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    L’inizio dell’era post-fossile. La Cop28 segna la svolta “storica” e l’Ue rivendica l’accordo ‘Made in Europe’

    Bruxelles – Un lungo applauso è quello che alla Cop28 di Dubai ha accompagnato questa mattina l’annuncio di aver raggiunto uno “storico” impegno per abbandonare tutti i combustibili fossili nei sistemi energetici, nell’ottica di raggiungere a livello globale emissioni nette zero entro il 2050. Con un giorno di ritardo rispetto alla tabella di marcia (la Cop doveva chiudersi ieri), questa mattina poco dopo le 7 si è aperta una nuova sessione plenaria della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ma è durata pochi minuti. Appena il tempo per far constatare al presidente della Cop28, Sultan al-Jaber, che non c’erano obiezioni da parte dei quasi 200 Paesi presenti sull’ultimo testo di compromesso, al centro di frenetiche trattative della notte che hanno portato questa mattina a un accordo all’unanimità.L’inizio della fineNella versione definitiva dell’accordo non c’è un vero e proprio riferimento alle parole “eliminazione graduale” dei combustibili fossili, come chiedevano le parti più ambiziose, come l’Unione europea. Ma c’è un esplicito richiamo alla necessaria “transizione dai combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere l’azzeramento netto entro il 2050”, si legge nel documento finale licenziato a Dubai.L’accordo è senza dubbio storico perché è la prima volta nella storia del più importante appuntamento globale di diplomazia climatica in cui nell’accordo finale è presente un chiaro riferimento alla fine dell’utilizzo di  gas, carbone e petrolio che dovranno progressivamente essere abbandonati dai sistemi energetici globali per raggiungere la neutralità globale. La Cop28 sarà ricordata per aver segnato l’inizio di questo processo, ovvero l’inizio della fine per i combustibili fossili. Anche se il lavoro è tutt’altro che compiuto. Il ruolo futuro dei combustibili fossili è stato, come previsto, il tema principale e più divisivo della Cop28, che si è tenuta negli Emirati Arabi Uniti, uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio e gas.Ursula von der Leyen partecipa alla Cop28Dopo essersi aperta lo scorso 30 novembre finalizzando in tempi brevi le discussioni per dar vita a un Fondo globale per le perdite e danni dai cambiamenti climatici, i negoziati tra le parti si sono presto arenati su una bozza di documento finale presentata dalla presidenza emiratina senza alcun riferimento all’eliminazione graduale dei combustibili fossili, offrendo ai Paesi presenti una serie di opzioni da adottare. Dopo tre giorni di intense trattative e indignazione generale per un accordo al ribasso, il testo è stato rivisto e adottato nella versione definitiva.Raddoppiare e triplicare, accordo storico ‘Made in Europe’Come sempre accade, le reazioni internazionali al testo di compromesso finale si dividono tra chi descrive l’accordo come una svolta affrontando per la prima volta la necessità di dar vita a una transizione senza combustibili fossili e chi lo reputa un accordo al ribasso. L’Unione europea rientra nel primo caso.Non solo combustibili fossili, la Cop28 si chiude oggi accogliendo la proposta promossa dalla Commissione europea di lanciare un impegno globale per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, l’iniziativa che fissa gli obiettivi globali al 2030 di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile (almeno 11 terawatt) e raddoppiare le misure di efficienza energetica (dal 2 al 4 per cento annuo).Un’iniziativa lanciata dalla presidente della Commissione europea già durante le prime giornate di vertice, contando 121 Paesi disposti ad aderirvi. Ed è oggi sempre Ursula von der Leyen a rivendicare che i firmatari dell’impegno sono saliti a quota 130. “Il mondo si è impegnato a triplicare la capacità di energia rinnovabile e a raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030. Ciò dà un forte slancio alla transizione dai combustibili fossili”, ha commentato la leader tedesca, salutando l’intesa alla Cop28 come una svolta storica per l’inizio “dell’era post-fossile”.La conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Dubai “ha appena raggiunto un accordo storico. E una parte cruciale di esso è veramente made in Europe”, ha rivendicato nel suo intervento a Strasburgo durante la plenaria dell’Europarlamento. Nel documento finale è approdata anche la richiesta a triplicare la capacità globale di energia rinnovabile entro il 2030 e accelerare lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni tra cui il nucleare (come rivendicato dal presidente francese, Emmanuel Macron, fermo sostenitore in Europa dell’energia dell’atomo), l’idrogeno a basse emissioni di carbonio e la cattura e lo stoccaggio del carbonio.Il commissario per il clima, Wopke Hoekstra, e la ministra spagnola Teresa Ribera“Il mondo ha appena adottato una decisione storica per mettere in moto una transizione accelerata e irreversibile dai combustibili fossili. In questo modo abbiamo raggiunto ciò che ci eravamo prefissati: mantenere il target del 1,5° a portata di mano e segnare l’inizio della fine dei combustibili fossili”, ha dichiarato il commissario europeo per l’azione per il clima, Wopke Hoekstra, commentando l’accordo da Dubai, dove si trova per negoziare per conto dell’Unione europea insieme alla ministra spagnola per la transizione, Teresa Ribera, che rappresenta la presidenza di turno del Consiglio Ue.Passi lenti sul prezzo del carbonioC’era un terzo punto su cui ha cercato di spingere l’Unione europea nei negoziati, senza che ci siano stati risultati tangibili. Bruxelles spingeva gli altri partner a lavorare insieme per portare alla Cop28 una proposta per la determinazione del prezzo globale del carbonio, per riflettere il sistema di scambio di quote di emissioni che l’Ue ha adottato dal 2005. Nulla da fare, i tempi sono poco maturi e a riconoscerlo è von der Leyen, accennando al fatto che la Cop28 è stata anche “un’occasione per discutere del prezzo del carbonio con altre parti, in modo che più paesi inizino a dare un prezzo all’inquinamento” ma che nessuna decisione è stata presa. L’idea di Bruxelles è quella di usare i proventi della determinazione del prezzo del carbonio per sostenere la transizione pulita nei Paesi in via di sviluppo, quindi l’idea sarebbe quella di destinare le entrate ai finanziamenti per il clima. L’Unione europea ha introdotto nel 2005 il sistema di scambio quote di emissioni, il mercato del carbonio Ets, con cui secondo i dati snocciolati da von der Leyen un paio di mesi fa avrebbe ottenuto ricavi per 142 miliardi di euro e allo stesso tempo le emissioni sono state ridotte del 35 per cento. Bruxelles è convinta che fissare un prezzo al carbonio sia uno degli strumenti più efficaci per tagliare le emissioni in modo da obbligare chi inquina a pagare una tassa.

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    Il Parlamento approva l’accordo di libero scambio Ue-Nuova Zelanda

    I contingenti tariffari previsti dall’accordo, ad esempio sulla carne bovina e su diversi prodotti lattiero-caseari, proteggeranno i prodotti agricoli sensibili dell’Ue, sottolineano dal Parlamento. Descritto dai deputati come un “gold standard”, questo accordo di libero scambio è il primo dell’Ue a includere impegni esecutivi che rispettano quanto stabilito dall’accordo di Parigi e delle norme fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro. La relazione di accompagnamento, che illustra la posizione del Parlamento, è stata approvata con 457 voti favorevoli, 104 contrari e 74 astensioni.Gli scambi bilaterali di merci tra l’Ue e la Nuova Zelanda hanno raggiunto i 9,1 miliardi di euro nel 2022, e l’Ue risulta essere il terzo partner commerciale del Paese. Gli scambi commerciali dovrebbero nel tempo aumentare del 30 per cento, secondo i dati forniti dalla Commissione europea. Secondo le stesse proiezioni, i flussi di investimenti dell’Ue in Nuova Zelanda potrebbero aumentare di oltre l’80 per cento.“Oggi è un buon giorno per l’Ue e per il commercio mondiale, basato su regole precise. Il nostro voto è un segnale molto chiaro del nostro impegno a negoziare nuovi accordi di libero scambi,  in quanto ne abbiamo visti troppo pochi durante questa legislatura”, ha dichiarato il relatore Daniel Caspary (PPE, DE).Bernd Lange (S&D, DE), presidente della commissione per il commercio internazionale, si è detto “orgoglioso, perché in questo mondo globale in via di frammentazione, siamo riusciti a concordare l’accordo commerciale più progressista e sostenibile mai concluso dall’Unione europea. Si tratta di un grande successo”.Gli Stati membri dovrebbero dare la loro approvazione formale lunedì 27 novembre. Una volta ratificato dalla Nuova Zelanda, l’accordo entrerà in vigore, probabilmente entro la metà del 2024.I negoziati erano stati avviati in Nuova Zelanda nel 2018 e, dopo 12 cicli negoziali, è stato raggiunto un accordo politico il 30 giugno 2022. La Nuova Zelanda è un partner importante per l’Ue nella regione del Pacifico e svolge un ruolo importante anche nei forum multilaterali. 

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    Il Club ‘anti-Cina’ delle materie prime critiche vedrà la luce alla prossima Cop28 sul clima

    Bruxelles – Il ‘Club’ delle materie prime critiche per la transizione gemella, verde e digitale, vedrà presto la luce. “Il mese prossimo, in occasione della Cop28 lanceremo il Club delle materie prime critiche per rafforzare questa cooperazione internazionale ai massimi livelli”, ha confermato ieri (9 novembre) il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Maros Sefcovic, nel suo intervento alla conferenza degli ambasciatori dell’Ue 2023. Il  Club è stato annunciato nei mesi scorsi dalla Commissione europea nel quadro del ‘Critical Raw Material Act’, la proposta di regolamento sulle materie prime critiche presentata lo scorso 16 marzo come pilastro normativo del Piano industriale per il Green Deal, la risposta ‘Made in Europe’ al piano statunitense da 370 miliardi di dollari di sussidi verdi che l’Ue teme possa svantaggiare le imprese dell’Ue. Pochi ancora i dettagli, ma nell’idea della Commissione dovrebbe trattarsi di un gruppo di partner internazionali considerati ‘affidabili’ con cui dialogare e riunirsi per garantire un approvvigionamento globale sicuro, sostenibile e conveniente di materie prime essenziali per la transizione verde e digitale, come il litio per le batteri.Quattro pilastri per l’approvvigionamento di materie prime Il Club dovrebbe dunque sviluppare principi per riunire i “consumatori” di materie prime e i Paesi ricchi di risorse e promuovere la cooperazione per consentire ai Paesi in via di sviluppo ricchi di risorse di risalire la catena del valore. E l’occasione migliore per lanciare l’iniziativa sarà la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la Cop28 che si terrà dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti e che riunirà oltre 190 Paesi che cercheranno di alzare le ambizioni globali sul clima. Bruxelles non lo dice espressamente, ma il Club è pensato in chiave anti-Cina (che oggi concentra oltre il 90 per cento delle materie critiche importate dall’Ue) e dovrebbe essere un’iniziativa sostenuta anche dal governo statunitense, riflettendo il lavoro della partnership Usa già avviata sul fronte dei minerali (a cui l’Unione europea ha aderito insieme ad altri Stati membri, tra cui Italia, Francia e Germania). Sulle materie prime critiche l’Unione europea è già impegnata in una partnership bilaterale con il Canada, il club dovrebbe seguire gli stessi obiettivi ma su un piano multilaterale. Dall’anticipazione delle crisi di approvvigionamento agli investimenti, passando per la produzione sostenibile e la tutela ambientale. Nei mesi scorsi il vicepresidente della Commissione europea con delega al commercio, Valdis Dombrovskis, ha anticipato che quattro saranno i pilastri del futuro gruppo di amici delle materie prime critiche: condividere le conoscenze e cooperare per prevenire le crisi; promuovere la produzione sostenibile e le capacità di trasformazione locali; garantire un commercio affidabile e investimenti in materie prime e che l’aumento della fornitura di materie prime non vada a scapito delle comunità e dell’ambiente. 

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    La Commissione Ue ha proposto di stanziare 6 miliardi di euro per il Piano di crescita per i Balcani Occidentali

    Bruxelles – Era stato annunciato, anticipato e illustrato ai diretti interessati, ora è arrivata la presentazione formale, che ha delle implicazioni non indifferenti anche per i Ventisette. Il Piano di crescita per i Balcani Occidentali è stato messo sul tavolo oggi (8 novembre) dalla Commissione Europea nel corso della stessa conferenza stampa in cui sono state annunciate le sostanziali novità del Pacchetto Allargamento Ue 2023, dopo essere stati adottati entrambi dal Collegio dei commissari. “È qualcosa di eccezionale, sappiamo che il miracolo della prosperità arriva con l’accesso al Mercato unico e stiamo già iniziando questo processo, non stiamo aspettando la decisione finale sull’adesione politica”, ha rivendicato con forza la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma ora la proposta dovrà passare dal vaglio dei 27 governi Ue e degli eurodeputati, dal momento in cui implica modifiche alla revisione intermedia del bilancio pluriennale dell’Unione.Proprio von der Leyen – di ritorno dal suo tour balcanico in cui ha illustrato ai partner i punti principali di questo Piano economico ritagliato su misura di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – ha spiegato come allineare le economie balcaniche a quelle degli attuali Stati membri Ue e, così facendo, “anticipare i benefici dell’adesione”. A essere eccezionale è proprio il fatto di “aprire in questo modo il nostro Mercato unico, ci aspettiamo che tra loro aprano il Mercato regionale”, ha ricordato von der Leyen, sottolineando che “tutto questo potrebbe raddoppiare le loro economie nel prossimo decennio“, a patto che vengano messi a terra “riforme e investimenti”.È così che la presidente von der Leyen, affiancata dal commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha illustrato i 4 pilastri del Piano che presenta “un approccio completamente nuovo per chiudere il gap economico e sociale” tra Ue e regione balcanica “con la possibilità di integrazione sul campo anche prima che entrino formalmente come Paesi membri”. Il primo pilastro è proprio l’integrazione economica nel Mercato unico in sette settori fondamentali, “a patto che si allineino alle regole e aprano i settori e le aree pertinenti a tutti i loro vicini”: libera circolazione delle merci, libera circolazione dei servizi e dei lavoratori, accesso all’Area unica dei pagamenti in euro (Sepa), facilitazione del trasporto su strada, integrazione e de-carbonizzazione dei mercati energetici, mercato unico digitale e integrazione nelle catene di approvvigionamento industriale.La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (8 novembre 2023)Il secondo pilastro è quello dell’integrazione economica interna attraverso il Mercato regionale comune (basato su regole e standard Ue). La Commissione Ue stima che solo questo fattore “potrebbe potenzialmente aggiungere il 10 per cento alle loro economie”. Il terzo pilastro riguarda invece le riforme fondamentali, che nel Piano di Bruxelles è semplicemente essenziale. “Abbiamo fatto esperienza nell’Ue di combinare riforme e investimenti dopo la pandemia Covid-19 con il Next Generation Eu e ha funzionato molto bene, non vedo perché non dovrebbe funzionare anche per voi”, aveva messo in chiaro von der Leyen nel suo viaggio nelle capitali balcaniche. Per l’esecutivo comunitario questo pilastro avrà un doppio beneficio: da una parte “sosterrà il percorso dei Balcani Occidentali verso l’adesione Ue” e dall’altro “attrarrà investimenti esteri e rafforzerà la stabilità regionale”.A proposito di investimenti, è qui che si inserisce il quarto pilastro dell’assistenza finanziaria Ue alle riforme per tutti i sei partner. Si tratta nello specifico di un nuovo strumento di riforma e crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi di euro per il periodo 2024-2027 (con la revisione del Bilancio Ue) i cui pagamenti saranno vincolati all’attuazione delle riforme socio-economiche concordate. Esattamente come Next Generation Eu per i Ventisette. Lo strumento sarà composto di 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 miliardi in prestiti agevolati e per la messa a terra servirà prima che ciascuno dei sei Paesi presenti un’agenda di riforme basata sulle raccomandazioni del Pacchetto Allargamento e dei Programmi di riforma economica (Erp). Ma questo ultimo punto ha un impatto diretto anche per gli attuali membri dell’Unione e sulle istituzioni comunitarie, dal momento in cui interessa la revisione di bilancio pluriennale 2021-2027 in corso di valutazione da parte del Parlamento e del Consiglio dell’Ue: spetterà ora ai co-legislatori esaminare la proposta di questo nuovo strumento nel quadro del pacchetto di revisione intermedia. “Siamo pronti a stanziare i finanziamenti del Piano all’interno del quadro finanziario pluriennale corrente”, ha assicurato il commissario Várhelyi.Va infine segnalato che per Serbia e Kosovo c’è una clausola supplementare: “Devono impegnarsi in modo costruttivo nel dialogo sulla normalizzazione delle relazioni”. In altre parole, senza progressi nel dialogo Pristina-Belgrado, rimarranno in stallo – o andranno perduti – i finanziamenti previsti dal Piano. Lo stesso discorso vale per la Bosnia ed Erzegovina in caso di mancata implementazione delle riforme fondamentali: “Le risorse saranno ridistribuite ad altri Paesi che sono in grado di farlo, questo è un forte incentivo ad andare avanti in modo attivo”, aveva avvertito la numero uno della Commissione a Sarajevo.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews
    Insieme al Pacchetto Allargamento è arrivata la presentazione formale del Piano che dovrebbe allineare le economie balcaniche con quelle dei Ventisette “per anticipare i benefici dell’adesione”. Ma serve il via libera dei co-legislatori Ue nella revisione di bilancio pluriennale

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    Petrolio e misure anti elusione, Bruxelles annuncia nuove sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – Nuovi nomi nella lista nera dell’Ue, stretta sul tetto al prezzo del petrolio e misure contro i Paesi terzi che eludono le sanzioni. A sei mesi dall’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’aggressione ai danni dell’Ucraina, Bruxelles ha ultimato i lavori sul dodicesimo, che sarà presentato in settimana agli ambasciatori dei 27 Stati membri dell’Ue.Ad annunciarlo nel fine settimana la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso pronunciato sabato (4 novembre) di fronte ai membri della Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, in una visita a sorpresa a Kiev. “Tutti gli ucraini si oppongono alla brutalità russa. E di fronte al tuo coraggio c’è solo una cosa che noi, nel resto d’Europa, dobbiamo fare. E questo significa stare al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”, ha ribadito la leader dell’Esecutivo comunitario, annunciando che la prossima “settimana annunceremo il nostro dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia”.A detta della presidente tedesca le nuove misure restrittive includeranno fino a 100 nuovi individui, nuovi divieti di importazione ed esportazione, azioni per inasprire il tetto del prezzo del petrolio e misure severe nei confronti delle società di paesi terzi che eludono le sanzioni. “Per troppo tempo molti in Europa hanno pensato che avremmo potuto commerciare con la Russia e integrarla nell’ordine di sicurezza europeo, ma non ha funzionato”, ha puntualizzato. A chiedere un ulteriore rafforzamento delle misure restrittive era stato lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, intervenendo da remoto di fronte ai leader dell’Ue all’ultimo Vertice europeo del 27 e 28 ottobre. “È in discussione un nuovo pacchetto di sanzioni Ue. Dobbiamo tenere conto dell’esperienza di tutti i pacchetti precedenti e la potenza della nuova fase di sanzioni dell’UE dovrebbe essere maggiore di quelle precedenti”, aveva incalzato i leader in questi termini. Ha puntualizzato l’importanza di prestare particolare attenzione anche al “price cap” il tetto al prezzo applicato al petrolio russo. “E’ ovvio – ha detto – che non funziona così efficacemente come ci si aspettava quando è stato introdotto” ed è “necessario ridurre il “price cap” e rafforzare i meccanismi per la sua applicazione”. Il tetto massimo al prezzo del petrolio russo è stato stabilito a livello europeo nel quadro dell’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia ed è stato imposto insieme ai Paesi G7 (Canada, Francia, Italia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) dall’Unione Europea e dall’Australia, riuniti nella “Price Cap Coalition”. Sul prezzo effettivo del tetto l’intesa a livello europeo è arrivata a dicembre di un anno fa dopo aver convinto anche la Polonia che ha spinto per giorni per un tetto molto più basso. Nei fatti, l’imposizione del ‘cap’ consente al petrolio russo di essere spedito a Paesi terzi utilizzando petroliere dei Paesi G7 e dell’UE solo se il carico viene acquistato al di sotto della soglia dei 60 dollari al barile, anche se il prezzo di mercato è più alto (attualmente si aggira intorno agli 80 euro). Come per tutte le sanzioni contro Paesi terzi al Consiglio Ue è richiesto un voto all’unanimità
    Ursula von der Leyen annuncia per questa settimana l’adozione del dodicesimo pacchetto per l’aggressione dell’Ucraina, anticipando che includerà nella lista nera fino a 100 nuovi individui, nuovi divieti di importazione ed esportazione, azioni per inasprire il tetto del prezzo del petrolio e misure severe nei confronti delle società di paesi terzi che eludono le misure

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    Oltre il gas, Bruxelles guarda all’Algeria per l’idrogeno verde e le emissioni di metano

    Bruxelles – Non solo gas, ma per Bruxelles la partnership con l’Algeria passa anche per il metano e per l’idrogeno rinnovabile. Si è chiuso nel pomeriggio di oggi (5 ottobre) a Bruxelles il quinto Dialogo energetico tra Unione europea e Algeria, l’occasione per la Commissione europea di guardare oltre la cooperazione con il Paese africano.Rispetto allo scorso anno nel pieno della crisi energetica con la Russia, la riunione ad alto livello ha preso le mosse questa volta in un contesto molto diverso, dando l’occasione ai due partner per riflettere su come approfondire la partnership anche oltre il gas. Dopo la decisione di ridurre gradualmente le importazioni di gas dalla Russia con l’inizio della guerra in Ucraina, l’Algeria è diventata il secondo fornitore di gas all’Ue (prima della guerra era il terzo, dopo la Norvegia). “L’Algeria è stata e continua ad essere un importante e affidabile fornitore di energia per l’Ue. L’anno scorso è stato un partner fondamentale per la sicurezza delle nostre forniture di gas ed è il secondo più grande fornitore di gas per l’Unione europea”, ha ricordato Simson, precisando che oggi durante la riunione di alto livello si è “discusso dell’evoluzione della situazione del mercato del gas e dello scenario a breve e medio termine della domanda di gas in Europa”.In conferenza stampa al fianco del ministro algerino dell’Energia e delle Miniere, Mohamed Arkab, la commissaria estone ha poi puntualizzato che il focus delle discussioni non è stato solo il gas. Prende forma l’idea di dare vita a una partnership sull’idrogeno rinnovabile. “Abbiamo concordato oggi di lavorare a una partnership tra Ue e Algeria dedicata all’idrogeno per sviluppare produzione, consumo e commercio di idrogeno rinnovabile che sarà centrale per decarbonizzare i nostri sistemi energetici”, ha confermato Simson. E per raggiungere gli obiettivi il prossimo anno sarà decisivo per attuare queste ambizioni. “Per prima cosa, riuniremo insieme i portatori di interesse algerini e europei per mettere a punto una valutazione per questa partnership. Parallelamente, studieremo la fattibilità di un primo progetto su larga scala per la produzione di idrogeno rinnovabile e la possibile esportazione in Europa”, ha anticipato ancora Simson.Nella dichiarazione congiunta pubblicata al termine della riunione si legge che Simson e l’omologo algerino Arkab “hanno convenuto che esiste un eccellente potenziale per un partenariato fruttuoso e reciprocamente vantaggioso sull’idrogeno rinnovabile e si sono impegnati a intensificare la cooperazione in questo campo”. L’altra area di cooperazione a cui lavora la Commissione europea è quella della riduzione delle emissioni di metano in particolare nell’industria del petrolio e del gas e hanno concordato di lavorare insieme per promuovere il recupero e la commercializzazione del metano che altrimenti verrebbe disperso nell’atmosfera. “Ciò comporterà vantaggi reciproci in termini di mitigazione del cambiamento climatico, migliore redditività dell’industria del gas algerina e maggiore potenziale di fornitura aggiuntiva all’Unione europea”, si legge nella nota in comune.
    Si è chiuso a Bruxelles il quinto Dialogo energetico tra Unione europea e Algeria, l’occasione per la Commissione europea di guardare oltre la cooperazione sul gas con il Paese africano. Prossimo anno sarà decisivo per la partnership sull’idrogeno pulito

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    Bruxelles si sta preparando per migliorare i collegamenti dei trasporti tra l’Unione Europea e i Balcani Occidentali

    Bruxelles – Unione Europea e Balcani Occidentali sono pronti a stringere sempre più i rapporti, non solo a livello politico ma anche sul piano più cruciale per gli scambi economici, commerciali e culturali: i collegamenti dei trasporti. È per questo motivo che è in programma una nuova revisione del Regolamento che definisce la mappa della rete transeuropea dei trasporti (Ten-T) nei sei Paesi partner – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia – per rafforzare i collegamenti transfrontalieri tra l’Unione Europea e i Balcani Occidentali.
    La rete stradale Ten-t nei Balcani Occidentali
    È quanto emerge dalla bozza dell’atto delegato che prevede “modifiche che contribuiranno a dare una migliore priorità ai progetti infrastrutturali situati sulla Ten-T nella regione” dei Balcani Occidentali, in particolare “migliorando il collegamento ferroviario tra Durazzo e Skopje dalla rete globale alla rete centrale estesa“. I miglioramenti previsti nei trasporti sia “all’interno della regione” sia “tra la regione e gli Stati membri dell’Ue” riguarderanno non solo nuovi collegamenti ferroviari e stradali, ma anche “altri nodi” come aeroporti e porti, con l’obiettivo di “rafforzare la coerenza della Ten-T” prevista dal Regolamento del 2013. La possibilità di adottare atti delegati per “adattare o includere mappe indicative basate su intese di alto livello” tra l’Unione e i Paesi “limitrofi interessati” è prevista dallo stesso Regolamento che compie 10 anni e con i sei partner dei Balcani Occidentali le intese sono state firmate a maggio e giugno di quest’anno. La richiesta da parte dei partner più vicini dell’Unione, nello specifico, è quella di allineare la rete Ten-T con lo sviluppo delle infrastrutture nei singoli Paesi.
    Se l’obiettivo è quello di aggiornare il Regolamento con “lievi modifiche alla rete stradale e ferroviaria”, l’esecutivo comunitario vuole conoscere l’opinione di tutte le parti interessate nei Paesi membri dell’Unione. È per questo che è stata aperta fino al 19 ottobre una consultazione pubblica in vista dell’adozione dell’atto delegato prevista inizialmente per il secondo trimestre del 2023, ma slittata a fine 2023/inizio 2024. La necessità di alcune modifiche è emerso dall’ultimo report Sviluppo di estensioni indicative Ten-T della rete globale e della rete centrale nei Balcani Occidentali, sulla base degli ultimi sviluppi e adeguamenti del 2022. Nella regione la rete transeuropea dei trasporti prevede 36 progetti, di cui la metà in Bosnia ed Erzegovina (oltre a 2 in Albania, 2 in Kosovo, 3 in Macedonia del Nord, 6 in Montenegro e 5 in Serbia) e comprende attualmente 5.336 chilometri di strade Ten-T, di cui 3.573 sulla rete centrale, 3.898 chilometri di ferrovie di cui 2.546 sulla rete centrale, 1.345 chilometri di vie navigabili interne della rete centrale, 3 porti marittimi, 4 porti fluviali e 10 aeroporti.
    La rete ferroviaria Ten-t nei Balcani Occidentali
    Sempre secondo quanto si legge nel report annuale di riferimento della Transport Community, il tasso di conformità della rete stradale principale è passato in un anno dal 44,86% al 46,80%, e sono stati compiuti progressi “significativi” anche nella velocità di progettazione delle linee ferroviarie per il trasporto merci, passata dal 71,99% (nel 2021) al 79,57% (nel 2022) della rete principale. Tuttavia, meno del 14% della rete ferroviaria principale consente velocità superiori a 100 chilometri orari e “la manutenzione insufficiente rimane un problema fondamentale nella regione“, dal momento in cui “la regione ha sempre avuto una propensione per i grandi progetti, trascurando sistematicamente la manutenzione ordinaria”. Anche se “le prospettive per il 2027 sembrano ancora incoraggianti”, l’elenco degli interventi prioritari “non si è ancora stabilizzato” e sono necessari più sforzi attraverso il Piano economico e di investimento (nessun progetto-faro è passato da “maturo” a “in corso” nel 2022). Destano “preoccupazione” progetti prioritari come il collegamento stradale Sarajevo-Podgorica (tra Bosnia e Montenegro), la ‘Peace Highway’ Niš-Merdare (Serbia) e la circonvallazione di Budva (Montenegro), dal momento in cui “la maggior parte delle date previste” per la chiusura dei lavori “non sono più valide”.

    Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

    La Commissione Ue sta raccogliendo commenti in vista dell’aggiornamento del Regolamento del 2013 che definisce la mappa della rete Ten-T nei sei Paesi partner. Previste nuove connessioni ferroviarie e stradali, aeroporti e porti per dare “migliore priorità” ai progetti transfrontalieri

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    Bruxelles sfida Pechino, von der Leyen avvia l’indagine anti-sussidi sulle auto elettriche cinesi

    Bruxelles – L’aveva annunciata Ursula von der Leyen nel suo Discorso sullo stato dell’Unione a metà settembre, ora è una realtà. La Commissione europea ha avviato formalmente oggi (4 ottobre) l’indagine antisovvenzioni sui veicoli elettrici a batteria provenienti dalla Cina, e si dice pronta a prendere misure compensative se sarà necessario.
    L’indagine – annuncia Bruxelles in una nota – è stata avviata di iniziativa della stessa Commissione (senza quindi che ci fosse qualche denuncia da parte di aziende europee) e “determinerà innanzitutto se le catene del valore” dei veicoli elettrici a batteria in Cina beneficiano “di sovvenzioni illegali e se tali sovvenzioni causano o minacciano di causare un danno economico ai produttori europei”, si legge nella nota. Se Bruxelles dovesse riscontrare che i fatti sussistono, l’indagine “esaminerà le probabili conseguenze e l’impatto delle misure su importatori, utenti e consumatori di veicoli elettrici a batteria nell’Ue”, spiega ancora.
    Sulla base dei risultati dell’indagine, la Commissione stabilirà se sia nell’interesse dell’Ue “porre rimedio agli effetti delle pratiche commerciali sleali accertate” imponendo dazi antisovvenzioni sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina. L’indagine si concluderà entro un massimo di 13 mesi dall’avvio, ma se “giuridicamente giustificato” eventuali dazi provvisori potranno essere imposti da Bruxelles già entro 9 mesi dall’apertura dell’indagine, mentre eventuali misure definitive possono essere istituite fino a 4 mesi dopo o entro 13 mesi dall’apertura dell’inchiesta. L’Unione europea è convinta che Pechino stia inondando i mercati globali con auto elettriche a basso prezzo. E il loro prezzo è tenuto artificialmente basso da enormi sussidi di stato. Questo, a detta di Bruxelles, rischia di distorcere i mercati.
    Valdis Dombrovskis
    “Il settore dei veicoli elettrici racchiude un enorme potenziale per la futura competitività dell’Europa e per la leadership industriale verde. I produttori automobilistici dell’Ue e i settori correlati stanno già investendo e innovando per sviluppare appieno questo potenziale”, ha commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Ovunque troveremo prove che i loro sforzi sono ostacolati da distorsioni del mercato e concorrenza sleale, agiremo con decisione. E lo faremo nel pieno rispetto dei nostri obblighi comunitari e internazionali, perché l’Europa rispetta le regole, all’interno dei suoi confini e a livello globale. Questa indagine antisovvenzioni sarà approfondita, equa e basata sui fatti”, ha assicurato la leader tedesca. A farle eco anche il vicepresidente esecutivo con delega al Commercio, Valdis Dombrovskis, che ricorda come i veicoli elettrici a batteria siano “fondamentali per la transizione verde e per rispettare i nostri impegni internazionali volti a ridurre le emissioni di CO2. Questo è il motivo per cui abbiamo sempre accolto con favore la concorrenza globale in questo settore, che significa più scelta per i consumatori e più innovazione. Ma la concorrenza deve essere leale e le importazioni devono competere alle stesse condizioni della nostra industria”. 

    Si concluderà entro un massimo di 13 mesi dall’avvio, ma se “giuridicamente giustificato” Bruxelles potrà imporre eventuali dazi provvisori entro 9 mesi dall’apertura dell’indagine