari e precisi: “Abbiamo riportato in superficie la forza dell’Unione“, “si sfidano autocrazia e democrazia”, “con la nostra solidarietà Putin fallirà e l’Ucraina e l’Europa vinceranno”.
    Non manca anche un mea culpa da parte della presidente von der Leyen – simile a quello fatto ieri in plenaria dalla premier finlandese, Sanna Marin – sull’atteggiamento dell’Unione nei confronti della Russia di Putin nel recente passato: “Dovevamo ascoltare chi lo conosceva, come Anna Politkovskaja e i giornalisti che hanno pagato la loro esposizione con la vita, o la Georgia, la Moldova, l’opposizione bielorussa, la Polonia e i Baltici, che da anni ci segnalavano che Putin non si sarebbe fermato”. Allo stesso tempo, il riscatto è misurabile nelle sanzioni “più pesanti mai viste” contro la Russia: “Abbiamo tagliato tre quarti del settore finanziario a livello internazionale, quasi mille aziende hanno abbandonato il Paese, la produzione delle auto è calata del 75 per cento rispetto al 2021, la flotta aerea è a terra perché non ha pezzi di ricambio e l’industria è a brandelli”. La colpa di tutto ciò è del Cremlino, che “ha messo l’economia russa sulla strada della distruzione totale”, ha ricordato von der Leyen, ribadendo senza mezzi termini che “le sanzioni rimarranno, dobbiamo essere risoluti, perché non è questo il momento di toglierle”.

    Nel suo intervento annuale alla sessione plenaria del Parlamento Ue, la presidente della Commissione ha annunciato che “faremo entrare l’Ucraina nella nostra area di libero scambio”. La promessa davanti alla first lady, Olena Zelenska: “Sarete parte di una storia di successo”