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    Unione Europea e Giappone verso un memorandum di cooperazione sull’idrogeno

    Bruxelles – Entro fine anno l’Unione Europea è intenzionata a finalizzare con il Giappone un memorandum di cooperazione sull’idrogeno, per aumentarne lo sviluppo su larga scala. E’ quanto emerso da un incontro a Bruxelles tra la commissaria per l’Energia Kadri Simson e il ministro giapponese dell’Economia, del commercio e dell’industria Koichi Hagiuda, che si sono impegnati a “lavorare a stretto contatto per affrontare le attuali sfide sui mercati energetici mondiali”, compresa la guerra di Russia in Ucraina.
    Entrambi hanno sottolineato l’importanza della transizione verso l’energia verde e l’ambizione comune di essere climaticamente neutrali entro il 2050, ma rafforzare la cooperazione con il governo giapponese è sopratutto un ulteriore passo che l’UE fa nella diversificazione dei propri fornitori di risorse energetiche per affrancarsi dalla dipendenza da Mosca. La commissaria Simson ha spiegato che l’UE conta sul Giappone “come alleato nei nostri sforzi per stabilizzare i mercati del gas e del petrolio e aiutare l’Europa a porre fine alla sua dipendenza dai combustibili fossili russi”. Proprio nelle scorse settimane il Giappone, su richiesta di Washington e Bruxelles, ha deciso di dirottare alcuni carichi di gas naturale liquefatto (GNL), con spedizioni extra che hanno iniziato ad arrivare già questo prossimo.
    Oggi il presente è nel gas e nel gnl, ma guardando al domani il futuro è rinnovabile. “Speriamo di concordare presto un Memorandum di cooperazione sull’idrogeno ed espandere la nostra collaborazione su questioni come l’eolico offshore, le reti elettriche e le emissioni di metano“, ha aggiunto la commissaria.

    La collaborazione su eolico offshore, reti elettriche e le emissioni di metano al centro dei colloqui tra la commissaria Kadri Simson e il ministro giapponese dell’Economia Koichi Hagiuda, che si sono impegnati a “lavorare a stretto contatto per affrontare le attuali sfide sui mercati energetici mondiali”, compresa la guerra in Ucraina

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    Gli impegni dei leader G7: indipendenza energetica, fondi per sicurezza alimentare e nuove sanzioni “se necessario”

    Bruxelles – Un’unità “straordinaria”, come l’ha definita il premier Mario Draghi, come forse mai prima d’ora, è quella che è risultata dal vertice dei leader del G7 di oggi (giovedì 24 marzo) sulla risposta alla guerra tra Ucraina e Russia, in linea con le precedenti discussioni in seno alla NATO. “Siamo pronti ad applicare ulteriori misure restrittive come richiesto, se necessario, continuando ad agire in unità nel farlo“, si legge nella dichiarazione conclusiva dell’incontro dei capi di Stato e di governo di Italia, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Canada, insieme ai presidenti della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel. “Lodiamo quei partner che si sono allineati con noi in questi sforzi”, hanno aggiunto i leader, chiamando a raccolta tutti gli alleati e i Paesi terzi che hanno condiviso i quattro pacchetti di sanzioni (come la tradizionalmente neutrale Svizzera).
    Oltre al sostegno all’Ucraina e alla condanna senza appello dell’aggressione militare scatenata dalla Russia, nelle conclusioni del vertice del G7 è ampio lo spazio dedicato alla questione energetica e alimentare. “Stiamo facendo ulteriori sforzi per ridurre la nostra dipendenza dall’energia russa“, anche attraverso la ricerca di “forniture alternative sicure e sostenibili” e il sostegno “attivo” dei Paesi che vogliono eliminare “gradualmente” la propria dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone russo. In caso di possibili interruzioni delle forniture in arrivo da Mosca, “agiremo in modo solidale e in stretto coordinamento”, mettono in chiaro i leader del Gruppo dei 7. L’appello è rivolto in particolare all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC), invitati ad “agire in modo responsabile e ad aumentare le consegne ai mercati internazionali”, per assicurare forniture energetiche globali “stabili e sostenibili”. Nessun passo indietro, in ogni caso, sul raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi e del patto sul clima di Glasgow per limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi centigradi. Sul fronte dell’aumento dei prezzi dell’energia, è stata condannata la decisione di Vladimir Putin di “mettere a rischio la ripresa economica globale, minare le catene globali del valore e di causare gravi impatti sui Paesi più fragili”.
    La preoccupazione dei leader del G7 va oltre l’energia e riguarda anche l’agricoltura, messa sotto pressione dalla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Nessun divieto di esportazione o misure restrittive al commercio, mercati aperti e trasparenti. Mentre “l’attuazione delle nostre sanzioni contro la Russia tiene conto della necessità di evitare un impatto sul commercio agricolo globale”, sarà necessario adottare misure per “rispondere alla crisi”. Tra queste anche un “uso coerente di tutti gli strumenti e meccanismi di finanziamento” che permettano di “affrontare la sicurezza alimentare e costruire la resilienza nel settore agricolo in linea con gli obiettivi climatici e ambientali”. In questo senso dovranno essere affrontate “potenziali interruzioni della produzione agricola e del commercio”, ma è stato anche annunciato l’aumento del contributo collettivo “alle istituzioni internazionali pertinenti”, come il Programma Alimentare Mondiale (PAM), “per fornire sostegno ai Paesi con insicurezza alimentare acuta”. Al vertice del G7 è stato anche deciso di chiedere una sessione straordinaria del Consiglio dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), in modo da affrontare le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina sul piano della sicurezza alimentare e dell’agricoltura mondiale.
    Sullo sfondo rimane la minaccia nucleare. “L’attacco della Russia ha già messo a rischio la sicurezza dei siti nucleari in Ucraina”, hanno denunciato i leader del G7, avvertendo Mosca che “deve rispettare i suoi obblighi internazionali e astenersi da qualsiasi attività pericolosa“, garantendo il controllo “senza ostacoli” da parte delle autorità ucraine e il pieno accesso all’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica. L’avvertimento sul possibile uso di “armi chimiche, biologiche e nucleari” ricalca quello del vertice NATO, con la denuncia “categorica” della campagna di disinformazione “completamente infondata della Russia contro l’Ucraina, uno Stato che rispetta pienamente gli accordi internazionali di non proliferazione”.
    Rispetto al richiamo esplicito alla Cina della dichiarazione dei leader NATO, i riferimenti a Pechino del Gruppo dei 7 rimangono solo tra le righe: “Esortiamo tutti i Paesi a non dare assistenza militare o di altro tipo alla Russia per aiutare a continuare la sua aggressione in Ucraina”, è la risposta al rischio che il governo cinese possa pendere verso un appoggio militare ed economico. Nella stessa direzione si inserisce la “preoccupazione per altri Paesi che hanno amplificato la campagna di disinformazione della Russia”. In tutte le condanne dell’aggressione dell’Ucraina, non va dimenticato che Cremlino e popolazione non necessariamente coincidono agli occhi del mondo: “I cittadini russi devono sapere che non abbiamo nessun rancore nei loro confronti”, ma “sono Putin, il suo governo e sostenitori – compreso il regime di Alexander Lukashenko in Bielorussia – che stanno imponendo questa guerra e le sue conseguenze”. Una decisione che “infanga la storia del popolo russo”, hanno puntato il dito i leader del G7.

    Al vertice del Gruppo dei Sette decise “ulteriori misure restrittive” ai danni della Russia in caso di nuove escalation. I Paesi esportatori di petrolio chiamati a garantire “forniture stabili e sostenibili” e ad aumentare le consegne in caso di interruzioni da Mosca

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    Ucraina e Moldova sincronizzate alla rete elettrica dell’UE

    Bruxelles – Sincronizzare la rete elettrica dell’Ucraina a quella europea, così da affrancare il Paese dalla dipendenza energetica dalla Russia. Dopo aver trovato un accordo di principio con gli Stati a inizio marzo, mercoledì 16 marzo la Commissione Europea ha annunciato che entrambe le reti elettriche di Ucraina e Moldova “sono state sincronizzate con successo con la rete dell’Europa continentale” per aiutare i due Paesi a mantenere stabile il “proprio sistema elettrico, le case calde e le luci accese” anche durante la guerra della Russia in Ucraina.
    Per quanto riguarda Kiev, la sincronizzazione elettrica era un progetto che Bruxelles portava avanti da tempo considerandolo strategico per diversificare i fornitori di elettricità e rafforzare l’autonomia energetica del Paese dalla Russia. Secondo quando riferito dalla commissaria per l’Energia, Kadri Simson, l’allaccio sarebbe accaduto comunque in circostanze normali “il prossimo anno”, ma la guerra intrapresa da Mosca, inevitabilmente, ne ha accelerato i risultati. Poche ore prima dell’inizio dell’invasione da parte della Russia sul territorio di Ucraina, è stato effettuato un primo test per disaccoppiare la rete ucraina da quella russa. Un test di isolamento della rete che ha funzionato, dimostrando che il sistema elettrico di Kiev è in grado di funzionare anche senza quello russo. Dopo l’aggressione, Kiev ha deciso di non riallacciare la rete a quella russa e rinforzare il dialogo con l’UE.
    Appena qualche settimana dopo è stato compiuto un “passo chiave per mantenere le luci accese e le case calde in questi tempi bui sincronizzando le reti elettriche di Ucraina e Moldova con la rete europea”, scrive su twitter la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, assicurando che “continueremo a lavorare per stabilizzare i loro sistemi di alimentazione”. Una promessa che arriva anche dalla commissaria Simson, secondo cui “l’UE continuerà a sostenere l’Ucraina nel settore energetico, garantendo l’inversione dei flussi di gas verso il paese e la fornitura di forniture energetiche di cui c’è un estremo bisogno”. Da Kiev è arrivato il messaggio di ringraziamento all’UE da parte del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, compiaciuto del fatto che “l’Ucraina è diventata membro dell’Unione dell’energia. L’unificazione dei sistemi energetici è completata e ora l’elettricità ucraina può entrare in UE e viceversa”.

    🇺🇦 has become a member of 🇪🇺 Energy Union. The unification of 🇺🇦 & 🇪🇺 energy systems has been completed. Now 🇺🇦 electricity flows in 🇪🇺 & vice versa. Grateful to 🇪🇺 members, personally to @vonderleyen, @KadriSimson & everyone, thanks to whom we now have a single energy system!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) March 16, 2022

    Un progetto che Bruxelles portava avanti da tempo considerandolo strategico per diversificare i fornitori di elettricità e rafforzare l’autonomia energetica dei Paesi dalla Russia. La guerra in Ucraina ne ha accelerato tempi e modi, il presidente Zelensky: “Kiev è ora membro dell’Unione dell’energia”

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    È pronto il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia: vietati investimenti nel settore energetico e importazioni siderurgiche

    Bruxelles – I leader dell’Unione Europea l’avevano promesso questa notte, al termine della prima discussione del Consiglio informale a Versailles, e in meno di una giornata il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia è arrivato. O meglio, è arrivato l’annuncio delle misure restrittive in linea con i partner del G7 che saranno adottate domani (sabato 12 marzo), dopo “le tre ampie ondate di sanzioni che hanno colpito duramente l’economia della Russia”, ha sottolineato nella sua comunicazione la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen.
    Finalmente si inizia a intravedere qualche misura restrittiva sul piano dell’energia: “Proporremo un grande divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo“. La motivazione è semplice (la realizzazione meno) ed è legata al fatto che “non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha sottolineato con forza la leader dell’esecutivo comunitario. Il divieto coprirà tutti gli investimenti, i trasferimenti di tecnologia e i servizi finanziari per l’esplorazione e la produzione di energia. Per colpire ancora di più le fonti di liquidità del regime, sarà anche vietata l’importazione di beni-chiave nel settore siderurgico, privando il settore centrale dell’economia russa di “miliardi di entrate dalle esportazioni e assicurando che i nostri cittadini non sovvenzionino la guerra di Putin”.
    Si continua anche sulla strada della mano pesante contro l’economia e la finanza: “Il rublo è crollato, molte banche russe sono tagliate fuori dal sistema bancario internazionale, le aziende stanno lasciando la Russia” e con il quarto pacchetto di sanzioni UE si vuole “drenare le risorse che usa per finanziare questa guerra barbara“. Tutto questo fino a quando Mosca non mostrerà la “volontà di impegnarsi seriamente nei negoziati per una soluzione diplomatica”. Durissima la misura che nega alla Russia lo status di nazione favorita sui più importanti mercati globali, il che significa che non godrà più dei benefici derivanti dall’appartenenza all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): le aziende russe non riceveranno più trattamenti privilegiati e saranno sospesi finanziamenti e prestiti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. “La Russia non può violare grossolanamente il diritto internazionale e, allo stesso tempo, aspettarsi di beneficiare dei privilegi di far parte dell’ordine economico internazionale”, mette in chiaro la nota dei leader del G7.
    I ministri delle Finanze, della Giustizia e degli Affari interni del Gruppo dei 7 si incontreranno la settimana prossima per coordinare la task force per individuare nuovi membri dell’oligarchia russa vicina al regime Putin da colpire con le sanzioni e da escludere dal circuito delle criptovalute. Sempre in quest’ottica, il quarto pacchetto di sanzioni vieterà l’esportazione di qualsiasi bene di lusso dai Paesi UE e del G7 verso la Russia, “come un colpo diretto” all’élite russa: “Chi sostiene la macchina da guerra di Putin non sarà più in grado di godere del suo sontuoso stile di vita mentre le bombe cadono su persone innocenti in Ucraina”, ha attaccato von der Leyen.

    The three sweeping waves of sanctions and the extension of their scope this week have hit Russia’s economy very hard.
    The 4th package will be an additional blow to Putin’s regime.
    The invasion of Ukraine has to stop. pic.twitter.com/GFUisNpLWk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 11, 2022

    Sarà presentato domani (12 marzo) il nuovo pacchetto di misure restrittive in coordinamento con il G7. “Non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha attaccato Ursula von der Leyen

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    L’UE e la minaccia nucleare di Putin, Bruxelles lavora a un piano di emergenza dopo la presa della centrale di Zaporizhzhia

    Bruxelles – L’Unione Europea corre ai ripari sul fronte della sicurezza nucleare e nel fine settimana ha chiesto un rapido intervento dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) di fronte alla crescente preoccupazione per la sicurezza delle centrali nucleari ucraine. “Ho scritto al direttore generale Rafael Mariano Grossi per sostenere le sue azioni nel garantire la sicurezza nucleare dei siti in Ucraina. L’attacco armato contro impianti nucleari è contro il diritto internazionale”, afferma in un tweet la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, informando di un incontro nel pomeriggio di ieri tra i regolatori nucleari europei per “sostenere i colleghi di Kiev”.

    Nel pomeriggio di domenica, l’Ucraina ha informato l’AIEA che la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhya, il più grande impianto nucleare attivo in Europa, è finita ora in mano al comandante delle forze armate russe, dopo che le truppe di Putin ne hanno preso il controllo alla fine della scorsa settimana. Fino a venerdì scorso era il personale ucraino a far funzionare la centrale, da ieri qualsiasi azione di gestione dell’impianto, compreso il funzionamento tecnico dei sei reattori presenti nell’impianto, richiede l’approvazione preventiva del comandante russo. E questo è fonte di preoccupazione per tutti.
    Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’Energia si è detto “profondamente preoccupato” per questo sviluppo. Grossi ha denunciato in una nota anche grandi problemi di comunicazione con il personale della centrale nucleare di Chornobyl, con cui al momento è possibile comunicare solo con le e-mail. Le forze russe hanno preso lo scorso 24 febbraio (l’inizio dell’aggressione ai danni di Kiev) il controllo del luogo in cui, nel 1986, si è verificato il più grande incidente nucleare al mondo. Grossi ha riaffermato la sua disponibilità a recarsi alla centrale nucleare di Chornobyl per assicurarsi “l’impegno per la sicurezza e la protezione di tutte le centrali nucleari ucraine dalle parti in conflitto nel Paese”.
    Già in un confronto con l’Eurocamera la scorsa settimana la commissaria Simson aveva fatto sapere che anche l’UE sta seguendo da vicino la situazione della sicurezza nucleare insieme all’ENSREG, il gruppo europeo dei regolatori della sicurezza nucleare (European Nuclear Safety Regulators Group) che si è incontrato nel fine settimana e che sta preparando “un piano di emergenza nel caso in cui la Russia dovesse attaccare” gli impianti nucleari presenti sul territorio ucraino, da quando le truppe di Mosca hanno usato l’impianto (inattivo e luogo di raccolta di combustibile esausto e rifiuti radioattivi) di Chernobyl come scudo e rifugio all’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
    Il presidente russo Putin ha minacciato gravi ritorsioni e il ricorso alle armi atomiche, in caso di interventismo occidentale in una guerra che il capo del Cremlino considera legittima, facendo riferimento più o meno diretto alla bomba atomica. Occupando strategicamente impianti nucleari presenti sul territorio ucraino ha ricreato il clima di deterrenza nucleare tipico della Guerra fredda, in risposta alla raffica di sanzioni europee varate nell’ultima settimana ai danni dell’economia di Mosca. Prima ha messo in stato d’allerta le forze di deterrenza del Paese, forze strategiche di attacco e di difesa dell’esercito russo che includono anche una componente nucleare e poi ha posizionato strategicamente le sue truppe negli impianti nucleari, dicendo indirettamente che potrebbe usarli come arma di ritorsione. E’ improbabile un impiego di armi nucleari nella guerra in corso, ma chiaramente è impossibile escluderlo del tutto. È vero inoltre che la più grande preoccupazione al momento è che gli impianti siano accidentalmente coinvolti nei bombardamenti, con possibili effetti devastanti sui territori circostanti.

    L’allarme dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sull’impossibilità di comunicare con il personale di Chornobyl e la proposta del direttore generale Grossi di recarsi in loco per assicurarsi “l’impegno per la sicurezza e la protezione di tutte le centrali nucleari ucraine dalle parti in conflitto nel Paese”

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    L’Unione europea disconnette sette banche russe da Swift, ma risparmia la controllata di Gazprom

    Bruxelles – L’Unione Europea non ha alcuna intenzione di mettere a repentaglio le sue forniture di gas dalla Russia, nonostante i vari proclami sulla necessità di rendersi indipendente energeticamente da Mosca. Dopo l’accordo raggiunto in serata ieri (primo marzo) dagli ambasciatori degli Stati membri, l’Unione europea ha formalmente adottato oggi la decisione di escludere sette banche russe dal sistema dei pagamenti internazionali SWIFT per via dell’aggressione di Mosca ai danni dell’Ucraina, impedendogli quindi di effettuare transazioni finanziare in tutto il mondo.

    Si tratta di fatto di una delle sanzioni economiche più dure varate finora dall’UE e dagli altri Paesi occidentali (sono state stabilite insieme a Regno Unito, Canada e Stati Uniti) e per giorni è stata al centro delle discussioni tra gli Stati membri dell’Unione Europea. Dopo l’accordo di massima raggiunto sabato sera, l’incognita era rimasta la portata delle sanzioni e i nomi delle banche che avrebbero colpito. Non è passata quindi inosservata la scelta di escludere dalle sanzioni gli istituti bancari più grossi, come Sberbank e Gazprombank, tra le principali banche russe che non a caso è controllata da Gazprom, la compagnia energetica russa che rifornisce il gas all’Europa. Il motivo è semplice: non sono state incluse nell’elenco perché sono i principali canali che l’UE ha per pagare petrolio e gas russo, che i Paesi europei continuano ad acquistare nonostante il conflitto in corso.
    La decisione è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore tra dieci giorni, dal 12 marzo. Le sette banche tagliate fuori sono Bank Otkritie, Novikombank, Promsvyazbank, Rossiya Bank, Sovcombank, VNESHECONOMBANK (VEB) e VTB BANK e le sanzioni impediranno a queste banche di condurre le loro transazioni finanziarie in tutto il mondo. Un funzionario dell’UE ha spiegato a Reuters che non sarebbe stato possibile semplicemente consentire transazioni legate all’energia ed escluderne altre poiché SWIFT non è in grado di distinguere tra i vari tipi di pagamento, quindi fare una scelta se includerle o meno era inevitabile.
    Le sanzioni si estendono a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo con sede in Russia i cui diritti di proprietà siano detenuti direttamente o indirettamente per più del 50 per cento da queste banche, precisa una nota del Consiglio. La decisione è stata presa in coordinamento con i partner internazionali dell’UE, Stati Uniti e il Regno Unito. “Alla velocità della luce, l’Unione Europea ha adottato tre ondate di pesanti sanzioni contro il sistema finanziario russo, le sue industrie high-tech e la sua élite corrotta”, ha commentato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. “Questo è il più grande pacchetto di sanzioni nella storia della nostra Unione. La decisione odierna di disconnettere le principali banche russe dalla rete SWIFT invierà un altro segnale molto chiaro a Putin e al Cremlino”.

    In Gazzetta Ufficiale UE l’esclusione di sette banche russe dal sistema dei pagamenti internazionali per via dell’aggressione in Ucraina, ma Bruxelles lascia fuori dall’elenco Sberbank e Gazprombank, tra i principali istituti finanziari che servono per pagare petrolio e gas russo

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    UE e Colombia rafforzano la cooperazione sul clima

    Bruxelles – L’Unione Europea rafforza la cooperazione sul clima, l’ambiente e lo sviluppo sostenibile con la Colombia, considerando il Paese sudamericano “un partner indispensabile nella lotta al cambiamento climatico e nella nostra transizione verso un’azione per l’ambiente”. A sottolinearlo questa mattina (14 febbraio) la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, accogliendo a Bruxelles una delegazione colombiana guidata dal presidente Iván Duque Márquez, che questa settimana prenderà parte anche alla plenaria di Strasburgo del Parlamento europeo.
    E’ in questo contesto che il commissario europeo per l’Ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius ha firmato oggi con l’omologo colombiano Carlos Eduardo Correa, una dichiarazione congiunta UE-Colombia sull’ambiente, l’azione per il clima e lo sviluppo sostenibile, che individua una serie di priorità comuni per l’azione per il clima, dalla conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, alla riduzione del rischio di catastrofi, la lotta alla deforestazione, l’economia circolare, l’economia blu sostenibile e l’inquinamento da plastica. “Lavoreremo di pari passo sulla nostra agenda verde e la dichiarazione odierna rappresenta un altro passo importante in tale direzione”, ha dichiarato von der Leyen in un punto stampa.
    “Gli obiettivi globali possono essere raggiunti solo se i paesi di tutto il mondo lavorano insieme”, ha aggiunto Sinkevičius, sottolineando che la dichiarazione consente di fare “un ulteriore passo avanti nella trasformazione verde di cui abbiamo bisogno”. Un impegno che per l’UE è importante alla luce della seconda parte della COP15 di Kunming, in Cina, che si terrà dal 25 aprile all’8 maggio e su cui Bruxelles punta a finalizzare un ambizioso accordo globale sulla biodiversità, sulla scia di quello sul clima di Parigi del 2015.

    Firmata a Bruxelles la dichiarazione congiunta UE-Colombia sull’ambiente, l’azione per il clima e lo sviluppo sostenibile, in vista di un accordo ambizioso sulla biodiversità alla COP15 di Kunming che si terrà tra aprile e maggio

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    L’Unione Europea lavora a nuove misure contro il caro energia

    Bruxelles – La Commissione europea sta valutando se e come rafforzare la risposta europea al rialzo dei prezzi dell’energia, questa volta in maniera più strutturale. Secondo la sua ultima agenda provvisoria (che è sempre suscettibile a modifiche dell’ultima ora) dovrebbe presentare il 2 marzo una nuova comunicazione sull’energia per fare un punto della situazione e valutare se le misure pubblicate a sostegno degli Stati il 13 ottobre scorso possano essere ulteriormente rafforzate, potendo contare questa volta sulla valutazione del mercato energetico dell’UE dell’Agenzi per la cooperazione tra i regolatori dell’energia (ACER).
    Sono almeno 23 gli Stati membri che da ottobre hanno adottato misure per proteggere le famiglie e le imprese dai prezzi elevati di gas ed elettricità, mobilitando già oltre 21 miliardi di euro per circa 70 milioni di persone e di diversi milioni di imprese. Il pacchetto di linee guida mobilitato da Bruxelles è però solo una risposta a breve termine all’aumento eccezionale dei prezzi dell’energia, a dicembre il prezzo del gas all’ingrosso ha toccato il picco di 180 euro/MWh, poi sceso grazie a un aumento delle consegne di GNL (Gas naturale liquefatto) e condizioni climatiche più miti. Secondo diversi Paesi membri è un problema che va affrontato in maniera più strutturale vista anche l’incertezza che domina i rapporti dell’UE con la Russia, da cui dipende buona parte del gas in arrivo nel continente europeo.
    Nella sua iniziativa per decarbonizzare il mercato del gas pubblicata a dicembre, la Commissione ha messo sul tavolo la proposta di uno stoccaggio comune e di una riserva strategica di gas, come chiedevano diversi Stati membri tra cui l’Italia e la Spagna. La Commissione ha inoltre chiesto all’ACER di preparare un rapporto che analizza il funzionamento del mercato europeo dell’energia: studiare i benefici e gli svantaggi dell’attuale mercato potrebbe portare l’ACER a inviare a Bruxelles eventuali raccomandazioni e una delle opzioni possibili (richiesta da alcuni governi e mai esclusa dalla stessa presidente Ursula von der Leyen) potrebbe essere il disaccoppiamento dei prezzi di gas ed elettricità, in modo che non sia influenzati a vicenda.
    Lavorare sul piano interno non basta. La crisi energetica in cui si ritrova l’UE è in parte dovuta alla forte dipendenza dell’UE dalle fonti fossili e soprattutto da Paesi terzi, la Russia in primis. Bruxelles è preoccupata che un’ulteriore escalation di tensione in Ucraina possa abbattersi su ulteriori tagli alle forniture per l’Europa. Parlando in commissione parlamentare per l’Industria, la commissaria all’Energia Kadri Simson ha rivelato questa settimana che “i depositi di gas della (compagnia energetica russa) Gazprom in Europa sono pieni solo al 16 per cento”. E questo è uno dei motivi per cui il livello di stoccaggio del gas nell’UE “è in costante diminuzione”, si attesta a circa il 40 percento, ovvero il 10 per cento in meno rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
    L’UE sta già indagando sul comportamento sul mercato di Gazprom per comprendere la portata della pressione della Russia nella crisi energetica in corso: Mosca rispetta gli impegni di fornitura a lungo termine, ma ha rinunciato a rispondere alle richieste di ulteriori forniture da parte dei Paesi UE. Per questo, parallelamente, l’UE è alla ricerca di fonti alternative alla Russia per l’approvvigionamento e la fornitura di gas, in particolare di gas naturale liquefatto (GNL) che ha vantaggi sia dal punto di vista del trasporto sia di impatto ambientale. “La riduzione delle forniture di gas russo è in parte stata compensata dalle forniture di GNL” in Europa, ha chiarito Simson agli eurodeputati. Dopo aver cercato di rilanciare le discussioni con il Qatar, oggi la commissaria europea è a Baku, in Azerbaigian, per partecipare all’ottava riunione ministeriale del Consiglio consultivo del corridoio meridionale del gas. Un’occasione per “riaffermare il partenariato energetico strategico tra l’Unione Europea e l’Azerbaigian” ma anche per discutere nuove prospettive per rafforzarne le forniture all’Europa.

    Very good in depth discussion on #energy co-operation with @ParvizShahbazov, the Energy Minister of 🇦🇿
    We agreed to step-up our partnership, both in the gas sector, but also in the field of #renewables. pic.twitter.com/nOWPtxeguF
    — Kadri Simson (@KadriSimson) February 4, 2022

    La prossima settimana sarà la volta del Consiglio per l’energia UE-USA, che si terrà il 7 febbraio a Washington. Simson volerà oltreoceano per ringraziare il presidente statunitense Joe Biden per l’aumento di forniture di GNL all’Europa in questi tempi di crisi. L’intera Commissione Europea si sta muovendo velocemente sulla scena internazionale per arrivare prima dell’estate con una nuova strategia per un dialogo internazionale sull’energia, che Bruxelles punta a pubblicare (presumibilmente a maggio) per sostenere gli Stati membri nei loro contatti internazionali per le forniture energetiche che non siano con la Russia. In questo contesto preparatorio, Bruxelles sta lavorando contemporaneamente per un nuovo “partenariato multisettoriale” con i Paesi del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar) che sono i principali fornitori internazionali di idrocarburi, i componenti essenziali del petrolio greggio, dei gas naturali e di altri combustibili. L’iniziativa è tesa “a vedere con occhi nuovi le relazioni tra l’UE e il Golfo” sostiene Bruxelles, soprattutto sul piano della sicurezza energetica dell’UE.

    La Commissione deciderà a marzo su possibili nuove misure per rafforzare la sua “cassetta degli attrezzi” per orientare gli Stati membri, mentre rafforza il dialogo con i partner internazionali, compresi i Paesi del Golfo, per ridurre la sua dipendenza dal gas russo