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    Oltre 118 miliardi, l’Ue ha già speso quasi il bilancio di un anno per l’Ucraina

    Bruxelles – L’Unione europea ha già speso quasi l’equivalente di un bilancio annuale comune in sostegno all’Ucraina. Tra aiuti comunitari e contributi dei singoli Stati membri, “l‘assistenza complessiva dell’Ue all’Ucraina e al suo popolo ammonta finora a oltre 118 miliardi di euro“, scandisce l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, nella risposta a un’interrogazione parlamentare in materia. Una cifra impressionante, se si considera che il bilancio comune per il solo 2023 è stato pari a 186,6 miliardi di euro. Aiutare il presidente ucraino Volodymir Zelensky nella sua risposta all’aggressione militare russa inizia a raggiungere proporzioni importanti, e senza precedenti. L’assistenza finanziaria da oltre 118 miliardi di euro, specifica Borrell, “include circa 43,5 miliardi di euro di sostegno militare, di cui 6,1 miliardi dal Meccanismo per la pace“. Praticamente quasi un terzo dello sforzo economico dei Ventisette a oggi è servito ad alimentare la macchina bellica ucraina, per permettere difesa e contro-attacco. Qui, precisa ancora l’Alto rappresentante, “il sostegno dell’Ue fa la differenza, ad esempio, sulla difesa aerea“.Cifre e numeri comunque parziali, e destinate ad essere aggiornate ancora. “L’Ue continuerà a sostenere l’Ucraina di fronte alla guerra di aggressione della Russia”, assicura Borrell. Una rassicurazione frutto anche dell’evoluzione di un conflitto non solo più tra Mosca e Kiev. “La Russia ha anche iniziato a utilizzare missili della Repubblica Popolare Democratica di Corea e forse presto anche quelli iraniani”, denuncia l’Alto rappresentante. Un’escalation del conflitto che non consente ripensamenti.  Quindi l’avvertimento politico ai partner di tutta l’Unione europea. Quali che siano, in prospettiva, mosse e decisioni del nuovo presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump,  l’Ue dovrà tenere il punto:“Qualsiasi soluzione che ignori l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina comporterebbe la ricompensa dell’aggressore e la legittimazione dei tentativi di ridisegnare i confini con la forza, non solo in Europa”.

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    Allargamento Ue 1/ Nuovo slancio in sei dei Paesi candidati

    Bruxelles – Nel giorno dell’ultimo pacchetto annuale sull’Allargamento di questa Commissione europea – che ha avuto il merito di rimettere al centro delle priorità Ue i dieci Paesi sulla strada dell’adesione – le buone notizie arrivano per sei di loro. Montenegro, Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Moldova e Ucraina. Se quest’ultima merita un discorso a parte, per le altre cinque vale il minimo denominatore comune sottolineato dall’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell: “Si sono allineati pienamente alla nostra politica estera e di sicurezza comune”.Perché non è tollerato alcun “business as usual” nei confronti di Mosca, come rimproverato invece a Georgia, Serbia e Turchia. In un contesto geopolitico segnato indelebilmente dall’aggressione della Russia in Ucraina, non si può prescindere dal posizionamento strategico dei Paesi candidati all’Ue. Quasi una cartina tornasole per poi analizzare lo stato dell’arte di tutti gli altri parametri che Bruxelles richiede alle capitali che hanno scelto il percorso europeo.La guerra alle porte dell’Europa ha d’altra parte sicuramente restituito “nuovo slancio” al processo di allargamento del blocco Ue, perché l’adesione – come evidenziato da Borrell – “diventa una scelta strategica”. Anche da parte di Bruxelles. E in effetti due settimane fa si sono aperti ufficialmente i negoziati con l’Albania, quelli sul cosiddetto “cluster dei fondamentali”, mentre Ucraina e Moldova hanno tenuto la prima conferenza intergovernativa che dà il via ai negoziati a giugno 2024. Tappa raggiunta anche dalla Macedonia del Nord, e sempre più nitida all’orizzonte per la Bosnia-Erzegovina, con cui nel marzo 2024 il Consiglio europeo ha deciso di aprirà i negoziati. Ben più avanti infine il Montenegro che, “avendo soddisfatto i parametri intermedi per i capitoli sullo Stato di diritto, è in procinto di chiudere provvisoriamente ulteriori capitoli negoziali”.Le raccomandazioni ai Paesi candidatiPer quanto riguarda Podgorica, il documento Ue sottolinea che nel complesso il Montenegro “ha accelerato i preparativi per l’adesione all’Ue e ha lavorato in modo efficace”. Secondo la Commissione europea, l’impegno politico delle autorità montenegrine per l’obiettivo strategico dell’integrazione europea è stata “una priorità costante per il Paese”. I negoziati di adesione con il Montenegro sono vecchi di oltre un decennio, aperti nel giugno 2012. Ad oggi sono stati aperti 33 capitoli negoziali sui 35 totali, di cui 3 sono stati chiusi provvisoriamente.Tra i Balcanici che finalmente avanzano verso l’Ue c’è l’Albania, fresca dell’apertura dei negoziati sul cluster dei fondamentali, che riguardano “Magistratura e diritti fondamentali, Giustizia, libertà e sicurezza, Appalti pubblici, Statistiche, Controllo finanziario”. Secondo la valutazione della Commissione europea è fondamentale che Tirana “intensifichi ulteriormente il ritmo delle riforme orientate all’Ue, in particolare per quanto riguarda lo Stato di diritto”. L’obiettivo è consolidare i risultati ottenuti “nell’applicazione della legge, nella lotta efficace alla corruzione e alla criminalità organizzata e nella promozione dei diritti fondamentali, tra cui la libertà dei media, i diritti di proprietà e le minoranze”.Nel caso della Macedonia del Nord, il cui percorso di adesione è stato recentemente spacchettato da quello dell’Albania per permettere a Tirana di avanzare, l’Ue ribadisce l’importanza di “attuare in buona fede” gli accordi bilaterali esistente con i Paesi vicini, in primis con la Grecia e la Bulgaria, che stanno frenando il percorso di Skopje verso Bruxelles. Il piccolo Stato balcanico deve accelerare l’impegno sulla “lotta alla corruzione e la criminalità organizzata”, oltre che “rafforzare la fiducia nel sistema giudiziario”. Skopje si è in ogni caso dimostrata “ancora una volta un partner affidabile” per quanto riguarda il suo posizionamento nei confronti della guerra in Ucraina, “inviando un forte segnale della sua scelta strategica di adesione all’Ue”.Anche la Bosnia-Erzegovina ha dimostrato “risultati tangibili, tra cui la gestione della migrazione, il pieno allineamento con la politica di sicurezza comune ed estera dell’Ue e l’approvazione di leggi sull’integrità del sistema giudiziario, la lotta al riciclaggio di denaro e il conflitto di interessi”. A questo punto, la Commissione europea sta preparando il quadro negoziale in vista della sua adozione da parte del Consiglio, previa l’attuazione da parte di Sarajevo di una serie di raccomandazioni indicate dall’esecutivo Ue nell’ottobre del 2022. Con la Bosnia rimane però qualche attrito sull’allineamento anti-Mosca: nonostante “buoni progressi, l’attuazione delle misure restrittive rimane una sfida a causa di ostacoli politici”, rileva la Commissione.Rimane Moldova, che solo pochi giorni fa ha deciso con un referendum serratissimo di emendare la costituzione nazionale prevedendo l’accesso all’Unione europea come obiettivo. Per il commissario Ue all’Allargamento, Olivér Várhelyi, “negli ultimi anni Moldova ha fatto molta strada”. Nonostante “le continue interferenze russe e l’impatto della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina”, si legge nel documento. Dopo la prima conferenza intergovernativa del giugno 2024, la valutazione di Bruxelles è la seguente: “l’esame analitico dell’acquis Ue procede senza intoppi”. Un esito che fa sì che la Commissione auspichi l’apertura dei negoziati con la repubblica confinante con l’Ucraina “il prima possibile nel 2025”.

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    Ue-Nato, una nuova task force per rafforzare la cooperazione. In chiave anti-Russia, con un occhio a Trump

    Bruxelles – Quando l’ex premier olandese Mark Rutte è stato scelto per succedere a Jens Stoltenberg alla guida della Nato, i leader Ue hanno esultato per la forte vocazione europeista del nuovo segretario generale dell’Alleanza atlantica. A un mese dall’inizio del suo incarico, la prima conferma: l’Unione europea e la Nato istituiranno una nuova task force di alto livello per rafforzare l’attuale cooperazione.L’hanno annunciato oggi (29 ottobre) il segretario generale della Nato e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a margine del loro primo bilaterale da quando Rutte siede a capo dell’Alleanza militare occidentale. Nel loro confronto, i due hanno convenuto che la partnership Ue-Nato “è fondamentale per sostenere e salvaguardare la pace, la libertà e la prosperità” in un mondo “sempre più pericoloso”, si legge in una nota diffusa da Bruxelles.Il focus non poteva che cadere sul dispiegamento di soldati nordcoreani a fianco dell’esercito russo nella regione di Kursk: “Una significativa escalation della guerra contro l’Ucraina, nonché una grave minaccia alla sicurezza europea e alla pace globale”, affermano von der Leyen e Rutte. I due hanno ribadito che “la guerra di aggressione della Russia sul suolo europeo è la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza del continente europeo”.Ma non l’unica: i due leader hanno inoltre discusso della “crescente assertività degli Stati autoritari sulla scena mondiale“, rende noto la Commissione europea. Stati che “sfidano i nostri interessi comuni, i valori e i principi democratici, utilizzando molteplici mezzi – politici, economici, tecnologici e militari”, prosegue la nota. In un post sul suo account X, von der Leyen ha sintetizzato: “In questo contesto, una partnership stretta e strategica tra l’Ue e la Nato è più che mai essenziale”.La pianificazione della prima riunione della task force “dovrebbe procedere nelle prossime settimane”, fanno sapere ancora nella nota congiunta la leader Ue e il segretario generale della Nato. Dietro l’angolo, martedì 5 novembre, si terranno le elezioni americane, con i sondaggi che danno Donald Trump in recupero su Kamala Harris. Un altro buon motivo per correre ai ripari e rafforzare i legami tra Bruxelles e l’Alleanza Atlantica prima di un eventuale ritorno del tycoon alla Casa Bianca.

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    Truppe nord-coreane in Russia, l’Ue “profondamente allarmata”. E Putin non nega le immagini satellitari

    Bruxelles – L’hanno rivelato gli Stati Uniti attraverso delle immagini satellitari, lo confermano da giorni da Kiev. E nemmeno Vladimir Putin lo nega: in Russia ci sarebbero circa tre mila soldati dispiegati dalla Corea del Nord (Rpdc), pronti a un intervento in Ucraina. “Profondamente allarmata” l’Unione europea, che lo definisce “un atto ostile unilaterale da parte della Rpdc” e una “grave violazione del diritto internazionale”.In una nota a nome dei 27 Paesi membri, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha esortato per l’ennesima volta il leader autoritario Kim Jong-un a “cessare di sostenere gli sforzi bellici illegali della Russia” e ha “condannato fermamente” l’intensificarsi della cooperazione militare tra Pyongyang e Mosca. Con il dispiegamento di truppe sul suolo russo – come rivelato dal segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin -, si arriva a un punto di non ritorno.Secondo Washington i soldati nordcoreani sarebbero sbarcati via nave nella prima metà di ottobre dalla regione nordcoreana di Wonsan alla città russa di Vladivostok, prima di essere portati in tre siti di addestramento militare nella Russia orientale. “Se si schierano per combattere contro l’Ucraina, sono bersagli giusti e le forze armate ucraine si difenderanno dai soldati nordcoreani nello stesso modo in cui si difendono dai soldati russi”, ha avvertito il portavoce della Casa Bianca, John Kirby. Secondo l’intelligence ucraina, “il 23 ottobre è stata registrata la loro presenza nella regione di Kursk“, territorio russo dove le forze ucraine sono penetrate quest’estate. In un post sul suo account X, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che – secondo le informazioni in possesso di Kiev – “i primi soldati nordcoreani dovrebbero essere schierati dalla Russia nelle zone di combattimento già dal 27-28 ottobre“.Zelensky ha lanciato un appello per “una risposta forte e di principio da parte dei leader mondiali”. Per i 27 Ue, “l’intensificarsi della cooperazione militare della Russia con la Rpdc invia un chiaro messaggio: nonostante la dichiarata disponibilità a negoziare, la Russia non è sinceramente interessata a una pace giusta, globale e duratura“. Al contrario, prosegue la nota di Bruxelles, il Cremlino starebbe “intensificando e cercando disperatamente qualsiasi aiuto per la sua guerra”.Il vertice dei Brics a Kazan, in Russia (Photo by MAXIM SHIPENKOV / POOL / AFP)Per uscire dall’isolamento diplomatico, Vladimir Putin ha riunito per tre giorni a Kazan, in Russia, i leader dei Brics. Al vertice hanno partecipato 36 Paesi, risultato che ha permesso a Mosca di definirlo “il più grande evento di politica estera mai organizzato” dalla Russia. In una conferenza stampa a margine del summit, Putin ha accusato l’Occidente di aver inasprito la guerra in Ucraina e – come riportato dal The Guardian – alla domanda di un giornalista sulle immagini satellitari che apparentemente mostrano i movimenti delle truppe nordcoreane, Putin ha risposto: “Le immagini sono una cosa seria. Se ci sono immagini, allora riflettono qualcosa”. Il presidente russo ha poi contrattaccato, accusando gli ufficiali e istruttori della Nato direttamente coinvolti nell’addestramento delle truppe in Ucraina.La lettura dell’Unione europea è che, in cambio del supporto sempre maggiore al suo sforzo bellico, la Russia abbia cambiato posizione sulla denuclearizzazione della Corea del Nord. “In questo modo, la Russia compromette le sue responsabilità come membro permanente del Consiglio di Sicurezza e come Stato membro delle Nazioni Unite”, sottolinea Borrell, che annuncia che Bruxelles “si coordinerà con i partner internazionali per quanto riguarda le risposte”.

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    Legami con la Russia e rivendicata dalla Moldova, il rebus geopolitico della Transnistria che riguarda anche l’Ue

    Bruxelles – E’ uno dei conflitti congelati dell’era post-sovietica, con uno status di territorio non riconosciuto internazionalmente, rivendicato, e contraddistinto da un mosaico ‘etnico’ che rende il tutto ancor più complicato. La Transnistria è oggi più che mai un rebus, e il referendum di domenica (20 ottobre) sulle ambizioni Ue della Moldova lo riaccende come non mai.Geograficamente la Transnistria si trova in Europa orientale, incastonata tra la repubblica di Moldova, che la reclama come propria, e l’Ucraina. Il 2 settembre 1990 si proclama indipendente dalla repubblica socialista sovietica di Moldova, e il 25 agosto 1991 giunge anche l’auto-proclamazione di indipendenza dall’Unione sovietica. In quel momento la Transnistria, con Tiraspol capitale, diventa un’entità a sé, però mai riconosciuta come tale dalla comunità internazionale. I Paesi dell’Onu la riconoscono come appartenente alla repubblica di Moldova.Il territorio si è organizzato come vero e proprio Stato indipendente e sovrano. Ci sono un governo, una costituzione, passaporti, una banca centrale che stampa la valuta nazionale, il rublo transnistriano. Già solo questo elemento è indice dei legami con la Russia. Sulle banconote in circolazione sono stampate le effigi di Caterina II (zarina di Russia dal 1762 alla morte), Pëtr Aleksandrovič Rumjancev-Zadunajskij (feldmaresciallo dell’esercito imperiale russo), e Aleksandr Vasil’evič Suvorov (generale russo, tra i comandanti della guerra russo-turca del 1768-1774 a seguito della quale Ucraina meridionale, Caucaso settentrionale e Crimea vennero portati definitivamente sotto il dominio dell’Impero russo).La Transnistria [foto: Wikimedia Commons]I legami con la Russia sono ancora molto forti, e nel Paese i vecchi simboli dell’era sovietica sono ancora ben visibili. Non solo: accanto alla bandiera nazionale a strisce orizzontali rosso-verde-rosso, si aggiunge una riproduzione del tricolore russo, identico per policromia (strisce orizzontali bianco-blu-rosso) ma diversa per dimensioni. Un modo per mostrare il desiderio di restare vicina alla Federazione russa e marcare le distanze dalla repubblica di Moldova.Il mancato riconoscimento di status di Paese indipendente e sovrano pone però una questione giuridica: la maggior parte dei cittadini transnistriani possiede anche una cittadinanza moldava, russa o ucraina. Anche in ragione di questi cittadini moldavi il governo di Chisinau insiste per ricongiungere la Transnistria alla Moldova.Da un punto di vista sociale, la principale comunità presente sul territorio è quella russa (34 per cento), seguita da quella moldava (33 per cento) e da quella ucraina (26,7 per cento). A questi gruppi si aggiunge la minoranza bulgara (2,8 per cento).La guerra russa in Ucraina ha ridisegnato la situazione. Kiev non riconosce la Transnistria, ma in virtù dei tanti ucraini presenti sul territorio ha tessuto relazioni economico-commerciali. Non senza tensioni. Kiev ha posto come condizione per lo scambio di merci che tutto ciò che viene venduto in Ucraina debba avere certificazioni moldave, irritando il Cremlino che vede nelle mosse dell’Ucraina un modo per accrescere pressioni e spingere la Transnistria verso un modello troppo europeo.Dopo l’avvio delle operazioni militari di Mosca le autorità ucraina hanno cambiato radicalmente atteggiamento nei confronti della Transnistria, vista come ‘amica dei nemici’ e come tale trattata. A marzo 2022 l’Ucraina ha abbattuto un ponte ferroviario con l’accusa di averlo utilizzato per favorire la movimentazione delle truppe russe in chiave anti-ucraina. Ecco che la Transnistria si ritrova al centro della guerra russo-ucraina.Il territorio rischia di rimanere schiacciato tra le voglie unioniste moldave e i rancori ucraini, con la Russia difficilmente disposta a rinunciare al suo ‘protettorato’ in una parte di mondo che sembra sfuggire ai propri interessi e influenza.Il controllo del territorio è motivo di attriti tra la Russia e la Nato, con quest’ultima che, tramite risoluzione, già nel 2008 ha intimato a Mosca di ritirare le truppe. Ma per Putin diventa sempre più strategica per mantenere una zona di presenza e influenza. Il referendum della Moldova per l’adesione all’Ue trascina con sé la questione della Transnistria. In prospettiva la Moldova può portare nell’Ue la questione territoriale e politica, zone contese e frontiere tutt’altro che definite.

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    Moldova al bivio, ecco il referendum che può portarla nell’Ue o lanciarla nell’orbita di Putin

    Bruxelles – La Moldova al bivio. Scegliere se restare nel limbo di un Paese sospeso tra Unione europea e interessi russi, o seguire la via che porta all’adesione al club a dodici stelle. Le elezioni di domenica (20 ottobre) non sono solo un momento per capire chi guiderà il Paese, se la presidente uscente a caccia di un nuovo mandato, Maia Sandu, dichiaratamente pro-Ue, o altri leader con diverse visioni. Si deve anche decidere se emendare la costituzione nazionale prevedendo l’accesso all’Unione europea come obiettivo. La consultazione referendaria assume nuove valenza geopolitiche alla luce del rinnovato scontro tra Russia e blocco euro-occidentale.“Sostieni la modifica della costituzione in vista dell’adesione della Repubblica di Moldavia all’Unione Europea?” è il quesito che sarà posto agli elettori. Un eventuale ‘sì’ renderà il tutto vincolante, segnando un momento storico nella vita della repubblica. Non sembra impossibile, dati i quorum previsti nel Paese. Per modificare la costituzione è necessario un risultato positivo, con la partecipazione di almeno un terzo degli elettori. Gli ultimi sondaggi disponibili, a cui da Bruxelles si guarda con grande attenzione, suggeriscono che il 69 per cento degli aventi diritto intendono partecipare al voto, e che il 63 per cento di loro intenda esprimersi per l’adesione all’Ue. Le premesse pre-voto inviano già un messaggio chiaro.Più nello specifico il preambolo della Carta nazionale sarebbe completato con due nuovi paragrafi per “riconfermare l’identità europea del popolo della Repubblica di Moldova e l’irreversibilità del percorso europeo” e per “dichiarare l’integrazione nell’Unione Europea un obiettivo strategico della Repubblica di Moldova”.L’Unione europea teme l’attività russa, in particolare i tentativi di influenzare il voto attraverso interferenze, contro-informazione e anche corruzione. Un’operazione mirata sarebbe stata messa in piedi appositamente per creare reti di supporto alla campagna del ‘no’ in cambio di denaro, con oltre 15 milioni di dollari inviati dalla Russia a più di 130mila cittadini moldavi per votare contro la prospettiva a dodici stelle. L’operazione sarebbe stata guidata da Ilan Shor, imprenditore in esilio in Russia. “La Russia ha aumentato la propria attività per intervenire direttamente nel voto”, denuncia Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell: “Spetta al popolo moldavo decidere dove andare, se verso di noi o se abbracciare la Russia che vuole imporre il suo imperialismo per soggiogare il Paese”.Ufficialmente l’esecutivo comunitario non entra nel merito del segreto delle urne, ma offre indicazioni di voto chiaro, dalle non scontate conseguenze. Perché la Moldova è un Paese i cui confini non sono chiari. La Transnistria ha auto-proclamato la propria indipendenza dalla Moldova nel 1990. La comunità internazionale non riconosce quello che è un territorio indipendente sotto tutela e controllo russi. Qui Mosca schiera ancora un contingente di 1.500 soldati. A loro e al ministero delle Difesa russo le autorità di Tiraspol hanno chiesto più protezione dai vicini moldavi.Incide inoltra la decisione della commissione elettorale di non iscrivere Pobeda, formazione vicina a Ilan Shor e con posizioni filo-russe. Una mossa che acuisce ancora di più le tensioni per un voto che diventa anche un referendum su Putin. La Moldova per un momento sarà al centro del mondo. Qualunque cosa accada domenica la storia in movimento proporrà nuovi scenari, nuovi assetti e nuovi motivi di tensione e contrapposizione.

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    Iran, l’opposizione al regime degli Ayatollah sfila a Bruxelles: “L’Ue riconosca le Guardie della rivoluzione come terroristi”

    Bruxelles – Bene le sanzioni, così come le prese di posizione critiche nei confronti del regime degli ayatollah. Ma l’Unione europea deve fare di più. La richiesta arriva dall’opposizione iraniana, scesa in strada in occasione del vertice del Consiglio europeo per chiedere “la fine della politica di appeasement dell’Ue” e “inserire le Guardie della rivoluzione nella lista Ue delle organizzazioni terroristiche“. E’ Kamran Dalir, membro della commissione Affari esteri del Consiglio nazionale di resistenza in Iran (Ncri) a spiegare a Eunews il motivo della mobilitazione nel giorno in cui i leader dell’Ue si ritrovano a Bruxelles a discutere, tra le altre cose, anche di Medio Oriente.“E’ chiaro che non siamo a favore di Israele in questo momento, perché sta uccidendo civili innocenti” nei territori palestinesi, ma “l’Iran contribuisce ad accrescere le tensioni per distogliere l’attenzione dalla vera questione: la repressione interna“.Dalir vuole essere chiaro: “Non siamo qui a chiedere a nessuno di aiutarci a portare la democrazia nel Paese, quello spetta a noi” iraniani. Quello che si chiede dall’Europa è un cambio di rotta, maggiore determinazione a sostegno della popolazione iraniana.”Queste politiche dell’Ue non solo hanno permesso al regime di persistere con le sue azioni dannose, ma hanno anche permesso al terrorismo di raggiungere il cuore stesso dell’Europa”, critica Shahin Gobadi, altro membro della commissione Affari Esteri dell’Ncri. Perché, spiega, “le prove del coinvolgimento delle Guardie della rivoluzione nel terrorismo globale sono schiaccianti e di lunga data“.L’Unione europea in realtà ha avviato un ragionamento sulla possibilità di agire contro le Guardie della rivoluzione, ma la decisione è molto delicata. Si tratta di un organismo militare, integrato nelle forze armate, e dichiarare ‘terrorista’ un esercito nazionale ha ricadute giuridiche tutte da studiare.Ma l’opposizione iraniana chiede comunque di fare in fretta.Per ragioni di sicurezza il corteo non è stato fatto avvicinare alla sede del Consiglio europeo, e i manifestanti sono stati fatti sistemare sul retro dell’edificio che ospita la Commissione europea. Ma il centinaio di persone con in mano il tricolore iraniano risalente al periodo dello scià, hanno fatto comunque sentire la loro voce scandendo slogan a sostegno di democrazia e un diverso coinvolgimento dell’Ue.

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    Commercio, intesa Ue-Paesi del golfo per lavorare a un accordo di libero scambio

    Bruxelles – Ue-Paesi del golfo arabico, avanti con il commercio. I leader dei Ventisette e i rappresentanti dei Paesi del consiglio di cooperazione della regione (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi) lasciano il primo summit bilaterale con l’intenzione di lavorare per un accordo di libero scambio regionale. E’ questo il risultato tangibile più di rilievo di un incontro scandito comunque da tensioni su dossier di politica estera e divergenze su temi caldi attualità, in particolare guerra russo-ucraina e conflitto israelo-palestinese.C’è la volontà, sancita nelle conclusioni di fine summit, di “far avanzare le discussioni” tra le parti per raggiungere un nuovo modello di scambi commerciali. I numeri, aggiornati al 2022, fanno capire l’importanza della posta in gioco. I flussi commerciali bilaterali hanno superato i 204 miliardi di dollari in valore, con l’Ue che da sola rappresenta il 13 per cento del totale degli scambi dei Paesi arabi del golfo. Numeri che potrebbero crescere, se si considera il potenziale abbattimento dei dazi attualmente in vigore.Per l’Ue, ovviamente un’opportunità ma pure un rischio. Perché la bilancia commerciale Ue-Paesi del golfo pende a favore di questi ultimi. Nel 2022 le esportazioni verso il mercato unico europeo hanno raggiunto un valore di 106,3 miliardi di dollari, a fronte di importazioni di prodotti ‘made in EU’ per un valore di circa 98 miliardi di dollari.I leader riuniti attorno al tavolo vedono nella convergenza per l’integrazione economico-commerciale il principale risultato di un incontro considerato storico perché il primo di sempre a Bruxelles. Si vogliono rilanciare anche gli investimenti, anche sulla scia di una realtà già solida. A oggi le due parti hanno investimenti diretti per oltre 100 miliardi di euro in settori quali energia, trasporti, ambiente, turismo, farmaceutica. E si vuole andare proseguire. “Continueremo a valutare accordi su misura a sostegno del commercio e degli investimenti“, l’accordo di principio trovato. Un punto di partenza per una nuova stagione di relazioni bilaterali.Nella rinnovata intenzione di nuovi regimi commerciali c’è anche una specifica: “L’importanza della  cooperazione nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio” (Omc, o Wto secondo l’acronimo in lingua inglese). La centralità del Wto, sottolineano i leader europei e arabi del golfo persico, rimane “essenziale per contribuire al pieno funzionamento del meccanismo di risoluzione delle controversie, al fine di rafforzare il sistema commerciale multilaterale”. Un messaggio in salsa anti-Cina e, in prospettiva, anche in chiave anti-Donald Trump qualora alle elezioni del 5 novembre dovesse trionfare il candidato repubblicano critico sull’organizzazione mondiale per il commercio.