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    All’Eurocamera l’accordo con la Tunisia non piace (quasi) a nessuno. Nel mirino aumento degli sbarchi e violazioni dei diritti umani

    Bruxelles – Pioggia di critiche per il controverso memorandum d’intesa Ue-Tunisia fortemente voluto e firmato lo scorso 16 luglio dalla Commissione europea e dall’autoritario presidente Kais Saied. Non solo da sinistra, come era lecito aspettarsi. Anche una parte dell’universo conservatore del Parlamento europeo ha sollevato i propri dubbi su un accordo poco trasparente, che nel breve periodo non ha portato alcun risultato e che rischia di rendere l’Ue ostaggio delle politiche aggressive dell’uomo forte di Tunisi.
    A un giorno dall’atteso discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen, la scelta della presidente della Commissione europea di rafforzare la cooperazione con un Paese sempre più lontano dagli standard di democrazia e rispetto dei diritti umani tanto cari all’Ue non è andata giù all’emiciclo di Strasburgo. A metterci la faccia il commissario Ue per l’allargamento, Olivér Várhelyi, che ha cercato di convincere gli eurodeputati delle ragioni che hanno reso necessario un accordo che prevede l’esborso immediato di 150 milioni di euro a supporto del budget del Paese nordafricano e 105 milioni per la gestione delle frontiere. E altri 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria vincolati all’accordo tra Saied e il Fondo Monetario Internazionale per un maxi-prestito da 1,9 miliardi di dollari.
    Il commissario Ue per l’Allargamento, Oliver Varhelyi
    Varhelyi ha definito il memorandum “un investimento nella nostra prosperità, stabilità e nelle future generazioni” e ha garantito che ora il focus è sulla sua rapida implementazione, che starebbe procedendo con “regolari meeting tecnici e politici” con le controparti tunisine. Obiettivo “fondamentale” è trovare una soluzione ai flussi migratori in un modo “comprensivo e sostenibile”: per il commissario i trend attuali – con un aumento degli sbarchi del 69 per cento dal Mediterraneo centrale da quando è stato firmato il memorandum-, non smentiscono l’accordo ma anzi ne “evidenziano l’urgenza”. Essenziale prevenire partenze irregolari “che troppo spesso finiscono in tragedia”, attraverso “un rafforzamento della capacità di gestione dei confini” e “del sistema di sorveglianza marittima” delle autorità tunisine. Sulla base della partnership operativa anti-trafficanti siglata ad aprile dalla commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva Johansson, il memorandum prevede un’intensificazione degli sforzi per rompere il business delle reti di criminali che si arricchiscono sui viaggi spesso fatali dei migranti. Secondo Varhelyi la guardia costiera tunisina ha già disposto circa 24 mila fermi quest’anno, contro i 9 mila del 2022. E ha salvato già quasi 50 mila persone migranti.
    L’accusa più forte mossa all’esecutivo Ue è aver chiuso un occhio sulle sempre più sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate in Tunisia ai danni dei migranti subsahariani. Violazioni documentate: secondo Human Rights Watch sarebbero circa 1200 i migranti respinti e abbandonati dalle autorità tunisine verso il deserto, al confine con la Libia, soltanto nel periodo tra la fine di giugno e la fine di luglio. Il commissario Ue ha assicurato che, in cooperazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), l’Unhcr e altri partner locali, l’Ue starebbe “rafforzando il proprio impegno sulla protezione dei migranti in condizioni di vulnerabilità”, fornendo “sollievo immediato con acqua, primo soccorso e rifugi d’emergenza”. Ma Varhelyi ha rimandato al Consiglio d’Associazione Ue-Tunisia, che nelle intenzioni dell’esecutivo comunitario dovrebbe svolgersi prima della fine dell’anno, tutti i discorsi sulla situazione dei diritti umani e sui principi fondamentali.
    Migranti subsahariani abbandonati nel deserto al confine con la Libia, 16 luglio 2023 (Photo by Mahmud Turkia / AFP)
    Socialisti e democratici, Sinistra europea e Verdi non hanno fatto sconti. Per la leader S&d, Iratxe Garcia Perez, è “inaccettabile che il denaro dei contribuenti europei sia utilizzato da un governo che attacca i principi fondamentali dei diritti umani”, per il capodelegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, il memorandum non è altro che “l’ennesimo tentativo inutile di esternalizzare il controllo delle frontiere europee con grandi rischi per i diritti umani”. Perché se errare è umano, perseverare è diabolico: “L’esperienza libica dovrebbe averci insegnato come accordi di questo tipo siano drammaticamente fallimentari”, ha ricordato in aula Benifei. Anche la pentastellata Laura Ferrara ha avvertito che il rischio è di “alimentare la dipendenza da un Paese terzo con tutele dei diritti umani del tutto inadeguate”, un Paese che “è evidente che non possa essere considerato sicuro”. Ancora più duro Pietro Bartolo (Pd), ex medico a Lampedusa, per cui l’Ue è “complice della caccia ai negri aperta da Saied”.
    Se da sinistra si è levata a gran voce la richiesta di tornare sui propri passi e cancellare l’accordo, anche il Partito Popolare europeo ne ha riconosciuto i limiti. Per Manfred Weber “è necessario, ma non perfetto”, mentre l’eurodeputato di Forza Italia Salvatore De Meo ha parlato di “bicchiere mezzo pieno”. Il leader del Ppe, volato a Tunisi di recente per una serie di incontri, ha dichiarato che il primo ministro tunisino avrebbe spiegato che “l’aumento di arrivi di migranti dalla Tunisia sono motivati dal panico creato dal memorandum d’intesa” e che a Tunisi “si aspettavano di vedere un aumento prima che i numeri possano iniziare a diminuire”. Anche più a destra, nei gruppi dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e Identità e Democrazia (Id) qualcuno ha storto il naso: Assita Kanko (Ecr) ha dichiarato che “l’Europa sta ballando con il diavolo”, mentre la leghista Annalisa Tardino ha denunciato le “tante passerelle e i zero risultati” dell’intesa.
    Un fuoco incrociato che mette in difficoltà von der Leyen, che ha definito il memorandum “una pietra miliare” dei rapporti con i Paesi del vicinato nordafricano. Forse con troppa fretta, o con la bramosia di incassare un successo in più a un anno dalle elezioni europee. Perché basta dare una sfogliata al trattato sull’Ue per riscoprire che, all’articolo 21, “i diritti umani sono il metro di misura della nostra politica estera”.

    Da S&d, Sinistra europea e Verdi la richiesta di ritirare il Memorandum d’intesa, qualche critica anche da Ecr e Id. Per il leader del Ppe, Manfred Weber, l’accordo con la Tunisia “è necessario, non perfetto”

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    Fondi alla Tunisia per rimpatri e frontiere dure. Ma l’Ue non ha nulla da dire sulla teoria della “sostituzione etnica” di Saïed

    Bruxelles – Un partenariato che dovrebbe spianare la strada per altri accordi con la regione nord-africana in materia di migrazione, ma che a nemmeno 24 ore dalla firma del memorandum d’intesa già pone grosse perplessità sul rispetto dei valori fondanti dell’Unione Europea. La Tunisia riceverà da Bruxelles 105 milioni di euro per rimpatri e rafforzamento delle proprie frontiere esterne, ma quello che fa davvero rumore è che nessuno dei tre leader Ue recatisi ieri (16 luglio) a Tunisi – la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, la prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e l’omologo olandese, Mark Rutte – abbia avuto qualcosa da dire sulle parole razziste e complottiste del presidente tunisino, Kaïs Saïed, a proposito delle persone migranti di Paesi terzi africani sul proprio territorio nazionale e sulle accuse contro le Ong europee di “diffondere fake news” su di lui e sulle violenze nel Paese.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kaïs Saïed, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (16 luglio 2023)
    “La Tunisia ribadisce la sua posizione di non essere un Paese di insediamento per i migranti irregolari, ribadisce inoltre la sua posizione di presidiare solo le proprie frontiere”, si legge nel memorandum d’intesa Ue-Tunisia. “Questo approccio si baserà sul rispetto dei diritti umani e comprenderà la lotta contro le reti criminali di trafficanti di migranti e di esseri umani”, ma soprattutto “lo sviluppo di un sistema di identificazione e di rimpatrio dei migranti irregolari già presenti in Tunisia verso i loro Paesi di origine“. È proprio questo il tema su cui si gioca tutta la credibilità dell’Unione, considerato il fatto che negli ultimi mesi il leader tunisino ha aumentato i suoi attacchi contro le persone migranti in arrivo sul territorio nazionale dall’Africa sub-sahariana, mettendo in campo una retorica complottista di estrema destra basata sulla teoria della ‘sostituzione etnica’. Già in occasione di un consiglio di sicurezza nazionale a febbraio aveva parlato di “orde di immigrati clandestini” la cui presenza in Tunisia sarebbe dettata dalla “volontà di renderci solo un altro Paese africano e non un membro del mondo arabo e islamico”.
    Prima, durante e dopo i due incontri in poco più di un mese che gli stessi tre leader europei hanno avuto a Tunisi con Saïed non è mai arrivata alcuna reazione da Bruxelles a parole che sono chiaramente contrarie ai valori promossi dall’Unione Europea di non-discriminazione e anti-razzismo, ma che soprattutto hanno creato in Tunisia un clima favorevole per gli attacchi fisici su queste persone, soprattutto nella città costiera di Sfax. E nel corso della conferenza stampa svoltasi al termine della cerimonia di firma del memorandum d’intesa sono rimaste senza risposta le accuse rivolte dallo stesso leader tunisino alle Ong che operano nel Mar Mediterraneo di veicolare un’immagine negativa del Paese e della sua leadership, sempre come parte di un grande progetto complottista: “I tunisini hanno provveduto con rifugi e tutto quello che potevano aspettarsi queste persone migranti, con grande ospitalità e generosità illimitata”, ha attaccato Saïed, puntando il dito sul “ruolo giocato da molte organizzazioni umanitarie con le loro dichiarazioni e con fake news e notizie distorte per gettare discredito sui tunisini e sul Paese in generale“. Nessuna presa di distanza, nessuna precisazione, nessuna parola di sostegno ai professionisti europei che lavorano per la difesa dei diritti umani da parte di von der Leyen, Meloni o Rutte, in particolare rivelando deportazioni dalle coste tunisine al deserto al confine con la Libia.
    (credits: Fethi Belaid / Afp)
    Al contrario l’Unione è pronta a mettere sul piatto un pacchetto da 105 milioni di euro, da dividere tra circa 60 milioni per il rafforzamento delle frontiere esterne e altri 15 milioni per i rimpatri, fanno sapere fonti Ue (non si sa nel dettaglio cosa prevedano i restanti 30 milioni). Sono confuse le informazioni che arrivano sia sul piano delle modalità di esborso dei fondi – se attraverso emendamenti ai fondi Ue con la proposta di revisione del bilancio pluriennale presentato poche settimane fa, o attraverso programmi di lavoro ad hoc – ma soprattutto sulla suddivisione dei finanziamenti sul rimpatrio. Il testo ufficiale non chiarisce nulla di tutto questo, ma fonti riferiscono che i 15 milioni di euro saranno destinati per rimpatriare nei propri Paesi di origine (prevalentemente sub-sahariani) circa seimila persone che attualmente risiedono in modo irregolare in Tunisia. Si tratta di una chiara concessione al presidente Saïed, a cui si aggiunge un ulteriore punto segnato dall’uomo forte di Tunisi nell’aver messo nero su bianco che i rimpatri dai Paesi membri Ue alla Tunisia potranno riguardare solo cittadini di nazionalità tunisina. “Non accetteremo mai di essere i guardiani dei confini di nessun Paese, né accetteremo l’insediamento di migranti sul nostro territorio”, era il punto di partenza di Saïed. Ed è stato anche quello di arrivo, a dispetto di quanto Paesi come l’Italia vorrebbero fare attraverso il concetto di ‘Paese terzo sicuro’ nel futuro Patto migrazione e asilo.
    Cosa prevede il memorandum Ue-Tunisia sulla migrazione
    “Le due parti convengono di continuare a collaborare per affrontare le sfide poste dall’aumento della migrazione irregolare in Tunisia e nell’Ue, riconoscendo gli sforzi compiuti e i risultati ottenuti dalle autorità tunisine”, è quanto hanno concordato i quattro leader a Tunisi, con un rapido riferimento al “coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare” e l’attuazione di “misure efficaci per combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani”. Da una parte l’Unione Europea fornirà un “adeguato sostegno finanziario supplementare” per appalti, formazione e supporto tecnico “necessari per migliorare ulteriormente la gestione delle frontiere tunisine”. E poi c’è, appunto, la questione dei rimpatri. Bruxelles sosterrà Tunisi nell’attuazione del memorandum “in contesti bilaterali con gli Stati membri” dell’Ue, ma soprattutto offrirà sostegno sia per il rimpatrio dalla Tunisia verso i Paesi d’origine delle persone che attualmente risiedono nel Paese in modo irregolare “in conformità con il diritto internazionale e nel rispetto della loro dignità”, sia dall’Ue verso dalla Tunisia solo “dei cittadini tunisini in situazione irregolare”, con tutto ciò che riguarda i cittadini di Paesi terzi emendato dal testo.
    Nel capitolo del memorandum sulla gestione della migrazione trova spazio anche la “promozione di canali legali, comprese le opportunità di lavoro stagionale” e le opportunità di “mobilità internazionale a tutti i livelli di qualificazione”. L’impegno dell’Unione è quello di mettere in campo “misure appropriate per facilitare la mobilità legale tra le due parti, anche agevolando la concessione dei visti riducendo i ritardi, i costi e le procedure amministrative“, mentre il lavoro congiunto dovrebbe concentrarsi sull’attuazione di un “Partenariato dei talenti nell’interesse di entrambe le parti, in base alle esigenze reciproche della Tunisia e degli Stati membri dell’Ue, e a beneficio dei settori di attività e dei mestieri identificati congiuntamente”.

    Nel memorandum d’intesa firmato a Tunisi sono previsti 105 milioni di euro per la gestione della migrazione, anche se non è chiaro come saranno sborsati. Oltre alle dichiarazioni di circostanza, fa rumore l’assenza di reazioni al complottismo e le accuse alle Ong del presidente tunisino

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    Fumata bianca a Tunisi. Intesa tra l’Ue e il presidente Saïed su migranti, assistenza macro-finanziaria ed energia

    Bruxelles – La firma tanto attesa con la Tunisia è arrivata. La partnership “modello” per i rapporti con i vicini del Nord Africa è stata messa nero su bianco ieri sera (16 luglio) a Tunisi, dal trio Ue formato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dalla prima ministra italiana, Giorgia Meloni, dall’omologo olandese, Mark Rutte, e dal presidente tunisino, Kaïs Saïed. Cinque pilastri, dallo sviluppo economico alla cooperazione energetica, fino alla migrazione. L’asse principale rimane l’assistenza macro-finanziaria a un Paese a rischio default, ma l’accordo politicamente più significativo riguarda la mobilitazione immediata di fondi europei per rafforzare la lotta alla migrazione irregolare e aumentare i rimpatri.
    A distanza di oltre un mese dalla dichiarazione di intenti firmata lo scorso 11 giugno, il memorandum d’intesa siglato al Palazzo di Cartagine è l’ultimo step prima di rendere effettivamente operativo il pacchetto di partenariato globale tra Bruxelles e Tunisi. Le trattative, proseguite non senza difficoltà a causa dell’oltranzismo di Saied, che ha cercato il più possibile di giocare al rialzo facendo leva sulla minaccia di un ulteriore aumento di sbarchi ai confini europei, alla fine non hanno ridimensionato i termini dell’accordo. Tranne che su un punto: come gridato a più riprese dal leader tunisino, nel documento si afferma che “la Tunisia ha ribadito di non essere un Paese d’installazione di migranti irregolari”, e che “vigilerà solo sulle proprie frontiere”.
    Un miliardo di assistenza macro-finanziaria, ma Saied deve chiudere con l’Fmi
    Quattro dei cinque pilastri del pacchetto sono rimasti pressoché invariati. Quello sull’assistenza macro-finanziaria prevede l’erogazione urgente di 150 milioni di euro per rimpinguare le casse tunisine e 900 milioni che restano vincolati allo sblocco del maxi-prestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saïed dallo scorso ottobre. Per ricevere il finanziamento e scongiurare il rischio bancarotta del Paese, in cui da mesi l’inflazione viaggia sul 10 per cento e il tasso di disoccupazione supera il 17 per cento, il presidente dovrebbe avviare una serie di riforme impopolari, come richiesto dall’Fmi. Ma fino ad ora non ne vuole sapere.
    Le due parti si impegnano inoltre ad approfondire le relazioni economiche e commerciali, con una particolare enfasi sulla doppia transizione verde e digitale. L’Ue conta su Tunisi per ampliare il proprio portafoglio energetico e mira a “rafforzare le infrastrutture” tunisine per “rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e fornire ai cittadini e alle imprese energia a basse emissioni di carbonio a prezzi competitivi”. In vista c’è la sovvenzione da 307,6 milioni di euro per la realizzazione di una prima interconnessione tra Italia e Tunisia con un cavo elettrico sottomarino ad alta tensione. Si chiama interconnettore Elmed, assegnato nell’ambito dell’Interconnection in Europe Facility per collegare i due lati del Mediterraneo e “rafforzare la rispettiva sicurezza energetica”.
    Accordo confermato anche sulla cosiddetta partnership per i Talenti, con l’obiettivo di promuovere percorsi regolari per la migrazione e stimolare una maggiore mobilità a “tutti i livelli di competenza”. Opportunità di lavoro stagionale in Europa e formazione tecnica e professionale per rafforzare le competenze della forza lavoro tunisina al fine di “sostenere lo sviluppo economico della Tunisia a livello nazionale, regionale e locale”.
    Fondi Ue per rimpatri dalla Tunisia ai Paesi d’origine
    Il piano iniziale di Bruxelles per fare di Tunisi una sorta di piattaforma dove rispedire migranti irregolari da Paesi terzi – con l’idea di sottoporli alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano e di riprendere solamente coloro a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo – è saltato. La Tunisia riaccoglierà soltanto i propri cittadini e l’Europa pagherà i rimpatri di migranti sub-sahariani dal territorio tunisino, per alleggerire la pressione sul Paese che promette di stringere le maglie sulle partenze. Dei 105 milioni di euro che l’Ue mobiliterà per la migrazione, 60 saranno destinati a rafforzare le capacità delle autorità tunisine nel controllare i confini e intercettare i migranti, mentre secondo fonti europee 15 milioni copriranno i rimpatri di seimila migranti sub-sahariani dal territorio tunisino. 2,500 euro a persona. Al momento la Commissione europea non ha reso noto nel dettaglio come saranno ripartiti i restanti 30 milioni dedicati alla migrazione.
    Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, firma il memorandum d’intesa con la Tunisia (16 luglio 2023)
    Il memorandum sbriga in una riga le preoccupazioni sollevate da diversi media e organizzazioni internazionali sul trattamento riservato alle persone migranti in Tunisia. “Il nostro approccio sarà basato sul rispetto dei diritti umani“, aggiungendo che i rimpatri saranno attuati nel “rispetto del diritto internazionale e della dignità dei migranti”. A onor del vero, ancora meno hanno detto von der Leyen, Meloni e Rutte durante la pseudo conferenza stampa con Saïed, in un Palazzo di Cartagine chiuso ai media. Nessun accenno alla questione, nonostante ancora una volta Saïed abbia parlato di “trasferimento [di persone migranti, ndr] organizzato da alcune reti criminali”, rispolverando la teoria complottista della grande sostituzione che negli ultimi tempi in Tunisia ha fomentato episodi di violenza contro migranti sub-sahariani. E nonostante le ricostruzioni di diversi media e Ong, che hanno rivelato le deportazioni di migranti dalle coste tunisine al deserto al confine con la Libia, dove sono stati lasciati senza acqua e cibo.

    Von der Leyen, Meloni e Rutte finalizzano il memorandum d’intesa. Pronti 150 milioni di supporto alle casse nazionali e 105 per la migrazione, di cui 60 milioni per il controllo delle frontiere e 15 destinati al rimpatrio dalla Tunisia di circa seimila persone verso i Paesi dell’Africa sub-sahariana

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    È stallo sul memorandum d’intesa con la Tunisia. Nuova missione di von der Leyen, Meloni e Rutte

    Bruxelles – Che le parti non fossero così vicine si era percepito dal silenzio delle ultime due settimane, dopo che all’ultimo Consiglio Europeo del 29-30 giugno i leader Ue avevano dato ormai per chiuso l’accordo con la Tunisia. Ma ora arriva la conferma. C’è bisogno di una nuova missione di Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte per “portare il lavoro a un passo successivo”.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kais Saied, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (11 giugno 2023)
    La presidente della Commissione Europea, accompagnata dai primi ministri di Italia e Olanda, incontrerà il presidente tunisino, Kais Saied, domenica pomeriggio (14 luglio), in un secondo round dopo la prima visita congiunta dello scorso 11 giugno. Un mese fa i tre avevano concordato con le autorità tunisine di portare avanti il lavoro su un pacchetto di partenariato globale fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. L’obiettivo di Bruxelles era firmare il memorandum d’intesa sulla partnership prima del vertice dei 27 leader europei di fine giugno. Alla vigilia del Consiglio Ue il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, era pronto a volare a Tunisi per finalizzarlo ma – non senza imbarazzo – ha dovuto annullare la trasferta a causa delle celebrazioni della festa islamica del sacrificio. Il motivo sembra però essere piuttosto l’assenza di un accordo definitivo: “Le discussioni sono ancora in corso“, ha ammesso oggi (14 luglio) la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant.
    In base ai termini attuali dell’accordo, l’Ue sarebbe pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni di euro di supporto al budget di Tunisi e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria, vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saied dallo scorso ottobre. In cambio dell’impegno del presidente tunisino a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire le persone migranti che arrivano in modo irregolare, che verrebbero sottoposte alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. Le persone migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
    L’accordo con Saied e le violazioni dei diritti umani in Tunisia
    Ma una fetta importante della popolazione locale non vuole le persone migranti subsahariane. E il populista Saied lo sa, tant’è che da mesi soffia sul fuoco del malcontento nazionale con pericolose dichiarazioni pubbliche. A febbraio aveva evocato la teoria complottista della sostituzione etnica, per poi ribadire a più riprese che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà l’insediamento di migranti sul proprio territorio”. Da settimane si succedono episodi di violenza nei confronti di persone migranti, soprattutto nella zona di Sfax, città da cui partono la maggior parte delle imbarcazioni dirette verso l’Italia. E le autorità tunisine, per abbassare la tensione, stanno deportando centinaia di migranti verso la zona desertica al confine con la Libia, lasciandoli alla mercé di gruppi armati e trafficanti.
    La prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e il presidente della Tunisia, Kais Saied, a Tunisi (11 giugno 2023)
    C’è da chiedersi se l’Unione Europea chiuderà un occhio sul rispetto dei diritti umani, mettendoli sull’altare della riduzione della pressione migratoria ai propri confini. Bruxelles è già stata avvisata dall’inviato speciale per il Mediterraneo Centrale e Occidentale dell’Unhcr, Vincent Cochetel, sul fatto che qualsiasi accordo sulla migrazione con Saied “deve essere fermato senza un effettivo rispetto dei diritti di migranti e richiedenti asilo”. Dalla Commissione Ue assicurano che “il partenariato con la Tunisia è basato ovviamente sul rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità dei migranti” e che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è pronto a sollevare il tema in occasione del prossimo Consiglio d’Associazione Ue-Tunisia. Che potrebbe tenersi entro la fine dell’anno, ma ancora non c’è alcuna data.

    L’obiettivo iniziale era di finalizzare l’accordo prima del Consiglio Europeo di fine giugno, ma la data continua a slittare. Nel Paese nord-africano aumentano le tensioni tra popolazione locale e persone migranti subsahariane: per l’Unhcr l’Ue non può ignorare il rispetto dei diritti umani

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    L’Ue sceglie il “modello Tunisia” per i rapporti con il Nord Africa

    Bruxelles – Dopo la (prevedibile) pugnalata degli alleati sovranisti polacchi e ungheresi, che hanno “preso in ostaggio” i 27 opponendosi a oltranza al capitolo sulle migrazioni delle conclusioni del Consiglio europeo, una consolazione per Giorgia Meloni si chiama Tunisia. I capi di Stato e di governo danno infatti la loro benedizione al pacchetto di partenariato globale con Tunisi , “modello per futuri accordi con i Paesi della regione”.
    Il paragrafo dedicato alle relazioni con il vicinato meridionale, non a caso inserito nel capitolo relativo alle ‘Relazioni esterne’ e non in quello ‘Migrazioni’, secondo la premier “racconta di quell’idea di partenariato strategico per i paesi del Nord Africa che per noi è un cambio di passo molto importante sul ruolo dell’Europa nel Mediterraneo di cui l’Italia è stata portatrice in questi mesi“. Messa la polvere sotto il tappeto, cioè l’inpossibilità di mediare con gli amici di della destra europea sui progressi fatti sul Patto sulla migrazione e l’asilo, Meloni rivendica l’affermazione di quell’approccio “tutto italiano” ai rapporti con i vicini del Mediterraneo.
    Il modello Tunisia per i partenariati strategici
    Giorgia Meloni e il presidente tunisino Kais Saied (Ph: Twitter]
    Durante la discussione strategica sul vicinato meridionale, si legge nel documento finale del vertice, è stata sottolineata “l’importanza dello sviluppo e rafforzamento di partenariati strategici tra l’Ue e i partner nella regione”. L’accordo con Tunisi – che ancora non è stato concluso ma su cui Meloni ha assicurato che c’è “disponibilità da entrambi i lati”- è fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. In particolare prevederebbe la mobilitazione immediata di 150 milioni di euro di supporto al budget e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi del Fondo Monetario Internazionale. In cambio sostanzialmente dell’impegno del presidente Kais Saied a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
    Per replicare in altri Paesi accordi con queste cifre, c’è bisogno di maggiori risorse da parte di tutti gli Stati membri. Anche qui, ne è convinta la premier, se si tratterà di fondi destinati alla sola dimensione esterna il consenso a 27 è facilmente raggiungibile. Per questo i 15 miliardi in più per la migrazione proposti da von der Leyen nella revisione del Bilancio pluriennale dell’Unione sono “un buon punto di partenza”, ma sono risorse “che devono essere spese a livello di cooperazione”, per aiutare il continente africano “ad avere un alternativa rispetto a una migrazione di necessità”.
    L’approccio di Meloni è stato sintetizzato in modo telegrafico dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che al suo arrivo al vertice ha dichiarato: “Una crisi oggi significa più migranti domani“. Il laboratorio Tunisia potrà dare una prima risposta. Sempre che i Paesi del Nord Africa accettino, fino a quando l’Ue non riuscirà a prevenire “conflitti e mancanza di prospettive economiche” nel continente, di chiudere le porte di un’Europa che non vuole più migranti sul proprio territorio. Su questo, ha ragione Meloni, sembrano essere tutti d’accordo.

    Al vertice Ungheria e Polonia si mettono di traverso sulle conclusioni sulle migrazioni, che vengono sostituite da una dichiarazione di Charles Michel sulla dimensione esterna. Ma Meloni può incassare il consenso a 27 per l’approccio “tutto italiano” ai rapporti con il vicinato meridionale

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    L’accordo con la Tunisia sulla gestione dei migranti è a un passo. Tajani: “Martedì 27 la firma”

    Bruxelles – La firma del memorandum d’intesa tra l’Ue e Tunisi potrebbe arrivare già domani. L’accordo sarebbe stato trovato oggi (26 giugno) al Consiglio Affari Esteri a Lussemburgo, con il testo inviato dalle autorità tunisine e approvato dal commissario Ue per l’allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi. A riverlarlo, un soddisfattissimo Antonio Tajani: “Domani Várhelyi sarà a Tunisi per la firma”, ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri a margine del vertice.
    L’azzurro rivendica i propri meriti – “ho parlato questa mattina con il ministro degli Esteri tunisino e poco dopo è arrivato il testo dell’accordo”- e quelli del governo Meloni, che per primo ha posto con urgenza la questione della stabilità politica tunisina in chiave sicuritaria e di gestione dei flussi migratori, e che sta interpretando il ruolo di mediatore tra Bruxelles e l’autoritario presidente Kais Saied. Le premier italiana aveva tra l’altro manifestato il desiderio di vedere firmato il memorandum d’intesa prima del Consiglio europeo del 29-30 giugno dal momento che, come sottolineato dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, il pacchetto di partenariato globale dovrà in ogni caso essere approvato dagli Stati membri.
    Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied, Giorgia Meloni
    La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una lettera indirizzata ai 27 capi di stato e di governo in vista del vertice, ha confermato che il commissario Várhelyi “finalizzerà a breve un memorandum d’intesa con la Tunisia“, che dovrà fare da “modello” per “partenariati simili in futuro”. La partnership disegnata durante la missione a Tunisi di von der Leyen, Meloni e il suo omologo olandese, Mark Rutte, prevede una maggiore cooperazione su sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. Dei cinque pilastri dell’accordo, sembra giocarsi tutto sull’equazione tra sviluppo economico – in sostanza assistenza finanziaria a Tunisi – e gestione dei flussi migratori. C’è anche un terzo termine, con tutti dubbi e le perplessità del caso. Borrell ha ricordato a margine del Consiglio Affari Esteri che “il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e trattamento dignitoso di tutti i migranti”.
    L’Ue è infatti pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. I restanti 900 milioni di assistenza microfinanziaria rimarrebbero invece vincolati alla firma dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), congelato ormai da mesi a causa del rifiuto di Saied di avviare una serie di riforme impopolari previste per sbloccare il finanziamento. In cambio, Bruxelles chiede in sostanza a Saied di continuare a fermare le partenze dei barconi e di trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia. Borrell ha aggiunto un termine importante all’equazione: “Il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e il trattamento dignitoso di tutti i migranti”, ha avvertito a margine del Consiglio Affari Esteri.
    Proteste a Sfax contro la presenza di migranti subsahariani. A destra una donna con uno striscione che recita: “Non siamo razzisti ma la sicurezza è la nostra priorità” (Photo by HOUSSEM ZOUARI / AFP)
    Il gioco al rialzo di Saied, che nonostante gli incontri degli ultimi mesi con diversi leader Ue continua a dichiarare pubblicamente che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese” sembra funzionare, e il presidente tunisino ha trovato nell’Italia un ottimo compagno di squadra per fare cassa il più possibile. Anche oggi Tajani si è detto speranzoso che i 105 milioni dall’Ue per la gestione dei confini siano seguiti da una seconda tranche, e ha espresso fiducia sulla “flessibilità del Fondo monetario internazionale”, che sarebbe emersa durante gli ultimi colloqui tra l’Italia e la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva.
    Intanto però, dopo mesi in cui proprio Saied ha soffiato sul fuoco dell’intolleranza verso i migranti subsahariani, in Tunisia sono scoppiate le polemiche per il possibile accordo con l’Unione europea. A Sfax, città portuale da dove partono la maggior parte dei barconi diretti verso le coste italiane, da qualche giorno infuriano le proteste per la presenza di migranti irregolari, sfociate anche in episodi di violenza tra la popolazione locale e gli stranieri.

    Secondo il vicepremier italiano domani il commissario Ue Várhelyi sarà a Tunisi per la firma. In una lettera ai 27 capi di stato e di governo, von der Leyen conferma “l’accordo a breve”. Assistenza finanziaria, scambi e investimenti, energie rinnovabili e gestione dei flussi migratori i cinque pilastri. Pronti 105 milioni per il controllo delle coste

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    Saied avverte l’Ue sui migranti: “La Tunisia non è una stanza in affitto o in vendita”

    Bruxelles – A giudicare dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, la strategia europea di esternalizzazione delle frontiere al di là del Mediterraneo è destinata infrangersi sul muro eretto dal presidente tunisino Kais Saied. Dopo aver ribadito ai ministri degli Interni di Parigi e Berlino, a Tunisi per una missione congiunta, che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà l’insediamento di migranti sul proprio territorio”, Saied ha ribadito il concetto a margine della partecipazione al vertice di Parigi per un nuovo patto finanziario globale. La Tunisia “non è una stanza in affitto o in vendita: tutte le decisioni scaturiranno dalla volontà del popolo tunisino”.
    Eppure, se si presta orecchio all’ottimismo ostentato da Giorgia Meloni e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, le parti non sembrerebbero così distanti. Proprio la leader Ue, che al termine del summit di Parigi si è intrattenuta in un incontro bilaterale con l’uomo forte di Tunisi, ha dichiarato su Twitter: “Ci stiamo impegnando a fondo per lanciare il nostro nuovo pacchetto di partenariato globale per la Tunisia. Vogliamo rafforzare il nostro impegno su tutti e cinque i pilastri del pacchetto”. La partnership prevede appunto una maggiore cooperazione su sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti.
    Kais Saied con i ministri degli Interni francese e tedesco, Gerald Darmanin e Nancy Faeser
    L’incontro di oggi con von der Leyen è solo l’ultimo di una serie di tentativi che l’Unione, spinta soprattutto dall’Italia, sta facendo per trovare in Saied un alleato fidato per mettere un tappo alle partenze di migranti dal Paese nordafricano. Prima il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, poi in scia la commissaria per gli Affari Interni, Ylva Johansson, i ministri italiani Tajani e Piantedosi, Giorgia Meloni con l’omologo olandese Mark Rutte e Ursula von der Leyen, fino alla visita franco-tedesca dei ministri Gerald Darmanin e Nancy Faeser. Durante la missione di Meloni, Rutte e von der Leyen, appena dieci giorni fa, i tre sono riusciti a strappare l’accordo per la firma di un memorandum d’intesa con la Tunisia, che in particolare la premier italiana vorrebbe veder realizzato prima dell’ormai imminente Consiglio europeo del 28-29 giugno.
    Nella prima bozza delle conclusioni del vertice Ue, visionata da Eunews, i 27 capi di stato e di governo “accolgono con favore il pacchetto di partenariato con la Tunisia”, che porterà “benefici reciproci”. Nel primo dei 5 pilastri dell’accordo, dedicato allo sviluppo economico, l’Ue si dice pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. I restanti 900 milioni di assistenza microfinanziaria rimarrebbero invece vincolati alla firma dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), congelato ormai da mesi a causa del rifiuto di Saied di avviare una serie di riforme impopolari previste per sbloccare il finanziamento.
    In cambio, l’Ue chiede in sostanza a Saied di continuare a fermare le partenze dei barconi e di trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia. Saied sa bene di avere il coltello dalla parte del manico e sta utilizzando la leva della migrazione per ottenere dai governi europei più esposti – in primis quello italiano – l’appoggio diplomatico e economico necessario per far fronte alla grave crisi economica e sociale che imperversa nel Paese. Ma a tirare troppo la corda, finisce che si spezza. E non gioverebbe né a Tunisi, né a Bruxelles.

    Bilaterale tra Ursula von der Leyen e il presidente tunisino a margine del Summit di Parigi per un nuovo patto finanziario globale. La leader Ue mostra ottimismo per la firma del partenariato con la Tunisia, ma Saied chiude ogni spiraglio sull’accoglienza di migranti sul proprio territorio

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    La Tunisia “non farà da guardia di frontiera per altri Paesi”. Il buco nell’acqua di von der Leyen e Meloni al cospetto di Saied

    Bruxelles – Si è conclusa con un buco nell’acqua la missione europea congiunta sull’altra sponda del Mediterraneo: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e i primi ministri di Italia e Olanda, Giorgia Meloni e Mark Rutte, rientrano dalla Tunisia senza risultati concreti, e anzi con la sensazione di essere ostaggio delle imprevedibili decisioni del presidente Kais Saied.
    Lo sforzo di volontà dell’Unione c’è stato: in attesa dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che sbloccherebbe 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria da Bruxelles, von der Leyen ha promesso di mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. Ma l’accordo di salvataggio con l’Fmi, congelato da mesi, è ormai una chimera. Saied, che non sembra intenzionato a cedere di un passo alle richieste di riforme politiche e economiche, ha ribadito dopo l’incontro con i leader europei che il suo governo “non accetterà condizioni o diktat, l’Fmi deve rivedere le sue ricette dopodiché si potrà arrivare a una soluzione”.
    Ursula von der Leyen e Kais Saied
    Il presidente tunisino, sempre più intollerante a qualsiasi ingerenza estera negli affari del Paese, non cederà facilmente neanche sui migranti: già alla vigilia del vertice con von der Leyen, Meloni e Rutte Saied, Saied si era recato a Sfax, città portuale da cui partono la maggior parte dei migranti subsahariani, per mettere in chiaro che la soluzione europea per diminuire gli sbarchi in Italia “non sarà a spese della Tunisia”. Linea confermata durante i dialoghi istituzionali, in cui il leader tunisino avrebbe infatti sottolineato che “la soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile“.
    Sotto il pressing di Roma, terrorizzata da un’eventuale impennata di sbarchi qualora dovesse realizzarsi il drammatico scenario di un default economico del vicino nordafricano, von der Leyen ha preferito tacere sull’autoritarismo e le violazioni dei diritti umani perpetrate da Saied sull’altare dell’esternalizzazione dei confini europei. “Dal 2011 l’Ue supporta il percorso della Tunisia verso la democrazia: un percorso lungo e talvolta difficile, ma queste difficoltà possono essere risolte”, ha dichiarato la presidente dell’esecutivo comunitario nell’unico accenno alla disastrosa deriva autoritaria intrapresa da Saied dal 2019. Sembra esaurita la determinazione con cui, appena due mesi fa, i 27 ministri degli Esteri Ue avevano espresso la propria preoccupazione per i processi giudiziari contro membri dell’opposizione e l’arresto del leader politico Rached Gannouchi.
    Giorgia Meloni e Kais Saied 
    L’imperativo è rafforzare le relazioni, con tanti saluti al rispetto dello stato di diritto, come affermato dalla dichiarazione congiunta resa nota dopo i colloqui. Bruxelles e Tunisi si impegnano a dare vigore alla loro partnership attraverso un pacchetto basato su 5 pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. Nel documento si legge che “il rafforzamento del dialogo politico e strategico in seno al Consiglio di associazione Ue-Tunisia entro la fine dell’anno offrirà un’importante opportunità per rinvigorire i legami politici e istituzionali, con l’obiettivo di affrontare insieme le sfide internazionali comuni e preservare l’ordine basato sulle regole”.
    L’avvicinamento sfocerà nella firma di un memorandum d’intesa tra Bruxelles e Tunisi, che Giorgia Meloni vorrebbe vedere realizzato entro il Consiglio europeo del 29-30 giugno. La premier mediatrice mette fretta, in un gioco di forze che sembra essersi ribaltato: è Saied che percepisce la possibilità di usare l’Italia e lo spauracchio degli sbarchi per veicolare tramite Roma richieste sempre maggiori all’Unione europea, aprendo e richiudendo “i rubinetti” a piacimento. Dopo la mediazione italiana infatti, gli arrivi dalle coste tunisine, che nei primi quattro mesi dell’anno erano quadruplicati rispetto al 2022, nell’ultimo mese sono diminuiti. Meloni, al secondo viaggio in Tunisia in appena 5 giorni, si è detta “molto contenta della Dichiarazione congiunta, un primo passo importante verso la creazione di un vero e proprio partenariato con l’Unione europea che possa affrontare in maniera integrata tanto la crisi migratoria quanto il tema dello sviluppo per entrambe le sponde del Mediterraneo”.

    Il presidente tunisino punta i piedi: nessuno sviluppo sull’accordo con il Fondo Monetario Internazionale, necessario per sbloccare quasi un miliardo di assistenza Ue. Meloni preme per firmare memorandum d’Intesa al prossimo Consiglio europeo di fine giugno