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    Il tredicesimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia è ufficiale. Colpite anche Cina e Corea del Nord

    Bruxelles – Ci sono anche quattro aziende registrate in Cina e il ministro della Difesa della Corea del Nord nei quasi 200 individui ed entità che l’Ue ha colpito con l’adozione del tredicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Per la prima volta – alla vigilia del secondo anniversario del conflitto – arriva lo strappo con Pechino.Per la precisione 106 persone e 88 entità, che vanno ad aggiungersi a una lista nera di oltre 2000 soggetti che Bruxelles ritiene responsabili di “azioni che minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”. E a cui, come tali, sono imposti il divieto di ingresso nel territorio comunitario e il congelamento dei beni posseduti nei Paesi membri. Le designazioni adottate oggi riguardano principalmente i settori militare e della difesa: più di 140 delle società e individui colpiti fanno parte del complesso militare-industriale russo, che producono missili, droni, sistemi missilistici antiaerei, veicoli militari, componenti ad alta tecnologia per armi e altre attrezzature militari.Segnale forte anche contro i partner del Cremlino: l’Ue ha preso di mira 10 società e persone russe coinvolte nella spedizione di armamenti dalla Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC) in Russia, oltre Kang Sun-nam, ministro della Difesa del regime di Kim Jong-un, e diverse società e persone bielorusse che forniscono supporto alle forze armate russe. E per interrompere la catena di approvvigionamento per lo sviluppo e la produzione di droni militari, Bruxelles ha imposto sanzioni a quattro aziende registrate in Cina e a una ciascuna registrata in Kazakistan, India, Serbia, Thailandia, Sri Lanka e Turchia, operanti nel settore dei componenti elettronici.“Mentre raggiungiamo il triste traguardo dei due anni dall’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, l’Unione europea continua a esercitare pressioni sulla Russia”, ha rivendicato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, sottolineando che oltre prendere di mira chi fornisce attrezzature militari alla Russia, Bruxelles ha individuato ulteriori responsabili “della deportazione illegale e della rieducazione militare dei bambini ucraini”. I nuovi elenchi includono infatti anche 15 persone e 2 entità coinvolte nel trasferimento forzato, nella deportazione e nell’indottrinamento militare di bambini ucraini, anche in Bielorussia.Attraverso i tredici pacchetti di sanzioni a Mosca, l’Ue ha congelato in due anni asset russi per un valore di oltre 200 miliardi di euro. Secondo i dati della Commissione europea, il fatto che – nonostante le sanzioni economiche occidentali – l’economia russa continua a crescere sulla carte, è dovuto sostanzialmente alla spesa militare “in forte aumento”, arrivata nel 2024 al 6 per cento del Pil, ovvero a circa 109 miliardi di euro. Quella russa è diventata insomma un’economia di guerra, con il rublo che è calato di oltre il 20 per cento rispetto al dollaro nel 2023 e con la spesa militare che è aumentata del 79 per cento tra il 2021 e il 2023, superando per la prima volta la spesa sociale.

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    Il tredicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia è pronto e colpirà anche alcune aziende cinesi

    Bruxelles – L’Unione europea segnerà il secondo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina con l’approvazione del tredicesimo pacchetto di sanzioni a Mosca. A tre giorni dal 24 febbraio, gli ambasciatori dei 27 hanno dato il via libera all’applicazione di misure restrittive a quasi 200 individui ed entità, che vanno ad aggiungersi agli oltre 2000 soggetti vicini al Cremlino già sanzionati in due anni di guerra.Il pacchetto sanzionatorio sarà ora adottato formalmente dal Consiglio con procedura scritta entro la data simbolica auspicata del 24 febbraio. “Uno dei più ampi” approvati finora, ha sottolineato nel dare l’annuncio la presidenza belga dell’Ue.  Il pacchetto si dovrebbe concentrare sulla lotta all’elusione delle misure restrittive – in continuità con il dodicesimo – e sulle reti di approvvigionamento di tecnologia avanzata e equipaggiamento militare del Cremlino.In particolare, Bruxelles vuole colpire le aziende che riforniscono Mosca dei componenti per la costruzione di droni, che vengono poi utilizzati nei bombardamenti sulle città ucraine. “Dobbiamo continuare a ridurre la macchina da guerra di Putin. Con 2000 nomi in totale, manteniamo alta la pressione sul Cremlino. Stiamo anche riducendo ulteriormente l’accesso della Russia ai droni”, ha commentato in un post su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.Oltre a diverse imprese russe, l’Ue avrebbe inserito nella lista nera anche aziende turche e della Corea del Nord. Ma soprattutto, a quanto si apprende le nuove sanzioni prenderanno di mira – per la prima volta – anche tre aziende cinesi che avrebbero fornito tecnologia militare a Mosca. “La Russia sta pagando per le sue azioni. Il tredicesimo pacchetto di sanzioni concordato oggi dall’Ue ridurrà ulteriormente la produzione dell’arsenale del Cremlino e frammenterà la sua cassa di guerra”, ha esultato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.

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    L’Ue vuole intitolare all’oppositore russo Alexei Navalny il regime di sanzioni per i diritti umani

    Bruxelles – Intitolare il regime europeo di sanzioni per i diritti umani ad Alexei Navalny, l’oppositore russo morto venerdì (16 febbraio) in carcere ad alta sorveglianza in Russia, dove era detenuto da quasi tre anni. Questa la proposta con cui il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha fatto ingresso questa mattina (19 febbraio) al Consiglio Ue Affari Esteri a Bruxelles, che ha visto anche la partecipazione della vedova di Navalny, Yulia Navalnaya, a cui i ministri dell’Ue hanno inviato in una dichiarazione un forte messaggio “di sostegno ai combattenti per la libertà in Russia”.I am proposing to EU Member States to rename our Global Human Rights Sanctions Regime the “Navalny Regime”.To honour his memory, for his name to be written on the work of the EU in the defence of human rights around the world. pic.twitter.com/yIGfpcDWBE— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 19, 2024Una proposta accolta oggi ‘politicamente’ dai 27 ministri dell’Ue e che ora andrà formalmente adottata a livello tecnico dagli ambasciatori degli Stati membri. “Per rendere omaggio ad Alexei Navalny lentamente assassinato dal regime di Putin e onorare la sua memoria ho proposto ai ministri di rinominare il regime di sanzioni dell’Ue per i diritti umani con il suo nome”, ha spiegato questa mattina l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza. Sarà il ‘regime Navalny per le sanzioni Ue per la tutela dei diritti umani’ affinché il suo nome sia scritto per sempre nel lavoro per la tutela dei diritti umani”, ha precisato.Il regime europeo di sanzioni dei diritti umani è stato inaugurato dall’Ue non molto tempo fa, a dicembre 2020. Una ‘legge Magnitsky europea’, ovvero un nuovo regime di sanzioni dedicato a colpire i responsabili di violazioni dei diritti umani, per rispondere a chi accusa l’Europa di essere troppo lenta o poco coraggiosa nei confronti di chi viola i diritti umani. Il nome di Navalny, 47 anni, era diventato celebre in occidente per il tentativo fallito del Cremlino di avvelenarlo ad agosto 2020.Era detenuto in Russia da gennaio 2021, arrestato appena dopo essere tornato nel suo Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Lo scorso agosto era stato condannato a scontare altri 19 anni di carcere.

    Yulia Navalnaya insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles MichelPresente alla riunione dei ministri degli esteri anche Yulia Navalnaya, che nel corso della giornata ha avuto un incontro bilaterale con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “E’ una donna che vuole continuare a battersi per difendere la libertà nel suo Paese e ha ribadito che la Russia non è Putin e Putin non è la Russia, l’abbiamo trovata determinata. Borrell, a nome di tutti noi, le abbiamo assicurato che continueremo a sostenere il diritto di parlare in Russia, di poter condurre battaglie politiche e chiederemo la liberazione di tutti i prigionieri politici”, ha detto Tajani in un punto stampa.

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    L’opposizione russa è sotto torchio in vista delle elezioni del 2024. Ma il Parlamento Ue prova a darle voce

    Bruxelles – C’è una frase che riassume efficacemente il complesso ruolo costruttivo che l’Unione Europea può svolgere nel Paese che da due anni è preso di mira per la guerra di aggressione all’Ucraina: “Il momento migliore per supportare la democrazia in Russia era 20 anni fa, il secondo è ora“. A pronunciare queste parole è la presidente dell’organizzazione non governativa Free Russia Foundation, Natalia Arno, che al Parlamento Europeo ha messo in chiaro la necessità di un sostegno da parte di Bruxelles all’altra faccia della guerra russa in Ucraina: la società civile russa zittita e perseguitata con ancora più intransigenza dal regime di Vladimir Putin.

    L’eurodeputato Tomas Tobé (Ppe)Un confronto tra eurodeputati ed esponenti dell’opposizione russa andato in scena oggi (14 febbraio) all’Eurocamera, per ricordare che “una pace sostenibile in Europa richiede la trasformazione della Russia in una democrazia, e serve una strategia per arrivarci“, ha aperto le discussioni l’eurodeputato del Ppe, Tomas Tobé. L’appuntamento arriva a un mese dalle elezioni presidenziali in Russia, da cui le forze di opposizione democratica sono state completamente escluse (oltre a Putin sono stati autorizzati a correre solo tre candidati comunisti, liberal-nazionalisti e ultra-nazionalisti). “Serve uno scambio regolare con l’opposizione democratica russa e con le persone che si permettono di sfidare il regime autoritario e antidemocratico, anche con grandi rischi personali” – dall’avvelenamento a lunghe pene detentive in colonie di lavoro in Siberia – è l’esortazione dell’eurodeputato francese che ha presieduto la conferenza di oggi.

    La presidente di Free Russia Foundation, Natalia Arno“Putin è arrivato al potere con le bombe sulla Cecenia e un quarto di secolo dopo continua a governare bombardando un Paese sovrano e scatenando la più grande guerra in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale”, è stato l’esordio all’Eurocamera della presidente di Free Russia Foundation. In patria Putin ha reso “la Russia un regime corrotto e sanguinario, con censura, repressione, propaganda e controllo dei media”, una Russia “basata sulla distruzione dello Stato di dritto, sull’intolleranza e sull’ingiustizia”, dove “nessuna elezione dal 2000 a oggi è stata definita libera ed equa dagli osservatori internazionali”. Invasione dell’Ucraina e repressione interna vanno a braccetto, non solo nell’ottica dell’Unione Europea ma anche dell’opposizione a Putin nel Paese: “Da due anni ha catapultato la Russia da un’autocrazia a una dittatura sanguinaria, rafforzando la legislazione repressiva e colpendo la società civile, le opposizioni politiche, i giornalisti indipendenti e gli avvocati per i diritti umani”.

    La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella Federazione Russa, Mariana KatzarovaAnche le elezioni sono tali solo per modo di dire. “Non serve la sfera di cristallo per predire quello che succederà: Putin vincerà queste elezioni, rafforzerà il suo potere nel Paese e le considererà una conferma della sua guerra in Ucraina”, ha sintetizzato Arno, ricordando che il voto sarà svolto anche nei territori occupati illegalmente” in Ucraina. Perché – nonostante non si tratti di elezioni libere e gli oppositori politici vengano eliminati anche fisicamente – Putin “vuole legittimazione” dal popolo, come tutti i dittatori. Parole confermate anche dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella Federazione Russa, Mariana Katzarova: “I leader autocratici che vogliono rimanere in carica, prima zittiscono la stampa e i media liberi, rendendoli strumenti di propaganda, poi la società civile e infine attaccano i Paesi vicini, anche i migliori dittatori del Novecento l’hanno fatto”. Il trend di repressione in Russia “va avanti da vent’anni, ma negli ultimi due si è cristallizzata la totale repressione politica e civile”, una dimostrazione che “le elezioni democratiche non possono funzionare in Paesi dove c’è una dittatura“, ha ricordato Katzarova, esortando i Paesi europei a non ostacolare i russi che fuggono dalla guerra e dai regimi di Russia e Bielorussia: “Dobbiamo difendere tutti, anche chi scappa perché non vuole uccidere o farsi uccidere”. All’orizzonte ci deve essere il futuro comune dell’Ue e della Russia che, anche senza Putin, ormai non è più tutto roseo: “Il regime è fragile e vulnerabile, ma quando cadrà sarà solo l’inizio di un duro processo verso la democrazia, perché ogni guerra è stata accompagnata da attacchi alla società civile”, ha avvertito Arno.

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    UE e NATO ora preoccupati: “Dobbiamo essere pronti a un attacco della Russia”

    Bruxelles – La Russia minaccia sempre più reale e probabile, in grado di tramutarsi in un vero e proprio attacco alla NATO. In Europa iniziano a farsi ricorrenti gli allarmi e gli avvertimenti di possibili se non addirittura probabili aggressioni russe. Non da ultima quella del ministro delle difesa tedesco, Boris Pistorius, che considera lo scenario possa verificarsi tra 5-8 anni. Per la prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, invece, potrebbe materializzarsi anche prima, nel giro di tre anni. Tre anni, esattamente quanto sostenuto da Eirik Kristoffersen, ministro della difesa della Norvegia.Una preoccupazione tutta interno ai membri UE della NATO, che plana prepotentemente sui tavoli di confronto, e non solo quelli politici. Perché l’ammiraglio Rob Bauer, capo del consiglio militare della NATO, ha messo in chiaro al termine dell’ultima riunione dell’organismo, giovedì scorso (18 gennaio), che “consideriamo la Russia una minaccia, e dobbiamo essere pronti per un attacco“. In questo contesto serve “un’industria che produca armi e munizioni più velocemente” rispetto a capacità e ritmi avuti prima dell’invasione dell’Ucraina.Dichiarazioni figlie di un mutato contesto, che vede la guerra allungarsi senza che se ne riesca ad immaginare il momento della fine, e la necessità che i Paesi dell’Unione tengano fede alle loro promesse ad esempio sulle munizioni all’Ucraina. Il sospetto che si voglia alzare la tensione per accelerare la produzione militare, come in realtà Bauer dice in maniera esplicita, c’è.Kallas vorrebbe sostituire Jens Stoltenberg alla guida dell’Alleanza atlantica e l’Estonia è attaccata alla Russia, dalla quale si sente da sempre minacciata, dunque è possibile che la premier sia guidata un po’ da preoccupazioni difensive e un po’ dalla volontà ri rinforzarsi come candidata alla Nato. D’altra parte è vero che dalla Russia ci sono continue azioni di disturbo sui confini estoni e finlandesi, ad esempio spingendovi dei migranti e molte sono anche le azioni realizzate con attacchi cibernetici.Il capo del comitato militare della Nato, nella stessa conferenza stampa, ha anche affermato che “non cerchiamo la guerra, ma dobbiamo essere pronti per la guerra“. Affermazione comprensibile. Eppure, a rileggere il discorso di Monaco pronunciato dal presidente russo Vladimir Putin alla conferenza sulla sicurezza globale del 2007, sembra che Europa e occidente abbiano colpevolmente ignorato le minacce di una Russia che chiedeva più meno NATO vicina ai suoi confini, annunciando passo passo le cose che poi ha fatto. Putin non ha mai fatto mistero di voler riprendere gli spazi di quello che fu l’impero russo e molti dei Paesi oggi confinanti ne erano parte.Dopo il discorso di Monaco del 2007 l’UE ha intensificato rapporti con Georgia, Ucraina, Kazakistan. La risposta russa, più o meno diretta, è stata l’intervento a fianco degli indipendentisti dell’Ossezia del sud, in chiave anti-georgiana (2008), l’annessione della Crimea (2014), l’aiuto militare per sedare proteste di piazza in Kazakistan, su richiesta del presidente kazako (gennaio 2022, poco prima dell’avvio delle operazioni in Ucraina). Tutti modi per ribadire che Mosca ha scelto una sua sfera d’influenza, sulla quali non vuole intromissioni. Neanche da parte dei governi legittimi di quei Paesi.La destabilizzazione è un’altra arma che Mosca ha usato spesso, armando e favorendo forze secessioniste quando ce ne sono, o esaltando fenomeni, esecrabili ma piccoli, come i partiti che si richiamano direttamente al nazismo o al fascismo indicando dunque quei Paesi come pericolosi.Di recente un drone russo è precipitato in Romania, ma si è deciso di tenere un profilo basso, di evitare di poter dare pretesti per un acuirsi del confronto.Non preoccuparsi di cosa potrebbe fare la Russia dunque, visti i precedenti, sarebbe, secondo molti osservatori “da sconsiderati”. Non c’è bisogno di invadere militarmente l’Estonia per creare un problema alla Nato, ci sono molte altre azioni che possono essere compiute, e che Mosca ha compiuto che possono essere viste come un attacco all’Alleanza, che difficilmente può essere un’invasione con i carri armati, anche perché la Russia si rende conto che un’azione del genere creerebbe una situazione di debolezza per il Cremlino. Almeno finché non arriva magari un Trump che negozia una sua pace con Mosca e abbandona la Nato e l’Europa a sé stesse.

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    I missili balistici nordcoreani utilizzati dalla Russia in Ucraina preoccupano Bruxelles e Washington

    Bruxelles – Tra il 29 dicembre e il 2 gennaio, la Russia ha lanciato più di 500 droni e missili contro obiettivi ucraini. Come ricostruito dalle forze di intelligence americane, in quei cinque giorni Mosca avrebbe utilizzato diversi missili acquistati dalla Corea del Nord. Un patto, quello sulle armi tra Vladimir Putin e Kim Jong-un, che “preoccupa profondamente” l’Occidente.La condanna è arrivata in una dichiarazione congiunta, firmata dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, in nome dei 27 Paesi membri e dal segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, insieme ad Albania, Andorra, Argentina, Australia, Canada, Georgia, Guatemala, Islanda, Israele, Giappone, Liechtenstein, Moldavia, Monaco, Nuova Zelanda, Macedonia del Nord, Norvegia, Palau, Repubblica di Corea, San Marino, Ucraina e Regno Unito.Zona residenziale nel centro di Kharkiv colpita da un missile lanciato dalla Russia il 2 gennaio 2024 (Photo by SERGEY BOBOK / AFP)“Il trasferimento di queste armi aumenta la sofferenza del popolo ucraino, sostiene la guerra di aggressione della Russia e mina il regime globale di non proliferazione“, denunciano i ministri degli Esteri dei 49 Paesi uniti in una “risoluta opposizione” alla compravendita tra Mosca e Pyongyang. È una “palese violazione” di molteplici risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – la risoluzione 1718 nel 2006, la risoluzione 1874 nel 2009 e la risoluzione 2270 nel 2016 – che imponevano alla Repubblica Popolare Democratica di Corea (Rpdc) un percorso di demilitarizzazione. Risoluzioni “che la stessa Russia ha sostenuto”, sottolineano nella dichiarazione congiunta.Perché a preoccupare l’Occidente non è solo l’effetto che il supporto militare di Pyongyang può avere sulla guerra di aggressione russa in Ucraina, ma anche le possibili azioni unilaterali di un leader inaffidabile come Kim Jong-un. “Stiamo monitorando da vicino ciò che la Russia fornisce alla Corea del Nord in cambio di queste esportazioni di armi”, assicurano Borrell e Blinken. Il patto stretto tra Mosca e Pyongyang in occasione della visita di Kim Jong-Un in Russia lo scorso settembre prevederebbe infatti uno scambio reciproco di armamenti. A Putin i missili balistici, al leader supremo della Corea del Nord aerei, veicoli blindati, attrezzature per la produzione degli stessi missili e altre tecnologie avanzate.Inoltre “l’uso da parte della Russia di missili balistici della Rpdc in Ucraina fornisce anche preziose informazioni tecniche e militari” alla Corea del Nord. Nel momento più basso delle relazioni con i vicini della Corea del Sud degli ultimi decenni, con Kim Jong-Un che proprio oggi ha dichiarato che “se la Corea del Sud userà le sue forze armate contro la Corea del Nord o ne minaccerà la sovranità e sicurezza, non esiteremo ad annientarla”, la comunità internazionale teme il rischio che questo rafforzamento dell’arsenale militare possa deflagrare in un conflitto vero e proprio.“Siamo profondamente preoccupati per le implicazioni sulla sicurezza che questa cooperazione ha in Europa, nella penisola coreana, nella regione dell’Indo-Pacifico e in tutto il mondo“, avvertono i leader occidentali. Che concludono la dichiarazione congiunta esortando “tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, compresi tutti i membri del Consiglio di sicurezza, a unirsi a noi nel condannare le flagranti violazioni delle risoluzioni Onu da parte della Russia e della Rpdc”.

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    L’Ue colpisce Alrosa, il colosso minerario che produce oltre il 90 per cento dei diamanti russi

    Bruxelles – L’Unione europea ha inaugurato ufficialmente la battaglia contro i diamanti russi. Dopo l’approvazione del dodicesimo pacchetto di sanzioni a Mosca, che per la prima volta dall’inizio della guerra d’invasione in Ucraina ne ha vietato il commercio, oggi (3 gennaio) Bruxelles ha deciso di imporre sanzioni direttamente alla società Pjsc Alrosa, il gigante minerario di proprietà dello Stato russo, e al suo amministratore delegato.Stiamo parlando della più grande compagnia produttrice di diamanti al mondo, che rappresenta oltre il 90 per cento di tutta la produzione russa e che contribuisce in larghissima parte all’indotto complessivo di 4,5 miliardi di dollari all’anno che Mosca ricava dal commercio dei gioielli di lusso. Alrosa, così come tutte le entità colpite dalle misure restrittive dell’Ue, sarà soggetta al congelamento dei beni sul territorio europeo. E non potrà ricevere fondi da cittadini e imprese dell’Ue. Al suo amministratore delegato, Pavel Alekseevich Marinychev, sarà impedito l’ingresso e il transito nei 27 Paesi membri.Il colpo assestato ad Alrosa “integra il divieto di importazione di diamanti russi incluso nel dodicesimo pacchetto di sanzioni economiche e individuali adottato il 18 dicembre 2023″, spiega il Consiglio dell’Ue con un comunicato stampa. L’offensiva contro i diamanti russi è coordinata con i Paesi del G7 nel tentativo di privare la Russia di una importantissima fonte di ricchezza.Valdimir Putin e l’ex Ceo di Alrosa, Sergei Ivanov, al Cremlino nel 2020 (Photo by Mikhail KLIMENTYEV / SPUTNIK / AFP)Fino ad ora la compagnia di proprietà del Cremlino aveva potuto continuare la propria attività in Europa senza intoppi, così come il suo ex Ceo, Sergey Sergeyevich Ivanov, figlio di un amico di lunga data di Vladimir Putin. Sostituito da Marinychev nel maggio 2023, Ivanov è figlio di un ufficiale del Kgb, Sergey Borisovich Ivanov, nella cerchia dei più stretti collaboratori di Putin. Ivanov padre era stato inserito nella lista delle sanzioni europee già il 9 marzo 2022, due settimane dopo l’inizio dell’invasione russa, mentre l’ex amministratore delegato di Alrosa era soggetto a misure restrittive da parte di Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito, Giappone, Nuova Zelanda e Ucraina. Ma non dall’Ue.Con questa nuova designazione, le misure restrittive di Bruxelles nei confronti di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina si applicano ora complessivamente a 1.950 persone ed entità in totale. La prossima tappa della battaglia per ostacolare il commercio di diamanti russi è attesa dal primo marzo, quando sarà introdotto gradualmente un sistema di tracciabilità che diventerà obbligatorio a partire dal primo settembre 2024, e che permetterà di introdurre divieti anche sui diamanti russi lavorati in Paesi terzi.

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    Adottato il dodicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia. L’Ue colpisce il commercio di diamanti

    Bruxelles – L’Ue incarta il pacchetto regalo natalizio e lo spedisce al Cremlino. A una settimana dalle festività, i 27 hanno adottato oggi (18 dicembre) il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia dall’inizio della guerra d’aggressione in Ucraina. E finalmente prende di mira il commercio di diamanti, che frutta a Mosca 4,5 miliardi di dollari all’anno.Sconfitte le resistenze del Belgio e del settore dei gioielli di lusso: la nuova tornata di misure restrittive prevede il divieto di importazione, acquisto diretto o indiretto o trasferimento di diamanti dalla Russia. Un divieto che si applica “ai diamanti originari della Russia, ai diamanti esportati dalla Russia, ai diamanti in transito in Russia e ai diamanti russi lavorati in Paesi terzi”. L’iniziativa, coordinata con i partners del G7, farà sì che dall’inizio del nuovo anno sarà vietato il commercio di diamanti naturali e sintetici non industriali e di gioielli con diamanti.(Photo by Alexander NEMENOV / AFP)Solo in un secondo momento saranno introdotti una serie di divieti sui diamanti russi lavorati -cioè tagliati e/o lucidati – in Paesi terzi: per consentire misure di applicazione efficaci, dal primo marzo sarà introdotto gradualmente un sistema di tracciabilità che diventerà obbligatorio a partire dal primo settembre 2024. Con il dodicesimo pacchetto stop anche alle importazioni dalla Russia di prodotti derivati dai metalli: ghisa, fili di rame, fili di alluminio, tubi e tubature, che l’anno scorso sono stati acquistati da imprese europee per un valore totale di 2,2 miliardi di euro.Inoltre, il pacchetto amplia l’elenco di articoli soggetti a restrizioni che potrebbero contribuire al miglioramento tecnologico del settore militare, includendo prodotti chimici, batterie al litio, termostati, motori cc e servomotori per veicoli aerei senza pilota (i droni), macchine utensili e parti di macchinari.L’Ue a caccia delle elusioni alle misure restrittive contro la Russia“Più andiamo avanti e più saltano fuori elusioni” alle misure restrittive, spiegano fonti europee. Per tappare le fuoriuscite, Bruxelles ha deciso di estendere a tutti i beni con potenziale uso bellico esportati dall’Ue verso Paesi terzi il divieto di transito attraverso il territorio russo. I cittadini con nazionalità russa non potranno inoltre possedere, controllare o ricoprire incarichi in organi direttivi di entità che forniscono portafogli di criptovalute, servizi di conto o custodia a persone e residenti russi. Infine, l’Ue ha deciso di imporre obblighi di notifica per il trasferimento di fondi al di fuori dei 27 Paesi membri da parte di qualsiasi entità stabilita nell’Ue posseduta o controllata da un’entità stabilita in Russia.Diventa legge la clausola “no Russia”: chiunque esporti beni e tecnologie sensibili al di fuori del territorio comunitario dovrà vietare contrattualmente la riesportazione verso la Russia. La clausola copre tutti gli articoli utilizzati nei sistemi militari russi rinvenuti sul campo di battaglia in Ucraina.Una petroliera russa (Photo by Rizwan TABASSUM / AFP)Ma il nuovo pacchetto mira anche a chiudere le importanti lacune che hanno permesso a Mosca di continuare a esportare petrolio a prezzi competitivi, con un impatto ridotto sulle sue entrate. Perché l’embargo sulle importazioni e il tetto al prezzo del greggio russo non sono finora bastati, con diversi Stati Ue che hanno continuato a acquistare derivati del petrolio di Mosca da navi che battevano bandiera di Paesi terzi.Per mettere fine all’elusione Bruxelles ha escogitato un meccanismo rafforzato di condivisione delle informazioni che dovrebbe consentire una migliore identificazione delle navi e delle entità che attuano pratiche ingannevoli, come i trasferimenti da nave a nave utilizzati per nascondere l’origine o destinazione del carico. Inoltre, sarà introdotta l’obbligo di notifica per la vendita di navi cisterna, anche di seconda mano, a qualsiasi paese terzo. Infine, è stato introdotto un apposito embargo sul Gpl, il propano liquefatto, per un periodo transitorio di 12 mesi.In questo dodicesimo pacchetto non manca un capitolo dedicato alle sanzioni individuali. Un capitolo corposo, con 147 nuovi ingressi – 61 individui e 86 entità – in un elenco che conta ora 1950 individui e entità soggetti a misure restrittive dall’inizio della guerra in Ucraina. “Il nostro messaggio è chiaro – ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell -, rimaniamo fermi nel nostro impegno nei confronti dell’Ucraina e continueremo a sostenere la sua lotta per la libertà e la sovranità”.