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    L’Unione europea trova l’accordo sul tetto a 60 dollari al petrolio russo

    Bruxelles – Fumata bianca. Gli ambasciatori dei Ventisette hanno hanno raggiunto oggi (2 dicembre) un accordo sul tetto massimo al prezzo del petrolio russo a 60 dollari al barile, dopo il via libera della Polonia, l’ultimo Paese rimasto a esprimere riserve sulla cifra (perché chiedeva una soglia più bassa).
    Dopo l’accordo politico di principio sul tetto al prezzo del petrolio russo deciso nell’ottavo pacchetto di sanzioni, gli ambasciatori dei 27 stati membri hanno iniziato nei giorni scorsi le trattative per trovare un’intesa sulla fascia di prezzo oltre la quale vietare il trasporto globale via mare del greggio di Mosca verso Paesi terzi. E’ nel contesto del G7 (che riunisce oltre all’Unione europea, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e USA) che le sette economie più ricche al mondo hanno concordato all’inizio del mese di settembre in linea di principio di introdurre un tetto massimo globale sul prezzo del petrolio russo trasportato verso i Paesi terzi, nell’ottica di impedire alla Russia di continuare a trarre profitto dalla guerra di aggressione in Ucraina e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali.
    La scadenza ultima per trovare un accordo era il 5 dicembre, quando entrerà in vigore l’embargo al petrolio russo deciso nel sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca adottato a inizio giugno, con cui i governi hanno deciso di tagliare entro la fine del 2022 il 90 per cento delle importazioni russe di petrolio in arrivo nel continente europeo, attraverso un embargo su tutto il petrolio in arrivo via mare e un impegno di Germania e Polonia a tagliare anche le proprie importazioni attraverso l’oleodotto Druzhba, che è rimasto esentato dall’embargo per andare incontro alle richieste del premier ungherese Viktor Orbán. L’embargo europeo sul greggio russo entrerà in vigore dal 5 dicembre ed è la stessa data di scadenza che hanno i governi per mettersi d’accordo anche sul tetto al prezzo del petrolio via mare. A quanto si apprende, la procedura sarà formalizzata nel fine settimana.

    #COREPERII | ✅ Ambassadors have just reached an agreement on price cap for Russian seaborne #oil 🛢️. Written procedure follows, decision will enter into force on publication in the Official Journal. EU stays united and #StandWithUkraine. 🇺🇦🇪🇺 #EU2022CZ pic.twitter.com/92vHTFDzxV
    — EU2022_CZ (@EU2022_CZ) December 2, 2022

    L’intesa degli ambasciatori dei 27 dopo il via libera della Polonia, che durante le trattative ha chiesto una soglia più bassa

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    Unione europea e Giappone rafforzano la cooperazione sull’idrogeno

    Bruxelles – L’Unione europea rafforza la cooperazione energetica con il Giappone. In viaggio fino a domani a Tokyo, la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, ha siglato con il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, Yasutoshi Nishimura, un memorandum di cooperazione per stimolare l’innovazione e sviluppare un mercato internazionale dell’idrogeno, riconoscendo che l’idrogeno “può dare un contributo fondamentale sia alla transizione verde sia alla sicurezza energetica”.
    Il memorandum individua una serie di aree in cui i governi, gli attori industriali, gli istituti di ricerca e le autorità locali dell’UE e del Giappone saranno incoraggiati a cooperare come sul piano normativo per standard e certificazioni comuni; progetti di ricerca e sviluppo di progetti anche nell’ambito di iniziative di cooperazione multilaterale, nell’ottica di supporto ad altri Paesi del mondo; istruzione, miglioramento delle competenze, riqualificazione e istruzione e formazione professionale, anche tramite scambi. L’accordo “conferma l’impegno dell’UE e del Giappone a lavorare insieme sull’idrogeno, che è fondamentale sia per i nostri obiettivi climatici sia per la sicurezza energetica”, ha commentato Simson, auspicando di “vedere i primi risultati concreti di questa cooperazione nei mesi e negli anni a venire”. Il memorandum, in quanto tale, definisce solo un rafforzamento della partnership energetica, senza indicare con precisione se aumenteranno le cifre negli scambi commerciali energetici delle due parti.

    In addition to signing the MoC on #hydrogen, Minister Nishimura & I discussed the #energy crisis, scaling up renewables, the situation on the LNG market & Japan’s 🇯🇵 priorities for the #G7 Presidency next year.
    We also confirmed our commitment to continue helping #Ukraine🇺🇦. pic.twitter.com/Rk11bNJRgU
    — Kadri Simson (@KadriSimson) December 2, 2022

    Per l’Unione europea, si tratta del quarto partnenariato rafforzato in materia di idrogeno siglato nel giro di pochi mesi. “Il Giappone è un partner energetico su cui possiamo contare”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un tweet dopo la firma dell’accordo. A margine della Cop27 di Sharm el-Sheikh, nelle scorse settimane l’Ue ha siglato un memorandum con l’Egitto, con il Kazakistan e poi con la Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie. Bruxelles ha indicato nel piano ‘REPowerEu’ presentato a maggio scorso per affrancarsi dai combustibili fossili russi, l’obiettivo di raggiungere 20 milioni di tonnellate di consumo di idrogeno rinnovabile nel 2030, di cui dieci provenienti dall’Ue e dieci dalle importazioni. Si tratta anche del terzo accordo di alto livello a cui l’Ue ha lavorato con i partner africani e asiatici a margine della Cop27, per accaparrarsi materie prime e altri materiali raffinati indispensabili per attuare la transizione verde del Green Deal.
    Non solo idrogeno. Secondo un tweet della commissaria per l’energia, con l’omologo Nishimura si è discusso anche della crisi energetica in atto, dell’aumento delle energie rinnovabili, della situazione del mercato del GNL e delle priorità del Giappone per la presidenza G7 del prossimo anno. L’Ue si è rivolta al Giappone non solo per riaffermare l’importanza della transizione verso l’energia verde e l’ambizione comune di essere climaticamente neutrali entro il 2050, ma anche per rafforzare la cooperazione con il governo giapponese per la diversificazione dei propri fornitori di risorse energetiche per affrancarsi dalla dipendenza da Mosca. Su richiesta di Washington e Bruxelles, il Giappone ha deciso nei primi mesi dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina di dirottare alcuni carichi di gas naturale liquefatto (GNL), con spedizioni extra verso il Continente europeo alla ricerca di gas da fornitori alternativi alla Russia.

    Per l’Unione europea, si tratta del quarto partnenariato rafforzato in materia di idrogeno siglato nel giro di pochi mesi, dopo gli accordi con l’Egitto, con il Kazakistan e poi con la Namibia siglati a margine della Cop27

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    Von der Leyen sente Zelensky e promette l’arrivo in Ucraina di trasformatori e generatori di elettricità

    Bruxelles – Generatori e trasformatori per fare fronte all’emergenza energetica che l’Ucraina sta vivendo a causa dei bombardamenti russi. In una telefonata con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha condannato il “deliberato e barbaro bombardamento” delle infrastrutture civili dell’Ucraina da parte di Putin”, promettendo di rafforzare il sostegno dell’Unione europea per ripristinare e mantenere l’energia elettrica e il riscaldamento del Paese dopo una nuova ondata di attacchi missilistici russi contro infrastrutture critiche ucraine.

    During my phone call with @ZelenskyyUa today, I expressed EU solidarity with Ukraine in the face of Russia’s criminal attacks on civilian infrastructure.@EU_Commission is stepping up support, including with partners, to support the restoration of power and heat in Ukraine.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 25, 2022

    Milioni gli ucraini rimasti senza riscaldamento o elettricità dopo gli attacchi aerei da parte di Mosca alla rete energetica. In una dichiarazione pubblicata dopo la telefonata von der Leyen ha promesso che l’Unione fornirà 200 trasformatori di medie dimensioni e un grande autotrasformatore dalla Lituania, un autotrasformatore di medie dimensioni dalla Lettonia e 40 generatori pesanti dalla riserva dell’UE in Romania. A detta della leader dell’Esecutivo comunitario “ciascuno di questi generatori può fornire energia ininterrotta a un ospedale di piccole e medie dimensioni”, ha affermato.
    Von der Leyen ha confermato inoltre il lavoro della Commissione europea per dar vita a un nuovo hub energetico in Polonia per consentire donazioni da parte di Paesi terzi e aiutare con la loro consegna in Ucraina in modo coordinato, in particolare con i nostri partner del G7. Il nuovo polo energetico che dovrebbe prendere forma in Polonia era stato annunciato anche dalla commissaria europea all’energia, Kadri Simson, al termine del Consiglio straordinario dell’energia che si è tenuto ieri. Ha puntualizzato che dall’inizio della guerra, quasi 55mila attrezzature energetiche e 500 generatori sono stati forniti all’Ucraina attraverso il meccanismo di partenariato civile dell’Unione, ma la Commissione europea ha rinnovato l’invito agli Stati membri a intensificare “il nostro sforzo congiunto”.

    Discussed the #GrainfromUkraine initiative with @vonderleyen. Thanked for the huge 🇪🇺 financial assistance, for work started on the 9th sanctions package. Noted that the price cap for Russian oil should be effective. Cooperation on ensuring 🇺🇦 energy stability was also discussed.
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) November 25, 2022

    In un tweet il presidente ucraino ha confermato di aver discusso con von der Leyen “dell’iniziativa grano dall’Ucraina”, ringraziandola “per l’enorme assistenza finanziaria dell’Ue, per i lavori avviati sul nono pacchetto di sanzioni”. Ha osservato “che il price cap sul petrolio russo dovrebbe essere efficace. E’ stata discussa anche la cooperazione per garantire la stabilità energetica ucraina”.

    Per far fronte alla mancanza di riscaldamento o elettricità che ha colpito milioni di ucraini dopo gli attacchi aerei da parte di Mosca alla rete energetica di Kiev. La Commissione Ue lavora per dar vita a un nuovo polo energetico in Polonia per le donazioni da parte di Paesi terzi

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    Dal cibo all’energia, a Bali prende il via il G20: leader al tavolo con Mosca per affrontare le conseguenze della guerra

    Bruxelles – Vaccini, clima, tassa minima globale. Poco più di un anno fa, nella cornice di Roma, i leader dei 19 Paesi più industrializzati al mondo (oltre l’Unione europea) che rappresentano due terzi della popolazione (e l’85 per cento del prodotto interno lordo mondiale) chiudevano il vertice G20 ospitato da Mario Draghi con un timido accordo sul taglio delle emissioni, ma rilanciavano lo slancio verso il multilateralismo. Nella notte (ore italiane) a Bali, in Indonesia, si è aperta a distanza di dodici mesi la nuova riunione del G20, ma lo scenario è tutto diverso e le venti economie più grandi al mondo si trovano a fare i conti con le conseguenze più o meno dirette della guerra di Russia in Ucraina, dall’insicurezza alimentare globale alla crisi energetica passando per la sicurezza più in generale. 
    E proprio all’insicurezza globale e alla crisi energetica era dedicata la prima sessione della riunione del consesso (che riunisce nello specifico Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Corea del Sud, Giappone, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia, Regno Unito, Usa e UE) che andrà avanti fino a domani nell’isola indonesiana. E a sottolineare quanto diverso sia lo scenario in cui prende le mosse questo G20 sono anche i due vertici comunitari che rappresentano l’Unione europea, Ursula von der Leyen per la Commissione europea e Charles Michel per quanto riguarda il Consiglio europeo.
    Charles Michel, presidente del Consiglio europeo
    “Uno dei più difficili che ci siano mai stati”, ha scandito quest’ultimo nel suo primo intervento di questa mattina al panel sulla sicurezza alimentare ed energetica. Per il capo del Consiglio europeo, “l’unico modo migliore per porre fine all’acuta crisi alimentare ed energetica è che la Russia metta fine a questa guerra insensata e rispetti la Carta delle Nazioni Unite”. La “complessità” della due giorni non è radicata solo nel fatto di dover affrontare le conseguenze della guerra ma nel fatto che a scatenarla sia stata la Russia, membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e membro dello stesso G20. Dopo varie indiscrezioni, solo giovedì scorso è stata ufficializzata la decisione del presidente russo Vladimir Putin di non partecipare di persona ai lavori, ma di far rappresentare fisicamente la Federazione russa dal suo ministro degli Esteri, Sergei Lavrov. Essendo il primo G20 dei leader dall’inizio dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina, nei fatti sarebbe stata anche la prima occasione per mettere tutti i leader mondiali seduti allo stesso tavolo.
    La prima giornata di summit è scandita dalla necessità per i leader di mandare un messaggio di unità nel condannare l’aggressione immotivata della Russia ai danni della sovranità territoriale dell’Ucraina. A chiusura della prima giornata, la presidente Ursula von der Leyen ha assicurato in una nota che la “maggior parte dei leader ha preso una posizione chiara contro la guerra della Russia e le sue disastrose conseguenze globali. Questo G20 sta riaffermando il diritto internazionale e l’ordine di pace”, ha detto ancora, rivendicando che insieme alle economie emergenti, “l’Europa sta svolgendo un ruolo chiave nei risultati del vertice, mantenendo l’unità di idee simili e costruendo ponti”. Per qualcuno il G20 non è la sede opportuna per affrontare la questione, ma nei fatti è anche il principale forum dei leader mondiali, dunque la sede per affrontare le sfide globali e le loro conseguenze.

    A quanto apprendiamo, i leader stanno lavorando alle conclusioni della due giorni – che dovrebbero essere approvate domani – per includere la condanna “nei termini più forti” dell’aggressione da parte di Mosca ai danni di Kiev. La bozza di 16 pagine dichiarazione comune – vista da Eunews – riconosce l’aggressione dell’Ucraina come una “guerra” (termine che per il momento Mosca rifiuta riferendosi a una “operazione militare speciale”. Nel testo si legge che “la maggior parte dei membri ha condannato fermamente la guerra in Ucraina e ha sottolineato che sta causando immense sofferenze umane e aggravando le fragilità esistenti nell’economia globale”. Ma si legge ancora che esistono “altri punti di vista e diverse valutazioni della situazione e delle sanzioni”, in riferimento al fatto che al tavolo è seduta anche Mosca.
    Critiche a Mosca sono arrivate anche dal presidente cinese Xi Jinping ha invitato i leader del G20 a “opporsi fermamente” a qualsiasi “strumentalizzazione” di cibo ed energia. “Dobbiamo opporci fermamente a qualsiasi politicizzazione, strumentalizzazione e uso come arma delle questioni alimentari ed energetiche”, ha dichiarato il leader cinese al vertice del G20 sull’isola indonesiana di Bali, chiedendo al contempo la revoca delle sanzioni, come quelle contro la Russia. Xi Jinping, che ha avuto alla vigilia del vertice un bilaterale con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è rimasto sempre vicino a Putin negli ultimi anni, pur rimanendo attendo a non fornire un sostegno materiale diretto che potesse far scattare sanzioni occidentali nei suoi confronti come accaduto con la Bielorussia.
    G20, estensione accordo sul grano e insicurezza energetica
    Nella bozza si legge ancora la richiesta a estendere l’iniziativa per sbloccare l’esportazione di grano attraverso il Mar Nero, mediata a luglio dalle Nazioni Unite e dalla Turchia, in scadenza a fine novembre. L’iniziativa era stata firmata il 22 luglio scorso, per sbloccare le esportazioni di almeno 20 milioni di tonnellate di grano, rimaste bloccate nei principali porti ucraini da quando l’invasione della Russia è iniziata lo scorso 24 febbraio, facendo temere per la sicurezza alimentare globale.
    La richiesta di estensione dell’accordo oltre novembre è arrivata congiuntamente da entrambi i vertici comunitari, che ancora tenuto inoltre a ribadire che tutte le sanzioni varate dall’Ue contro la Russia non bloccano in alcun modo l’esportazione di grano e altri cereali indispensabili per scongiurare una carestia mondiale. “Non sono previste sanzioni su prodotti agroalimentari e fertilizzanti”, ha assicurato von der Leyen “sostenendo con tutto il cuore l’Iniziativa per i cereali del Mar Nero mediata dal segretario generale Guterres e dal presidente Erdoğan”. Michel ha menzionato che l’Ucraina esporta nel mondo 45 miliardi di tonnellate di prodotti agricoli attraverso le rotte di solidarietà dell’UE. “Siamo riusciti ad aiutare l’Ucraina a esportare 15 milioni di tonnellate e altri 10 milioni sono stati esportati grazie alla Black Sea Grain Initiative”, ha detto, motivando così la necessità di estendere l’accordo.
    Sul fronte energetico, la guerra “ha aperto gli occhi all’Unione europea. Vediamo letteralmente che la Russia, invece di vendere gas, preferisce bruciare gas”, ha accusato von der Leyen, che ha rivendicato di sostenere “l’introduzione di un prezzo massimo del petrolio” il meccanismo su cui si sono accordati i ministri dell’economia dei Paesi G20 alla riunione di fine estate. Per la presidente dell’esecutivo europeo la risposta alla crisi energetica e ai prezzi mirabolanti dell’energia è accelerare “la transizione verde verso l’energia pulita” non solo dell’Europa, ma anche degli altri partner dell’Ue, a partire dall’Indonesia che ospita il vertice. A margine del G20, von der Leyen ha siglato insieme al presidente dell’Indonesia Joko Widodo e i leader dell’International Partners Group (co-guidato da Stati Uniti e Giappone e comprendente Canada, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia e Regno Unito) una partnership per la giusta transizione energetica con l’Indonesia, con l’obiettivo di mobilitare 20 miliardi di dollari (circa 19,4 miliardi di euro) in finanziamenti pubblici e privati ​​per un periodo da tre a cinque anni, tra sovvenzioni, prestiti agevolati, prestiti a tasso di mercato, garanzie e investimenti privati.

    Nell’isola indonesiana prende il via la prima riunione G20 da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina. Bruxelles: “La guerra ci ha aperto gli occhi su Mosca”. I leader delle venti economie più industrializzate al mondo lavorano alle conclusioni per condannare la guerra

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    Ue “al fianco” del popolo iraniano, sanzionati altri 29 individui per la morte di Mahsa Amini e le violenze in piazza

    Bruxelles – Ferma condanna “dell’inaccettabile e violenta repressione” delle manifestazioni in Iran. Il Consiglio Affari Esteri riunito a Bruxelles ha deciso oggi (14 novembre) di sanzionare altre 29 persone e tre entità per il ruolo nella morte di Mahsa Amini, la 22enne morta lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab e nella repressione delle proteste che vanno avanti senza sosta da oltre un mese.
    Tra gli ultimi nomi aggiunti all’elenco di individui soggetti a misure restrittive (che si traducono in un divieto di viaggio e congelamento dei beni), come si legge in una nota del Consiglio Ue, c’è anche il ministro dell’Interno iraniano, Ahmad Vahidi, che è anche responsabile della LEF, le forze dell’ordine iraniane. Presi di mira altri quattro membri della squadra che ha arrestato arbitrariamente Mahsa Amini, i capi provinciali delle LEF e del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC), nonché il generale di brigata Kiyumars Heidari, il comandante della Le forze di terra dell’esercito iraniano, per il loro ruolo “nella brutale repressione delle recenti proteste”, scoppiate nel Paese a seguito dell’uccisione della donna. Bruxelles prende di mira anche l’emittente televisiva di Stato iraniana Press TV responsabile “della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti” e Vahid Mohammad Naser Majid, il capo della polizia informatica iraniana per la sua responsabilità nell’arrestare arbitrariamente persone per aver espresso critiche online al regime iraniano.
    Il regime di sanzioni per i diritti umani applicato in Iran include anche il divieto di esportazione in Iran di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni. Con l’aggiornamento della lista, l’elenco dei soggetti alle misure restrittive dell’UE sale a quota 126 persone e 11 entità. “L’UE condanna fermamente l’inaccettabile e violenta repressione dei manifestanti. Siamo con il popolo iraniano e sosteniamo il suo diritto a protestare pacificamente e ad esprimere liberamente le sue richieste e opinioni. Oggi stiamo imponendo ulteriori sanzioni ai responsabili della repressione dei manifestanti iraniani”, commenta l’alto rappresentato Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell.

    Dal Consiglio Affari Esteri via libera a nuove restrizioni contro individui ed entità coinvolte con “la violenta repressione”. Nell’elenco anche il ministro dell’Interno iraniano, Ahmad Vahidi

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    Lula presidente del Brasile, l’Europa si congratula con il leader progressista

    Bruxelles – L’Europa si congratula con Luiz Inàcio Lula da Silva, che nella notte tra domenica e lunedì (30-31 ottobre) è stato eletto per la terza volta presidente del Brasile. Il leader del partito dei lavoratori ha vinto per una manciata di voti (50,9 contro 49,1 per cento) il ballottaggio con il presidente uscente, Jail Bolsonaro.
    La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha auspicato in un tweet di “affrontare insieme a Lula le sfide globali, dalla sicurezza alimentare all’economia e al cambiamento climatico”.

    Congratulations, @LulaOficial, on your election as President of Brazil.
    I look forward to working with you to address pressing global challenges, from food security to trade and climate change.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 31, 2022

    Le ha fatto eco il Commissario Ue per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, accogliendo l’elezione di Lula come “una grande opportunità di collaborare sulle sfide globali dell’economia e del clima”, mentre il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha espresso su twitter il suo desiderio di incontrare presto di persona il capo di stato brasiliano, salutando il popolo brasiliano che “si è espresso per il cambiamento”. Il capo del Consiglio europeo ha poi assicurato che l’Ue “è impegnata a cooperare sulle sfide globali: pace e stabilità, prosperità, cambiamento climatico. E lavoreremo con l’intera regione”.
    Anche l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, si è affidato a un tweet per commentare l’esito del voto. “I cittadini brasiliani si sono recati alle urne per eleggere il nuovo presidente in un’elezione pacifica e ben organizzata”, ha scritto il capo della diplomazia europea, congratulandosi poi con Lula. “Non vedo l’ora di lavorare insieme e far progredire le relazioni Ue-Brasile”, ha concluso l’Alto rappresentante.

    Brazilian citizens went to the polls to elect their new president in a peaceful and well-organised election
    Parabéns @LulaOficial on your election!
    I look forward to working together & advancing EU-Brazil relations with your government, and with new Congress & State authorities https://t.co/JgSthRYGT9
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) October 30, 2022

    Lula, già presidente dal 2003 al 2011, torna così al timone del Paese più vasto dell’America Latina dopo aver scontato 580 giorni di carcere per una condanna per corruzione, poi annullata. Durante la campagna elettorale, il settantasettenne progressista ha promesso di creare un governo che combini responsabilità fiscale, politiche sociali e sviluppo sostenibile. Una decisa inversione di rotta rispetto ai quattro anni di presidenza del leader della destra ultraconservatrice e evangelica Jair Bolsonaro, che nel frattempo ha fatto sapere che potrebbe non voler accettare il risultato della consultazione elettorale. Eventualità che, visti i rapporti molto stretti che Bolsonaro intrattiene con i capi dell’esercito brasiliano, in patria preoccupa molti.
    Intanto il “calamaro Lula”, dalla piazza di Avenida Paulista gremita di gente, ha tenuto il suo primo discorso da presidente: “Hanno cercato di seppellirmi vivo, ma sono risorto. Oggi l’unico vincitore è il popolo brasiliano. Sarò il presidente di tutti: riuniamo la famiglia”, ha gridato il capo di stato alla folla riunita a San Paolo.

    Nella notte il ballottaggio vinto contro il presidente uscente Bolsonaro. Von der Leyen invita Lula a “affrontare insieme le sfide globali”, per l’alto rappresentante Borrell è ora di “far progredire le relazioni Ue-Brasile”

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    Obbligo di acquisti congiunti e price cap dinamico sulla borsa di Amsterdam, la proposta Ue contro il caro gas

    Bruxelles – Un limite di prezzo dinamico a tutte le transazioni nel Dutch Title Transfer Facility (Ttf), il mercato olandese di riferimento per gli scambi del gas in Europa. Poi ancora un nuovo parametro di riferimento per il gas naturale liquefatto (GNL) complementare e alternativo al Ttf da rendere operativo entro la fine del 2022 e acquisti congiunti di gas obbligatori per il riempimento di almeno il 15 per cento delle riserve europee. Sono alcuni dei punti principali del nuovo pacchetto contro il caro energia, visto e anticipato da Bloomberg, che la Commissione europea proporrà domani (18 ottobre) agli Stati membri per affrontare i rincari energetici. La bozza, ancora suscettibile a modifiche prima del via libera del collegio domani a Strasburgo, sarà sul tavolo dei capi di stato e governo riuniti giovedì e venerdì (20-21 ottobre) a Bruxelles al Consiglio europeo. L’ultimo di Mario Draghi alla guida dell’esecutivo italiano.
    La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha riunito nel fine settimana il collegio dei commissari per “fare buoni progressi nell’attuazione della tabella di marcia per affrontare i prezzi elevati dell’energia presentata ai leader al vertice informale di Praga”, ha scritto in un tweet, con l’idea di “approvare un altro pacchetto di proposte legali alla nostra prossima riunione del collegio, martedì”. Nelle scorse settimane l’esecutivo comunitario ha subito forti le pressioni di un gruppo di Paesi, tra cui Italia, Grecia, Polonia e Belgio, che hanno chiesto a più riprese l’introduzione di un corridoio dinamico ai prezzi del gas.

    Good VTC discussion on energy with College members.
    Made good progress on implementing the roadmap to tackle high energy prices presented to Leaders at the informal summit in Prague.
    We will approve another package of legal proposals at our next college meeting, Tuesday. pic.twitter.com/e8r08gtyRn
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 16, 2022

    Alla fine, la Commissione dovrebbe spianare la strada a un meccanismo di controllo dei prezzi dinamico, che sia temporaneo e da mettere in atto mentre lavora al nuovo parametro di riferimento complementare per il prezzo del gas liquefatto. Dopo aver constatato, e ammesso più volte, che il Ttf non è più rappresentativo del mercato, sempre più dominato dagli scambi di gas naturale liquefatto. Il nuovo indice non sarà avviato prima della fine del 2022, in tempo per renderlo operativo prima della prossima stagione di riempimento delle riserve di gas nella primavera 2023.
    Assente nella bozza vista da Bloomberg la proposta (su cui Bruxelles spingeva fino a poche settimane fa) di estendere a tutti i Paesi dell’Ue il modello iberico di ‘price-cap’, ovvero un tetto sul prezzo del gas usato per la produzione di elettricità, come introdotto in primavera da Spagna e Portogallo e che nei fatti ha contribuito ad abbassare i prezzi nei due Paesi. Sul cap per la generazione di elettricità è mancato però il sostegno da buona parte dei governi dell’Ue, dal momento che nei fatti andrebbe finanziato con risorse nazionali e non tutti hanno spazio fiscale per farlo. L’Italia ad esempio si è detta contraria, insieme a Polonia, Belgio, Grecia in un non paper trasmesso alla Commissione nelle scorse settimane. Bruxelles presenterà invece misure per aumentare la liquidità nei mercati energetici e la proposta di rendere obbligatorio per i governi partecipare all’acquisto congiunto di gas per il riempimento di almeno il 15 per cento degli stoccaggi dei Paesi, rendendo di fatto operativa finalmente la piattaforma per gli acquisti congiunti.
    Gli acquisti congiunti di gas sono considerati fondamentali per riprendere a riempire gli stoccaggi appena finirà l’inverno e soprattutto per evitare concorrenza tra i governi nell’acquisto delle forniture. Sulla scia dell’acquisto comune dei vaccini durante la pandemia COVID-19, di fronte alla crisi energetica connessa alla guerra in Ucraina Bruxelles ha lanciato lo scorso 7 aprile una piattaforma energetica a cui gli Stati membri possono aderire su base volontaria per negoziare e cercare approvvigionamenti di gas (e in futuro anche idrogeno e gas naturale liquefatto), principalmente per mantenere anche i prezzi più contenuti potendo gestire la domanda a livello comunitario e non nazionale. Nella sostanza si cerca di evitare che ci sia concorrenza tra i Paesi membri dell’Ue nell’acquisto di forniture, data la necessità di accelerare con la diversificazione dei fornitori e riempire le riserve. Secondo le indiscrezioni, le forniture russe saranno escluse da questo sistema di appalti congiunti, che come spiegavamo, ha avuto difficoltà a decollare soprattutto perché sarà affidato agli operatori commerciali e non direttamente ai governi.
    Le proposte dovrebbero assumere la forma legislativa di una proposta di Regolamento del Consiglio, da far adottare agli Stati quindi a maggioranza qualificata (senza unanimità e dunque senza possibilità di veti) e senza passaggio all’Europarlamento.

    L’esecutivo comunitario presenterà domani a Strasburgo un nuovo pacchetto di misure per ridurre i prezzi del gas, tra cui un nuovo indice di riferimento complementare al Ttf di Amsterdam per il gas naturale liquefatto. Le proposte saranno sul tavolo dei capi di stato e governo Ue riuniti a Bruxelles il 20-21 ottobre al Consiglio europeo, l’ultimo di Mario Draghi alla guida dell’Italia

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    Per von der Leyen è tempo di sanzioni Ue contro Teheran per la repressione delle donne iraniane

    Bruxelles – Difendere i valori in cui l’Europa crede e difendere chi si batte per proteggerli anche fuori dall’Europa. Come “le coraggiose” donne iraniane che attraverso settimane di proteste e manifestazioni “chiedono libertà e uguaglianza”. Per Ursula von der Leyen è arrivato il momento di sanzionare i responsabili della repressione delle donne iraniane.
    E’ durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, che la presidente della Commissione europea ha condannato la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici che vengono picchiati e detenuti: uomini e donne, avvocati e giornalisti, attivisti e cittadini comuni” che protestano da settimane per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa (la cosiddetta polizia della moralità) per non aver indossato correttamente l’hijab.
    “Questo è un grido per l’uguaglianza, è un grido per i diritti delle donne”, ha detto la presidente, precisando che il messaggio dell’Unione europea di fronte alla repressione deve essere dobbiamo chiedere che la violenza si fermi. Le donne devono avere la possibilità di scegliere. E dobbiamo ritenere responsabili coloro che sono responsabili della repressione delle donne”. Per questo, è arrivato il momento di sanzionare le persone che sono responsabili. “La scioccante violenza inflitta al popolo iraniano non può rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni”, ha dichiarato, aprendo di fatto all’idea che l’Ue possa imporre sanzioni contro i funzionari iraniani coinvolti nella repressione. Secondo quanto riportano fonti Ue a Bloomberg, il pacchetto di misure restrittive dovrebbe coinvolgere 15 tra persone ed entità iraniane legate alla morte di Amini e potrebbe essere adottato già la prossima settimana, se sarà raggiunto un accordo unanime tra i Ventisette.
    Un’idea che l’Europarlamento, per primo, ha sostenuto approvando lo scorso 6 ottobre a Strasburgo un atto di indirizzo per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. Gli europarlamentari hanno chiesto “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.

    Durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, la presidente della Commissione europea condanna la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici” che vengono picchiati e detenuti in Iran per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab