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    Inizia l’annuale tour di von der Leyen nei Balcani Occidentali, a una settimana dal cruciale Pacchetto Allargamento Ue

    Bruxelles – È iniziato in Macedonia del Nord l’ormai tradizionale tour autunnale della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nelle capitali dei Balcani Occidentali e quest’anno il viaggio arriva a pochi giorni dall’appuntamento più atteso dai Paesi che attendono di accedere all’Unione Europea: la pubblicazione del Pacchetto Allargamento da parte dell’esecutivo comunitario, attesa per l’8 novembre. Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – tralasciata solo l’Albania, in cui però la leader della Commissione è stata appena due settimane fa in occasione del vertice dei leader del Processo di Berlino – per una quattro giorni di incontri istituzionali con alcuni punti fissi in agenda: progressi nel percorso di avvicinamento e nei negoziati di adesione Ue, definizione dei punti del nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali e freno alle tensioni nella regione.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, a Skopje (30 ottobre 2023)“Ogni volta che von der Leyen fa visita nel Paese, arriva con proposte concrete per l’avvicinamento all’Unione”, si è congratulato il primo ministro macedone, Dimitar Kovačevski, aprendo questa mattina (30 ottobre) la prima delle conferenze stampa della presidente della Commissione Ue nei Balcani Occidentali e facendo riferimento sia al viaggio del 2022 incentrato sul Piano energetico sia a quello odierno sul nuovo Piano di crescita. “L’anno scorso abbiamo affrontato una dura crisi energetica, ma siamo rimasti uniti e abbiamo spostato le montagne“, ha rivendicato von der Leyen: “Vi abbiamo supportato con 80 milioni di euro [su 500 milioni complessivi per l’intera regione, ndr] per respingere l’impatto dei prezzi dell’energia su imprese e famiglie, abbiamo lavorato duramente e abbiamo vinto”. Per la leader Ue “la cosa più importante è che l’abbiamo fatto insieme” e anche nelle discussioni di oggi c’è stato spazio per questo tema: “Dove ci sono sfide, affrontiamole e superiamole insieme“.Oltre all’energia e ai progressi di Skopje nei negoziati per l’adesione Ue – “vogliamo aprire il cluster sui fondamentali, compresi gli emendamenti alla Costituzione” – il vero tema portante è quello economico. “Abbiamo 30 miliardi per il Piano economico e di investimenti che sta dando risultati velocemente”, ma per Bruxelles è necessario “portare più vicine le nostre economie e raddoppiare quelle balcaniche entro il prossimo decennio”. Ecco perché, dopo averlo anticipato a fine maggio e dettagliato a Tirana lo scorso 16 ottobre, la presidente von der Leyen sta facendo il giro delle altre cinque capitali per presentare i quattro pilastri del nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali. Il primo riguarda l’integrazione nelle dimensioni chiave del Mercato unico dell’Ue, il secondo è legato al completamento del Mercato regionale comune, il terzo si basa sul liberare il pieno potenziale economico attraverso riforme ambiziose e fondamentali sia sullo Stato di diritto sia in materia economica. E infine il pilastro del finanziamento da parte di Bruxelles: un pacchetto di 6 miliardi di euro – di cui 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 miliardi di euro in prestiti – proposto da von der Leyen nell’ambito della revisione intermedia del bilancio Ue.Il tallone d’Achille dei Balcani OccidentaliMa è la seconda tappa del viaggio a mostrare che la strada è più in salita di quanto le parole non riescano a nascondere. A Pristina, dopo aver ripetuto il discorso sul nuovo Piano di crescita per tutta la regione e aver fatto i complimenti alle autorità kosovare per “anni di duro lavoro” che hanno portato alla liberalizzazione dei visti dal primo gennaio 2024 – la maggior parte del discorso di von der Leyen è stata cannibalizzata dal tema più urgente da oltre sei mesi: le tensioni tra Kosovo e Serbia. La presidente della Commissione Ue ha reiterato la condanna all’attacco terroristico dello scorso 24 settembre nel nord del Kosovo – che è “totalmente inaccettabile e si scontra con i valori Ue” – ma in quello che è il momento più basso dei rapporti tra i due Paesi, l’unico modo di mettere a terra tutti i piani di Bruxelles è “solo con la normalizzazione delle relazioni” attraverso il dialogo Pristina-Belgrado.Niente di veramente nuovo in quanto affermato da von der Leyen – che si è attenuta alla dichiarazione dei leader di Francia, Germania, Italia e Ue a margine del Consiglio Europeo di giovedì scorso (26 ottobre) – se non per il fatto di aver pronunciato queste parole proprio in loco. “Il Kosovo deve stabilire un processo per come è stato definito la settimana scorsa, e lo stesso dirò domani in Serbia”, è stata chiara la presidente dell’esecutivo comunitario. In altre parole, la creazione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo e il riconoscimento de facto della sovranità di Pristina da parte della Serbia. I due punti più delicati, da una parte e dall’altra del confine amministrativo, ma “una de-escalation prevede che siano due attori a impegnarsi”, ha ribadito von der Leyen.Dopo aver assicurato che nell’incontro di domani (31 ottobre) a Belgrado con il presidente serbo, Aleksandar Vučić, “discuterò dei passi necessari per la Serbia” nel garantire ciò che sembra ancora quasi impossibile – il riconoscimento in qualche forma ufficiosa dell’indipendenza del Kosovo – von der Leyen ha esortato la presidente kosovara, Vjosa Osmani, (e successivamente il premier Albin Kurti) a fare la propria parte per sbloccare l’impasse sull’implementazione della comunità nel Paese a cui dovrebbe essere garantita autonomia su tutta una serie di materie amministrative. Perché dalla bozza di Statuto “moderno ed europeo” presentato la scorsa settimana per la creazione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo passa quasi tutto: la normalizzazione delle relazioni con Belgrado, l’eliminazione delle misure “temporanee e reversibili” e “l’apertura delle porte al Piano di crescita” anche per Pristina, è l’avvertimento di von der Leyen nel suo ormai consueto ritorno autunnale nella regione.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews
    La presidente della Commissione Europea in visita nelle capitali balcaniche per anticipare i punti più delicati del report che sarà pubblicato l’8 novembre. Focus su negoziati di adesione, nuovo piano di crescita e sul difficile cammino di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo

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    A Granada i leader Ue hanno iniziato a discutere dell’agenda strategica per l’allargamento e le riforme interne

    Bruxelles – È un punto di partenza, almeno per i leader dei 27 Paesi membri Ue. Tra i corposi contorni della crisi energetica, della politica di migrazione e asilo e della competitività economica, il piatto forte del Consiglio Europeo informale andato in scena oggi (6 ottobre) a Granada è stato il confronto sul futuro allargamento Ue e sulle riforme interne all’Unione per preparsi ad accogliere nuovi membri (fino a 10, quanti sono i Paesi che almeno hanno fatto richiesta di aderire). “Quello di oggi è il punto di inizio di un’agenda strategica basata su tre punti“, ha rivendicato con orgoglio il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Le nostre priorità future, come decideremo insieme e come pagheremo per le iniziative”.I capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue e i leader delle istituzioni comunitarie al Consiglio Europeo informale di Granada (6 ottobre 2023)In altre parole, dopo aver salutato i partner arrivati a Granada ieri (5 ottobre) per il terzo vertice della Comunità Politica Europea, i Ventisette si sono ritrovati da soli a discutere in modo coerente “per la prima volta a così alto livello” di cosa sarà l’Unione Europea del futuro: prospettive dell’allargamento Ue, graduale abbandono dell’unanimità in Consiglio e distribuzione dei fondi del budget comunitario nello scenario di un’Unione a 32 (con i candidati che hanno già avviato i negoziati di adesione), a 35 (con anche quelli che hanno ricevuto lo status di Paese candidato) o 37 (con tutti dentro, compresi Kosovo e Georgia). “Allargamento significa che i candidati hanno riforme da fare e dal nostro lato che dobbiamo prepararci”, ha puntualizzato Michel. Come si legge nella dichiarazione di Granada, l’allargamento Ue “è un motore per migliorare le condizioni economiche e sociali dei cittadini europei, ridurre le disparità tra i Paesi e promuovere i valori su cui si fonda l’Unione” e, in vista di una nuova fase, “gli aspiranti membri devono intensificare i loro sforzi di riforma, in particolare nel settore dello Stato di diritto”, e “parallelamente l’Unione deve porre le basi e le riforme interne necessarie“.Rieccheggia nella Dichiarazione di Granada l’eco della recente proposta franco-tedesca per adeguare l’Unione Europea a un suo futuro allargamento, che costituisce al momento la base di partenza più dettagliata e approfondita per le discussioni tra i leader. Il viaggio è cominciato oggi in Spagna e come tappa decisiva per un aggiornamento si può già segnare in calendario l’estate 2024, quando “sotto presidenza belga” del Consiglio dell’Ue (prima del primo luglio, dunque) saranno presentati “degli orientamenti” per “identificare e convergere” su obiettivi e progressi di breve e medio termine, ha precisato ancora Michel. A proposito di date, nonostante lo scetticismo della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, il numero uno del Consiglio ha rivendicato l’utilità di fornire una scadenza per “essere pronti” all’allargamento Ue: “Il 2030 è condiviso da molti Stati membri perché è un incoraggiamento, abbiamo visto troppe procrastinazioni negli ultimi 20 anni”.A proposito di ciò che la Commissione Europea sta facendo a riguardo, la presidente von der Leyen ha messo in chiaro a Granada che “lavoreremo a diverse revisioni delle politiche in diversi campi all’interno dei Trattati“, sia per quanto riguarda “i compiti che devono fare i Paesi candidati, sia quelli che dobbiamo fare noi come Unione “Europea”. È centrale il fatto che “l’esperienza dell’allargamento Ue è stata sempre estremamente vantaggiosa per entrambe le parti”, fermo restando che “coloro che vogliono aderire devono essere pronti per entrare nel Mercato unico”. Anche dalla presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, è arrivato un appello a “non lasciare indietro nessuno”, ovvero che “una volta soddisfatte tutte le condizioni con report positivi, dovremmo essere in grado di avviare i negoziati di adesione“. In attesa del Pacchetto Allargamento Ue 2023 – che sarà pubblicato l’8 novembre dalla Commissione – anche l’Unione stessa deve “avviare un dialogo per chiederci cosa dobbiamo fare per riformarci”, ha esortato Metsola: “Ciò che funziona attualmente per i Ventisette, non funzionerà per i 32, 33 o 35” futuri Paesi membri. Sulla stessa linea il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che ha puntato il dito soprattutto contro il processo decisionale interno: “Abbiamo cercato di chiarire che in politica estera o in politica fiscale non può sempre esserci unanimità, dobbiamo anche essere in grado di prendere decisioni a maggioranza qualificata”.Il vertice di Granada oltre l’allargamento UeIn un vertice in cui Polonia e Ungheria hanno posto il veto sull’inserire nel testo congiunto il capitolo sulla migrazione – pubblicato separatamente come una striminzita ‘dichiarazione del presidente del Consiglio Europeo’, esattamente come successo al vertice di giugno – i 27 leader hanno dato il via libera a un documento molto generico, a partire dalla questione Ucraina: “Abbiamo confermato che il futuro dei nostri aspiranti membri e dei loro cittadini è all’interno dell’Unione Europea“, anche se il premier ungherese, Viktor Orbán, ha sollevato alcuni dubbi (“non è mai successo un allargamento con un Paese in guerra, non sappiamo quali sono i confini veri”). Allo stesso modo i Ventisette promettono che “rafforzeremo la nostra preparazione alla difesa e investiremo nelle capacità sviluppando la nostra base tecnologica e industriale” a partire da “mobilità militare, resilienza nello spazio e contrasto alle minacce cibernetiche e ibride e alla manipolazione delle informazioni straniere”.Da sinistra: il primo ministro spagnolo e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Pedro Sánchez, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (6 ottobre 2023)Non più incisivo il capitolo sulla competitività. “Lavoreremo sulla nostra resilienza e sulla nostra competitività globale a lungo termine, assicurandoci che l’Ue abbia tutti gli strumenti necessari per garantire una crescita sostenibile e inclusiva e una leadership globale in questo decennio cruciale“, si legge nel testo, che parla di “affrontare le vulnerabilità e rafforzare la nostra preparazione alle crisi” in particolare “nel contesto dei crescenti rischi climatici e ambientali e delle tensioni geopolitiche”. Con l’obiettivo di “garantire la sostenibilità del nostro modello economico, senza lasciare indietro nessuno“, il lavoro si concentrerà su “efficienza energetica e delle risorse, circolarità, decarbonizzazione, resilienza alle catastrofi naturali e adattamento ai cambiamenti climatici”. La questione riguarda anche il tema dell’energia: “Garantiremo l’accesso a prezzi accessibili, aumenteremo la nostra sovranità e ridurremo le dipendenze esterne in altri settori chiave” in cui l’Unione “deve costruire un livello sufficiente di capacità per garantire il suo benessere economico e sociale”. Si tratta di “tecnologie digitali e a zero emissioni, farmaci, materie prime essenziali e agricoltura sostenibile“, specifica la dichiarazione, che ribadisce la necessità di “rafforzare la nostra posizione di potenza industriale, tecnologica e commerciale”.
    Al vertice informale i capi di Stato e di governo si sono confrontati su “priorità future, come decideremo insieme e come pagheremo”, ha spiegato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel. In arrivo nell’estate 2024 “orientamenti” su obiettivi e progressi di breve/medio termine

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    È “imminente” il Pacchetto Allargamento che “provvederà ai mezzi” per accelerare l’integrazione di nuovi membri Ue

    Bruxelles – Mancano poche settimane al nuovo Pacchetto Allargamento Ue, l’attesa relazione annuale della Commissione Europea sullo stato di avanzamento dei Paesi che hanno fatto richiesta di adesione Ue. “È imminente”, ha annunciato oggi (28 settembre) il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio Affari Generali informale a Murcia (Spagna), anticipando l’appuntamento previsto dall’agenda dei punti all’ordine del giorno del Collegio dei commissari per il 31 ottobre “o a inizio novembre”. Come reso noto dal commissario europeo, “sarà un pacchetto che includerà 10 Paesi candidati o con la prospettiva europea e che provvederà ai mezzi per accelerare l’integrazione“.
    Da sinistra: il ministro degli Esteri spagnolo e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, José Manuel Albares, e il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi (28 settembre 2023)
    Altri dettagli al momento non sono stati rivelati, a parte un riferimento al piano di crescita per i Balcani Occidentali presentato lo scorso 31 maggio dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Proprio la numero uno dell’esecutivo comunitario ha messo in chiaro da Spalato (Croazia) che “il passato allargamento Ue è stato un grande successo per Paesi come la Croazia” – l’ultimo a fare ingresso nell’Unione nel 2013 – “e ha portato grandi benefici per l’Unione Europea”, e per questo motivo “dobbiamo replicarlo con gli attuali candidati”. Ma in ogni caso non cambia il fatto che “è un processo basato sul merito, che richiede contemporaneamente riforme strutturali nei Paesi candidati e un percorso parallelo da parte dell’Ue“, come già evidenziato nel discorso sullo Stato dell’Unione dello scorso 13 settembre: “È molto importante spiegare agli Stati membri e ai nostri cittadini che nel nuovo ambiente geostrategico l’allargamento Ue basato sui meriti ci rafforza, è necessario e porta benefici”, ha aggiunto von der Leyen.
    Cruciale il vertice informale dei ministri degli Affari europei per iniziare a confrontarsi sulla proposta franco-tedesca per adeguare l’Unione al futuro allargamento. “Le discussioni si sono divise in tre gruppi di lavoro“, ha spiegato il ministro degli Esteri spagnolo e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, José Manuel Albares: “Istituzioni e riforme necessarie in vista dell’allargamento Ue, impatto sul budget per le capacità di assorbimento e possibilità di creare nuove aree di cooperazione per una graduale integrazione”. E quanto emerge dal primo confronto è che “l’allargamento Ue è tra le tre priorità principali” dei Ventisette, ha voluto sottolineare con forza il commissario Várhelyi, considerato il fatto che “il cambiamento nelle dinamiche geopolitiche attorno a noi dimostra che il progetto di sicurezza, pace e stabilità dell’Ue dipenderà dal successo dell’allargamento Ue e dall’accogliere nuovi membri”. Se sul fronte esterno “abbiamo iniziato a discutere su come supportare i candidati ad accelerare sulle riforme”, su quello interno “non pensiamo ci sia bisogno di una riforma dei Trattati per accogliere nuovi membri“, ma i due percorsi “devono andare in parallelo ed essere conclusi nel breve termine”. Riecheggia anche a Murcia la data del 2030, quella avanzata dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Se il Consiglio è pronto a fornire l’adesione, la Commissione lo sarà di sicuro, ma la vera domanda è se i Paesi candidati saranno pronti“.

    A che punto è l’allargamento Ue
    Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione, mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente sono si sono inaspriti i rapporti con Bruxelles dopo le tensioni diplomatiche con la Serbia di fine maggio.
    I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è tornato sul tavolo dei 27 ministri degli Esteri Ue del 20 luglio.
    Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Dall’inizio dell’anno sono già arrivate le richieste dall’Ucraina e dalla Georgia rispettivamente di iniziare i negoziati di adesione e di diventare Paese candidato “entro la fine del 2023”.

    Attesa per il 31 ottobre, la nuova relazione annuale prevederà “un nuovo modo” di pensare l’adesione, ha fatto sapere il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi. La presidente Ursula von der Leyen chiede “riforme strutturali nei Paesi candidati e un percorso parallelo dall’Ue”

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    Il Consiglio dell’Ue spera in un nuovo Erdoğan per ridare vigore alle relazioni con la Turchia

    Bruxelles – Se il vicino di casa ingombrante rinnova l’affitto, tanto vale provare a distendere i rapporti. Con la rielezione di Recep Tayyip Erdoğan alla guida della Turchia, all’ultimo Consiglio Europeo Bruxelles ha reinserito nelle priorità le relazioni con Ankara. A maggior ragione dopo il – seppur timido – segnale lanciato dal presidente turco, che ritirando il veto sull’adesione della Svezia alla Nato ha aperto uno spiraglio su un riavvicinamento con Bruxelles.
    Se non si tratta ancora di riprendere le redini di un processo di adesione all’Unione Europea congelato da ormai cinque anni, i ministri degli Esteri dei Paesi membri Ue hanno comunque indicato i primi passi da compiere per rendere quell’orizzonte credibile. “Non si tratta solo di quello che l’Ue si aspetta dalla Turchia, ma anche di quello che la Turchia si aspetta dall’Ue”, ha dichiarato l’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, a margine del Consiglio Affari Esteri tenutosi oggi (20 luglio) a Bruxelles. Da un lato Erdogan mette sul tavolo la finalizzazione dell’accordo sull’Unione doganale e la liberalizzazione dei visti, dall’altro l’Ue chiede garanzie su “due aspetti fondamentali di questo tentativo di stabilire nuovamente una relazione costruttiva con la Turchia”: una de-escalation nel Mediterraneo orientale e un serio impegno a riprendere le negoziazioni per risolvere la questione della sovranità di Cipro, in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite sul tema.
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (20 luglio 2023)
    Perché dal 2019 Ankara continua a mettere in discussione i confini greci – e di conseguenza le frontiere esterne dell’Unione – a sud dell’isola di Creta. L’ultimo episodio di tensione risale all’ottobre dello scorso anno, quando la Turchia ha siglato un nuovo accordo preliminare sull’esplorazione energetica con la Libia e “le navi da guerra turche hanno ostacolato illegalmente le attività di rilevamento nella zona economica esclusiva cipriota”. Ma soprattutto perché dal 2017 sono fermi i tentativi di risolvere la controversia sulla divisione dell’isola di Cipro, dove solo la Turchia riconosce l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord. Come ricordato dal ministro degli Esteri cipriota, Constantinos Kombos, proprio oggi cade il 49esimo anniversario dell’invasione turca dell’isola. “Le aspirazione turche passano da Cipro, ci aspettiamo la ripresa rapida di negoziati sostanziali”, ha avvisato il ministro.
    Da riscrivere non c’è solo il capitolo sulle relazioni esterne e l’aggressiva politica estera portata avanti dalla Turchia nel Mediterraneo. Per rilanciare i negoziati per l’adesione all’Ue sarà essenziale anche il rispetto delle libertà e dei valori fondamentali definiti dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo, di cui tra l’altro – ha ricordato Borrell – Ankara fa parte. Sulle violazioni dei diritti umani e dello stato di diritto si è espresso con toni durissimi il Parlamento europeo che, proprio in vista della riunione dei ministri di oggi, aveva messo in chiaro che “il processo di adesione non può riprendere, a meno che non ci sia un drastico cambio di rotta da parte del governo turco”, mentre si può ragionare su formule diverse come “partenariato più stretto” o “quadro parallelo e realistico per le relazioni Ue-Turchia”.
    Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan
    Il quadro più pragmatico è quello fornito dalla ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, secondo cui “dopo le elezioni turche, è importante riflettere ancora una volta su come continueremo a lavorare insieme non a un semplice vicino ma a un attore globale strategicamente importante”. Senza essere “ingenui”, ma tenendo a mente che “in questi tempi geopoliticamente difficili vogliamo lavorare insieme a un partner chiave nella nostra regione, anche se non è sempre facile”. Approccio condiviso dal vicepremier italiano, Antonio Tajani, che sottolineando “i tanti interessi economici” di Roma nel Paese ha suggerito di “discutere con spirito positivo per costruire”.

    I 27 ministri degli Esteri convinti “dell’interesse reciproco” su rapporti costruttivi con Ankara. Sul piatto la revisione dell’accordo sull’Unione doganale e la liberalizzazione dei visti, a patto che il presidente avvii una de-escalation nel Mediterraneo orientale e riprenda i negoziati con Cipro

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    Bulgaria e Macedonia del Nord hanno firmato il protocollo bilaterale sui negoziati di adesione Ue (anche dell’Albania)

    Bruxelles – Ci siamo, o quasi. Macedonia del Nord e Albania sono pronte per la prima conferenza intergovernativa, l’appuntamento che apre la strada ai negoziati di adesione all’Ue. A rendere possibile quello che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha definito un “momento storico” è stata la firma nella giornata di ieri (domenica 17 luglio) del protocollo bilaterale tra Macedonia del Nord e Bulgaria, che risolve momentaneamente la disputa tra i due Paesi per l’apertura del quadro negoziale Ue con Skopje (e Tirana, vincolata dallo stesso dossier). L’appuntamento di domani (19 luglio) a Bruxelles è un evento atteso da quasi due anni, da quando Sofia ha posto il veto in Consiglio. Tuttavia, aldilà dell’entusiasmo di Bruxelles, sono diversi i fattori che appesantiscono il clima e che anticipano lo scenario di un negoziato che durerà anni e che creerà non pochi problemi per i rapporti tra l’Unione e la Macedonia del Nord.
    Il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, e il presidente del Consiglio UE, Charles Michel
    Ad aprire la possibilità della prima conferenza intergovernativa questa settimana è stato il voto favorevole di sabato (16 luglio) da parte del Parlamento macedone sulla proposta aggiornata di mediazione francese per lo sblocco dei negoziati di adesione Ue. Il via libera è arrivato grazie a 68 deputati su 120 (era richiesta la maggioranza semplice di 61), che si sono espressi a favore di una proposta che – dopo la prima versione definita “irricevibile” – riconosce la lingua e l’identità nazionale macedone, il fatto che le questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) devono essere escluse dal quadro negoziale a livello Ue e l’obbligo di riconoscere la minoranza bulgara tra i popoli costituenti della Macedonia del Nord attraverso un emendamento alla Costituzione. Da parte bulgara, invece, il via libera del Parlamento alla revoca del veto era arrivato lo scorso 24 giugno (anche se sulla base della versione originaria della proposta di mediazione francese), a poche ore dal voto di sfiducia all’esecutivo guidato da Kiril Petkov.
    In virtù di queste due decisioni da Skopje e Sofia, nella giornata di ieri i rispettivi ministri degli Esteri, Bujar Osmani e Teodora Genchovska, hanno firmato il protocollo bilaterale parallelo al quadro negoziale Ue, che si inserisce tra le condizioni della proposta francese di risoluzione della controversia tra i due Paesi. Il contenuto del documento non è stato ancora reso pubblico (si prevede la pubblicazione sempre nella giornata di domani), ma è noto che è costituito di una decina di pagine e che contiene misure e scadenze specifiche nelle relazioni tra Sofia e Skopje. Dopo la firma del protocollo bilaterale le delegazioni di Skopje e Tirana sono state convocate a Bruxelles per la prima conferenza intergovernativa, che segnerà l’apertura ufficiale del gruppo di capitoli da affrontare prima di poter aderire formalmente all’UE.
    Tuttavia, nonostante l’apparente successo diplomatico, c’è poco per cui stare sereni sul breve e medio termine: i veri problemi per i negoziati di adesione Ue della Macedonia del Nord arrivano adesso. Al momento del voto di sabato, l’opposizione nazionalista di Vmro-Dpmne (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) è uscita dall’Aula e il leader, Hristijan Mickoski, ha annunciato che i suoi 44 parlamentari non accetteranno mai di emendare la Costituzione: “Non arretreremo di un millimetro“, è stato il commento lapidario, accompagnato dalla richiesta di nuove elezioni e il prosieguo delle proteste popolari. La questione è particolarmente rilevante, dal momento in cui per le modifiche costituzionali è necessaria la maggioranza dei due terzi del Parlamento, cioè 80 deputati, e senza i 44 voti della coalizione nazionalista si bloccherà immediatamente il processo richiesto dalla Commissione Europea per la convocazione della seconda conferenza intergovernativa e l’adesione Ue della Macedonia del Nord.
    A rendere ancora più complessa la questione è, ancora una volta, la posizione intransigente della Bulgaria, che ha fatto sapere di non aver cambiato la propria posizione sul macedone come lingua ufficiale della Macedonia del Nord: “Non la riconosciamo, ma la questione ha aspetti specifici nel contesto degli altri 26 Paesi membri, che hanno una loro posizione e non possiamo obbligarli in alcun modo ad accettare la nostra”, ha commentato a margine della firma del protocollo la ministra Genchovska. È attesa ora da Sofia una dichiarazione unilaterale di non-riconoscimento della lingua macedone, che appesantisce un processo di allineamento agli standard Ue su tutti i cluster che costituiscono il processo negoziale di adesione Ue.
    Le buone notizie riguardano piuttosto il clima favorevole che invece può ripristinarsi in Albania, in particolare dopo il fallimento del vertice Ue-Balcani Occidentali di fine giugno. Il premier albanese Edi Rama, si è detto “felice” che “l’assurdo ostaggio dell’Albania sia finito”, considerato il fatto che le aspirazioni di Tirana sono legate a doppio filo con quelle di Skopje: “Ci sono voluti ben tre faticosi anni dalla decisione del Consiglio di aprire la strada ai negoziati perché gli ostacoli artificiali sollevati sul cammino dell’Albania potessero essere completamente eliminati”, ha commentato Rama, sottolineando che “queste sfide hanno messo alla prova non solo il governo, ma anche il Paese, come comunità e come maggioranza di governo“. Era stato lo stesso primo ministro albanese ad attaccare l’Unione europea al vertice di Bruxelles per la sua incapacità di “liberare due ostaggi, che sono anche membri NATO, dalla Bulgaria”.

    Il 19 luglio si terrà a Bruxelles la prima conferenza intergovernativa con i due Paesi balcanici candidati all’adesione all’Unione. Decisivo il voto al Parlamento macedone sulla proposta di mediazione francese con Sofia: ma i negoziati per Skopje sono già in salita

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    L’Unione Europea loda i nuovi sforzi di Macedonia del Nord e Bulgaria di risolvere le tensioni regionali

    Bruxelles – Si riaccendono le speranze per l’UE di sbloccare lo stallo sui negoziati di adesione all’Unione della Macedonia del Nord, bloccati dal veto della Bulgaria da oltre un anno. L’inizio del dialogo avviato la settimana scorsa dai due nuovi primi ministri macedone, Dimitar Kovačevski, e bulgaro, Kiril Petkov, sembra andare ormai verso la direzione di un disgelo nei rapporti tesissimi tra Skopje e Sofia e le istituzioni comunitarie lo considerano a tutti gli effetti “uno slancio positivo“, in particolare per l’allargamento dell’Unione nella regione balcanica.
    Lo hanno riferito i presidenti del Consiglio UE, Charles Michel, e della Commissione, Ursula von der Leyen, al premier della Macedonia del Nord oggi (venerdì 4 febbraio) in visita per la prima volta a Bruxelles, complimentandosi per aver posto la distensione dei rapporti con la Bulgaria tra i primi punti nell’agenda del nuovo governo. “Lodo i recenti sforzi di Skopje e Sofia per risolvere le questioni in sospeso“, ha commentato Michel su Twitter, dopo aver sottolineato che al centro del colloquio con Kovačevski c’è stata proprio l’apertura dei negoziati di adesione, oltre alla cooperazione in materia di sicurezza e l’avanzamento delle riforme.
    Gli ha fatto eco la presidente della Commissione von der Leyen: “Incoraggio la Macedonia del Nord a continuare a realizzare le riforme e a mantenere il momento positivo con la Bulgaria, nel suo percorso di adesione all’UE“. Da martedì scorso (25 gennaio) i due governi hanno formato una serie di gruppi di lavoro che dovranno discutere di economia, infrastrutture e cooperazione europea e risolvere le frizioni nazionalistiche determinate da questioni storico-culturali e identitarie.

    🇲🇰 Glad to meet Prime Minister Kovachevski and congratulate him in person on his appointment. ⁰Welcome to Brussels! I encourage North Macedonia to continue delivering on reforms and to keep up the positive momentum with Bulgaria, on its accession path to the EU. pic.twitter.com/tVhC9xsukv
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 4, 2022

    I passi avanti per un compromesso si stanno evidenziando anche in Bulgaria, dove il premier Petkov ha preso una posizione forte contro il presidente Rumen Radev: “La mia visita in Macedonia del Nord non soltanto non è stata frettolosa, ma è avvenuta terribilmente tardi”, ha risposto mercoledì (2 febbraio) alle critiche mosse dal presidente sul fatto che l’incontro non fosse stato ben preparato. “La verità è che abbiamo perso 30 anni di rapporti tra i due Paesi, nel corso dei quali la parte bulgara doveva avere una posizione attiva, un tono di azione costruttivo, obiettivi chiari e un approccio preciso”, ha aggiunto Petkov.
    Una posizione che fa ancor più sperare Bruxelles che in breve tempo Sofia possa abbandonare la posizione contraria all’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord (e dell’Albania, legata allo stesso dossier). L’obiettivo è fare in modo che “i Balcani non siano più la regione più povera e corrotta d’Europa” e per questo il premier bulgaro chiede a tutti gli attori – bulgari, macedoni e comunitari – “un approccio basato sul buon vicinato e sullo sviluppo economico“.

    I presidenti della Commissione von der Leyen e del Consiglio Michel hanno accolto per la prima volta a Bruxelles il premier macedone Kovačevski, parlando di “slancio positivo” per l’adesione di Skopje all’Unione

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    Prove di disgelo tra i due nuovi premier di Macedonia del Nord e Bulgaria sull’adesione UE di Skopje

    Bruxelles – Due nuovi premier per un vecchio problema. Kiril Petkov e Dimitar Kovačevski, rispettivamente primo ministro della Bulgaria da metà novembre e della Macedonia del Nord da meno di due settimane, sembrano fare sul serio per risolvere un rapporto particolarmente teso tra i due Paesi confinanti. L’Unione Europea è alla finestra, attenta a cogliere ogni minima apertura sull’inizio dei negoziati di adesione all’UE da parte della Macedonia del Nord, bloccati dal veto bulgaro da oltre un anno.
    L’incontro di ieri (martedì 25 gennaio) a Sofia tra i due primi ministri si inserisce proprio in questo nuovo tentativo di dare un’accelerata alle relazioni di buon vicinato, dopo gli incoraggianti segnali lanciati dalla visita del premier bulgaro a Skopje il 18 gennaio, a un solo giorno dall’insediamento di Kovačevski a capo del governo macedone. “Siamo qui perché non abbiamo paura delle crisi e perché crediamo di poterle risolvere”, ha commentato Petkov in apertura dei lavori a livello ministeriale, sottolineando che “questo dialogo sostituirà il nazionalismo e l’incitamento all’odio, perché la gente si aspetta risultati reali, non retorica politica”.
    L’incontro a livello ministeriale tra i governi della Macedonia del Nord e della Bulgaria a Sofia (25 gennaio 2022)
    Al centro del dialogo tra Bulgaria e Macedonia del Nord ci sono temi comuni come la storia, la cultura, i diritti umani e l’integrazione europea: tutte questioni alla base delle frizioni nazionalistiche tra i due Paesi, che hanno portato al veto di Sofia in seno al Consiglio UE sull’accesso di Skopje all’Unione. Come promesso da Petkov all’indomani della vittoria alle elezioni di novembre in Bulgaria, al tavolo dei negoziati non ci sono solo politici e membri dei rispettivi governi, ma anche tecnici ed esperti che si incontreranno mensilmente in gruppi di lavoro per discutere di economia, infrastrutture e cooperazione europea.
    Il vertice ministeriale di Sofia ha lasciato in eredità una serie di memorandum d’intesa su agricoltura, industria e trasporti, oltre a una dichiarazione d’intenti per ridurre le tariffe di roaming tra i due Paesi e una per aprire un nuovo valico di frontiera. Attualmente non ci sono collegamenti aerei o ferroviari che collegano i due vicini balcanici e per questo motivo è stato specificato che dovranno essere ripresi i lavori per la costruzione del Corridoio paneuropeo 8. “Petkov e io siamo persone pragmatiche, a cui piacciono grafici, scadenze e risultati”, ha sottolineato Kovačevski, ribadendo che “l’integrazione europea può essere facilitata dallo sviluppo di progetti economici e infrastrutturali congiunti”.
    Nonostante le tensioni politiche scatenate dai partiti nazionalisti di opposizione dei due Paesi, la bussola sembra puntare in direzione di un nuovo approccio, meno rigido, per la normalizzazione dei rapporti bilaterali tra Bulgaria e Macedonia del Nord. Fino a oggi, Sofia ha accusato Skopje di non rispettare il Trattato di amicizia e buon vicinato del 2017 e di non rispettare i diritti della minoranza bulgara nel Paese. “La Bulgaria è membro dell’Unione Europea da 15 anni e ha una ricca esperienza da cui possiamo attingere“, ha commentato con entusiasmo Kovačevski parlando del futuro della Macedonia nell’UE.

    Al centro della ripresa del dialogo a livello ministeriale tra i due governi nati da pochi mesi c’è la cooperazione regionale con tavoli di lavoro mensili e il superamento del veto di Sofia in seno al Consiglio Europeo

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    La Macedonia del Nord ha un nuovo governo: tra le priorità c’è sempre l’integrazione nell’Unione Europea

    Bruxelles – Si è insediato un nuovo governo in Macedonia del Nord, che mette fine a una crisi di governo lunga due mesi e mezzo. L’Assemblea nazionale ha votato la fiducia al governo presieduto da Dimitar Kovačevski, economista 47enne laureato ad Harvard e leader dell’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM).
    Kovačevski ha ricevuto il testimone dall’ex-premier, Zoran Zaev, che un mese fa gli aveva lasciato anche la leadership del partito socialdemocratico. Sui 123 membri della Sobranie (il Parlamento macedone), 62 deputati hanno votato a favore, 46 contro e 15 non hanno partecipato al voto di fiducia a un governo di coalizione tra SDSM, il partito della minoranza albanese Unione Democratica per l’Integrazione (DUI) e i conservatori europeisti di Alternativa. Nell’intervento in Aula, il premier Kovačevski ha elencato le priorità del suo programma: ripresa economica, lotta alla pandemia COVID-19, crisi energetica e integrazione nell’Unione Europea.
    Proprio da Bruxelles sono arrivate le congratulazioni al nuovo governo della Macedonia del Nord, che si pone in linea di perfetta continuità con il precedente guidato dall’europeista Zaev. “Non vedo l’ora di lavorare con il governo Kovačevski per portare avanti le riforme legate all’UE“, ha commentato su Twitter la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Le ha fatto eco il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, che ha fissato i punti in agenda nelle relazioni tra Skopje e Bruxelles: “Stato di diritto, lotta al crimine organizzato e alla corruzione e sostegno allo sviluppo economico e alla ripresa”.
    Domani (martedì 18 gennaio) sarà in visita nella capitale macedone il nuovo primo ministro bulgaro, Kiril Petkov, che negli ultimi mesi ha lanciato segnali distensivi sulla questione del veto di Sofia all’apertura dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord. Per il premier Kovačevski si tratterà del primo appuntamento ufficiale da quando è in carica. Un buon auspicio secondo la leader dell’esecutivo comunitario: “Accolgo con favore il suo impegno fondamentale per le relazioni di buon vicinato”, ha aggiunto su Twitter.

    🇲🇰 Congratulations to Prime Minister Kovachevski! 
    I look forward to working with your Government to drive forward EU-related reforms.
    I welcome your key commitment to good neighbourly relations.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) January 17, 2022

    Il Parlamento macedone ha votato la fiducia al nuovo premier socialista Dimitar Kovačevski: il suo esecutivo proseguirà sulla strada europeista tracciata da Zoran Zaev e il dialogo con la Bulgaria sul veto ai negoziati UE