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    I fondi di cooperazione Ue cambiano destinazione: 135 milioni di euro riorientati da Russia-Bielorussia a Ucraina e Moldova

    Bruxelles – Dagli aggressori agli aggrediti, per tagliare completamente ogni legame con i responsabili diretti e indiretti dell’invasione dell’Ucraina scatenata il 24 febbraio dello scorso anno. La Commissione Europea ha annunciato oggi (16 agosto) che 135 milioni di euro inizialmente previsti per i programmi di cooperazione regionale con Russia e Bielorussia hanno cambiato destinazione, passando al rafforzamento della collaborazione con Ucraina e Moldova.
    La commissaria per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira
    “La decisione di cancellare la cooperazione originariamente prevista con la Russia e la Bielorussia attraverso i nostri programmi Interreg è il risultato della brutale guerra della Russia contro l’Ucraina”, ha commentato la commissaria per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira: “Sono lieta che i fondi che avevamo inizialmente previsto per questa cooperazione andranno ora a beneficio dei programmi dell’Ue con l’Ucraina e la Moldova”. Per la commissaria europea questo “contribuirà a rafforzare la collaborazione tra le regioni dell’Ue e gli attori locali con i partner ucraini e moldavi“.
    I 135 milioni di euro ri-orientati facevano parte dei programmi Interreg Next 2021-2027 con Mosca e Minsk, all’interno dello Strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale. Già con l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina la Commissione aveva deciso di sospendere la cooperazione con la Russia e l’alleato bielorusso nei programmi Interreg, determinando un’immediata ridistribuzione di 26 milioni di euro (sempre verso Ucraina e Moldova) e congelando i restanti. Con la decisione di oggi è stata completata la procedura finanziamenti rimanenti del periodo 2021-2027, compresa la possibilità per le regioni di Finlandia, Estonia, Lettonia e Polonia che avrebbero dovuto partecipare ai programmi Interreg con Russia e Bielorussia di cambiare in corsa la destinazione di cooperazione.
    Il Collegio dei commissari a Kiev (2 febbraio 2023)
    Mentre da Bruxelles è arrivata la proposta di modifica del regolamento per le reti transeuropee del trasporto (Ten-t) – per estendere quattro corridoi al territorio ucraino e moldavo ed escludere quello russo e bielorusso – nel concreto i finanziamenti Interreg ri-orientati potranno sostenere attività come corsie preferenziali e lo sviluppo di collegamenti di trasporto transfrontalieri. A queste si aggiungono anche quelle per i servizi sanitari, i progetti di istruzione e ricerca, i programmi di inclusione sociale e il rafforzamento della capacità istituzionale delle autorità pubbliche ucraine e moldave. “La partecipazione ai programmi Interreg apporta anche vantaggi in termini di capacità amministrativa ed esperienza a entrambi i Paesi nella gestione e nell’attuazione dei fondi Ue”, sottolinea l’esecutivo comunitario a proposito dei percorsi di integrazione europea dei due candidati all’adesione all’Unione.

    La Commissione ha deciso di trasferire i finanziamenti rimanenti dei programmi Interreg Next 2021-2027 con Mosca e Minsk (previsti dallo Strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale) per rafforzare la collaborazione tra le regioni europee con Kiev e Chișinău

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    Putin e “le nuove dipendenze” con i prezzi bassi del grano. Borrell avverte le potenze G20 e chiede una risposta unitaria

    Bruxelles – Un appello ai ministri degli Esteri delle 20 più importanti economie al mondo per convincere Putin a riaprire i negoziati con l’Ucraina sull’esportazione di cereali attraverso il Mar Nero. E’ in una lettera datata lunedì (31 agosto) che l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borell, ha invitato i suoi omologhi dei Paesi in via di sviluppo e del G20 a fare pressione sul Cremlino per riprendere l’Iniziativa del Mar Nero per i cereali – scaduta il 17 luglio e non rinnovata da Mosca – e ad astenersi dal prendere di mira le infrastrutture agricole dell’Ucraina.
    “Il principale beneficiario del blocco dell’iniziativa del grano sul Mar Nero è la Russia e il suo settore agricolo, che beneficerà ulteriormente dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e aumenterà la propria quota di mercato nel mercato globale dei cereali, limitando fortemente la capacità di esportazione del suo principale concorrente”, mette in guardia il capo della diplomazia europea nella lettera vista da Eunews, in cui ricorda che, secondo i dati disponibili, “dal primo luglio 2022 al 30 giugno 2023, le esportazioni di grano della Russia dovrebbero raggiungere circa 45 milioni di tonnellate, oltre il 10 per cento in più rispetto alla media degli anni precedenti”. Lo stesso aumento dei ricavi si stima sulle esportazioni russe di fertilizzanti, che “sono aumentati del 150 per cento nel 2022, grazie all’aumento dei prezzi”.
    Questa lettera, spiega a Eunews un portavoce dell’esecutivo comunitario, si inscrive nel tentativo di sensibilizzazione che l’Ue sta cercando di fare nei confronti dei Paesi terzi, a sostegno degli sforzi condotti dalle Nazioni Unite e dalla Turchia per riprendere l’attuazione dell’Iniziativa del Mar Nero per i cereali e per “contrastare la disinformazione russa sulla sicurezza alimentare globale” e sull’impatto delle sanzioni dell’UE, soprattutto in vista dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si terrà a settembre. Borrell ricorda nel documento ancora che mentre “il mondo affronta l’interruzione delle forniture e l’aumento dei prezzi, la Russia si rivolge ora ai Paesi vulnerabili con offerte bilaterali di spedizioni di grano a prezzi scontati, fingendo di risolvere un problema che ha creato lei stessa”.
    Il riferimento dell’alto rappresentante è al fatto che il presidente russo Vladimir Putin la scorsa settimana ha proposto ai leader africani di sostituire le esportazioni di grano ucraino verso l’Africa. Per Borrell si “tratta di una politica cinica che usa deliberatamente il cibo come arma per creare nuove dipendenze, esacerbando le vulnerabilità economiche e l’insicurezza alimentare globale”. L’appello alla comunità internazionale è quello a parlare con una voce “chiara e unitaria”, che potrebbe portare il Cremlino a riconsiderare di “riprendere la sua partecipazione a questa iniziativa vitale”. Borrell chiude la lettera invitando gli omologhi a sollecitare la Russia a tornare ai negoziati e ad astenersi dal prendere di mira le infrastrutture agricole dell’Ucraina.

    Il capo della diplomazia europea scrive una lettera agli omologhi dei Paesi G20 e avverte che offrendo grano a buon mercato Mosca vuole “creare nuove dipendenze esacerbando le vulnerabilità economiche e l’insicurezza alimentare globale”. L’appello a coordinarsi e convincere Putin a rientrare nell’Iniziativa del grano sul Mar Nero

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    La stretta cinese all’export di gallio e germano preoccupa l’Ue: “Presto valutazione d’impatto sugli Stati”

    Bruxelles – La stretta cinese sull’esportazione di gallio e germanio, ovvero materie prime critiche per la produzione di semiconduttori, preoccupa l’Unione europea che sta valutando quale potrebbe essere l’impatto potenziale delle restrizioni sugli Stati membri. Parte delle restrizioni entrano in vigore da oggi (primo agosto) e la Commissione europea “sta attualmente lavorando su un’analisi dettagliata del potenziale impatto di queste misure restrittive alle esportazioni sui Ventisette”, ha spiegato la portavoce dell’Esecutivo europeo responsabile per il commercio, Miriam Garcia, durante il briefing quotidiano con la stampa, assicurando che l’Ue ha insistito con Pechino “sul fatto che questo controllo delle esportazioni non è” giustificato da “situazioni di sicurezza e quindi abbiamo sollevato le nostre preoccupazioni”.

    Non ha precisato quali saranno i tempi e quanto potrebbe richiedere la valutazione dell’impatto. A inizio luglio il ministero del Commercio cinese ha annunciato l’intenzione di Pechino di introdurre a partire dal primo agosto una serie di limiti all’esportazione di gallio e germanio, due materie prime utilizzate nella produzione di semiconduttori e di conseguenza per i microchip alla base delle tecnologie per la doppia transizione digitale e verde. Nel 2022 la Cina ha esportato circa 94 tonnellate di gallio e 43,7 tonnellate di germanio, coprendo rispettivamente circa l’80 e il 60 per cento (con il resto proveniente da Canada, Finlandia, Russia e Stati Uniti) del fabbisogno.
    Secondo uno studio pubblicato dai servizi della Commissione Ue, i Ventisette importano dalla Cina il 71 per cento del gallio e il 45 per cento del germanio necessari per la produzione industriale. Per anni Pechino è riuscita nel tempo a garantire una sorta di monopolio, proponendo sul mercato materie prime critiche a un prezzo competitivo. Entrambi i metalli sono utilizzati per lo sviluppo dei chip per computer ad alta velocità e nei settori della difesa e delle energie rinnovabili.
    Sulle materie prime critiche necessarie alla doppia transizione, Bruxelles ha chiarito più volte di non voler ripetere gli errori commessi in passato con la dipendenza energetica dai combustibili fossili importati (a prezzo basso) dal mercato russo. Quindi la strategia è quella della diversificazione, anche se sulle materie critiche non sarà facile come per gli idrocarburi. La Commissione europea ha varato lo scorso 16 marzo una vera e propria proposta di Legge sulle materie prime critiche (il Critical Raw material act) con cui ha individuato una lista di 34 materie critiche (dalla bauxite all’elio, dall’arsenico allo stronzio), ma riducendo l’elenco a sole 16 da considerarsi ‘strategiche’, tra cui gallio e germanio. Oltre alla Cina, piccole quantità di gallio sono prodotte da Giappone, Russia e Corea del Sud, mentre il Canada è il più grande produttore di germanio del Nord America.E’ nel quadro del Critical Raw Materials Act che la Commissione europea sta lavorando a un ‘Club’ delle materie prime critiche, ovvero un gruppo ristretto di partner affidabili con cui creare una catena di approvvigionamento, che non dipenda solo dalla Cina.

    In vigore dal primo agosto le restrizioni cinesi all’esportazione di alcune materie prime critiche necessarie alla transizione, gallio e germanio. Bruxelles lavora a un’analisi “dettagliata del potenziale impatto di queste misure restrittive alle esportazioni sui Ventisette”

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    L’Ue contro l’inquinamento da plastica nelle Filippine, von der Leyen lancia l’iniziativa da 466 milioni di euro

    Bruxelles – Combattere la grave crisi ambientale che porta le Filippine a essere uno dei principali produttori al mondo di rifiuti da plastica. E’ nel quadro del suo viaggio a Manila per incontrare il presidente Ferdinand Marcos e rilanciare un dialogo commerciale, che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato oggi (31 luglio) che insieme agli Stati membri Ue finanzieranno con 466 milioni di euro un’iniziativa per l’economia green locale per attuare un modello alternativo di gestione dei rifiuti di plastica, portando a catene del valore della plastica più sostenibili e a una riduzione dei rifiuti, anche quelli marini.

    We are also joining forces to fight climate change.
    Today we launch the Global Gateway initiative on the Green Economy.#TeamEurope will provide €466 million in financing, as well as expertise, for the transition to a circular economy and the production of clean energy. pic.twitter.com/SMZqPprmEk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 31, 2023

    La missione annunciata oggi è parte di Global Gateway, l’iniziativa di investimento globale da 300 miliardi di euro che la Commissione europea ha lanciato nel 2021 come strategia di soft power alternativa alla Via della Seta della Cina. In stretta collaborazione con le autorità locali, l’iniziativa annunciata contribuirà a sviluppare una politica di economia circolare, in particolare per affrontare il gravoso problema dei rifiuti di plastica, a integrazione della strategia nazionale per combattere i rifiuti marini.
    Il problema rifiuti nelle Filippine
    Il perché dell’iniziativa europea lo spiegano con chiarezza i dati sui rifiuti da plastica riportati da Our World in Data, secondo cui nel 2019 la popolazione filippina di 114 milioni di persone produceva oltre un terzo di tutti i rifiuti plastici oceanici del mondo, con 3,3 chilogrammi pro capite di rifiuti da plastica certificati nel 2019. Il Paese negli ultimi decenni ha osservato un aumento esponenziale di inquinamento da plastica dopo che il boom economico e la crescita della classe media hanno contribuito a stimolarne l’economia. Nel 2023, il governo ha approvato una legge per combattere l’inquinamento da plastica, che introduce la responsabilità estesa del produttore, ovvero obbliga i produttori di imballaggi in plastica ad assumersi la piena responsabilità per l’intero ciclo di vita dei loro prodotti, compresa la gestione dei rifiuti.
    Bruxelles spiega in una nota che l’iniziativa di investimento svilupperà una piattaforma di dialogo politico a livello governativo per promuovere i principi dell’economia circolare, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Ci sarà un potenziamento delle capacità per il Dipartimento dell’Energia e altre parti interessate chiave per sostenere l’agenda dell’energia pulita. Saranno individuati nuovi investimenti del settore energetico privato incentrati sulla mitigazione del cambiamento climatico. Dopo l’annuncio fatto oggi da von der Leyen, questo progetto sarà presentato anche al Global Gateway Forum che si terrà a Bruxelles il 25-26 ottobre.
    Nello specifico, questa iniziativa riunisce Commissione europea, Francia, Spagna, Germania e Finlandia. Austria, Paesi Bassi e Svezia contribuiranno con competenze e trasferimento tecnologico. Il contributo di Team Europe all’iniziativa è di 466 milioni di euro, con 64 milioni dei quali provenienti dal bilancio comunitario mentre gli Stati membri dell’Ue contribuiscono con i finanziamenti rimanenti e contribuiranno anche con competenze. “Investiremo nella transizione verso un’economia circolare e nella generazione di energia verde. E forniremo anche competenze, formazione e trasferimenti di tecnologia, perché questo è il modo per potenziare le comunità locali, ed è ciò che interessa all’Ue”, commenta von der Leyen. “Insieme alle autorità filippine stiamo sviluppando una politica per un’economia circolare. Una riduzione dei rifiuti di plastica e delle catene del valore sostenibili della plastica avranno un impatto positivo sulla popolazione locale, poiché ci sarà meno inquinamento da rifiuti sulla terraferma, nei fiumi e nel mare”, ha ricordato Jutta Urpilainen, commissaria per i partenariati internazionali.

    A Manila per incontrare il presidente Ferdinand Marcos e rilanciare un dialogo commerciale, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato che insieme agli Stati membri Ue finanzieranno un’iniziativa per l’economia green delle Filippine, contribuendo alla lotta contro l’inquinamento da plastica

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    L’accordo tra Bruxelles e Washington sui minerali critici è più vicino

    Bruxelles – L’accordo tra Usa e Unione europea sui minerali critici è sempre più vicino. I ministri degli Esteri dei Ventisette Stati membri Ue hanno autorizzato ieri (20 luglio) la Commissione europea ad avviare i negoziati, a nome dell’Ue, con gli Stati Uniti su un accordo sui minerali critici e le relative direttive di negoziato. 
    Da mesi ormai è in corso il dialogo tra Bruxelles e Washington per rafforzare le catene di approvvigionamento di minerali critici, necessari alla produzione di tecnologia pulita, e distendere le tensioni create dall’Inflation Reduction Act (IRA), il vasto piano di sussidi verdi per quasi 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Usa ormai quasi un anno fa, che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese europee. L’Unione europea è responsabile della politica commerciale degli Stati membri e negozia gli accordi per loro, dunque formalmente è la Commissione europea che chiede agli Stati membri una sorta di mandato politico per poter negoziare con una voce sola un accordo commerciale con un partner esterno.
    Da quando l’amministrazione Biden ha presentato l’IRA lo scorso agosto, è stata istituita una task force Usa-Ue con cui Bruxelles sta cercando di ottenere agevolazioni per le imprese dell’Ue, un trattamento di favore come quello di cui godono Canada e Messico. In assenza di un accordo globale di libero scambio tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, la conclusione di un accordo mirato sui minerali critici dovrebbe consentire ai minerali critici estratti o trasformati nell’Ue di essere conteggiati ai fini di determinati requisiti di credito d’imposta dell’IRA sui veicoli puliti e dunque poter accedere alle stesse agevolazioni.
    Passi avanti nei mesi scorsi si sono registrati nell’ottenere l’accesso ai privilegi fiscali negli Stati Uniti per l’industria automobilistica europea, in particolare sulle auto elettriche aziendali in leasing. Rimane l’altra questione dei minerali critici per la produzione di batterie elettriche, su cui l’Ue vuole un accordo separato. L’Ira prevede fino a un massimo di 7.500 dollari di incentivi per le batterie elettriche, di cui 3.750 riguardano i minerali e 3.750 il resto della componentistica. Per la quota relativa ai minerali – quindi il 50 per cento – Bruxelles vuole che anche le batterie prodotte in Europa possano avvalersi degli incentivi fiscali americani.
    Mandato sui minerali critici
    Secondo il mandato adottato dagli Stati membri, l’accordo sui minerali critici alla transizione dovrebbe essere “pienamente coerente con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio” e pienamente in linea “con gli obiettivi perseguiti nell’atto dell’Ue sulle materie prime critiche”, il Critical Raw Material Act presentato lo scorso 16 marzo. L’intesa dovrà inoltre promuovere livelli elevati di protezione ambientale e protezione dei lavoratori nel settore dei minerali critici e “incoraggiare la responsabilità sociale delle imprese lungo le filiere di approvvigionamento di minerali critici” e mirare a prevenire pratiche distorsive e protezionistiche nelle catene di approvvigionamento di minerali critici. 
    Infine, il mandato politico alla Commissione prevede che l’accordo continui a incoraggiare “la cooperazione sulle norme internazionali per la valutazione del ciclo di vita dei minerali critici, l’estrazione, l’etichettatura, il riciclaggio e la trasparenza , al fine di sostenere catene di approvvigionamento sostenibili e contribuire a prevenire futuri ostacoli al commercio Ue-Usa”. Con il mandato ora ufficialmente in mano, la Commissione europea può ora iniziare i negoziati formali con gli Stati Uniti in vista della conclusione dell’accordo. L’approvvigionamento di minerali critici per la transizione verde dipende quasi esclusivamente dalla Cina che lavora quasi il 90 per cento di terre rare e il 60 per cento di litio, indispensabile per la produzione di batterie elettriche. La Commissione ha presentato nei mesi scorsi i dettagli legislativi del suo Piano industriale per il Green Deal, una strategia di lungo termine per la competitività dell’industria: il ‘Net-Zero Industry Act’, la proposta di regolamento per l’industria a emissioni zero, il ‘Critical Raw Material Act’ per non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche per la transizione e la riforma del mercato elettrico dell’Ue. I due co-legislatori europei – Parlamento e Consiglio – stanno ora cercando un accordo politico su questi tre pilastri normativi del Piano per l’industria green.

    Gli Stati membri Ue autorizzano la Commissione europea ad avviare i negoziati, a nome dell’Ue, con gli Stati Uniti su un accordo sui minerali critici che sia in linea con l’Organizzazione mondiale del commercio

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    Si chiude il vertice Ue-Celac e von der Leyen “vede” chiuso l’accordo con il Mercosur entro fine anno

    Bruxelles – Finalizzare l’accordo con il blocco del Mercosur entro la fine dell’anno. Dopo la due giorni (17-18 luglio) di Vertice Ue-America Latina e Caraibi che si è svolta a Bruxelles, Ursula von der Leyen si dice ancora più “fiduciosa” che i negoziati si sbloccheranno e l’accordo sarà finalizzato entro la fine del 2023. “Sono fiduciosa, soprattutto dopo questi due giorni, che nei prossimi mesi saremo in grado di accelerare i negoziati sull’accordo” con il blocco del “Mercosur”, ha detto la presidente della Commissione europea parlando in conferenza stampa al termine del vertice. 
    L’ambizione di Bruxelles è quella di “superare nei prossimi mesi le divergenze che ancora rimangono e arrivare a un accordo al più tardi entro la fine di quest’anno”, ha precisato la presidente tedesca, dicendosi fiduciosa di trovare “nei prossimi mesi un’intesa per modernizzare” anche “l’accordo Ue-Messico”. L’accordo Ue-Mercosur è stato concluso dall’Esecutivo comunitario e dai quattro paesi del blocco commerciale Mercosur (Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay) il 28 giugno 2019 dopo due decenni di negoziati e mira alla riduzione delle tariffe sull’export in entrambi i mercati, tramite liberalizzazione dei dazi.
    E’ da allora però che il processo di ratifica ha subìto una brusca frenata, per una serie di ragioni. Intanto la parentesi di Jair Bolsonaro alla guida del Brasile dal 2019 al 2023 che ha imposto una politica ambientale più conservatrice, e si è opposto alle nuove richieste più attente a clima e ambiente da parte di Bruxelles. E questa è la seconda grande ragione che ha rallentato il negoziato, ovvero che dalla presentazione nel 2019 del Green Deal, il Patto verde per l’Europa, la Commissione europea spinge per garantire all’interno dell’accordo clausole di sostenibilità. Non solo critiche esterne, l’accordo è stato accusato anche internamente, in particolare del gruppo dei Verdi europei, di provocare danni ambientali e ricadere negativamente anche sulle condizioni dei diritti umani in Sud America, in Brasile soprattutto.
    Oggi, a detta di von der Leyen, le condizioni per rilanciare il negoziato sono a un punto di svolta. L’accordo con il Mercosur è stato il grande ‘elefante nella stanza’ nel tour dell’America Latina che la presidente ha fatto nel mese di giugno tra Brasile, Argentina, Messico e Cile. A giocare un ruolo fondamentale l’inversione di marcia del nuovo presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, e i ‘passi avanti’ che promette di compiere contro la deforestazione. Rispondendo a una domanda sull’accordo, la presidente della Commissione europea ha assicurato che entrambe le parti comprendono “l’alto valore di questo accordo e il mio viaggio in Brasile e in Argentina” nel mese di giugno “mi hanno aiutato molto ad ascoltare e a capire quali sono le idee. C’è un forte consenso, condividiamo gli stessi obiettivi: vogliamo la protezione del clima e della biodiversità e il presidente (del Brasile, ndr) Lula, da quando è in carica, ha fatto enormi progressi ad esempio per fermare la deforestazione”, ha assicurato. La Commissione Ue, a detta della sua presidente, è convinta che “tutto questo si rifletterà in un documento a cui stiamo lavorando” e che dovrebbe essere presentato nei prossimi mesi.

    Dopo la due giorni (17-18 luglio) di Vertice Ue-America Latina e Caraibi che si è svolta a Bruxelles, Ursula von der Leyen si dice ancora più “fiduciosa” che i negoziati si sbloccheranno e l’accordo con i Paesi del Mercosur sarà finalizzato entro la fine del 2023

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    Von der Leyen in Argentina sigla il Memorandum d’intesa sulle materie prime critiche

    Bruxelles – Catene del valore integrate delle materie prime sostenibili, cooperazione per la ricerca e l’innovazione e per sfruttare i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) e allineamento agli standard internazionali; infrastrutture per lo sviluppo dei progetti, riducendo al minimo il loro impatto ambientale e climatico; e rafforzamento delle capacità, l’istruzione e la formazione professionale e lo sviluppo delle competenze lungo le catene del valore delle materie prime sostenibili.
    Sono cinque le aree di collaborazione del Memorandum d’intesa sulle materie prime critiche tra Unione europea e Argentina siglato a Buenos Aires dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e dal presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez. L’Argentina è la seconda tappa del tour che vede impegnata la presidente della Commissione europea da lunedì a giovedì in America Latina con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con i principali Paesi della regione. Bruxelles getta le basi per preparare il vertice Ue-Celac (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi) che sarà ospitato nella capitale d’Europa il 17 e 18 luglio e von der Leyen dovrebbe annunciare in questi giorni una serie di progetti e iniziative d’investimento nella regione attraverso Global Gateway, la strategia di finanziamento da 300 miliardi di euro con cui l’Unione europea aspira a dar vita a una alternativa alla Via della Seta cinese.
    Di questi 300 miliardi, l’Ue ne ha riservati 10 alla regione dell’America latina e nei Caraibi, a cui pensa di poter integrare ulteriori risorse con i contributi bilaterali degli Stati membri e da investimenti del settore privato. Dopo la prima tappa di lunedì in Brasile il partenariato strategico con l’Argentina è il primo grande ‘annuncio’ fatto da von der Leyen. L’intesa mira a garantire lo sviluppo di un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime necessarie per l’energia pulita e la transizione digitale. Per von der Leyen “si tratta di un’iniziativa davvero vincente. È un grande passo avanti per le ambizioni climatiche dell’UE ed è vantaggioso per l’Argentina in quanto attore globale chiave nella transizione verso l’energia pulita. Una partnership basata su impegni condivisi per un futuro più verde, digitale e resiliente per tutti”.
    In conferenza stampa al fianco del presidente argentino, Alberto Fernández, von der Leyen ha insistito sul ruolo del litio nella transizione. “È praticamente ovunque: è nelle batterie; è nelle turbine eoliche. E mentre il mondo intero si sta imbarcando in queste tecnologie pulite per combattere il cambiamento climatico, la domanda di litio crescerà in modo significativo, non solo in America Latina ma in tutto il mondo. E questa è l’opportunità per l’Argentina di sviluppare questo settore con le catene del valore”, ha ricordato von der Leyen, precisando che la domanda europea di litio entro il 2030 sarà 12 volte maggiore di quanto non sia oggi. “Quindi il protocollo d’intesa che abbiamo appena firmato, ma anche l’accordo UE-Mercosur, renderanno possibili flussi di investimenti cruciali”, ha concluso.

    Buenos Aires è la seconda tappa del tour che vede impegnata la presidente della Commissione da lunedì a giovedì in America Latina con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con i principali Paesi della regione. Bruxelles getta le basi per preparare il vertice Ue-Celac che sarà ospitato nella capitale d’Europa il 17 e 18 luglio

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    I diamanti tornano al centro del dibattito Ue sulle sanzioni contro la Russia. Si ragiona su un sistema di tracciabilità

    Bruxelles – È passato quasi un anno dalla prima volta che la questione dei diamanti russi si è affacciata nel dibattito pubblico europeo a proposito delle sanzioni internazionali contro la Russia, ma da allora questo commercio globale che solo nel 2021 ha portato nelle casse di Mosca circa 4,5 miliardi di euro non è mai entrato in nessuno dei dieci pacchetti di misure restrittive già messi a terra dall’Unione. Si tratta di uno dei punti più critici dei rapporti tra l’Ue e la Russia, in particolare per uno Stato membro (e una sua città) che della lavorazione dei diamanti ha fatto il punto di forza della propria economia. Il Belgio e il porto di Anversa.
    Nonostante tutte le resistenze e le attività di lobby che hanno permesso all’industria belga della lavorazione dei diamanti di non essere coinvolte nei tagli alla macchina di finanziamento indiretto della guerra russa in Ucraina, nel pieno delle discussioni tra i 27 ambasciatori Ue sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino la questione è riemersa con più vigore. Tanto che diverse fonti riferiscono a Eunews una spinta convergente da Bruxelles e Hiroshima (dove è in corso il vertice dei leader del G7) sulla limitazione a questo commercio. Come si legge nella dichiarazione del Gruppo dei Sette sull’Ucraina – in linea con le anticipazioni della vigilia da funzionari europei – “al fine di ridurre le entrate che la Russia ricava dall’esportazione di diamanti, continueremo a collaborare strettamente per limitare il commercio e l’uso di diamanti estratti, lavorati o prodotti in Russia“. La precisazione è un impegno “con i principali partner al fine di garantire l’effettiva attuazione di future misure restrittive coordinate, anche attraverso tecnologie di tracciamento“.
    È proprio sulla questione del tracciamento che l’attenzione ritorna a Bruxelles. Fonti diplomatiche precisano che non ci sarà l’embargo in questa tornata di misure restrittive, ma che Belgio e Commissione Europea stanno mettendo a punto un sistema di tracciabilità, che dovrebbe rendere la misura più efficace rispetto a un semplice divieto di esportazione “difficile da attuare”. In ogni caso questo lavoro richiederà altro tempo per la definizione dei dettagli e della messa a terra e perciò non è atteso all’interno dell’undicesimo pacchetto. Altre fonti però invitano a prestare attenzione alle discussioni tra i leader del G7 e in particolare a quanto messo in chiaro dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Nel corso di un punto con la stampa a poche ore dall’inizio della riunione, il numero uno del Consiglio ha sottolineato che “ne limiteremo il commercio, i diamanti russi non sono per sempre e spiegheremo apertamente perché queste sanzioni sono necessarie e giustificate”. Ricordando che “non posso parlare a nome del governo belga”, proprio Michel (ex-premier del Paese) ha fatto notare che “sui diamanti c’è una discussione qui al G7 e una in parallelo sulle sanzioni a Bruxelles, faremo in modo che ci sia coerenza tra la dichiarazione e quello che stiamo facendo a livello europeo“.
    Un anno di dibattito su diamanti e sanzioni
    La questione dei diamanti era entrata per la prima volta nelle discussioni tra gli ambasciatori al Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) nel luglio dello scorso anno, in occasione del settimo pacchetto di sanzioni definito di maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento). Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue del 21 luglio era stato deciso di includere anche i gioielli nel divieto di acquistare, importare o trasferire l’oro russo (anche se esportato in un Paese terzo), ma era rimasto fuori il commercio di diamanti, dal momento in cui nella richiesta di allineamento dei leader del G7 in Germania questa azione non era prevista.
    (credits: Alexander Nemenov / Afp)
    Di fronte alla pressione crescente nei mesi successivi a causa dell’escalation della guerra in Ucraina, nelle trattative per l’ottavo pacchetto di sanzioni la proposta della Commissione Ue di un embargo totale ai diamanti grezzi dalla Russia è arrivata a un passo dal via libera da tutti i Paesi membri Ue, prima di essere bloccata da un colpo di coda in extremis. A spingere per l’esclusione del gigante russo dell’estrazione Alrosa dalla lista delle entità colpite era stata l’associazione di categoria Antwerp World Diamond Centre, che aveva denunciato il rischio di disoccupazione per oltre 10 mila lavoratori nella città fiamminga, centro dell’industria mondiale della lavorazione di diamanti. Si è trattata di una vera e propria concessione alle lobby della lavorazione dei diamanti belghe, che nella città portuale di Anversa hanno sede e da dove hanno influenzato la posizione del governo belga per prendere a picconate la proposta del gabinetto von der Leyen.
    Nel corso delle trattative tra gli ambasciatori anche per l’approvazione dei due pacchetti successivi di misure restrittive è passata la linea morbida del Belgio per non sganciarsi dal gigante russo dell’estrazione di diamanti, facendo leva sul timore che una misura restrittiva contro Alrosa possa colpire più l’economia e l’occupazione europea rispetto a quelle di Mosca. La marcia indietro dell’ottobre 2022 aveva segnato una sconfitta per Baltici e Polonia, che hanno sempre appoggiato un embargo totale sui diamanti (non-industriali). Ma, come avevano riferito al tempo fonti diplomatiche a Eunews, gli altri Paesi membri non avevano levato voci contrarie alla posizione del Belgio. Il commercio globale di diamanti grezzi della Russia è stimato dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti come una delle prime dieci esportazioni non energetiche di Mosca, pari al 30 per cento in tutto il mondo.

    Da Hiroshima, dove il vertice G7 ha avallato il dossier, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha messo in chiaro che “ne limiteremo il commercio, i diamanti russi non sono per sempre”. Fonti precisano a Eunews che non ci sarà l’embargo nell’undicesimo pacchetto