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    Zelensky: “Noi pronti alla pace, la Russia vuole smettere di fare la guerra?”

    Bruxelles – L’Ucraina è pronta a sedersi al tavolo delle trattative e discutere le condizioni per la fine del conflitto con la Russia, ma in questo esercizio non semplice e scontato il vero punto interrogativo è rappresentato dalle intenzioni del Cremlino. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, condivide ai capi di Stato e di governo dell’Ue quello che è il suo dubbio più grande: “Gli ucraini vogliono davvero la pace, ma non a costo di rinunciare all’Ucraina. È la Russia capace di rinunciare alla guerra – questa è la domanda a cui qualsiasi negoziato deve rispondere”. E’ questo il timore che ha voluto condividere in occasione della partecipazione al vertice straordinario del Consiglio europeo.A riprova delle vere intenzioni ai Ventisette Zelensky confida che “i nostri team, quelli di Ucraina e Stati Uniti, hanno ripreso il lavoro“. Si torna a discutere e a trattare, nonostante lo strappo consumato alla Casa Bianca di appena una settimana fa. Un’evoluzione positiva e costruttiva, che fa ben sperare in prima battuta le autorità ucraine e che potrebbe infondere fiducia anche ad un’Ue preoccupata a dover ridefinire le relazioni con il partner transatlantico. Per questo il presidente ucraino invita gli alleati europei a “sostenerci in questo” sforzo diplomatico che non è solo parole: “L’Ucraina non è solo pronta a compiere i passi necessari per la pace, ma stiamo anche proponendo quali sono questi passi“.[foto: European Council]Nel piano di pace a cui Zelensky ragiona ci sono “due forme di silenzio” bellico che si possono cercare in quanto “facili da stabilire e monitorare”. Da una parte, spiega ai leader dell’Ue, stop ad attacchi a infrastrutture energetiche e obiettivi civili, nella forma di tregua per missili, bombe e droni a lungo raggio. Seconda condizione: tregua via mare, il che significa “nessuna operazione militare nel Mar Nero”.Il discorso di Zelensky incassa apprezzamento e sostegno degli interlocutori, senza però superare le riserve attorno al tavolo. L’Ungheria di Viktor Orban continua a non voler sentire ragioni su un’escalation di tensioni con Mosca e mantiene la minaccia di veto sulle conclusioni dei leader, mentre la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ribadisce il ‘no’ dell’Italia a invio di truppe su suolo ucraino, neppure per missioni di peacekeeping. Pochi distinguo in un’Unione europea che comunque si schiera con l’Ucraina e il suo presidente Zelensky.

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    L’accoglienza Ue a Zelensky traccia il solco con gli Usa di Trump: “Qui sei sempre il benvenuto”

    Bruxelles – “Non siamo soli. Lo sappiamo e lo avvertiamo“. Ucraina e Unione europea sono davvero realtà vicine e amiche, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky vuole sottolinearlo con riconoscenza e pure con la necessità di rassicurare un popolo, quello ucraino, umiliato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Lo strappo della Casa Bianca induce l’Ue a riservare la migliore accoglienza possibile, studiata in ogni dettaglio. Zelensky non solo è stato invitato a partecipare di persona al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, ma a lui viene riservata una passerella d’eccezione.I presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Antonio Costa e Ursula von der Leyen, lo accolgono insieme. Insieme restano a parlare tranquillamente, in modo disteso nonostante la situazione, con sorrisi e toni cordiali. Il tutto davanti alle telecamere, perché chiunque possa vedere il clima amichevole. Cosa si siano detti non è possibile saperlo, perché lontani dai microfoni, ma le telecamere interne indugiano tutto il tempo sul trio che si prende tempo, prima di concedersi alla stampa.Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, con i presidenti di Consiglio europeo e Commissione Ue, a colloquio prima di incontrare la stampa [Bruxelles, 6 marzo 2025]“Caro Volodymyr, sei sempre il benvenuto qui a Bruxelles“, la prima frase pronunciata da Costa. Un modo per mostrare la differenza tra l’accoglienza ricevuta oltre Atlantico e quella avuta un Europa. “Siamo qui per sostenere l’Ucraina, e lo faremo in futuro, per i negoziati, quando deciderete che è il momento”, continua Costa. Un’altra affermazione utile a mostrare quanto è diverso il modo di fare in Europa, rispetto all’amministrazione Trump. Quindi l’impegno pubblico a nome dei Ventisette: “Rafforzare la nostra difesa significa rafforzare la difesa dell’Ucraina”.Il sostegno incondizionato dell’Ue viene confermato a Zelensky anche da von der Leyen: “L’Ucraina è parte della nostra famiglia europea“, scandisce, in relazione a un processo di allargamento che promette a Kiev un futuro a dodici stelle, ma non solo. “E’ molto importante mostrare che saremo al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”.Non sorprende, dunque, che alla fine Zelensky voglia dire “grazie ai leader europei per questo messaggio, e questo forte sostegno” mostrato all’Ucraina. L’Europa, a differenza di altri, ha le idee chiare e anche modi di fare diversi.

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    Moldova: Costa a Chișinău parla di allargamento, la presidente Sandu: “Solo nell’Ue saremo protetti”

    Bruxelles – In vista del Consiglio europeo straordinario del 6 marzo per la sicurezza dell’Ucraina, l’Ue torna a riaffermare il suo sostegno alla Repubblica di Moldova. Fortemente minacciata dal taglio delle forniture di gas russo e dalla presenza di truppe russe nell’autoproclamata repubblica di Transnistria, la Moldova è stata la meta della visita ufficiale di questa mattina (3 marzo) del presidente del Consiglio europeo Antonio Costa alla presidente della Repubblica di Moldavia Maia Sandu, a tre anni esatti dalla firma, da parte della seconda, della domanda di adesione all’Ue.Ingresso del Paese nell’Ue, indipendenza energetica dalla Russia, sostegno allo sviluppo economico, pace e sicurezza sono stati i temi principali del vertice. In conferenza stampa Sandu ha ricordato come nonostante le minacce di Mosca, la Moldova abbia scelto di rimanere sul percorso verso l’adesione e di come abbia riaffermato questa volontà attraverso il referendum del 20 ottobre 2024: “Abbiamo scelto libertà e democrazia” ha sottolineato la presidente. Maia Sandu ha espresso gratitudine per i 250 milioni di euro stanziati dall’Unione per sostenere l’economia moldava nel 2025 e riguardo al tema della sicurezza del Paese, ha dichiarato solennemente che: “Solo nell’Ue saremo protetti, solo nell’Ue avremo la pace“.Antonio Costa ha lodato i progressi fatti dalla Moldova in direzione dell’adesione negli ultimi tre anni e, riferendosi agli attacchi ibridi, alle fake news e ai ricatti energetici di Mosca, ha sottolineato che l’Ue è un partner affidabile e che “continueremo a lavorare fianco a fianco per modellare il nostro futuro comune secondo i nostri termini, senza interferenze e nessuno che possa decidere per noi“. Costa è tornato sul tema della sicurezza europea sottolineando l’importanza delle decisioni concrete che verranno prese dai leaders europei il 6 marzo e la necessità di una pace giusta per l’Ucraina, necessaria anche per la sicurezza della Moldova, secondo maggior beneficiario della European peace facility con 37 milioni di euro già erogati per l’aumento delle sue capacità di difesa ed altri 60 milioni in arrivo per il 2025. “Stiamo investendo nella difesa per la pace, non per la guerra” ha tenuto a precisare il presidente.Il Consiglio e il Parlamento Ue, lo scorso 20 febbraio, hanno raggiunto un accordo politico sul pilastro fiscale del Piano di crescita della Moldova che, una volta adottato, fornirà al Paese 1,9 miliardi di euro per dare spinta all’economia, attrarre investimenti e promuovere la crescita. I fondi saranno essenziali per una rapida transizione energetica per la Moldova, che per raggiungere l’autonomia necessita di accrescere le sue capacità di stoccaggio e generazione di elettricità pulita. Di questi 1,9 miliardi di euro, 300 milioni saranno resi disponibili già entro la fine di aprile. In merito alla Transnistria, Antonio Costa ha ricordato come l’offerta di 60 milioni di euro, fatta alla regione in cambio di misure concrete in materia di libertà fondamentali e diritti umani, è ancora sul tavolo.Come la commissaria Ue per l’Allargamento Marta Kos prima di lui (4 febbraio 2025), Costa a Chisinau ha enfatizzato la sua fiducia in una rapida conclusione del processo di adesione della Moldova nell’Ue.

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    Pace e sostegno a Zelensky, a Londra la svolta europea per l’Ucraina. Von der Leyen: “Riarmare l’Ue”

    Bruxelles – Una pace con garanzie solide per il futuro, un sostegno nuovo e ancor più incondizionato l’Ucraina e il suo presidente, Volodymyr Zelensky, un riarmo in grande stile del vecchio continente. L’Europa chiamata a dare una risposta agli Stati Uniti di Donald Trump e il modo tutto nuovo di gestire gli affari di politica estera a Washington produce una scossa. I leader riuniti a Londra dal premier britannico Keir Starmer fanno quadrato attorno a Zelensky dopo l’umiliazione patita oltre oceano, e già questo è un dato politico di non poco conto. Ma c’è soprattutto l’impegno per una fine delle ostilità per rimettere in gioco gli Stati Uniti.Del resto, riconosce il premier britannico nella conferenza stampa di fine vertice, gli Stati Uniti restano “un partner indispensabile per la sicurezza” globale e regionale, e non si può immaginare di poter fare tutto senza il contributo americano. Il summit di Londra è servito a prendere coscienza del fatto che e“l‘Europa deve farsi carico del grosso del lavoro” per continuare a sostenere Kiev militarmente sia adesso sia ancor più dopo, in caso un futuro accordo di pace, continua Starmer. Da questo punto di vista l’impegno c’è.La foto di famiglia del summit di Londra [foto: Antonio Costa, account X]Gli impegni finanziariSul piano finanziario, il Regno Unito contribuisce con due pacchetti diversi. Il primo, da 2,26 miliardi di sterline (circa 2,7 miliardi di euro), attraverso i proventi dei fondi russi congelati. Obiettivo: aiutare Kiev con soldi utili alla risposta bellica e al funzionamento dello Stato. Il secondo pacchetto di aiuti, da 1,6 miliardi di sterline (circa 1,9 miliardi di euro) per l’acquisto di 5mila missioni di difesa anti-aerea prodotti a Belfast. Si attende il contributo Ue, che i 27 intendono annunciare in occasione del vertice straordinario di questo giovedi (6 marzo).Il percorso di pace e il nodo dell’invio di soldatiA Londra si inizia a discutere di pace. I dettagli non vengono svelati. L’iniziativa franco-britannica, con il coinvolgimento dell’Ucraina, si vuole sottoporre all’attenzione degli Stati Uniti. Washington comunque continuerà a giocare un ruolo nel negoziato che si vuole intavolare. Certo l’iniziativa aiuta anche l’Ue, dove Slovacchia e ancor più Ungheria minacciano veti ad ogni conclusione del vertice del Consiglio europeo senza un impegno chiaro di cessate il fuoco. “I leader forti fanno la pace, i leader deboli la guerra”, il messaggio del primo ministro ungherese alla vigilia del vertice di Londra che da questo punto di vista mette d’accordo tutti, o quasi.Il nodo vero sta nel post-conflitto. La colazione dei volenterosi allo stato attuale formata da Regno Unito e Francia vorebbe lo schieramento su suolo ucraino di soldati europei nella veste di peacekeepers. Un’ipotesi respinta dall’Italia e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al pari di altri leader attorno al tavolo. Starmer però insiste: “L’obiettivo è mantenere la pace, e se vogliamo mantenere la pace dobbiamo difenderla”. Senza entrare nel merito il presidente del Consiglio europeo, insiste sulla necessità di condizioni che impediscano nuove aggressioni future. “Non dobbiamo ripetere gli errori degli accordi di Minsk“, dice Antonio Costa riferendosi all’intesa concepita nel 2015 per porre fine agli scontri in Donbass, mai rispettati. Serviranno in sostanza delle garanzie solide, vere, e in tale ottica contingenti non ucraini in sostegno dell’Ucraina appare la soluzione, tutt’altro che gradita a Mosca però.L’Ue si riarmaIn una gestione del conflitto russo-ucraino che passa per un maggiore impegno dell’Ue in materia di difesa, si registra il cambio di passo a dodici stelle. “Dobbiamo riarmare l’Europa con urgenza“, scandisce la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, lasciando Lancaster House. Quindi annuncia: “Presenterò il piano il 6 marzo“, in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo. Nessun indizio, ma due elementi se li lascia scappare. Il primo riguarda lo spazio di spesa pubblica, e quindi l’allentamento del patto di stabilità per la difesa. Il secondo riguarda “scudi aerei” europei.

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    Per l’Europa è l’ora delle scelte e della responsabilità

    Il ciclone Trump sta condizionando come non mai il futuro non solo dell’Unione europea, ma dell’Europa nel suo complesso.Sembra emergere un nuovo potere imperiale, capace con un solo “ordine esecutivo” di sovvertire politiche e assetti consolidati, mutare con un semplice tweet (una volta si sarebbe detto “con un tratto di penna”) alleanze e priorità che fino a pochissimo tempo fa avevano accomunato le due sponde dell’Atlantico.Ed è molto probabile quindi che l’ego dell’inquilino della Casa Bianca si sia ulteriormente rafforzato alla sfilata quasi ininterrotta dei leader europei che, dalla periferia dell’impero, si sono presentati alla sua Corte, chi portando tributi, come le terre rare ucraine, chi la promessa di armi e munizioni per ottenere la benevolenza e magari i favori del principe.Non a caso, l’unica che si è presentata a mani vuote, l’Alta rappresentante per la politica estera europea Kaja Kallas, è stata brutalmente rispedita in Europa senza aver potuto incontrare il suo omologo Marco Rubio, col quale pure aveva appuntamento.Chi è andato, poi, ha suscitato le gelosie di chi è rimasto a casa, in un crescendo che marcherà le tappe del debriefing di questa folle settimana a partire dall’incontro di Londra di domenica 3 marzo promosso dal premier britannico Keir Starmer, per finire al Consiglio europeo straordinario del 6 marzo a Bruxelles e preceduto dalle riunioni delle principali famiglie politiche europee.La posta in gioco è alta, nel contesto più ampio delle altre partite lanciate da Trump contro l’Europa, come la guerra dei dazi o il tentativo di promuovere, né più né meno, un “regime change” che possa vedere al potere più sovranisti possibile.Si tratta da un lato di tornare in partita per una soluzione giusta e duratura del conflitto ucraino e dall’altro di gettare finalmente le basi di quell’”autonomia strategica” europea, invocata da anni in special modo da Emmanuel Macron, ma mai veramente perseguita. Premesso che nessun Paese vorrebbe davvero rompere i legami militari e strategici con gli Stati Uniti, non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere che il messaggio che giunge da oltreoceano è molto chiaro: aumentate, e di molto, le vostre spese militari, prendete a cuore seriamente la vostra sicurezza, la vostra capacità di difesa, noi non siamo più disposti a farlo al posto vostro.L’impressione è che Starmer – incalzato in casa da un Nigel Farage ringalluzzito dalla sintonia con gli alfieri del movimento Make America Great Again – Macron e il nuovo arrivato Friedrich Merz abbiamo capito più di altri che è giunto il momento, per dirla con Mario Draghi, di “do something”. Anche Ursula von der Leyen, a dire la verità, lo ha compreso benissimo anche perché sa che per lei le porte della Casa Bianca sono per il momento bandite, riducendo ulteriormente il suo già stretto margine di azione, il che non le impedirà di metter sul tavolo, giovedì prossimo, una serie di proposte anche riguardanti lo scorporo delle spese militari dal calcolo dei parametri del Patto di Stabilità che la faranno comunque stare in partita.Ma è sulla partecipazione o meno ai negoziati sulla fine del conflitto e sugli assetti futuri, dell’Ucraina come dei rapporti con la Russia, che si parlerà in primo luogo, al netto delle anime belle che preferirebbero non sporcarsene proprio le mani o confidare nella resurrezione dell’ONU, dove peraltro la settimana scorsa si è visto di tutto e di più al momento del voto di risoluzioni proprio sull’aggressione russa.È il momento delle scelte, ma anche dell’assunzione di responsabilità, anche a costo di doverne poi assumere le conseguenze. Da questo punto di vista, mentre corre voce che gli Stati Uniti avrebbero già comunicato in modo riservato a tutti i Paesi europei la loro intenzione di passare al Regno Unito la leadership del gruppo di contatto per l’assistenza militare all’Ucraina, la notizia che il governo starebbe studiando l’ipotesi di far salire al 2,5 per cento del Pil le spese militari italiane, costituirebbe un ottimo “entry point” per Giorgia Meloni in vista del confronto che avrà con gli altri leader europei nei prossimi giorni.

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    Metsola risponde a Trump: “L’Ue è un progetto di pace”

    Bruxelles – “L’Unione europea è principalmente ed essenzialmente un progetto di pace“, premiato anche con il Nobel. Mette le cose in chiaro, Roberta Metsola. La presidente del Parlamento europeo vuole rispondere al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha accusato l’Ue di esistere sulla base di intenzioni contrarie agli interessi americani. Metsola sceglie di replicare da Washington, in occasione della sua visita negli Usa dove è stata invitata per tenere un discorso alla Johns Hopkins University. E’ qui, con garbo ma con decisione, che ricorda all’opinione pubblica americana che la versione offerta dall’inquilino della Casa Bianca necessita delle precisazioni.“La pace è l’essenza dell’Unione europea“, insiste Metsola. Tradotto: l’Ue non è stata creata per essere un avversario degli Stati Uniti. Semmai, continua, è stata creata per dare seguito a quelle relazioni scolpite nel tempo e non solo: “La storia dei rapporti tra Unione europea e Stati Uniti è scritta nel sacrificio di quanti hanno dato la vita contro la tirannia”. Un riferimento ai conflitti mondiali del XX secolo, ma anche un implicito riferimento ai conflitti di oggi, in particolare quello in corso in Ucraina avviato dalle operazioni militari russe.“La sicurezza dipende dalle relazioni trans-atlantiche, che vanno oltre l’industria, oltre il commercio e oltre le considerazioni politiche immediate”, continua Metsola, con una velata critica alle intenzioni di imporre dazi sui beni europei. “Nelle guerre commerciali non vince nessuno”, chiarisce quindi la presidente dell’europarlamento, che dopo le precisazioni del caso sulla natura dell’Ue, ne aggiunge un’altra: “L’Europa risponderà con fermezza. Non vogliamo, ma siamo pronti“.

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    Ucraina, l’Ue insiste: “La Cina sostiene la Russia, stop a questa collaborazione”

    Bruxelles – La Commissione europea prova ad alzare la voce contro la Repubblica popolare cinese e il suo ruolo nel conflitto in Ucraina. Dopo l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, è la volta del suo portavoce, Anour El Anouni, andare all’attacco contro il sostegno militare di Pechino a Mosca. “Condanniamo le relazioni tra Cina e Russia. Intimiamo lo stop di questa collaborazione“, scandisce in occasione del tradizionale incontro con la stampa.A Bruxelles non viene digerito l’attivismo commerciale utile a portare avanti le operazioni militari dell’armata russa. “La Cina è il principale fornitore di tecnologie a duplice uso” civile e militare, come droni e componenti, “che sostengono la base industriale militare russa”, accusa ancora il portavoce di Kallas. “Queste tecnologie sono poi usate sul campo di battaglia” per combattere le forze regolare ucraine e procedere con l’offensiva, sottolinea El Anouni. “Sono beni con applicazioni militari”, insiste.All’interno dell’esecutivo comunitario non c’è alcuno dubbio sul fatto che “senza sostegno della Cina la Russia non potrebbe continuare la sua aggressione con la stessa potenza” di fuoco, riconosce il portavoce dell’Alta rappresentante. Non ci si gira troppo attorno: “Siamo profondamente preoccupati” per questa alleanza sino-russa, va avanti il portavoce.La preoccupazione non riguarda solo il conflitto russo-ucraino in sé e il ritorno in termini di rapporti di forza nei confronti con Kiev, soprattutto con scenari di negoziali di pace sullo sfondo, ma preoccupazione riguarda anche le alleanze regionali su uno scacchiere internazionale improvvisamente assai meno prevedibile. Inoltre si teme che l’azione, pur decisa, dell’Ue nei confronti degli alleati della Russia, possa essere meno incisiva del previsto. Con il tredicesimo pacchetto di sanzioni aziende cinesi sono state oggetto di misure restrittive, ma evidentemente non è bastato a fermare i rifornimenti all’esercito russo.

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    Bilancio ristretto e tanta inflazione incidono sull’efficacia della politica estera dell’Ue

    Bruxelles – Attenzione all’austerità, perché questa incide sul funzionamento della politica estera dell’Ue. Il monito è di Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. Affronta il tema della ristrutturazione delle rete di delegazioni Ue in giro per il mondo, e mette in chiaro che nessuna delle 145 sedi aperte si intende chiudere per il ruolo strategico qui svolto. Però, ammette, la penuria di risorse rischia di rimettere tutto in discussione.L’attuale quadro finanziario pluriennale (Mff 2021-2027) è stato costruito su personale stabile e non più con un aumento annuo del 2 per cento per le spese non salariali, premette Kallas nella risposta offerta ad un’interrogazione precisa in materia. “Ciò è molto impegnativo nel recente clima economico e il Servizio per l’azione esterna ha sostenuto che i parametri del bilancio non prendono in considerazione l’inflazione al di fuori dell’Ue (prossima al 20 per cento), il che è una condizione unica e i costi sono collegati al mantenimento di una presenza mondiale attraverso la rete di delegazioni”.Si pone una problema vero, reale, tanto che l’Alta rappresentante avverte: “E’ necessario garantire che la rete delle delegazioni sia in grado di fornire risultati efficaci, anche con le competenze adeguate nel settore”. Un qualcosa che però appare difficile da garantire, almeno nell’immediato. Perché, spiega ancora, “le misure di austerità e la ricerca di efficienze e ridistribuzioni continueranno nel 2025, il che potrebbe richiedere anche adattamenti della rete diplomatica dell’Ue”. L’indicazione per gli Stati membri, che saranno chiamati a ragionare sul prossimo bilancio pluriennale, è di non lesinare sulla politica estera se si vuole essere incisivi e decisivi a livello internazionale: “Efficacia ed efficienza del Servizio per l’azione esterna potrebbero essere ulteriormente migliorate“, conclude Kallas.