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    Il gasdotto Nord Stream 1 è ripartito

    Bruxelles – Dieci giorni di fermo che hanno tenuto l’Europa con il fiato sospeso, ma da questa mattina (21 luglio) alle 6 il gasdotto Nord Stream 1 ha ripreso a pompare gas verso la Germania. Nord Stream 1, gestito dal gigante russo del gas Gazprom, è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo all’Europa, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico. Gazprom aveva annunciato una manutenzione programmata del gasdotto da lunedì 11 luglio fino al 21 del mese, facendo temere all’Unione europea che i flussi non sarebbero più ripartiti dopo quella data nel contesto delle tensioni con Mosca per la guerra in Ucraina.
    A capacità massima, Nord Stream 1 trasporta circa 55 miliardi di metri cubi di gas da Mosca alla Germania, dove il gas viene poi distribuito in altri Paesi europei. Rappresenta più di un terzo delle esportazioni di gas russo verso l’Unione europea. L’infrastruttura da metà giugno già funzionava al 40 per cento della sua capacità, a causa – ha motivato Mosca – dell’assenza di una turbina servita dalla società tedesca Siemens Energy, in Canada, necessaria per la manutenzione del gasdotto. Secondo il capo del regolatore energetico tedesco, Klaus Müller, i flussi di gas russo attraverso il gasdotto Nord Stream 1 potrebbero raggiungere un livello del 40 per cento della capacità giovedì, ma è rimasta l’incertezza politica sulle forniture. “I flussi di gas reali sul Nord Stream 1 possono oggi raggiungere il livello di pre-manutenzione di circa il 40 per cento di utilizzo (circa 700 gigawattora al giorno). Sfortunatamente, l’incertezza politica e il taglio del 60% da metà giugno rimangono”, ha commentato in un tweet.

    Die realen Gasflüsse auf der #NordStream1 liegen über der Nominierung und können heute das Vor-Wartungsniveau von ca. 40% Auslastung (ca 700 GWh/d) erreichen.Die politische Unsicherheit und die 60%ige Kürzung von Mitte Juni bleiben leider bestehen. @bnetza @bmwk https://t.co/9vwoWkZ439
    — Klaus Müller (@Klaus_Mueller) July 21, 2022

    Il governo di Berlino ha fatto sapere che il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck e Mueller rilasceranno dichiarazioni alla stampa sul gasdotto Nord Stream 1 e sulla situazione del gas in generale alle 14 di oggi. La preoccupazione crescente dell’Unione europea che le forniture russe di gas inviate attraverso il gasdotto Nord Stream 1 potessero potessero non ripartire, ha spinto la Commissione europea a proporre ieri, sotto forma di una proposta di regolamento, agli Stati membri di ridurre l’utilizzo del gas del 15% fino a marzo come misura di emergenza. Una misura pensata per essere volontaria in un primo tempo, ma che Bruxelles vuole poter imporre in maniera obbligatoria di fronte a una crisi di approvvigionamento.
    La Commissione continua a descrivere la riduzione delle forniture di gas dalla Russia come “un tentativo deliberato di utilizzare l’energia come arma politica”. Le consegne di gas di Mosca agli Stati baltici, Polonia, Bulgaria e Finlandia sono state sospese. Quelle in Germania, Danimarca, Paesi Bassi e Italia sono state ridotte e i flussi attraverso il Nord Stream 1, la più grande rotta di importazione nell’UE, sono stati ridotti del 60 per cento e Mosca usa la dipendenza energetica di Bruxelles per creare instabilità politica. Finora, le importazioni di gas sono state in parte compensate dall’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL), ma anche questa strategia ha i suoi limiti per la limitata capacità di importazione dell’Ue. Le importazioni di GNL nella prima metà del 2022 sono state del 60 per cento in più rispetto all’anno precedente, raggiungendo tra 11 e 13 miliardi di metri cubi al mese, una cifra vicina all’attuale capacità massima di importazione dell’UE.

    Secondo Berlino i flussi dovrebbero arrivare al 40 per cento della capacità oggi. La principale infrastruttura per il trasporto di gas russo all’Europa era ferma in manutenzione programmata dall’11 luglio per dieci giorni, mentre Bruxelles temeva che non sarebbe ripartita. Resta l’insicurezza energetica

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    Unione della difesa, Bruxelles propone un fondo da 500 milioni di euro per gli acquisti congiunti di armi

    Bruxelles – Appalti congiunti per rafforzare l’industria europea della difesa. Dopo i vaccini e il gas, ora le armi. La Commissione europea propone oggi (19 luglio) al Parlamento europeo e al Consiglio attraverso un regolamento di impegnare 500 milioni di euro dal bilancio europeo (per gli anni 2022-2024) per facilitare l’acquisto congiunto di armi a livello europeo, con il doppio obiettivo di ristabilire il livello di scorte, in parte ridimensionate a causa del sostegno dato all’Ucraina nella guerra provocata dalla Russia, e contribuire alla costruzione di una industria europea della difesa.
    “Oltre ad aiutare a ricostituire parte delle scorte in seguito al trasferimento di armi all’Ucraina, stiamo creando un incentivo attraverso il bilancio dell’UE affinché gli Stati membri acquistino insieme”, ha spiegato il commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, presentando in conferenza stampa l’iniziativa, parlando di una “vulnerabilità de facto” che si è venuta a creare con il trasferimento di armi all’Ucraina “che ora deve essere affrontata con urgenza”.
    L’intenzione di introdurre uno strumento temporaneo per rafforzare la difesa europea, era stata comunicata dalla Commissione europea a maggio nella comunicazione congiunta sui divari negli investimenti nel settore della difesa. Lo strumento – si legge in una nota dell’esecutivo – incoraggerà gli Stati membri, in uno spirito di solidarietà, a procurarsi congiuntamente e faciliterà l’accesso di tutti gli Stati membri ai prodotti della difesa di cui hanno urgente bisogno”.
    Così come ha fatto per gli acquisti congiunti di vaccini e terapie anti COVID, Bruxelles punta a scongiurare concorrenza tra gli Stati membri per gli stessi prodotti e abbassare anche i costi delle armi con acquisti più numerosi. “Gli Stati membri hanno adottato misure audaci trasferendo in Ucraina le attrezzature di difesa urgenti. Nello stesso spirito di solidarietà, l’UE li aiuterà a ricostituire queste scorte incentivando gli appalti congiunti, consentendo all’industria europea della difesa di rispondere meglio a queste urgenti esigenze”, ha spiegato la vicepresidente esecutiva Margarethe Vestager, definendo la proposta di regolamento EDIRPA (l’atto comune sugli appalti) una pietra miliare storica nell’istituzione dell’Unione della difesa dell’UE. Sul regolamento la Commissione si aspetta un via libera rapido da parte di Consiglio e Parlamento – i due co-legislatori dell’UE – così da poter, entro la fine del 2022, “sostenere gli Stati membri che affrontano le loro esigenze più urgenti e critiche” in materia di difesa.

    A valere sul bilancio comunitario per gli anni 2022-2024 per aiutare gli Stati membri a ricostruire le scorte di armi e dispositivi militari esaurite per il trasferimento in Ucraina. La proposta passa ora nelle mani di Parlamento e Consiglio per il via libera

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    Von der Leyen sigla l’intesa con Egitto e Israele per più forniture di gas all’Europa

    Bruxelles – Da Israele all’Europa, passando per l’Egitto. L’Unione Europea ha siglato oggi (15 giugno) un Memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente, alle prese con il tentativo di ridurre la sua dipendenza dalle forniture di idrocarburi importati dalla Russia nel contesto della guerra in Ucraina.
    Abdel Fattah El-Sisi, a destra, e Ursula von der Leyen
    Un “grande passo avanti nella fornitura di energia all’Europa, ma anche per l’Egitto nel diventare un hub energetico regionale”, ha rivendicato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa con il presidente egiziano Abdel Fattah-Sisi annunciando l’intesa che Bruxelles cercava da settimane. Il gas israeliano sarà trasportato tramite gasdotto in Egitto, dove sarà liquefatto in GNL e poi trasportato via mare in Europa per essere rigassificato. L’Egitto dispone di due impianti di GNL, uno a est di Alessandria, a Idku, e l’altro nella città portuale di Damietta, che ha una capacità produttiva di 5 milioni di tonnellate all’anno.
    L’accordo quadro è stato siglato al Cairo dalla commissaria per l’Energia, Kadri Simson, insieme al ministro egiziano, Tāreq El Molla, e alla ministra israeliana, Karine Elharrar. Conclude il tour mediorientale di tre giorni della leader dell’Esecutivo comunitario, che l’ha vista impegnata da lunedì prima in Israele e Palestina e poi in Egitto e Giordania nel tentativo di rafforzare la cooperazione con la regione.
    Bruxelles lavorava a questo accordo trilaterale almeno da inizio aprile, nel quadro del suo piano per sbarazzarsi degli idrocarburi in arrivo da Mosca, che rappresentano oltre il 40 per cento delle sue forniture importate per circa 150 miliardi di metri cubi di gas. Per arrivare a liberarsi dalla dipendenza energetica russa, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe, principalmente gas naturale liquefatto (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri UE che dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio.
    Nel memorandum non si parla di volumi precisi di gas che arriveranno in Europa, ma secondo la ministra israeliana si tratta del primo accordo a “consentire esportazioni significative” di gas israeliano verso l’Europa. “Oggi l’Egitto e Israele si impegnano a condividere il nostro gas naturale con l’Europa e ad aiutare con la crisi energetica”, ha commentato Elharrar dopo la firma dell’intesa, definendolo un grande momento per Israele per diventare un grande attore sul mercato globale, approfittando del “vuoto” che la Russia lascia sul mercato.

    Israele, da solo, non può rimpiazzare tutto il gas russo ma secondo l’UE tutti gli Stati del Mediterraneo orientale possono fornire circa 20 miliardi di metri cubi all’anno, la maggior parte dei quali proverrebbe da Israele. L’UE ha già siglato un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030. Dopo l’intesa con Israele ed Egitto, la commissaria Simson volerà Azerbaijan a luglio, nel contesto del lavoro che l’Unione Europea sta facendo per trovare fornitori di gas alternativi alla Russia.
    Bruxelles rafforza la cooperazione con l’Egitto anche in vista della prossima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la COP27, che si terrà proprio in Egitto (a Sharm El-Sheikh) dal 7 al 18 novembre 2022. E’ in questa occasione che sarà annunciata una nuova partnership UE-Egitto sull’idrogeno, come anticipato dalla presidente in conferenza stampa. “L’Egitto ha il potenziale per essere un leader nella produzione e nell’esportazione di energia rinnovabile”, ha detto von der Leyen, definendo l’Egitto un partner affidabile dal punto di vista energetico. Con Israele, invece, Bruxelles porta avanti altri due progetti in parallelo, un nuovo gasdotto per trasporto prima di gas (e poi, nei piani di Bruxelles) di idrogeno pulito nel Mediterraneo orientale; un cavo elettrico sottomarino per connettere Israele, Cipro e Grecia che nel tempo sarà elettrificato con energie rinnovabili.

    Il gas israeliano arriverà in Egitto tramite gasdotto, poi sarà liquefatto in Gnl e trasportato via mare in Europa per essere rigassificato. “Un grande passo avanti nella fornitura di energia all’Europa, ma anche per l’Egitto nel diventare un hub energetico regionale”, sostiene la presidente dell’Esecutivo comunitario

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    Chernobyl, trentasei anni dopo. Bruxelles teme ancora per la sicurezza nucleare dell’Europa: “Mosca liberi la centrale di Zaporizhzhia”

    Bruxelles – Trentasei anni fa l’incidente nucleare nel reattore numero 4 della centrale di Chernobyl, in Ucraina, che portò alla morte immediata di 31 persone e alla dispersione nell’atmosfera di grandi quantità di particelle radioattive. Oggi, l’UE lo ricorda come il più importante incidente nucleare verificatosi in Europa, con un occhio di preoccupazione per gli impianti nucleari ancora attivi in Ucraina, dal 24 febbraio invasa dall’esercito russo che ne minaccia a più riprese sicurezza e integrità.
    “L’aggressione illegale e ingiustificata della Russia in Ucraina mette nuovamente a repentaglio la sicurezza nucleare nel nostro continente”, hanno avvertito in una nota congiunta l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, e la commissaria per l’Energia, Kadri Simson. Da quando l’invasione è iniziata, la Russia ha “preso di mira e occupato siti nucleari ucraini, danneggiando incautamente gli impianti”.
    Nel giorno dell’anniversario dell’incidente avvenuto nel 1986, i due rappresentanti della Commissione hanno ribadito “la massima preoccupazione per la sicurezza nucleare e i rischi per la sicurezza causati dalle recenti azioni della Russia presso il sito di Chernobyl”, chiedendo a Mosca di restituire il controllo della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia alle autorità ucraine e di astenersi da qualsiasi ulteriore azione contro le installazioni nucleari presenti sul territorio invaso.
    Da quando l’invasione è iniziata a fine febbraio, l’UE si è messa a seguire da vicino la situazione della sicurezza nucleare insieme all’ENSREG, il gruppo europeo dei regolatori della sicurezza nucleare (European Nuclear Safety Regulators Group), preparando un piano di emergenza nel caso in cui la Russia dovesse attaccare gli impianti nucleari presenti sul territorio ucraino. All’inizio dell’invasione le truppe di Mosca hanno usato l’impianto (inattivo e luogo di raccolta di combustibile esausto e rifiuti radioattivi) di Chernobyl come scudo e rifugio, per poi occupare anche la nucleare di Zaporizhzhya, il più grande impianto nucleare attivo in Europa,
    “L’anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, che ricorre oggi, ci ricorda quanto pericolosa sia questa fonte di energia. L’incidente che colpì la centrale nucleare ucraina è stata una ferita non si è più rimarginata. Quel disastro ha provocato morte, sofferenza, malattie e incalcolabili danni economici. Ricordare oggi Chernobyl con dignità equivale ad ammettere che l’energia nucleare non è purtroppo sicura al 100%. Per questa ragione, lavoreremo al Parlamento europeo per modificare le regole sulla tassonomia presentate dalla Commissione europea che considerano come investimenti verdi quelli per costruire nuove centrali nucleari. Non avremo mai più Chernobyl solo se saremo un Continente che produce e utilizza energie pulite. Investire nelle rinnovabili è un obbligo morale che dobbiamo onorare anche per tutti quelli che hanno sofferto a causa del disastro di Chernobyl”, così Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, in una nota.

    Nel giorno dell’anniversario del disastro di Chernobyl la Commissione UE esprime “la massima preoccupazione per la sicurezza nucleare e i rischi per la sicurezza causati dalle recenti azioni della Russia presso” i siti nucleare in Ucraina

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    L’UE rafforza la cooperazione tecnologica e commerciale con l’India in chiave anti-Russia

    Bruxelles – Un impegno strategico “approfondito e congiunto” per affrontare le tensioni geopolitiche in evoluzione. Da Nuova Delhi, Ursula von der Leyen annuncia oggi (25 aprile) insieme al premier indiano, Narendra Modi, l’avvio di un Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-India.
    Una nuova alleanza su commercio, tecnologia e sicurezza sancita nel quadro della missione di due giorni (domenica 24 e lunedì 25 aprile) della presidente della Commissione Europea nella capitale indiana per “approfondire la cooperazione bilaterale in vari settori”, inclusi commercio, tecnologia ed energia. I colloqui di von der Leyen con Modi riguardano anche i piani per rilanciare i negoziati quest’estate per un accordo commerciale globale tra l’UE e l’India. “I nostri team inizieranno presto i negoziati sugli accordi commerciali e di investimento”, ha assicurato la presidente in conferenza stampa al fianco del premier indiano.

    Strengthening the 🇪🇺🇮🇳 partnership is a key priority for this decade.
    We will step up cooperation in trade, technology and security.
    This is why I’m pleased that @narendramodi and I will establish an 🇪🇺🇮🇳 Trade and Technology Council.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) April 25, 2022

    Ma questo nuovo meccanismo di coordinamento strategico sul fronte tecnologico e commerciale è anche il modo con cui l’UE cerca di allontanare l’India dalle sue relazioni di lunga data dalla Russia, da cui dipende per quanto riguarda la tecnologia di difesa in arrivo da Mosca. L’India, fino a questo momento, si è rifiutata di condannare l’invasione della Ucraina da parte del presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, iniziata il 24 febbraio scorso.
    Il Consiglio consentirà “a entrambi i partner di affrontare le sfide tra commercio, tecnologia affidabile e sicurezza, e quindi approfondire la cooperazione in questi settori tra l’Ue e l’India”, si legge nella nota congiunta dei due leader. Il modello è quello del Consiglio per il commercio e la tecnologia tra UE e USA, lanciato a Pittsburgh un anno fa. Bruxelles e Nuova Delhi convengono “che i rapidi cambiamenti nell’ambiente geopolitico evidenziano la necessità di un impegno strategico congiunto e approfondito”. Il Consiglio per il commercio e la tecnologia “permetterà alle due parti di allineare le politiche e affrontare le sfide comuni in settori importanti per il progresso sostenibile dell’economia europea e indiana”. Tra le righe, l’obiettivo è quello di offrire una alternativa all’India alle sue “dipendenze” dalla Russia, in aree come le attrezzature militari, spianando la strada a un accordo commerciale globale che l’UE spera di chiudere entro l’estate.

    Al via il nuovo Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-India: la missione di due giorni di Ursula von der Leyen a Nuova Delhi è anche il tentativo di offrire all’India un’alternativa alla sua dipendenza da Mosca. Presto inizieranno “i negoziati sugli accordi commerciali e di investimento”, ha assicurato la presidente dell’Esecutivo comunitario

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    Charles Michel è a Kiev, “nel cuore di un’Europa libera e democratica”

    Bruxelles – Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è in missione a Kiev, in Ucraina, “nel cuore di un’Europa libera e democratica”. Lo fa sapere Michel stesso in un tweet pubblicato questa mattina (20 aprile), senza fornire ulteriori dettagli sulla visita, di cui non erano fuoriscite indiscrezioni fino a questo momento.
    Michel è l’ultimo dei tre presidenti delle istituzioni comunitarie a recarsi nella capitale ucraina da quando è iniziata la guerra della Russia di Vladimir Putin: ad aprire la strada è stata a inizio aprile la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, a cui è seguita la visita della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, accompagnata dall’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. 

    Lo rende noto il presidente del Consiglio europeo in un tweet. Michel è l’ultimo dei tre presidenti delle istituzioni comunitarie a recarsi nella capitale ucraina da quando è iniziata l’invasione da parte della Russia a fine febbraio

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    L’Unione Europea ha espulso 19 diplomatici russi

    Bruxelles – L’Unione Europea ha espulso 19 diplomatici della Missione Permanente russa in Ue. Ad annunciarlo è stato l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, dopo la presentazione del quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia: da oggi sono personae non gratae, “persone non gradite” all’Unione “per attività contrarie al loro status diplomatico”.

    I decided to designate persona non grata a number of officials of the Permanent Mission of Russian Federation to the EU for engaging in activities contrary to their diplomatic status.https://t.co/vdqnLvoAAV
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 5, 2022

    “L’Unione Europea agisce in risposta alle azioni illegali e senza precedenti da parte di membri designati della Missione Russa, contro gli interessi e la sicurezza dell’Ue e dei suoi Stati membri”, ha reso noto anche il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) in un comunicato. “Queste azioni hanno violato la Convenzione di Vienna delle relazioni diplomatiche del 1961”, prosegue il comunicato. La Convenzione di Vienna integra tutte le convenzioni e norme del diritto internazionale che disciplinano i rapporti tra gli Stati e ambasciatori e altri funzionari diplomatici.
    Ciò ha comportato la sospensione dei privilegi e dell’immunità dei 19 “non graditi”, a cui verrà chiesto di lasciare il territorio belga. Il Segretario generale del SEAE Stefano Sannino aveva convocato Vladimir Chizhov, l’ambasciatore russo in Ue, nel pomeriggio per informarlo della decisione.

    L’annuncio è arrivato dall’Alto rappresentante Borrell, privilegi e immunità sospesi

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    I crimini di Bucha aumentano le pressioni sull’Europa per l’embargo di petrolio e gas dalla Russia

    Bruxelles – Nuove sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina, senza escludere la fine delle importazioni di idrocarburi in arrivo da Mosca. Sono le immagini delle violenze subite dalla popolazione civile di Bucha, cittadina ucraina a qualche decina di chilometri di Kiev, dalle truppe di Putin in ritirata nel fine settimana a far crescere le pressioni sui governi europei per sanzionare le importazioni energetiche in arrivo dalla Russia.
    “L’Unione Europea continuerà a sostenere l’Ucraina fermamente e farà avanzare, con urgenza, i lavori su ulteriori sanzioni contro la Russia”, ha annunciato durante il consueto briefing di mezzogiorno della Commissione il portavoce per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Peter Stano. L’intento è di “incrementare l’isolamento della Russia a livello internazionale”, ha continuato il portavoce, pur non specificando la natura delle prossime sanzioni. L’Alto rappresentante Joseph Borrell ha anche condannato le violenze riportate dalle forze di occupazione russe: “I colpevoli di crimini di guerra e altre violazioni, così come gli ufficiali governativi e leader militari coinvolti, verranno ritenuti responsabili”. 
    Una decisione che l’Unione Europea ha cercato di rimandare fino a quanto ha potuto, vista la dipendenza del continente per il 40 per cento dal gas, per circa il 27 per cento dal petrolio e dal 46 per cento di carbone importati da Mosca. La strategia adottata da Bruxelles è quella di diversificare le proprie forniture di idrocarburi (di gas) e spingere sull’energia pulita e rinnovabile, ma entrambe sono soluzioni che non consentono di ridurre la dipendenza dalla Russia dall’oggi al domani. La condanna unanime e l’indignazione internazionale per quelli che molti leader europei hanno denunciato come “crimini di guerra” perpetrati dalle truppe di Putin, dovrebbero infine portarli a invertire la rotta.
    Per settimane, da quando l’invasione dell’Ucraina è iniziata lo scorso 24 febbraio, sull’embargo all’energia è pesato il veto di Paesi come la Germania in primis ma anche dell’Ungheria e la Slovacchia, che hanno portato l’UE a colpire fino a questo momento solo le tecnologie di raffinazione del petrolio che Mosca importa da Bruxelles e a lasciare la banca statale Gazprombank, controllata dell’omonoma compagnia energetica di bandiera, attaccata al sistema delle banche internazionali Swift. L’ipotesi di un quinto pacchetto di sanzioni è sul tavolo di Bruxelles da settimane, anche se mai è stato tanto vicino lo sblocco dell’impasse sulla questione energia. Almeno per quanto riguarda il petrolio.
    Ad aprire in questi termini è stata nel fine settimana la stessa Germania, il cui ministro della difesa Christine Lambrecht ha dichiarato domenica che l’Unione europea deve necessariamente discutere di vietare l’importazione di gas russo, per non lasciare impuniti i crimini dell’esercito di Putin. La Germania è tra i Paesi in Europa più dipendenti dal gas russo, fino a questo momento anche quello più restio alle richieste di imporre un embargo sulle importazioni di energia dalla Russia. Berlino ha avviato un piano di emergenza per ridurre progressivamente le forniture in arrivo, ma chiudere del tutto i rubinetti del gas russo è un’altra questione. All’interno della stessa coalizione di governo si continua a rimanere su posizioni distanti, il ministro dell’Economia Robert Habeck ha ripetuto che la Germania sta progressivamente riducendo la sua dipendenza dall’energia russa ma è da escludere una interruzione nell’immediato. Il presidente francese Emmanuel Macron nel condannare le atrocità commesse ai danni di civili ha impegnato Parigi e l’Unione Europea a discutere “nei prossimi giorni” di nuove sanzioni, e trovare una posizione comune almeno sul carbone e sul petrolio.
    Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ha escluso “che nelle prossime ore possa esserci un dibattito sulla questione delle importazioni di idrocarburi dalla Russia “. Il collega dell’Agricoltura Stefano Patuanelli in un’intervista a La Stampa afferma che un embargo totale del gas russo “è percorribile, perché entriamo in una stagione in cui viene usato meno gas e perché stiamo affrontando bene la diversificazione dei nostri approvvigionamenti”. L’Italia si dice pronta a sostenere un quinto pacchetto di sanzioni concordato a livello europeo, mentre il presidente della Lituania Gitanas Nausėda già venerdì ha fatto sapere che dal primo aprile ha smesso di importare gas naturale russo: la Lituania nel 2015 ha ricevuto il 100% del suo gas naturale dalla Russia e oltre il 60% proveniva ancora dai produttori di energia russi nel 2020. “Se possiamo farlo noi, possono farlo anche gli altri”, ha incalzato Nauseda in un tweet. Il premier di Polonia Mateusz Morawiecki ha esortato gli altri capi di Stato e governo a tenere un nuovo Vertice straordinario, invitandoli “ad agire con decisione e ad attuare azioni che alla fine spezzeranno la macchina da guerra di Putin, confischeranno i beni della Federazione Russa e gli oligarchi depositati nelle banche d’Europa e di rompere questa politica aggressiva di Putin”. Il riferimento, sebbene non esplicito, è a porre fine alle importazioni energetiche, con cui indirettamente l’UE finanzia la guerra di Russia. È probabile che il tema arrivi in discussione lunedì e martedì alla riunione dei ministri europei dell’Eurogruppo e dell’Economia e finanza (ECOFIN) riuniti a Lussemburgo per discutere anche dell’impatto della guerra sull’economia europea.

    Berlino apre a nuove sanzioni contro i crimini di guerra di Putin in Ucraina e a lavorare in modo coordinato con gli altri leader UE per lo stop all’import di gas e petrolio russi. Un quinto pacchetto di misure restrittive sul tavolo di Bruxelles