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    A Gaza la carestia è imminente. Borrell attacca Israele: “Usa la fame come arma di guerra”

    Bruxelles – Secondo l’ultima valutazione dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), l’intera popolazione della Striscia di Gaza è in condizioni di grave insicurezza alimentare. Ma nel Nord dell’enclave palestinese, il 70 per cento di chi è rimasto sta già affrontando la carestia. E nei governatorati centrali e meridionali, la metà della popolazione soffre un’insicurezza alimentare catastrofica. Alla luce del rapporto, l’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, rilancia l’accusa a Israele: “Usa la fame come arma di guerra”.Un’accusa durissima: affamare volontariamente una popolazione è un crimine di guerra, e rientra nelle azioni deliberate che costituiscono un atto di genocidio. Questa volta, accanto a Borrell – che aveva già lanciato l’accusa di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’Onu – anche il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič. I due hanno rilasciato un comunicato congiunto in cui, commentando l’analisi degli esperti dell’Ipc, ribadiscono che “la fame non può essere usata come arma di guerra” e che “quello a cui stiamo assistendo non è un rischio naturale, ma un disastro provocato dall’uomo, ed è nostro dovere morale fermarlo“.

    Josep Borrell al Consiglio Ue Affari Esteri, 18/03/24Nel frattempo, a Bruxelles è in corso la riunione dei ministri degli Esteri dei 27, e la crisi umanitaria a Gaza è in agenda. Borrell, arrivando in Consiglio, ha rincarato la dose. Perché “ci sono derrate alimentari accumulate per mesi, che aspettano di entrare a Gaza, mentre al di là del confine si muore di fame”. Per il capo della diplomazia europea “prima della guerra Gaza era una grande prigione a cielo aperto, oggi è un grande cimitero a cielo aperto, anche per quello che riguarda il rispetto delle regole internazionali”.A far rabbrividire non è solo la situazione attuale fotografata dall’Ipc, in cui 2,2 milioni di persone affrontano “alti livelli di insicurezza alimentare”, ma le proiezioni per i prossimi mesi: “Da metà marzo a metà luglio, nello scenario più probabile e nell’ipotesi di un’escalation del conflitto che includa un’offensiva di terra a Rafah, metà della popolazione si troverà ad affrontare il rischio di carestia“. Nella scala da 1 a 5 utilizzata dall’Ipc, la carestia rappresenta il livello più grave dell’insicurezza alimentare acuta.

    [Fonte: Integrated Food Security Phase Classification]“È una situazione senza precedenti. Nessuna analisi dell’Ipc ha mai registrato tali livelli di insicurezza alimentare in nessuna parte del mondo“, sottolineano Borrell e Lenarčič . Nella Striscia il 50 per cento degli edifici sono stati danneggiati o distrutti. Abitazioni, negozi, ospedali e scuole, ma anche impianti idrici, igienici e le infrastrutture necessarie per la produzione e la distribuzione di cibo. Limitando notevolmente la funzionalità del sistema alimentare. Il rapporto dell’Icp snocciola anche le cifre degli ingressi di aiuti via terra: “Da una media pre-escalation di 500 camion al giorno, di cui 150 che trasportavano cibo, nel periodo tra il 7 ottobre 2023 e il 24 febbraio 2024, solo 90 camion al giorno, di cui solo 60 che trasportavano cibo, sono entrati nella Striscia di Gaza”.Dopo cinque mesi e mezzo di conflitto, Israele non ha ancora aperto tutti i varchi ai convogli umanitari e anzi, di aiuti ne entrano sempre meno. Le responsabilità di Tel Aviv sono sotto gli occhi di tutti: anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz – uno dei più prudenti sul denunciare le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele – ha sottolineato al premier israeliano Netanyahu che “non possiamo stare a guardare i palestinesi morire di fame”, precisando la situazione “è interamente opera dell’uomo” e deriva “da chi impedisce che il sostegno umanitario entri a Gaza“.Tajani: “Posizione non concordata”. Israele nega le accuseMa l’accusa lanciata dal capo della diplomazia europea non è condivisa da tutti a Bruxelles. A partire dal vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che ha commentato: “È una posizione di Borrell, non l’ha concordata con nessuno”. A Tel Aviv invece, non l’hanno presa proprio bene: Borrell “la smetta di attaccare Israele e riconosca il nostro diritto all’autodifesa contro i crimini di Hamas”, ha replicato con un post su X il ministro degli Esteri, Israel Katz.

    Il ministro degli Esteri di Israele, Israel Katz, e Josep BorrellIn un documento che le autorità israeliane hanno sottomesso alla Corte di Giustizia Internazionale relativamente al procedimento intentato dal Sudafrica per il possibile genocidio a Gaza, Israele nega con fermezza di ostacolare l’arrivo di beni di prima necessità per la popolazione palestinese. L’insicurezza alimentare a Gaza “è una sfida seria” ma “non è una questione semplice”, sostengono i legali di Tel Aviv, ribandendo che “Israele si è impegnata, insieme a una serie di parti interessate, a compiere sforzi costanti ed estesi per affrontare questa sfida”. Un impegno che dimostrerebbe “l’esatto contrario di un intento genocida o di un tentativo di affamare la popolazione”.Anzi: Israele si starebbe prodigando per la “continua facilitazione dell’ingresso dei carichi di aiuti umanitari a Gaza e l’utilizzo di ulteriori vie di comunicazione a tale scopo e il rafforzamento della capacità di quelle esistenti”. Le autorità israeliane puntano il dito contro la “spregevole strategia di Hamas”, che “assume il controllo delle forniture umanitarie” e le “devia dalla loro destinazione civile”.

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    La Commissione europea sta studiando la richiesta di Spagna e Irlanda di rivedere l’accordo di Associazione con Israele

    Bruxelles – Se sospendere effettivamente l’accordo di Associazione Ue-Israele è uno scenario ancora inverosimile, il fatto che la verifica del rispetto degli obblighi derivanti da tale accordo sia sul tavolo della Commissione Ue è un segnale politico non indifferente. Dopo la lettera inviata da Spagna e Irlanda a Ursula von der Leyen, oggi (15 febbraio) la conferma arriva direttamente dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell: “Stiamo studiando il documento dei due primi ministri“, ha dichiarato dal quartier generale della Nato a Bruxelles.La questione è ancora in una fase embrionale: le prossime tappe della procedura le ha spiegate la portavoce della Commissione europea responsabile per gli Affari esteri, Nabila Massrali. “La decisione di sospendere un accordo viene presa dal Consiglio dell’Ue, su proposta dell’Alto rappresentante o della Commissione”, ha chiarito Massrali la briefing quotidiano con la stampa. Spetterebbe dunque a Josep Borrell fare una valutazione politica sugli elementi che sussistono per una tale iniziativa, e sottoporla ai ministri degli Esteri dell’Ue. Ma perché l’accordo venga effettivamente sospeso, sarebbe necessario un voto all’unanimità dei 27 Paesi membri.“Presto potrò dire qualcosa rispetto a questo tema”, ha affermato il capo della diplomazia europea. Già lunedì 19 febbraio ad esempio, quando è previsto il vertice ministeriale Ue Affari Esteri e all’ordine del giorno – oltre all’Ucraina e al probabile lancio della missione navale Ue nel Mar Rosso – è presente un punto sulla crisi in Medio Oriente. “L’accordo di associazione è la base giuridica del nostro dialogo in corso con le autorità israeliane e fornisce importanti meccanismi per discutere le questioni problematiche. In questo quadro, l’Ue continuerà a riaffermare il suo impegno per l’applicabilità del diritto internazionale umanitario nei territori palestinesi occupati”, ha chiarito ancora Nabila Massrali. Ma portare avanti la procedura per una sua eventuale sospensione – e con esso tutte le agevolazioni commerciali che prevede -, potrebbe essere la leva per costringere Tel Aviv a rispettare effettivamente i propri obblighi.

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    Lazzarini da Bruxelles fa il punto della situazione a Gaza. E avverte: “Senza finanziamenti Ue, l’Unrwa in negativo già a marzo”

    Bruxelles – Gli 82 milioni di euro che la Commissione europea dovrebbe versare nelle casse dell’Unrwa a inizio marzo sono fondamentali perché l’Agenzia possa continuare a operare in soccorso ai profughi palestinesi. È fredda e semplice matematica: se diversi donatori non avessero deciso in fretta e furia di sospendere pagamenti per 450 milioni di dollari, l’Unrwa avrebbe potuto resistere fino a fine luglio. Ma ora l’Agenzia, che solo per saldare gli stipendi spende 60 milioni al mese, rischia di andare in rosso di 30-40 milioni già nel mese di marzo.I numeri sono stati snocciolati ai ministri dell’Ue – e alla stampa internazionale – dal commissario generale dell’Agenzia per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini. Invitato a Bruxelles per la riunione informale dei ministri dello sviluppo dei 27, Lazzarini ha fatto il punto sulla drammatica situazione a Gaza – con l’imminente operazione israeliana a Rafah – e sulle contromosse avviate dall’Agenzia dopo le accuse sul presunto coinvolgimento di 12 membri del suo staff negli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre.

    Membri dell’Unrwa distribuiscono farina nel sud di Gaza (Photo by SAID KHATIB / AFP)Anche qui, a parlare sono i numeri: secondo le stime dell’Unrwa ormai il 5 per cento della popolazione gazawi è rimasta uccisa, ferita o dispersa in questi quattro mesi di assedio israeliano. Cento mila persone, su un totale di circa 2 milioni. E pesanti “sacche di malnutrizione, con rischio di carestia”, soprattutto nel nord della Striscia, dove sarebbero rimaste 300 mila persone e dove l’Unrwa non è più riuscita a inviare convogli umanitari dal 20 gennaio. Lazzarini ha inoltre raccontato che ieri a Rafah per la prima volta lo staff “non ha potuto operare con un minimo di protezione” e che i propri veicoli per la distribuzione di generi alimentari sono stati presi d’assalto, perché ormai non esiste più nemmeno la polizia locale.Ma, da quando le autorità israeliane hanno accusato membri dell’Unrwa di complicità con Hamas, gli ostacoli al lavoro dell’Agenzia si sono moltiplicati: “Gli appaltatori hanno ricevuto istruzioni di non inviare il cibo perché serve all’Unrwa, le esenzioni sull’Iva sono state revocate, le banche locali hanno deciso di congelare i conti, i visti non sono più concessi su base giornaliera”, ha elencato Lazzarini. Tutto questo sulla base di accuse che finora non sono state supportate da alcuna prova. “Abbiamo chiesto e chiediamo la piena collaborazione delle autorità israeliane per condividere le prove“, ha ribadito il commissario generale dell’Unrwa, che per cercare di salvaguardare l’Agenzia aveva immediatamente licenziato i dipendenti coinvolti e avviato un’indagine interna.Ora le indagini sono più di una: c’è quella dell’Oios, il massimo organo investigativo delle Nazioni Unite, e la commissione di revisione indipendente guidato dall’ex ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna. Dagli esiti di quest’ultima, che esaminerà tutti i meccanismi interni di gestione dei rischi, le questioni relative al comportamento del personale e alle affiliazioni politiche, le misure preventive e investigative dell’Agenzia, dipendono molti dei fondi che garantiscono la sopravvivenza stessa dell’Unrwa. Perché se l’indagine dell’Onu “durerà tutto il tempo necessario”, il team guidato da Colonna dovrebbe presentare alcune osservazioni preliminari già a meta marzo e il rapporto finale entro il 20 aprile.Il Commissario Generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, al Consiglio informale Sviluppo a Bruxelles (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Molti dei Paesi che hanno sospeso i finanziamenti – Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Romania e Giappone – hanno espresso la volontà di aspettare i risultati della revisione prima di riprendere eventualmente gli impegni con l’Unrwa. Ma l’Ue ha in programma l’esborso di 82 milioni per il 2024 a inizio marzo. Lazzarini ne ha discusso con il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, che avrebbe chiesto alcune garanzie sul reclutamento dello staff di Unrwa, sul rafforzamento del meccanismo interno di supervisione e sul controllo del personale. C’è stato un “impegno reciproco perché l’esborso avvenga”, ha dichiarato il commissario generale svizzero.L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, pur ammettendo i “diversi approcci da parte degli Stati membri”, ha sottolineato che alcuni Paesi hanno deciso di aumentare il sostegno all’Unrwa proprio perché in una situazione di difficoltà. Come la Spagna, che ha annunciato oggi l’esborso di ulteriori 3 milioni per l’Agenzia. Borrell, ricordando che spetta sempre a chi accusa dimostrare la colpevolezza dell’accusato, ha voluto chiarire un punto fondamentale. Bisogna “garantire la responsabilità individuale, non punizioni collettive“. Cioè: se anche quei 12 su 30 mila dipendenti fossero riconosciuti implicati nell’attentato di Hamas, a rimetterci non potranno essere le 5,6 milioni di profughi palestinesi a Gaza, in Cisgiordania, in Siria, in Libano e in Giordania che sopravvivono solo grazie all’assistenza dell’Unrwa.

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    Su Israele Borrell continua a predicare nel deserto. Agli Usa: “Se credete che i morti siano troppi, smettete di vendere armi”

    Bruxelles – Di fronte all’immobilismo atlantico nei confronti della tragedia in corso a Gaza, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell – che su Israele è la più critica voce fuori dal coro nelle istituzioni europee  – punzecchia gli Stati Uniti: “Se credete che il numero di morti sia troppo alto, forse potete fare qualcosa“, ha dichiarato oggi (12 febbraio) dalla capitale europea.Non solo un appello generico a “fare qualcosa di più che esprimere preoccupazione”, che Borrell ha rivolto anche ai Paesi dell’Ue. La critica a Joe Biden è più specifica: “L’Ue non fornisce armi a Israele. Altri lo fanno“, ha precisato. Secondo i dati più recenti, pubblicati a dicembre 2023 dal Sole 24 Ore, da Washington arriva circa il 70 per cento delle armi utilizzate dalle Forza di difesa israeliane (Fdi). Da Bruxelles nessun supporto militare, ma non si può dire lo stesso dei Paesi membri: il secondo fornitore di armi per Tel Aviv è la Germania (24 per cento dell’arsenale israeliano), seguita dall’Italia (5,6 per cento).Questa mattina, al suo arrivo al vertice informale dei ministri dello Sviluppo dell’Ue a Bruxelles, Borrell è sembrato nuovamente molto duro su Israele. “Anche il presidente degli Stati Uniti, che sono i maggiori sostenitori di Israele, ha detto ieri che le operazioni non sono più proporzionate e che il numero di persone uccise è diventato insopportabile (28 mila, secondo il ministero della Salute di Hamas, ndr). Penso che sia una frase sempre più comune da parte di molti, in tutto il mondo”, ha attaccato il capo della diplomazia europea. Che “spera che il mondo intero prenda atto” della situazione nella Striscia di Gaza: quasi 2 milioni di persone che vengono bombardate costantemente senza poter fuggire.Una moschea distrutta dai bombardamenti israeliani a Rafah, 11/2/23 (Photo by MOHAMMED ABED / AFP)A far infuriare l’Alto rappresentante è la nuova operazione che le Fdi hanno lanciato a Rafah, al confine con l’Egitto, dove in questi 4 mesi di conflitto si sono progressivamente ammassati tutti gli sfollati di Gaza. “Netanyahu ha chiesto l’evacuazione di circa 1,7 milioni di persone, senza dire dove queste persone potrebbero essere evacuate”, ha sottolineato Borrell. Che è il punto sollevato anche da Biden nell’ultima telefonata con il premier israeliano: prima dell’operazione a Rafah, Israele avrebbe dovuto “garantire la sicurezza della popolazione con un piano credibile di evacuazione”.Ma il governo guidato da Netanyahu rimane sordo a qualsiasi richiesta della comunità internazionale e prosegue a testa bassa per la sua strada verso la “completa smilitarizzazione di Gaza”. Per ora, l’operazione lanciata a Rafah avrebbe causato oltre 100 vittime palestinesi, e portato alla liberazione di 2 ostaggi israeliani. Anche l’avvertimento dell’Egitto, secondo cui gli aiuti umanitari non riusciranno più a entrare nella Striscia dal valico di Rafah in caso di attacchi massicci israeliani, è rimasto inascoltato.Al vertice informale anche il commissario generale dell’Unrwa, Philippe LazzariniA Bruxelles è arrivato anche Philippe Lazzarini, il commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite sotto accusa per il presunto coinvolgimento di alcuni membri dello staff negli attacchi di Hamas a Israele del 7 ottobre. “Una cosa è certa per me: l’Unrwa oggi svolge un lavoro insostituibile, che nessun altro potrebbe”, ha immediatamente messo in chiaro Borrell. Che ha nuovamente provocato Israele, che finora non ha presentato alcuna prova a corredo delle proprie accuse: “Le accuse devono essere verificate. La presunzione d’innocenza vale sempre, anche per l’Unrwa”. Ma c’è di più: “Non è un segreto che il governo israeliano voglia sbarazzarsi dell’Unrwa. Non ora, ma da molti anni, perché credono che in questo modo si libereranno del problema dei rifugiati palestinesi”, ha affermato l’Alto rappresentante Ue.

    Josep Borrell con il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Quasi una supplica, quella di Borrell, almeno a quei Paesi dell’Ue che hanno deciso troppo presto di interrompere i fondi all’Agenzia Onu per il Soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi. “Aspettiamo che l’indagine abbia luogo“, ha ripetuto due volte. Di indagine in corso ce n’è più di una: quella interna lanciata dallo stesso Lazzarini, quella avviata dal massimo organo investigativo delle Nazioni Unite (Oios), oltre al gruppo di revisione indipendente guidato dall’ex ministra francese, Catherine Colonna.L’Ue per ora sta temporeggiando, affermando che “per ora non c’è stata alcuna sospensione dei fondi”, dal momento che non sono previsti pagamenti all’Unrwa fino alla fine di febbraio. Ma difficilmente nel giro di due settimane le indagini saranno concluse, e a Bruxelles dovranno scegliere da che parte stare. Una scelta che Borrell ha già ben chiara in mente: “L’indagine prenderà il tempo necessario, ma nel frattempo le persone devono poter continuare a mangiare”.

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    Mar Rosso, l’obiettivo dell’Ue è lanciare la missione Aspides entro il 19 febbraio. Italia, Francia e Grecia candidate alla guida

    Bruxelles – La data cerchiata sul calendario è quella del 19 febbraio, in occasione del prossimo Consiglio Ue Affari Esteri. È il giorno indicato dall’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, per il lancio della missione navale europea che dovrà proteggere le navi mercantili dagli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso. “Bisogna fare in fretta”, ha avvisato Borrell, per scongiurare l’aggravarsi delle conseguenze sull’economia europea.
    Si chiamerà Aspides, che in greco antico significa scudo. Ed è pensata esattamente per fungere da scudo: sarà una missione “puramente difensiva”, ha sottolineato più volte Borrell a margine del vertice informale di oggi (31 gennaio) con i ministri della Difesa dei Paesi Ue. I 27 hanno trovato la quadra sulla missione: qualcuno non parteciperà, ma nessuno si opporrà al suo dispiego. E hanno trovato “l’intesa politica sui parametri principali dell’operazione“, che “saranno formalizzati” al più tardi il 19 febbraio. Un ulteriore passaggio politico avverrà a livello dei capi di stato e di governo dell’Ue: fonti europee hanno confermato che i 27 leader ne discuteranno al Consiglio europeo straordinario che si terrà domani a Bruxelles.
    Il nodo principale da sciogliere è quale Paese ne assumerà il comando e dove sarà situato il quartier generale. Hanno avanzato la propria candidatura Italia, Francia e Grecia. “Non è una gara, l’importante per noi è che questa missione parta, che sia congiunta, che venga coinvolto il maggior numero possibile di Paesi europei”, ha dichiarato il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, a margine dei lavori del Consiglio, ai microfoni di RaiNews24. Che in mattinata aveva esortato l’Ue a “prendere una posizione più concreta e meno burocratica, perché i tempi che viviamo richiedono velocità e pragmatismo”.
    Sette Paesi europei, che forniranno gli uomini e le tre navi chieste dal Servizio di Azione Esterna dell’Ue per avere l’impatto necessario nell’area. Anche se Borrell ha dichiarato che “metteremo in mare navi e mezzi proporzionali alla minaccia che affrontiamo”, lasciando aperta la porta a ulteriori modifiche. Il punto che resta ferma è che Aspides “non condurrà nessuna operazione via terra” sul suolo yemenita.
    Come a voler riaffermare l’indipendenza rispetto alla missione Prosperity Guardian, guidata dagli Stati Uniti, a cui partecipano anche alcuni Paesi europei. Ma con cui “chiaramente ci coordineremo”, ha precisato il capo della diplomazia europea.

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    L’Ue rivede gli impegni sulla consegna di un milione di munizioni all’Ucraina. Entro marzo saranno al massimo 530 mila

    Bruxelles – L’Ue rivede al ribasso gli impegni sulla consegna di un milione di munizioni all’Ucraina entro marzo 2024. L’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, dopo il confronto con i ministri della Difesa dei 27, alza bandiera bianca e annuncia che entro la scadenza stabilita arriverà a Kiev solo il 52 per cento dell’artiglieria promessa.
    Nell’agenda del vertice informale di oggi (31 gennaio) a Bruxelles, il primo punto era fare il punto della situazione sul supporto all’Ucraina, che visti i tentennamenti dell’alleato americano – 6 miliardi ancora bloccati dal Congresso – è più importante che mai. Un supporto che finora non è mai mancato: dall’inizio dell’invasione russa, il 24 febbraio 2022, l’Ue e gli Stati membri hanno fornito 28 miliardi di assistenza militare alla resistenza di Kiev. Oggi il capo della diplomazia europea ha chiesto ai ministri Ue quanto riusciranno a impegnarsi per il 2024: “Posso dire che avremo un budget di almeno 21 miliardi per il sostegno militare all’Ucraina”, ha annunciato Borrell. Che si aspetta comunque che questa cifra cresca, perché alcuni Paesi non hanno ancora dichiarato le proprie stime.

    L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell
    Come sottolineato da Borrell, si tratterebbe di un aumento notevole rispetto ai 28 miliardi nei due anni precedenti. Ma la nota dolente riguarda la consegna di quell’artiglieria che avrebbe dovuto sostenere la controffensiva ucraina nei territori occupati dall’esercito di Mosca. Ad oggi a Kiev sono arrivati 330 mila pezzi, tra proiettili d’artiglieria, munizioni da 155 mm e missili. Si procede a rilento, basti pensare che a inizio novembre l’Ue aveva già raggiunto quota 300 mila. In un’interrogazione parlamentare del 22 dicembre, Borrell sosteneva ancora di poter raggiungere l’asticella di un milione di munizioni entro marzo 2024. Ma, dopo l’aggiornamento odierno e numeri alla mano, ha tirato i remi in barca: “Entro marzo prevedo che questa cifra (330 mila, ndr) aumenterà di 200 mila unità”, ha dichiarato a margine del Consiglio informale.
    Dunque il tetto è abbassato a 530 mila, il 52 per cento dell’obiettivo. Che dovrà essere raggiunto facendo affidamento quasi solo sulle scorte già esistenti nei Paesi membri. Perché il problema principale per realizzare l’Asap (Act in support of ammunition production) resta la capacità industriale europea. Da un lato le difficoltà dell’industria bellica europea nell’aumentare il ritmo di produzioni di proiettili, dall’altro il rincaro dei prezzi delle munizioni. Ma Borrell vede il bicchiere mezzo pieno: “La capacità produttiva è aumentata del 40 per cento dall’inizio della guerra“, arrivando al ritmo di “quasi un milione di munizioni all’anno, ma entro la fine del 2024 saranno 1,4 milioni”.

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    L’Ue chiede all’Unrwa “piena trasparenza” sulle accuse di coinvolgimento negli attacchi di Hamas del 7 ottobre

    Bruxelles – “Siamo estremamente preoccupati per le accuse di coinvolgimento del personale dell’Unrwa negli attacchi terroristici del 7 ottobre in Israele”. L’Ue prende nota delle informazioni fornite dalle autorità israeliane sulla presunta partecipazione di diversi dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei rifugiati palestinesi all’operazione condotta da Hamas che ha portato alla morte di oltre 1200 cittadini israeliani.In una nota, l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha dichiarato di essere in contatto con l’Unrwa e di aspettarsi che “fornisca piena trasparenza sulle accuse e che prenda misure immediate contro il personale coinvolto”. La Commissione europea – ha assicurato Borrell – “valuterà gli ulteriori passi da compiere e trarrà insegnamenti in base ai risultati di un’indagine completa ed esaustiva”.L’Unrwa è una dei maggiori partner dell’Ue in Cisgiordania e a Gaza. “L’Unrwa ha svolto per molti anni un ruolo fondamentale nel sostenere i rifugiati palestinesi vulnerabili nell’accesso a servizi vitali come l’istruzione e la salute, ed è un partner cruciale della comunità internazionale”, ha spiegato Borrell. La cooperazione tra l’Ue e l’Unrwa risale addirittura al 1971, e solo nel 2023 Bruxelles ha contribuito al lavoro dell’Agenzia con 92 milioni di euro.Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha definito “scioccanti” le accuse delle autorità israeliane e ha annunciato di aver preso la decisione di “rescindere immediatamente i contratti di questi membri e di avviare un’indagine per stabilire senza indugio la verità”. Qualsiasi dipendente coinvolto in atti di terrorismo “sarà ritenuto responsabile, anche attraverso procedimenti penali”, ha promesso l’alto funzionario.

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    La Commissione Ue punta a firmare un partenariato strategico con l’Egitto entro febbraio

    Bruxelles – Stiamo entrando in un “periodo d’oro” delle relazioni tra l’Ue e l’Egitto. In occasione del ventesimo anniversario dall’Accordo di associazione tra Bruxelles e il Cairo, il commissario europeo per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, ha annunciato che “spera di ottenere entro il mese prossimo tutti i via libera dagli Stati membri e di arrivare alla firma” di un nuovo partenariato strategico.Il gabinetto von der Leyen è al lavoro già da tempo per replicare il modello di accordo applicato a luglio con la Tunisia in altri Paesi della regione. E ora sembra in dirittura d’arrivo il Memorandum d’Intesa ricamato sull’Accordo di associazione che lega l’Ue e l’Egitto dal 2004 e sulle priorità del partenariato firmate due anni fa. “Sono lieto che la nostra cooperazione abbia acquisito intensità e qualità”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, nella conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry.

    Da destra: il commissario Ue per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, e il ministro degli Esteri egiziano, Sameh ShoukryIl partenariato con l’Egitto si baserà su sei pilastri di “interesse reciproco”: relazioni politiche, stabilità economica, investimenti e commercio, migrazione e mobilità, sicurezza e demografia e “altri settori a cui stiamo lavorando”, ha spiegato Várhelyi. Già oggi Borrell e Shoukry hanno firmato un accordo che consentirà all’Egitto di partecipare ad alcuni programmi europei aperti a Paesi terzi, come Horizon Europe.A sostegno dell’idea che i tempi sono maturi per “elevare a partnership globale e strategica” la cooperazione con il Cairo, Várhelyi ha citato il “successo” del piano economico e di investimento per l’Egitto, che prevede la mobilitazione di 9 miliardi di euro in investimenti nei settori alimentare, idrico ed energetico, nel periodo 2021-2027. “Siamo orgogliosi di aver già mobilitato 5,8 miliardi di euro“, ha esultato il commissario ungherese. E poi la presenza sempre più importante delle aziende europee in Egitto, che forniscono “una parte significativa del motore dell’economia egiziana”. E il dato sugli scambi commerciali: l’Ue è il primo partner commerciale del Cairo, copre il 27 per cento di tutti gli scambi dell’Egitto.Se il Memorandum con la Tunisia ruota maggiormente intorno alla gestione delle frontiere e alla cooperazione in materia migratoria, per l’Egitto – un Paese che già ospita sul suo territorio oltre 9 milioni di migranti – le sfide e le opportunità sono differenti. Da un lato, come spiegato da Borrell, l’Ue si impegnerà a “sostenere lo sviluppo economico e sociale, accompagnare l’agenda di riforme dell’Egitto, dall’economia ai diritti umani, e attrarre investimenti cruciali” nel Paese. Dall’altro, Bruxelles è particolarmente interessata all’enorme bacino energetico del Paese nordafricano. “L’Egitto può diventare non solo un fornitore affidabile di gas, ma anche una fonte affidabile di energia rinnovabile. Il potenziale dell’Egitto in termini di elettricità verde è difficile da eguagliare”, ha dichiarato Varhelyi, a margine del confronto con Borrell e Shoukry.Ue e Egitto ribadiscono il sostegno alla Soluzione dei due Stati in Israele e PalestinaNell’agenda del decimo Consiglio di Associazione c’era anche la crisi in corso in Medio Oriente. L’Ue e l’Egitto hanno condiviso la loro preoccupazione per la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, sollecitando “la massima moderazione e la protezione dei civili in conformità con i principi universali del diritto internazionale umanitario”.Borrell ha voluto sottolineare “il ruolo cruciale giocato dall’Egitto nel garantire assistenza alla popolazione palestinese e nel negoziare le pause umanitarie e il rilascio degli ostaggi”. I due partner hanno affermato il loro fermo rifiuto di qualsiasi forma di sfollamento individuale o collettivo, forzato o meno, di palestinesi da qualsiasi parte dei territori occupati. Compresa la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.Ancora distanti sulla necessità di fermare le ostilità: l’Egitto chiede un cessate il fuoco immediato, mentre l’Ue ha sottolineato l’urgenza di pause umanitarie. Ma Bruxelles e il Cairo condividono la necessità di rilanciare la soluzione dei due Stati. “L’unica via verso una soluzione giusta, duratura e globale del conflitto in Medio Oriente è la soluzione dei due Stati che ponga fine all’occupazione e conduca alla creazione di uno Stato palestinese indipendente, contiguo, sovrano“, si legge nella dichiarazione congiunta pubblicata a margine dell’incontro.