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    L’Ue ripristina obbligo di visti per Vanuatu: troppe cittadinanze ‘facili’ con cui entrare in Europa

    Bruxelles – Flussi di immigrati irregolari provenienti dall’altro angolo del mondo grazie a politiche ‘generose’ in termini di concessione della cittadinanza, con documenti che agevolano l’ingresso nello spazio Schengen a russi, cinesi e iraniani. L’Unione europea vede in Vanuatu un Paese terzo che inizia a presentare “serie e carenze e falle di sicurezza” per gli interessi dell’Ue, secondo i servizi della Commissione europea, che decide di sospendere l’accordo bilaterale che abolisce l’obbligo di visto per i cittadini dell’arcipelago dell’Oceania per entrare su suolo comunitario.La decisione dell’esecutivo comunitario può sembrare ‘curiosa’. Si si dà un sguardo al mappamondo si vede che Vanuatu è assai distante dall’Europa. Situato a est dell’Australia, a sud delle isole Salomone, nel versante orientale del mar dei Coralli, Vanuatu è davvero una destinazione remota. Ma ciò non impedisce al Paese di rappresentare una minaccia in termini di immigrazione regolare e sicurezza.Quello che ravvisano a Bruxelles è una politica di concessione delle cittadinanza di Vanuatu a cittadini di altri Paesi terzi. L’acquisizione della cittadinanza implica la possibilità di poter entrare e soggiornare liberamente nell’Ue per effetto dell’accordo che non richiede il visto. Dal 2015, denuncia la Commissione, le autorità vanuatiane hanno avviato “programmi di cittadinanza per investitori che consentono ai cittadini di paesi terzi soggetti all’obbligo del visto di ottenere facilmente la cittadinanza e il passaporto di Vanuatu, consentendo loro così di ottenere l’accesso senza visto all’UE, aggirando la procedura del visto Schengen”.Una pratica che sembra studiata a tavolino, visto che questi speciali programmi non prevedono requisiti specifici minimi di residenza su almeno una delle 65 isole abitate dell’arcipelago della Melanesia. Addirittura emerge che il processo di richiesta di cittadinanza è gestito da agenzie specializzate situate fuori Vanuatu, con la Commissione che cita esplicitamente Dubai (Emirati arabi), Thailandia e Malesia. In questo gioco di ‘documenti facili’ si teme anche per le ricadute in termini di sicurezza. Nello specifico preoccupa “la legislazione permissiva sui cambi di nome, poiché il richiedente che ha ottenuto la cittadinanza per investimento può anche richiedere un cambio di identità”.A usufruire dei passaporti di Vanuatu soprattutto richiedenti cinesi, russi, iraniani, nigeriani, siriani, iracheni. L’Ue teme che il remoto Stato dell’Oceania possa operare come ‘cavallo di troia’ per potenziali spie e estremisti islamici. “Ci avvaliamo del meccanismo di sospensione dei visti per rispondere in modo efficace alle minacce alla sicurezza”, taglia corto Ylva Johannson, commissaria per gli Affari interni. Vanuatu figura già nella lista nera dell’Ue dei Paesi non collaborativi in materia di lotta all’evasione fiscale. Adesso si aggiunge il capitolo ‘passaporti facili’.

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    Dal primo luglio l’Ue imporrà pesanti dazi sull’import di cereali e derivati da Russia e Bielorussa

    Bruxelles – Nel 2023, l’Ue ha rimpinguato le casse del Cremlino con 1,3 miliardi di euro acquistando dalla Russia la cifra record di 4,2 milioni di tonnellate di cereali, semi oleosi e derivati. Dal primo luglio, la speranza di Bruxelles è dare però un taglio netto all’import da Mosca: oggi (30 maggio) il Consiglio dell’Ue ha dato il via libera all’imposizione di pesanti dazi commerciali sui prodotti agricoli che arrivano da Russia e Bielorussia.Il grano di Mosca e Minsk potrebbe arrivare a costare circa il 40 per cento in più, attraverso una tariffa fissata a 95 euro per tonnellata. I cereali – anche se il prezzo varia a seconda della qualità – costano oggi in Ue più o meno tra i 200 e i 220 euro per tonnellata. Raddoppierà invece il prezzo di semi oleosi e derivati, pellet di polpa di barbabietola (utilizzati come mangimi) e piselli secchi, su cui i 27 hanno deciso di imporre una maggiorazione del 50 per cento.La mossa del blocco – proposta dalla Commissione europea lo scorso 22 marzo – è stata concepita per prevenire eventuali attacchi ibridi da Mosca, che potrebbe utilizzare i prodotti agricoli per “invadere” e destabilizzare il mercato dell’Ue, ma anche per contrastare le esportazioni di cereali “rubati” ai territori occupati in Ucraina e rietichettati come russi. E in generale, per tagliare un’importante fonte di reddito per Mosca nel tentativo di limitare la sua capacità di finanziare la guerra contro Kiev.“Il nostro impegno per la sicurezza alimentare globale rimane fermo, garantendo che i Paesi in via di sviluppo non siano colpiti negativamente da queste misure”, assicura il vicepresidente della Commissione europea e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis. Le maggiorazioni non saranno applicate infatti ai prodotti in transito verso Paesi extra-Ue, ma colpiranno solo quelli destinati al consumo nei 27 Paesi membri.Dai dazi su cereali e semi oleosi russi beneficeranno in modo indiretto gli agricoltori europei, che l’anno scorso hanno visto diminuire i prezzi a causa dell’aumento vertiginoso dell’import da Mosca. Per la Coldiretti, il via libera alle maggiorazioni “è importante per salvare le aziende agricole italiane”, dopo che nel 2023 sono entrate in Italia “quasi mezzo milione di tonnellate” di grano russo, “abbattendo fino al 60 per cento il prezzo del grano italiano”. Viceversa, Bruxelles garantisce che non esiste il rischio di un forte impatto sui prezzi per i consumatori perché, anche sommando le 4,2 milioni di tonnellate importate dalla Russia e le 610 mila tonnellate dalla Bielorussia, si parla comunque di circa l’1 per cento del totale dei cereali prodotti o importati dall’Ue.La presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue ha dichiarato – a margine dell’incontro tra i ministri dei 27 – che la Svezia ha suggerito di estendere i dazi ad altri prodotti made in Russia e Bielorussia. “La Commissione europea valuterà l’ipotesi – ha aperto alla possibilità Dombrovskis -, e fornirà diverse opzioni ai Paesi membri”.

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    McGuinness: “La Russia usa navi ombra per aggirare le sanzioni sul petrolio”

    Bruxelles – Il petrolio russo venduto a dispetto della sanzioni dell’Ue, grazie a navi ombra, o fantasma, non ufficialmente russe ma riconducibili alla Federazione russa, per conto di cui fanno affari. L’Unione europea deve fare i conti con una flotta di petroliere difficile da identificare, eppure reale. A riconoscere il fenomeno è Mairead McGuinness, commissaria per i Servizi finanziari, nella risposta all’interrogazione parlamentare in materia. Sì, ammette McGuinness, “la Russia sta utilizzando una flotta ombra di vecchie petroliere per trasportare il suo petrolio nel tentativo di eludere le sanzioni dell’Ue e il tetto massimo del prezzo del petrolio del Gruppo dei Sette (G7)”.Si tratta di imbarcazioni che non risultano di proprietà russa, spesso intestate a società di comodo con sede in qualche Paese terzo, e usate da operatori che lavorano per conto del Cremlino. Cambiano spesso bandiera, nome e proprietario, navigano senza assicurazione e nascondono regolarmente la loro posizione spegnendo il transponder risultando così invisibili ai radar. Questo è il fenomeno contro cui l’Ue deve fare i conti. Con un diritto internazionale che offre porti sicuri alle attività russe in chiave anti-sanzioni.La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare garantisce alle navi il diritto di passaggio inoffensivo, ovvero il diritto di navigare liberamente attraverso i mari territoriali. Non si può fare porto, ma si può transitare. Ciò significa che “impedire alle navi della flotta ombra di entrare nelle acque territoriali o nella zona economica esclusiva pone sfide significative”, riconosce ancora McGuinness. Fermo restando che l’esecutivo comunitario non può fare niente, visto che “dell’attuazione e applicazione delle sanzioni dell’Ue sono responsabilità degli Stati membri”. Il problema delle navi ombra si aggiunge alle pratiche illecite in acque internazionali, dove petrolio russo viene trasferito da una petroliera all’altra per aggirare sanzioni. Una delle prime trovate del presidente russo Vladimir Putin per farsi beffe delle restrizioni a dodici stelle. L’Ue continua a dare una mano agli Stati membri, “anche con l’assistenza dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (Emsa), nel monitorare eventuali navi sospette”, assicura McGuinness. Ma le maglie europee sono tutt’altro che strette, e il Cremlino continua a fare cassa con il suo greggio.

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    Ucraina, Macron spinge per l’utilizzo di armi Nato in Russia. E incassa il sì di Scholz

    Bruxelles – L’attivismo di Emmanuel Macron per dare una svolta alla resistenza di Kiev all’invasione russa trova terreno fertile e strappa l’appoggio del cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Pensiamo che dovremmo consentire all’Ucraina di neutralizzare le basi da cui partono i razzi”, ha dichiarato il presidente francese a nome dell’asse franco-tedesco. Parigi e Berlino stanno con il segretario della Nato, Jens Stoltenberg: è tempo che l’Ucraina possa utilizzare le armi dell’Alleanza atlantica per colpire bersagli militari in Russia.Per convincere l’opinione pubblica della necessità di prendere questa decisione, Macron si è presentato alla conferenza stampa congiunta con Scholz con una mappa del confine tra Russia e Ucraina, illustrando le basi da cui partono gli attacchi di Mosca. Che si trovano spesso appena dietro la frontiera, in territorio russo. Macron ha immediatamente chiarito che “non dovremmo consentire” a Kiev “di colpire obiettivi diversi da quelli, intendo naturalmente obiettivi civili o altri obiettivi militari”.Più cauto Scholz, che però ha sostanzialmente appoggiato la posizione di Parigi. “L’Ucraina ha tutte le possibilità di farlo, secondo il diritto internazionale. Bisogna dire chiaramente che se l’Ucraina viene attaccata, può difendersi“, ha confermato il cancelliere tedesco. Le due maggiori potenze Ue confermano dunque la linea illustrata ai ministri dei 27 da Jens Stoltenberg nel corso del Consiglio Ue Affari Esteri del 27 maggio. “Questa è una guerra, e secondo il diritto internazionale l’Ucraina ha il diritto di difendersi e questo implica anche raid su obiettivi militari in Russia“, ha dichiarato senza lasciare alcun dubbio il segretario generale della Nato.Il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergPosizione forte del via libera da parte dell‘Assemblea parlamentare della Nato alla rimozione dei vincoli di utilizzo di mezzi ed equipaggiamenti forniti. L’organo composto dai delegati dei Paesi Nato ha votato a grande maggioranza la dichiarazione che esorta i 32 governi dell’Alleanza a “sostenere l’Ucraina nel suo diritto internazionale di difendersi eliminando alcune restrizioni sull’uso delle armi fornite dagli alleati della Nato per colpire obiettivi legittimi in Russia“.A livello Ue tuttavia rimangono forti perplessità e timori per una tale svolta. Il vicepremier italiano, Antonio Tajani, ha affermato chiaramente che “tutto il materiale militare che inviamo in Ucraina deve essere utilizzato per proteggere l’Ucraina all’interno del territorio ucraino”, evidenziando che “noi non siamo in guerra con la Russia” e criticando l’uscita di Stoltenberg, perché “a volte serve un po’ più di prudenza”. Mentre l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borell, a margine dell’incontro di ieri con i ministri della Difesa dei 27 aveva dichiarato che solo “un Paese, forse uno e mezzo”, spingeva per la rimozione dei vincoli all’utilizzo delle armi in territorio russo.A Bruxelles aleggia la paura di innescare un ulteriore escalation con l’imprevedibile regime di Putin, come dimostra il mancato accordo tra i 27 sulla possibilità di addestrare personale militare in territorio ucraino. Perché alcuni Stati membri “ritengono che si tratta di inviare addestratori, e gli addestratori sono militari. In un modo o nell’altro – ha spiegato l’Alto rappresentante – si tratterebbe di inviare truppe non combattenti, ma alla fine sarebbero agenti militari nel territorio ucraino, con il rischio che certamente comporta”.Insomma, ogni scatto in avanti sul coinvolgimento nel conflitto va pesato attentamente. Ma l’asse Parigi-Berlino potrebbe avere la forza per riorientare le posizioni dei 27.

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    Voice of Europe, perquisite casa e ufficio di un funzionario del Parlamento Ue

    Bruxelles – L’ombra della Russia e il sospetto di interferenze nel Parlamento europeo scuotono la capitale dell’Unione europea. La procura federale del Belgio ha condotto perquisizioni a casa di un funzionario dell’europarlamento a Schaarbek, uno dei comuni di Bruxelles capitale, e nell’ufficio dell’istituzione comunitaria. L’inchiesta è legata alla vicenda ‘Voice of Europe’, testata oscurata e sanzionata per la diffusione di propaganda russa.Secondo il quotidiano tedesco Der Spiegel, le perquisizioni avrebbero riguardato un dipendente dell’eurodeputato olandese populista di destra Marcel de Graaff al Parlamento europeo a Bruxelles. Si tratterebbe dell’ufficio del collaboratore di de Graaff Guillaume Pradoura, che ha in passato lavorato anche per l’eurodeputato dell’AfD Maximilian Krah.Secondo le informazioni diffuse dagli inquirenti belgi, nel più ampio quadro di indagini su membri del Parlamento europeo vvicinati e pagati per promuovere la propaganda russa tramite il Voice of Europe, “vi sono indicazioni che il dipendente del Parlamento europeo interessato abbia svolto un ruolo significativo in tutto ciò“. Perquisizioni sono state condotte, in parallelo, anche negli uffici del Parlamento europeo a Strasburgo.

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    L’Ue vara il ‘pacchetto Navalny’: stop all’export di tutto ciò che può servire alla repressione in Russia

    Bruxelles – Mai più altri Alexsey Navalny. L’Unione europea vara un nuovo pacchetto di sanzioni tutto speciale contro Mosca, volto a fermare la macchina di repressione della Russia di Vladimir Putin. La morte di uno dei principali oppositori politici del leader russo è la molla che spinge il Consiglio dell’Ue a varare un pacchetto annunciato. Scatta la messa al bando di tutto ciò che può essere utilizzato ai fini di repressione, tortura, violazione dello Stato di diritto, e che quindi non potrà essere venduto alla federazione russa. Si tratta di un divieto alle esportazioni di merci, ma anche programmi informatici e dispositivi quali apparecchi radio e monitor.Il via libera garantito oggi (27 maggio) prevede anche l’iscrizione nella lista nera dell’Ue del Servizio penitenziario federale della Federazione Russa (Fsin). Si tratta dell’autorità centrale che gestisce il sistema carcerario russo, “noto per i suoi diffusi e sistematici abusi e maltrattamenti contro i prigionieri politici in Russia”, critica il Consiglio dell’Ue. In quanto agenzia federale, la FSIN è responsabile delle colonie penali, già inserite tra le entità soggette a sanzioni, in cui il politico dell’opposizione russa Alexei Navalny è stato detenuto con accuse politicamente motivate ed è infine morto il 16 febbraio 2024.Le decisioni prese a Bruxelles sono obbligate, spiega l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell. La morte di Navalny, sottolinea, “stata un altro segno dell’accelerazione e della repressione sistematica da parte del regime del Cremlino”. Come Unione europea, promette, “non risparmieremo alcuno sforzo per chiedere conto alla leadership politica e alle autorità russe” per la morte dell’oppositore politico e il rispetto dei diritti umani nel Paese, “anche attraverso questo nuovo regime di sanzioni, prendendo di mira coloro che limitano il rispetto e violano i diritti umani in Russia”.Per questo motivo l’Unione europea colpisce anche tutti quei giudici ritenuti responsabili o corresponsabili per la morte in carcere di Navalny. Per loro non sarà possibile mettere piede su suolo comunitario, e per tutti, singoli individui e autorità penitenziaria nazionale, scatterà il congelamento degli eventuali beni detenuti in uno dei Ventisette Stati membri.

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    L’Ue reagisce al “modello di comportamento provocatorio” della Russia nella regione baltica

    Bruxelles – Un’altra provocazione russa nell’arco di pochi giorni nell’area baltica, a dimostrazione dell’aumento delle preoccupazioni dei Paesi membri Ue e Nato, dall’Estonia alla Finlandia. Ma questa volta interviene anche l’Unione Europea, per mettere in chiaro che gli occhi di Bruxelles sono vigili sulle mosse del Cremlino e delle sue mire espansionistiche. “Questo incidente di confine fa parte di un più ampio modello di comportamento provocatorio e di azioni ibride da parte della Russia, anche ai suoi confini marittimi e terrestri nella regione del Mar Baltico”, è l’attacco dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in una dichiarazione in risposta alla rimozione “unilaterale” delle boe luminose poste dall’Estonia sul fiume Narva per delimitare il confine nord-orientale con la Russia.La prima ministra dell’Estonia, Kaja KallasA rendere nota l’azione “compiuta nell’ombra della notte” – alle 3 del mattino di ieri (23 maggio) – dalla Guardia di frontiera russa è stato il ministero degli Affari esteri estone con una nota, in cui ha definito l’azione “un incidente di confine provocatorio“. Da Tallinn la risposta “rimane calma e lucida” in contatto con alleati e partner Ue e Nato, a partire dalla richiesta ufficiale a Mosca di spiegazioni attraverso i rappresentanti di frontiera e i canali diplomatici e “l’immediata restituzione” delle boe luminose. La premier estone, Kaja Kallas, ha rincarato la dose con un post su X: “L’azione della Russia si inserisce nel più ampio schema del suo comportamento provocatorio in tutta Europa, anche ai confini con i Paesi vicini“.L’autocrate russo, Vladimir Putin (credits: Natalia Kolesnikova / Afp)Il riferimento implicito è a quanto accaduto all’inizio della settimana, con il giallo della bozza di documento ufficiale del ministero della Difesa russo per rivedere la frontiera marittima della Russia nel Mar Baltico orientale. Una proposta senza alcuna consultazione con i vicini della regione – ma scomparsa dal sito del ministro poche ore più tardi – motivata secondo la Russia dal fatto che la misurazione sovietica del confine del 1985 avrebbe utilizzato carte nautiche della metà del XX secolo e di conseguenza non corrisponderebbe pienamente alle coordinate cartografiche “più moderne”. Le modifiche sarebbero dovute entrare in vigore nel gennaio 2025 ed erano rivolte agli equipaggi delle navi, alle forze dell’ordine e ai funzionari della difesa e della sicurezza che operano nel Golfo orientale della Finlandia.A pochi giorni dalla prima provocazione diplomatica, la nuova azione del Cremlino viene seguita con preoccupazione da tutte le capitali baltiche e scandinave, ma anche dalle istituzioni Ue “in cooperazione e solidarietà con l’Estonia e gli altri Stati membri”, spiega l’alto rappresentante Borrell. “L’Unione Europea ha monitorato attentamente la situazione fin dall’inizio” e ora “si aspetta una spiegazione da parte della Russia” sulle sue azioni “inaccettabili” lungo la frontiera.

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    Il giallo del documento russo (poi sparito) che minaccia di cambiare le frontiere nel Baltico orientale

    Bruxelles – Era il 26 marzo 2022 quando, per un presunto errore di pubblicazione, l’autocrate russo, Vladimir Putin, rendeva nota al mondo la strategia sul lungo termine che aveva spinto l’aggressione della Russia all’Ucraina. Un articolo che per la prima volta dimostrava le mire espansionistiche del Cremlino per superare “la tragedia del 1991, quella terribile catastrofe della nostra storia” e che oggi, più di due anni dopo, trova un’altra conferma in una bozza di documento ufficiale del ministero della Difesa russo.L’autocrate russo, Vladimir Putin (credits: Natalia Kolesnikova / Afp)La nuova proposta è quella di rivedere la frontiera marittima della Russia nel Mar Baltico orientale, dal momento in cui – secondo quanto riportato dallo stesso ministero della Difesa – la misurazione sovietica del confine del 1985 aveva utilizzato carte nautiche della metà del XX secolo e di conseguenza non corrispondeva pienamente alle coordinate cartografiche “più moderne”.Le modifiche proposte – ma prive di indicazioni su come avrebbero effettivamente impattato le frontiere – sarebbero dovute entrare in vigore nel gennaio 2025 ed erano rivolte agli equipaggi delle navi, alle forze dell’ordine e ai funzionari della difesa e della sicurezza che operano nel Golfo orientale della Finlandia. Tuttavia la bozza è stata cancellata nella giornata di ieri (22 maggio) dal sito del ministero senza ulteriori spiegazioni, dopo l’ondata di critiche e irritazione dei vicini nella regione, tutti membri Nato (la Finlandia dal 2023 e la Svezia dal marzo 2024)L’allarme è stato alzato in tutta la regione baltica, con i ministri degli Esteri di Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia e Svezia in contatto tra loro per chiarire la situazione. “Le azioni della Russia sono viste come una provocazione deliberata e mirata per intimidire i Paesi vicini e le loro società”, ha dichiarato a Politico il ministero degli Esteri lituano: “Questa è un’ulteriore prova che la politica aggressiva e revisionista della Russia è una minaccia per la sicurezza dei Paesi vicini e dell’Europa nel suo complesso”. Il premier finlandese, Petteri Orpo, ha chiarito che “non c’è stato alcun contatto” con Mosca sulla questione, mentre l’omologo svedese, Ulf Kristersson, ha ribadito senza sconti che “la Russia non può decidere unilateralmente nuovi confini”.