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    Nella notte l’accordo tra Israele e Hamas per una pausa delle ostilità e la liberazione degli ostaggi. Von der Leyen: “Fare il possibile per azione umanitaria a Gaza”

    Bruxelles – Dopo 45 giorni di bombardamenti incessanti, nella notte è arrivato il primo accordo tra Israele e Hamas per una tregua nelle ostilità. La pausa durerà quattro o cinque giorni, il tempo necessario per il rilascio di 50 donne e bambini rapiti da Hamas lo scorso 7 ottobre e la contemporanea liberazione di 150 prigionieri politici palestinesi dalle carceri israeliani. Una finestra cruciale per l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari per la popolazione della Striscia di Gaza.All’annuncio dell’accordo, mediato da Egitto e Qatar, hanno gioito anche a Bruxelles. La liberazione degli ostaggi e l’istituzione di pause umanitarie sono da oltre un mese gli unici punti fermi della posizione dell’Unione europea sul conflitto. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ringraziato il Cairo e Doha per gli sforzi diplomatici e ha ribadito che “Hamas deve liberare tutti gli ostaggi”, indicando al contempo la necessità di utilizzare questi giorni per “consentire che il massimo degli aiuti umanitari” raggiunga coloro che ne hanno bisogno.“Accolgo con tutto il cuore l’accordo raggiunto”, ha dichiarato in mattinata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Che ha subito indicato l’urgenza di sfruttare al meglio l’opportunità: “La Commissione europea farà tutto il possibile per sfruttare questa pausa per un’azione umanitaria a Gaza. Ho chiesto al Commissario Janez Lenarčič di aumentare ulteriormente le spedizioni a Gaza il più rapidamente possibile per alleviare la crisi umanitaria”.Il commissario sloveno, responsabile per la Gestione delle crisi, ha informato sull’azione Ue dal Parlamento europeo di Strasburgo: finora 15 aerei carichi di cibo, medicine e materiale da campo hanno già raggiunto l’Egitto e “altri sono in allestimento”. L’accordo di questa notte potrà facilitare l’accesso umanitario, che dall’inizio del conflitto è stato “estremamente complicato” e “inadeguato”. Dal varco di Rafah, al confine con l’Egitto, sono entrati nella Striscia meno di 50 camion al giorno, e la scorsa settimana “per diversi giorni neanche uno”.Nell’enclave palestinese mancano non solo cibo e acqua, ma anche medicine, anestetici, e soprattutto carburante. Secondo le stime delle Nazioni Unite, l’assistenza alimentare distribuita finora copre solo il 10 per cento del fabbisogno quotidiano di ciascun individuo, e i 120 mila litri di carburante che Israele si è detta disposta a lasciar entrare a Gaza non bastano: “Coprono solo un terzo del bisogno giornaliero – ha commentato Lenarčič -, il carburante è vitale per far funzionare gli ospedali e per l’acqua potabile”.L’Alto rappresentante Ue Borrell: a Gaza “un disastro causato dall’uomo”All’emiciclo di Strasburgo è intervenuto anche l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che ha garantito che l’Ue “farà la sua parte” nel garantire “quanto più aiuto necessario ai civili palestinesi” durante queste 96 ore di tregua. Il capo della diplomazia europea ha voluto sottolineare che quel che sta accadendo a Gaza non è un “disastro naturale, ma un disastro causato dall’uomo e da un embargo che non permette l’accesso di aiuti umanitari“.Borrell, che la settimana scorsa si è recato a Tel Aviv e a Ramallah, ha ammesso la difficoltà di rappresentare i 27 Stati membri in questa vicenda, “perché in diverse occasioni non si sono allineati”. La prova lampante è stata la risoluzione dell’Onu del 27 ottobre scorso, che chiedeva una tregua umanitaria nel conflitto, in cui i Paesi Ue si sono spaccati. Per l’Alto rappresentante “dovrebbe essere possibile riconoscere il diritto di autodifesa di Israele e essere indignati per quello che sta accadendo alla popolazione di Gaza e della Cisgiordania, dovrebbe essere possibile difendere i diritti dei palestinesi senza che questo comporti essere definiti antisemiti, dovrebbe essere possibile criticare le politiche del governo israeliano senza che questo porti all’accusa di odio verso gli ebrei”.
    Egitto e Qatar mediano l’accordo che prevede il rilascio di 50 donne e bambini rapiti da Hamas il 7 ottobre, in cambio della liberazione di 150 prigionieri politici palestinesi. L’Ue pronta a sfruttare i quattro giorni di tregua per distribuire gli aiuti a Gaza

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    Da Parigi l’Unrwa fa il punto della situazione a Gaza e chiede più fondi. Michel: “Rendiamo omaggio al lavoro dell’Onu”

    Bruxelles – Il Commissario generale dell’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini, si è rivolto direttamente ai rappresentanti di oltre 50 Paesi, ai leader dell’Unione europea, a diverse Ong e istituti finanziari di sviluppo: dalla conferenza internazionale sugli aiuti umanitari a Gaza, ospitata da Emmanuel Macron a Parigi, ha lanciato l’appello per un flusso robusto e continuo di aiuti internazionali e per maggiori fondi per l’agenzia, “ultimo barlume di speranza” a Gaza.Le richieste di Lazzarini sono quattro. Prima di tutto “un cessate il fuoco umanitario, insieme al rigoroso rispetto del diritto umanitario internazionale”, perché le migliaia di bambini vittime dei bombardamenti israeliani “non possono essere un danno collaterale” e perché “limitare fortemente acqua, cibo e medicinali è una punizione collettiva”. In secondo luogo “un flusso significativo e continuo di aiuti umanitari, compreso il carburante”: il numero dei convogli che hanno finora attraversato il varco di Rafah è “palesemente inadeguato” per coprire le necessità della popolazione stremata e c’è bisogno di “ripristinare i servizi municipali come la gestione dell’acqua e dei rifiuti”, oltre che di “riaprire le linee commerciali, in modo che negozi e rivenditori possano ricostituire le proprie scorte”.Il Presidente francese Emmanuel Macron e il Commissario generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)L’Unrwa stessa si trova con l’acqua alla gola: ringraziando i Paesi che hanno annunciato nuovi contributi nelle ultime settimane, Lazzarini ha ammesso che “potrebbe non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno“. Sono 5 mila i dipendenti che continuano a gestire cliniche, distribuire pane e acqua e fornire supporto psicosociale nei rifugi delle Nazioni Unite. Tutti servizi che “corrono il rischio di essere interrotti”. Recentemente l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, ha annunciato la mobilitazione di 10 milioni ulteriori dalle casse comunitarie all’Agenzia Onu, che si aggiungono agli 82 milioni di euro già versati a febbraio 2023.Infine il Commissario generale ha evidenziato la necessità di guardare già al “giorno dopo”, ad una reale prospettiva di uno Stato palestinese, “fondamentale per stabilizzare la regione” e “nell’interesse di tutti, compreso Israele”.Il Primo Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammed Shtayyeh (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)Inviti raccolti dal presidente della Repubblica francese, che ha indicato i tre pilastri che devono stare alla base della mobilitazione europea in Medio Oriente: l’impegno umanitario, la questione della sicurezza e della lotta al terrorismo, il processo politico e la pace. All’Eliseo però, Israele e Palestina non si sono incontrate: c’era il primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammad Shtayyeh, ma nessun rappresentante di Tel Aviv. E il premier dell’Anp ha usato parole pesanti: “Israele sta chiaramente violando il diritto internazionale umanitario e commettendo crimini di guerra”, ha dichiarato, aggiungendo che “la sofferenza palestinese non è iniziata il 7 ottobre, ma va avanti da 75 anni”. Dalla Nakba del 1948, lo sfollamento imposto a milioni di palestinesi per la creazione dello Stato di Israele. Per questo “la soluzione è porre fine all’occupazione, porre fine alle colonie”, ha ribadito Shtayyeh.Hanno partecipato alla conferenza anche i due pesi massimi delle istituzioni europee, Charles Michel e Ursula von der Leyen. Il presidente del Consiglio europeo ha voluto “rendere omaggio all’impegno delle Nazioni Unite e delle sue agenzie”, ricordando che l’Unrwa conta tra le sue fila 99 vittime dei bombardamenti israeliani, il numero più alto mai registrato di lavoratori Onu morti in un conflitto. Confermato il sostegno ai partner del Medio Oriente – l’Egitto e la Giordania in prima linea- nella ricerca di una de-escalation regionale. E all’Autorità Nazionale Palestinese quale unica autorità “legittima e credibile” verso la soluzione dei due Stati. “Continueremo a sostenervi e a sostenere tutti gli sforzi per garantire che possiate essere in grado di lavorare con noi e con gli altri affinché esista effettivamente un piano di pace per la regione”, ha promesso Michel a Shtayyeh.Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alla Conferenza internazionale umanitaria a ParigiLa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fatto il punto di come si sta muovendo l’esecutivo Ue per fornire aiuti alla popolazione di Gaza: “La maggior parte dei nostri carichi ha già raggiunto Gaza con i camion, attraverso il valico di frontiera di Rafah. Ma come hanno detto quasi tutti qui, i volumi rimangono troppo piccoli per far fronte agli enormi bisogni umanitari”, ha sottolineato. Dal 16 ottobre l’Ue ha inviato circa 320 tonnellate di materiale di prima necessità in Egitto, quadruplicando nel contempo i fondi umanitari destinati alla popolazione palestinese. “Anche se sosteniamo pienamente l’aumento della capacità degli aiuti forniti attraverso Rafah – e questa è la nostra prima priorità –, dobbiamo anche considerare con urgenza ulteriori rotte”, ha suggerito von der Leyen, che sta lavorando con i governi di Grecia e Cipro per la creazione di un corridoio marittimo. “Penso che ciò garantirebbe un flusso di aiuti duraturo, regolamentato e robusto”, ha concluso la leader Ue.
    L’allarme del Commissario generale Lazzarini: “Potremmo non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno”. Alla conferenza umanitaria presente il premier dell’Autorità Palestinese, che attacca Israele: “Sta commettendo crimini di guerra, la soluzione è porre fine alle colonie”

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    Von der Leyen chiama Washington contro Putin e Hamas: “L’Europa e gli Stati Uniti insieme per plasmare il futuro”

    Bruxelles – “È nostro dovere che l’Europa e gli Stati Uniti contribuiscano a plasmare la storia del futuro“: nel think-tank fortino dei conservatori americani, quell’Hudson Institute che fu presieduto tra gli altri da Ronald Reagan, l’invettiva della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è un ritorno a quella retorica atlantista di opposizione tra il bene e il male, tra l’Occidente democratico e le forze autocratiche.A Washington per il vertice Ue-Usa con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e Joe Biden, von der Leyen è stata invitata da John Walters, presidente dell’Hudson Institute, a tenere un discorso sugli stravolgimenti geopolitici degli ultimi tempi, dalla guerra in Ucraina al riaccendersi della questione israelo-palestinese. “Gli eventi delle ultime settimane in Medio Oriente e degli ultimi anni nell’Europa dell’Est dimostrano che la lotta che l’Europa e gli Stati Uniti hanno combattuto negli ultimi settant’anni non è mai scomparsa”, ha esordito la leader Ue, citando Reagan e il suo impegno per la riunificazione della Germania alla fine degli anni ’80:  “Credeva che la comunità atlantica fosse la casa della democrazia”, l’ha omaggiato von der Leyen.Le crisi in Ucraina e in Israele, “per quanto diverse, chiedono all’Europa e all’America di prendere posizione e di restare unite”, ha proseguito. Perché così come Putin “vuole cancellare l’Ucraina dalla carta geografica”, Hamas, “sostenuto dall’Iran”, vuole cancellare Israele. Per von der Leyen “la Russia e Hamas sono simili”, perché entrambi hanno “deliberatamente cercato civili innocenti, compresi neonati e bambini, per ucciderli e prenderli in ostaggio”. Una barbarie che rischia di “diffondersi dall’Europa, al Medio Oriente e all’Indo Pacifico”, vola a “sovvertire l’ordine esistente”. L’ordine per il cui “mantenimento e creazione sono state sacrificate tante vite nei nostri continenti”.Per questo “tocca” ancora una volta “a noi occidentali” contribuire alla vittoria dell’Ucraina e alla de-escalation nella polveriera medio orientale. A Kiev le due sponde dell’Atlantico hanno già assicurato 90 miliardi di dollari, di cui 27 miliardi in assistenza militare. In Medio Oriente “l’instabilità può essere contenuta” facilitando il dialogo tra Israele e i suoi vicini: “Questo periodo di guerra deve essere anche un momento di diplomazia implacabile”, ha dichiarato von der Leyen. Sull’Ucraina la leader Ue è convinta che debba essere rispolverata la strategia della “deterrenza”, l’idea di “fornire l’equipaggiamento militare necessario per scoraggiare futuri attacchi russi”. Per farlo, è necessario aumentare la spesa per la difesa e alimentare l’industria bellica. In sinergia con gli Stati Uniti, “il nostro più antico e forte alleato”.La retorica è dura, con toni militaristi: Ue e Usa devono difendere oggi più che mai quell’ordine di pace conquistato insieme nella seconda guerra mondiale, quando “la democrazia vinse sul fascismo e sull’autocrazia”. Ecco perché Washington non deve tentennare sul rinnovo al sostegno militare e finanziario a Kiev, così come non lo farà Bruxelles. Perché è qui che viene fuori “il meglio del partenariato transatlantico, una partnership per la libertà, la pace e la prosperità”.
    Nel suo discorso all’Hudson Institute, la presidente della Commissione europea lancia l’appello all’alleato a stelle e strisce: “Gli Stati Uniti rinnovino il sostegno finanziario e militare a Kiev”. E accusa il Cremlino: “Russia e Hamas sono simili”

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    Von der Leyen sostiene l’ordine israeliano di evacuare Gaza. L’Onu chiede di revocarlo: “Sarebbe un disastro”

    Bruxelles – “So che la risposta di Israele dimostrerà che è una democrazia”. Con queste parole, pronunciate da Tel Aviv mentre a Gaza più di un milione di persone in condizioni disperate devono decidere se lasciare la propria casa o restare, Ursula von der Leyen ribadisce la posizione ufficiale della Commissione europea: Israele ha il diritto di difendersi, senza se e senza ma.Nel suo discorso al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, nessun riferimento al taglio dei beni di prima necessità imposto alla popolazione di Gaza, in violazione del diritto internazionale umanitario. Nessun accenno alle oltre 1.800 vittime – e 6 mila feriti- dei bombardamenti israeliani sull’enclave palestinese. La presidente della Commissione europea, in Israele oggi (13 ottobre) insieme alla numero uno dell’Eurocamera, Roberta Metsola, ha dichiarato ancora una volta che “l’unico responsabile per quello che sta accadendo è Hamas”. Ed è solo a causa delle azioni terroristiche palestinesi che ora Gaza sta vivendo l’inferno.Ursula von der Leyen e Roberta Metsola al kibbutz di Kfar Azza, dove Hamas ha massacrato oltre 100 civili israelianiMa sull’ordine di evacuazione emanato dalle autorità israeliane ieri sera, è scontro con il capo della diplomazia europea, Josep Borrell. Da un lato il portavoce dell’esecutivo Ue, Eric Mamer, ha avallato l’azione di Tel Aviv perché “i civili devono essere avvertiti su operazioni militari in arrivo, così da poter andare via, e questo è quello che Israele ha fatto”. Dall’altro l’Alto rappresentante Ue, in una conferenza stampa a Pechino con il ministro degli Esteri cinese, ha definito “sicuramente irrealistica” l’idea che “un milione di persone possa spostarsi in 24 ore”. Borrell si è schierato ancora una volta con il segretario generale delle Nazioni Unite, rilanciando il suo appello a revocare l’ordine di evacuazione, che “potrebbe trasformare quella che è già una tragedia in un disastro”.All’allarme lanciato da Antonio Guterres e Josep Borrell si è unito anche il Norwegian Refugee Council, organizzazione umanitaria attiva sul territorio: “La richiesta militare israeliana che 1,2 milioni di civili nel nord di Gaza si trasferiscano nel sud entro 24 ore, in assenza di qualsiasi garanzia di sicurezza o ritorno, equivarrebbe al crimine di guerra di trasferimento forzato”, è la denuncia che arriva dall’Ong, secondo cui “ci sono innumerevoli persone nelle zone settentrionali che non hanno i mezzi per trasferirsi in sicurezza sotto la costante raffica di fuoco” israeliano.Ma per Metsola e von der Leyen, definite dal presidente di Israele Isaac Herzog due “grandi combattenti per la moralità, la dignità e i diritti umani”, la comunità internazionale sta prendendo un abbaglio. Perché quello che sta succedendo a Gaza è che “Hamas sta usando i civili come scudi umani, bloccandoli e non permettendogli di andarsene, per proteggere le sue vili intenzioni militari”. Per questo le Nazioni Unite dovrebbero sostenere “con chiarezza l’immediata rimozione dei civili in un’altra area in modo che si possa continuare a combattere per lo Stato di Israele sotto la legge internazionale”, ha chiesto Herzog in una dichiarazione con le due leader Ue.Palazzi sventrati dai bombardamenti israeliani a Gaza (Photo by Yahya HASSOUNA / AFP)Una risposta esplicita l’ha data il ministro degli Esteri cinese, Yi Wang, durante il punto stampa a Pechino con Borrell. “La Palestina è in una situazione umanitaria critica, che si sta rapidamente deteriorando. La Cina condanna tutti gli atti che colpiscono i civili contro le leggi internazionali”, ha dichiarato Wang. Il messaggio che arriva dalla Cina, membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, è chiaro: “Tutti i Paesi terzi rilevanti devono mantenere la calma, rimanere oggettivi e giusti, lavorare per la de-escalation e evitare di causare maggiore spargimento di sangue”.Metsola e von der Leyen hanno portato in Israele la posizione delle istituzioni a cui fanno capo, ma a ben vedere non è proprio così. Dall’Eurocamera la leader dei Socialisti e democratici (S&d), Iratxe Garcia Perez – che fa parte della cosiddetta “maggioranza Ursula” – si è unita all’appello della comunità internazionale, definendo l’evacuazione di Gaza “pericolosa e irrealistica“. Anche nel gabinetto von der Leyen non sono tutti d’accordo: sta con Borrell il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, che ha ribadito con un tweet che “i civili devono essere protetti” e che “le infrastrutture critiche non devono essere colpite”.Sicuramente le due leader non parlano a nome della terza istituzione dell’Unione europea: rispetto alla commemorazione di due giorni fa per le vittime israeliane di Hamas, oggi a Tel Aviv non era presente con loro il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Non erano presenti i 27 Paesi Ue.
    Da Pechino l’Alto rappresentante Ue Borrell rilancia l’appello delle Nazioni Unite: è “sicuramente irrealistico pensare che un milione di persone possano spostarsi in 24 ore”. Ma dalla Commissione europea l’ok a Israele che “ha avvertito i cittadini dell’operazione militare in arrivo”

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    L’Ue contro l’inquinamento da plastica nelle Filippine, von der Leyen lancia l’iniziativa da 466 milioni di euro

    Bruxelles – Combattere la grave crisi ambientale che porta le Filippine a essere uno dei principali produttori al mondo di rifiuti da plastica. E’ nel quadro del suo viaggio a Manila per incontrare il presidente Ferdinand Marcos e rilanciare un dialogo commerciale, che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato oggi (31 luglio) che insieme agli Stati membri Ue finanzieranno con 466 milioni di euro un’iniziativa per l’economia green locale per attuare un modello alternativo di gestione dei rifiuti di plastica, portando a catene del valore della plastica più sostenibili e a una riduzione dei rifiuti, anche quelli marini.

    We are also joining forces to fight climate change.
    Today we launch the Global Gateway initiative on the Green Economy.#TeamEurope will provide €466 million in financing, as well as expertise, for the transition to a circular economy and the production of clean energy. pic.twitter.com/SMZqPprmEk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 31, 2023

    La missione annunciata oggi è parte di Global Gateway, l’iniziativa di investimento globale da 300 miliardi di euro che la Commissione europea ha lanciato nel 2021 come strategia di soft power alternativa alla Via della Seta della Cina. In stretta collaborazione con le autorità locali, l’iniziativa annunciata contribuirà a sviluppare una politica di economia circolare, in particolare per affrontare il gravoso problema dei rifiuti di plastica, a integrazione della strategia nazionale per combattere i rifiuti marini.
    Il problema rifiuti nelle Filippine
    Il perché dell’iniziativa europea lo spiegano con chiarezza i dati sui rifiuti da plastica riportati da Our World in Data, secondo cui nel 2019 la popolazione filippina di 114 milioni di persone produceva oltre un terzo di tutti i rifiuti plastici oceanici del mondo, con 3,3 chilogrammi pro capite di rifiuti da plastica certificati nel 2019. Il Paese negli ultimi decenni ha osservato un aumento esponenziale di inquinamento da plastica dopo che il boom economico e la crescita della classe media hanno contribuito a stimolarne l’economia. Nel 2023, il governo ha approvato una legge per combattere l’inquinamento da plastica, che introduce la responsabilità estesa del produttore, ovvero obbliga i produttori di imballaggi in plastica ad assumersi la piena responsabilità per l’intero ciclo di vita dei loro prodotti, compresa la gestione dei rifiuti.
    Bruxelles spiega in una nota che l’iniziativa di investimento svilupperà una piattaforma di dialogo politico a livello governativo per promuovere i principi dell’economia circolare, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Ci sarà un potenziamento delle capacità per il Dipartimento dell’Energia e altre parti interessate chiave per sostenere l’agenda dell’energia pulita. Saranno individuati nuovi investimenti del settore energetico privato incentrati sulla mitigazione del cambiamento climatico. Dopo l’annuncio fatto oggi da von der Leyen, questo progetto sarà presentato anche al Global Gateway Forum che si terrà a Bruxelles il 25-26 ottobre.
    Nello specifico, questa iniziativa riunisce Commissione europea, Francia, Spagna, Germania e Finlandia. Austria, Paesi Bassi e Svezia contribuiranno con competenze e trasferimento tecnologico. Il contributo di Team Europe all’iniziativa è di 466 milioni di euro, con 64 milioni dei quali provenienti dal bilancio comunitario mentre gli Stati membri dell’Ue contribuiscono con i finanziamenti rimanenti e contribuiranno anche con competenze. “Investiremo nella transizione verso un’economia circolare e nella generazione di energia verde. E forniremo anche competenze, formazione e trasferimenti di tecnologia, perché questo è il modo per potenziare le comunità locali, ed è ciò che interessa all’Ue”, commenta von der Leyen. “Insieme alle autorità filippine stiamo sviluppando una politica per un’economia circolare. Una riduzione dei rifiuti di plastica e delle catene del valore sostenibili della plastica avranno un impatto positivo sulla popolazione locale, poiché ci sarà meno inquinamento da rifiuti sulla terraferma, nei fiumi e nel mare”, ha ricordato Jutta Urpilainen, commissaria per i partenariati internazionali.

    A Manila per incontrare il presidente Ferdinand Marcos e rilanciare un dialogo commerciale, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato che insieme agli Stati membri Ue finanzieranno un’iniziativa per l’economia green delle Filippine, contribuendo alla lotta contro l’inquinamento da plastica

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    L’accordo con la Tunisia sulla gestione dei migranti è a un passo. Tajani: “Martedì 27 la firma”

    Bruxelles – La firma del memorandum d’intesa tra l’Ue e Tunisi potrebbe arrivare già domani. L’accordo sarebbe stato trovato oggi (26 giugno) al Consiglio Affari Esteri a Lussemburgo, con il testo inviato dalle autorità tunisine e approvato dal commissario Ue per l’allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi. A riverlarlo, un soddisfattissimo Antonio Tajani: “Domani Várhelyi sarà a Tunisi per la firma”, ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri a margine del vertice.
    L’azzurro rivendica i propri meriti – “ho parlato questa mattina con il ministro degli Esteri tunisino e poco dopo è arrivato il testo dell’accordo”- e quelli del governo Meloni, che per primo ha posto con urgenza la questione della stabilità politica tunisina in chiave sicuritaria e di gestione dei flussi migratori, e che sta interpretando il ruolo di mediatore tra Bruxelles e l’autoritario presidente Kais Saied. Le premier italiana aveva tra l’altro manifestato il desiderio di vedere firmato il memorandum d’intesa prima del Consiglio europeo del 29-30 giugno dal momento che, come sottolineato dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, il pacchetto di partenariato globale dovrà in ogni caso essere approvato dagli Stati membri.
    Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied, Giorgia Meloni
    La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una lettera indirizzata ai 27 capi di stato e di governo in vista del vertice, ha confermato che il commissario Várhelyi “finalizzerà a breve un memorandum d’intesa con la Tunisia“, che dovrà fare da “modello” per “partenariati simili in futuro”. La partnership disegnata durante la missione a Tunisi di von der Leyen, Meloni e il suo omologo olandese, Mark Rutte, prevede una maggiore cooperazione su sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. Dei cinque pilastri dell’accordo, sembra giocarsi tutto sull’equazione tra sviluppo economico – in sostanza assistenza finanziaria a Tunisi – e gestione dei flussi migratori. C’è anche un terzo termine, con tutti dubbi e le perplessità del caso. Borrell ha ricordato a margine del Consiglio Affari Esteri che “il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e trattamento dignitoso di tutti i migranti”.
    L’Ue è infatti pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. I restanti 900 milioni di assistenza microfinanziaria rimarrebbero invece vincolati alla firma dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), congelato ormai da mesi a causa del rifiuto di Saied di avviare una serie di riforme impopolari previste per sbloccare il finanziamento. In cambio, Bruxelles chiede in sostanza a Saied di continuare a fermare le partenze dei barconi e di trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia. Borrell ha aggiunto un termine importante all’equazione: “Il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e il trattamento dignitoso di tutti i migranti”, ha avvertito a margine del Consiglio Affari Esteri.
    Proteste a Sfax contro la presenza di migranti subsahariani. A destra una donna con uno striscione che recita: “Non siamo razzisti ma la sicurezza è la nostra priorità” (Photo by HOUSSEM ZOUARI / AFP)
    Il gioco al rialzo di Saied, che nonostante gli incontri degli ultimi mesi con diversi leader Ue continua a dichiarare pubblicamente che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese” sembra funzionare, e il presidente tunisino ha trovato nell’Italia un ottimo compagno di squadra per fare cassa il più possibile. Anche oggi Tajani si è detto speranzoso che i 105 milioni dall’Ue per la gestione dei confini siano seguiti da una seconda tranche, e ha espresso fiducia sulla “flessibilità del Fondo monetario internazionale”, che sarebbe emersa durante gli ultimi colloqui tra l’Italia e la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva.
    Intanto però, dopo mesi in cui proprio Saied ha soffiato sul fuoco dell’intolleranza verso i migranti subsahariani, in Tunisia sono scoppiate le polemiche per il possibile accordo con l’Unione europea. A Sfax, città portuale da dove partono la maggior parte dei barconi diretti verso le coste italiane, da qualche giorno infuriano le proteste per la presenza di migranti irregolari, sfociate anche in episodi di violenza tra la popolazione locale e gli stranieri.

    Secondo il vicepremier italiano domani il commissario Ue Várhelyi sarà a Tunisi per la firma. In una lettera ai 27 capi di stato e di governo, von der Leyen conferma “l’accordo a breve”. Assistenza finanziaria, scambi e investimenti, energie rinnovabili e gestione dei flussi migratori i cinque pilastri. Pronti 105 milioni per il controllo delle coste

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    Von der Leyen e Macron insieme in Cina, ma la leader Ue avrà un bilaterale con Xi Jinping

    Bruxelles – Con Macron e senza Macron. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, giovedì partirà alla volta di Pechino assieme al capo di Stato francese per una serie di incontri con le autorità del partner asiatico. Ma, oltre al previsto trilaterale con il presidente Xi Jinping, la leader dell’esecutivo Ue si intratterrà per un faccia a faccia bilaterale.
    Come ha suggerito di recente ai 27 anche il segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, uno strappo con la Repubblica Popolare sarebbe un rischio enorme, visto il ruolo da ago della bilancia che Xi Jinping sta interpretando dopo lo sconquasso geopolitico provocato dalla guerra russa in Ucraina. Ecco perché, dopo la rinnovata dichiarazione di amicizia e partnership sino-russa e il piano di pace sostenuto dalla Cina, per l’Ue non c’è tempo da perdere: per non tornare da Pechino a mani vuote, von der Leyen sta pianificando nei dettagli la delicata missione.
    Ursula von der Leyen e Emmanuel Macron all’Eliseo, 03/04/23 [Ph Twitter Ursula von der Leyen]Dopo l’incontro con Macron all’Eliseo nella giornata di ieri, in cui i due hanno “condiviso le analisi sui punti chiave da sollevare con il presidente Xi”, oggi (4 aprile) la leader Ue ha ascoltato le ragioni di Volodymyr Zelensky.  In seguito alla telefonata con il presidente ucraino, necessaria per “la preparazione del viaggio”, von der Leyen ha ribadito in un tweet che “l’Ue vuole una pace giusta che rispetti la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
    È evidente che le preoccupazioni per la scelta di campo di Xi Jinping siano in cima alla lista dei temi da affrontare a Pechino: pochi giorni fa, nel suo discorso al Mercator Institute for China Studies e all’European Policy Centre, von der Leyen ha affermato chiaramente che il modo in cui Pechino si rapporterà sul fronte della guerra in Ucraina “sarà un fattore determinante per le relazioni con l’Ue in futuro”. Concetto ribadito questa mattina dall’Alto rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, secondo cui la posizione della Cina sulla guerra russa “determinerà la qualità dei nostri rapporti”. Borrell ha fatto sapere, a margine dell’incontro avuto a Bruxelles con il segretario di stato americano Antony Blinken, che si recherà anche lui a Pechino la prossima settimana.
    Ma l’Ue è consapevole che raggiungere un nuovo equilibrio con la Cina è necessario anche per la propria prosperità economica. “Non è fattibile, né nell’interesse dell’Europa sganciarsi dalla Cina”, ha ammesso la presidente della Commissione: il gigante asiatico è per l’Ue un partner commerciale che rappresenta il 9 per cento delle esportazioni e più del 20 per cento delle importazioni, e che detiene sostanzialmente il monopolio della fornitura di materie prime strategiche per l’ambiziosa transizione verde europea. L’Ue dipende infatti dalla Cina per il 98 per cento delle forniture di terre rare, il 93 del magnesio e il 97 del litio.
    È probabile che con Xi Jinping si discuterà ampiamente di competitività industriale e di come riequilibrare le relazioni “sempre più influenzate dalle distorsioni create dal sistema capitalistico statale cinese“. Prima del vertice a tre con Xi e Macron, che si terrà nel tardo pomeriggio, von der Leyen incontrerà a tal proposito il presidente della Camera di commercio Ue-Cina, Joerg Wuttke, e rappresentanti di diverse aziende europee con base nel Paese. E sarà ospite a un pranzo di lavoro con Li Qiang, capo del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare.

    I had a phone call with President @ZelenskyyUa ahead of my visit to China.
    Ukraine will be an important topic of my meetings with President Xi and Premier Li.
    The EU wants a just peace that respects Ukraine’s sovereignty and territorial integrity.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) April 4, 2023

    Giovedì la missione congiunta Bruxelles-Parigi. Prima del vertice a tre e del faccia a faccia con il presidente della Repubblica Popolare, von der Leyen incontrerà il capo del Consiglio di Stato cinese e rappresentanti della Camera di commercio Ue-Cina. L’Ucraina in cima alla lista: oggi telefonata con Zelensky per “preparare il viaggio”

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    Transizione energetica e sicurezza alimentare, per von der Leyen “la partnership con l’Africa è più importante che mai”

    Bruxelles – La partnership tra i 27 Paesi Ue e l’Unione Africana “è oggi più importante che mai”. Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato il valore dell’undicesimo Commission-to-Commission meeting con il suo omologo dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, tenutosi oggi (28 novembre) a Bruxelles.
    L’ultimo incontro era stato l’Ue-Ua summit del 17-18 febbraio scorso, due giorni prima dell’inizio della guerra d’aggressione russa in Ucraina: durante quel vertice, von der Leyen aveva annunciato la mobilitazione di 150 miliardi di euro per il programma Africa-Europa, finanziati sotto l’ombrello del Global Gateway Investment. Poi la reazione a catena provocata dalla guerra, con la minaccia ingombrante delle crisi alimentare ed energetica.
    Moussa Faki Mahamat e Ursula von der Leyen
    Nel bilaterale di oggi tra von der Leyen e Faki, la sicurezza alimentare e l’energia l’hanno fatta da padrona: la presidente della Commissione si è detta pronta a “mobilitare più di 4,5 miliardi di euro fino al 2024” per garantire un’assistenza immediata di generi alimentari, ma anche “per migliorare e aumentare la produzione sul continente africano con tecnologie moderne”. Su quest’ultimo punto, i due leader si sono accordati oggi per lanciare una nuova task force congiunta sui fertilizzanti, per coordinare gli investimenti con l’obiettivo di rendere le nuove generazioni di fertilizzanti accessibili e convenienti sul territorio africano.
    Lo stesso principio, quello del supporto Ue allo sviluppo del know-how necessario alla produzione locale, vale anche per l’energia: “l’Africa potrebbe diventare il maggior esportatore di energia pulita del mondo”, ha dichiarato von der Leyen, sottolineando l’opportunità che la transizione energetica potrebbe rappresentare per un continente che possiede “un’enorme abbondanza di risorse per l’energia pulita”, che garantirebbero a più di 600 milioni di africani che vivono senza elettricità, “l’accesso a energia prodotta in casa”.
    Il terzo focus dell’incontro tra i due presidenti è stata l’effettiva implementazione delle priorità comuni: lo strumento finanziario da 150 miliardi è operativo e, come ribadito in mattinata anche dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, “è stato fatto tutto in modo da evitare che l’Africa paghi le conseguenze della guerra in Ucraina dal punto di vista delle risorse Ue”, che significa che “nessun euro allocato per l’Africa finirà in Ucraina”. Bruxelles ha già firmato delle partnership con Namibia e Egitto, a margine della COP27 di Sharm el-Sheik, per la produzione di idrogeno verde e sarebbe pronta a siglare “un nuovo accordo finanziario per 750 milioni di euro” da investire in progetti di digitalizzazione, infrastrutture e trasporti, che secondo Moussa Faki Mahamat sono “la chiave per lo sviluppo economico e sociale del continente”.
    Ma il progresso economico, in Africa passa per forza anche dalla giustizia climatica: il presidente dell’Unione Africana ha salutato con favore l’istituzione del fondo “loss&damage” per compensare i danni dei cambiamenti climatici nei Paesi più colpiti, ma si è detto preoccupato perché “troppo spesso le promesse non sono state mantenute”. Moussa Faki ha ricordato i 100 miliardi in aiuti economici ai Paesi più poveri, su cui la comunità internazionale si era impegnata alla COP15 di Copenaghen nel 2009, che ancora non sono arrivati.

    A Bruxelles l’incontro con il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat: pronti 4,5 miliardi per l’assistenza alimentare e una nuova task force congiunta sui fertilizzanti. Si è parlato anche di crisi energetica, per von der Leyen “l’Africa potrebbe diventare il maggior esportatore di energia pulita al mondo”