More stories

  • in

    La crisi in Afghanistan riaccende il dibattito sulla difesa comune europea

    Bruxelles – La crisi afghana è il filo rosso che lega i due appuntamenti strategici che l’Unione Europea ha in programma per questa settimana: la riunione informale dei ministri della Difesa che si terrà domani e dopodomani (1°e 2 settembre) e quella sempre informale dei ministri degli Esteri (chiamata Gymnich) che si terrà giovedì 2 e venerdì 3 settembre. Non mancherà “una discussione comprensiva” su quanto è accaduto dopo il rapido ritiro delle truppe occidentali da Kabul la scorsa settimana e su quali opzioni sono oggi sul tavolo dell’Unione Europea che si dice pronta a un dialogo necessario con i talebani, che, nel bene e nel male, faranno parte del futuro dell’Afghanistan.
    Entrambe le riunioni dei ministri europei si terranno a Kranj, in Slovenia, ospitate dall’attuale presidente di turno del Consiglio dell’UE e saranno presiedute dall’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. La crisi in Afghanistan e gli sviluppi delle relazioni dell’UE saranno sul tavolo del vertice Gymnich, ma la discussione si interseca alla questione su come dare all’Unione Europea una difesa comune, che non significa solo un proprio contingente militare, forze armate a disposizione degli Stati membri, ma anche una comune visione strategica delle minacce dell’UE. Cosa che finora non è riuscita proprio perché gli Stati membri hanno opinioni diverse su quali siano le minacce per l’UE, ognuno con le proprie priorità strategiche.
    La riflessione innescata dalla crisi afghana farà breccia domani e dopodomani nella riunione dei ministri della Difesa, nel quadro della discussione sullo ‘Strategic compass’, la cosiddetta ‘bussola strategica’ a cui gli Stati membri stanno lavorando per orientare la rotta comune sulle minacce prioritarie alla sicurezza europea nell’arco del prossimo decennio. La crisi afghana e l’evidente disimpegno di Washington nelle dinamiche internazionali costringono a un’accelerazione della discussione e hanno riaperto a Bruxelles e dintorni il dibattito sulla necessità di rafforzare la capacità militare dell’UE e della propria autonomia strategica.
    E’ una delle lezioni dalla crisi in Afghanistan che l’UE dovrebbe imparare, ha affermato Borrell in una recente intervista al Corriere della Sera, parlando di “fallimento del mondo occidentale” ma anche di un momento spartiacque per le relazioni internazionali. Spartiacque perché costringe a una riflessione e porterà a dei cambiamenti. I lavori sulla bussola strategica “sono in corso” e si concluderanno durante il semestre di presidenza francese, presumibilmente a marzo del 2022, anche se “una prima bozza sarà disponibile già a novembre”, assicura un funzionario dell’UE che si occupa dei lavori.
    La posizione del capo della diplomazia europea è chiara: Borrell crede che i governi dell’UE debbano portare avanti una forza di reazione rapida europea per essere meglio preparati alle crisi future, come è successo in Afghanistan. La discussione va avanti da tempo: dal 2007 l’UE si è dotata di una capacità di intervento rapido per la gestione delle crisi, il cosiddetto ‘EU battle group’, che consiste in gruppi tattici o unità militari multinazionali, generalmente composte da 1.500 persone ciascuna. Come ogni decisione relativa alla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) dell’UE, il loro dispiegamento però è soggetto a una decisione unanime del Consiglio e quindi non sono mai stati dispiegati perché di fatto manca l’unanimità in Consiglio su quali siano le priorità di dispiegamento. Oltre a una chiara mancanza di una cultura della difesa europea, c’è il tema dei numeri. Borrell ha proposto di portare a 5.000 unità il numero, perché l’Unione Europea “dovrebbe essere in grado di sviluppare una forza militare europea”: l’aumento della capacità è una delle possibili modifiche sul tavolo dei negoziati tra gli Stati membri, di cui vedremo una prima bozza già a novembre.
    La capitolazione di Kabul nelle mani dei talebani sarà dominante, ma non l’unico argomento all’ordine del giorno. Sul tavolo dei ministri degli Esteri ci sarà anche una discussione sull’Iran e sui rapporti di Bruxelles con la Cina, mentre al centro dei colloqui tra i ministri della Difesa ci saranno anche gli altri impegni geostrategici dell’UE (in Libia, nei Balcani Occidentali e in Mozambico, per citare qualche priorità indicata da funzionari europei) e infine uno scambio di vedute con la NATO e l’ONU sulle future “aree comuni” di interesse strategico.

    Il futuro delle relazioni dell’UE con Kabul in mano ai talebani e il rafforzamento dell’autonomia strategica del Continente irrompono nell’agenda della riunione informale dei ministri europei della Difesa (1° e 2 settembre) e dei ministri degli Esteri Gymnich (2 e 3 settembre). Per il capo della diplomazia europea non c’è dubbio che sia arrivato il tempo di dotarsi di una propria forza militare comune

  • in

    Mattarella, atto d’accusa ai Paesi UE: sconcertante negare accoglienza agli afgani

    Roma – Sconcertante. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è diretto e mette i Paesi europei di fronte alle responsabilità e rispetto dei principi dell’Unione, togliendo quel velo di ipocrisia che in questi giorni ha accompagnato la crisi afgana vista da Bruxelles.
    E ciò che si registra “appare sconcertante” dice il capo dello Stato, riferendosi alla “grande solidarietà nei confronti degli afghani che perdono libertà e diritti ma che rimangano lì, non vengano qui perché se venissero non gli accoglieremmo. Questo non è all’altezza del ruolo storico, dei valori dell’Europa verso l’Unione”.
    Parole pesanti pronunciate a Ventotene dove sono le radici dell’Unione europea e dove in questo fine settimana è stato celebrato l’ottantesimo anniversario del manifesto che dall’isola prende il nome, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941. Un evento organizzato come di consueto insieme al seminario dei federalisti europei e che coinvolge decine di studenti e giovani oggi impegnati anche nel dibattito della Conferenza del futuro dell’Europa.
    Mattarella a Ventotene rende omaggio alla tomba di Altiero Spinelli
    L’atto d’accusa di Mattarella non passerà inosservato nelle cancellerie europee nei giorni in cui i limiti e i vincoli della politica estera dell’Ue appaiono in tutta la loro sconsolante chiarezza. La crisi in Afghanistan ha rimesso in agenda ciò che viene sistematicamente negato sulle politiche migratorie e Mattarella invoca un’UE “che deve avere finalmente una voce unica, sviluppare un dialogo collaborativo con le altre parti del mondo e particolarmente con l’Africa”. Risponde ai giovani del seminario federalista e spiega la necessità di governare e gestire il fenomeno “in maniera ordinata, accettabile e legale senza far finta di vedere quel che avviene per ora, così da non essere in poco tempo travolti da un fenomeno ingovernabile, incontrollabile”.
    La sostanza del messaggio è che diritti umani e democrazia non possono essere evocati a corrente alternata ed è appunto “sconcertante” l’indifferenza di fronte al dramma causato dal ritiro dell’alleanza e delle istantanee di un gigantesco esodo di civili afgani.  Un punto su cui oltre al tema delle migrazioni si innesta “la scarsa capacità di incidenza dell’UE, totalmente assente degli eventi e invece servono strumenti reali ed efficaci di politica estera e di difesa”. Ancora parole molto nette, arrivate in diretta alle orecchie di Josep Borrell, alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza, e Guy Verhofstadt, co presidente della Conferenza per il futuro dell’Europa.
    Bene la Nato ma “all’Europa è richiesta una maggiore presenza e una voce sola nella politica estera e di difesa”, dice Mattarella che di questi temi con Borrell ha parlato dopo l’incontro pubblico anche a pranzo.
    In un’intervista al Corriere della Sera, l’alto rappresentante torna sul punto, sui rapporti tra UE e la Nato e gli Stati Uniti, spiegando che quella in Afghanistan “non è stata una guerra solo americana” e che dunque anche l’Europa ha una parte delle responsabilità. Quanto ai rapporti con l’Alleanza atlantica, Borrell spiega che “come europei dobbiamo imparare da questa crisi a lavorare di più insieme e rafforzare l’idea dell’autonomia strategica”. Poi ricorda che Biden è stato chiaro, “gli Stati uniti non sono più disposti a combattere guerre di altri” e dunque l’Ue deve essere in grado di intervenire per proteggere i propri interessi quando gli americani non vogliono essere coinvolti”.

    Il capo dello Stato ospite delle celebrazioni per l’80° anniversario del Manifesto di Ventotene, sferza l’Europa sulle politiche migratorie e chiede impegno concreto sulla politica esterea e di difesa. Borrell: “Impariamo dalla crisi, dobbiamo rafforzare l’autonomia strategica per poter intervenire da soli”

  • in

    Un G20 straordinario per la crisi afgana. Draghi incontra il ministro russo Lavrov che chiede un vertice allargato a Iran e Pakistan

    Roma – Un G20 straordinario sulla crisi afgana. Dopo gli scarsi risultati dei sette grandi la presidenza italiana ci prova, nella speranza che con una formula più allargata si possa trovare uno spazio più condiviso. E la tappa di oggi (27 agosto) del ministro degli esteri della Federazione Russa Sergei Lavrov a Roma è stato un primo tassello, colloquio seguito da una telefonata tra il premier Mario Draghi e il primo ministro indiano Narendra Modi. Per un vertice straordinario servono certamente molti altri avvalli, tra cui quello della Cina. L’Italia sarebbe favorevole a una formula più ampia che comprenda anche alcuni inviti strategici come Iran e Pakistan, come ha rivelato il ministro russo Lavrov.
    “Il G20 rappresenta sicuramente la possibilità di intensificare la collaborazione fra i diversi Paesi e a differenza del formato G7, riflette la realtà multipolare del nostro mondo” ha detto il politico russo subito  dopo il colloquio alla Farnesina con il ministro italiano Luigi Di Maio. Conscio delle difficoltà in questa fase acuta della crisi ha detto che “le soluzioni congiunte non sono mai semplici ma la questione afgana “ci invita unire in nostri sforzi”. La preoccupazione della Russia è rivolta in modo particolare alla lotta al terrorismo e alla sicurezza dei confini, e va in questa direzione la richiesta di coinvolgimento dei Paesi alleati di Mosca, che più di altri risentiranno di una mancata stabilizzazione dell’area e del flusso dei profughi.
    Stabilizzazione tra gli obiettivi prioritari elencati anche da Mario Draghi per garantire la sicurezza del Paese e su scala regionale, “affrontare l’emergenza umanitaria e vegliare sul rispetto dei diritti umani, in particolare delle donne”.
    In questa fase è necessario uno “stretto coordinamento internazionale” ha sostenuto Di Maio, al termine del colloquio con il capo della diplomazia di Mosca, confermando che in questo contesto “il dialogo con la Russia è imprescindibile”, definendola “un attore fondamentale”.

    Durante i due distinti colloqui a Palazzo Chigi e alla Farnesina, si è discusso anche della questione libica per la quale Italia ritiene necessario “proseguire con il dialogo politico promosso a Ginevra dalle Nazioni Unite anche in vista delle elezioni di fine dicembre e della necessità di un rapido ritiro delle forze straniere dal Paese” con un chiaro riferimento anche al coinvolgimento della Russia e della Turchia.
    Restano ancora distanze profonde sulla questione Ucraina e sul caso Navalny. Lavrov ha ribadito che “è il governo di Kiev a non rispettare gli accordi di Minsk”, e ha rivendicato ancora una volta la libera scelta delle popolazioni della Crimea. Tra Mosca e l’Unione Europea resta dunque un solco profondo anche se il tema delle sanzioni è rimasto fuori dai colloqui odierni. Per quanto riguarda Alexej Navalny, Di Maio ha ricordato a Lavrov la “preoccupazione dell’Italia per l’oppositore del governo di Mosca “al quale devono essere applicate le legittime garanzie e la tutela dei “diritti fondamentali”.

    Russia disponibile a sostenere una proposta che rifletta un contesto multipolare al contrario del G7. Di Maio: Russia attore fondamentale ma con Mosca restano le distanze su Ucraina e caso Navalny

  • in

    Ungheria, l’ultima provocazione di Orbán: trattative aperte con la Russia per la produzione di Sputnik V

    Bruxelles – Non è la prima provocazione dell’Ungheria verso l’UE e non sarà l’ultima. Dopo aver somministrato il vaccino russo Sputnik V anche senza autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), Budapest compie un ulteriore passo e apre le trattative con Mosca per ottenere la licenza per la produzione del vaccino russo direttamente sul territorio ungherese. Produzione che potrebbe iniziare dalla fine del 2022, dal momento che Russia e Ungheria sono “in trattative avanzate”, ha confermato ieri (24 agosto) il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto che ha ricevuto a Budapest l’omologo russo, Sergej Lavrov. A gennaio l’Ungheria è stata il primo Paese dell’Unione europea ad autorizzare l’uso del vaccino russo, poi seguita anche dalla Slovacchia.

    🇷🇺🇭🇺 In #Budapest, Russian Foreign Minister Sergey #Lavrov held talks with Hungarian Minister of Foreign Affairs and Trade Peter Szijjarto.#RussiaHungary pic.twitter.com/o35xNyEIAo
    — MFA Russia 🇷🇺 (@mfa_russia) August 24, 2021

    Budapest si è premurata di sottolineare che senza il vaccino russo “l’Ungheria non avrebbe avuto la campagna vaccinale di maggior successo in Unione europea”, ringraziando Mosca e il governo russo per l’assistenza. In realtà, come mostrano i dati del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC) in Ungheria il 64 per cento della popolazione è completamente vaccinata, al di sotto di molti Paesi europei, mentre la media dell’intera Unione Europea è ferma al 65 per cento. L’Ungheria non solo non è tra i migliori in quanto a progressi nella campagna di vaccinazione, ma soprattutto ha anche usufruito del portafoglio di vaccini pre-acquistato dalla Commissione UE per i suoi Stati membri. Ad ogni modo, l’intenzione è quella di costruire “una fabbrica di vaccini nella città di Debrecen e produrremo lo Sputnik V”, ha spiegato Szijjarto.
    L’incontro tra omologhi è anche l’occasione per discutere di forniture di gas russo per l’Ungheria, mentre Mosca è alle prese con la fine della costruzione del gasdotto Nord Stream 2 che trasporterà gas russo in Germania e in Europa. Secondo Reuters, il ministro ungherese ha espresso l’intenzione di firmare un nuovo accordo di fornitura di gas naturale di 15 anni con la compagnia russa Gazprom quest’anno, con il prezzo e la flessibilità da stabilire già nelle prossime settimane. “Spero di poter firmare il nuovo contratto di fornitura di 15 anni quest’autunno con buone condizioni”, ha detto Szijjarto. L’omologo russo Levrov ha fatto eco, ribadendo che la cooperazione tra Russia e Ungheria è a livelli mai raggiunti, mentre quella di Mosca e Bruxelles è forse ai minimi storici.

    La licenza per la produzione del vaccino russo nella città ungherese di Debrecen al centro dei colloqui tra il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto e l’omologo russo, Sergej Lavrov. Mosca e Budapest in trattative “avanzate”, la produzione potrebbe iniziare a fine 2022. Discusse anche le forniture di gas russo