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    Borrell sceglie Di Maio come inviato speciale dell’Ue per il Golfo Persico

    Bruxelles – Sarà l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio il primo rappresentante speciale dell’Ue per il Golfo Persico. Dopo tante polemiche, la nomina da parte di Josep Borrell è arrivata e attende ora solo la ratifica formale da parte del Cops, il Comitato politico e di sicurezza che si riunisce domani (25 aprile) a Bruxelles. L’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza lo ha indicato come “il candidato più adatto” all’incarico in una lettera del 21 aprile scorso, vista dal Corriere della sera, e indirizzata agli ambasciatori del Comitato politico e di sicurezza degli Stati membri. Borrell propone per il nuovo incarico un mandato di 21 mesi, a partire dal primo giugno 2023 e fino al 28 febbraio 2025.
    Il nuovo incarico di inviato speciale è stato pensato soprattutto nell’ottica di rafforzare e approfondire i rapporti energetici con la regione del Golfo, una scelta motiva dalla difficoltà che l’Europa ha incontrato dall’inizio della guerra in Ucraina a diversificare l’approvvigionamento di gas dalla Russia e a cercare nuovi fornitori di idrocarburi. La Commissione aveva affidato la selezione a un panel di tecnici indipendenti che hanno presentato a Borrell una rosa finale di quattro nomi: oltre al nome dell’ex ministro degli Esteri nel governo Conte 2 e poi nell’esecutivo Draghi, in lizza c’erano l’ex inviato dell’Onu in Libia, lo slovacco Jan Kubis, l’ex ministro degli Esteri della Grecia e ex commissario Ue, Dimitris Avramopoulos, e il cipriota Markos Kyprianou. Nella nota consegnata a Borrell, i tecnici avrebbero suggerito il nome di Di Maio per la nomina “sulla base delle prestazioni fornite dai candidati”.
    La scelta di Borrell è infine ricaduta sull’ex vicepremier, tra le polemiche in Italia. “E’ una scelta legittima e libera dell’Alto rappresentante Josep Borrell, non è una scelta del governo italiano e non è un’indicazione del governo italiano”, ha chiarito oggi il ministro degli esteri Antonio Tajani al suo arrivo al Consiglio Affari Esteri in corso oggi a Lussemburgo. Di Maio “ha presentato la sua candidatura quando era ministro degli Esteri, non ha nulla a che vedere con questo governo, sono scelte che non ci riguardano”, ha detto Tajani, ribadendo che “è una candidatura individuale, non del governo”. La notizia ancora non è ufficiale, ma la Lega a Bruxelles già è partita all’attacco. “Quindi la scelta è squisitamente di carattere politico e non in base alle reali competenze in materia di energia e gas dell’ex grillino, fuori dal governo italiano perché bocciato dai cittadini alle ultime elezioni politiche e, da allora, disoccupato. Questa decisione denigra l’Italia perché nel nostro Paese ci sono senza alcun dubbio altri profili con CV adeguati”, Così l’europarlamentare Paolo Borchia, coordinatore Id in commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (Itre) e responsabile federale Lega nel Mondo, che lo scorso novembre presentò a riguardo un’interrogazione a Josep Borrell.

    La nomina dell’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza in una lettera al Comitato politico e di sicurezza Ue, che ora dovrà procedere al via libera. Tajani: “E’ una scelta legittima di Borrell, non è una scelta del governo italiano”

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    La Russia espelle 18 membri della delegazione dell’UE. Borrell: “Pura ritorsione”

    Bruxelles – Continua il braccio di ferro tra Mosca e l’occidente. La Russia espelle 18 membri della delegazione dell’UE presso la Federazione, contribuendo ad accrescere le tensioni di scontro sempre più aperto con l’Europa, che a seguito dell’aggressione dell’Ucraina ha già varato cinque pacchetti di sanzioni senza precedenti e già lavora al sesto, con il petrolio russo nel mirino.
    Per l’Unione europea un fulmine a ciel sereno, una decisione completamente inattesa. “I diplomatici dell’UE in questione esercitano le loro funzioni nel quadro e nel pieno rispetto della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche“, commenta l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, convinto com’è che “non ci sono motivi per la decisione delle autorità russe”. Per lo spagnolo quello messo in atto non è altro che “un puro atto di ritorsione” nei confronti dell’Unione per le sue politiche di risposta all’operato del Cremlino e delle sue forze armate.

    I strongly condemn the unjustified decision by the Russian authorities to expel 18 members of the Delegation of the European Union to the Russian Federation ⁦@EUinRussia.
    This decision only deepens Russia’s international isolation further. https://t.co/tJOArASkKM
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 15, 2022

    L’UE “condanna con fermezza”, ma intanto si consuma l’ultimo atto di relazioni sempre più complicate, in un’escalation continua che si fa fatica a stemperare e che rende sempre più difficile creare spiragli di dialogo, proprio quando il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, insisteva sulla necessità di tenere aperto aperto un canale diplomatico per cercare una soluzione non militare al conflitto. Invece la realtà dice che “la linea d’azione scelta dalla Russia rafforzerà ulteriormente il suo isolamento internazionale”, tuona Borrell.
    Difficile comunque immaginare un Putin spettatore, fermo e impassibile di fronte a sanzioni senza precedenti, una lista nera sempre più lunga di personalità a cui continuano a essere vietati ingresso e affari nell’UE e a cui vengono congelati tutti i beni. Se a questo si aggiunge anche l’espulsione di diplomatici russi dagli Stati membri dell’Unione, come quella decretata dallo stesso Di Maio, non sorprende che il leader russo voglia mostrare di tenere il punto. Con le istituzioni comunitarie chiuse in ragione delle festività pasquali e una Bruxelles svuotata di tutti i suoi attori, ecco il tiro mancino, l’ennesimo, contro l’Europa. La Russia espelle 18 membri della delegazione dell’UE nel Paese e fa capire che non è tempo di diplomazia.

    L’annuncio di Mosca a istituzioni comunitarie chiuse per le festività pasquali. L’Alto rappresentante: “L’azione rafforzerà ulteriormente il suo isolamento internazionale”

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    Dopo l’Algeria l’Angola e il Congo, nuove missioni dell’Italia per smarcarsi dall’energia russa

    (di Dario Borriello) Roma – Serve la pace, o almeno un ‘cessate il fuoco’, basta che arrivi in fretta. E serve “più europeismo, non il sovranismo”, che rischierebbe solo di far chiudere il Vecchio continente in se stesso. Parola di Luigi Di Maio, che ribadisce l’urgenza di uno stop al conflitto in Ucraina e dunque di “riattivare il processo di dialogo” con Mosca che eviterebbe pericolose escalation, sia per la sicurezza dell’Occidente, sia da un punto di vista umanitario, sociale ed economico. Ecco perché “dobbiamo sempre mantenere un canale aperto” con il governo russo. Al quale non concede sconti, perché “le atrocità sono sotto i nostri occhi, come i bambini e i civili uccisi”, ma contro cui nemmeno affonda il colpo: “L’Italia non ha gli elementi per verificare se in Ucraina stia avvenendo un genocidio”.
    Sullo sfondo di questa totale incertezza diplomatica ed economica, restano problemi enormi da risolvere in tempi decisamente stretti. La crisi energetica è solo la punta dell’iceberg, pericolosa tanto quanto l’aumento dei prezzi dei beni primari e alimentari. “Stiamo facendo battaglie importantissime in Ue, come il tetto massimo al prezzo del gas, per fermare le speculazioni”, a causa delle quali “le bollette di famiglie e imprese stanno arrivando a +400 per cento”. Il governo si sta muovendo per creare nuove partnership che permettano al nostro Paese di non dipendere più per oltre il 40per cento dalle importazioni dalla Russia: dopo aver firmato i primi accordi con l’Algeria per 9 miliardi di metri cubi in più, il piano d’azione per la diversificazione delle fonti proseguirà il 21 e 22 aprile prossimi, con la missione del presidente del Consiglio, Mario Draghi, in Angola, dove vedrà il presidente della Repubblica, Joao Manuel Goncalves Lourenco, e a Brazzaville, in Congo, per incontrare il presidente, Denis Sassou N’Guesso.
    Con il premier dovrebbero esserci, oltre a Di Maio, anche il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. La loro presenza, però, sarà legata soprattutto alla sottoscrizione di nuovi contratti di fornitura. “Nell’ultimo mese sono stato in Azerbaijan, Qatar, Congo, Angola, Mozambico e Algeria e abbiamo costruito i presupposti per nuove partnership energetiche sul gas. L’obiettivo è diversificare, affrancarci dalla dipendenza da un solo Paese”, ripete il ministro degli Esteri. Che implicitamente ammette gli errori compiuti dalla politica in passato, ritardando colpevolmente la virata sulla strategia energetica. Ma allo stesso tempo vuole guardare avanti: “Il miglior modo per raggiungere l’indipendenza è spingere molto di più sulle rinnovabili”, sottolinea. Per questo “sono contento che nell’ultimo decreto siamo riusciti a eliminare un po’ di pastoie burocratiche che bloccano le istallazioni di fotovoltaico, eolico e anche di altri tipi rinnovabili”.
    Tutto pur di liberare l’Italia – e l’Europa – dal “ricatto” della Russia. E del suo presidente, Vladimir Putin, sul quale Di Maio scarica tutte le colpe della crisi del gas: “Il problema, sostanzialmente, lo ha costruito lui quando ha iniziato a chiedere di farsi pagare in rubli”. Con il meccanismo della doppia valuta che, peraltro, non è possibile: “Significherebbe aggirare le sanzioni che sono state imposte alla Banca centrale russa”. E non sembra proprio il momento più adatto, ora che i primi effetti si fanno sentire sulla carne viva di Mosca: “Putin perderà il 10 per cento di Pil quest’anno, noi non abbiamo perso così tanto nemmeno nel primo anno della pandemia, e ha il 15 per cento inflazione in questo momento: sono numeri non sostenibili per l’economia russa. Certo, non mi rallegra ma sappiamo che è l’unico modo pacifico per colpire la sua volontà di continuare questa guerra”. Un motivo in più, per l’Europa, per accelerare l’iter del sesto pacchetto, che toccherà anche gas e petrolio, anche se resiste l’opposizione di una parte minoritaria dei Paesi UE.
    L’Italia, però, va avanti. “Le famiglie e le imprese italiane stanno pagano un alto prezzo, ma per l’invasione russa, non per le sanzioni – conclude Di Maio -. Dal Porto di Odessa usciva il 70 per cento del mais che arrivava in l’Italia, per questo il costo di alcuni beni di prima necessità stanno salendo, ed è per questo che la guerra deve finire prima possibile”.

    Il 21 e 22 aprile Mario Draghi e Luigi di Maio a Luanda e Brazzaville per accordi che mettano il Paese al riparo dagli effetti della guerra in Ucraina. Il titolare della Farnesina: “Spingere su rinnovabili, e riaprire il canale del dialogo con Putin”

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    Di Maio: Abbiamo espulso 30 diplomatici russi per tutelare “la nostra sicurezza nazionale”

    Bruxelles – L’Italia ha espulso 30 diplomatici russi. Lo comunica il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, precisando che la decisione è stata presa “per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale”.
    Di Maio parlando a Berlino a margine della Conferenza sulla Moldavia ha spiegato che “il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri,  Ettore Sequi, ha convocato questa mattina alla Farnesina, su mia istruzione, l’ambasciatore della Federazione Russa in Italia, Sergey Razov, per notificargli la decisione del Governo di espellere 30 diplomatici russi in servizio presso l’Ambasciata in quanto ‘personae non gratae’”.
    “Tale misura – ha aggiunto il ministro -, assunta in accordo con altri partner europei e atlantici (che stanno anche loro espellendo decine di diplomatici russi, ndr), si è resa necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale, nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa”.
    “L’Italia è disponibile a fare da garante della sicurezza e della pace in Ucraina e faremo tutto quello che serve per portare avanti questo lavoro” ha sottolineato Di Maio.

    Decisione assunta “nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa”

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    Ucraina, Di Maio: “Al lavoro a stretto contatto col Parlamento UE”

    Bruxelles – Rinsaldare il rapporto tra governo italiano e Parlamento europeo su tutti i principali dossier di stretta attualità, a cominciare da quello ucraino e dal suo aspetto umanitario. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, coglie l’occasione della riunione dei 27 capi diplomatici a Bruxelles per incontrare la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, e intavolare un dialogo di lavoro per l’immediato futuro. “Continueremo a lavorare insieme e a stretto contatto“, assicura il titolare della Farnesina, che vede “grande impegno” ma soprattutto “una grande sensibilità del Parlamento europeo e della presidenza del Parlamento europeo” sulla questione ucraina. Di Maio riconosce “l’importanza delle posizioni espresse anche sull’ingresso del Paese nell’UE“, e ha voluto “ringraziare a nome del governo” di Roma gli sforzi profusi in tal senso sin qui.
    Ne chiede anche qualcuno in più, consapevole della natura di Metsola, proveniente da un Paese da sempre in prima linea nella questione migratoria. Con la maltese Di Maio rilancia la necessità di un vero patto europeo sull’immigrazione, che sappia superare le regole che scaricano tutto il fardello dei richiedenti asilo agli Stati membri di primo ingresso. Chiede garanzie sul lavoro del Parlamento in tal senso, così da mettere pressione all’Europa degli Stati sempre divisi su punto. Occorre modificare e superare le logiche del regolamento di Dublino: è questo uno dei principali messaggi del titolare della Farnesina.
    Nella giornata di lavori e incontri istituzionali l’Italia si prodiga a tutto campo per gestire la questione della guerra e dei suoi sfollati. Ai ministri degli Esteri ha espresso l’invito a “prendere l’iniziativa per tregue umanitarie localizzate in Ucraina“, da avviare in attesa di un accordo di pace vero e proprio. Serve “un tavolo permanente” con Croce Rossa e Alto commissariato per i rifugiati (UNHCR) per evacuare la popolazione civile e darle sostegno.
    Serve dunque un’UE che agisca come attore di sostegno umanitario, ma non solo. C’è anche la questione energetica sul tavolo. Non a caso l’Unione dell’energia è un altro tema discusso con Metsola. Aumentare gli accordi con altri partner, e spingere sulla transizione sostenibile: tutti temi che già vedono Roma e Bruxelles vicine. Un’intesa che rende dunque possibile e auspicabile quel lavoro a stretto contatto che si intende portare avanti.

    Il ministro degli Esteri vede la presidente dell’Eurocamera. Conflitto e sua gestione il motivo di confronto e alleanza, con l’energia sul tavolo. Priorità all’aspetto umanitario. L’idea di “tregue umanitarie localizzate” nel Paese

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    Attese le sanzioni UE contro la Russia per il riconoscimento delle Repubbliche separatiste in Ucraina

    Bruxelles – La notizia è arrivata al termine della conferenza stampa post-Consiglio Affari Esteri che ha presentato le condizioni per una decisione sulle sanzioni UE contro la Russia: il presidente Vladimir Putin ha annunciato al cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e al presidente francese, Emmanuel Macron, che sta per firmare il decreto sul riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, nel Donbass ucraino. Si tratta di una delle due motivazioni che – da quanto dichiarato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell – dovrebbe portare alla “presentazione sul tavolo dei 27 ministri del pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia” (l’altra è “l’aggressione dell’Ucraina”).
    Lo stesso alto rappresentante Borrell si è trovato spiazzato dalla notizia del riconoscimento delle Repubbliche separatiste del Donbass e, di fatto, della volontà di annettere l’Ucraina in quanto “parte della nostra storia”. Ai giornalisti al termine della conferenza stampa ha commentato che “lo apprendo da voi, ora tornerò al lavoro”, ma quanto in precedenza affermato lascia spazio a pochissimi dubbi: ora le sanzioni UE contro la Russia dovrebbero essere discusse (e approvate) all’unanimità da un Consiglio Affari Esteri “pienamente unito su questa discussione difficile”. Il pacchetto di misure restrittive “è pronto, con diversi gradi di applicazione a seconda del tipo di aggressione che verrà messa in atto”, ha spiegato Borrell, senza voler entrare nei dettagli.
    A nulla è servito l’appello dei 27 ministri dell’Unione al presidente russo di non accogliere la richiesta della Duma di Stato e di rispettare gli accordi di Minsk, arrivato dopo dieci ore di uno dei Consigli Affari Esteri “più lunghi e intensi degli ultimi tempi”. Mosca si sta rendendo “responsabile delle violazioni del cessate il fuoco e delle provocazioni dei separatisti nel Donbass per avere un pretesto per un intervento armato”, ha accusato Borrell, che ha parlato della “più grande minaccia alla pace e la stabilità in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale e ora siamo a un punto di svolta per le regole internazionali e per tutto ciò in cui crediamo”.
    Ma le sanzioni UE potrebbero riguardare non solo la Russia. “Qualsiasi violazione della sovranità dell’Ucraina vedrà una nostra reazione, anche se dovesse essere iniziata dalla Bielorussia“, ha specificato l’alto rappresentante Borrell. Insomma, la presenza militare russa nel Paese e le esercitazioni militari che continuano “stanno facendo perdere a Minsk la sovranità e lo status di neutralità, una sorta di Paese satellite”. È per questo motivo che, “se l’invasione russa partirà dal territorio e con la partecipazione delle forze della Bielorussia, Minsk sarà sanzionata allo stesso modo“. Per quanto riguarda l’Ucraina, invece, oggi è stato il giorno dell’adozione formale del piano di aiuti UE da 1,2 miliardi di euro e del sostegno all’esercito di Kiev “con l’istruzione militare professionale che si può attivare con lo strumento di pace europeo”, ha aggiunto l’alto rappresentante dell’Unione.
    Sempre parlando di Ucraina, Borrell ha spiegato alla stampa internazionale che “l’UE è impegnata a sviluppare la sua prospettiva europea, presente da quando ha proclamato l’indipendenza”. E forse “è proprio questo il problema di Mosca”, ovvero che un’Ucraina con lo stesso standard politico e sociale dei Paesi membri dell’UE sia “uno specchio per tutti i problemi nel rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani in Russia“. Ma tornando ai problemi di più stretta attualità, Borrell ha confermato che “le missioni diplomatiche dell’UE e le ambasciate europee rimangono aperte e pienamente operative, con l’eccezione di un solo Paese”.
    “La nostra ambasciata a Kiev sta effettuando diverse prove di evacuazione del personale e sta chiedendo a tutti gli italiani in Ucraina di lasciare il Paese“, ha avvertito il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, alla stampa di Bruxelles a margine del Consiglio Affari Esteri di oggi. Tuttavia, il ministro ha precisato che anche “l’ambasciata resta aperta e pianamente operativa”, per dare “un segnale di vicinanza al popolo ucraino”. Per quanto riguarda le sanzioni UE contro la Russia, “l’Italia si coordinerà con i propri alleati”, ma la diplomazia rimane ancora lo strumento privilegiato: “È chiaro che lavorare nel modo in cui stiamo facendo adesso significa evitare le sanzioni”.
    È proprio in questo senso che Di Maio ha dichiarato di non escludere “ulteriori azioni UE nei prossimi giorni per favorire la soluzione diplomatica”, l’unica che può garantire stabilità nella regione: “Da più parti, sia a Mosca sia a Kiev, mi è stata data la piena disponibilità a trovare una soluzione diplomatica“. È altrettanto chiaro, in ogni caso, che il governo Draghi e gli altri 26 dell’Unione guardano alle operazioni militari russe “con enorme preoccupazione” e si dovrà trovare un modo per evitare un guerra “che avrebbe effetti devastanti sull’Europa”, ha ribadito con forza il ministro degli Esteri italiano.

    La decisione del presidente russo, Vladimir Putin, è arrivata al termine della conferenza stampa del Consiglio Affari Esteri. Ma l’alto rappresentante UE, Josep Borrell, l’aveva chiaramente indicata come presupposto per le sanzioni

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    La Russia annuncia il ritiro di parte delle truppe dal confine con l’Ucraina. Cauto ottimismo tra i governi europei

    Bruxelles – Alla vigilia del giorno X per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – almeno secondo quanto emerso negli ultimi giorni dalle previsioni dell’intelligence statunitense – Mosca sembra essere pronta a ritirare dalla frontiera occidentale alcune delle truppe schierate per esercitazioni militari. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, citando il portavoce del ministero della Difesa russo: “Considerato che l’addestramento militare sta per terminare, le unità dei distretti militari sud e ovest hanno già iniziato a caricare il personale e l’equipaggiamento sui mezzi di trasporto ferroviario e automobilistico e oggi inizieranno a dirigersi verso le loro basi militari”.
    Nel giorno della visita a Mosca da parte del cancelliere tedesco, Olaf Scholz – che ha ribadito la necessità di “ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina” – il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha accusato l’Occidente di “terrorismo mediatico” e ha dichiarato che la parziale smobilitazione delle forze “era pianificata e non dipende dall’isteria delle potenze occidentali”. A frenare gli entusiasmi è stato il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, prima dell’incontro di domani (mercoledì 16 febbraio) tra i ministri della Difesa dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. “Non ci sono segnali sul terreno che confermino la riduzione delle truppe della Russia ai confini dell’Ucraina“, ha messo in chiaro Stoltenberg, senza comunque chiudere ai “segnali da Mosca che la diplomazia deve continuare, un motivo di cauto ottimismo”. Per considerarla una vera e propria de-escalation, la NATO vuole vedere il “ritiro di mezzi pesanti e dell’equipaggiamento, non solo quello dei soldati”, considerato il fatto che il vero problema riguarda il mantenimento delle infrastrutture militari “dalla scorsa primavera”.
    Anche se l’annuncio del ritiro delle truppe dalla frontiera con l’Ucraina deve essere ancora confermato dai fatti, come scrivevamo ieri la minaccia reale alla sicurezza europea portata dalla Russia di Vladimir Putin ha comunque fatto scoprire all’Unione Europea di essere più unita di quanto si potesse immaginare. E ora l’ottimismo (cauto) può essere una chiave su cui impostare le prossime giornate comunque molto tese. “Ogni vero passo di de-escalation sarebbe un motivo di speranza“, ha dichiarato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha però avvertito che “gli annunci devono ora essere seguiti da azioni”. Sulla stessa linea il governo francese: “Se questa notizia positiva venisse confermata, sarebbe un segnale di de-escalation che chiediamo da settimane“, ha riferito in conferenza stampa il portavoce dell’Eliseo, Gabriel Attal.

    Discussed with Prime Minister of Italy #MarioDraghi the security challenges facing Ukraine and Europe today. Exchanged views on intensifying the work of all negotiation formats and unblocking the peace process. I appreciate 🇮🇹’s support for 🇺🇦!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) February 15, 2022

    Dall’altra parte della frontiera, il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha avvertito che “solo quando ci sarà un ritiro effettivo delle truppe della Russia, parleremo di de-escalation”, perché a Kiev “abbiamo una regola, crediamo solo a quello che vediamo”. Parlando alla BBC, Kuleba ha spiegato che l’Ucraina è al lavoro con i partner occidentali per “prevenire un’ulteriore escalation”. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha fatto sapere con un tweet di aver avuto uno “scambio di opinioni” con il premier Mario Draghi “sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace”. Palazzo Chigi ha reso noto invece che il premier Draghi ha ribadito il sostegno dell’Italia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio a Kiev è atteso oggi (martedì 15 febbraio) il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel primo appuntamento della missione diplomatica sulla frontiera orientale che giovedì lo dovrebbe portare a Mosca a colloquio con Lavrov.
    Una nuova preoccupazione per l’Unione Europea riguarda però le zone ucraine non controllate dal governo di Kiev, ovvero le regioni di Donetsk e Luhansk: oggi la Duma di Stato russa ha presentato un appello al presiedente Putin perché le riconosca come entità indipendenti. “Si tratterebbe di una chiara violazione degli accordi di Minsk“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il sostegno di Bruxelles all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale ucraina all’interno dei suoi confini “rimane incrollabile” e Borrell ha esortato il Cremlino a “mantenere i suoi impegni in buona fede”. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Scholz, al termine del colloquio con Putin: “Il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste sarebbe una catastrofe politica“.
    Intanto dal Parlamento UE è arrivato il via libera alla decisione della Commissione UE di stanziare un piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina a “coprire il fabbisogno di finanziamento residuo nel 2022”, si legge nel testo approvato con 598 voti a favore, 53 contrari e 43 astenuti. Secondo la relazione, le motivazioni vanno ricercate nelle “crescenti tensioni geopolitiche”, che “stanno avendo effetti negativi sulla già precaria stabilità economica e finanziaria dell’Ucraina“. Più nello specifico, “le persistenti minacce per la sicurezza hanno determinato un sostanziale deflusso di capitali” e “l’impatto negativo sugli investimenti futuri riduce ulteriormente la resilienza del Paese agli shock economici e politici”, sottolineano gli eurodeputati.

    The EU strongly condemns the Russian State Duma’s decision to submit a call to President Putin to recognise the non-government controlled areas of Donetsk and Luhansk oblasts of Ukraine as independent entities. This recognition would be a clear violation of the Minsk agreements.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 15, 2022

    Si attendono segnali sul terreno di una smobilitazione di truppe e infrastrutture dalla frontiera occidentale. Ma intanto preoccupa il possibile riconoscimento di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk

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    L’Italia invita i concittadini in Ucraina a lasciare il Paese. Il cancelliere tedesco Scholz tenta la mediazione a Mosca

    Bruxelles – Dopo gli Stati Uniti e la Germania, anche l’Italia inizia le operazioni informali di evacuazione dall’Ucraina. Dopo una riunione operativa dell’unità di crisi della Farnesina il ministro per gli Affari esteri, Luigi Di Maio, ha invitato ieri (domenica 13 febbraio) “in via precauzionale” tutti i i cittadini italiani presenti in Ucraina a “rientrare nel nostro Paese con mezzi commerciali“, così come “tutto il personale non essenziale della nostra sede diplomatica a Kiev”. Per il momento, comunque, l’ambasciata italiana “resta pienamente operativa”, ha scritto il ministro degli Esteri in una nota.
    Per l’Italia, che “riconosce pienamente l’integrità territoriale dell’Ucraina”, rimane imprescindibile un doppio sforzo per allentare le tensioni con la Russia di Vladimir Putin. In primis, il coordinamento con i partner NATO e UE “nella definizione di una posizione di fermezza” attraverso sanzioni immediate, nel caso in cui le circa 130 mila truppe di Mosca lungo il confine occidentale dovessero invadere l’Ucraina. Ma contemporaneamente si cerca di mantenere attivi i “canali di dialogo con Mosca, nell’auspicio che arrivino segnali concreti di de-escalation”. A seguire questa linea era stato già il premier Mario Draghi con una telefonata al presidente Putin due settimane fa, mentre il ministro Di Maio si è impegnato negli ultimi giorni in colloqui sia con i ministri degli Esteri europei, sia con quello russo, Sergej Lavrov.

    Nel tentativo di rafforzare la strategia di dialogo con il Cremlino, tra oggi e domani (14-15 febbraio), il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, si recherà tra Kiev e Mosca per colloqui con le due parti quasi pronte al conflitto. La visita di Scholz a Putin segue quella della settimana scorsa del presidente francese, Emmanuel Macron, per tentare di riportare la Russia al tavolo dei negoziati. Secondo le fonti di intelligence degli Stati Uniti la guerra “è imminente” e potrebbe iniziare già questa settimana, ma per i leader dell’UE è prioritario fare il possibile per non scatenare un nuovo conflitto alle frontiere dell’Unione. “È nostro compito assicurarci di prevenire qualsiasi guerra in Europa“, ha sottolineato con forza il cancelliere tedesco, che, prima della partenza, ha chiesto alla Russia “segnali immediati di de-escalation”.

    “In via precauzionale”, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha esortato i connazionali a rientrare nel Paese “con mezzi commerciali”. Il leader tedesco in missione dal presidente russo Putin per tentare di disinnescare la minaccia di guerra