More stories

  • in

    Il Parlamento europeo punta il dito contro Putin: “Stop alle interferenze in Moldova”

    Bruxelles – La Russia deve cessare immediatamente le sue operazioni di interferenza nella vita democratica della Moldova in vista della giornata elettorale del prossimo 20 ottobre, quando i cittadini dell’ex repubblica sovietica si recheranno alle urne per scegliere il nuovo capo dello Stato ed esprimere la propria preferenza circa l’adesione del Paese all’Unione europea. Lo ha messo nero su bianco l’Europarlamento, che continua a supportare il cammino di Chisinau lontano da Mosca e verso l’Ue.La risoluzione è stata approvata mercoledì (9 ottobre) dalla Plenaria riunita a Strasburgo a larghissima maggioranza: 508 voti favorevoli, 53 contrari e 104 astensioni, che includono la pattuglia leghista e le delegazioni italiane della sinistra (il M5s e i due eletti di Avs che siedono in The Left). Nel testo adottato, gli eurodeputati hanno condannato con forza le attività destabilizzartici che Mosca porta avanti nel Paese balcanico, nel cui processo democratico il Cremlino sta interferendo tramite una guerra informatica.Tra due settimane, il 20 ottobre, i moldavi dovranno votare in due importanti appuntamenti elettorali: l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e il referendum sull’adesione di Chisinau al club europeo. In questo contesto, denuncia l’Aula, la Federazione Russa avrebbe finanziato con circa 100 milioni di euro operazioni ibride di vario genere volte a influenzare il comportamento degli elettori.Le stesse autorità del Paese est-europeo hanno recentemente portato alla luce una frode elettorale su larga scala che avrebbe dovuto corrompere 100mila cittadini moldavi, ricompensandoli con 15 milioni di dollari (circa 13,7 milioni di euro) attraverso l’oligarca Ilan Shor. E proprio contro una serie di individui che, come Shor, lavorerebbero per minare la sovranità del Paese, i deputati premono sul Consiglio per adottare nuove sanzioni, mentre chiedono di estradare verso Chisinau i “fuggitivi moldavi ricercati” come Shor e Vladimir Plahotniuc (i quali al momento si trovano rispettivamente in Russia e Turchia).Nell’ingiungere al presidente russo Vladimir Putin di rispettare l’indipendenza della Moldova, l’Eurocamera ha reiterato per l’ennesima volta la richiesta di ritirare le truppe della Federazione dall’autoproclamata repubblica separatista della Transnistria, un lembo di terra de facto indipendente al confine con l’Ucraina e nel quale sono ammassate grandi quantità di armi e munizioni (ad esempio nel deposito di Cobasna).Quanto al percorso dell’ex Stato sovietico verso l’Ue, l’Aula di Strasburgo ha esortato la Commissione a includere Chisinau nello Strumento di assistenza preadesione (Ipa nell’acronimo inglese), con cui l’esecutivo comunitario sostiene i Paesi candidati nelle riforme volte a soddisfare i cosiddetti criteri di convergenza. La Moldova ha chiesto di entrare nel club europeo nel marzo 2022 e ha ottenuto lo status di candidato nel giugno dello stesso anno, mentre lo scorso dicembre il Consiglio europeo ha approvato l’apertura dei negoziati di adesione, formalmente cominciati a giugno di quest’anno.

  • in

    Libano, scatta il ponte aereo umanitario dell’Ue

    Bruxelles – Via con il ponte aereo umanitario per il Libano. L’Unione europea si attiva per venire incontro alle esigenze della popolazione a seguito del deterioramento della situazione all’interno del Paese, e cercare così di puntellare uno Stato la cui stabilità è chiave per l’ordine regionale. Beni di prima necessità saranno inviati al Paese dei cedri attraverso tre voli da Dubai e Brindisi, il primo dei quali arriverà a Beirut l’11 ottobre. Obiettivo di questo ponte aereo umanitario la fornitura di articoli per l’igiene, prodotti medico-sanitari, medicinali coperte. Tutti beni forniti attraverso le scorte di proprietà dell’Ue, fanno sapere i servizi della Commissione europea.Tutte le forniture intendono offrire un sostegno “in particolare” agli sfollati. Sale così a 104 milioni di euro il contributo dell’Ue per gli aiuti umanitari per il Libano. Il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Ue rimane in stretto contatto con gli Stati membri e i partner umanitari per mobilitare ulteriori offerte. Il ponte aereo umanitario dell’Ue per il Libano è solo un ultimo tassello di una mobilitazione già offerta attraverso il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea, con aiuti provenienti da Spagna, Slovacchia, Polonia, Francia e Belgio che sono già stati consegnati la scorsa settimana. Ulteriori aiuti dalla Grecia sono previsti “nei prossimi giorni”, fa sapere la Commissione europea.

  • in

    Il “regresso democratico” della Georgia preoccupa l’Eurocamera in vista delle elezioni parlamentari

    Dall’inviata a Strasburgo – Con le elezioni parlamentari del 26 ottobre alle porte, ed un governo fortemente filo-russo ed anti libertario, la democrazia in Georgia è a rischio. Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione in risposta all’allontanamento georgiano dall’Unione europea e dai suoi valori, con la prospettiva di un’adesione che sembra sempre più difficile.L’Ue aveva promesso che non avrebbe lasciato correre l’operato del governo georgiano e la risoluzione mette nero su bianco che la Georgia deve rispettare gli impegni presi da quando ha presentato la sua richiesta per l’ingresso nell’Ue.Si parla di “regresso democratico” e “clima di odio e intimidazione” per la Georgia, che ha adottato leggi che sono “incompatibili con i valori e i principi democratici dell’Ue” e ovviamente frenano (se non bloccano) il processo di adesione georgiano. “Profonda preoccupazione dinanzi all’accresciuta influenza della Russia in Georgia” per l’Eurocamera, che viene confermata anche dall’uso di immagini di guerra in Ucraina del partito Sogno georgiano per manipolare l’opinione pubblica.Arriva una ferma condanna per quanto riguarda la criminalizzazione delle forze di opposizione da parte dell’oligarca Bidzina Ivanishvili e di personalità eminenti al governo. Sempre in tema di contrasto agli avversari politici, gli eurodeputati spingono l’Ufficio di investigazione del paese ad indagare sulle brutali repressioni delle manifestazioni pro-Ue.Lo status di Paese candidato è stato garantito alla Georgia nella convinzione che venissero seguite le raccomandazioni della Commissione per raggiungere gli standard europei. “La legislazione recentemente adottata è chiaramente in contrasto con tale ambizione e ha effettivamente sospeso l’integrazione della Georgia nell’Ue“, si legge nella raccomandazione. L’invito rivolto all’Ue e agli Stati membri è di procedere nei confronti di coloro che compromettono la democrazia nel paese, anche con sanzioni personali (come già fatto dagli Usa verso i membri di Sogno georgiano).Le elezioni sono un tema caldissimo per gli eurodeputati, e si chiede con fermezza che siano garantiti i più alti standard internazionali per avere elezioni democratiche, eque e libere. E, soprattutto, che si rispetti la volontà e la libera scelta del popolo georgiano, che il partito al governo, Sogno georgiano, ha decisamente in poca considerazione.La situazione politica in GeorgiaLa situazione politica georgiana è complessa, vista la divisione tra popolazione filo-Ue e un governo che guarda alla Russia putiniana.Nel maggio di quest’anno è stata approvata una legge sulla “trasparenza dell’influenza straniera”, che richiama, non troppo vagamente, quella russa. La legge impone alle organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero di registrarsi come “organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera”. Qua la prima frattura evidente con l’Ue nel cammino per l’adesione.L’”arresto al processo di adesione” della Georgia aveva comportato dall’Ue il congelamento del Fondo europeo per la pace, bloccando di fatto 30 milioni di euro per l’anno corrente. L’ambasciatore Ue in Georgia, Paweł Herczyński, aveva dichiarato che “si stanno valutando altre misure se la situazione dovesse ulteriormente deteriorarsi”. Nella risoluzione di oggi si conferma il blocco ai finanziamenti “fino a che le leggi antidemocratiche non saranno state abrogate”.A settembre, l’approvazione di un ulteriore provvedimento relativo ai “valori della famiglia e la protezione dei minori” ha dato un’ulteriore stoccata alla Georgia europeista. La legge “mina i diritti fondamentali della popolazione georgiana”, per il Servizio di azione esterna europeo (Seae). Il riconoscimento e la tutela della famiglia solo come unione tra un uomo (“biologicamente maschio”) e di una donna (“biologicamente femmina”) ha un impatto forte sulla società civile georgiana, minacciando i diritti della comunità Lgbtq+.Il Parlamento europeo ha deciso di dare un segnale forte, nella speranza che il 26 ottobre faccia rientrare in carreggiata la Georgia e la sua democrazia sempre più claudicante. Per altro, la legge sulla “trasparenza delle influenze straniere” ha “di fatto rimosso l’obbligo di disporre di osservatori nazionali”, la cui presenza per l’Eurocamera poteva favorire la trasparenza.Non si registra unità nella decisione, dal momento che il piccolo gruppo di estrema destra Esn, Europa delle Nazioni Sovrane, aveva proposto un emendamento opposto rispetto al testo adottato. Tra i 495 favorevoli il Ppe quasi in blocco e S&D, Patrioti per l’Europa si divide tra favorevoli e contrari (e qualche astenuto) e Esn resta all’opposizione. In attesa delle elezioni, l’Europa parla chiaro: la Georgia deve invertire completamente la rotta, spostando il suo favore dalla Russia all’Europa, oppure l’adesione diventerà un altro “sogno georgiano”.

  • in

    Un anno dal 7 ottobre, l’attentato atroce di Hamas che ha innescato la mattanza israeliana a Gaza. Borrell: “L’Ue è rimasta assente”

    Bruxelles – Un anno fa, il 7 ottobre 2023, Hamas lanciava un attacco senza precedenti a Israele, uccidendo 1.400 persone tra civili e militari, e trascinandone a Gaza altre 240. Da quel giorno, l’esercito israeliano ha messo sotto assedio totale la Striscia di Gaza. A distanza di un anno, l’enclave palestinese è ridotta a cumuli di macerie, oltre 41 mila palestinesi sono rimasti uccisi nei bombardamenti israeliani, quasi 100 mila feriti. Oggi, il Parlamento europeo ha reso omaggio con un minuto di silenzio a “tutte le vittime innocenti”.La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha aperto la sessione plenaria di Strasburgo ricordando “l’orrore di quella giornata che durerà in eterno”. E ribadendo che “nulla potrà mai giustificare l’omicidio di massa, lo stupro, il rapimento e la tortura”. In aula era presente una delegazione delle famiglie degli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza, ai quali gli eurodeputati hanno rivolto un lunghissimo applauso. Metsola ha poi lasciato la parola all’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, che ha passato l’ultimo anno a rincorrere i Paesi membri e richiamarli all’unità su un conflitto che invece ha fatto luce sulle divisioni e sulla conseguente insignificanza dell’Unione europea in Medio oriente.“La tragedia è che l’Europa è profondamente assente da questo conflitto, probabilmente per il fatto che gli Stati membri, che sono quelli che dettano la politica estera, sono profondamente divisi”, ha ammesso il capo della diplomazia europea. Spettatrice di uno scenario che “non fa che peggiorare”. Dopo un anno, “l’intero Medio Oriente è sull’orlo di una completa conflagrazione che la comunità internazionale sembra incapace di controllare“, ha proseguito Borrell. Allarmato dai bombardamenti israeliani “in aree densamente popolate del Libano”, dal lancio di missili dall’Iran contro Israele, dai “nuovi sviluppi particolarmente preoccupanti in Cisgiordania”.Minuto di silenzio al Parlamento europeo per le vittime innocenti in Israele e a GazaAlla base di tutto, per Borrell c’è però una questione innegabile. E cioè che “la soluzione dei due Stati, l’unica che conosciamo per cercare di costruire la pace, non ha l’appoggio di una delle parti più importanti del problema”. L’attuale governo di Israele. Un governo che, nella cieca risposta ad Hamas, ha rifiutato qualsiasi indicazione delle istituzioni internazionali, arrivando persino a dichiarare il segretario generale dell’Onu “persona non gradita” sul proprio territorio nazionale.E allora, per Borrell, “è importante prendere posizione”. Come ha fatto “il presidente della Repubblica francese”, ha aggiunto, facendo riferimento all’appello di Emmanuel Macron di non fornire armi a Israele. L’Alto rappresentante ha sottolineato che “nessuna soluzione militare porterà un futuro ai popoli di Israele e Palestina”, che “un cessate il fuoco immediato su tutti i fronti sia l’unico modo per giungere alla liberazione degli ostaggi e per smorzare questa situazione estremamente pericolosa per la regione”.Questa mattina, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rilasciato una nota per l’anniversario dell’attacco di Hamas. Un attentato che “ha portato immense sofferenze non solo al popolo di Israele, ma anche a palestinesi innocenti”. La leader Ue ha richiamato per l’ennesima volta “tutte le parti” ad agire “responsabilmente e con moderazione”. Mentre il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha dichiarato ancora che “un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio di tutti gli ostaggi sono di estrema urgenza”.Nel giorno dell’anniversario del 7 ottobre, il Movimento Europeo ha lanciato un appello a Bruxelles, chiedendo di estendere la direttiva sulla protezione temporanea, applicata per la prima volta per i cittadini ucraini e in vigore fino a marzo 2025, alle persone in fuga dai territori in guerra in Medio Oriente “con particolare riferimento alle donne e ai bambini”. Perché “la guerra in Libano, l’escalation militare nella Striscia di Gaza e l’orrore dimenticato nello Yemen stanno provocando milioni di sfollati con una delle peggiori crisi umanitarie nel mondo”. Occorre prendere posizione, come diceva Borrell.

  • in

    Nelle elezioni farsa in Tunisia il presidente Kais Saied ha stravinto. L’Ue: “Prendiamo atto delle denunce della società civile”

    Bruxelles – Nessuna sorpresa a Tunisi: secondo gli exit poll, il presidente in carica Kais Saied ha stravinto le elezioni presidenziali con l’89,2 per cento dei voti. Non pervenuti gli altri due candidati figuranti, che insieme avrebbero totalizzato circa l’11 per cento. Di fronte alle denunce di brogli e abusi di potere lanciate dalle opposizioni e dalla società civile, l’Unione europea – che con l’autoritario presidente ha rafforzato la propria partnership – ha commentato: “Ne prendiamo atto, rimaniamo a fianco del popolo tunisino”.Un popolo che ha ampiamente boicottato l’appuntamento elettorale: nella giornata di ieri (6 ottobre), alle urne si è presentato soltanto il 28 per cento degli aventi diritto di voto. Nel 2019, quando Saied ricevette il suo primo mandato, l’affluenza era stata del 49 per cento. C’è anche chi alle urne proprio non poteva arrivarci: i centinaia di oppositori politici imprigionati dal regime, tra cui Ayachi Zammel, l’unico vero sfidante ammesso alle elezioni presidenziali. Zammel, ex deputato liberale e imprenditore agricolo, è in carcere dallo scorso 3 settembre, condannato a scontare tredici anni e otto mesi con l’accusa di aver falsificato i moduli elettorali richiesti per la candidatura.Dal carcere, secondo gli exit poll Zammel avrebbe conquistato il 6,9 per cento dei voti. Al terzo posto, con il 3,9 per cento, Zouhair Maghzaoui, candidato fantoccio che non ha mai messo in discussione il progetto politico di Saied e anzi l’ha apertamente sostenuto nel corso dello smantellamento delle istituzioni democratiche messo in atto dal presidente. La percentuale “bulgara” ottenuta da Saied non si vedeva dai tempi di Ben Ali, che nel 1999 e nel 2004 venne eletto con più del 90 per cento dei voti. E contro cui, nel 2010, sfociarono le proteste che dilagarono nella primavera araba.Il presidente Kais Saied, alle urne domenica 6 ottobre (Photo by FETHI BELAID / AFP)I risultati preliminari saranno comunicati questa sera dall’Istanza Superiore Indipendente per le Elezioni (Isie), ma per conoscere quelli definitivi bisognerà aspettare il 24 ottobre, trascorso il periodo per la valutazione di eventuali ricorsi. Tuttavia, a margine della chiusura delle urne, Saied ha già dichiarato che nei prossimi cinque anni “ripulirà il paese da tutti i corrotti e dai cospiratori“.La repressione messa in atto da Saied, che si è intensificata ulteriormente in un clima elettorale segnato da vessazioni nei confronti di oppositori politici, giornalisti e ong per i diritti umani, rischia di mettere in imbarazzo Bruxelles, che con il presidente tunisino ha rafforzato i propri legami e siglato nell’estate dell’anno scorso una partnership comprensiva e globale. Garantendo a Saied oltre un miliardo di euro, nel tentativo di stabilizzare il Paese colpito da una profondissima crisi economica. E con l’obiettivo di fermare le partenze di migranti subsahariani dalle coste tunisine verso l’Europa.Interpellata dalla stampa internazionale a Bruxelles, la portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri, Nabila Massrali. ha dichiarato che l’Ue “prende atto della posizione espressa da molti attori sociali e politici tunisini in merito all’integrità del processo elettorale, in particolare per quanto riguarda le varie misure ritenute lesive dei requisiti democratici di credibilità e inclusività, tra cui la modifica sostanziale della legge elettorale alla vigilia delle elezioni”.Solo dieci giorni fa, il Parlamento di Tunisi ha approvato la riforma voluta dal governo, che prevede il passaggio della competenza sulle controversie dal Tribunale amministrativo alla giustizia ordinaria. In sostanza, gli eventuali ricorsi dei candidati contro le decisioni dell’Isie dovranno essere presentate direttamente in Corte d’Appello e in Cassazione. In base alla nuova legge, i risultati preliminari delle elezioni presidenziali potranno essere contestati solo dinanzi al Tribunale di primo grado di Tunisi. Una modifica che ha suscitato le proteste delle opposizioni e della società civile, che si sono radunati fuori dal Parlamento di Tunisi lo scorso 27 settembre.“Ovviamente, l’Ue è al fianco del popolo tunisino e rimane attenta alle sue legittime esigenze e aspirazioni in termini di libertà fondamentali, democrazia e sviluppo sostenibile, in conformità con l’accordo di associazione Ue-Tunisia”, ha proseguito Massrali. Una dichiarazione che lascia intendere che l’Ue sarà pronta a fare la voce grossa con il presidente. Ma la coperta è corta, come dimostrano le sistematiche violazioni dei diritti delle persone migranti perpetrate dalle forze di sicurezza tunisine, su cui l’Ue sta facendo spallucce. L’amico-partner Saied tiene sotto scacco Bruxelles, terrorizzata da una fantomatica invasione dal continente africano.

  • in

    L’Eurocamera alza bandiera bianca sul Medio Oriente. Niente risoluzione sull’escalation in Libano

    Bruxelles – Sul conflitto tra Israele e Hamas, l’Unione europea non è in grado di parlare in modo corale e con una voce unica. L’hanno dimostrato i leader immediatamente dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre, con le fughe in avanti di Ursula von der Leyen non coordinate con il responsabile per gli Affari Esteri, Josep Borrell. L’hanno dimostrato i capi di stato e di governo dei 27, che si sono beccati per mesi sui termini esatti con cui chiedere una pausa nelle ostilità. Alla fine, getta la spugna anche il Parlamento europeo, che nella sessione plenaria del 7-10 ottobre rinuncia a trovare una sintesi comune sull’escalation del conflitto in Libano.Eppure, l’occasione – e l’urgenza – ci sarebbe eccome. Lunedì 7 ottobre marcherà il primo anniversario del conflitto e gli eurodeputati “discuteranno dell’attacco di Hamas che ha ucciso 1.200 israeliani e ha innescato la guerra a Gaza”. Martedì, un secondo dibattito sul Medio oriente sarà incentrato sugli ultimi sviluppi in Libano e sull’allargamento delle ostilità all’Iran. Ma la conferenza dei Presidenti, l’organo che riunisce i leader dei gruppi politici e la presidente dell’Eurocamera e che fissa l’agenda della sessione plenaria, ha deciso che entrambi i dibattiti non prevederanno una risoluzione comune da mettere ai voti.Troppo divisivo il tema, meglio non darsi battaglia su un testo che potrebbe alla fine non piacere a nessuno. Ma il paradosso è che tutti a Bruxelles sono d’accordo sul fatto che l’Unione europea dovrebbe far sentire il proprio peso sulla crisi in Medio oriente e giocare un ruolo di rilievo per una soluzione diplomatica.Ne è convinta Annalisa Corrado, eurodeputata del Partito democratico, secondo cui “avere una risoluzione sarebbe molto importante” perché “c’è necessità che l’Ue faccia sentire la propria voce in maniera forte”. Dello stesso avviso Ignazio Marino, capodelegazione dei Verdi italiani a Bruxelles: “È vergognoso che non ci sia una risoluzione”, ha dichiarato l’ex sindaco di Roma, avvertendo che “l’assoluta timidezza dell’Europa la condannerà a essere insignificante“. Anche Valentina Palmisano, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, ha criticato la mancanza di coraggio dei colleghi all’Eurocamera quando si tratta di trovare le parole giuste per deplorare tanto il terrorismo di Hamas ed Hezbollah quanto “gli attacchi fondati sul terrore” di Israele a Gaza. “Mi piacerebbe che l’Europa non avesse timore a condannare questi atti”, ha affermato Palmisano.Ha ridimensionato la questione Giovanni Crosetto, deputato europeo di Fratelli d’Italia, secondo cui la mancanza di un testo comune nonostante i due dibattiti si spiega un po’ perché “siamo in un momento di transizione della legislatura”, un po’ perché “siamo in un momento di escalation e non è facile esprimersi”.L’ultima volta che il Parlamento europeo ha detto la sua sul Medio Oriente è stato all’indomani della rappresaglia dell’Iran contro Israele per il bombardamento del consolato iraniano a Beirut, nell’aprile 2024. Gli eurodeputati avevano condannato fermamente il lancio di droni e missili da parte di Teheran verso il territorio israeliano, e criticato la violazione del sito diplomatico iraniano da parte di Tel Aviv. Ma il difficile viene quando si parla della carneficina israeliana a Gaza. Lo scorso gennaio, gli eurodeputati si erano faticosamente accordati – e non senza polemiche – su un testo dettato dai popolari, che chiese il cessate il fuoco nella Striscia a condizione che venissero rilasciati tutti gli ostaggi israeliani e smantellata Hamas.Se Gaza è il problema, tanto meglio levare ogni riferimento all’enclave palestinese. Non si può non notare che in entrambi i titoli dei dibattiti che si terranno nell’Aula di Strasburgo manca del tutto la parola ‘Gaza’. Anche su questo, l’Eurocamera ha bisticciato. I socialdemocratici avevano chiesto di citare l’enclave palestinese almeno nel titolo del dibattito sugli sviluppi in Libano e nella regione, ma l’estrema destra e i popolari si sono opposti.

  • in

    L’Ue annuncia altri 30 milioni di aiuti umanitari in Libano. E Borrell condanna i nuovi raid israeliani sugli operatori sanitari

    Bruxelles – La Commissione europea stanzierà ulteriori 30 milioni di euro per gli aiuti umanitari in Libano, che si aggiungono ai 10 milioni già annunciati il 29 settembre. Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom), sono già più di 130 mila i nuovi sfollati interni a causa dei bombardamenti israeliani dell’ultima settimana. Da ottobre 2023, circa 350 mila, di cui il 35 per cento bambini.Nel solo settembre 2024, le vittime causate dai raid di Israele sarebbero già più di mille. Ed oltre 8 mila i feriti. L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha condannato l’uccisione, la scorsa notte, di sette persone nel centro di Beirut, tra cui alcuni paramedici. “Le Forze di difesa israeliane hanno nuovamente preso di mira gli operatori sanitari durante la notte”, ha denunciato il capo della diplomazia Ue. In “violazione del diritto internazionale umanitario”.Secondo quanto riferito dal direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nelle ultime 24 ore sarebbero stati uccisi ventotto operatori sanitari in Libano. I pacchetti di emergenza stanziati dall’Ue – che nel corso del 2024 hanno raggiunto il valore di 104 milioni di euro – sono destinati a fornire “assistenza alimentare urgente, alloggi e assistenza sanitaria, oltre ad altri aiuti essenziali”. Il Libano ha inoltre richiesto l’attivazione del Meccanismo di protezione civile dell’Ue, attraverso il quale la Commissione sta facilitando l’invio di ulteriore assistenza dai Paesi membri. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è detta “estremamente preoccupata per la costante escalation di tensioni in Medio Oriente”.Tel Aviv strappa con l’Onu: Guterres “non è degno” di entrare in IsraeleNel frattempo lo Stato ebraico ha dichiarato “persona non grata” il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. “Un segretario generale che odia Israele, che dà sostegno a terroristi, stupratori e assassini. Guterres sarà ricordato come una macchia nella storia delle Nazioni Unite”, è la gravissima accusa del ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, al segretario dell’Onu. Reo secondo Israele di non aver “condannato inequivocabilmente l’attacco criminale dell’Iran contro Israele”. Guterres non potrà più mettere piede sul territorio di Israele.Un altro strappo durissimo – l’ennesimo, dal 7 ottobre scorso – da parte di Tel Aviv nei confronti della comunità internazionale. Borrell è immediatamente accorso in supporto a Guterres: “Sosteniamo il Segretario generale delle Nazioni Uniti nei suoi instancabili sforzi per raggiungere la pace in tutti i conflitti e in particolare in Medio Oriente. Deploriamo gli attacchi ingiustificati contro di lui, nonché il numero inaccettabile di vittime tra gli operatori umanitari delle Nazioni Unite”, ha commentato con un post su X.

  • in

    Il rafforzamento della cooperazione strategica dopo la Brexit: Ue e Regno Unito hanno obiettivi comuni

    Bruxelles – La cooperazione rafforzata preme sia all’Unione Europea sia al Regno Unito, come anche una linea comune per affrontare le sfide globali, sia in ambito geopolitico che in ambito economico.Il primo ministro britannico Keir Starmer e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si sono incontrati oggi (2 settembre) a Bruxelles, nell’ambito della sua spinta per un reset con l’Ue e come prima occasione per discutere di questioni come il commercio, la sicurezza e la mobilità dei giovani. Starmer, il cui partito laburista ha vinto le elezioni a luglio, ha dichiarato che il suo governo non cercherà di negoziare in blocco l’accordo sulla Brexit che ha portato la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea nel 2020.“Credo fermamente che il pubblico britannico voglia tornare a una leadership pragmatica e sensata quando si tratta di trattare con i nostri vicini più prossimi per far funzionare la Brexit e per agire nei loro interessi, per trovare modi per aumentare la crescita economica, rafforzare la nostra sicurezza e affrontare sfide comuni come l’immigrazione irregolare e il cambiamento climatico”, ha detto il premier britannico.Il primo punto in comune è la ferma condanna all’Iran dopo l’attacco missilistico a Israele della scorsa notte. Starmer ha dichiarato: “Dobbiamo fare un passo indietro dal baratro con il coraggio di tutte le parti per trovare un modo per una de-escalation e per una soluzione politica per i molti fronti della crisi in Medioriente”, ha aggiunto. Entrambi hanno riconosciuto la necessità di coordinare la risposta diplomatica alla situazione in Medio Oriente, sottolineando la crucialità di un cessate il fuoco immediato in Libano e a Gaza per creare lo spazio necessario a consentire soluzioni politiche. Anche per quanto riguarda l’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia, è stato ribadito il loro incrollabile sostegno alla sovranità dell’Ucraina.E’ stata ricordata l’unicità della relazione anglo-europea, per cui si deve continuare a lavorare a stretto contatto nella gestione degli obiettivi comuni, come la gestione della migrazione irregolare, il cambiamento climatico e i prezzi dell’energia.Il reciproco interesse di Uk e Ue è in una relazione stabile, positiva e lungimirante, che costituisce la base per una cooperazione a lungo termine. “La visione comune di Ue e Regno Unito permette di rafforzare le relazioni bilaterali“, ha aggiunto von der Leyen.“Abbiamo una serie di accordi solidi. Dovremmo esplorare le possibilità di una maggiore cooperazione” ha commentato von der Leyen riferendosi agli accordi già esistenti. La base delle loro relazioni rimangono l’Accordo di recesso, compreso il Quadro di Windsor, e il Tca (Accordo commerciale e di cooperazione), su cui entrambi i partner hanno garantito pieno impegno. “Siamo fortemente allineati nella lotta contro il cambiamento climatico e il riscaldamento globale. Entrambi lavoriamo intensamente per la decarbonizzazione e l’economia circolare e per la protezione della natura”, ha aggiunto la presidente della Commissione europea.Per consolidare e supervisionare lo sviluppo delle relazioni Ue-Uk, verranno regolarmente organizzati vertici tra i due a livello di leader. Di maggiore interesse, sono i settori dell’economia, dell’energia, della sicurezza e della resilienza, nel pieno rispetto delle procedure interne e prerogative istituzionali. Hanno concordato che un primo vertice dovrebbe svolgersi idealmente all’inizio del 2025.Non si è parlato di mobilità giovanile, sulla quale la Commissione aveva proposto di riaprire i negoziati, scontrandosi però su un rifiuto del Regno Unito, che a quanto pare permane.