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    Per la Georgia il processo di adesione Ue è “di fatto” arrestato. A confermarlo è il Consiglio Europeo

    Bruxelles – Era nell’aria da settimane, ma ora a mettere il punto sulle ambizioni della Georgia di essere “pronta più di qualsiasi altro Paese candidato per l’adesione entro il 2030” (come rivendicato a febbraio dal premier, Irakli Kobakhidze) è lo stesso organismo collettivo che definisce priorità e indirizzi politici dell’Unione Europea. “Il Consiglio Europeo invita le autorità georgiane a chiarire le proprie intenzioni invertendo l’attuale rotta che mette a rischio il percorso della Georgia nell’Ue, determinando di fatto un arresto del processo di adesione“, si legge nelle conclusioni del vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue, che riservano quattro punti alla “seria preoccupazione per i recenti sviluppi” politici nel Paese candidato all’adesione Ue.Manifestanti georgiani a Tbilisi contro la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 17 aprile 2024 (credits: Giorgi Arjevanidze / Afp)È in particolare l’adozione di metà maggio della legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria a rappresentare “un passo indietro rispetto a quanto stabilito nella raccomandazione della Commissione per lo status di candidato”, che a questo punto mette un freno pesante sulla strada di avvicinamento all’ingresso nell’Unione, nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dallo stesso Consiglio Europeo. Anche perché c’è poi da considerare i “i crescenti atti di intimidazione, minacce e aggressioni fisiche contro rappresentanti della società civile, leader politici, attivisti civili e giornalisti in Georgia”, avvertono i Ventisette, che su questo punto non hanno riscontrato le stesse difficoltà per la definizione di una posizione comune come si erano invece viste in occasione della risposta di condanna all’adozione della legge lo scorso 14 maggio. Perché per l’Unione c’è una chiara differenza tra governo e stragrande maggioranza dei cittadini pro-Ue, e per questo motivo i 27 leader ribadiscono la “disponibilità a continuare a sostenere i georgiani nel loro percorso verso un futuro europeo”.È qui che si apre il nuovo capitolo della sfida politica a Tbilisi tra il partito al potere Sogno Georgiano e i cittadini scesi in piazza ininterrottamente per settimane in opposizione alla legge considerata di diretta emanazione del Cremlino. “Il Consiglio Europeo invita le autorità georgiane a garantire che le elezioni parlamentari del prossimo autunno siano libere ed eque“, incoraggiando una “sostanziale osservazione elettorale a lungo e breve termine da parte dei partner”. Il riferimento è alle prossime elezioni legislative del 26 ottobre, su cui si sta organizzando una piattaforma comune dei partiti di opposizione a Sogno Georgiano attorno alla ‘Carta georgiana’ presentata a fine maggio dalla presidente, Salomé Zourabichvili. Diverse formazioni politiche hanno già confermato di correre sotto lo stesso ombrello politico (con candidati comuni o diversi, ma comunque alleati) con l’obiettivo dichiarato di “ripristinare il processo di adesione all’Ue e aprire i negoziati di adesione il più presto possibile“. Visto che ora sono – come definito dal Consiglio Europeo – “di fatto” congelati.La legge sugli agenti stranieri in GeorgiaLa legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ era stata presentata lo scorso anno da Sogno Georgiano e messa in stallo dopo l’ondata oceanica di proteste del marzo 2023. Con un leggero emendamento al testo, a inizio aprile la legge è stata ripresentata dal governo: tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero dovrebbero registrarsi come ‘organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera’ (simile ad ‘agente di influenza straniera’ in vigore in Russia dal primo dicembre 2022). Dopo settimane di altissima tensione dentro e fuori il Parlamento di Tbilisi, e decine di migliaia di cittadini ad animare la più grande ondata di proteste dall’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 – ogni giorno ininterrottamente per due mesi – il partito al governo ha deciso di tirare dritto con la propria iniziativa legislativa prima del ritorno alle urne il 26 ottobre. E mostrando una disponibilità ad aumentare la portata della violenza messa in campo dalla polizia anti-sommossa e dagli agenti in passamontagna contro i manifestanti pacifici pro-Ue, che non hanno mai smesso di scendere a decine di migliaia in piazza ogni giorno.Le proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 14 maggio 2024Dopo il primo via libera alla legge (secondo l’iter legislativo ordinario) dello scorso 14 maggio, è ricominciato un nuovo rapidissimo processo legislativo per superare la decisione della capa dello Stato, che si è sempre opposta fermamente a una legge che riprende in modo inquietante molti elementi della stessa legge in vigore in Russia. Il gesto della presidente Zourabichvili è stato puramente simbolico, dal momento in cui il governo sapeva già in partenza di poter utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’, così come confermato il 28 maggio dalla sessione plenaria del Parlamento.Prima della legge sugli agenti stranieriLe proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 7 marzo 2023 (credits: Afp)Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso – e ora tesissimo – a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da Garibashvili). I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato al momentaneo accantonamento del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, fino all’approvazione di questa primavera nel pieno di una nuova ondata di proteste popolari.In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.

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    Dalle parole ai fatti. Il Montenegro è entrato nella fase finale dei negoziati di adesione all’Ue

    Bruxelles – Ormai è diventato un mantra tra Podgorica e Bruxelles, ma sicuramente mostra con quale livello di dedizione il Montenegro si sia impegnato nel processo di adesione all’Unione Europea. “Se raggiungeremo tutti i parametri di riferimento, ci aspettiamo di diventare il 28esimo Paese membro entro il 2028“, ha esordito il primo ministro montenegrino, Milojko Spajić, prima dell’inizio della 16esima conferenza intergovernativa di questo pomeriggio (26 giugno) – la seconda organizzata dalla presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue – che ha segnato un passo decisivo per il percorso di adesione all’Unione.Il primo ministro del Montenegro, Milojko SpajićUn conferenza “storica”, come è stata definita dal commissario europeo per l’Allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi, che ha sottolineato il fatto che “finalmente abbiamo visto il Montenegro avanzare sulla strada di adesione”, considerato il fatto che Podgorica ha complessivamente rispettato i parametri intermedi stabiliti per i capitoli 23 (sistema giudiziario e i diritti fondamentali) e 24 (giustizia, libertà e sicurezza): “Adesso apriamo l’ultima fase dei negoziati di adesione, significa che l’adesione è imminente“, ha messo in chiaro il commissario Várhelyi, aggiungendo che “ora dobbiamo iniziare a chiudere questi capitoli, da parte nostra faremo tutto il possibile per farlo nei prossimi mesi”. La prima riunione della conferenza di adesione con il Montenegro a livello ministeriale risale al giugno 2012 e da allora sono stati aperti 33 capitoli negoziali (su un totale di 35), di cui 3 provvisoriamente chiusi. Nel maggio 2021 il Consiglio ha approvato l’applicazione della metodologia di allargamento riveduta ai negoziati di adesione con il Montenegro e la Serbia, con l’obiettivo di rinvigorire il processo di adesione.Ribadendo le parole pronunciate in esclusiva a Eunews a febbraio, il premier Spajić ha messo in chiaro che “anche per l’Unione Europea è un grande giorno, perché siamo il primo Paese con la nuova metodologia di adesione Ue a essere testato, siamo una sorta di rompighiaccio per i Paesi dei Balcani Occidentali e gli altri candidati all’adesione“. C’è enorme entusiasmo a Podgorica, sia per il “momento storico” che rappresenta il risultato odierno, sia per il lavoro che ora si rafforzerà ancora di più nei prossimi mesi per chiudere altri capitoli negoziali. “Negli ultimi sette anni abbiamo accelerato il processo e abbiamo raggiunto risultati come nei sette anni precedenti, siamo davvero orgogliosi”, ha precisato il leader montenegrino a un evento privato a Bruxelles con il personale diplomatico montenegrino, a cui Eunews ha avuto accesso. E come confermato dalla ministra degli Esteri belga e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Hadja Lahbib, “il cammino di adesione Ue è lungo è arduo, ma questo è un messaggio di speranza che il Montenegro invia a tutta la regione balcanica e oltre”. Ora il testimone passa all’Ungheria a partire da lunedì prossimo (primo luglio), ma diverse fonti diplomatiche – montenegrine e non – assicurano che “non c’è alcuna preoccupazione” sul prosieguo dei negoziati nei prossimi sei mesi.La nuova stabilità in MontenegroDa sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Montenegro, Jakov Milatović, a Podgorica (31 ottobre 2023)È il 2023 l’anno in cui si è chiusa in Montenegro una crisi non solo istituzionale ma anche politica durata più di tre anni. Dal febbraio dello scorso anno è stato un succedersi di trionfi per il nuovo movimento europeista Europe Now, fondato e guidato da quelli che ora sono il primo ministro e il presidente del Montenegro – rispettivamente Spajić e Jakov Milatović (uscito però dal partito a febbraio 2024) – vincitori dalla doppia tornata elettorale in poco più di due mesi: il ballottaggio delle presidenziali del 2 aprile e le elezioni per il rinnovo del Parlamento dell’11 giugno.Il premier Spajić – eletto nel giorno della visita a Podgorica della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – e il presidente Milatović erano rispettivamente ministro delle Finanze e dell’Economia e dello Sviluppo economico nella grande coalizione anti-Đukanović (padre-padrone del Paese balcanico per 32 anni) guidata dal 4 dicembre 2020 al 28 aprile 2022 da Krivokapić. Durante l’anno e mezzo di governo i due hanno presentato un programma di riforme economiche intitolato proprio ‘Europe Now’, che comprendeva misure come il taglio dei contributi sanitari e l’aumento del salario minimo a 450 euro. I due tecnocrati hanno annunciato la volontà di fondare un nuovo partito di centro-destra liberale, anti-corruzione ed europeista dopo la caduta del governo Krivokapić nel febbraio 2022 – poi effettivamente fondato il 26 giugno – anticipando l’intenzione di collaborare con altre formazioni civiche e di centro in vista delle elezioni del 2023.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Montenegro, Milojko Spajić, a Podgorica (31 ottobre 2023)La nomina di Spajić e Milatović (i più giovani mai eletti alle due cariche istituzionali del Paese, entrambi all’età di 36 anni) ha messo fine a una fase di turbolenza per il Montenegro iniziata con le elezioni del 30 agosto 2020. In quell’occasione sono cambiati gli equilibri politici dopo 30 anni ininterrotti al potere per il Dps di Đukanović (sempre al governo o alla presidenza del Paese dal 1991). A guidare l’esecutivo per poco più di un anno è stata una coalizione formata dai filo-serbi di ‘Per il futuro del Montenegro’ (dell’allora premier Zdravko Krivokapić), dai moderati di ‘La pace è la nostra nazione’ (guidata da Montenegro Democratico) e dalla piattaforma civica ‘Nero su bianco’ dominata dal Movimento Civico Azione Riformista Unita (Ura) di Dritan Abazović. Il 4 febbraio 2022 era stata proprio ‘Nero su bianco’ a sfiduciare il governo Krivokapić, appoggiando una mozione dell’opposizione e dando il via all’esecutivo di minoranza di Abazović.Lo stesso governo Abazović è però crollato il 19 agosto (il più breve della storia del Paese) con la mozione di sfiducia dei nuovi alleati del Dps di Đukanović, a causa del cosiddetto ‘accordo fondamentale’ con la Chiesa ortodossa serba. L’intesa per regolare i rapporti reciproci – con il riconoscimento della presenza e della continuità della Chiesa ortodossa serba in Montenegro dal 1219 – è stata appoggiata dai partiti filo-serbi, mentre tutti gli altri l’hanno rigettata, perché considerata un’ingerenza di Belgrado nel Paese e un ostacolo per la strada verso l’adesione all’Ue. Nel pieno della crisi istituzionale emersa dalla seconda metà dell’anno e dopo il rifiuto a nominare un nuovo primo ministro, lo scorso 16 marzo l’ex-presidente Đukanović ha sciolto il Parlamento e ha indetto nuove elezioni anticipate per l’11 giugno, non sapendo che di lì a poche settimane avrebbe perso le elezioni presidenziali prima, e le nazionali poi.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    Per Ucraina e Moldova è un nuovo giorno storico. Iniziano i negoziati di adesione Ue a 2 anni dalla richiesta

    Bruxelles – Ora il processo di adesione Ue per Ucraina e Moldova è entrato nella fase formale dei negoziati, e da qui si può solo procedere in avanti (i tempi, invece, sono tutti da vedere). Come da programma dopo il via libera ai quadri negoziali da parte del Consiglio dell’Ue, a Lussemburgo sono andate in scena oggi (25 giugno) le prime conferenze intergovernative con i governi di Kiev e Chișinău, che segnano il via ufficiale della fase finale della strada per il futuro ingresso nell’Unione dei due Paesi candidati.Da sinistra: la vicepremier per l’Integrazione europea ed euro-atlantica dell’Ucraina, Olha Stefanishyna, e la ministra degli Esteri belga e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Hadja Lahbib (25 giugno 2024)“I negoziati che apriamo oggi saranno rigorosi e impegnativi, con determinazione e impegno siamo certi che potranno portarli a termine con successo“, è quanto assicurato dalla ministra degli Esteri belga e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Hadja Lahbib, aprendo le due conferenze intergovernative prima del passaggio di testimone all’Ungheria a partire da lunedì prossimo (primo luglio). Accompagnata dal commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, la ministra belga ha accolto prima la delegazione ucraina guidata dalla vicepremier per l’Integrazione europea ed euro-atlantica, Olha Stefanishyna, e poi quella moldava con a capo il primo ministro, Dorin Recean. “Questa è una giornata storica”, ha sottolineato nel corso delle due riunioni Lahbib, mettendo in chiaro che “il percorso per arrivare a questo punto è stato impegnativo e la determinazione a intraprendere le riforme necessarie è stata davvero impressionante“, in particolare nel caso dell’Ucraina.Il primo ministro della Moldova, Dorin Recean (25 giugno 2024)A questo punto la Commissione Ue dovrà continuare a valutare lo stato di preparazione dell’Ucraina e della Moldova per l’apertura dei negoziati in settori specifici, individuando le questioni che “con ogni probabilità” emergeranno nei negoziati, “a partire dal settore dei fondamentali che, in conformità con i quadri negoziali, sarà aperto per primo”, specifica il Consiglio. “È un’ottima notizia per i cittadini ucraini, moldavi e per l’intera Unione Europea, il cammino che ci attende sarà impegnativo ma ricco di opportunità”, è l’augurio entusiasta della presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, a cui ha fatto eco il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel: “Stiamo assistendo a un momento storico”, in cui i due Paesi candidati “stanno avviando una vera e propria trasformazione verso la piena adesione all’Ue“.È grande la soddisfazione a Kiev e Chișinău per il traguardo raggiunto oggi. “Quando abbiamo firmato la richiesta di adesione all’Ue il quinto giorno della guerra totale, molti dicevano che non era altro che un sogno, ma noi abbiamo trasformato questo sogno in realtà“, ha rivendicato il successo con un lungo post su X il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: “La determinazione ha funzionato, non ha deluso l’Ucraina e tutta l’Europa, e dimostra che tutti gli ucraini insieme, tutti gli europei insieme, sono capaci di realizzare anche i sogni più grandi”. Anche la presidente moldava, Maia Sandu, ha festeggiato l’avvio formale dei negoziati di adesione Ue: “Insieme, siamo uniti per un futuro di pace e prosperità“, un futuro “all’interno della stessa famiglia europea”.Come funziona il processo di adesione UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.Oltre Ucraina e Moldova. A che punto è l’allargamento UeLo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre.Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio 2022, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e al Consiglio Europeo del 21 marzo ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2023 è stato messo nero su bianco che “il Paese non ha invertito la tendenza negativa ad allontanarsi dall’Unione Europea e ha portato avanti le riforme legate all’adesione in misura limitata”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno 2023 il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Trovi ulteriori approfondimenti sull’allargamento Ue nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    La Macedonia del Nord ha un nuovo governo nazionalista. A rischio il compromesso Ue con la Bulgaria

    Bruxelles – Sono bastati meno di 50 giorni ai nazionalisti in Macedonia del Nord per occupare le posizioni politiche di vertice dopo il doppio trionfo alle urne dell’8 maggio e per riaccendere tutte le maggiori tensioni politiche di Skopje nella regione balcanica. Il Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (Vmro-Dpmne) è tornato al governo dopo otto anni all’opposizione grazie al via libera arrivato ieri (23 giugno) dall’Assemblea della Macedonia del Nord, con 77 voti a favore e 22 contrari (su 120 totali) e ora il suo leader, Hristijan Mickoski, è ufficialmente a capo del nuovo esecutivo di Skopje. Ma così come successo in occasione dell’insediamento della nuova presidente della Repubblica, Gordana Siljanovska-Davkova, l’inizio non lascia sperare in una transizione politica facile soprattutto sul piano delle relazioni con i vicini regionali per il prosieguo della strada verso l’adesione all’Unione Europea.Il leader di Vmro-Dpmne e primo ministro della Macedonia del Nord, Hristijan Mickoski (Armend Nimani / Afp)“Continueremo a stare insieme ai nostri partner dell’Ue e armonizzeremo la politica estera comune“, ha assicurato il nuovo capo del governo della Macedonia del Nord nel suo discorso d’insediamento davanti al Parlamento nazionale a proposito delle relazioni internazionali con Russia e Ucraina. Tuttavia è stato chiarissimo il passaggio sui passi per arrivare all’adesione all’Unione, che secondo gli accordi stretti a Bruxelles dovrebbe passare per un compromesso costituzionale per il riconoscimento della minoranza bulgara del Paese (con concessioni linguistiche): “Non passerà, e non ci saranno cambiamenti costituzionali finché sarò qui“. Non si tratta certo di una sorpresa, dal momento in cui già in campagna elettorale Mickoski aveva promesso di mantenere una linea dura sulle questioni linguistiche e storiche, ovvero quelle puramente identitarie. Tuttavia, dopo i tentativi fallimentari dell’ultimo anno e mezzo da parte del governo guidato dai socialdemocratici di emendare la Costituzione per riconoscere la minoranza bulgara (senza mai trovare i due terzi dei deputati necessari per approvare la mozione), potrebbe essere questo il momento di svolta per un nuovo – temuto – stop dei negoziati di adesione Ue per la Macedonia del Nord.È proprio la Bulgaria uno degli ostacoli più grandi per Skopje tra i Ventisette. Era il 9 dicembre 2020 quando si registrava in Consiglio Affari Generali lo stop di Sofia all’avvio dei negoziati di adesione Ue con la Macedonia del Nord, tenuti in stallo per oltre un anno e mezzo fino alla svolta dell’estate 2022. Grazie all’iniziativa del presidente francese, Emmanuel Macron, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi anche quello macedone ha dato l’approvazione all’intesa: con la firma del protocollo bilaterale tra Sofia e Skopje si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alle prime conferenze intergovernative per Macedonia del Nord (e Albania, legata dallo stesso dossier) il 19 luglio 2022, dopo un’attesa lunga quasi tre anni. Ma per aprire il primo Cluster dei negoziati di adesione Ue sono necessarie non solo tutta una serie di riforme – dal settore giudiziario alla gestione appalti pubblici, dalla lotta alla corruzione alla riforma della pubblica amministrazione – ma anche quegli emendamenti alla Costituzione sulle minoranze nel Paese che il neo-premier Mickoski si rifiuta di attuare.La neo-presidente della Macedonia del Nord, Gordana Siljanovska-Davkova (credits: Robert Atanasovski / Afp)Nell’ultimo mese è poi tornato a scricchiolare anche il rapporto con un altro storico avversario della Macedonia del Nord a livello regionale: la Grecia. Proprio come aveva fatto la neo-presidente della Repubblica Siljanovska-Davkova (candidata di Vmro-Dpmne) nel giorno del suo insediamento il 12 maggio, anche il neo-premier Mickoski ha fatto ripetutamente riferimento al suo Paese come ‘Macedonia’, e non ‘Macedonia del Nord’. L’assenza della locuzione ‘Nord’ ha un significato nazionalistico preciso, a partire dall’indipendenza dalla Jugoslavia nel 1991 e soprattutto dalla candidatura all’adesione Ue dal 2005. Il percorso di Skopje è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia per la contesa identitaria sull’uso del nome della patria di Alessandro Magno, perché entrambi i Paesi lo rivendicano come parte esclusiva della propria storia ed eredità culturale. Solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018 dagli allora primi ministri greco, Alexis Tsīpras, e macedone, Zoran Zaev, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord e ha rinunciato a utilizzare il Sole di Verghina – simbolo della dinastia reale macedone – ricevendo in cambio da Atene il riconoscimento della lingua macedone e il via libera all’adesione di Skopje alla Nato e all’Unione Europea.Da sinistra: gli allora primi ministri della Grecia, Alexis Tsīpras, e della Macedonia del Nord, Zoran Zaev, in occasione della firma dell’Accordo di Prespa (12 giugno 2018)Il ministro degli Affari Esteri greco, Georgios Gerapetritis, aveva già condannato apertamente l’atteggiamento di metà maggio della neo-presidente macedone, definendolo “una flagrante violazione dell’Accordo di Prespa e della Costituzione del nostro Paese vicino”, e aveva avvertito in modo minaccioso che “i progressi nel percorso europeo dipendono dalla piena attuazione dell’Accordo di Prespa e principalmente dall’uso del nome costituzionale del Paese”. La nuova provocazione in arrivo dall’esecutivo appena insediatosi a Skopje non va certo nella direzione di una distensione. Ma anche a Bruxelles la linea di Atene (e indirettamente di Sofia) è condivisa appieno: “Affinché la Macedonia del Nord possa continuare il suo percorso di successo verso l’adesione all’Ue, è fondamentale che il Paese prosegua sulla strada delle riforme e del pieno rispetto degli accordi vincolanti, compreso l’Accordo di Prespa”, erano state le parole dei presidenti della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel, all’indirizzo del nuovo establishment nazionalista di Skopje.

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    I ministri Ue danno l’ok ai quadri negoziali di adesione di Ucraina e Moldova. Il 25 giugno si comincia

    Bruxelles – Nessuna sorpresa sgradita dell’ultimo secondo, per Ucraina e Moldova ora può iniziare formalmente il processo di adesione Ue. Alla riunione del Consiglio Affari Economici e Finanziari (Ecofin) di oggi (21 giugno) i 27 ministri Ue hanno votato a favore dell’apertura dei negoziati con Kiev e Chișinău, approvando il punto in agenda senza discussione sui quadri negoziali per i due Paesi candidati, che da martedì prossimo (25 giugno) entreranno in un’altra casella della strada che li dovrebbe portare a diventare futuri membri dell’Unione Europea.Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e la presidente della Moldova, Maia Sandu“Il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato le posizioni generali dell’Ue, compresi i quadri negoziali, per i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldova”, ha reso noto la presidenza di turno belga a pochi minuti dall’inizio dell’Ecofin. Viene così avviata l’organizzazione delle prime Conferenze intergovernative con Ucraina e Moldova il 25 giugno – la prima tra le ore 15.00 e 17.00, la seconda tra le ore 17.30 e 19.30, entrambe seguite da conferenze stampa – a Lussemburgo, al termine del Consiglio Affari Generali. Nel corso delle due riunioni ministeriali saranno presentati i rispettivi quadri negoziali generali, “che stabiliscono le linee guida e i principi per i negoziati di adesione”, riporta il Consiglio. Si respira aria di grande soddisfazione sia a Kiev sia a Chișinău. “L’Ucraina sta tornando in Europa, dove è appartenuta per secoli, come membro a pieno titolo della comunità europea”, ha esultato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a cui ha fatto eco l’omologa moldava, Maia Sandu: “Diventare membri dell’Ue è il nostro percorso verso la pace, la prosperità e una vita migliore per tutti i cittadini”.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (7 febbraio 2023)Dopo l’approvazione delle conclusioni del Consiglio Europeo sull’avvio dei negoziati (dicembre 2023) e sull’invito ai 27 ministri di adottare i quadri “senza indugio” (marzo 2024), da settimane a Bruxelles era caldo il dossier sull’avvio dei negoziati di adesione Ue per Ucraina e Moldova, con il 25 giugno nei radar della presidenza belga e di 12 governi più aperturisti, in quanto ultima data utile prima dell’inizio del passaggio di consegne all’Ungheria per il semestre alla guida dell’istituzione Ue. Dopo la prima fumata nera al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) del 29 maggio a causa delle obiezioni ungheresi sull’Ucraina, i negoziatori belgi hanno lavorato senza sosta per appianare le resistenze di Budapest (mai insormontabili, a dire il vero) e permettere di arrivare a un’intesa generale per il voto formale. Il tema è tornato sul tavolo degli ambasciatori venerdì scorso (14 giugno), con il nuovo testo di compromesso che ha trovato l’accordo “di principio” di tutti i Ventisette. Ieri (20 giugno) i Paesi Bassi hanno infine sciolto positivamente la propria riserva parlamentare con il voto favorevole, spianando la strada all’approvazione in sede di Consiglio dell’Ue.A proposito di Conferenze intergovernative, i 27 ministri Ue hanno approvato anche la proposta della presidenza belga di convocare mercoledì prossimo (26 giugno) a Bruxelles la sedicesima riunione con il Montenegro. “L’incontro farà il punto sui progressi compiuti dal Montenegro nel soddisfare i parametri intermedi dei capitoli sullo Stato di diritto” – ovvero il capitolo 23 sul sistema giudiziario e i diritti fondamentali, e il capitolo 24 su giustizia, libertà e sicurezza – “e fornirà indicazioni per il lavoro futuro”, fa sapere il Consiglio. Podgorica è il partner più avanzato sulla strada per aderire all’Unione Europea e a febbraio il premier montenegrino, Milojko Spajić, in un’intervista esclusiva a Eunews aveva messo in chiaro che “faremo del nostro meglio per concludere i negoziati di adesione nel 2026 e attendere fino al 2028 per la ratifica del Trattato di adesione da parte di tutti gli Stati membri”.Come funziona il processo di adesione UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.A che punto è l’allargamento UeLo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre e ora si attende solo l’avvio formale dei negoziati e l’adozione dei quadri negoziali per le prime due.Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio 2022, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e al Consiglio Europeo del 21 marzo ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2023 è stato messo nero su bianco che “il Paese non ha invertito la tendenza negativa ad allontanarsi dall’Unione Europea e ha portato avanti le riforme legate all’adesione in misura limitata”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno 2023 il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Trovi ulteriori approfondimenti sull’allargamento Ue nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    Il 21 giugno i Ventisette voteranno per aprire il processo formale di adesione Ue di Ucraina e Moldova

    Bruxelles – Ucraina e Moldova ora contano i giorni per l’avvio formale del processo di adesione Ue, con il via libera “di principio” sui negoziati di adesione che a breve si trasformerà in realtà per i due Paesi candidati all’adesione Ue da esattamente due anni. Come fanno sapere fonti Ue a Eunews, il voto per l’approvazione dei quadri negoziali con Kiev e Chișinău si terrà al Consiglio Affari Economici e Finanziari (Ecofin) di venerdì (21 giugno), come punto in agenda senza discussione. Dopo l’ok dei 27 governi Ue – che dovrebbe arrivare senza sorprese, anche considerata la modalità di voto – la presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue convocherà per martedì prossimo (25 giugno) le prime conferenze intergovernative “nel primo pomeriggio” a margine del Consiglio Affari Generali, precisano le stesse fonti.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (7 febbraio 2023)Da settimane a Bruxelles è caldo il dossier sull’avvio dei negoziati di adesione Ue per Ucraina e Moldova, con la data del 25 giugno nei radar della presidenza belga (e di 12 governi più aperturisti), in quanto ultima data utile prima dell’inizio del passaggio di consegne all’Ungheria per il semestre alla guida dell’istituzione Ue. Dopo la prima fumata nera al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) del 29 maggio, a causa delle obiezioni ungheresi sull’Ucraina, i negoziatori belgi hanno lavorato senza sosta per appianare le resistenze di Budapest (mai insormontabili, a dire il vero) e permettere di arrivare a un’intesa generale per il voto formale. Il tema è tornato sul tavolo degli ambasciatori venerdì sera scorso (14 giugno), con il nuovo testo di compromesso che ha trovato l’accordo “di principio” di tutti i Ventisette. Come reso noto già al termine della riunione del Coreper, “la presidenza belga convocherà le prime conferenze intergovernative il 25 giugno”, anche se  i Paesi Bassi dovranno prima sciogliere la propria riserva parlamentare (ovvero servirà il voto dei 150 deputati per autorizzare il governo ad approvare la proposta di quadri negoziali).Dopo la concessione dello status di Paese candidato nel giugno 2022 e nonostante i progressi costanti registrati dalla Commissione Europea nel corso del successivo anno e mezzo, il premier ungherese, Viktor Orbán, aveva scelto la via dell’ostruzionismo per provare a impedire il via libera ai negoziati di adesione con Kiev. Solo attraverso una costante pressione delle istituzioni Ue – e lo sblocco da parte della Commissione di circa 10 miliardi di euro congelati a Budapest – Orbán ha compiuto un gesto abbastanza inconsueto ed eclatante al Consiglio Europeo del 14 dicembre 2023: ha lasciato la sala al momento del voto, così che gli altri 26 leader Ue potessero approvare la più attesa tra le conclusioni del vertice. Con le conclusioni del Consiglio Europeo del 21 marzo, i capi di Stato e di governo hanno poi invitato i 27 ministri degli Affari europei ad “adottare rapidamente” i progetti di quadri di negoziazione e “a portare avanti i lavori senza indugio”.Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (7 febbraio 2023)Lo stesso presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, aveva confessato in quell’occasione che la speranza era quella di “arrivare alla prima conferenza intergovernativa sotto presidenza belga“, prima del passaggio del testimone all’Ungheria per la definizione di calendari e temi in agenda delle riunioni dei ministri nelle diverse composizioni del Consiglio. Come da previsioni delle ultime settimane, il governo ungherese ha fatto cadere le proprie riserve – senza risparmiare suspense nelle istituzioni Ue – su diritti delle minoranze in Ucraina, commercio, lotta alla corruzione, agricoltura, funzionamento del Mercato unico e relazioni di buon vicinato, anche grazie al forte impegno di Kiev con la risposta all’elenco di 11 punti stilato da Budapest. Se arriveranno il tanto atteso via libera ai negoziati di adesione il 21 giugno e le prime conferenze intergovernative quattro giorni più tardi, il governo Orbán non dovrà preoccuparsi di costanti polemiche sulla questione dei colloqui di adesione dell’Ucraina durante il proprio semestre di presidenza. Senza dimenticare che questa non è certo l’ultima occasione per l’Ungheria di utilizzare il potere di veto per bloccare l’adesione Ue di Kiev.Come funziona il processo di adesione UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.A che punto è l’allargamento UeLo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre e ora si attende solo l’avvio formale dei negoziati e l’adozione dei quadri negoziali per le prime due.Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e al Consiglio Europeo del 21 marzo ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Trovi ulteriori approfondimenti sull’allargamento Ue nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    La metà dei Paesi Ue spinge per adottare i quadri negoziali con Ucraina e Moldova entro giugno

    Bruxelles – Mentre partiti e politici europei sono assorbiti dalla campagna elettorale per le elezioni che si svolgeranno da domani a domenica (6-9 giugno), dietro le quinte a Bruxelles sono giorni caldissimi per il futuro dell’Unione. Perché il mese di giugno determinerà i tempi e le tappe per l’adesione Ue di due nuovi Paesi, che attualmente sono candidati e che hanno ricevuto l’endorsement del Consiglio Europeo per l’avvio dei negoziati. Ucraina e Moldova attendono l’esito del confronto tra gli ambasciatori dei Ventisette per sperare in un via libera il prossimo 25 giugno al Consiglio Affari Generali all’adozione dei rispettivi quadri negoziali. E se da una parte c’è un’Ungheria reticente (ma non inamovibile), dall’altra ci sono 12 governi che hanno deciso di appoggiare apertamente l’accelerazione dei negoziati con una lettera inviata alla presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue.La ministra degli Affari esteri del Belgio e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Hadja Lahbib“L’apertura dei negoziati di adesione darebbe ulteriore motivazione” sia a Kiev sia a Chișinău, si legge nel testo visionato da Eunews, che ricorda la situazione “disastrosa” in Ucraina e le “imminenti” elezioni presidenziali e il referendum sull’Ue in Moldova: “Ciò rafforzerebbe il morale e promuoverebbe il lavoro sulle riforme in questi Paesi”, sono convinti i ministri di Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia. La richiesta alla ministra degli Affari esteri belga e presidente di turno del Consiglio, Hadja Lahbib – di cui è “molto apprezzato” il lavoro per far avanzare il processo di allargamento, sotto la sua guida dal primo gennaio –  è quella di adottare i quadri negoziali al Consiglio Affari Generali “al più tardi nel mese di giugno”, con l’obiettivo di convocare le prime conferenze intergovernative “entro la fine di giugno 2024”.La data segnata in calendario è quella del 25 giugno, quando si riuniranno i 27 ministri responsabili per la decisione (all’unanimità) sul via libera alle conferenze intergovernative con i candidati all’ingresso nell’Unione. “Alla luce dei risultati ottenuti e degli sforzi di riforma in corso” – si legge ancora nella lettera – “riteniamo che sia giunto il momento di andare avanti“, spingendo inoltre su una “integrazione graduale in singole politiche e programmi dell’Ue prima della piena adesione” all’Unione. La base di partenza sono le conclusioni del Consiglio Europeo di marzo, quando i capi di Stato e di governo hanno invitato i 27 ministri degli Affari europei ad “adottare rapidamente” i progetti di quadri di negoziazione e “a portare avanti i lavori senza indugio”. Lo stesso presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, aveva confessato allora che la speranza era quella di “arrivare alla prima conferenza intergovernativa sotto presidenza belga“, prima del passaggio di consegne all’Ungheria per la guida semestrale dell’istituzione Ue (che definisce calendari e temi in agenda delle riunioni dei ministri nelle diverse composizioni del Consiglio).Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (7 febbraio 2023)È proprio questo il nodo dei 20 giorni che mancano all’appuntamento in Consiglio Affari Generali. Dopo la prima fumata nera al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) di mercoledì scorso (29 maggio) a causa delle obiezioni ungheresi sull’Ucraina, il tema tornerà sul tavolo degli ambasciatori dei Ventisette venerdì (7 giugno). “Se i quadri negoziali saranno concordati entro quella data, la presidenza ha intenzione di organizzare le conferenze intergovernative per l’Ucraina e la Moldova dopo il Consiglio Affari Generali”, confermano fonti Ue in occasione della riunione di oggi (5 giugno) in cui è stata definita l’agenda parziale della riunione dei ministri del 25 giugno. Al momento sono state sciolte le riserve di tutti i Paesi membri, fatta eccezione per quelle di Budapest su diritti delle minoranze in Ucraina, commercio, lotta alla corruzione, agricoltura, funzionamento del Mercato unico e relazioni di buon vicinato.La speranza è che il governo di Viktor Orbán sia interessato a chiudere la questione dei colloqui di adesione dell’Ucraina prima di assumere la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue dal primo luglio, per evitare che il proprio semestre sia costellato da pressioni e polemiche a riguardo (e considerato il fatto che non si tratta dell’ultima occasione per l’Ungheria di utilizzare il potere di veto per bloccare l’adesione Ue di Kiev). Dopo la concessione dello status di Paese candidato nel giugno 2022 e nonostante i progressi costanti registrati dalla Commissione Europea nel corso del successivo anno e mezzo, il premier ungherese ha scelto la via dell’ostruzionismo per provare a impedire il via libera ai negoziati di adesione con Kiev. Solo attraverso una costante pressione delle istituzioni Ue – e lo sblocco da parte della Commissione di circa 10 miliardi di euro congelati a Budapest – Orbán ha compiuto un gesto abbastanza inconsueto ed eclatante al Consiglio Europeo del 14 dicembre 2023: ha lasciato la sala al momento del voto, così che gli altri 26 leader Ue potessero approvare la più attesa tra le conclusioni del vertice.Come funziona il processo di adesione UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.A che punto è l’allargamento UeLo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre e ora si attende solo l’avvio formale dei negoziati e l’adozione dei quadri negoziali per le prime due.Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e al Consiglio Europeo del 21 marzo ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

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    Kiev e Bruxelles guardano alla data del 25 giugno per iniziare i negoziati di adesione Ue dell’Ucraina

    Bruxelles – Le prime indicazioni erano già arrivate dalla più alta carica del Consiglio Europeo, Charles Michel, dopo il vertice dei leader Ue di marzo, e ora le indiscrezioni che trapelano da Palazzo Europa confermano che il lavoro è intenso per iniziare i negoziati di adesione Ue con l’Ucraina già entro la fine di giugno. Più precisamente il 25 giugno, quando si riunirà il prossimo Consigli Affari Generali, responsabile per la decisione (all’unanimità) sul via libera alle conferenze intergovernative con i candidati all’ingresso nell’Unione.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (7 febbraio 2023)A confermare questa spinta a Bruxelles sono alcune fonti di Politico, che riportano come i diplomatici Ue e ucraini abbiano intensificato gli sforzi nelle ultime settimane per cercare di convincere il governo ungherese guidato da Viktor Orbán a non porre il veto e fare sì che la questione non debba riproporsi (o essere depennata fino a fine anno) proprio durante la presidenza di turno ungherese del Consiglio dell’Ue. Già al termine del Consiglio Europeo del 21 marzo Michel aveva confessato che la speranza era quella di “arrivare alla prima conferenza intergovernativa sotto presidenza belga“, prima del passaggio di consegne a Budapest per la guida semestrale dell’istituzione Ue (che definisce calendari e temi in agenda delle riunioni dei ministri nelle diverse composizioni del Consiglio).Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (7 febbraio 2023)Dopo la concessione dello status di Paese candidato all’Ucraina nel giugno 2022 e nonostante i progressi costanti registrati dalla Commissione Europea nel corso del successivo anno e mezzo, è stato il premier ungherese Orbán a scegliere la via dell’ostruzionismo per provare a impedire il via libera ai negoziati di adesione con Kiev. Solo attraverso una costante pressione delle istituzioni Ue – e lo sblocco da parte della Commissione di circa 10 miliardi di euro congelati a Budapest – Orbán ha compiuto un gesto abbastanza inconsueto ed eclatante al Consiglio Europeo del 14 dicembre 2023: ha lasciato la sala al momento del voto, così che gli altri 26 leader Ue potessero approvare la più attesa tra le conclusioni del vertice. Al successivo vertice di marzo è arrivato l’invito dei capi di Stato e di governo ai 27 ministri degli Affari europei ad “adottare rapidamente” i progetti di quadri di negoziazione e “a portare avanti i lavori senza indugio”.Da allora la diplomazia Ue, belga (che detiene fino al 31 giugno la presidenza di turno) e ucraina si sono impegnate intensamente con Budapest per rispondere alle preoccupazioni sulle minoranze ungheresi in Ucraina, anche attraverso la risposta da Kiev a un elenco di 11 punti stilato dall’Ungheria. La speranza è che il governo Orbán possa essere interessato a chiudere la questione dei colloqui di adesione dell’Ucraina prima di assumere la presidenza semestrale, per evitare che il proprio semestre sia costellato da pressioni e polemiche a riguardo (e considerato il fatto che non si tratta dell’ultima occasione per l’Ungheria di utilizzare il potere di veto per bloccare l’adesione Ue di Kiev). Prima però va concordato il quadro negoziale sulla base della proposta della Commissione Europea, che si trova ora al vaglio dei 27 governi e dal cui semaforo verde dipenderà l’avvio della prima conferenza intergovernativa. Forse già il 25 giugno.Come funziona il processo di adesione UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.L’Ucraina e gli altri 9. A che punto è l’allargamento UeLo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre e ora si attende solo l’avvio formale dei negoziati e l’adozione dei quadri negoziali per le prime due.Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e al Consiglio Europeo del 21 marzo ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews