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    Dopo dieci anni l’UE reintroduce sanzioni contro l’Iran, bocciata la corsa di Teheran al nucleare

    Bruxelles – Congelamento dei beni bancari iraniani detenuti nella banche europee, divieto di fare affari, restrizione ai viaggi e agli spostamenti per le persone, divieti alla circolazione delle merci. L’Unione europea vara sanzioni contro l’Iran, in risposta alle intenzioni del regime degli ayatollah di riprende la corsa verso l’arricchimento dell’uranio e al nucleare a fini non civili. Si tratta di un ritorno al passato, dopo un processo di normalizzazione con Teheran avviato nel 2024, con la prima parziale sospensione di misure restrittive poi estesa nel 2015 e sfociata la cancellazione completa. Ora la nuova linea dura, peraltro annunciata dopo i provvedimenti presi da Francia, Germania e Regno Unito a fine agosto.Banche, commercio e trasporti: le sanzioni UEIl Consiglio dell’UE non si limita ad allinearsi alle decisioni prese in sede ONU. Vengono adottate misure restrittive autonome e tutte europee, a partire dal congelamento dei beni della Banca centrale dell’Iran e delle principali banche commerciali iraniane. Accanto a queste sanzioni finanziarie l’UE intende ripristinare misure volte a impedire l’accesso agli aeroporti UE dei voli cargo iraniani. In materia di trasporti si vuole inoltre impedire la manutenzione e il servizio degli aeromobili da carico o delle navi da carico iraniane.La guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei [foto: imagoeconomica via Arabic.Khamne]Oltre alle restrizioni agli scambi di merci i Ventisette varano una stretta commerciale che prevede il divietodi esportazione di armi verso l’Iran e il divieto di trasferimento di qualsiasi oggetto (materiale, bene e tecnologia) che possa tornare utile per le attività di arricchimento dell’uranio. A questo si aggiungono poi divieti di importazioni e trasporto di petrolio greggio, gas naturale, prodotti petrolchimici e petroliferi e derivati, divieto di vendita o fornitura di attrezzature chiave utilizzate nel settore energetico, divieto di vendita o fornitura di oro, altri metalli preziosi e diamanti. Infine disposte limitazioni nella vendita di programmi informativi e attrezzature navali.La presidenza danese del Consiglio dell’UE fa sapere che la decisione presa non pregiudica il prosieguo del cammino pacifico e diplomatico condotto fin qui: “Le porte per negoziati restano aperte“, il messaggio per Teheran.Il nucleare iraniano, quando Trump ha affossato le speranze di stabilitàLe relazioni tra UE e Iran hanno conosciuto una stagione di avvicinamento nel 2013, quando un accordo sul nucleare iraniano era già alla portata, e ancor di più nel 2015, quando il governo di Teheran sigla con la comunità internazionale il Piano d’azione congiunto globale (noto come JCPOA – Joint Comprehensive Plan of Action), l’intesa che permette la presenza di ispettori internazionali in Iran per verificare che il Paese non si doti della bomba atomica. E’ una nuova stagione di normalizzazione delle relazioni tra la repubblica islamica e il resto del mondo, e in particolare l’occidente, che vede nella cancellazione delle sanzioni europee uno dei momenti più alti.Per l’Ue l’accordo sul nucleare iraniano “non è morto”, Borrell ancora impegnato nelle trattative con TeheranA maggio 2018 il presidente USA Donald Trump annuncia di ritirarsi dall’acordo JCPOA, sconfessando l’attività del suo predecessore, Barack Obama, e gettando le basi per nuove instabilità regionali e mondiali. L’UE tenta di sostituirsi agli Stati Uniti, salvare gli accordi JCPOA ed ergersi a garante della pace mondiale, ma nonostante gli sforzi profusi prima da Federica Mogherini e poi da Josep Borrell – Alti rappresentanti per la politica estera e di sicurezza dell’UE succedutisi nel corso del tempo – le relazioni con Teheran si disfano nuovamente, a causa di una mossa vista dal governo iraniano come un tradimento dell’occidente.L’amministrazione Biden non ha saputo ricucire strappi divenuti ormai insanabili, e che con la nuova amministrazione Trump difficilmente miglioreranno. Nel frattempo l’UE ha preso posizione in maniera chiara, per quanto discutibile: gli attacchi israeliani in Iran, ‘giustificati’ dallo Stato ebraico per l’attività degli ayatollah sull’uranio, non sono stati condannati, a dispetto di attacchi russi in Ucraina. Un doppio standard che non è piaciuto a Teheran, finito comunque nella lista nera dell’UE per il suo ruolo giocato nella guerra in Ucraina.

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    Sefcovic: “Accordo sui dazi non è in conflitto con obiettivi di sostenibilità”

    Bruxelles – L’accordo sui dazi raggiunto tra Unione europea e Stati Uniti non sconfessa l’impegno dell’UE in termini di sostenibilità e green economy. Lo assicura il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic, rispondendo a un’interrogazione parlamentare in cui si accusa l’esecutivo comunitario di aver agito in contraddizione alla transizione ecologica. Si critica nello specifico l’impegno ad acquistare energia negli USA in quantitativi massicci, puntando sulle fonti fossili più clima-alteranti.“I parametri concordati il ​​27 luglio 2025 non sono in conflitto con i piani di transizione energetica e decarbonizzazione dell’UE“, sostiene Sefcovic, in riferimento agli impegni per 750 miliardi di dollari di acquisti in gas, combustibile nucleare e anche petrolio. Non è in conflitto con il Green Deal e i suoi obiettivi, ricorda, il passaggio verso un modello economico-produttivo sostenibile non sarà immediato. “L‘economia dell’UE continuerà a necessitare di gas, petrolio e combustibili nucleari nel percorso verso la neutralità climatica entro il 2050″.Inoltre, continua ancora il commissario per il Commercio, “sebbene l’accordo preveda un aumento delle importazioni di energia dagli Stati Uniti nei prossimi tre anni, esso verrà attuato nel contesto di REPowerEU per aiutare l’UE a eliminare gradualmente le restanti importazioni di energia dalla Russia”.

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    UE: approvato in Commissione Affari Costituzionali il rapporto Gozi su allargamento e riforme

    Bruxelles – La commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo ha adottato oggi, a larga maggioranza, il rapporto presentato da Sandro Gozi (Renew Europe) sulle conseguenze istituzionali e politiche dei negoziati di allargamento dell’Unione europea.“L’unificazione del continente europeo è una scelta strategica. Rappresenta il miglior investimento per la democrazia, la stabilità e la sicurezza del nostro continente. Ma non potrà riuscire senza un’Unione europea più efficace, più potente e più democratica. L’approvazione di questo rapporto è uno dei primi passi concreti della volontà delle forze pro-europee di rilanciare l’Europa, emersa nel dibattito sullo stato dell’Unione”, ha spiegato Gozi.Il “Rapporto sulle conseguenze istituzionali e politiche dei negoziati di allargamento dell’Unione europea” individua tre grandi sfide istituzionali: migliorare l’efficacia dei processi decisionali eliminando i veti e generalizzando l’uso della maggioranza qualificata in Consiglio; rafforzare i poteri e le risorse riformando il bilancio dell’Unione e superando l’obsoleto tetto dell’1 per cento del reddito nazionale lordo; approfondire la democrazia, conferendo più poteri al Parlamento europeo, armonizzando le regole elettorali e coinvolgendo più direttamente i cittadini.Il testo sottolinea inoltre la necessità di costruire una vera Unione europea della difesa, facendo leva su strumenti come la cooperazione strutturata permanente (PESCO), che consentono agli Stati membri più determinati di avanzare senza attendere l’unanimità. Propone anche di sfruttare appieno le flessibilità dei trattati, valutare revisioni mirate quando necessario e come ultima istanza ricorrere ad accordi intergovernativi esterni all’Ue. Centrale il tema della libera scelta politica di ogni Stato e dell’integrazione differenziata, per consentire agli Stati più ambiziosi di procedere più rapidamente. In un contesto segnato dalla guerra in Ucraina e dalla competizione geopolitica globale, il rapporto avverte che un blocco del processo di unificazione del continente rischierebbe di spingere i Paesi candidati verso altre potenze, come Russia o Cina.“Oggi l’Europa deve scegliere: o si prepara seriamente all’unificazione del continente, o corre il rischio di perdere definitivamente influenza e credibilità. Con questo rapporto indichiamo una via chiara: allargamento e riforma dell’Ue devono andare di pari passo. Ora contiamo sull’impegno della maggioranza pro-europea in vista della plenaria, e su un impegno all’altezza delle sfide da parte di Ursula von der Leyen e António Costa”, ha concluso Gozi.

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    La BCE: “Dalla dipendenza da terre rare cinesi rischi per economia e inflazione”

    Bruxelles – Economia, consumi, sviluppo: il futuro industriale, produttivo e competitivo dell’Unione euroepea è un’incognita. C’è una carenza di terre rare eccessiva da cui dipende tutto, con la Cina a decidere delle sorti europee. “L’area dell’euro rimane esposta a rischi economici e legati all’inflazione a causa della sua dipendenza dalla Cina per la fornitura di terre rare ai settori industriali critici“, avverte la Banca centrale europea in uno studio dedicato al tema. “Le interruzioni della catena di approvvigionamento derivanti dalle restrizioni all’esportazione imposte dalla Cina potrebbero comportare un aumento dei costi di produzione per i produttori, in particolare nei settori automobilistico, elettronico e delle energie rinnovabili”.Quanto è vulnerabile l’UE alle scelte di Pechino in materie di terre rare? La risposta contenuta nel documento di analisi che ruota attorno a questo quesito esistenziale non lascia spazio ai dubbi: “L’area dell’euro è esposta ai rischi della catena di approvvigionamento legati alle esportazioni cinesi di terre rare”. La Repubblica popolare cinese domina il mercato globale delle terre rare, producendo il 95 per cento delle terre rare mondiali. Occupa inoltre una posizione centrale nella raffinazione di altre materie prime essenziali, come il litio e il cobalto, entrambi essenziali per le batterie delle auto elettriche.Attualmente il 70 per cento delle importazioni di terre rare nell’area euro proviene dalla Cina e alternative disponibili non ve ne sono. “Anche quando l’area dell’euro si rifornisce di prodotti secondari contenenti terre rare da paesi diversi dalla Cina, i fornitori dipendono fortemente dalla Cina per le terre rare grezze”, avvertono ancora gli esperti della BCE. Un esempio in tal caso è rappresentato dagli Stati Uniti, la cui domanda di terre rare è soddisfatta all’80 per cento proprio da Pechino. Ne deriva che nonostante le strategie concepite a Bruxelles per rispondere al problema “l’area dell’euro rimane indirettamente esposta alle catene di approvvigionamento cinesi quando importa prodotti statunitensi che utilizzano terre rare”.I tecnici della Bce suonano l’allarme: “L’influenza della Cina sull’eurozona aumenta”Situazioni di crisi non si profilano all’orizzonte, vuole rassicurare la BCE. “Gli indicatori attuali non suggeriscono che le pressioni sulla catena di approvvigionamento e gli aumenti dei prezzi siano imminenti nell’immediato“. Tuttavia, “è fondamentale rimanere vigili” e monitorare attentamente gli sviluppi, dato il potenziale di rapidi cambiamenti nelle dinamiche di approvvigionamento globali. “La Cina potrebbe utilizzare le terre rare per esercitare pressione nei negoziati commerciali in corso con l’UE”, mette in guardia la Banca centrale europea.In gioco c’è praticamente tutto. L’inflazione e l’aumento dei prezzi, ma pure lo stop per settori produttivi con ricadute di natura politica. Le industrie manifatturiere sono particolarmente esposte, a cominciare da quella automobilistica, che fa ampio affidamento sui magneti permanenti realizzati con terre rare. Analogamente, anche il settore energetico dipende fortemente dalle terre rare per i magneti al neodimio utilizzati nelle turbine eoliche. Ma le terre rare trovano un ampio impiego nel settore tecnologico (semiconduttori, computer, telefonia). Una buona fetta di Green deal e doppia transizione si gioca qui, nella dipendenza dalla Cina in ciò che serve per tradurre in pratica le ambizioni di sostenibilità.

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    Le imprese festeggiano l’accordo UE-Indonesia: “Ora avanti con i Paesi ASEAN”

    Bruxelles – Ben venga l’accordo con l’Indonesia, ora l’UE acceleri con gli altri Paesi della regione. Questo il messaggio che arriva da BusinessEurope, la confederazione delle confindustrie europee, dopo il nuovo progresso registrato in materia di politica commerciale. “Questo accordo storico riafferma l’impegno dell’UE verso un’ambiziosa agenda commerciale in un momento di tensioni geopolitiche e crescente protezionismo“, riconosce il direttore generale, Marcus Beyrer, che esorta ad “accelerare i negoziati con gli altri partner dell’ASEAN“, l’organizzazione degli Stati del sud-est asiatico che comprende, oltre all’Indonesia, Brunei, Cambogia, Filippine, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam.E’ convinzione del mondo dell’industria che questo accordo darà un impulso “significativo” alla crescita dell’Unione europea grazie innanzitutto alla riduzione dei dazi sui beni industriali e sui prodotti agricoli da entrambe le parti. Sono apprezzate anche le disposizioni in materia di commercio digitale, appalti e investimenti. Inoltre, si ritiene che in quanto fornitore chiave di materie prime essenziali, legami più stretti con l’Indonesia rappresenteranno anche una risorsa importante per la sicurezza economica europea.L’UE ha già relazioni commerciali in essere con l’ASEAN in quanto blocco. Le relazioni risalgono al 1977, e resistono tutt’ora. Inoltre il blocco ha dimostrato convergenze politiche vere in merito alla guerra russa in Ucraina, prendendo le distanze dalle annessioni territoriali russe. Si chiede quindi alla politica di approfittare di questo momento per rilanciare una nuova stagione commerciale euro-asiatica, strategica in senso anti-USA e ant-Cina.Esulta anche la Federazione dell’industria europea degli articoli sportivi (FESI, a cui aderiscono, tra gli altri, le italiane Assosport e Napapijri). “L’accordo tra UE e Indonesia rappresenta una tappa fondamentale“, sottolinea il presidente di FESI, Neil Narriman. L’intesa viene salutata con favore dai membri, in particolare fornitori di materiale sportivo quali Adidas, Puma, e Nike. “L’accordo non è solo un importante accordo commerciale per la nostra industria, i nostri lavoratori e i nostri consumatori, ma anche un forte segnale al resto del mondo che l’Indonesia e l’UE possono promuovere un commercio basato su regole in un contesto commerciale difficile”, sottolinea Ingrid van Laerhoven, Direttore Commercio e Dogane EMEA, Affari Pubblici e Governativi di Nike e Presidente del Comitato Commerciale FESI.

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    Acquisto di tre Airbus tramite Gambia, via Emirati Arabi: così la Bielorussia evade le sanzioni UE

    Bruxelles – Acquisti di aerei di fabbricazione europei, in barba alle sanzioni UE, attraverso un operatore del Gambia e l’intermediazione degli Emirati Arabi: così la Bielorussia di Alexsandr Lukashenko avrebbe aggirato le restrizioni dell’Unione europea imposte per l’aiuto fornito alla Russia di Vladimir Putin nella guerra contro l’Ucraina. Una triangolazione che avrebbe finito col favorire Belavia, compagnia di bandiera di Minsk. Un’operazione condotta in modo esemplare, tanto da rifornire la flotta con tre esemplari Airbus A330 con cui potenziare i collegamenti della Bielorussia con Cina e sud-est asiatico.Un vero e proprio ‘affronto’ per l’europarlamentare polacco Mariusz Kamiński (ECR), che chiede lumi ad una Commissione europea che non può fare altro che prendere atto di quanto accaduto. “Siamo a conoscenza” dell’accaduto, ammette Maria Luis Albuquerque, commissaria per i Servizi finanziari. “Le sanzioni dell’UE sulla Bielorussia vietano agli operatori dell’UE di fornire servizi, come la manutenzione, e di mettere a disposizione altre risorse economiche alle persone o entità elencate, tra cui Belavia”. Tuttavia, riconosce, “in base alle relazioni a disposizione della Commissione, sembra che la vendita sia stata effettuata al di fuori della giurisdizione dell’UE”.Tra sanzioni, violazioni dei diritti umani e traffico di migranti: l’anno in cui i rapporti tra UE e Bielorussia si sono frantumatiLukashenko e il suo governo sarebbero dunque riusciti a ‘farla sotto il naso’ della Commissione, con la complicità di attori contro cui a Bruxelles si medita vendetta. “Se necessario la Commissione, insieme all’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’UE, può proporre nuove sanzioni”, ricorda Albuquerque. “Ciò include l’imposizione di sanzioni a nuovi obiettivi, come le persone responsabili di elusione” delle restrizioni europee. Nel mirino Magic Air, compagnia aerea gambiana, già gestita dalla compagnia aerea turca Onur Air, che avrebbe acquistato i velivoli Airbus per conto non tanto di Belavia, quanto “molto probabilmente” per conto di una società con sede negli Emirati Arabi Uniti che poi avrebbe girato gli acquisti a Minsk.

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    Ucraina, per Commissione e Parlamento è ora di aprire i negoziati di adesione sul ‘cluster 1’

    Bruxelles – Sostegno all’Ucraina, militare, economico e ancor più politico. Di fronte a un conflitto russo-ucraino ancora in corso e dagli scenari di difficile definizione, il Parlamento europeo chiede l’apertura dei negoziati di adesione per mettere ancora più sotto pressione l’aggressore russo e ribadire che il Paese non è zona d’influenza del Cremlino. A mettere sotto assedio il Consiglio e il consesso degli Stati membri, che sul tema devono deliberare all’unanimità, è l’Aula dell’europarlamento e la Commissione europea, unite nel chiedere un cambio di passo.“E’ tempo di aprire i negoziati sul cluster 1“, scandisce l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas. Il cluster 1 è l’insieme dei capitoli che riguardano i diritti fondamentali (giustizia, magistratura, appalti, controllo finanziario, statistiche) e da cui solitamente si inizia il processo vero e proprio di avvicinamento all’Unione europea. “L’adesione dell’Ucraina all’UE è una questione di sopravvivenza e di sicurezza di lungo periodo“, aggiunge Marta Kos, la commissaria per l’Allargamento che si rivolge all’Aula immediatamente dopo Kallas. “In questo momento un segnale di sostegno non è solo simbolico ma strategico“, insiste Kos.Il dibattito d’Aula sull’Ucraina [Strasburgo, 9 settembre 2025]L’invito ad avviare i negoziati viene sostenuto dalle principali forze politiche all’interno dell’emiciclo. Popolari (PPE), socialisti (S&D) e conservatori (ECR) si esprimono a favore dell’apertura dei primi capitoli negoziali, con Verdi e liberali (RE) che pur non esprimendosi direttamente a favore non hanno nulla da obiettare e anzi insistono sulla necessità di “sostegno” a Kiev. Alla fine a pronunciarsi contro le richieste di Commissione UE e resto dell’Aula sono i sovranisti (PfE) e i nazionalisti euro-scettici (ESN).Dalle fila de laSinistra ‘no’ anche del Movimento 5 Stelle: “Voteremo contro contro il rapporto sull’adesione dell’Ucraina in UE“, anticipa Danilo Della Valle. La relazione, ricorda per spiegare le ragioni della contrarietà dei pentastellati, “ribadisce la richiesta di una maggiore assistenza militare e cooperazione in materia di difesa, compresa l’integrazione dell’industria degli armamenti ucraina nei quadri dell’UE e della NATO. Non prevede nessuna richiesta di cessate il fuoco o di apertura formale dei negoziati”.Il dibattito d’Aula su un tema che comunque mostra posizioni diverse registra anche nuovi, ennesimi, malumori contro l’Ungheria di Viktor Orban. Nella necessaria ricerca di un consenso unanime sul tema dell’allargamento è Budapest che punta i piedi, fin dal primo momento dal via libera per poter procedere ai negoziati con Kiev. Una linea non più accettabile per Pekka Toveri e il suo PPE: “L’Ungheria lavora con la Russia per sabotare il processo di adesione dell’Ucraina“, denuncia. Contrattacca Kinga Gal (PfE), ungherese di Fidesz, partito di governo di Orban: “L’Ucraina è lontana dall’essere pronta. L’adesione è un errore politico“.Metsola: “Per l’Ucraina adesione all’UE e pace, ma non ad ogni costo”Nell’emiciclo tutt’altro che gremito di Strasburgo i toni del dibattito si surriscaldano quando dai banchi dei liberali Petras Austrevivius propone di “estendere il sistema di difesa, ampliare l’esercito comune”, realizzare “cielo sicuro in Ucraina” e lo “schieramento di soldati in Ucraina“. Richieste che trovano la sponda di Sandra Kalniete (PPE): “Continuiamo ad armare l’Ucraina, e integriamola nell’industria della difesa” europea, propone. Parole che producono la levata di scudi dell’ultra-destra: “L’unico motivo di sicurezza per l’Europa è un ritorno dell’Ucraina alla neutralità”, sostiene Hans Neuhoff (ESN). Mentre Kinga Gal avverte: “Così si avvicina la guerra” all’Unione europea.Thijs Reuten, a nome dei socialisti, chiede all’Unione europea tutta un cambio di passo vero. Questo implica accesso di Kiev nel club a dodici stelle, certo, perché “il nostro sostegno alla sua adesione è incrollabile”. Ma “è tempo che l’Europa non si limiti a sostenere, ma assuma un ruolo guida”. Perché fin qui, lamenta, “il ciclo è sempre lo stesso: gli Stati Uniti accennano alla pressione, Putin finge i negoziati, l’Europa esita, e quindi Putin intensifica la sua azione”.

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    L’opposizione iraniana a Bruxelles: “Basta concessioni, sostenete la popolazione”

    Bruxelles – ‘Stop alle esecuzioni in Iran!’, ‘attivate il meccanismo di sanzioni ora!’. Sono decine di migliaia (la polizia belga parla di 10mila persone in tutto), arrivano da tutta Europa, per gridare e manifestare l’indignazione per un regime, quello al potere in Iran, lasciato ancora troppo libero di agire. L’opposizione iraniana in esilio chiede all’Unione europea un cambio di passo: la fine dell’appeasement – vale a dire dialogo e concessioni in cambio di nessuno scontro – per una politica di sostegno della popolazione, così da rovesciare il potere dall’interno. “La società iraniana è in uno stato di instabilità e l’unica soluzione è la Terza Opzione, né pacificazione né guerra, ma un cambio di regime da parte del popolo e della sua resistenza organizzata”, scandisce Maryam Rajavi, presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI), che esorta l’UE a “designare le Guardie Rivoluzionarie (IRGC) come organizzazione terroristica”. Ancora: “Non tardate oltre a far rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro i progetti nucleari del regime”, l’altro suggerimento alla politica a dodici stelle. Perché, spiega, “concedere più tempo a questo regime porterà ancora una volta alla guerra, e questo non deve mai essere permesso”.Iran, l’opposizione al regime degli Ayatollah sfila a Bruxelles: “L’Ue riconosca le Guardie della rivoluzione come terroristi”Il discorso viene pronunciato sotto l’Atomium, la grande struttura realizzata per l’esposizione universale del 1958 e tra i luoghi simbolo di Bruxelles. E’ qui che si sono ritrovati gli iraniani esuli proveniente da Germania, Francia, Italia, e tutta Europa. Ed è da qui che poi le persone hanno sfilato verso il centro città.  “Questa immensa presenza di iraniani provenienti da fuori l’Iran dimostra che esiste effettivamente un’alternativa democratica al regime crudele e criminale dei mullah”, il commento di Guy Verhofstadt, ex primo ministro belga e parlamentare europeo di lungo corso, presente al raduno. Verhofstadt chiede all’UE di agire nei confronti dell’Iran come fatto con la Russia: non solo sanzioni individuale ma pure “sui suoi rami vitali finanziari, come le banche e il settore petrolifero“.Il consiglio nazionale della resistenza iraniana viene visto come “alternativa” possibile e credibile all’attuale regime al potere in Iran. Non a caso Verhofstad chiede un “dialogo strutturato” con il CNRI. Il piano in dieci punti che vuole fare del Paese una repubblica allineata ai valori occidentali (parità di genere vera, con libertà di abbigliamento e uguale carriera, rispetto dei diritti umani con tanto di sottoscrizione della dichiarazione universale, separazione tra Stato e religione) rappresenta le garanzie per un Iran a prova di futuro. Gli iraniani arrivano a Bruxelles per dire all’UE e ai suoi Stati che esiste un altro Iran, ma che serve il contributo europeo.