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    La Moldova al voto sulla lama del rasoio tra Ue e Russia

    Bruxelles – Le imminenti elezioni in Moldova sono descritte da diversi osservatori come le più cruciali nella storia recente della giovane democrazia balcanica. Domenica, gli elettori si giocheranno nelle urne il futuro del proprio Paese. Nel rinnovare il Parlamento di Chișinău, gli elettori dovranno scegliere se rimanere sul sentiero europeista tracciato dalla presidente della Repubblica Maia Sandu o ascoltare le sirene delle opposizioni virando verso l’orbita di Mosca.Al momento attuale, nessun partito o coalizione sembrerebbe in grado di ottenere la maggioranza assoluta nell’assemblea di 101 membri, fissata a quota 51 seggi. Virtualmente tutti i sondaggi dipingono un quadro generale di profonda incertezza ed elevata frammentazione. Un’eventuale stallo complicherebbe i negoziati per formare un esecutivo, rischiando di paralizzare il piccolo ma strategico Paese balcanico lasciandolo particolarmente esposto alle forti tensioni geopolitiche regionali, e mettendo potenzialmente in naftalina anche l’avvicinamento all’Ue.Le proiezioni della vigiliaDa un lato, il Partito di azione e solidarietà (Pas) di Sandu – il cui candidato di punta è il presidente della Camera Igor Grosu – è in caduta libera. Dopo il folgorante successo alle ultime parlamentari del 2021, quando ha ottenuto il 52,8 per cento dei consensi e 63 seggi, la principale forza europeista nazionale è data oggi in una forchetta tra il 34 e il 48 per cento.Il presidente del Parlamento moldavo Igor Grosu (foto: Antoine Tardy via Imagoeconomica)Gli elettori sono scettici delle promesse non mantenute dai liberal-conservatori, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei pesanti impatti economici causati dalla guerra in Ucraina e la mancata realizzazione dell’agenda riformatrice. L’unica cosa certa, se tali stime verranno confermate, è che il Pas perderà la maggioranza assoluta che ha detenuto nella legislatura uscente e dovrà dar vita ad una coalizione per governare.D’altro canto, a insidiare da vicino il Pas c’è il Blocco patriottico (Bep), un cartello elettorale composto dai socialisti del Psrm, i comunisti del Pcrm, il Cuore della Moldova (Prim) e il Futuro della Moldova (Pvm). Complessivamente, questa variegata alleanza di forze della sinistra – raccoltasi dietro il leader socialista Igor Dodon, predecessore di Sandu alla presidenza della Repubblica – potrebbe attestarsi tra il 21 e il 36 per cento delle preferenze, contendendosi il primo posto col Pas. Il Bep spinge per un approccio geopolitico più “equilibrato”: un riavvicinamento a Mosca, pur senza strappare con Bruxelles, e la neutralità strategica di Chișinău (che rimarrebbe dunque fuori dalla Nato).Altri partiti tendenzialmente filorussi sono il Nostro partito (Pn), guidato da Renato Usatîi e accreditato con un tesoretto tra l’8 e il 12 per cento dei voti, e il Blocco alternativo (BeA), altra coalizione di centro-sinistra sedicente europeista ma legata indirettamente al Bep, che viaggia attualmente sul 7-8 per cento. Anche se finissero in vantaggio le sfaccettate forze della sinistra filorussa, ad ogni modo, la strada per la formazione di un governo non sarebbe necessariamente in discesa. Dodon potrebbe doversi fare da parte, lasciando a una figura terza (magari un tecnico) l’incarico di primo ministro e guidando dalle retrovie l’azione dell’esecutivo.Il leader del Psrm, Igor Dodon (foto: Daniel Mihailescu/Afp)In realtà, l’accuratezza dei sondaggi è limitata anche dal fatto che, nella gran parte dei casi, non prendono in considerazione i moldavi della diaspora. Come già accaduto nelle tornate elettorali dello scorso autunno, sono stati proprio i voti dall’estero (circa l’8 per cento del totale) a ribaltare risultati che parevano solidi, facendo pendere la bilancia dalla parte di Sandu e del Pas sia nei due turni delle presidenziali sia nel referendum costituzionale sull’adesione all’Ue.La dimensione geopoliticaLa posta in gioco in queste elezioni, più che la guida del governo, sembra dunque essere la stessa traiettoria geopolitica della Moldova. Secondo gli analisti, si tratterà del voto più importante dall’indipendenza del 1991: su un piatto c’è il cammino di Chișinău verso l’ingresso nel club a dodici stelle, sull’altro il ritorno della nazione balcanica nell’orbita del Cremlino, abbandonata dopo la dominazione sovietica.Il Paese è ufficialmente candidato dal giugno 2022, il via libera politico all’avvio dei negoziati di adesione risale al dicembre 2023 e la prima conferenza intergovernativa coi Ventisette è stata convocata nel giugno 2024, in parallelo a quella dell’Ucraina. Al momento, si registrano progressi sostanziali soprattutto in ambito di giustizia, anticorruzione e smantellamento delle strutture oligarchiche ereditate dall’Urss. Tuttavia, dato l’accoppiamento informale con quella di Kiev (sulla quale permane il veto di Budapest), anche la pratica di Chișinău rimane bloccata nonostante l’esecutivo comunitario ritenga entrambe le nazioni “pronte” per aprire il cluster dei Fondamentali.Il Paese balcanico è del resto cruciale anche da un punto di vista geostrategico per il sostegno occidentale a Kiev. Dall’avvio dell’aggressione russa nel 2022, ha ospitato oltre un milione e mezzo di rifugiati ucraini e fornisce attualmente protezione a oltre 100mila profughi. Soprattutto, la Moldova rappresenta una base fondamentale per il trasferimento dei rifornimenti militari al Paese invaso, e allo stesso modo costituisce uno snodo chiave per il trasporto di prodotti cerealicoli da e per l’Ucraina. A questo si aggiungano i rischi connessi alla presenza militare russa in Transnistria, la regione separatista pro-Cremlino.Le interferenze di MoscaDa diversi mesi, e con insistenza sempre maggiore nelle ultime settimane, Sandu e i suoi alleati europei stanno suonando l’allarme circa le massicce campagne di interferenza elettorale orchestrate dalla Federazione per sabotare il voto di domenica. Seguendo il copione già visto nell’ultimo anno non solo nella stessa Moldova (si stima che 130mila voti siano stati comprati dalla Russia lo scorso autunno) ma anche in Romania e in Georgia, Mosca starebbe facendo ricorso a tattiche ibride online e offline, già ampiamente note a Bruxelles.Oltre alla tradizionale compravendita di voti, le autorità moldave hanno segnalato una serie di campagne di disinformazione che hanno come bersaglio sia Bruxelles sia il Pas, anche tramite contenuti generati con l’intelligenza artificiale per discreditare personalmente i politici pro-Ue più in vista. Siti web fasulli imitano ad arte le testate giornalistiche reali per diffondere in rete la propaganda filorussa e addirittura falsi proclami governativi, e parrebbe essersi mobilitata addirittura la Chiesa ortodossa russa.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Vyacheslav Prokofyev/Sputnik via Afp)A inizio mese, Sandu ha invocato di fronte all’Eurocamera il sostegno dell’Ue in difesa della fragile democrazia moldava. A fine agosto, un trio di pesi massimi del calibro di Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Donald Tusk si erano recati a Chișinău per mostrare simbolicamente la vicinanza dei Ventisette. Giusto ieri (24 settembre), il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ammonito l’Assemblea generale dell’Onu sui pericoli della manipolazione elettorale russa.Per la capogruppo dei liberali di Renew a Strasburgo, Valérie Hayer, “il futuro della Moldova risiede in un’Ue forte e unita”. “Siamo al fianco di tutti i moldavi che difendono la loro democrazia”, ha dichiarato, aggiungendo che “i tentativi della Russia di interferire nella democrazia moldava sono riprovevoli e devono avere delle conseguenze“. Secondo il suo vice Dan Barna, “l’Ue deve rafforzare la resilienza della Moldova e garantire l’integrità del voto“.La portavoce del Berlaymont per gli Affari esteri, Anitta Hipper, ha dichiarato stamattina che Bruxelles ripone “piena fiducia nelle autorità moldave” e garantisce “supporto completo” a Chișinău, incluso tramite un nuovo “hub europeo di monitoraggio dei media digitali” nonché i 1,9 miliardi di euro erogati nel quadro del Piano di crescita per la Moldova approntato dall’Unione nell’autunno 2024. “L’Ue sta addestrando, consigliando e offrendo equipaggiamento tecnico” al Paese, ha aggiunto Hipper.

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    Zelensky all’Onu: “Putin va fermato, la sicurezza si ottiene solo con le armi”

    Bruxelles – Dal podio delle Nazioni Unite, Volodymyr Zelensky ammonisce i leader globali sul pericolo posto da Vladimir Putin alla sicurezza internazionale. Rivolgendosi oggi pomeriggio (24 settembre) all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York, il presidente ucraino ha pronunciato un duro discorso contro il suo omologo russo e rinnovato ai suoi partner occidentali l’appello a sostenere Kiev.“Solo noi possiamo garantire la nostra sicurezza“, ha scandito all’inizio del suo attesissimo monologo, ribadendo il diritto del suo Paese a difendersi dall’aggressione lanciata dalla Federazione nel febbraio 2022. L’unica reale garanzia di sicurezza, dice, sono “gli amici con le armi“: Stati Uniti, in primis, ma anche gli alleati europei e della Nato riuniti nella coalizione dei volenterosi.Una doccia fredda di cinismo che mette a nudo una verità senza tempo, anche se normalmente omessa dalla retorica dei proclami pubblici: “Sono le armi a decidere chi sopravvive“, incalza Zelensky, e lo stesso diritto internazionale “non funziona senza armi” e senza “amici potenti veramente disposti a difenderlo”. Amici come Donald Trump, nella prospettiva del leader ucraino, che lo ha visto ieri sera in un bilaterale definito “positivo”. E pazienza se lo zio Sam, all’occorrenza, usa le sue armi anche per piegarlo, il diritto internazionale (ad esempio bombardando i siti nucleari iraniani).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e il suo omologo statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)A seguito dell’incontro di ieri, del resto, il presidente statunitense è parso cambiare idea per l’ennesima volta sul conflitto, forse in maniera ancora più clamorosa del solito. “Penso che l’Ucraina, col sostegno dell’Ue, sia in grado di combattere e riconquistare” tutti i propri territori entro i confini del 1991, ha scritto Trump su Truth, senza escludere che Kiev possa addirittura “andare oltre”, alludendo a nuovi sconfinamenti in Russia.Trump ha definito la Federazione una “tigre di carta” dal momento che “ha combattuto senza scopo per tre anni e mezzo una guerra che avrebbe dovuto richiedere meno di una settimana per essere vinta da una vera potenza militare”. “Putin e la Russia sono in grandi difficoltà economiche, e questo è il momento giusto per l’Ucraina per agire“, ha concluso, chiosando: “Continueremo a fornire armi alla Nato affinché la Nato possa disporne come vuole”. Cioè, appunto, inviarle a Kiev.Dal Palazzo di vetro, Zelensky si è poi scagliato direttamente contro l’aggressore: “Non c’è tregua perché la Russia si rifiuta” di sedersi al tavolo delle trattative, ha aggiunto. Al contrario, ammonisce, “Putin continuerà a portare avanti la guerra, ampliandola e intensificandola” ben oltre l’Ucraina. “I droni russi stanno già sorvolando l’Europa”, ricorda riferendosi alle invasioni degli spazi aerei di diversi membri orientali della Nato (Polonia, Romania e repubbliche baltiche) verificatesi negli scorsi giorni.Nel mirino di Mosca, assicura inoltre il presidente ucraino, c’è anche Chisinau. “La Moldova si sta difendendo ancora una volta dall’interferenza della Russia“, ha ribadito facendo eco ai molteplici campanelli d’allarme suonati dalla presidente della Repubblica, Maia Sandu, sulle massicce campagne di influenza orchestrate dal Cremlino per sabotare il voto del prossimo 28 settembre e riportare il piccolo Paese balcanico nella propria orbita.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Per Zelensky, la stabilità del Vecchio continente verrà salvaguardata solo facendo desistere lo zar dal perseguire le sue mire neo-imperialiste. “Fermare Putin ora è meno costoso che cercare di proteggere ogni porto e ogni nave dai terroristi con droni marini”, ragiona. Al momento, tuttavia, il presidente russo non sembra intenzionato a cessare le ostilità. La Commissione europea ha da poco confezionato il 19esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, che dovranno ora essere approvate all’unanimità dai Ventisette, ma il club a dodici stelle continua a importare il petrolio e il gas russi.Infine, il presidente ucraino ha avvertito i leader globali sui rischi connessi allo sviluppo tecnologico al servizio della guerra, che si evolve più rapidamente della capacità degli Stati di difendersi. “Ora ci sono decine di migliaia di persone che sanno uccidere professionalmente usando i droni”, ha dichiarato, e sarebbe vicino il momento in cui i droni attaccheranno autonomamente “senza alcun coinvolgimento umano, tranne i pochi che controllano i sistemi di intelligenza artificiale”. “Stiamo vivendo la corsa agli armamenti più distruttiva della storia dell’umanità“, ha concluso, dopo aver appena chiesto più armi per difendersi dall’invasione.

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    Ucraina, von der Leyen alla Cina: “Usate la vostra influenza per portare la Russia ai negoziati”

    Bruxelles – Dopo accuse e sanzioni per l’appoggio offerto a Mosca nella sua guerra contro l’Ucraina adesso l‘Unione europea tenta la via della diplomazia, domandando alla Cina di sfruttare il suo peso per portare il leader del Cremlino al tavolo delle trattative. La riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite diventano l’occasione per un bilaterale tra la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e il primo ministro cinese, Li Qiang, dove provare a discutere di Ucraina.“Ho chiesto alla Cina di usare la sua influenza per contribuire a porre fine alle uccisioni e incoraggiare la Russia a sedersi al tavolo dei negoziati“, fa sapere von der Leyen al termine dell’incontro con il capo del governo della Repubblica popolare. “È giunto il momento della diplomazia”, continua la presidente dell’esecutivo comunitario, convinta che un’iniziativa cinese chiara “invierebbe un segnale forte al mondo”.Von der Leyen chiede dunque aiuto a Pechino per chiudere il conflitto che si trascina da febbraio 2022, e poco importa se tra le parti restano tensioni. Negli ultimi mesi Bruxelles ha apertamente attaccato la Cina per il sostegno offerto alla Russia di Putin, arrivando a includere il Paese asiatico nella lista dei nemici dell’Unione europea. La presidente della Commissione UE tenta la via del pragmatismo, consapevole di una posizione geografica e di forza politico-economica che fa di Pechino uno degli attori chiave della regione, con una capacità di azioni e pressione che gli europei non hanno.“Ho accolto con favore la dichiarazione del primo Ministro Li secondo cui sia l’Europa che la Cina condividono l’interesse a mantenere la pace nel mondo”, continua von der Leyen, che esprime una volta di più anche la linea dell’Unione europea a favore di negoziati anche in caso di conflitto in corso.

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    Ue, Norvegia e Islanda mettono fine alla cooperazione con la Russia nella ‘Dimensione settentrionale’

    Bruxelles – Tramonta definitivamente l’esperienza della ‘Dimensione settentrionale’, il programma congiunto che dal 1999 teneva legate l’Unione europea, la Norvegia, l’Islanda e la Russia nell’area del Mar Baltico e delle regioni artiche. Sospesa all’indomani dell’aggressione della Russia in Ucraina, ora la cooperazione transfrontaliera cesserà del tutto.In un comunicato congiunto, Bruxelles, Oslo e Reykjavik hanno sottolineato che “la situazione geopolitica è cambiata” e che da oggi i documenti fondamentali che istituirono la Northern Dimension “devono essere considerati risolti”. In venticinque anni, ha promosso relazioni di buon vicinato e sostenuto iniziative in settori di interesse comune, dall’energia all’ambiente, alla sanità, alle questioni sociali e alla cultura. La dimensione settentrionale ha inoltre il merito di aver dato l’impulso per la formazione di una concreta policy artica da parte dell’Unione.Quando l’allora presidenza finlandese del Consiglio dell’Unione europea, nel 1999, lanciò quel nuovo formato di cooperazione regionale nell’Europa settentrionale, la Russia partecipò fin dall’inizio. Nel corso degli anni, fu proprio il territorio della Russia nordoccidentale, il più vasto coperto dal programma, a convogliare l’interesse maggiore per le opportunità specifiche per l’intera regione.“L’Unione europea, l’Islanda e la Norvegia rimangono impegnate a proseguire la cooperazione su questioni di interesse comune nelle regioni settentrionali dell’Europa in altri quadri internazionali pertinenti”, si legge nel comunicato.

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    Palestina: doppio pacchetto di aiuti dall’UE. 50 milioni di aiuti diretti e 400 concessi dalla BEI

    Bruxelles – Doppia tornata di aiuti verso la Palestina annunciati dalla Commissione europea. A New York la Banca europea per gli investimenti (BEI) insieme all’istituzione UE hanno annunciato un finanziamento da 400 milioni di euro per l’Autorità monetaria palestinese (PMA). Lo scopo è quello di sostenere il settore privato palestinese. La Commissione UE ha, poi, comunicato un aiuto da 50 milioni di aiuti diretti, cioè beni fisici per far fronte alla crisi a Gaza e in Cisgiordania. L’ultima tornata di contributi umanitari porta il totale del 2025 a 220 milioni di euro: record assoluto, dovuto all’aggravarsi della situazione nell’area.Se da una parte si tratterà di aiuti materiali, lo strumento finanziario presentato dalla BEI sarà più complesso. L’obiettivo è fare sì che le piccole imprese palestinesi possano accedere al credito bancario. Per questo motivo, la Commissione Europea e la BEI si impegnano a garantire prestiti agevolati ai palestinesi tramite le banche locali. L’obiettivo è far ripartire l’investimento privato. La situazione corrente non agevola di certo l’iniziativa economica. Per stessa ammissione dell’Unione, nella Striscia la carestia è generata dai “bombardamenti israeliani intensificati, anche su tende, ospedali e scuole, dai continui scontri sul territorio e dai ricorrenti ordini di sfollamento forzato”. I fondi che arriveranno nell’area saranno destinati in parte anche ai palestinesi della Cisgiordania, visto che “la rapida espansione degli insediamenti e della loro legalizzazione, che aumenta il rischio di annessione di fatto, le operazioni militari israeliane e i persistenti attacchi dei coloni israeliani contro le comunità palestinesi” rendono impossibile lo sviluppo economico dell’area.

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    11 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla attaccate nella notte. Ruotolo (PD): “È il momento di boicottare i prodotti israeliani”

    Bruxelles – Il viaggio della Global Sumud Flotilla si fa sempre più complicato. Il gruppo d’imbarcazioni è stato colpito nella notte mentre si trovava al largo di Creta, in acque internazionali. L’obiettivo della spedizione è forzare il blocco navale israeliano davanti a Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese.Secondo le prime ricostruzioni, sarebbero undici le imbarcazioni danneggiate, sulle 51 totali. “A partire dall’una e fino alle quattro del mattino abbiamo ricevuto attacchi costanti: prima con materiale urticante, poi con bombe sonore (rilasciate da droni, ndr)”, ha affermato l’eurodeputata Benedetta Scuderi (AVS), presente sulla nave Morgana diretta a Gaza. Non ci sono stati feriti, ma lo spavento per Scuderi e per gli altri attivisti è stato molto: “Ci potevamo fare anche molto male se ci fossimo trovati fisicamente nel punto in cui questi dispositivi sono caduti”. Diretti verso Gaza, ci sono anche gli esponenti del PD, Arturo Scotto e Annalisa Corrado.L’utilizzo di velivoli comandati da remoto contro la Flotilla non è una novità. È la terza volta che le barche vengono colpite, e questa è stata finora l’azione più intensa. Un precedente si era verificato il 9 settembre, quando era stata colpita una barca al porto tunisino di Sidi Bou Said, un secondo attacco avvenne il 10 settembre, sempre in acque tunisine.A chiedere la mobilitazione delle istituzioni UE ci ha pensato il deputato europeo Sandro Ruotolo (PD): “Chiediamo alla Presidente del Parlamento europeo e alla Presidente della Commissione di intervenire subito nei confronti di Israele per garantire la sicurezza di chi è a bordo. Nessuno tocchi la flotilla! È il momento di una condanna internazionale chiara del governo Netanyahu. È il momento di boicottare i prodotti israeliani”.La posizione aggressiva di Israele nei confronti della spedizione umanitaria è stata ribadita ieri. In un post su X, il Ministero degli Esteri di Tel Aviv ha sollecitato la “Hamas flotilla” a non provare a superare il blocco navale, proponendo invece un approdo sicuro nello scalo di Ashkelon, a 10 chilometri da Gaza. Gli organizzatori della spedizione hanno rifiutato.The Hamas flotilla refuses Israel’s proposal to unload aid peacefully at the nearby Ashkelon Marina. Instead, it chooses the illegal path — sailing into a combat zone and breaching the lawful naval blockade.This proves their true aim: serving Hamas rather than delivering aid to… pic.twitter.com/yD3mbYIrSS— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) September 23, 2025Il possibile scontro con la Marina israeliana potrebbe avvenire nei prossimi giorni. Le imbarcazioni si trovano ora al largo di Creta e, al netto degli incidenti della notte, non dovrebbero mancare più di tre o quattro giorni di navigazione per raggiungere la Striscia.La preoccupazione per un confronto diretto con le navi da pattugliamento dell’esercito israeliano (IDF) è elevata. Davanti alla Striscia operano corvette missilistiche Sa’ar-6, oltre ad imbarcazioni più piccole incaricate di contrastare incursioni leggere.Nonostante questa notte non ci siano stati feriti, la Farnesina si è già espressa auspicando che “qualsiasi operazione che possa essere affidata alle forze armate di Gerusalemme sia condotta rispettando il diritto internazionale e un principio di assoluta cautela”. Il ministro Antonio Tajani ha chiesto all’ambasciata a Tel Aviv di assumere informazioni e di rinnovare la richiesta già fatta al Governo di Gerusalemme di garantire la tutela assoluta del personale imbarcato.

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    Sefcovic: “Accordo sui dazi non è in conflitto con obiettivi di sostenibilità”

    Bruxelles – L’accordo sui dazi raggiunto tra Unione europea e Stati Uniti non sconfessa l’impegno dell’UE in termini di sostenibilità e green economy. Lo assicura il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic, rispondendo a un’interrogazione parlamentare in cui si accusa l’esecutivo comunitario di aver agito in contraddizione alla transizione ecologica. Si critica nello specifico l’impegno ad acquistare energia negli USA in quantitativi massicci, puntando sulle fonti fossili più clima-alteranti.“I parametri concordati il ​​27 luglio 2025 non sono in conflitto con i piani di transizione energetica e decarbonizzazione dell’UE“, sostiene Sefcovic, in riferimento agli impegni per 750 miliardi di dollari di acquisti in gas, combustibile nucleare e anche petrolio. Non è in conflitto con il Green Deal e i suoi obiettivi, ricorda, il passaggio verso un modello economico-produttivo sostenibile non sarà immediato. “L‘economia dell’UE continuerà a necessitare di gas, petrolio e combustibili nucleari nel percorso verso la neutralità climatica entro il 2050″.Inoltre, continua ancora il commissario per il Commercio, “sebbene l’accordo preveda un aumento delle importazioni di energia dagli Stati Uniti nei prossimi tre anni, esso verrà attuato nel contesto di REPowerEU per aiutare l’UE a eliminare gradualmente le restanti importazioni di energia dalla Russia”.

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    UE: approvato in Commissione Affari Costituzionali il rapporto Gozi su allargamento e riforme

    Bruxelles – La commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo ha adottato oggi, a larga maggioranza, il rapporto presentato da Sandro Gozi (Renew Europe) sulle conseguenze istituzionali e politiche dei negoziati di allargamento dell’Unione europea.“L’unificazione del continente europeo è una scelta strategica. Rappresenta il miglior investimento per la democrazia, la stabilità e la sicurezza del nostro continente. Ma non potrà riuscire senza un’Unione europea più efficace, più potente e più democratica. L’approvazione di questo rapporto è uno dei primi passi concreti della volontà delle forze pro-europee di rilanciare l’Europa, emersa nel dibattito sullo stato dell’Unione”, ha spiegato Gozi.Il “Rapporto sulle conseguenze istituzionali e politiche dei negoziati di allargamento dell’Unione europea” individua tre grandi sfide istituzionali: migliorare l’efficacia dei processi decisionali eliminando i veti e generalizzando l’uso della maggioranza qualificata in Consiglio; rafforzare i poteri e le risorse riformando il bilancio dell’Unione e superando l’obsoleto tetto dell’1 per cento del reddito nazionale lordo; approfondire la democrazia, conferendo più poteri al Parlamento europeo, armonizzando le regole elettorali e coinvolgendo più direttamente i cittadini.Il testo sottolinea inoltre la necessità di costruire una vera Unione europea della difesa, facendo leva su strumenti come la cooperazione strutturata permanente (PESCO), che consentono agli Stati membri più determinati di avanzare senza attendere l’unanimità. Propone anche di sfruttare appieno le flessibilità dei trattati, valutare revisioni mirate quando necessario e come ultima istanza ricorrere ad accordi intergovernativi esterni all’Ue. Centrale il tema della libera scelta politica di ogni Stato e dell’integrazione differenziata, per consentire agli Stati più ambiziosi di procedere più rapidamente. In un contesto segnato dalla guerra in Ucraina e dalla competizione geopolitica globale, il rapporto avverte che un blocco del processo di unificazione del continente rischierebbe di spingere i Paesi candidati verso altre potenze, come Russia o Cina.“Oggi l’Europa deve scegliere: o si prepara seriamente all’unificazione del continente, o corre il rischio di perdere definitivamente influenza e credibilità. Con questo rapporto indichiamo una via chiara: allargamento e riforma dell’Ue devono andare di pari passo. Ora contiamo sull’impegno della maggioranza pro-europea in vista della plenaria, e su un impegno all’altezza delle sfide da parte di Ursula von der Leyen e António Costa”, ha concluso Gozi.