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    Costa accoglie Zelensky al Consiglio Europeo. “Il futuro membro dell’Unione” soddisfatto delle nuove sanzioni

    Bruxelles – L’amicizia tra Unione Europea e Ucraina si fonda anche sulle sanzioni alla Russia e sui soldi per Kyiv. Il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, nel punto stampa prima dell’incontro dei leader, ricorda che l’Unione Europea “supporterà l’Ucraina per tutto il tempo necessario e a qualsiasi costo”. Accanto a lui sorride il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, arrivato oggi, 23 ottobre, a Bruxelles per prendere parte al Consiglio Europeo.Al di là delle parole di Costa a sostegno di Kyiv, arrivano anche segnali concreti. Questa mattina i leader europei hanno approvato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca. “Sia le sanzioni europee che quelle statunitensi sono fondamentali per la nostra causa”, conferma Zelensky di fronte ai giornalisti. Il pacchetto di misure punitive riduce ancora una volta la possibilità di forniture di gas e GNL russo sul suolo europeo e, come ricordato da Costa, prenderà di mira “la flotta ombra russa, così come il settore bancario ed energetico di Mosca”. Il punto del Consiglio Europeo ancora da chiarire è però come i 27 riusciranno ad utilizzare gli asset russi bloccati per finanziare la spesa pubblica di Kyiv.In queste ore i leader stanno cercando una modalità legale per utilizzare i 180 miliardi russi bloccati in Belgio. Gli asset di Mosca, congelati dal 2022 sono bloccati nell’istituto finanziario belga Euroclear. Muoverli da lì per destinarli allo sforzo bellico ucraino spaventa alcuni capi di Stato, impauriti dalle possibili ripercussioni legali.Costa ha ricordato come in questa giornata verrà presa “la decisione politica per assicurare i bisogni finanziari all’Ucraina nei prossimi due anni”. Decisione che però non sarà semplicissima da ottenere, visto che il Primo ministro belga Bart De Wever ha confermato che “fino a quando non ci saranno garanzie sulla neutralizzazione del rischio e un accordo per una possibile risposta comunitaria alle conseguenze legali, il Belgio non darà il consenso all’utilizzo di questi fondi”.Bart De Wever, Primo ministro (Copyright: European Union)“Il futuro membro dell’Unione”, come Costa ha definito Zelensky, incassa le promesse dell’Unione Europea sperando in novità in giornata. Alle domande sulla fornitura dei missili americani a lungo raggio Tomahawk, risponde: “È una decisione di Trump” e smorza anche il negativo colloquio avuto con il presidente americano la settimana scorsa. L’obiettivo per tutti rimane quello di un cessate il fuoco. Zelensky lo reputa anche oggi “possibile” e Costa lo definisce utile per evitare “l’aumento dei bombardamenti russi contro i civili ci fa essere ancora più convinti della necessità del sostengo a Kyiv”. A livello di cronaca, solo ieri un drone russo ha colpito un asilo, uccidendo un ragazzo di 12 anni e una neonata.

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    L’Ue adotta il 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Kallas: “Allineati con gli Usa”

    Bruxelles – Poche ore prima dell’avvio del vertice Ue, in cui coi leader è presente Volodymyr Zelensky in persona, gli ambasciatori dei Ventisette hanno trovato la quadra per l’adozione del 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. L’approvazione formale è stata comunicata stamattina (23 ottobre) dalla presidenza danese del Consiglio e ha fatto seguito alla decisione della Slovacchia di rimuovere il proprio veto, come fanno sapere fonti diplomatiche italiane.Bratislava aveva bloccato le nuove misure restrittive sulla base di preoccupazioni legate principalmente al settore energetico, soprattutto dopo la recente approvazione delle norme sul phase-out dei combustibili fossili russi (adottate col voto contrario, appunto, di Slovacchia e Ungheria). Anche stavolta, come accaduto in passato, il primo ministro Robert Fico ha ottenuto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen le garanzie che cercava riguardo all’approvvigionamento energetico e al sistema di scambio delle quote di emissioni per edifici e trasporti (Ets2).Cosa contiene il pacchettoL’Alta rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha scritto su X che il nuovo pacchetto “colpisce tra le altre cose le banche russe, gli scambi di criptovalute e le entità in India e Cina“, aggiungendo che “l’Ue sta limitando i movimenti dei diplomatici russi per contrastare i tentativi di destabilizzazione”. Il capo della diplomazia a dodici stelle aveva annunciato a inizio settimana di attendersi l’approvazione delle sanzioni – confezionate dall’esecutivo comunitario un mese fa – in concomitanza col summit dei capi di Stato e di governo.Il primo ministro slovacco, Robert Fico (sinistra), e il presidente del Consiglio europeo, António Costa (foto: Consiglio europeo)Il nuovo round di sanzioni punta a colpire, come già i precedenti, gli interessi energetici, finanziari e commerciali della Federazione. Sul primo versante, la novità principale è un divieto graduale di importazione del gas naturale liquefatto (gnl) di Mosca, su due scaglioni: i contratti a breve termine andranno rescissi entro sei mesi, mentre c’è tempo fino al primo gennaio 2027 per quelli a lungo termine. Viene poi inasprito il divieto di fare affari con due compagnie petrolifere russe, mentre si aggiungono altre 117 navi all’elenco della flotta ombra del Cremlino, per un totale di 558 imbarcazioni. Infine, vengono ampliati i criteri per individuare i porti dei Paesi terzi utilizzati per il trasferimento di Uav e missili da o per la Federazione, o per eludere le sanzioni sul greggio di Mosca.Dal punto di vista finanziario, viene introdotto un divieto totale di transazione con cinque banche russe e viene esteso quello già esistente relativamente ai sistemi di pagamento elettronico russi e a quattro banche di Bielorussia e Kazakistan. Limitazioni analoghe vengono introdotte per altre otto entità di Paesi terzi (cinque banche, due commercianti di petrolio e una piattaforma per lo scambio di criptovalute, alcune delle quali basate in Cina e in India), mentre viene introdotto il divieto totale di servizi di cripto-asset nella giurisdizione dell’Ue per cittadini ed entità russi. Introdotto anche un nuovo divieto per gli operatori europei di stipulare contratti economici con nove zone economiche speciali russe, così come il divieto di fornire riassicurazioni a aerei e navi russi nei primi cinque anni successivi alla vendita ad un Paese terzo.Sul piano del commercio, i Ventisette hanno approvato una serie di misure con l’obiettivo di migliorare il contrasto all’elusione delle sanzioni già in vigore. Vengono così individuati 45 nuovi soggetti che favoriscono l’elusione (di cui 17 al di fuori dei confini della Federazione), mentre vengono estesi i divieti di esportazione di prodotti industriali (tra cui sali, gomma, materiali da costruzione e bene tecnologici avanzati) e ad altre categorie di articoli sensibili (ad esempio i beni cosiddetti Chp, per la produzione di elettricità e calore, e quelli a duplice uso militare e civile). Viene inoltre esteso di un ulteriore anno il margine accordato alle imprese europee per disinvestire dalla Russia con l’obiettivo di cessare le attività commerciali nel Paese.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Quanto ai servizi, il nuovo pacchetto prevede un divieto per gli operatori europei di fornire servizi connessi alle attività turistiche nella Federazione, l’estensione del divieto di fornire servizi di intelligenza artificiale, cloud-computing e simili, e l’obbligo di richiedere l’autorizzazione per tutti i servizi ancora consentiti (cioè non esplicitamente proibiti) e rivolti a persone o entità russe.Un’ultima novità è l’introduzione di un meccanismo per limitare la circolazione dei diplomatici russi, che prevede un sistema per cui gli Stati membri potranno notificare l’ingresso o il transito del personale diplomatico di Mosca sul proprio territorio alla Commissione, la quale potrà autorizzare le cancellerie ad adottare misure nazionali appropriate. Infine, il pacchetto comprende anche l’introduzione di nuovi elenchi relativi ai bambini ucraini rapiti dalle truppe di occupazione e di elenchi relativi al settore di ricerca e sviluppo militare della Russia.La sponda di WashingtonIl tempismo con cui è arrivato il disco verde da parte dei Ventisette per il nuovo round di misure restrittive è politicamente rilevante, dal momento che giusto ieri l’amministrazione statunitense ha comminato per la prima volta delle sanzioni ai danni delle due principali compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil. La mossa, annunciata dal segretario al Tesoro Scott Bessent, segnala un sostanziale cambio di passo da parte del presidente Donald Trump, dopo mesi in cui era parso adottare una posizione più morbida nei confronti del Cremlino (dal faccia a faccia con Vladimir Putin in Alaska alle ritrosie sulla fornitura dei missili Tomahawk a Kiev).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Evidentemente, il tycoon è stato irritato dalle reticenze del suo omologo russo a porre fine alla guerra e ad incontrarsi personalmente a Budapest. Quel bilaterale, sbandierato come l’ennesima vittoria diplomatica del presidente Usa (nonché come successo personale del premier ungherese Viktor Orbán), è sfumato nelle scorse ore proprio a causa dell’indisponibilità dello zar ad accettare compromessi sulla fine del conflitto, a partire dal cessate il fuoco e dal congelamento della linea del fronte.Kallas ha colto la palla al balzo e ha rivendicato la ritrovata unità d’intenti sulle due sponde dell’Atlantico nei confronti del Cremlino. “Siamo molto felici dei segnali che riceviamo dall’America riguardo alle sanzioni sulla Russia”, ha dichiarato arrivando al vertice. “Penso sia un importante segnale di forza, che siamo allineati sulla questione“, ha aggiunto.Un altro tema sul tavolo dei leader Ue (di cui si discute da tempo) è quello del prestito per le riparazioni a Kiev, che andrebbe sostenuto coi proventi degli attivi russi congelati attualmente detenuti dall’istituto belga Euroclear. “Ci sono ancora alcune questioni che dobbiamo affrontare“, ammette Kallas, ma “il messaggio fondamentale è che la Russia è responsabile dei danni causati in Ucraina e deve pagare per quei danni”. L’Alta rappresentante riconosce i dubbi del governo belga, che non intende assumersi da solo la responsabilità giuridica di un’azione così forte: “Tutti sono d’accordo che nessun Paese dovrebbe sostenere i rischi o questo onere da solo“, ragiona, e garantisce che si sta lavorando ad un meccanismo per fornire garanzie al Belgio e assicurare la condivisione del rischio tra i Ventisette.

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    Serbia, l’Europarlamento ammonisce (di nuovo) la Serbia: “Fermi la repressione e sia seria sull’adesione all’Ue”

    Bruxelles – Dopo quasi un anno di proteste ininterrotte, l’Eurocamera tiene accesi i riflettori sulla tesissima situazione in Serbia. Con una maggioranza ampia ma non schiacciante (457 voti favorevoli, 103 contrari e 72 astensioni), l’Aula di Strasburgo riunita in plenaria ha approvato oggi (22 ottobre) una risoluzione sulla “polarizzazione e l’aumento della repressione” nel Paese balcanico, a poco meno di 12 mesi dal crollo della pensilina nella città di Novi Sad.Quell’evento, che ha provocato la morte di 16 persone, è stato il catalizzatore per una mobilitazione popolare trasversale dalle dimensioni mai viste (almeno dal collasso della Jugoslavia negli anni Novanta). Ai cittadini – guidati soprattutto dai movimenti studenteschi – che chiedono con forza la fine della corruzione, un futuro europeo per il loro Paese e la fine del regime autoritario del presidente filorusso Aleksandar Vučić, gli apparati di sicurezza hanno risposto col pugno di ferro, mettendo in campo una repressione massiccia del dissenso democratico.Una situazione che, se pare indisporre solo fino a un certo punto i vertici comunitari (come si evince dall’equilibrismo di Ursula von der Leyen, che ha recentemente incontrato il capo di Stato serbo, ma anche da quelli del presidente del Consiglio europeo, António Costa, e dell’Alta rappresentante Kaja Kallas), continua invece a preoccupare gli eurodeputati. Se Belgrado vuole mostrarsi seria rispetto all’adesione all’Ue, si legge tra le righe della risoluzione congiunta, deve fermare la macchina della violenza, rispettare lo Stato di diritto e i diritti umani e smetterla di strizzare l’occhio a Mosca.Now is the time for strategic choices.Also for Serbia.It needs implementing EU reforms it has repeatedly promised to deliver.It needs responding to what citizens ask loud and clearly.Now is the time to deliver & lead Serbia to the EU.The EU’s offer will not be matched. pic.twitter.com/NrdHD0YQga— Marta Kos (@MartaKosEU) October 22, 2025Parlando durante il dibattito di ieri all’emiciclo, la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha condannato le violenze contro studenti, manifestanti e giornalisti e ha ammonito Belgrado: “Ci aspettiamo che la Serbia rispetti i valori fondamentali dell’Ue” se vuole davvero entrare nel club a dodici stelle, osserva, inclusi “il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani” tra cui spiccano “la libertà di assemblea pacifica, la libertà dei media e la libertà accademica”. L’Unione, ha aggiunto, si aspetta che vengano condotte le dovute indagini sui fatti di Novi Sad, per i quali è partita un’inchiesta che non ha ancora portato a nulla.Kos ha accolto positivamente i recenti progressi sulle riforme pre-adesione concordate con Bruxelles (ad esempio sul registro dei voti unificato e sulla commissione dei media elettronici), ma ha sottolineato che adesso vanno compiuti “passi concreti per far ripartire il dialogo con tutta la società“. Lo stesso Vučić ha millantato di voler aprire un confronto coi manifestanti, salvo poi lasciare la situazione immutata. “Portare una Serbia democratica nell’Ue è nell’interesse dei serbi e anche nel nostro”, dice, ma affinché ciò avvenga servono impegni concreti “sui princìpi democratici e sulle riforme”.Soprattutto, incalza, il Paese balcanico deve finirla col suo equilibrismo sullo scacchiere internazionale – il presidente Vučić è tradizionalmente vicino alla Russia di Vladimir Putin ma di recente sembra aver ammorbidito i toni anche nei confronti dell’Ucraina – e “scegliere con trasparenza” da che parte vuole stare. “Le relazioni strette con Pechino e Mosca accompagnate da dichiarazioni critiche sull’Ue, incluso con una narrazione russa, non è quello che ci si attende da un Paese candidato”, nota Kos, che condanna anche la disinformazione dilagante e le intimidazioni subite da alcuni eurodeputati. Infine, conclude, “va rafforzato l’allineamento con la politica estera e di sicurezza comune“.L’eurodeputata Pd Alessandra Moretti (foto: Michel Christen/Parlamento europeo)Sulla stessa linea anche gli interventi degli esponenti italiani dei Socialisti (S&D) e dei Conservatori (Ecr). Dai banchi di questi ultimi, il meloniano Alessandro Ciriani avverte su un “equilibrio che si sta incrinando” in Serbia, come indicato dai sondaggi che rilevano come solo il 33 per cento dei cittadini del Paese balcanico sostiene apertamente l’adesione: “A trarne vantaggio – dice – sono attori con interessi a noi concorrenti come Russia e Cina, con ricadute negative per la stabilità regionale”. “L’Ue deve mantenere un approccio equilibrato e costruttivo, rilanciando l’offerta europea di sviluppo e dialogo inclusivo“, continua, ed “evitare che la delusione si trasformi in distacco e il distacco in allontanamento geopolitico“.Dal Pd, Alessandra Moretti condanna la risposta delle autorità serbe contro i manifestanti: “Non è degna di un Paese candidato”, rimarca, “né tantomeno di uno Stato di diritto”. “La pericolosa polarizzazione creatasi nel Paese rischia di normalizzare la violenza e di indebolire istituzioni democratiche“, aggiunge, invocando un cambio di passo. “L’impegno serbo verso il percorso europeo non può essere fatto solo di parole ma servono progressi concreti sullo Stato di diritto, la lotta alla corruzione, l’indipendenza dei media e della magistratura, un sistema elettorale libero e l’allineamento alla politica estera europea”, conclude.Anche il deputato liberale franco-italiano Sandro Gozi sottolinea che il cammino verso l’Ue “comporta benefici ma anche impegni per la democrazia, lo Stato di diritto e la libertà”, a cominciare da quella degli studenti “di manifestare ed esprimere critiche nei confronti del presidente Vučić”, al quale rivolge un “appello alla responsabilità democratica” per fare un passo indietro e ascoltare realmente le richieste dei suoi concittadini, anziché farli manganellare.Proteste per le strade di Belgrado (foto: Marko Djoković/Afp)Una voce fuori dal coro arriva dalla Sinistra, quella di Danilo Della Valle (M5s). Riprendendo un leitmotiv caro alla narrazione pro-Cremlino, il pentastellato si è scagliato contro la tentazione di “utilizzare lo stesso metodo disastroso adottato all’Euromaidan, che ha contribuito a portare la guerra alle porte dell’Europa“. Il riferimento è al presunto zampino di Ue, Usa e Nato nelle proteste di piazza (che gli ucraini chiamano “rivoluzione della Dignità“) che nell’autunno tra il 2013 e il 2014 hanno portato al rovesciamento del presidente filorusso Viktor Yanukovych e messo in moto una catena di tragici eventi sfociati nell’annessione della Crimea, nel conflitto in Donbass e, nel 2022, nell’invasione russa su larga scala.Secondo Della Valle, che pure riconosce la vivacità della società serba “capace di attivarsi e chiedere un cambiamento reale”, durante le manifestazioni “non ci sono bandiere dell’Ue” e “il popolo serbo non ha dimenticato i bombardamenti Nato del 1999 e l’atteggiamento coloniale di molti Paesi europei, inclusa l’Italia, che ha reso i Balcani una polveriera”. “Stiamo molto attenti a non gettare benzina sul fuoco“, avverte, perché la regione sarebbe “una pentola a pressione pronta a scoppiare”.

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    La Bielorussia ha voglia di democrazia. Intervento dei coniugi e dissidenti Tikhanovski all’Eurocamera

    Bruxelles – “Gli europei hanno esitato quando avrebbero potuto sostenere il nostro Paese. Così la Russia ha allungato la mano su di noi”. Le dure parole pronunciate nella plenaria del Parlamento di Strasburgo arrivano da Sergei Tikhanovski, dissidente bielorusso, che per quel tentennamento ha dovuto scontare cinque anni di carcere. Il momento in cui l’Unione Europea avrebbe potuto fare di più risale al 2020, quando il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko arrestò i suoi oppositori politici (tra cui anche il giornalista Premio Sakharov 2025) per impedire regolari elezioni presidenziali. Tikhanovski pagò le conseguenze del suo attivismo politico e fu imprigionato nel mezzo della campagna elettorale. Solo pochi mesi fa ha riottenuto la libertà grazie alla mediazione statunitense.Di fianco a lui, la moglie Svetlana Tikhanovskaya, che da insegnante d’inglese si è trovata a portare avanti le istanze del marito fino a diventare la principale oppositrice dello status quo bielorusso. Dopo le elezioni del 2020 è stata costretta a fuggire in Lituania per evitare un arresto politico.Svetlana Tikhanovskaya e suo marito Sergei Tikhanovsky durante una marcia a Varsavia, 9 agosto 2025 (Photo by Wojtek RADWANSKI / AFP)La Bielorussia democraticaLa storia dei coniugi Tikhanovski e le loro parole, pronunciate oggi, 22 ottobre a Strasburgo, sono state capaci di far riemergere da quel manto di silenzio la parte democratica della Bielorussia. La stessa che, nell’agosto del 2020, aveva affollato le piazze per contrastare l’ennesima vittoria di Lukašenko. “Siamo una nazione splendida, con forti valori dell’Europa occidentale, pronta a diventare membro dell’UE”, afferma Tikhanovski, anche se riconosce che, dopo cinque anni, “la situazione è peggiorata”.L’appello all’UnioneNon sono venuti qui, però, solo per ricordare quell’orgoglio democratico. I due coniugi si fanno portavoce di un appello deciso verso un’Unione Europea più attiva. “L’Europa non solo deve diventare un attore attivo, continua Tikhanovski, deve diventarlo in Bielorussia. Lukašenko è un sopravvissuto astuto, ma non è immortale. Il trasferimento del potere in Bielorussia è imminente”.Svetlana Tikhanovskaya risponde con un elenco di priorità per agevolare il processo democratico nella cosiddetta “piccola Russia”: “Vorremmo più contatti e visti per i cittadini bielorussi, un sostegno più forte ai media indipendenti e il rafforzamento dei rapporti con le istituzioni democratiche che stanno nascendo fuori dal Paese (in Lituania, ndr), per rendere possibile un dialogo una volta finita l’era di Lukašenko”.La proposta avanzata dalla leader dell’opposizione è quella di una doppia morsa occidentale: da una parte gli Stati Uniti, che “si concentrano sul binario umanitario, sulla liberazione delle persone e sulla fine della repressione”; dall’altra, continua la leader, “l’Unione Europea, che deve rimanere ferma e coerente nei suoi principi, mantenendo e rafforzando le sanzioni già in atto”. Le misure punitive restano infatti l’arma più efficace per mettere in difficoltà la nomenklatura bielorussa, ormai a corto di fondi dopo trentuno anni di governo. “Il loro effetto si fa sentire”, conferma senza sé e senza ma Tikhanovskaya.Ewa Kopacz, vicepresidente del Parlamento Europeo, incontra Sergej Tikhanovski(foto di Alain ROLLAND, © European Union 2025)La difesa dei confiniSul tema dell’azione europea gli fa eco il marito, concentrandosi però più sull’aspetto della difesa dei confini. “Per decenni, gli Stati Uniti vi hanno fatto risparmiare centinaia di miliardi di dollari offrendo l’ombrello di sicurezza” – dichiara Tikhanovski – “ma oggi l’America non può combattere su tre fronti contemporaneamente. Deve essere l’Europa, non gli Stati Uniti, a prendere il ruolo guida sui propri confini orientali. Deve essere l’Europa il principale partner nell’aiutare la Bielorussia a muoversi verso la democrazia. Lo potete fare, siete grandi e forti”.Il tono fermo non entusiasma i parlamentari, che applaudono di rado nei momenti di pausa. Tikhanovski, però, all’inizio del discorso aveva avvisato gli ascoltatori: “Non sono un diplomatico di professione, sto imparando”. Le sue parole, incisive e dirette, hanno comunque un forte valore simbolico.La nuova FinlandiaL’idea conclusiva portata avanti dal dissidente e promossa dal movimento democratico bielorusso è quella di rendere il Paese “una nuova Finlandia”, capace di convivere accanto a “un vicino difficile”, ma determinata a “costruire uno Stato indipendente e prospero senza andare in guerra”. La sua fiducia è che l’Unione Europea abbia “le risorse e la forza per renderlo reale”. Resta da capire se ci sia anche la volontà.

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    Gaza, l’Ue si appiglia alla fragilissima tregua per congelare le sanzioni a Israele

    Dall’inviato a Strasburgo – Le opinioni dei Paesi membri, come al solito, su Israele e Gaza, sono “molto divergenti”. Di fronte al cessate il fuoco mediato da Donald Trump – per la verità già violato da entrambe le parti – i ministri degli Esteri dei 27 hanno deciso di congelare la proposta della Commissione europea di imporre sanzioni economiche e politiche contro Israele. “Al momento non procediamo, ma non le escludiamo nemmeno“, ha affermato l’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Esponendosi ancora una volta alle critiche di incapacità di giocare un ruolo nella risoluzione del conflitto, se non proprio di doppi standard.Ieri (20 ottobre), a Lussemburgo, il Consiglio dell’Ue Affari esteri ha scelto di “mantenere le proposte sul tavolo”, ma di non prendere alcuna decisione al riguardo, vista la “fragilità” della situazione sul campo. Il capo della diplomazia Ue ha spiegato che la proposta non verrà cestinata perché “dobbiamo constatare un miglioramento degli aiuti umanitari a Gaza, il rilascio delle entrate palestinesi bloccate dalle autorità israeliane, l’ingresso di giornalisti e operatori umanitari nel territorio e la registrazione senza restrizioni delle Ong internazionali”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)L’assunto di Kallas – e della stessa Ursula von der Leyen e di diverse capitali – è che le minacce di sospensione di alcune agevolazioni commerciali e di sanzioni contro due ministri estremisti di Israele fossero in sostanza solo un mezzo per richiamare Tel Aviv al rispetto del diritto internazionale e per avvicinare la fine del conflitto. Ma manca un punto fondamentale, quello della responsabilità giuridica. Il governo di Benjamin Netanyahu ha violato i termini dell’accordo di associazione che lega Israele e l’Ue – oltre a diversi sacri e basilari principi del diritto internazionale e umanitario – e a constatarlo è stata proprio la Commissione europea ancora a giugno.Mettere da parte le proposte di sanzioni solo perché nel frattempo la situazione sul campo è cambiata rischia di compromettere la credibilità dell’Unione, che continua a ergersi come guardiana di un’ordine geopolitico fondato sulla certezza del diritto internazionale. Secondo Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, si tratta di una “decisione incredibilmente stupida”. Per la politologa, oltre alla responsabilità per violazioni del diritto internazionale umanitario che “non sono scomparse”, non va sottovalutata “la questione degli incentivi”. Se “la pressione viene meno, è probabile che il governo israeliano non attuerà il piano”.Questa mattina, al Parlamento europeo di Strasburgo si è tenuto un dibattito sulle prospettive dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas e sul ruolo dell’Ue nel costruire la pace. All’emicilo è intervenuta la commissaria per il Mediterraneo, Dubravka Šuica: “La situazione sta evolvendo rapidamente ed è anche molto fragile”, ha affermato, sottolineando “la situazione umanitaria rimane catastrofica“. Secondo la commissaria, per l’implementazione della prima fase del piano trumpiano, restano “tre aspetti critici”: la restituzione dei corpi di tutti ostaggi israeliani deceduti, il rispetto da parte dell’esercito israeliano delle linee di ritiro concordate, l’accesso senza restrizioni degli aiuti umanitari.La commissaria Ue per il Mediterraneo, Dubravka ŠuicaŠuica ha indicato la strategia che seguirà la Commissione europea, che insiste sul “ruolo cruciale” di Bruxelles nell’assicurare a Gaza aiuti umanitari su larga scala. “Tramite ponti aerei” e “approfondendo tutte le vie d’accesso”, anche il “corridoio marittimo di Cipro“. L’Ue potrà fare la sua parte nell’evacuazione medica dei pazienti, attivando il meccanismo di protezione civile. Attraverso il quale “potrebbe considerare” inoltre di sostenere le operazioni di “decontaminazione e rimozione delle macerie”.Ci sono poi le due missioni Ue, EUBAM Rafah, per facilitare il transito di persone in entrate e uscita dal valico meridionale tra Gaza e l’Egitto, e EUPOL COPPS, con cui l’Unione ha sostenuto e addestrato le forze di polizia palestinesi in Cisgiordania e che “potrebbe rafforzare l’attività a Gaza”. Infine, Šuica ha ribadito “l’interesse” dell’Ue a “contribuire alla governance” transitoria della Striscia e ha assicurato che la Commissione europea “mobiliterà tutti gli strumenti a disposizione” per promuovere la soluzione dei due Stati.Nulla, ancora una volta, sull’urgenza di assicurare le responsabilità di Israele nella devastazione di Gaza, nel massacro di decine di migliaia di civili, nell’occupazione coatta della quasi totalità ormai del territorio che dovrebbe costituire il futuro Stato palestinese. L’eurodeputata liberale belga, Hilde Vautmans, ha sottolineato che “dal 2023 a oggi sono stati distrutti – a Gaza e in Cisgiordania, ndr – centinaia di progetti finanziati dall’Ue”, tra cui scuole e ospedali. “Da noi si dice che chi rompe paga“, ha affermato Vautmans. Un principio che finora, per Israele, nessuno a Bruxelles ha osato evocare.Nella giornata di domenica, Israele ha lanciato una serie di attacchi aerei e ha interrotto tutti gli aiuti a Gaza “fino a nuovo ordine”, dopo che due soldati israeliani sono stati uccisi in un attacco armato da parte di membri di Hamas.Benedetta Scuderi, eurodeputata di AVS che ha partecipato in prima persona ad una delle spedizioni umanitarie della Global Sumud Fotilla, ha ricordato che “i check point restano, gli aiuti sono controllati chi li usava per affamare, le terre sono ancora confiscate”. Scuderi ha affermato che “dall’inizio della tregua almeno 8 bambini palestinesi sono stati uccisi da Israele” e che “la pace non può esserci senza la fine dell’occupazione e la giustizia per i crimini di guerra commessi”. Altrimenti, la pace “è solo una copertura per l’oppressione”. O un appiglio per continuare a non agire.

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    Allargamento, la commissaria Ue Kos: “Si aprano i negoziati con Ucraina e Moldova entro novembre”

    Bruxelles – L’Ue potrebbe aprire a breve i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova. Ne è convinta Marta Kos, commissaria all’Allargamento nel von der Leyen bis. Parlando oggi (20 ottobre) coi giornalisti in Lussemburgo, dov’era in corso un Consiglio Affari esteri, Kos ha notato che “la Commissione ha completato l’esame di tutta la legislazione” di Kiev e Chișinău e che “entro novembre, il Consiglio avrà la possibilità di avviare tutti e sei i cluster negoziali” con entrambi i Paesi candidati.A quel punto, ha specificato la commissaria, “tutto sarà pronto, dopo aver completato questo processo, per accelerare le riforme“. Sono mesi che i vertici comunitari lodano i progressi compiuti da entrambi gli Stati sulla strada dell’adesione al club a dodici stelle. Rimane ancora del lavoro da fare, certo: “Dobbiamo porre rimedio alla corruzione e rafforzare le istituzioni e, soprattutto, lo Stato di diritto“, concede Kos (memore, ad esempio, del passo falso compiuto da Volodymyr Zelensky sulle agenzie anti-corruzione ucraine). Ma la direzione è chiara, così come la rapidità con cui le due cancellerie stanno macinando riforme su riforme – e vincendo elezioni su elezioni – per entrare in Ue il prima possibile.Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (foto: European Council)D’altro canto, da questo lato della barricata il problema rimane sempre lo stesso. E ha un nome e un cognome: Viktor Orbán. Da tempo il primo ministro ungherese si è messo di traverso sull’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione, adducendo come giustificazione il timore che Kiev “porterebbe la guerra in Europa” (sic). Per anni, i Ventisette sono rimasti bloccati dall’ostruzionismo di Budapest (che ha trovato una solida sponda a Bratislava e, potenzialmente, una nuova a Praga quando il nazional-populista Andrej Babiš formerà un governo). Essendo le pratiche di Kiev e Chișinău accoppiate informalmente, l’opposizione di Orbán blocca entrambe.Ma ora a Bruxelles la musica sembra in procinto di cambiare. Il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sta esplorando misure innovative per evitare di ricorrere all’unanimità per l’apertura di ogni cluster negoziale ed aggirare così il veto dell’autoritario premier magiaro. A rigor di trattati, questa opzione non sarebbe prevista. Ma anche al Berlaymont la misura è talmente colma nei confronti di Orbán che la Commissione ha dato di fatto il suo placet a questo escamotage politico-legale dalle implicazioni ancora poco chiare.Kos ha confermato che l’esecutivo comunitario sta vagliando “tutte le possibilità” per dare il disco verde all’avvio dei negoziati. Secondo la commissaria, “Ucraina e Moldova hanno dato risultati positivi” e, visto che si dovrebbe trattare di un processo basato sul merito, non c’è motivo per rallentarlo oltre. Del resto, continua, “l’Ungheria non si è opposta al riconoscimento dello status di candidato” a Kiev e dunque, dice, è legittimo aspettarsi che sosterrà anche l’apertura dei cluster. Se Budapest nutre “preoccupazioni riguardo alla minoranza in Ucraina, possiamo affrontare la questione”, aggiunge, sottolineando tuttavia che i rappresentanti della minoranza ungherese nel Paese “non hanno espresso nemmeno una lamentela” quando li ha incontrati di recente.Dopo la riforma del 2020, l’adesione di un Paese terzo all’Ue può avvenire in seguito alla chiusura di 33 capitoli negoziali (ciascuno affronta un aspetto specifico dell’acquis communautaire, vale a dire delle norme europee) suddivisi in sei cluster tematici. Per l’apertura di ciascun cluster è prevista l’unanimità degli Stati membri, così come è necessario un voto unanime per la decisione finale di ammettere il Paese candidato nel club a dodici stelle. Un meccanismo farraginoso, come riconosciuto anche dall’Alta rappresentante Kaja Kallas: “Ci sono ostacoli nel nostro processo decisionale e ci stiamo lavorando”, ha confermato al termine della riunione odierna in Lussemburgo.

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    In arrivo il 19esimo pacchetto di sanzioni alla Russia, Kallas: “L’adozione già in settimana”

    Bruxelles – Il 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia potrebbe essere adottato dall’Ue nel giro di qualche giorno. Questa, almeno, è la speranza dell’Alta rappresentante Kaja Kallas, che oggi (20 ottobre) ha presieduto il Consiglio Affari esteri a Lussemburgo. Quello della guerra in Ucraina era uno dei principali temi sul tavolo dei ministri, che sembrerebbero prossimi all’accordo finale sull’ennesimo round di misure restrittive.La data cerchiata in rosso sul calendario è il 23 ottobre, quando i capi di Stato e di governo dei Ventisette si riuniranno a Bruxelles per il Consiglio europeo convocato da António Costa. “Ci aspettiamo che questa settimana venga adottato il 19esimo pacchetto di sanzioni”, ha dichiarato il capo della diplomazia comunitaria arrivando in Lussemburgo, indicando esplicitamente l’appuntamento dei leader come momento della possibile approvazione da parte delle cancellerie. Al termine della riunione odierna, Kallas ha addirittura suggerito di mettersi già al lavoro sul 20esimo pacchetto.Col 19esimo, intanto (confezionato dalla Commissione il mese scorso), vengono messe nel mirino le banche e le piattaforme di criptovalute della Federazione, i proventi dell’export di combustibili fossili e le reti coinvolte nell’elusione delle sanzioni già esistenti, sia in Russia sia in altri Paesi. Si allunga ancora la lista dei vascelli appartenenti alla cosiddetta flotta ombra del Cremlino con l’inserimento di 118 nuove imbarcazioni.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Allo stesso tempo, l’Ue starebbe lavorando ad un approccio più aggressivo nei confronti di questi velieri fantasma. L’idea sarebbe quella di permettere agli Stati membri di effettuare perquisizioni e altre operazioni sulle navi, dalle quali secondo Kallas partirebbe anche una parte degli attacchi ibridi al Vecchio continente, soprattutto a livello di lanci di droni e di disturbo delle frequenze radio e gps (jamming). Ricorrendo anche alle missioni marittime civili e militari a dodici stelle, come l’Aspides, e nominando un “coordinatore speciale” incaricato di “raccogliere le migliori pratiche” dagli Stati membri, spiega l’ex premier estone.Da un lato, si starebbe mettendo a punto una serie di misure di complemento al diritto internazionale del mare sancito dalla Convenzione di Montego Bay del 1982 (Unclos), per colmare le lacune normative che impediscono un’azione efficace contro questo genere di comportamenti pirateschi. Dall’altro, Bruxelles vorrebbe siglare una serie di accordi con gli Stati di bandiera delle imbarcazioni stesse (che spesso non sono russe), stabilendo una serie di impegni e obblighi in capo agli armatori dei natanti.Inoltre, verranno colpiti anche commercianti e raffinerie di Paesi terzi (soprattutto cinesi) e diventeranno impossibili le transazioni coi colossi energetici russi come Rosneft e Gazpromneft. Tra le nuove restrizioni compare anche un divieto totale di importare da Mosca il gas naturale liquefatto (gnl): era già previsto per il gennaio 2027, ma verrebbe così anticipato di oltre un anno. Infine, sono state identificate 45 società – russe e non – accusate di rifornire il Paese aggressore di beni a duplice uso.Il primo ministro slovacco Robert Fico (foto: Consiglio europeo)Tra i motivi per cui Kallas si mostra ottimista sull’imminente approvazione del pacchetto c’è il ritiro del veto austriaco sulle nuove misure restrittive. Per settimane, Vienna aveva bloccato le sanzioni chiedendo dei risarcimenti per la banca austriaca Raiffeisen in relazione alle perdite dovute alle contromisure russe. Stando a fonti diplomatiche, rimarrebbe solo la Slovacchia di Robert Fico (recentemente estromesso dalla famiglia dei Socialisti europei) a mantenere l’opposizione contro il nuovo pacchetto. Ci si aspetta che Ursula von der Leyen si attivi personalmente per disinnescare l’ostruzionismo di Bratislava, come già avvenuto in passato.Parallelamente, procedono a rilento i lavori sull’utilizzo dei beni russi congelati, il cui valore si aggira intorno ai 175 miliardi di euro. Secondo Kallas, c’è un “forte sostegno” da parte degli Stati membri, ma “vanno ancora definite le modalità giuridiche e fiscali” della faccenda, che continua a dimostrarsi particolarmente spinosa. Infine, l’Alta rappresentante certifica che 25 cancellerie si sono impegnate a diventare parte del Tribunale speciale per i crimini d’aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina: “Ora serve una stima dei costi, poi potremo procedere”, chiosa, annunciando l’esistenza di uno stanziamento preliminare di 10 milioni.

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    Trump duro con Zelensky all’incontro alla Casa Bianca. L’Ue alla finestra

    Bruxelles – L’incontro di venerdì 17 ottobre tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky è stato “turbolento”. Questa la descrizione arrivata dal Financial Times, che in queste ore sta diffondendo una serie di indiscrezioni sulla riunione tra i due leader. A quanto emerge, Trump avrebbe più volte utilizzato argomentazioni “filo-russe” per convincere Zelensky a porre fine al conflitto. La giravolta diplomatica di Trump è arrivata dopo la telefonata avuta giovedì con il suo omologo russo, Vladimir Putin. Dal colloquio telefonico sarebbero emersi i primi spiragli per un incontro tra i due leader, questa volta sul suolo dell’Unione Europea, a Budapest.La decisione non è stata accolta con entusiasmo a Bruxelles, anche se questa mattina l’Alta rappresentante dell’Unione, Kaja Kallas, a margine del Consiglio dell’UE Affari Esteri in corso, si è dichiarata favorevole a ogni possibile avanzamento dei colloqui di pace. Kallas ha precisato: “Siamo positivi rispetto a qualsiasi progresso”. Il possibile arrivo di Putin a Budapest è stato definito con diplomatica cautela “non bello da vedere”, considerato che sul presidente russo pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Kallas ha inoltre aggiunto che, in ogni caso, “verrà valutato l’esito dell’incontro”.EU prepares a new blow to the Kremlin: 19th sanctions package could be approved as early as ThursdayAccording to Kaja Kallas, the European Union may adopt its 19th package of sanctions against Russia as soon as this Thursday. Among the key topics under discussion is action… pic.twitter.com/tBjfIaoLMS— NEXTA (@nexta_tv) October 20, 2025Niente Tomahawk, in cambio una proposta irricevibileL’incontro tra Zelensky e Trump alla Casa Bianca può già essere ricondotto a un insuccesso, almeno dal punto di vista di Kyiv. L’intenzione ucraina era quella di ottenere i missili statunitensi a lungo raggio Tomahawk, un’arma strategica per colpire in profondità le difese russe. La trattativa, secondo le fonti interne consultate dal Financial Times, si sarebbe però trasformata in una “litigiosa discussione”, con Trump che “imprecava continuamente”.Il presidente americano ha spinto per il raggiungimento di un accordo di pace rapido, minacciando Zelensky di accettare un “deal” con Putin. “Se (Putin, ndr) lo vorrà, vi distruggerà”, ha sentenziato Trump nello Studio Ovale. Il punto su cui Trump ha insistito sarebbe stato la cessione completa degli oblast di Luhansk e Donetsk, oggi controllati solo per l’80 per cento da Mosca. In cambio di questa resa, Kyiv otterrebbe piccoli territori nelle regioni meridionali di Zaporizhzhia e Kherson.La proposta è, per gli ucraini, ampiamente insufficiente. “Cedere (il Donbass, ndr) alla Russia senza combattere è inaccettabile per la società ucraina, e Putin lo sa”, ha affermato Oleksandr Merezhko, presidente della Commissione per gli Affari Esteri del parlamento ucraino. L’iniziativa rappresenta, in ogni caso, uno dei primi piccoli spiragli russi all’interno delle trattative.La giravolta di TrumpIl clima teso è apparso in controtendenza rispetto alle recenti dichiarazioni del presidente americano. Nelle ultime settimane, il tycoon aveva insistito sulla qualità dell’esercito ucraino, “se vorranno, riconquisteranno tutti i territori occupati”, e aveva screditato Mosca per le sue difficoltà economiche, affermando che “è vicina al collasso”. Per interpretare le parole del presidente, però, è sempre più utile il dogma coniato dalla giornalista americana Salena Zito: “Bisogna prendere Trump seriamente, non letteralmente”. I cambi di maglia così repentini nascondono, a volte, un’obiettivo a lungo termine: l’accordo finale.La pressione di Bruxelles su MoscaIn Europa, intanto, le vie diplomatiche latitano e dunque l’Unione Europea si organizza per mettere pressione su Mosca. Nel Consiglio Affari Esteri di queste ore si discuterà dell’approvazione del diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia e di un rafforzamento del sostegno all’economia ucraina. Al meeting parteciperà anche il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha. Parallelamente, nel Consiglio dell’UE sull’Energia, è stata adottata dai Paesi membri la posizione sul regolamento per la cessazione delle forniture di gas russo all’Unione Europea. L’idea è quella di fermare qualsiasi tipo di approvvigionamento entro il 2027.