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    La Libia dell’Est espelle la delegazione Ue che doveva discutere di immigrazione

    Bruxelles – La Libia dell’Est ha espulso la delegazione europea appena giunta nel Paese per discutere nuove misure sull’immigrazione.La delegazione era composta dai ministri dell’Interno di Italia, Grecia e Malta e dal commissario europeo per la Migrazione Magnus Brunner, ed è stata fermata direttamente all’aeroporto Benina di Bengasi, dove tutti i membri della delegazione sono stati dichiarati “persona non grata”. L’aereo ha immediatamente lasciato l’aeroportoUna nota del governo di questa parte del Paese ha definito la visita una “flagrante violazione” delle convenzioni internazionali e della legge libica.Secondo fonti riportate dal quotidiano greco Ekathimerini il provvedimento sarebbe dovuto al fatto che la delegazione europea ha visitato prima Tripoli, sede del governo libico riconosciuto a livello internazionale.“La notizia che il ministro Piantedosi, il commissario Brunner e i colleghi maltese e greco sono stati fermati in Libia e respinti per ‘ingresso irregolare’ – proprio come un migrante qualunque, uno di quelli che il governo Meloni chiama ‘clandestini’ – farebbe ridere, se non fosse che la Libia è l’inferno in terra per chi la attraversa”, commenta la deputata europea del Pd Cecilia Strada. “Un inferno fatto di estorsioni, stupri, torture, omicidi, intercettazioni violente in alto mare, viaggi della speranza che si trasformano in naufragi. Un inferno pagato con le tasse italiane ed europee. Un sistema – continua la deputata -, quello dell’esternalizzazione delle frontiere, che fra le altre cose alimenta il potere dei trafficanti anziché ridurlo. L’episodio del respingimento di Piantedosi la dice lunga anche sull’affidabilità dei partner libici ai quali deleghiamo il lavoro sporco di bloccare le persone in movimento. Per un giorno – conclude Strada – ministri e commissari hanno provato cosa significa trovarsi dall’altra parte di un porto chiuso”.

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    La Bce: “Con la Cina nel Wto meno democrazia nel mondo in nome del commercio, ma l’Ue ha le sue colpe”

    Bruxelles – L’ingresso della Cina nell’organizzazione mondiale per il commercio (Wto) ha segnato un arretramento del livello democratico dei partner commerciali dell’Ue. Questo sostiene la Banca centrale europea, in un’analisi pubblicata sul blog della Bce, che rappresenta un attacco frontale alla Repubblica popolare e al suo modello politico.Commercio e libero scambio fanno bene all’economia e al quieto vivere, permettendo rapporti cordiali e prosperità. Questo il credo dietro l’azione dell’Unione europea, a cui ora però, la Bce ‘fa le pulci’. Il risultato è che con il libero scambio senza ‘se’ e senza ‘ma’ è che a rimetterci sono valori, principi e diritti. In sostanza, col troppo libero commercio a rimetterci è la democrazia.La questione di fondo è la seguente: perché il profilo democratico dei partner commerciali europei è diminuito negli ultimi 25 anni? Per la Bce “è possibile che questo sviluppo sia interamente dovuto alla Cina“. Come viene messo in risalto, dopo aver trascorso decenni al di fuori del sistema commerciale internazionale, nel 2001 la Cina è entrata a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. “Dato il punteggio molto basso della Cina” nell’indice commerciale ponderato per la democrazia, “è possibile che il deterioramento osservato nel profilo democratico delle importazioni dell’Ue sia interamente dovuto al commercio dell’UE con questo partner molto influente“, afferma la Bce.I presidenti di Cina e Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin, tra i generali durante la parata miliare a Mosca per le celebrazioni della grande vittoria [foto: imagoeconomica]C’è però un problema di fondo che riguarda un più generale deterioramento globale e scelte proprie dell’Unione europea, quella di non isolare governi autoritari e illiberali. “Commerciare con i dittatori equivale a generare profitti per regimi che spesso hanno un’esplicita agenda espansionistica e militarista“, rileva l’analisi della Bce. Decidere di non chiudere le porte a determinati soggetti produce “l’aumento del rischio geopolitico ha implicazioni per tutti gli aspetti dell’ordine economico globale”. Nella lista degli aspetti figurano la politica monetaria, la stabilità finanziaria e i flussi di capitali internazionali, “soprattutto per un’economia aperta come quella europea”. In definitiva, che si tratti della Turchia dell’anti-democratico Erdogan, dell’Israele guidato da un Benjamin Netanyahu accusato di crimini contro l’umanità e o della Russia di Putin, cambia poco: “Questo può potenzialmente diventare una sfida esistenziale per l’Ue”.La Cina può aver giocato un ruolo, ma per l’Ue la sfida “più ovvia” in materia di contratti e accordi commerciali “riguarda la sua reputazione di unione economica e politica basata sui valori”. In tal senso, rileva ancora la Bce, “il declino della qualità della governance democratica del suo partner commerciale medio dal 1999 può essere percepito come incoerente con gli obiettivi di politica commerciale sostenibile dell’Ue, volti al rispetto dei diritti democratici, umani e sociali”. Considerando che negli ultimi 25 anni l’Unione “ha commerciato sempre più con autocrati e dittatori”, questo aspetto “non può essere rivendicato con successo dall’Ue”.

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    Vertice Ue, la Slovenia pronta alla linea dura su Israele: “Provvedimenti a 27 o saranno presi dai singoli Stati”

    Bruxelles – Di fronte a quello che sta accadendo a Gaza per mano di Israele e del suo governo “se l’Ue non prende provvedimenti tangibili entro i prossimi giorni gli Stati membri dovranno farlo singolarmente per mettere pressione“. Alla fine la Slovenia rompe gli indugi, con il primo ministro Robert Golob che arriva a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo deciso a quel cambio di passo già chiesto dal suo governo e non ancora avvenuto.Il summit dei capi di Stato e di governo, tra le altre cose, si trova a dover affrontare il nodo Israele nell’ambito del più ampio dibattito sul Medio Oriente. Sullo sfondo ci sono le violazioni dei diritti umani compiute dall’attuale amministrazione israeliana, con le condanne del caso che però dividono l’Ue. La frammentazione è tale da portare alla rottura. Il leader sloveno è pronto a chiedere ai colleghi che condividono la sua impostazione ad agire se dalla riunione non dovesse arrivare il via libera a provvedimenti.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Entro i prossimi giorni”, l’aut-aut imposto da Golob per sanzioni contro il governo israeliano, vuole dire che i leader devono dare il via libera di principio per permettere ai ministri degli Esteri di lavorarci. “Purtroppo alcuni Stati, anche importanti, antepongono i propri interessi ai diritti umani“, lamenta e critica il primo ministro sloveno. Un attacco a quei Paesi – Germania, Austria, Italia, Ungheria, Grecia, Romania e Lituania – che si oppongono all’idea di procedere contro lo Stato ebraico.Dall’altra parte, con la Slovenia si uniscono alla linea sanzionatoria Belgio, Irlanda, Francia, Svezia e Spagna. E’ proprio il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, a chiedere “immediatamente” di mandare un segnale chiaro al governo di Israele. “Non ha alcun senso aver imposto 18 pacchetti di sanzioni contro la Russia per la sua aggressione all’Ucraina e poi l’Europa, con un doppio standard, non e’ neppure in grado di sospendere un accordo di associazione quando viene violato in modo palese l’articolo 2 sul rispetto dei diritti umani da parte, in questo caso, di Israele”, tuona il leader spagnolo, giunto a Bruxelles con l’intenzione di chiedere di “sospendere l’accordo di associazione con Israele“.

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    Siria, l’Ue punta alla riattivazione piena della delegazione a Damasco

    Bruxelles – Ue-Siria post-Assad, c’è intenzione europea di nuove, più strette, le relazioni bilaterali. C’è l’intenzione dei Ventisette di dare nuovo impulso alla relazioni diplomatiche, un’intenzione messa nero su bianco nelle conclusioni del consiglio Affari esteri straordinario convocato sulla scia del deterioramento della situazione in Medio Oriente dopo gli attacchi israeliani in Iran. “L’Unione europea garantirà una presenza diplomatica più forte e permanente a Damasco il più presto possibile attraverso la piena riattivazione della delegazione dell’Ue“, recita il testo di fine seduta. Poche righe, ma dal forte significato politico.Mai come in questo momento storico una Siria stabile diventa fondamentale per l’Unione europea, il cui obiettivo è quello di provare a giocare un nuovo ruolo di politica estera e di relazioni internazionali in un quadrante dove interessi e soggetti diversi si incontrano e si scontrano. C’è da una parte la Turchia, preoccupata per le spinte e le rivendicazioni dei curdi, secondo gruppo etnico dopo gli arabi, e presente nella Siria settentrionale. “L’Ue continua a nutrire preoccupazione per il coinvolgimento di gruppi armati sostenuti dalla Turchia nel nord del Paese”, si riconosce.Dall’altra parte ci sono gli interessi di Mosca a Teheran, decise a mantenere un ruolo di contrappesi all’occidente. “L’Ue rimane seriamente preoccupata per le azioni della Russia e dell’Iran, che mirano ancora una volta ad alimentare la violenza e a destabilizzare la Siria”. C’è infine la politica dello Stato ebraico, che in Siria opera per prevenire azioni ostili contro di sé . “Sebbene sia opportuno affrontare le preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza, l’Ue è profondamente preoccupata per gli attacchi delle Forze di difesa israeliane in diverse regioni e per la loro continua presenza e le operazioni militari, in particolare nella Siria meridionale“.Turchia a nord, Israele a sud, Russia e Iran da nord e nord-est, con i miliziani di Al-Qaeda a rendere il Paese ancor più esplosivo. In tal senso, continuano i ventisette ministri degli Esteri dell’Ue, “la lotta contro Daesh e altri gruppi terroristici, che continuano a rappresentare una minaccia per la Siria, la regione, l’Europa e la pace e la sicurezza internazionale, rimane una priorità in un contesto politico e di sicurezza in rapida evoluzione”. Una sottolineatura che conferma la necessità dell’Ue di investire politicamente in Siria, arena da cui manca praticamente solo una presenza europea.

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    Alla fine Kallas critica Netanyahu: “Israele deve difendersi, ma è andato oltre”

    dall’inviato a Strasburgo – “Quando è troppo è troppo. Israele ha il diritto di difendersi, ma quanto vediamo va al di là di questo diritto“. Alla fine Kaja Kallas riconosce pubblicamente le responsabilità dello Stato ebraico nella gestione della risposta agli attacchi di Hamas. L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue critica l’operato del governo di Benjamin Netanyahu nell’Aula di un Parlamento europeo che su questo l’ha incalzata, costringendola di fatto a esprimersi. All’orizzonte, c’è il Consiglio Ue Affari Esteri del prossimo 23 giugno, in cui Kallas svelerà le conclusioni sulla possibile revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele.Il dibattito tematico sulla situazione a Gaza è stato chiesto e ottenuto dal gruppo de laSinistra, che da Kallas ottiene quelle parole dure poco udite finora. Sì, l’Alta rappresentante ribadisce che “Israele ha il diritto di vivere, ma nessuno deve vivere nel terrore”. Una critica ad Hamas, che l’Ue riconosce come organizzazione terroristica, e dunque, sì, parole a sostegno dello Stato ebraico. “Dobbiamo fare pressione su Hamas, e in tal senso il mondo arabo può giocare un ruolo” importante, continua Kallas, attenta a usare toni comunque concilianti nei confronti del partner israeliano, a cui comunque non risparmia critiche e condanne.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Fermare gli aiuti mina decenni di impegni per il diritto umanitario”, scandisce. E’ questa una censura al governo di Netanyahu per il blocco di ciò che serve per la popolazione civile. “C’è un inaccettabile numero di morti”, continua l’Alta rappresentante. Che critica ancora: “Israele ha dichiarato che vuole il completo controllo della Striscia di Gaza, e questo è violazione del diritto internazionale, e va chiamato con il suo nome“. Vanifica anche gli sforzi diplomatici della stessa Ue per una pace duratura in Medio Oriente. “La soluzione a due Stati è l’unica possibile“.C’è poi la questione del fanatismo ebraico, che a detta di Kallas non viene affrontato da chi di dovere, vale a dire il capo di governo israeliano e il collegio dei ministri. “La violenza dei coloni sta aumentando, e questo è inaccettabile”, affonda ancora, e ricorda che “la distruzione delle case sta portando a sfollati” palestinesi. “Israele deve contrastare i suoi stessi estremisti“.Gli affondi di Kallas contro l’attuale leadership israeliana non impediscono all’Alta rappresentante di uscire dall’emiciclo senza critiche. Al contrario, si abbattono su di lei con forza. Inizia Manon Aubry, la co-presidente de laSinistra, che apre il dibattito in quanto rappresentante del gruppo che ha richiesto la discussione. “Genocidio. Genocidio. Lo ripeto perché in questi mesi non avete mai usato questo termine”, l’esordio della francese, che quindi accusa: “Basta con questa complicità, perché lei è complice di tutto questo, con il suo silenzio“. In realtà, precisa immediatamente dopo la stessa Aubry, “l’Ue e i leader europei sono direttamente complici di genocidio”, e responsabili di ipocrisia: “Contro la Russia sono stati adottati 17 pacchetti di sanzioni, contro Israele, che sta compiendo genocidio, neanche un pacchetto. Questo è il doppio standard dell’Ue”.L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas [Strasburgo, 18 giugno 2025]Per i socialisti è l’occasione per tornare a chiedere interventi seri. “Netanyahu deve smetterla con questa carneficina. Dobbiamo imporre sanzioni a tutti i membri del governo”, sostiene Evin Incir. Richieste di sanzioni arrivano, con altri toni, dal collega di partito Nacho Amor Sanchez: “Si possono chiudere gli occhi davanti a tutto quello che sta accadendo? Il doppio standard è il cancro di questa Unione”.Anche i liberali europei non risparmiano critiche, che sono per Kallas e la linea morbida dell’esecutivo comunitario di cui l’Alta rappresentante fa parte. “Ogni giorno che passa l’Ue diventa complice di un genocidio“, lamenta Hilde Vautmans (Re). “Si, Israele può usare la forza per liberare gli ostaggi, ma Netanyahu sta punendo tutti i palestinesi, la fame è usata come strategia. Questa non è difesa. E’ tempo per sanzioni mirate sul governo, su chi impedisce agli aiuti di entrare, sospende l’accordo con Israele”. Si unisce Tieneke Strik (Verdi) a ricordare a Kallas che “Netanyahu commette crimini di guerra, e attacca l’Iran”, ed evidenziando che “questa non è difesa, è prevaricazione del diritto internazionale”. Chiede “azioni concrete”, che vuol dire sanzioni, contro Israele. Persino il Ppe chiede un cambio di passo: “Non possiamo essere l’Europa dei valori solo a parole”, incalza Sean Kelly, anch’egli convinto che “ignorare quanto accade a gaza sarebbe tradire tutto ciò per cui l’Ue è stata creata”.Kallas ascolta tutti gli interventi, e attende il momento della replica. Innanzitutto ricorda all’intera Aula che “non rappresento me stessa, ma 27 Stati membri“. Lo ricorda a quanti invocano misure restrittive. “Sulle sanzioni decidono gli Stati all’unanimità”, ricorda, e nel farlo spiega che prima di promettere qualcosa occorre avere la certezza che esistano le condizioni per potersi esporre. “Perché dovrei spingere per qualcosa che poi non avverrà?”, chiede, a proposito di un’unità che non c’è. “Fate pressione sui vostri governi”, l’invito agli europarlamentari. Quindi prova a difendere sé stessa: “Non sono mai stata in silenzio. Ho lavorato per alleviare le sofferenze di quanti vivono in Palestina”.

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    La guerra Israele-Iran irrompe nel Parlamento europeo, l’Aula modifica l’agenda dei lavori

    dall’inviato a Strasburgo – Fare il punto su una situazione in Medio Oriente che appare completamente fuori controllo. L’attacco di Israele contro l’Iran non ha lasciato il Parlamento europeo indifferente, con i principali gruppi – popolare (Ppe), socialista (S&D) e liberale (Re) – che chiedono e ottengono una modifica all’agenda dei lavori per un dibattito sul tema. Lo scontro Israele-Iran viene calendarizzato per il pomeriggio di martedi 17 giugno, subito il dibattito previsto sulle nuove regole per i rimborsi dei passeggeri in caso di ritardo aereo.La modifica dell’agenda dei lavori non avviene senza tensioni. Dalle fila de la Sinistra si leva la voce critica di Marc Botenga, che chiede di aggiungere al dibattito una risoluzione con tanto di voto. “Quello di Israele è un atto illegale, criminale e pericoloso“, attacca il belga. “Non si può attaccare un altro Paese” militarmente, “questo è contro la legge”, scandisce in Aula. E poi, spiega, l’attacco condotto dal governo di Benjamin Netanyahu “è criminale perché sono morti bambini” a seguito delle operazioni. In terzo luogo, continua Botenga, “è stata attaccata una centrale nucleare” (quella di Natanz, ndr), il che rende il tutto “pericoloso”.L’europarlamentare solleva un tema, quello dei diritto e dei principi, e l’universalità di questi. Offre un parallelismo di attualità, mettendo a confronto il conflitto in corso in Ucraina con le tensioni crescenti e cresciute in Medio Oriente: “Quando la Russia ha attaccato l’Ucraina abbiamo condannato, mentre ora la presidente della Commissione europea non ha condannato“, scandisce Botenga, che accende i riflettori sulla questione dei due pesi e delle due misure.Von der Leyen mette nel mirino l’Iran: “Principale fonte di instabilità regionale”C’è anche la pericolosità del principio di fondo. Nel dire che non si può attaccare militarmente ponendosi al di sopra delle regole, Botenga avverte che se il principio si impone a quel punto chiunque può attaccare chiunque, visto che ognuno, all’occhio dell’altro, può rappresentare una minaccia. “Non possiamo continuare a sostenere azioni illegali che vano contro il diritto internazionale“, insiste Botenga.Sempre dai banchi de laSinistra, la francese Rima Hassan condanna Netanyahu e il suo governo per aver fermato in acque internazionali la nave Freedom Flotilla e fermato gli aiuti umanitari diretti a Gaza. “L’azione era illegale e non c’è stata condanna”, denuncia l’europarlamentare, che punta il dito contro il Parlamento europeo: “Il silenzio del Parlamento europeo va contro la credibilità dell’istituzione“, scandisce, prendendosi gli applausi scroscianti di tutto il suo gruppo. La presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, deve intervenire per ristabilire ordine e silenzio in Aula, dove Hassan rincara la dose, accusando pubblicamente Israele di “genocidio e carestia” nella Striscia.L’intervento di Hassan trova la pronta risposta di Jordan Bardella (Rn/PfE): “Questo intervento dimostra ciò che è: non un’eurodeputata ma un’ambasciatrice di Hamas”, l’attacco dell’euro-scettico. Israele dunque non solo irrompe nell’agenda della sessione plenaria, ma divide l’Aula e avverte l’Alta rappresentate per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, attesa a discutere della questione: il clima, anche a Strasburgo, non è dei più distesi.

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    Von der Leyen mette nel mirino l’Iran: “Principale fonte di instabilità regionale”

    Bruxelles – Non più solo dichiaratamente Cina e Russia. Nella lista dei nemici l’Unione europea inserisce pubblicamente anche l’Iran. E’ la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a inserire la Repubblica islamica nella colonna delle nazioni ostili, continuando quell’esercizio iniziato presentando il libro bianco per la difesa che ha ufficialmente fatto di Pechino e Mosca gli attori da cui guardarsi le spalle. Ora, nella cornice del G7 canadese di Kananaskis, ‘frau’ von der Leyen punta il dito contro gli ayatollah.“L’Iran è la principale fonte di instabilità regionale“, scandisce la presidente della Commissione europea che, di fronte agli attacchi missilistici di Israele contro uno stato sovrano, avvenimento tradizionalmente riconosciuto come atto di guerra, si adegua alla linea di Netanyahu e afferma che “Israele ha il diritto di difendersi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al G7 di Kananaskis [16 giugno 2025]Sui valori l’Ue sembra perdersi, ma a l’Unione europea continua ad aver bisogno degli Stati Uniti, e si cerca di tenerli vicini anche attraverso pericolose alleanze in chiave anti-qualcuno. Certo, von der Leyen insiste sulla necessità di pace, e in tal senso ribadisce “l’impegno a trovare una soluzione duratura attraverso un accordo negoziato” con l’Iran, perché “una soluzione diplomatica resta la soluzione migliore a lungo termine per affrontare le preoccupazioni relative al programma nucleare iraniano“. Non dice, o non ricorda von der Leyen, che questi stessi sforzi vennero vanificati dalla rinuncia dal presidente degli Stati Uniti nel 2018, da quello stesso Donald Trump – allora al primo mandato – che lasciò all’Europa il delicato compito di salvare un accordo rimesso in discussione, allontanando Teheran dall’occidente e mostrando l’inquilino della Casa Bianca per ciò che era e ciò che continua a essere, un interlocutore a cui piace riscrivere da solo le regole del gioco e per questo un qualcuno di cui l’Europa non si può fidare.L’Ue arriva al G7 consapevole che guerra in Ucraina e tensioni in Medio oriente non sono fenomeni isolati né casuali quanto correlati. Preoccupa il sostegno di Teheran a Mosca, con droni e soprattutto missili. Un alto funzionario europeo riconosce che quando si parla di Iran “non siamo solo preoccupati per programma nucleare, ma anche per la proliferazione di missili balistici, che possono rappresentare un problema per la nostra sicurezza“. Lo ribadisce anche von der Leyen dal Canada: “Abbiamo espresso la nostra profonda preoccupazione per i programmi nucleari e missilistici balistici dell’Iran”. Oggi, denuncia ancora la tedesca, “lo stesso tipo di droni e missili balistici progettati e realizzati dall’Iran stanno colpendo indiscriminatamente città in Ucraina e Israele“. Ecco perché l’Iran non è un Paese amico.Cina e Russia, accuse e sanzioniVon der Leyen lo dice ai partner del G7, a cominciare dagli Stati Uniti di cui c’è un disperato bisogno. Trump saprà ascoltare? Lei ci prova, strizzando l’occhiolino e provando a compattare il gruppo contro gli ‘altri’: “Tutti i paesi del G7 si trovano ad affrontare pratiche commerciali aggressive da parte di economie non di mercato“. Velate accusa alla Cina, tralasciando i dazi degli Stati Uniti.A Trump e partner del G7 von der Leyen chiede poi unità nella risposta contro Mosca e il suo ‘zar’ Vladimir Putin: “Dobbiamo esercitare maggiore pressione sulla Russia affinché garantisca un vero cessate il fuoco, la riporti al tavolo dei negoziati e ponga fine a questa guerra”. In tale ottica “le sanzioni sono fondamentali”. La presidente dell’esecutivo comunitario assicura che “stanno funzionando”, e a riprova di ciò ricorda che “i ricavi russi dal petrolio e dal gas sono diminuiti di quasi l’80 per cento dall’inizio della guerra”. L’Ue lavora a un 18esimo pacchetto di sanzioni. “Inviterò tutti i partner del G7 a unirsi a noi in questa impresa”, conclude von der Leyen.

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    Ue e Regno Unito trovano l’intesa post-Brexit su Gibilterra

    Bruxelles – Niente più controlli di terra, cooperazione tra forze di polizia, regole sui visti per chi non è residente in rispetto dell’area Schengen e delle regole di libera circolazione: Spagna e Regno Unito trovano l’intesa su Gibilterra, eliminando così gli ultimi aspetti della Brexit rimasti in sospeso. L’intesa è stata raggiunta in occasione dell’incontro tra le parti a Bruxelles (il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares e il ministro degli Esteri britannico David Lammy, insieme al primo ministro di Gibilterra Fabian Picardo, con la mediazione del commissario per il Commercio, Maroš Šefčovič).Niente più controlli alle frontiere di terraUno dei punti principali dell’accordo politico riguarda la libera circolazione delle persone e delle merci. C’è l’impegno di garantirlo per la frontiera terrestre, per tutti i flussi in entrata e uscita tra Spagna e Gibilterra. Si stima che ogni giorno circa 15mila persona attraversino la frontiera terrestre ispano-britannica di Gibilterra, tra cui migliaia di transfrontalieri, lavoratori che vivono in Spagna ma che svolgono la professione oltre confine.“Con questo accordo, la barriera scomparirà”, enfatizza il ministro spagnolo Albares. “È l’ultimo muro sull’Europa continentale” che viene rimosso, aggiunge. I controlli si applicheranno al porto e in aeroporto, e saranno doppi: per l’Ue saranno effettuati dalla Spagna, mentre per il Regno Unito, le verifiche saranno condotte dalle autorità di Gibilterra come avviene attualmente. Gibraltar’s economy and way of life was under threat.We have secured a practical solution which safeguards sovereignty, jobs and growth.Working in lockstep with @FabianPicardo we have ensured Gibraltar’s interests – as part of the UK family – are at the heart of this… https://t.co/efngUyhQ2X— David Lammy (@DavidLammy) June 11, 2025Regno Unito, un piede in Schengen e uno nell’unione doganaleL’intesa politica non incide in alcun modo sulla sovranità britannica sulla rocca, punto centrale che per Londra rappresenta un elemento indispensabile per il futuro. Gibilterra è e resta del Regno Unito, ma per i cittadini di Sua Maestà non residenti a Gibilterra che vi arrivano saranno applicate le norme di Schengen: ciò significa che potrebbero essere respinti dagli agenti di polizia di frontiera spagnola, con sede presso il porto e l’aeroporto di Gibilterra, se hanno già trascorso 90 giorni nell’area Schengen su un periodo di 180 giorni. Un elemento, questo, che potrebbe non essere gradito ai conservatori britannici. La presenza e l’autorità della corona spagnola nel porto e nell’aeroporto gibilterriani, britannici, possono essere considerati come una riduzione della sovranità britannica.José Manuel Albares Bueno e Maroš Šefcovic, 11/06/25Inoltre, per quanto riguarda le merci, sul possedimento britannico sulle ‘colonne d’Ercole’ c’è l’intesa per una tassazione indiretta da applicare a Gibilterra, anche sul tabacco, che eviterà distorsioni e contribuirà alla prosperità dell’intera regione. E’ questo un ingresso del territorio britannico nell’unione doganale. Il ministro degli Esteri britannico, Lammy, parla di vittoria: “Abbiamo ottenuto una soluzione pratica che salvaguarda la sovranità, l’occupazione e la crescita”.Per Sefcovic l’intesa scrive “un nuovo capitolo nelle relazioni tra Ue e Regno Unito”. Ora servirà tempo per tradurre tutto questo nei testi giuridici, ma per il commissario europeo quanto deciso “è una pietra miliare davvero storica per l’Unione Europea, inclusa la Spagna, così come per il Regno Unito”.