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    Il Mercosur agita l’Europarlamento: il ‘no’ dei servizi al parere della Corte di giustizia scatena l’ira dei deputati

    Bruxelles – Accordo di libero scambio UE-Mercosur, la questione della compatibilità giuridica con i trattati dell’Unione europea provoca una battaglia tutta politica in seno al Parlamento europeo. La richiesta di verifica dell’intesa siglata a fine 2024 non verrà inoltrata alla Corte di giustizia europea perché i servizi dell’Eurocamera non ritengono sussistano le condizioni per farlo. Così denunciano i componenti del gruppo parlamentare informale sul Mercosur, che criticano quelle che definiscono “un’ingerenza politica all’interno dell’amministrazione del Parlamento europeo per facilitare l’adozione di un accordo commerciale”.A scoperchiare il vaso di Pandora i parlamentari Krzysztof Hetman e Céline Imart (PPE), Chloé Ride e Jean-Marc Germain (S&D), Benoît Cassart e Ciaran Mullooly (Renew), Majdouline Sbai e Saskia Bricmont (Verdi), Manon Aubry e Lynn Boylan (laSinistra). Sono loro a far sapere che i servizi del Parlamento non hanno voluto chiedere alla Corte di giustizia le verifiche dei testi dell’accordo commerciale “poiché il Consiglio non aveva ancora presentato la richiesta di approvazione del Parlamento”. Secondo gli europarlamentari però nella procedura prevista dall’articolo 218 del Trattato sul funzionamento dell’UE, “non si fa alcun riferimento al fatto che un’istituzione sia vincolata a un’altra per chiedere tale parere” ai giudici di Lussemburgo.Non finisce qui. Secondo il gruppo informale Mercosur la richiesta di 145 parlamentari non può essere scavalcata dai funzionari. E’ vero che la possibilità per la commissione parlamentare competente o almeno un decimo dei membri che compongono il Parlamento di proporre un parere alla Corte di giustizia sulla compatibilità di un accordo internazionale con i Trattati è prevista dall’articolo 117 del Regolamento del Parlamento europeo, ma “in ogni caso – denunciano gli esponenti dei gruppi parlamentari – la prerogativa del Parlamento conferita dai Trattati non può essere limitata da un’interpretazione delle nostre norme interne, poiché queste ultime sono inferiori nella gerarchia delle norme“.C’è poi poiché il precedente relativo all’adesione dell’Unione europea alla convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Il 4 aprile 2009 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione chiedendo un parere alla Corte di giustizia dell’UE sulla compatibilità con i Trattati, prima che il Consiglio inviasse i documenti relativi alla procedura di approvazione. Insomma, per gli europarlamentari “non vi è alcuna base giuridica per giustificare” la negazione di chiedere un parere alla Corte. Il Mercosur dunque divide il Parlamento, e scatena una battaglia tutta interna all’istituzione.

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    Gli asset russi congelati restano l’opzione UE preferita per sostenere Kiev, che preoccupa per la corruzione

    Bruxelles – Prestiti all’Ucraina, nel momento in cui l’Ucraina e la sua leadership vengono travolti da accuse di corruzione. L’Unione europea si scontra con una realtà sempre più complessa, e una situazione dalla quale tirarsi indietro non è possibile. Ecco allora che i prestiti di riparazione concepiti per Kiev, attraverso gli asset russi congelati in Europa, finiscono con il produrre timori per ora velati ma pur esistenti attorno al tavolo dei Ventisette.In Ucraina sarebbe stata messa in piedi una vera e propria organizzazione a delinquere per l’appropriazione indebita nel settore dell’energia. Secondo gli organi anti-corruzione la rete criminale si sarebbe già intascata circa 100 milioni di dollari (circa 86 milioni di dollari), e in queste attività spiccano i nomi di Enerhoatom, l’operatore nucleare nazionale Enerhoatom, e soprattutto i ministri della Giustizia e dell’Energia, Herman Halushchenko e Svitlana Grynchuk, rimossi dall’incarico dal presidente ucraino, Volodomyr Zelensky.Da parte europea arriva la condanna dell’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja, Kallas, che definisce “estremamente deplorevole” la vicenda. “Non ci può essere spazio per la corruzione”, afferma, men che meno adesso, nel bel mezzo di una guerra e di un processo di adesione considerato come in discesa e che impone a Kiev riforme chiare e precisa in materia.Zelensky alla caccia degli asset russi congelati. “Porteranno benefici agli europei e agli ucraini”Zelensky è intervenuto chiedendo e ottenendo la testa dei due ministri coinvolti, e questo è certamente un bene per lui e il suo Paese. Ma le perplessità non mancano. Del resto, ragiona a voce alta Kristunas Vaitiekunas, ministro delle Finanze della Lituania, “quali sono le opzioni? L’Ucraina è l’unica opzione“. La riunione del consiglio Ecofin viene inevitabilmente investita dallo scandalo corruzione in Ucraina, ma a detta della Lituania finché la guerra tra Kiev e Mosca prosegue deve proseguire anche il sostegno europeo.Eelko Heinen, ministro delle Finanze olandese, prova a far finta di niente e minimizzare: “La lotta alla corruzione è una sfida contro cui l’Ucraina deve comunque continuare a impegnarsi”, taglia corto prima di prendere parte ai lavori in programma a Bruxelles.Si può fornire denaro a chi ha persone accusate di corruzione che poi sono chiamate a gestire il denaro ricevuto? Questo il dilemma che aleggia sull’Unione europea, i cui Stati membri però sembrano doversi arrendere alle necessità di un conflitto in corso. Nessuno mette in discussione il sostegno all’Ucraina. Così i nordici e i baltici spingono per l’idea di schema di prestiti di riparazione attraverso gli asset russi congelati. Per la ministra della Finanze finlandese, Riika Purra, è il solo modo per evitare di gravare sui bilanci nazionali. La Lituania condivide questa linea e anche la presidenza danese del Consiglio dell’UE ritiene che i prestiti di riparazione tramite asset russi siano “l’opzione migliore”. Certo, ammette la ministra delle Finanze di Copenhagen, Stephanie Lose, “ci sono questioni da sciogliere”, ma ciò non toglie che “sono ottimista circa la capacità di trovare una  soluzione”, magari già al prossimo vertice dei leader di dicembre (18-19 dicembre).La riunione del consiglio Ecofin del 13 novembre 2025 [foto: European Council]I ministri economici dei Ventisette attendono che la Commissione europea metta sul tavolo la proposta per uno schema di riparazione, e mentre in sede di Ecofin i ministri ragionano tra loro su cosa fare, la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, anticipa ciò che sarà. Intervenendo in Parlamento europeo riunito a Bruxelles in sessione plenaria anticipa che allo studio ci sono tre opzioni. “La prima opzione è quella di utilizzare la flessibilità di bilancio per raccogliere fondi sui mercati dei capitali. La seconda opzione è quella di concludere un accordo intergovernativo in base al quale gli Stati membri stessi raccolgano il capitale necessario”. C’è poi la terza opzione, quella di “concedere un prestito di riparazione basato sui beni russi congelati”. Questo approccio si baserebbe sul saldo di cassa dei beni congelati. “Concederemmo un prestito all’Ucraina, che l’Ucraina rimborserebbe se la Russia pagasse le riparazioni di guerra”. Se. Per von der Leyen “questo è il modo più efficace per sostenere la difesa e l’economia dell’Ucraina, e il modo più chiaro per far capire alla Russia che il tempo non è dalla sua parte”, ma comunque rimesso alla  prova dei fatti. Se Mosca non paga, l’UE resta in mano di un credito deteriorato. Lo scandalo corruzione e appropriazione indebito in Ucraina esplode nel momento forse meno indicato.

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    Mercosur, la Francia adesso valuta il ‘sì’ alla ratifica dell’accordo commerciale

    Bruxelles – Mercosur, pourquoi pas? La Francia inizia a considerare l’ipotesi di sostenere a abbracciare l’accordo di libero scambio raggiunto tra Unione europea e Paesi dell’America Latina (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay). Il presidente francese, Emmanuel Macron, si è detto “piuttosto positivo” circa la possibilità di ratificare l’intesa, e aprire dunque la strada alla nuova alleanza commerciale euro-sudamericana.Considerazioni, quelle dell’inquilino dell’Eliseo, prodotte in occasione del viaggio a Belem, in Brasile, dove è in corso la conferenza mondiale sul clima (COP30). E’ qui, a margine dei lavori dei leader, che Macron ha lasciato cadere alcune delle resistenze per un accordo oggetto di critiche fin dall’inizio dell’annuncio. Il presidente francese lascia intendere che il suo via libera non è più impossibile, ma comunque legato a rassicurazioni e garanzie che pensa di aver trovato.Come ha avuto modo spiegare alla stampa, “siamo stati ascoltati dalla Commissione, che non solo ci ha dato una risposta positiva in merito alle clausole di salvaguardia, ma ha anche espresso la sua volontà di fornire supporto, in particolare al settore zootecnico, e di rafforzare le protezioni per il nostro mercato interno rafforzando la nostra unione doganale”. C’è inoltre la rassicurazione di Bruxelles circa l’attività per premere affinché queste clausole siano accettate. Se così fosse, allora la Francia potrebbe dare il proprio benestare, rendendo più agevole l’iter di approvazione e ratifica, comunque tutt’altro che semplice e scontata.Il cambio di approccio di Macron segna un nuovo capitolo nella storia dell’accordo di libero scambio. Fin dall’inizio la Francia aveva criticato l’accordo UE-Mercosur per i rischi che venivano visti per il settore agricolo e la possibile disparità di trattamento e regole nei confronti degli operatori del settore primario dei Paesi del sud America. Adesso, di fronte alle modifiche introdotte, Macron apre. Però, ha voluto mettere in chiaro, “resto vigile perché difendo anche gli interessi della Francia”.Le aperture di Macron sono certamente una buona notizia per la Commissione europea, che tanto si è spesa per chiudere questo accordo commerciale e che nel Mercosur vede uno strumento geopolitico strategico per tradurre in pratica l’agenda di sostenibilità verde e digitale, e rispondere alle nuove incertezze globali, prima fra tutte la nuova politica degli Stati Uniti di Donald Trump.

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    Passi indietro sui diritti e “evidente narrativa anti-UE”, la Serbia entra tra i ‘cattivi’ candidati all’adesione

    Bruxelles – Insieme ai soliti sospetti Turchia e Georgia, anche la Serbia entra di diritto tra i ‘cattivi’ Paesi candidati all’adesione all’Unione europea. Il rapporto annuale sull’Allargamento pubblicato oggi (4 novembre) dalla Commissione europea non lascia spazio a interpretazioni: se non ancora compromesso, il decennale percorso di Belgrado verso il club a 12 stelle si è impantanato nella gestione sempre più autoritaria dell’apparato statale da parte di Aleksandar Vučić, la violenta repressione delle proteste studentesche e gli ammiccamenti sfrontati del presidente verso Mosca.La valutazione di Bruxelles è decisamente dura, dall’inizio alla fine. “C’è una narrativa anti-UE evidente non solo nei media serbi, ma anche utilizzata dai titolari di cariche politiche, anche ai livelli più alti”, esordisce il rapporto, chiedendo alle autorità nazionali di “assumersi molte più responsabilità per una comunicazione proattiva e più oggettiva sul processo di adesione della Serbia all’UE e sull’Unione stessa, nonché per contrastare la disinformazione e la manipolazione delle informazioni”. Concetto ribadito da Marta Kos, commissaria per l’Allargamento, che ha presentato i risultati del rapporto in mattinata alla commissione Affari esteri del Parlamento europeo: “La Serbia eviti retoriche anti-UE o contro i membri del Parlamento europeo”, ha intimato Kos.Kaja Kallas e Marta Kos presentano il rapporto sull’Allargamento 2025, 04/11/25Non si tratta solo di ‘sputare nel piatto’ in cui dici di voler mangiare: c’è uno “stallo a livello giudiziario e dei diritti fondamentali” e addirittura “uno slittamento sulla libertà di espressione“, ha rilevato la commissaria. A ormai undici anni dall’inizio dei negoziati di adesione, la Serbia ha smesso di fare progressi e la chiusura dei 22 capitoli negoziali su 35 totali è oggi più lontana di allora.“Nessun progresso” nel funzionamento della magistratura, “un contesto sempre più difficile” per l’azione di ong e società civile, violenze contro manifestanti che si sono “intensificate” con il persistere delle proteste e “uso eccessivo della forza” da parte della polizia, “un regresso” per quanto riguarda la libertà di espressione e un contesto dell’informazione “notevolmente peggiorato“. Dopo mesi di dichiarazioni titubanti da parte dei massimi vertici dell’Unione, che non hanno scaricato Vučić nemmeno di fronte alle manifestazioni oceaniche innescate dall’incidente alla stazione ferroviaria di Novi Sad che un anno fa costò la vita a 16 persone, nel rapporto sull’allargamento la Commissione europea ha lasciato da parte ogni ambiguità.Il presidente russo Vladimir Putin (sinistra) e il suo omologo serbo Aleksandar Vučić (foto: Alexander Zemlianichenko/Afp)L’altro capitolo disastroso – che avvicina la Serbia a Georgia e Turchia – è l’evidente disallineamento di Belgrado alla politica estera dell’Unione. “Alcune azioni e dichiarazioni della Serbia sono state in contrasto con le posizioni chiave” di Bruxelles, “in particolare per quanto riguarda la Federazione russa“, rileva il rapporto. Oltre all’intensificazione dei contatti bilaterali di alto livello con la Russia – la Commissione non ha dimenticato la partecipazione di Vučić alla parata militare del 9 maggio a Mosca, in occasione della Giornata della Vittoria -, il rapporto sottolinea le “ricorrenti narrazioni anti-occidentali” che sollevano “ulteriori interrogativi sulla direzione strategica della Serbia”.Una valle di lacrime, una pugnalata – alle spalle, o forse in pieno petto – per Vučić, un passo avanti per la famiglia socialista europea, secondo cui “finalmente la Commissione europea sembra prendere coscienza della serietà della situazione in Serbia”.Una situazione che – dal punto di vista del processo di adesione – rischia di precipitare ancora verso uno “stallo”, un “punto morto”, come Bruxelles ha definito quelli relativi a Turchia e Georgia, gli altri due grandi malati tra i dieci Paesi candidati all’ingresso nell’Unione europea. Per quanto riguarda Ankara, “le serie serie preoccupazioni riguardo al continuo deterioramento degli standard democratici, dello Stato di diritto, dell’indipendenza della magistratura e del rispetto dei diritti fondamentali non sono state affrontate”, mentre Tbilisi, “anziché dimostrare il proprio impegno a favore di un’ulteriore integrazione nell’UE e portare avanti le riforme necessarie”, si è “ulteriormente allontanata”, adottando “una retorica ostile e senza precedenti nei confronti dell’UE, spesso facendo eco alla disinformazione in stile russo”.

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    L’UE vuole integrare l’Ucraina nel sistema di comunicazione satellitare europeo

    Bruxelles – L’Ucraina parte del sistema di comunicazione satellitare UE. Alla fine la Commissione europea viene in soccorso di Kiev, con la proposta di avviare negoziati con il Paese candidato all’adesione all’Unione europea per permetterne la partecipazione a GOVSATCOM, la rete di comunicazione satellitare sicura europea costituita dalle risorse satellitari esistenti degli Stati membri e degli operatori privati UE, parte del più ampio programma spaziale dell’Unione europea. La decisione presa dalla Commissione europea si inserisce in un contesto aggravato dall’inaffidabilità statunitense. A luglio di questa estate Elon Musk aveva annunciato la disconnessione dell’Ucraina da Starlink, la rete di comunicazione satellitare di proprietà di SpaceX, di proprietà del multimiliardario statunitense. Una decisione che aveva di fatto impedito alle forze armate ucraine di poter tracciare i droni russi, e di fronte alla quale l’UE si era resa disponibile a sostituirsi a Starlink attraverso il programma di osservazione satellitare Copernicus e proprio la rete GOVSATCOM.Oggi la Commissione europea traduce in pratica impegni comunque già assunti in primavera, quando UE e Ucraina hanno firmato un accordo per permettere l’ingresso di Kiev all’interno di Copernicus, programma di base civile ma che si intende convertire in militare. In sostanza quel processo di integrazione economica, industriale, strategica e di difesa dell’Ucraina nell’UE prima di quella politica prosegue. “Questo è un passo decisivo verso un’Europa più forte e unita“, sottolinea il commissario per la Difesa, Andrius Kubilius, convinto che “la partecipazione dell’Ucraina rafforzerà le capacità spaziali sicure dell’Europa in un momento critico”. Al netto dell’entusiasmo però servirà pazienza. E tempo. Il negoziato è tutto da fare. Ai sensi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione, dopo averne proposto l’avvio, dovrà ottenere il via libera del Consiglio, con gli Stati membri chiamati poi ad approvare il testo legislativo sviluppato con i negoziati.

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    Non solo asset russi immobilizzati, i leader chiedono “opzioni di sostegno” all’Ucraina

    Bruxelles – Alla fine sugli asset russi la montagna non ha prodotto neppure il più classico dei topolini. Sugli aiuti finanziari che l’Unione europea dovrebbe dare all’Ucraina il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE conferisce un mandato alla Commissione europea che è ridotto nella portata, nella definizione e nelle ambizioni iniziali. Si invita l’esecutivo comunitario a “presentare, il prima possibile, opzioni di sostegno finanziario basate su una valutazione delle esigenze” di Kiev. Così recitano le conclusioni di fine lavori relative all’Ucraina, dove non c’è alcun riferimento ai “flussi di cassa generati dagli asset finanziari congelati”, i proventi generati dai beni immobilizzati su suolo europeo.C’è un più generico riferimento a questo aspetto, il vero nodo di una questione giuridicamente e tecnicamente complicata, e questi riferimento si esaurisce nel principio per cui “fatto salvo il diritto dell’UE, i beni della Russia dovrebbero rimanere immobilizzati finché la Russia non cesserà la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina e non la risarcirà per i danni causati dalla sua guerra”. L’idea di fondo di far pagare a Mosca di danni di riparazione non scompare, ma scompare per ora il ricorso ai profitti generati dai patrimoni fermi perché fermati.Alla fine, dunque, c’è un impegno politico che è frutto della necessità di ribadire un impegno a sostegno dell’Ucraina di Volodymyr Zelensky e mandare un messaggio alla Russia di Vladimir Putin. Un impegno che però è un rebus, perché queste opzioni che si chiedono al team von der Leyen non ci sono e andranno trovate, oltretutto in fretta, visto che i leader si attendono di poterne discutere già al prossimo vertice del Consiglio europeo di dicembre (18 e 19).Costa accoglie Zelensky al Consiglio Europeo. “Il futuro membro dell’Unione” soddisfatto delle nuove sanzioniIl presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, prova a spacciare il risultato come quel grande successo che alla fine non é: “L’Ucraina disporrà delle risorse finanziarie necessarie per difendersi dall’aggressione russa nel prossimo futuro”, scandisce al termine dei lavori. Probabilmente alla fine l’Europa troverò davvero una quadra e una soluzione, ma al momento così non è. Serve tempo per lavorare, e questo era emerso già prima del vertice dei leader. Al partner Zelensky che chiedeva di registrare progressi sul file, gli europei non potevano non dare qualcosa. Ma il Belgio frena. Del resto il grosso del patrimonio russo a cui eventualmente attingere è presso Euroclear, che custodisce 180 miliardi di euro, un cifra che induce il premier Bart De Wever a chiedere garanzie giuridiche inopponibili, con garanzia di mutualizzazione integrale dei rischi, l’impegno cioé che tutti gli altri Paesi UE forniscano sostegno e paracadute finanziario al Belgio. In assenza di questi aspetti si è scelto per la frenata. Le conclusioni alla fine fanno sì che l’UE ne esca con un timido accordo politico da finalizzare.Per Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea che ora dovrà mettersi al lavoro, quella sul prestito di riparazione da finanziare con i beni russi immobilizzati è stata “una discussione proficua” . Non si sbilancia, non offre anteprima, ma tiene a chiarire che in quello che arriverà sul tavolo “rispetteremo sempre il diritto europeo e internazionale”. Precisazioni non di circostanza, ma legate a un aspetto chiave nella strategia europea ancora tutta da mettere a punto. 

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    Zelensky: “Non è l’interesse della Cina che la Russia perda la guerra”. Come Pechino ridisegna gli equilibri

    Bruxelles – “La Cina ha promesso di non vendere armi, ma so una cosa: la Cina aiuta la Russia, non aiuta l’Ucraina. E non ha interesse a che la Russia perda questa guerra“. Il presidente ucraino, Volodymir Zelensky, è certamente contento e soddisfatto dell’aiuto ricevuto fin qui dai partner europei, ma sceglie il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE per riportare l’attenzione sul vero vincitore di questo conflitto russo-ucraino ormai al terzo anno di combattimenti e l’effetto collaterale dell’indebolimento economico russo derivante dalle sanzioni: un rafforzamento cinese di fronte al quale gli europei potranno sempre meno.Che la Repubblica popolare aiuti la Federazione russa è cosa nota e risaputa anche a Bruxelles, con la Commissione che ha manifestato malumori per il sostegno garantito da Pechino a Mosca. Zelensky, nella conferenza stampa tenuta dopo il confronto con i leader, tocca però il vero nodo geopolitico della questione, quello di un nuovo ordine mondiale dove la Cina acquista potere e fa della Russia il suo socio di minoranza.[foto: Wikimedia Commons]Perché il prolungamento del conflitto giova alla CinaFinché la guerra va avanti la Cina è costretta concentrare sforzi e attenzioni sulla Russia, per distoglierle dall’Asia centrale. Questo offre alla Cina la possibilità di penetrare e accrescere presenza e influenza, innanzitutto economica e commerciale. L’iniziativa nota come ‘via della seta’ mira proprio a portare Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan al centro dell’orbita cinese. In sostanza, più si combatte e meglio è. Inoltre, con Stati europei e Stati Uniti concentrati sulla Russia e preoccupati di come contrastarla, distoglie attenzioni sulle manovre di Pechino, che trae giovamento da questa ‘guerra diversiva’.Perché la Cina non vuole la sconfitta di MoscaPer Pechino l’attuale leadership russa rappresenta una garanzia in chiave anti-USA. Del resto il presidente cinese Xi Jinping non ha fatto mistero di voler continuare a collaborare a stretto contatto con il presidente russo, Vladimir Putin, per dare un impulso tutto nuovo all’ONU (dove sia Cina sia Russia hanno diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza), difendere con fermezza i diritti e gli interessi delle due nazioni, nonché quelli dei paesi in via di sviluppo, di fronte all’unilateralismo e alle prepotenze. Inoltre, per la Cina la sponda con la Russia diventa un elemento centrale nella contrapposizione economica agli Stati Uniti, che la politica dei dazi voluta dall’attuale amministrazione Trump non ha fatto che rilanciare.Certamente una Russia forte non è nell’interesse della Cina, desiderosa di accrescere peso regionale e continentale. Una sconfitta militare della Russia offre però scenari difficili da gestire e governare. Una nuova leadership non necessariamente garantirebbe canali privilegiati con Pechino, inoltre un’economia completamente in ginocchio diventerebbe difficile da puntellare . Meglio una Russia indebolita ma stabile che una Russia sconfitta. In un simile scenario Mosca sarebbe costretta a fare più affidamento su Pechino, in grado di rendere così la Federazione russa ‘partner minore’ di questa coalizione vista come strategica per resistere alle potenze occidentali, prima fra tutte quella statunitense.Borrell: “Esercitazione militare Sudafrica-Cina-Russia grave preoccupazione”Zelensky ha dunque ragione quando sottolinea che “i cinesi non hanno interesse nell’indebolire i russi” al punto da metterli nelle condizioni di perdere la guerra, “per questo li aiuta”. E’ un’accusa, la sua, ma pure un pro-memoria per gli europei, che nell’immediato futuro rischiano di dover fare i conti con una nuova Russia a trazione cinese. Il vero paradosso dei 19 pacchetti di sanzioni rischia di essere questo, quello di spingere la Russia nell’orbita cinese, a vantaggio cinese. L’Ucraina può poco perché “non abbiamo un dialogo permanente con i cinesi”, riconosce il presidente ucraino. Ma neppure l’UE fa molto, critica: “L’Europa dovrebbe essere più forte” nei confronti della Cina.Era previsto che i leader UE discutessero della ‘questione Cina’ in questo vertice, nel dibattito su competitività e pratiche commerciali scelte dal governo cinese. Zelensky non fa che porre ancor più al centro il Paese asiatico.

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    Trump e Putin si incontreranno a Budapest. Per l’UE è il momento del realismo

    Bruxelles – Due ore di telefonate sul conflitto in Ucraina e poi l’annuncio: il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il suo omologo russo Vladimir Putin si incontreranno sul suolo dell’Unione Europea, a Budapest, con l’Ungheria di Viktor Orban che mostra le carte in tavola giocando apertamente contro le istituzioni comunitarie, ed in particolare la Commissione europea, costretta ora al realismo nonostante abbia sempre negato un dialogo diretto con Vladimir Putin.L’incontro annunciato, ma non specificato ancora in termini di date, intende servire per “portare fine a questa ingloriosa guerra tra Russia e Ucraina”, per dirla con le parole di Trump. A Bruxelles si fa spallucce, e si cerca di guardare l’aspetto positivo di una vicenda comunque mal digerita: “Ogni iniziativa volta a una pace giusta e duratura è benvenuta”, taglia corto Olof Gill, vicecapo del servizio dei portavoce.Il successo di Orbán, che media per conto proprioL’annuncio dell’incontro è stato usato a fini propagandistici dal primo ministro ungherse Viktor Orbán, felice di rivendicare il proprio ruolo di mediatore. “Questa è una vittoria della posizione ungherese”, ha sottolineato Orbán in un’intervista alla radio pubblica Kossuth. Inevitabile poi, per il capo di governo, lanciare una frecciata ai partner dell’Unione Europea: “L’insegnamento per l’Ue è che gli altri sono stati dalla parte perdente, e che bisogna trattare con i russi, come fa l’America”.La Commissione europea non ha una vera politica estera propria, e anche per questo si cerca di tirare dritto e ragionare in termini di realpolitik. La Commissione “vive nel mondo reale e vuole raggiungere una pace giusta e duratura in Ucraina”, ribadisce Gill. “Anche se gli incontri non avvengono sempre nel modo, nel formato e nell’ordine che vorremmo, siamo pronti ad accoglierli se sono utili per la pace”. Una constatazione arrivata soltanto di fronte al fatto compiuto: il probabile tappeto rosso per Putin all’interno dell’Unione Europea.Il presidente russo Vladimir Putin (sinistra) e quello statunitense Donald Trump si incontrano ad Anchorage, Alaska, il 15 agosto 2025 (foto via Imagoeconomica)La sanzione che non c’èL’unico vincolo legale per non rendere possibile questo scenario sono le sanzioni nei confronti dei funzionari russi, molte delle quali però sono arginabili dai singoli stati. Per ammissione della portavoce della Commissione Europea Anitta Hipper, “le sanzioni riguardano i loro beni e non vietano al ministro degli Esteri Sergej Lavrov e a Vladimir Putin i viaggi o la libertà di movimento nello spazio europeo”.Su Putin pende comunque un mandato di arresto internazionale spiccato dalla Corte Penale dell’Aia (CPI), ma neppure qui la Commissione europea può intervenire, poiché l’applicazione delle regole dipende dagli Stati membri. Stesso discorso per il divieto di sorvolo dei velivoli russi, lasciato anch’esso alla discrezione nazionale. L’Ungheria, di certo, non intende applicare nessuna di queste misure. Budapest ha dichiarato che non imporrà alcuna costrizione in caso di visita diplomatica di funzionari russi.Fuori dall’EuropaAl di fuori della diatriba europea, l’annuncio dell’incontro è giunto a ridosso della visita americana del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Nel bilaterale che terrà con Donald Trump, si discuterà della fornitura dei missili a lungo raggio Tomahawk e dei sistemi di difesa Patriot. Zelensky, alla notizia della riunione europea, ha provato a minimizzare: “Possiamo già vedere che Mosca si sta affrettando a riprendere il dialogo non appena ha sentito dei Tomahawk”.Potential Tomahawk targets in RussiaIf the U.S. sends Tomahawk cruise missiles to Ukraine, nearly 2,000 Russian military sites — including 76 airbases — could fall within range.Source: ISW pic.twitter.com/506oQsIuSB— Clash Report (@clashreport) October 16, 2025Una lettura così semplice non è però condivisa da tutti. Per alcuni analisti, il presidente Trump aveva suggerito per giorni di consentire la vendita dei missili a Kiev, ma dopo la telefonata ha lasciato intendere che ciò potrebbe non accadere in caso di progressi diplomatici. Vladimir Putin, invece, dopo il successo personale del vertice di agosto di Anchorage (Alaska), starebbe cercando di ammorbidire la posizione americana dopo mesi di netto contrasto.La vera pace sembra ancora lontana. Il vertice stesso non è ancora sicuro: nei prossimi giorni sarà inviato a Mosca il Segretario di Stato statunitense Marco Rubio, che incontrerà i più alti funzionari di Putin per preparare l’incontro. Solo allora si saprà se i progressi saranno sufficienti a organizzare un incontro di alto livello a Budapest. L’impressione, tuttavia, è che Vladimir Putin non perderà l’occasione di umiliare l’Europa con una passeggiata trionfale all’interno dell’Unione, complice l’alleato ungherese, consapevole che i nemici comunitari per ora restano fuori da ogni tavolo negoziale.