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    Cargo olandese colpito da missili Houti. Salvati i marinai grazie alla missione europea Aspides

    Bruxelles – Le fregate della missione europea Aspides hanno portato in salvo i 19 membri dell’equipaggio del cargo olandese Minervagracht, colpito da missili dei miliziani Houthi. I colpi di artiglieria, provenienti dallo Yemen, sono stati lanciati dai ribelli yemeniti per ostacolare il commercio europeo, in segno di sostegno alla causa di Hamas. I proiettili hanno ferito due membri dell’equipaggio, uno dei quali gravemente, e costretto il personale di bordo a interrompere la navigazione nel Golfo di Aden, prima dell’imbocco del Mar Rosso.La nave, come confermato dal presidente del Comitato militare dell’Ue, il generale irlandese Seán Clancy, è ora “in fiamme e alla deriva al largo della costa sud-orientale dello Yemen”.UKMTO reports two incidents (29 Sept):Attack #28082034: vessel struck by unknown projectile, fire onboard.Attack #33: splash/smoke sighted 128NM SE of Aden, Yemen.Unconfirmed: vessel may be the Dutch-flagged MINERVAGRACHT (IMO 9571521).#MaritimeSecurity #Yemen pic.twitter.com/rkjRYFFKbA— NewsFromSea (@riskiomap) September 29, 2025Il salvataggio, in gergo SOLAS (Safety of Life at Sea), ha coinvolto due imbarcazioni europee (una greca e l’altra francese) e un elicottero militare transalpino. Le operazioni si sono concluse in mattinata, 30 settembre, portando in salvo tutti i passeggeri. Dalle prime indiscrezioni si è venuto a sapere che lo staff della Minervagracht era composto da marinai filippini, russi, cingalesi e ucraini. Coloro che non sono risultati feriti sono stati imbarcati sulle fregate UE, mentre il velivolo transalpino ha portato il più grave in ospedale a Gibuti.Nonostante il lieto fine, rimane ancora un punto oscuro sulla vicenda: il motivo per cui la Minervagracht non aveva scelto di farsi scortare dalle navi europee. Infatti, a quanto afferma Associated Press (AP), l’imbarcazione olandese, il 23 settembre, era già stata presa di mira da un attacco fallito da parte dei miliziani Houthi. Senza una scorta preventiva, le fregate europee hanno potuto iniziare il soccorso solo dopo l’incidente.Djibouti Ports and Free Zones Authority reports that on Tuesday, September 30, we provided assistance to survivors from the attacked vessel M/V MINERVAGRACHT, sailing under the Dutch flag.The vessel’s last port of call was Durban, before calling at the Doraleh Multipurpose Port… pic.twitter.com/yg1WwqZ5mN— Djibouti Ports & Free Zones Authority (@dpfza) September 30, 2025L’incidente mette di nuovo in luce le criticità della rotta passante per Suez. La missione Aspides, iniziata nel febbraio 2024, è stata in grado di accompagnare con successo numerose navi cargo in direzione nord. Proprio in questo contesto, il generale irlandese Seán Clancy è tornato a insistere sull’importanza dell’impegno europeo: “Aspides difende la libertà di navigazione e protegge i marinai civili, contribuendo direttamente alla sicurezza europea e globale. Il nostro messaggio è chiaro: l’Europa deve continuare a investire in capacità credibili, pronte e reattive. Le operazioni come Aspides non sono facoltative, ma una necessità strategica per proteggere le rotte commerciali, sostenere i partner e salvaguardare la nostra prosperità comune”.Da sempre la zona è contesa tra varie forze. La città-stato africana del Gibuti, che si affaccia sullo stretto di Bab el-Mandeb e dunque sullo Yemen, è diventata, negli anni, una sorta di grande campo militare. Qui hanno basi militari e artiglieria Francia, Italia, Stati Uniti, Giappone e Cina.

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    La Moldova sceglie ancora l’Ue. Il PAS della presidente Sandu conquista la maggioranza assoluta alle urne

    Bruxelles – Il cammino di Chişinău verso l’Unione europea non si interrompe. Quando mancano ormai solo due sezioni ancora da scrutinare, il Partito dell’Azione e della Solidarietà (PAS), espressione della presidente europeista Maia Sandu, ha ottenuto il 50,16 per cento dei voti alle elezioni parlamentari in Moldova. Assicurandosi così la maggioranza assoluta necessaria per proseguire spediti nel percorso di riforme verso l’adesione al blocco Ue.Scacciate le vertigini di una pronosticata caduta libera – le proiezioni della vigilia davano il PAS tra il 34 e il 48 per cento – e lo spauracchio di un avvicinamento a Mosca, il partito guidato da Igor Grosu continuerà così a detenere la maggioranza parlamentare, con 55 seggi sui 101 totali. Al voto si sono recati oltre 1 milione e mezzo di moldavi, il 52,17 per cento degli aventi diritto, l’affluenza più alta dalle elezioni parlamentari del 2014. Come per le presidenziali dello scorso anno, la diaspora ha giocato un ruolo cruciale: quasi 300 mila cittadini moldavi hanno votato dall’estero – principalmente in Italia, Germania, Romania, Francia e Regno Unito -, scegliendo nel 78,48 per cento dei casi il PAS europeista.Non è tutto oro quel che luccica. L’Ue esulta – “Moldova, ce l’hai fatta di nuovo”, ha twittato Ursula von der Leyen -, ma i risultati dell’appuntamento elettorale, che vanno ben oltre un mero referendum sull’allineamento a Bruxelles o a Mosca, rivelano un lieve calo per la maggioranza europeista e una crescente polarizzazione nella società dell’ex repubblica sovietica. Il PAS è riuscito a limitare i danni: dal 52,80 per cento del 2021 al 50,16, un calo tutto sommato fisiologico dopo quattro anni di governo caratterizzati dall’impatto economico della guerra in Ucraina. Il Blocco Patriottico (BEP), la coalizione di sinistra filo-russa guidata dall’ex presidente Igor Dodon, è secondo con il 24,20 per cento delle preferenze. Dodon ha già indetto una protesta per oggi, accusando l’Occidente di aver interferito nel processo di voto.Il leader del Psrm e del Blocco Patriottico, Igor Dodon (foto: Daniel Mihailescu/Afp)Seguono da lontano il Blocco Alternativo (BeA) di centro sinistra, con il 7,97 per cento dei voti, e il partito populista di sinistra filo-russo Il Nostro Partito (PN), guidato dall’ex sindaco di Bălți Renato Usatîi, con il 6,20 per cento dei voti. Sopra la soglia del 5 per cento per l’ingresso in Parlamento anche un’altra formazione populista, Democrazia a Casa (PPDA), guidato da Vasile Costiuc, alleato del politico rumeno di estrema destra Călin Georgescu e sostenitore della riunificazione della Moldavia con la Romania.Come riportato dalla piattaforma sull’Allargamento The New Union Post, la Commissione elettorale centrale ha ricevuto diverse segnalazioni di violazioni elettorali. Tra gli incidenti, la presenza di persone non autorizzate all’interno dei seggi elettorali, violazioni della segretezza del voto, votazioni di gruppo e il cosiddetto “voto a carosello”, in cui gli elettori vengono trasportati per esprimere più voti.Maia Sandu all’eurocamera di Strasburgo (Foto di Frederic MARVAUX/ © European Union 2025)D’altra parte, nelle ultime settimane, Sandu e i leader europei hanno lanciato l’allarme sulle massicce campagne di interferenza elettorale orchestrate dalla Federazione russa per sabotare il voto. Lo scorso 9 settembre, la presidente moldava è intervenuta al Parlamento europeo parlando apertamente di “guerra ibrida di Mosca”. Non solo compravendita dei voti, ma campagne di disinformazione attraverso siti web fasulli che imitano ad arte le testate giornalistiche reali per diffondere in rete la propaganda filorussa. Un copione già visto nella stessa Moldova – lo scorso autunno, quando fu rieletta la presidente, si stima che Mosca avesse comprato 130 mila voti -, ma anche in Romania e in Georgia.“Nonostante i massicci sforzi della Russia per diffondere disinformazione e comprare voti, nessuna forza può fermare un popolo impegnato per la libertà”, ha esultato l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Concetto ribadito da von der Leyen, secondo cui “nessun tentativo di seminare paura o divisione ha potuto spezzare la determinazione” del popolo moldavo. Per Siegfried Mureșan, eurodeputato del Partito popolare e presidente della delegazione del Parlamento al Comitato parlamentare di associazione UE-Moldova, “la vittoria filoeuropea della Moldavia è una lezione per tutta l’Europa su come sconfiggere l’ingerenza russa“. Mureșan ha accusato la Russia e i leader filorussi di aver mobilitato “risorse senza precedenti – superiori all’1 per cento del PIL della Moldova – per finanziare illegalmente i partiti filo-russi, diffondere disinformazione, manipolare l’opinione pubblica e corrompere gli elettori”.Moldova e Ucraina, Costa al lavoro per superare lo stallo nell’adesioneOra, anche Bruxelles dovrà dare delle risposte alla scelta del popolo moldavo. Il Paese è ufficialmente candidato all’adesione dal giugno 2022, il via libera politico all’avvio dei negoziati di adesione risale al dicembre 2023 e la prima conferenza intergovernativa coi Ventisette è stata convocata nel giugno 2024, in parallelo a quella dell’Ucraina. Al momento, si registrano progressi sostanziali soprattutto in ambito di giustizia, anticorruzione e smantellamento delle strutture oligarchiche ereditate dall’Urss. Tuttavia, dato l’accoppiamento informale con quella di Kiev (sulla quale permane il veto di Budapest), anche la pratica di Chișinău rimane bloccata, nonostante l’esecutivo comunitario ritenga entrambe le nazioni “pronte” per aprire il cluster dei Fondamentali. Von der Leyen ha assicurato: “La nostra porta è aperta, e noi saremo al vostro fianco in ogni fase del percorso”.Secondo quanto riportato da Politico, il presidente del Consiglio europeo António Costa starebbe studiando un piano B per evitare lo stallo: permettere ai 27 di votare a maggioranza qualificata per aprire i capitoli negoziali, mantenendo la regola dell’unanimità per approvare la loro chiusura. I Trattati non lo prevedono, ma la Commissione europea – guardiano dei trattati -, di fronte all’ostruzionismo ungherese che “mette a rischio la credibilità del processo di adesione”, non lo esclude più: Guillaume Mercier, portavoce dell’esecutivo Ue, ha confermato questa mattina che il piano che Costa sta sottoponendo alle capitali “potrebbe essere esplorato”.

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    Dopo dieci anni l’UE reintroduce sanzioni contro l’Iran, bocciata la corsa di Teheran al nucleare

    Bruxelles – Congelamento dei beni bancari iraniani detenuti nella banche europee, divieto di fare affari, restrizione ai viaggi e agli spostamenti per le persone, divieti alla circolazione delle merci. L’Unione europea vara sanzioni contro l’Iran, in risposta alle intenzioni del regime degli ayatollah di riprende la corsa verso l’arricchimento dell’uranio e al nucleare a fini non civili. Si tratta di un ritorno al passato, dopo un processo di normalizzazione con Teheran avviato nel 2024, con la prima parziale sospensione di misure restrittive poi estesa nel 2015 e sfociata la cancellazione completa. Ora la nuova linea dura, peraltro annunciata dopo i provvedimenti presi da Francia, Germania e Regno Unito a fine agosto.Banche, commercio e trasporti: le sanzioni UEIl Consiglio dell’UE non si limita ad allinearsi alle decisioni prese in sede ONU. Vengono adottate misure restrittive autonome e tutte europee, a partire dal congelamento dei beni della Banca centrale dell’Iran e delle principali banche commerciali iraniane. Accanto a queste sanzioni finanziarie l’UE intende ripristinare misure volte a impedire l’accesso agli aeroporti UE dei voli cargo iraniani. In materia di trasporti si vuole inoltre impedire la manutenzione e il servizio degli aeromobili da carico o delle navi da carico iraniane.La guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei [foto: imagoeconomica via Arabic.Khamne]Oltre alle restrizioni agli scambi di merci i Ventisette varano una stretta commerciale che prevede il divietodi esportazione di armi verso l’Iran e il divieto di trasferimento di qualsiasi oggetto (materiale, bene e tecnologia) che possa tornare utile per le attività di arricchimento dell’uranio. A questo si aggiungono poi divieti di importazioni e trasporto di petrolio greggio, gas naturale, prodotti petrolchimici e petroliferi e derivati, divieto di vendita o fornitura di attrezzature chiave utilizzate nel settore energetico, divieto di vendita o fornitura di oro, altri metalli preziosi e diamanti. Infine disposte limitazioni nella vendita di programmi informativi e attrezzature navali.La presidenza danese del Consiglio dell’UE fa sapere che la decisione presa non pregiudica il prosieguo del cammino pacifico e diplomatico condotto fin qui: “Le porte per negoziati restano aperte“, il messaggio per Teheran.Il nucleare iraniano, quando Trump ha affossato le speranze di stabilitàLe relazioni tra UE e Iran hanno conosciuto una stagione di avvicinamento nel 2013, quando un accordo sul nucleare iraniano era già alla portata, e ancor di più nel 2015, quando il governo di Teheran sigla con la comunità internazionale il Piano d’azione congiunto globale (noto come JCPOA – Joint Comprehensive Plan of Action), l’intesa che permette la presenza di ispettori internazionali in Iran per verificare che il Paese non si doti della bomba atomica. E’ una nuova stagione di normalizzazione delle relazioni tra la repubblica islamica e il resto del mondo, e in particolare l’occidente, che vede nella cancellazione delle sanzioni europee uno dei momenti più alti.Per l’Ue l’accordo sul nucleare iraniano “non è morto”, Borrell ancora impegnato nelle trattative con TeheranA maggio 2018 il presidente USA Donald Trump annuncia di ritirarsi dall’acordo JCPOA, sconfessando l’attività del suo predecessore, Barack Obama, e gettando le basi per nuove instabilità regionali e mondiali. L’UE tenta di sostituirsi agli Stati Uniti, salvare gli accordi JCPOA ed ergersi a garante della pace mondiale, ma nonostante gli sforzi profusi prima da Federica Mogherini e poi da Josep Borrell – Alti rappresentanti per la politica estera e di sicurezza dell’UE succedutisi nel corso del tempo – le relazioni con Teheran si disfano nuovamente, a causa di una mossa vista dal governo iraniano come un tradimento dell’occidente.L’amministrazione Biden non ha saputo ricucire strappi divenuti ormai insanabili, e che con la nuova amministrazione Trump difficilmente miglioreranno. Nel frattempo l’UE ha preso posizione in maniera chiara, per quanto discutibile: gli attacchi israeliani in Iran, ‘giustificati’ dallo Stato ebraico per l’attività degli ayatollah sull’uranio, non sono stati condannati, a dispetto di attacchi russi in Ucraina. Un doppio standard che non è piaciuto a Teheran, finito comunque nella lista nera dell’UE per il suo ruolo giocato nella guerra in Ucraina.

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    Il muro di droni è nel futuro dell’Unione. La timeline è però incerta: tra un anno o chissà

    Bruxelles – Il muro di droni si farà. Quando e come è ancora da definire. Dall’incontro a Helsinki del commissario europeo alla Difesa, Andrius Kubilius, con i Paesi del fronte est dell’UE è emerso un elenco di priorità. L’ex primo ministro lituano, in conferenza stampa insieme al ministro della Difesa finlandese, Antti Häkkänen, ha sottolineato come “l’Europa deve concentrarsi sull’implementazione di strumenti per la sorveglianza. In questo campo siamo ancora insufficienti. Dobbiamo poter intercettare i droni di piccole dimensioni”.Proprio questi velivoli, anche nella giornata di oggi, hanno insidiato lo spazio aereo danese, obbligando le autorità locali a chiudere l’aeroporto di Aalborg, nel nord del Paese. La risposta europea dovrebbe essere un muro di droni che, dalle parole del commissario, dovrà avere tre elementi: “capacità di rilevamento, capacità di intercetto, capacità d’impatto”. Il progetto ha però ancora tempistiche incerte, lo stesso Kubilius ha parlato di un anno, ma tutto dipenderà da dove questo progetto inizierà e con quali caratteristiche.BREAKING:Denmark announces that the Aalborg Air Base of the Danish Air Force and Aalborg Airport have both just been closed after new drone intrusions by unknown dronespic.twitter.com/yiwNracVi1— Visegrád 24 (@visegrad24) September 25, 2025Tempi da definireNon sembrano saperne di più, per ora, neanche gli amministratori delegati di due società europee leader nella difesa. Jaanus Tamm, dell’azienda estone di sorveglianza DefSecIntel, e Sven Kruck, della società tedesca leader nella produzione di droni Quantum, sono intervenuti in una conferenza stampa organizzata dalla società di consulenza politica dell’ex segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen.La preoccupazione, per Tamm, è non sapere ancora quando e come: “Bisogna capire quali caratteristiche dovrà avere questo strumento. Per implementare determinati elementi bastano poche settimane, per altri diversi mesi”. Sulla stessa lunghezza d’onda, Kruck: “La difesa dovrà essere multiruolo, per rendere più sostenibile economicamente l’abbattimento di un drone. La decisione, però, deve essere su quali capacità operare”.La questione è anche economica. La Polonia, per intercettare la ventina di droni che a inizio settembre hanno violato il suo spazio aereo, ha utilizzato missili dal valore di milioni di euro. I velivoli avevano invece costi di produzione intorno alle migliaia di euro. Per questo Kubilius ha fatto notare come l’Unione Europea si stia impegnando a creare vantaggi fiscali per chi vuole investire in difesa. “Nel Consiglio Europeo di ottobre i leader discuteranno su come agire – ha aggiunto il commissario –. Noi stiamo facendo la nostra parte, oltre al successo dei prestiti SAFE, stiamo lavorando alla conclusione di progetti di partenariato tra Paesi che potranno unirsi per produrre armamenti e beneficeranno di sgravi fiscali”.Il tempo, però, scorre. Ne è preoccupato l’ex segretario generale dell’alleanza atlantica, Anders Rasmussen: “La NATO non può mettere a repentaglio la sua credibilità di alleanza difensiva non intervenendo. Abbiamo sottovalutato Putin. Lui sta testando la nostra compattezza, non possiamo permetterci di avere ancora una volta un approccio attendista”. Il consiglio di Rasmussen, ora senza ruoli operativi nell’alleanza atlantica, è di “abbattere i droni che entrano nel nostro spazio aereo per dare un messaggio chiaro a Putin”.Il lavoro degli sherpaLa macchina europea si muove. Tra riunioni con i leader, la NATO e le società produttrici, le decisioni sono ora, per ammissione di Kubilius, in mano agli sherpa: diplomatici di alto livello che agiscono da rappresentanti personali dei capi di Stato o di Governo. Sul tavolo sembrano esserci diversi sviluppi possibili, con focus più su un’area o su un’altra. Non è ancora chiaro però quale percorso verrà scelto.Certo le preoccupazioni di questi Paesi hanno ragioni geografiche evidenti. La Finlandia confina con la Russia per 1.300 chilometri, e l’ex premier lituano ha ricordato che “anche la Lituania ha gran parte del suo confine condiviso con Russia e Bielorussia (circa 1.000 chilometri, ndr)”.Great meeting with Finnish Defence Minister @anttihakkanen as we prepared for the important ministerial meeting here in Helsinki to discuss the Eastern Flank Watch—how to move ahead at full speed and its key elements, including the #DroneWall pic.twitter.com/gj6xRvswQ4— Andrius Kubilius (@KubiliusA) September 26, 2025L’efficienza UcrainaPer un giro in realtà maledetto del destino, coloro che potrebbero dare una grossa mano a sviluppare questo progetto sono gli ucraini. “Dobbiamo imparare molto dall’Ucraina – continua Kubilius – non solo per la tecnologia che ha a disposizione ma per la capacità di creare un ecosistema. Gli ucraini hanno un’incredibile interconnessione tra chi produce i sistemi di difesa, chi li usa e chi sviluppa i software tecnologici e analizza la loro efficacia. Questa spirale li porta sempre a migliorare”. Un’efficienza stimolata dall’esigenza di difendersi dall’invasore russo.

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    Ora Trump annuncia dazi al cento per cento sui farmaci, l’UE rassicura: “Per noi resta il 15”

    Bruxelles – Dazi del cento per cento su farmaci e medicinali importati a partire dall’1 ottobre. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, torna a minacciare nuove, ulteriori, tariffe che potrebbero abbattersi anche sull’Unione europea. A Bruxelles per il momento si ostenta sicurezza. A quanto si capisce in Commissione europea “gli Stati Uniti intendono garantire tempestivamente che l’aliquota tariffaria applicata ai prodotti originari dell’Unione Europea su prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname, non superi il 15 per cento per cento“, sottolinea Olof Gill, portavoce responsabile per le questioni commerciali. C’è però un aspetto che non è chiaro, in questo, momento, e che a Bruxelles viene riconosciuto sommessamente, ossia se l’annuncio di Trump sia o meno legato alla conclusioni delle verifiche sul commercio in essere. La sezione 232 del trattato di espansione commerciale del 1962 conferisce al presidente degli Stati Uniti ampia discrezionalità in materia di dazi, qualora si ritenga che le importazioni da altri Paesi “minaccino di compromettere” la sicurezza nazionale. Nei confronti dell’UE era in corso una verifica ai sensi della sezione 232, e i servizi dell’esecutivo comunitario non sanno dire se queste verifiche siano terminate oppure no.In sostanza si desume, sulla base degli accordi raggiunti con gli Stati Uniti e ancor più sulla dichiarazione congiunta, che l’UE non sarà toccata dai dazi sui farmaci e i medicinali. Ma è una supposizione, appunto. Questo dato la dice lunga su come e quanto l’UE abbia negoziato con l’amministrazione USA e quanto possa essere affidabile e attendibile l’inquilino della Casa Bianca. A Bruxelles si cerca di tirare dritto, ragionando in termini di ordinaria amministrazione. Non avendo ricevuto comunicazioni esplicite “l‘UE e gli Stati Uniti continuano a impegnarsi per l’attuazione degli impegni della Dichiarazione Congiunta“, continua Olof Gill, assicurando che allo stesso tempo le due parti stanno “esplorando ulteriori ambiti per esenzioni tariffarie e una più ampia cooperazione” in materia di commercio.Gli annunci di Trump non producono preoccupazioni, tanto è vero che il si ragiona sui benefici di quanto concordato. Il massimale tariffario onnicomprensivo del 15 per cento per le esportazioni dell’UE, settore farmaceutico compreso, “rappresenta una polizza assicurativa che non si verificheranno dazi più elevati per gli operatori economici europei”. Sempre che non esca fuori che le verifiche USA abbiano dimostrato il contrario.

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    La Moldova al voto sulla lama del rasoio tra Ue e Russia

    Bruxelles – Le imminenti elezioni in Moldova sono descritte da diversi osservatori come le più cruciali nella storia recente della giovane democrazia balcanica. Domenica, gli elettori si giocheranno nelle urne il futuro del proprio Paese. Nel rinnovare il Parlamento di Chișinău, gli elettori dovranno scegliere se rimanere sul sentiero europeista tracciato dalla presidente della Repubblica Maia Sandu o ascoltare le sirene delle opposizioni virando verso l’orbita di Mosca.Al momento attuale, nessun partito o coalizione sembrerebbe in grado di ottenere la maggioranza assoluta nell’assemblea di 101 membri, fissata a quota 51 seggi. Virtualmente tutti i sondaggi dipingono un quadro generale di profonda incertezza ed elevata frammentazione. Un’eventuale stallo complicherebbe i negoziati per formare un esecutivo, rischiando di paralizzare il piccolo ma strategico Paese balcanico lasciandolo particolarmente esposto alle forti tensioni geopolitiche regionali, e mettendo potenzialmente in naftalina anche l’avvicinamento all’Ue.Le proiezioni della vigiliaDa un lato, il Partito di azione e solidarietà (Pas) di Sandu – il cui candidato di punta è il presidente della Camera Igor Grosu – è in caduta libera. Dopo il folgorante successo alle ultime parlamentari del 2021, quando ha ottenuto il 52,8 per cento dei consensi e 63 seggi, la principale forza europeista nazionale è data oggi in una forchetta tra il 34 e il 48 per cento.Il presidente del Parlamento moldavo Igor Grosu (foto: Antoine Tardy via Imagoeconomica)Gli elettori sono scettici delle promesse non mantenute dai liberal-conservatori, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei pesanti impatti economici causati dalla guerra in Ucraina e la mancata realizzazione dell’agenda riformatrice. L’unica cosa certa, se tali stime verranno confermate, è che il Pas perderà la maggioranza assoluta che ha detenuto nella legislatura uscente e dovrà dar vita ad una coalizione per governare.D’altro canto, a insidiare da vicino il Pas c’è il Blocco patriottico (Bep), un cartello elettorale composto dai socialisti del Psrm, i comunisti del Pcrm, il Cuore della Moldova (Prim) e il Futuro della Moldova (Pvm). Complessivamente, questa variegata alleanza di forze della sinistra – raccoltasi dietro il leader socialista Igor Dodon, predecessore di Sandu alla presidenza della Repubblica – potrebbe attestarsi tra il 21 e il 36 per cento delle preferenze, contendendosi il primo posto col Pas. Il Bep spinge per un approccio geopolitico più “equilibrato”: un riavvicinamento a Mosca, pur senza strappare con Bruxelles, e la neutralità strategica di Chișinău (che rimarrebbe dunque fuori dalla Nato).Altri partiti tendenzialmente filorussi sono il Nostro partito (Pn), guidato da Renato Usatîi e accreditato con un tesoretto tra l’8 e il 12 per cento dei voti, e il Blocco alternativo (BeA), altra coalizione di centro-sinistra sedicente europeista ma legata indirettamente al Bep, che viaggia attualmente sul 7-8 per cento. Anche se finissero in vantaggio le sfaccettate forze della sinistra filorussa, ad ogni modo, la strada per la formazione di un governo non sarebbe necessariamente in discesa. Dodon potrebbe doversi fare da parte, lasciando a una figura terza (magari un tecnico) l’incarico di primo ministro e guidando dalle retrovie l’azione dell’esecutivo.Il leader del Psrm, Igor Dodon (foto: Daniel Mihailescu/Afp)In realtà, l’accuratezza dei sondaggi è limitata anche dal fatto che, nella gran parte dei casi, non prendono in considerazione i moldavi della diaspora. Come già accaduto nelle tornate elettorali dello scorso autunno, sono stati proprio i voti dall’estero (circa l’8 per cento del totale) a ribaltare risultati che parevano solidi, facendo pendere la bilancia dalla parte di Sandu e del Pas sia nei due turni delle presidenziali sia nel referendum costituzionale sull’adesione all’Ue.La dimensione geopoliticaLa posta in gioco in queste elezioni, più che la guida del governo, sembra dunque essere la stessa traiettoria geopolitica della Moldova. Secondo gli analisti, si tratterà del voto più importante dall’indipendenza del 1991: su un piatto c’è il cammino di Chișinău verso l’ingresso nel club a dodici stelle, sull’altro il ritorno della nazione balcanica nell’orbita del Cremlino, abbandonata dopo la dominazione sovietica.Il Paese è ufficialmente candidato dal giugno 2022, il via libera politico all’avvio dei negoziati di adesione risale al dicembre 2023 e la prima conferenza intergovernativa coi Ventisette è stata convocata nel giugno 2024, in parallelo a quella dell’Ucraina. Al momento, si registrano progressi sostanziali soprattutto in ambito di giustizia, anticorruzione e smantellamento delle strutture oligarchiche ereditate dall’Urss. Tuttavia, dato l’accoppiamento informale con quella di Kiev (sulla quale permane il veto di Budapest), anche la pratica di Chișinău rimane bloccata nonostante l’esecutivo comunitario ritenga entrambe le nazioni “pronte” per aprire il cluster dei Fondamentali.Il Paese balcanico è del resto cruciale anche da un punto di vista geostrategico per il sostegno occidentale a Kiev. Dall’avvio dell’aggressione russa nel 2022, ha ospitato oltre un milione e mezzo di rifugiati ucraini e fornisce attualmente protezione a oltre 100mila profughi. Soprattutto, la Moldova rappresenta una base fondamentale per il trasferimento dei rifornimenti militari al Paese invaso, e allo stesso modo costituisce uno snodo chiave per il trasporto di prodotti cerealicoli da e per l’Ucraina. A questo si aggiungano i rischi connessi alla presenza militare russa in Transnistria, la regione separatista pro-Cremlino.Le interferenze di MoscaDa diversi mesi, e con insistenza sempre maggiore nelle ultime settimane, Sandu e i suoi alleati europei stanno suonando l’allarme circa le massicce campagne di interferenza elettorale orchestrate dalla Federazione per sabotare il voto di domenica. Seguendo il copione già visto nell’ultimo anno non solo nella stessa Moldova (si stima che 130mila voti siano stati comprati dalla Russia lo scorso autunno) ma anche in Romania e in Georgia, Mosca starebbe facendo ricorso a tattiche ibride online e offline, già ampiamente note a Bruxelles.Oltre alla tradizionale compravendita di voti, le autorità moldave hanno segnalato una serie di campagne di disinformazione che hanno come bersaglio sia Bruxelles sia il Pas, anche tramite contenuti generati con l’intelligenza artificiale per discreditare personalmente i politici pro-Ue più in vista. Siti web fasulli imitano ad arte le testate giornalistiche reali per diffondere in rete la propaganda filorussa e addirittura falsi proclami governativi, e parrebbe essersi mobilitata addirittura la Chiesa ortodossa russa.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Vyacheslav Prokofyev/Sputnik via Afp)A inizio mese, Sandu ha invocato di fronte all’Eurocamera il sostegno dell’Ue in difesa della fragile democrazia moldava. A fine agosto, un trio di pesi massimi del calibro di Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Donald Tusk si erano recati a Chișinău per mostrare simbolicamente la vicinanza dei Ventisette. Giusto ieri (24 settembre), il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ammonito l’Assemblea generale dell’Onu sui pericoli della manipolazione elettorale russa.Per la capogruppo dei liberali di Renew a Strasburgo, Valérie Hayer, “il futuro della Moldova risiede in un’Ue forte e unita”. “Siamo al fianco di tutti i moldavi che difendono la loro democrazia”, ha dichiarato, aggiungendo che “i tentativi della Russia di interferire nella democrazia moldava sono riprovevoli e devono avere delle conseguenze“. Secondo il suo vice Dan Barna, “l’Ue deve rafforzare la resilienza della Moldova e garantire l’integrità del voto“.La portavoce del Berlaymont per gli Affari esteri, Anitta Hipper, ha dichiarato stamattina che Bruxelles ripone “piena fiducia nelle autorità moldave” e garantisce “supporto completo” a Chișinău, incluso tramite un nuovo “hub europeo di monitoraggio dei media digitali” nonché i 1,9 miliardi di euro erogati nel quadro del Piano di crescita per la Moldova approntato dall’Unione nell’autunno 2024. “L’Ue sta addestrando, consigliando e offrendo equipaggiamento tecnico” al Paese, ha aggiunto Hipper.

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    Zelensky all’Onu: “Putin va fermato, la sicurezza si ottiene solo con le armi”

    Bruxelles – Dal podio delle Nazioni Unite, Volodymyr Zelensky ammonisce i leader globali sul pericolo posto da Vladimir Putin alla sicurezza internazionale. Rivolgendosi oggi pomeriggio (24 settembre) all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York, il presidente ucraino ha pronunciato un duro discorso contro il suo omologo russo e rinnovato ai suoi partner occidentali l’appello a sostenere Kiev.“Solo noi possiamo garantire la nostra sicurezza“, ha scandito all’inizio del suo attesissimo monologo, ribadendo il diritto del suo Paese a difendersi dall’aggressione lanciata dalla Federazione nel febbraio 2022. L’unica reale garanzia di sicurezza, dice, sono “gli amici con le armi“: Stati Uniti, in primis, ma anche gli alleati europei e della Nato riuniti nella coalizione dei volenterosi.Una doccia fredda di cinismo che mette a nudo una verità senza tempo, anche se normalmente omessa dalla retorica dei proclami pubblici: “Sono le armi a decidere chi sopravvive“, incalza Zelensky, e lo stesso diritto internazionale “non funziona senza armi” e senza “amici potenti veramente disposti a difenderlo”. Amici come Donald Trump, nella prospettiva del leader ucraino, che lo ha visto ieri sera in un bilaterale definito “positivo”. E pazienza se lo zio Sam, all’occorrenza, usa le sue armi anche per piegarlo, il diritto internazionale (ad esempio bombardando i siti nucleari iraniani).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e il suo omologo statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)A seguito dell’incontro di ieri, del resto, il presidente statunitense è parso cambiare idea per l’ennesima volta sul conflitto, forse in maniera ancora più clamorosa del solito. “Penso che l’Ucraina, col sostegno dell’Ue, sia in grado di combattere e riconquistare” tutti i propri territori entro i confini del 1991, ha scritto Trump su Truth, senza escludere che Kiev possa addirittura “andare oltre”, alludendo a nuovi sconfinamenti in Russia.Trump ha definito la Federazione una “tigre di carta” dal momento che “ha combattuto senza scopo per tre anni e mezzo una guerra che avrebbe dovuto richiedere meno di una settimana per essere vinta da una vera potenza militare”. “Putin e la Russia sono in grandi difficoltà economiche, e questo è il momento giusto per l’Ucraina per agire“, ha concluso, chiosando: “Continueremo a fornire armi alla Nato affinché la Nato possa disporne come vuole”. Cioè, appunto, inviarle a Kiev.Dal Palazzo di vetro, Zelensky si è poi scagliato direttamente contro l’aggressore: “Non c’è tregua perché la Russia si rifiuta” di sedersi al tavolo delle trattative, ha aggiunto. Al contrario, ammonisce, “Putin continuerà a portare avanti la guerra, ampliandola e intensificandola” ben oltre l’Ucraina. “I droni russi stanno già sorvolando l’Europa”, ricorda riferendosi alle invasioni degli spazi aerei di diversi membri orientali della Nato (Polonia, Romania e repubbliche baltiche) verificatesi negli scorsi giorni.Nel mirino di Mosca, assicura inoltre il presidente ucraino, c’è anche Chisinau. “La Moldova si sta difendendo ancora una volta dall’interferenza della Russia“, ha ribadito facendo eco ai molteplici campanelli d’allarme suonati dalla presidente della Repubblica, Maia Sandu, sulle massicce campagne di influenza orchestrate dal Cremlino per sabotare il voto del prossimo 28 settembre e riportare il piccolo Paese balcanico nella propria orbita.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Per Zelensky, la stabilità del Vecchio continente verrà salvaguardata solo facendo desistere lo zar dal perseguire le sue mire neo-imperialiste. “Fermare Putin ora è meno costoso che cercare di proteggere ogni porto e ogni nave dai terroristi con droni marini”, ragiona. Al momento, tuttavia, il presidente russo non sembra intenzionato a cessare le ostilità. La Commissione europea ha da poco confezionato il 19esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, che dovranno ora essere approvate all’unanimità dai Ventisette, ma il club a dodici stelle continua a importare il petrolio e il gas russi.Infine, il presidente ucraino ha avvertito i leader globali sui rischi connessi allo sviluppo tecnologico al servizio della guerra, che si evolve più rapidamente della capacità degli Stati di difendersi. “Ora ci sono decine di migliaia di persone che sanno uccidere professionalmente usando i droni”, ha dichiarato, e sarebbe vicino il momento in cui i droni attaccheranno autonomamente “senza alcun coinvolgimento umano, tranne i pochi che controllano i sistemi di intelligenza artificiale”. “Stiamo vivendo la corsa agli armamenti più distruttiva della storia dell’umanità“, ha concluso, dopo aver appena chiesto più armi per difendersi dall’invasione.

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    Ucraina, von der Leyen alla Cina: “Usate la vostra influenza per portare la Russia ai negoziati”

    Bruxelles – Dopo accuse e sanzioni per l’appoggio offerto a Mosca nella sua guerra contro l’Ucraina adesso l‘Unione europea tenta la via della diplomazia, domandando alla Cina di sfruttare il suo peso per portare il leader del Cremlino al tavolo delle trattative. La riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite diventano l’occasione per un bilaterale tra la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e il primo ministro cinese, Li Qiang, dove provare a discutere di Ucraina.“Ho chiesto alla Cina di usare la sua influenza per contribuire a porre fine alle uccisioni e incoraggiare la Russia a sedersi al tavolo dei negoziati“, fa sapere von der Leyen al termine dell’incontro con il capo del governo della Repubblica popolare. “È giunto il momento della diplomazia”, continua la presidente dell’esecutivo comunitario, convinta che un’iniziativa cinese chiara “invierebbe un segnale forte al mondo”.Von der Leyen chiede dunque aiuto a Pechino per chiudere il conflitto che si trascina da febbraio 2022, e poco importa se tra le parti restano tensioni. Negli ultimi mesi Bruxelles ha apertamente attaccato la Cina per il sostegno offerto alla Russia di Putin, arrivando a includere il Paese asiatico nella lista dei nemici dell’Unione europea. La presidente della Commissione UE tenta la via del pragmatismo, consapevole di una posizione geografica e di forza politico-economica che fa di Pechino uno degli attori chiave della regione, con una capacità di azioni e pressione che gli europei non hanno.“Ho accolto con favore la dichiarazione del primo Ministro Li secondo cui sia l’Europa che la Cina condividono l’interesse a mantenere la pace nel mondo”, continua von der Leyen, che esprime una volta di più anche la linea dell’Unione europea a favore di negoziati anche in caso di conflitto in corso.