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    Il Grand Tour cinese. In due settimane Sanchez, Macron e von der Leyen in visita a Pechino

    Bruxelles – Due settimane di intensi sforzi diplomatici per non far scappare la Cina dal dialogo con i Ventisette e cercare di spingere un’intesa per mettere pressione sulla Russia. Il colpo di coda della due-giorni di Consiglio Europeo ed Eurosummit all’insegna delle preoccupazioni sul blocco sino-russo è stato un triplice annuncio dei programmi del premier spagnolo, Pedro Sánchez, del presidente francese, Emmanuel Macron, e della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sulle rispettive visite a Pechino: una in solitaria di Sánchez, e l’altra del tandem Macron-von der Leyen, almeno “per una parte del viaggio”, ha puntualizzato l’inquilino dell’Eliseo.
    Il presidente francese, Emmanuel Macron (24 marzo 2023)
    Erano note da settimane le intenzioni di Macron di recarsi in visita in Cina verso la prima metà di aprile. L’annuncio alla stampa è arrivato dallo stesso presidente francese al termine del Consiglio Ue, che ha specificato il fatto di aver chiesto alla numero uno dell’esecutivo comunitario “di accompagnarmi in un pezzo della mia visita in Cina”. A strettissimo giro dalla comunicazione di Macron è seguita la conferma da parte dei portavoce della Commissione Europea (dal momento in cui non si è tenuta nessuna conferenza stampa in conclusione della vertice dei Paesi dell’Eurozona). La presidente von der Leyen si recherà in Cina con il presidente Macron nella prima settimana di aprile: “Giovedì prossimo terrà un discorso al Mercator Institute for China Studies e all’European Policy Centre sulle relazioni Ue-Cina”, mentre la visita a Pechino si terrà “la settimana successiva”, ha reso noto il portavoce-capo dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer. Dettagli e programma per la stampa arriveranno “a breve”.
    Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez (24 marzo 2023)
    Prima della trasferta congiunta di Macron e von der Leyen sarà Sánchez a essere ospite del presidente cinese, Xi Jinping, la prossima settimana. “È un viaggio a cui diamo la massima importanza”, ha confessato ai giornalisti lo stesso premier spagnolo in conferenza stampa, anticipando che “la guerra sarà oggetto delle discussioni a Pechino, analizzeremo in dettaglio la posizione cinese“. Perché se il piano di pace in 12 punti – che più che piano di pace ha tutti i tratti di un documento di posizione sullo scenario geopolitico secondo le lenti della potenzia orientale – è stato pesantemente criticato a livello Ue, è altrettanto vero che “la Cina è un attore globale, e la sua voce va ascoltata per vedere se, fra tutti noi, riusciamo mettere fine alla guerra“. Si partirà in particolare dai punti meno controversi, se non del tutto condivisibili, per cercare di influenzare la posizione del partner/competitor: rifiuto dell’uso di armi nucleari e il rispetto dell’integrità territoriale, sono i riferimenti espliciti di Sánchez.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (23 marzo 2023)
    Non cambia comunque il fatto che – come messo nero su bianco nelle conclusioni del vertice dei leader Ue nel capitolo sull’Ucraina – i Ventisette sostengono la formula di pace del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e continuano a lavorare con Kiev sul piano di pace in 10 punti, perché “riteniamo che possa garantire una pace duratura e giusta”, ha ribadito con forza il premier spagnolo. Dopo la strada aperta da Sánchez, saranno i leader di Commissione Ue e Francia a tentare di spingere Pechino verso un “impegno diretto a fare pressioni sulla Russia” nel mettere fine alla guerra in Ucraina. Tema al centro anche del confronto bilaterale di questa mattina tra Macron e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che solo cinque mesi fa era stato il primo tra i leader europei a recarsi in visita in Cina.
    Oltre alle discussioni sulla guerra russa in Ucraina (con la mancata condanna anche nell’ultima Risoluzione Onu e la recente visita di Xi Jinping all’autocrate russo, Vladimir Putin, a Mosca), tra i tre leader e la leadership di Pechino servirà anche un confronto sul piano economico e commerciale – in modo da non far alimentare l’isolamento cinese – soprattutto per quanto riguarda le materie prime critiche su cui l’Unione Europea ha iniziato un percorso assertivo per non trovarsi legata a un concorrente non allineato ai suoi stessi valori nel percorso verso la doppia transizione digitale e verde.

    Tra fine marzo e inizio aprile i tre leader saranno ospiti del presidente Xi Jinping per un “impegno diretto a fare pressioni sulla Russia” per mettere fine al conflitto in Ucraina. “A breve” i dettagli e il programma dei viaggi

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    La Commissione Ue organizzerà una conferenza per favorire il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia

    Bruxelles – Procede spedito l’impegno dell’Unione Europea per rispondere a quello che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha definito “un orribile promemoria del periodo più buio della nostra storia“. La deportazione dei bambini ucraini in Russia. Nel corso della conferenza stampa di chiusura del Consiglio Europeo del 23 marzo, la leader dell’esecutivo comunitario ha menzionato questo argomento, “che per me è particolarmente importante”, come punto saliente delle discussioni tra i leader Ue sul capitolo Ucraina, annunciando la decisione di organizzare una Conferenza in collaborazione con il premier della Polonia, Mateusz Morawiecki, e le autorità ucraine: “Siamo all’inizio di un duro lavoro”.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (23 marzo 2023)
    Sottolineando con sdegno l’indicibilità di quanto sta accadendo nei territori occupati dall’esercito russo – “una deportazione di bambini” – la presidente von der Leyen ha fornito i dati raccolti da organizzazioni internazionali e servizi della Commissione: “A oggi 16.200 bambini ucraini sono stati deportati, solo 300 hanno fatto ritorno“. Un vero e proprio “crimine di guerra”, di cui l’autocrate russo, Vladimir Putin, e la commissaria per i Diritti dei bambini della presidenza, Maria Lvova-Belova, sono i primi responsabili: “Queste azioni criminali giustificano completamente il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale”, emesso venerdì scorso (17 marzo) e appoggiato esplicitamente anche nelle conclusioni del Consiglio Europeo.
    Da parte delle istituzioni comunitarie c’è la spinta per dare un contributo nella risposta alla “tragedia” dei bambini ucraini rapiti e deportati in Russia, per quanto possibile. Dopo il lancio dell’iniziativa della Commissione Ue e del governo polacco, che si pone l’obiettivo di “portare indietro questi bambini”, sarà organizzata una conferenza di cui ancora non si conoscono i dettagli su luogo e data. Ciò che invece ha messo in chiaro la presidente von der Leyen è che “dovremo mettere insieme la pressione internazionale per prendere tutte le misure possibili per avere dettagli su questi bambini“. Da Bruxelles questo lavoro andrà a sostegno delle organizzazioni internazionali “rilevanti” che hanno necessità di “più e migliori informazioni sui bambini ucraini deportati in Russia, anche quelli che sono stati anche adottati da famiglie russe”. A sua volta la numero uno della Commissione Ue ha voluto ringraziare il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres – intervenuto in apertura del vertice dei leader Ue – “per aver offerto il supporto delle agenzie Onu, perché hanno un significativa esperienza su questa materia complessa”.

    “We know that 16,200 children have been abducted by Russia.
    This is a war crime. A horrible reminder of the darkest times in our history.
    Together with 🇵🇱 PM @MorawieckiM, we will launch an initiative aimed at bringing them back.”
    — President @vonderleyen#StandWithUkraine pic.twitter.com/aTt9cNXjBO
    — European Commission (@EU_Commission) March 24, 2023

    Le deportazioni di bambini ucraini in Russia
    Bambine a Irpin, Ucraina (credits: Sergei Supinsky / Afp)
    Dopo le stime fornite dalla presidente von der Leyen, si inizia ad avere un quadro più preciso sulla situazione dei bambini ucraini rapiti e deportati in Russia. Va considerato anche il report pubblicato in collaborazione tra l’Università di Yale e il programma ‘Conflict Observatory’ del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (istituito nel maggio dello scorso anno per documentare i crimini di guerra commessi o favoriti dall’esercito russo in Ucraina), che indica almeno seimila bambini ucraini – di età compresa tra i quattro mesi e i 17 anni – trattenuti in 43 campi di rieducazione in Russia e in Crimea, dove si terrebbero ‘programmi di integrazione’ prima dell’adozione di famiglie russe.
    Non solo indottrinamento alla “visione del governo russo della cultura nazionale, della storia e della società”, ma anche addestramento militare. Tutte violazioni della Convenzione dei diritti dell’infanzia del 1989: dal rapimento di bambini durante un conflitto armato fino al trasferimento oltre i confini nazionali e la custodia prolungata senza il consenso esplicito dei tutori. Questi ‘programmi di integrazione’ risponderebbero al tentativo su larga scala di Mosca di russificare le regioni occupate in Ucraina, mentre il conflitto si trascina da un anno e un mese.

    Lo ha annunciato la presidente Ursula von der Leyen, come seguito dell’iniziativa lanciata con il premier polacco, Mateusz Morawiecki: “A oggi ne sono stati rapiti 16.200 e solo 300 hanno fatto ritorno”. L’obiettivo è raccogliere informazioni e supportare le organizzazioni internazionali

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    Von der Leyen strappa a Biden un impegno su sussidi verdi e minerali critici

    Bruxelles – Un incontro “molto positivo”, che per Ursula von der Leyen dovrebbe spianare la strada a un dialogo tra Ue e Usa sugli incentivi per le tecnologie verdi e a un più ampio accordo vincolante per consentire l’accesso al mercato statunitense delle materie prime critiche europee. Il viaggio della presidente della Commissione europea a Washington della scorsa settimana per incontrare il capo della Casa Bianca Joe Biden si è chiuso venerdì così, con una dichiarazione congiunta e un impegno a lavorare per una distensione delle tensioni sull’Inflaction Reduction Act (Ira), il piano di sussidi verdi da 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Biden per l’industria e la tecnologia pulita, che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese europee o costringerle alla delocalizzazione della produzione.
    Il dialogo sugli incentivi per l’energia pulita – si legge nella dichiarazione comune – servirà a coordinare “i rispettivi programmi di incentivi in ​​modo che si rafforzino a vicenda”, ovvero da una parte il Piano Ue per l’industria verde annunciato da von der Leyen e dall’altra l’Inflation Reduction Act di Biden. L’obiettivo si legge tra le righe ed è quello di evitare per quanto possibile la competizione industriale tra i due lati dell’Atlantico, soprattutto in chiave anti-Cina e alla sua corsa ai sussidi verdi. La presidente dell’Esecutivo comunitario ammette (e non è la prima volta) che l’IRA americana è un piano positivo per la transizione energetica globale perché consente un massiccio investimento verso l’energia verde che per Washington è inedito. Ma mentre l’Unione Europea fa da apripista livello mondiale in termini di strategia per ridurre le emissioni di carbonio, deve anche riuscire a evitare che l’impegno per la transizione verde di penalizzare l’industria o peggio, portare le industrie Ue a delocalizzare la produzione dove gli obiettivi climatici sono meno stringenti o i sussidi maggiori.

    On #IRA, two new major steps:
    → Starting on a critical raw materials agreement
    To secure strong supply chains for batteries in 🇪🇺 & ensure access to the 🇺🇸 market
    → Launching a dialogue on Clean Energy Incentives
    So our incentives reinforce each other rather than compete pic.twitter.com/xh6zWxGAMf
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 10, 2023

    Da quando l’amministrazione Biden ha presentato l’IRA in agosto, è stata istituita una task force Usa-Ue con cui Bruxelles sta cercando di ottenere agevolazioni per le imprese dell’Ue, un trattamento di favore come quello di cui godono Canada e Messico. Passi avanti nelle scorse settimane si sono registrati nell’ottenere l’accesso ai privilegi fiscali negli Stati Uniti per l’industria automobilistica europea, in particolare sulle auto elettriche aziendali in leasing. Rimane l’altra questione dei minerali per la produzione di batterie elettriche. L’Ira prevede fino a un massimo di 7.500 dollari di incentivi per le batterie elettriche, di cui 3.750 riguardano i minerali e 3.750 il resto della componentistica. Per la quota relativa ai minerali – quindi il 50 per cento – Bruxelles vuole che anche le batterie prodotte in Europa possano avvalersi degli incentivi fiscali americani.
    Venerdì si parlava della possibilità di raggiungere un accordo già durante il confronto tra i due leader, ma la strada sembra ancora lunga. Nella dichiarazione c’è l’impegno di Bruxelles e Washington a lavorare sulle materie prime critiche che sono state acquistate o lavorate nell’Unione europea e per dare loro l’accesso al mercato americano e ai suoi incentivi. “Lavoreremo su un accordo in merito”, ha annunciato von der Leyen in conferenza stampa al fianco di Biden. Saranno avviati “i negoziati su un accordo mirato sui minerali critici allo scopo di consentire ai minerali critici pertinenti estratti o lavorati nell’Unione europea di essere conteggiati ai fini dei requisiti per i veicoli puliti del credito d’imposta sui veicoli puliti” dell’IRA, spiega la dichiarazione comune.
    L’approvvigionamento di minerali critici per la transizione verde dipende quasi esclusivamente dalla Cina che lavora quasi il 90 per cento di terre rare e il 60 per cento di litio, indispensabile per la produzione di batterie. La Commissione presenterà questa settimana i dettagli legislativi del suo Piano industriale per il Green Deal, una strategia di lungo termine per la competitività dell’industria: il ‘Net-Zero Industry Act’, la proposta di regolamento per l’industria a emissioni zero, il ‘Critical Raw Material Act’ per non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche per la transizione e la riforma del mercato elettrico dell’Ue. I tre pilastri normativi del Piano per l’industria green saranno accompagnati da una più ampia comunicazione (non vincolante) sulla strategia Ue a lungo termine per la competitività. Le proposte finiranno sul tavolo dei capi di stato e governo al Vertice Ue del 23 e 24 marzo a Bruxelles.

    Il viaggio della presidente della Commissione a Washington si è chiuso venerdì l’idea di approfondire il dialogo sugli incentivi per le tecnologie verdi e spianare la strada a un più ampio accordo vincolante per consentire l’accesso al mercato statunitense delle materie prime critiche europee

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    Prove d’intesa sul piano Usa di sussidi verdi. Von der Leyen vola da Biden e cerca l’accordo sui minerali critici

    Bruxelles – Unione europea e Stati Uniti, prove di distensione sui sussidi verdi. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è atterrata ieri sera (9 marzo) a Washington, dove oggi incontrerà il presidente statunitense Joe Biden. Al centro dei colloqui le preoccupazioni di Bruxelles sull’Inflaction Reduction Act (Ira), il piano di sussidi verdi da 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Biden per l’industria e la tecnologia pulita, che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese europee o costringerle alla delocalizzazione della produzione. Bruxelles ha annunciato di voler rispondere al piano varato dalla Casa Bianca in agosto con un Piano industriale per il Green Deal, una spinta allo sviluppo e alla produzione di tecnologia pulita sul territorio europeo.
    Mentre lavora al suo piano industriale (di cui le tre proposte legislative saranno presentate la prossima settimana), la Commissione sta lavorando in bilaterale con Washington per ottenere agevolazioni per le imprese dell’Ue, un trattamento di favore come quello di cui godono Canada e Messico. Attraverso la task force Usa-Ue passi avanti si sono registrati nell’ottenere l’accesso ai privilegi fiscali negli Stati Uniti per l’industria automobilistica europea, in particolare sulle auto elettriche aziendali in leasing. Ma Bruxelles sta cercando di strappare anche un accordo sui minerali lavorati nell’Unione europea per la produzione di batterie elettriche.
    L’Ira prevede fino a un massimo di 7.500 dollari di incentivi per le batterie elettriche, di cui 3.750 riguardano i minerali e 3.750 il resto della componentistica. Per la quota relativa ai minerali – quindi il 50 per cento – anche le batterie prodotte in Europa potranno avvalersi degli incentivi fiscali americani. Von der Leyen e Biden dovrebbero annunciare un accordo Usa-Ue sui ‘minerali critici’, secondo quanto riporta il New York Times, citando un alto funzionario dell’amministrazione Usa, i due dovrebbero discutere infatti di un possibile accordo sui cosiddetti minerali critici, indispensabili per la transazione verso l’energia pulita, per ridurre la dipendenza dalla Cina da cui oggi l’Ue importa per il 98 per cento.
    I piani di von der Leyen per l’industria green
    Sul piano interno, la Commissione europea sta lavorando per presentare la prossima settimana i dettagli legislativi del suo Piano industriale per il Green Deal. Il nucleo duro del Piano sarà il ‘Net-Zero Industry Act’, la proposta di regolamento per l’industria a emissioni zero che sarà presentato il 14 marzo insieme al ‘Critical Raw Material Act’, mentre la riforma del mercato elettrico dell’Ue è in calendario per il 16 marzo: sono questi i tre pilastri normativi del Piano per l’industria green, che saranno accompagnati (sempre in data 16 marzo) da una più ampia comunicazione (non vincolante) sulla strategia Ue a lungo termine per la competitività. Le proposte finiranno sul tavolo dei capi di stato e governo al Vertice Ue del 23 e 24 marzo a Bruxelles.
    Le prime indiscrezioni sul Net-Zero – di cui Eunews ha letto la bozza – si pone l’obiettivo di introdurre un quadro normativo prevedibile e semplificato per lo sviluppo di tecnologia pulita, sulla scia del ‘Chips Act’ varato per i semiconduttori. L’atto normativo fissa l’obiettivo che entro il 2030 la capacità dell’Unione europea di produrre tecnologia net-zero dovrà soddisfare almeno il 40 per cento del fabbisogno annuo di tecnologia necessaria per raggiungere gli obiettivi del piano per l’indipendenza energetica ‘REPowerEU’ e del Green Deal. Introduce poi una categoria di cosiddetti “progetti di resilienza Net-Zero”, ovvero progetti considerati di importanza strategica dal punto di vista del contributo che possono dare alla transizione energetica. E che, secondo la Commissione Ue, devono poter godere di procedure accelerate per le autorizzazioni e di vedersi mobilitare fondi in via di priorità.
    Von der Leyen è a Washington anche per ultimare i lavori sul Critical Raw Material Act, la Legge per le materie critiche per la transizione. Litio, cobalto, tungsteno, gallio, silicio metallico per i semiconduttori e platino per le celle a idrogeno e le celle elettrolitiche: sono tutte materie prime che l’Ue considera critiche e strategiche per la produzione di tecnologie pulite necessarie alla transizione, ma su cui è quasi completamente dipendente da Paesi terzi, come la Cina. E’ nell’ottica del Raw Material Act che Bruxelles sta portando avanti il lavoro per un ‘Club delle materie prime critiche’, a cui cerca di far partecipare anche gli Stati Uniti. Un club di partner affidabili sulle materie prime critiche per garantire un approvvigionamento globale e sostenibile e conveniente di materie prime essenziali per la doppia transizione verde e digitale.

    Il nodo di tutte queste iniziative rimangono i finanziamenti. In attesa della proposta di un Fondo per la sovranità che arriverà non prima dell’estate, la Commissione ha proposto agli Stati di utilizzare tre leve finanziarie attingendo a risorse già esistenti: REPowerEu’, InvestEU e Fondo innovazione. Non solo. Dopo aver aperto una consultazione nelle scorse settimane, ieri la Commissione ha adottato le nuove norme sugli aiuti di Stato per la tecnologia verde, proprio nell’ottica di contrastare la minaccia per l’industria europea rappresentata dai sussidi statunitensi e cinesi. Le regole si applicheranno fino alla fine del 2025 e consente ai governi nazionali di sovvenzionare “la produzione di apparecchiature strategiche” come pannelli solari, batterie, pompe di calore ed elettrolizzatori per la produzione di idrogeno, nonché la produzione di componenti chiave e relative materie prime critiche. “Il quadro che abbiamo adottato oggi offre agli Stati membri la possibilità di concedere aiuti di Stato in modo rapido, chiaro e prevedibile”, ha affermato Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione europea responsabile della politica di concorrenza.

    La presidente della Commissione europea von der leyen a Washington per discutere con il capo della Casa Bianca delle conseguenze dell’Inflation Reduction Act. Sul tavolo un accordo commerciale sulle materie prime critiche necessarie alla transizione. La prossima settimana il piano per l’industria green

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    Ue e Regno Unito hanno raggiunto un’intesa post-Brexit per mettere fine alle contese sul Protocollo sull’Irlanda del Nord

    Bruxelles – Un accordo che dovrebbe porre fine alle tensioni costanti tra Unione Europea e Regno Unito sulla delicatissima questione del commercio nel Mare d’Irlanda, a due anni dalla separazione ufficiale tra Londra e Bruxelles. “Possiamo annunciare con orgoglio di essere riusciti a raggiungere un’intesa di principio sul Protocollo sull’Irlanda del Nord, che può offrire soluzioni di lungo termine per le preoccupazioni reciproche”, è l’annuncio in conferenza stampa della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al termine del confronto con il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, al castello di Windsor.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)
    Da mesi si sono intensificati i contatti tra Londra e Bruxelles per trovare una soluzione sostenibile alle controversie riguardanti la tessera più complicata del puzzle Brexit. “Ci siamo impegnati duramente, non è stato facile”, ha confessato la numero uno dell’esecutivo comunitario. Ma quello che viene definito ‘quadro Windsor‘ è un “pacchetto comprensivo di misure per affrontare in modo definitivo le sfide della vita di tutti i giorni” nell’isola d’Irlanda in generale e in Irlanda del Nord in particolare. Come confermato dal premier britannico, “ci sarà un sistema di corsie verdi e corsie rosse” per le merci in transito dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord (parte del Regno Unito). Le corsie verdi garantiranno un “commercio fluido” tra le due sponde del Mare d’Irlanda per tutte le merci che non saranno riesportate verso il Mercato Unico dell’Ue (“la burocrazia sarà eliminata per ristoranti, supermercati, negozi e farmacie”, ha puntualizzato Sunak), mentre le corsie rosse garantiranno il rispetto degli standard stabiliti dall’Unione per le merci che interessano il mercato dei Ventisette.
    È questa l’introduzione più rilevante del ‘Windsor framework’ aggiunto al Protocollo dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito, redatto per preservare l’unità dell’isola secondo l’accordo del Venerdì Santo del 1998. “Assicurerà che lo stesso cibo sia disponibile sugli scaffali dei supermercati dell’Irlanda del Nord come nel resto del Regno Unito e permetterà che tutte le medicine siano garantite alle stesse condizioni”, sono gli esempi forniti dalla numero uno della Commissione Ue. Allo stesso tempo però saranno di fondamentale importanza le “salvaguardie” per l’Unione, come l’accesso alla sorveglianza IT e alle procedure di implementazione degli accordi. In questo senso si inserisce il ruolo della Corte di Giustizia dell’Ue, che avrà “l’ultima parola sulle questioni legali”, compreso sul nuovo “freno d’emergenza” che l’Assemblea dell’Irlanda del Nord potrà attivare in caso di “preoccupazioni per la modifica di leggi Ue” sul quadro commerciale nell’isola. Come rendono noto funzionari europei, il meccanismo d’emergenza potrà essere attivato dal governo di Londra su richiesta di “almeno 30 membri” (su 90) del Parlamento di Belfast per questioni che coinvolgono aspetti del Protocollo.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)
    Nonostante gli ultimi due anni non siano stati particolarmente semplici per le relazioni tra le due sponde della Manica sulla questione del commercio nell’Irlanda del Nord, tra Londra e Bruxelles le nubi di tempesta sembrano diradarsi. “Il clima è molto più costruttivo da quando Sunak è diventato premier” il 24 ottobre dello scorso anno, confermano le stesse fonti Ue. E anche se l’inquilino di Downing Street 10 ci tiene a rimarcare che “l’unica legge Ue in vigore è il minimo necessario per evitare il confine duro sull’isola d’Irlanda e per garantire l’accesso delle merci al Mercato Unico” per l’Irlanda del Nord, non passano inosservati i ringraziamenti calorosi a von der Leyen: “Ha avuto una visione che ci ha spianato la strada, e anche se abbiamo avuto differenze nel passato, siamo alleati, amici e partner commerciali“. Di qui l’inizio oggi (27 febbraio) di “un nuovo capitolo delle nostre relazioni” che “preserva il delicato equilibrio dell’Accordo del Venerdì Santo”, ha sottolineato Sunak. Si potranno ora aprire le discussioni anche sulla “partecipazione del Regno Unito al programma Horizon Europe“, ha anticipato von der Leyen, mentre funzionari a Bruxelles precisano che al momento Londra non ha manifestato interesse per il programma Erasmus.
    I due anni di contesa sull’Irlanda del Nord
    La contesa tra Londra e Bruxelles è iniziata nel marzo del 2021 attorno alla questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Nel contesto post-Brexit questi controlli sonoritenuti necessari per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda. Il problema maggiore ha riguardato le carni refrigerate e per questa ragione si è spesso parlato di ‘guerra delle salsicce’ con Bruxelles.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e l’ex-primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson
    Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte dell’allora governo guidato da Boris Johnson ha scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra il luglio e l’ottobre dello stesso anno. L’esecutivo comunitario ha così sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati. Ma nel giugno dello scorso anno la Commissione Ue ha scongelato la stessa procedura d’infrazione, attivandone altre due, per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Il crollo del governo Johnson prima e di quello disastroso di Liz Truss poi – con la contemporanea crisi economica che da allora ha travolto il Paese – ha agevolato le aperture da entrambe le parti verso una soluzione sostenibile per un accordo di compromesso, che da oggi potrebbe mettere fine alle ultime scorie di tensione tra le due sponde della Manica.

    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il premier britannico, Rishi Sunak, hanno messo nero su bianco i termini per un nuovo accordo a due anni dalla separazione. Corsie differenziate per merci destinate al mercato nordirlandese e quelle da riesportare nell’Unione

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    L’Ue studia il documento della Cina sulla soluzione politica alla crisi ucraina: “Non è piano di pace, ma principi politici”

    Bruxelles – L’Unione Europea è pronta a supportare “qualsiasi sforzo di mediazione e piano di pace genuino e significativo” per mettere fine a all’invasione russa dell’Ucraina che proprio oggi (24 febbraio) arriva al primo anno dal suo inizio. Ma il documento in 12 punti che arriva da Pechino sulla Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina è considerato “selettivo e insufficiente” dalla Commissione Europea, soprattutto per il fatto che “non prende in considerazione chi è l’aggressore e chi è la vittima” nel contesto di guerra.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (24 febbraio 2023)
    A spiegare nel dettaglio la visione dell’esecutivo comunitario sul cosiddetto piano di pace della Cina – pubblicato questa mattina dal ministero degli Esteri cinese – è la portavoce responsabile per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Nabila Massrali, facendo riferimento alle parole della numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “Il documento della Cina non è un piano di pace, ma sono principi politici, e bisogna considerarlo alla luce del contesto generale”, ha commentato con cautela la presidente in conferenza stampa a Tallinn (Estonia). “Non possiamo dimenticare che prima dell’invasione dell’Ucraina Pechino ha firmato un partenariato senza limiti con Mosca“, ha continuato von der Leyen, con riferimento all’intesa tra i due Paesi del 4 febbraio dello scorso anno: “Considereremo i principi presentati dalla Cina, ma nel quadro generale” dei rapporti internazionali.
    Parlando con la stampa europea, la portavoce dell’esecutivo Ue ha fornito ulteriori dettagli sulla posizione del Berlaymont. “Si tratta di una posizione politica che prende in considerazione solo alcuni aspetti della Carta delle Nazioni Unite” e che “si basa su un focus errato sui cosiddetti interessi legittimi di sicurezza e preoccupazioni delle parti coinvolte“, con implicazioni su una presunta “giustificazione” della guerra di aggressione. Secondo il copione dell’ultimo anno, Bruxelles continua a fare pressioni sulla Cina perché “si impegni a premere sulla Russia per mettere fine agli attacchi e rispettare i confini internazionalmente riconosciuti” dell’Ucraina, è quanto ribadito dalla portavoce Massrali, parlando di una “pace giusta basata interamente sulla Carta delle Nazioni Unite, compresa l’integrità territoriale e il diritto all’autodifesa” e biasimando Pechino per l’astensione sulla risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di ieri (23 febbraio), che ha rinnovato il monito alla Russia di ritirare il suo esercito dal territorio ucraino.
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    Sempre a Tallinn anche il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), Jens Stoltenberg, si è esposto sul documento cinese, con più durezza rispetto alla presidente della Commissione Ue: “Pechino non ha molta credibilità perché non ha mai condannato l’invasione russa e prima della guerra ha firmato il partenariato senza limiti con Mosca”. Stoltenberg ha poi ribadito quanto già affermato martedì (21 febbraio) in risposta al discorso alla nazione di Vladimir Putin: “Quello che vediamo in Ucraina non è una preparazione alla pace, ma a una nuova offensiva russa” e anche se la prospettiva rimane quella di “finire prima o poi questa guerra ai tavoli dei negoziati”, questo dipende da “ciò che succederà sul campo di battaglia”.
    In altre parole, “l’unico modo per creare le condizioni perché Putin capisca che non può vincere sul campo di battaglia e si sieda al tavolo dei negoziati accettando l’Ucraina come nazione indipendente e sovrana” è un ulteriore “supporto militare a Kiev ora” da parte della comunità internazionale. Tornando alla Cina, il segretario generale della Nato ha precisato che “non vediamo nessun segno di invio di armamenti leggeri a Mosca, ma ci sono indicazioni che potrebbe considerarlo“. Di qui l’avvertimento a Pechino di “non farlo, perché significherebbe un supporto alla guerra di aggressione e una violazione della Carta delle Nazioni Unite”. In quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, “la Cina ha un compito speciale per proteggerla”, ha sottolineato con forza Stoltenberg.

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    Il decimo pacchetto di sanzioni Ue contro le armi russe e il supporto dell’Iran: “Putin ha già perso la guerra economica”

    Bruxelles – Le sanzioni economiche sono come l’arsenico, “applicano lentamente i loro effetti, ma in modo irreversibile”. La similitudine dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sull’impatto delle misure restrittive sull’economia della Russia sono un assaggio delle intenzioni dell’Unione a proposito del decimo pacchetto in arrivo, in corrispondenza del primo anniversario dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. “Per mantenere questa forte pressione sulla Russia, proponiamo un decimo pacchetto di sanzioni, che ha un valore complessivo di 11 miliardi di euro“, è l’annuncio della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, di fronte all’emiciclo del Parlamento Ue a Strasburgo.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (15 febbraio 2023)
    Intervenendo alla sessione plenaria dell’Eurocamera nel dibattito sul primo anno di guerra russa in Ucraina, la numero uno della Commissione ha anticipato i punti principali del pacchetto – come promesso al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al Consiglio Ue straordinario giovedì scorso (9 febbraio) – che prenderanno di mira non solo Mosca, ma anche Teheran. “Con nove pacchetti di sanzioni in vigore, l’economia russa sta arretrando”, ha sottolineato von der Leyen, ma è necessario fare di più: “Proponiamo nuovi divieti commerciali su componenti di macchinari, pezzi di ricambio per camion e motori che possono essere diretti alle forze armate della Russia” e “restrizioni all’esportazione di 47 componenti elettronici utilizzati nei sistemi armati russi, come droni, missili, elicotteri”, ma anche “tecnologie a duplice uso presenti sui campi di battaglia”.
    Proprio qui si inserisce la questione del supporto dell’Iran alla guerra russa in Ucraina, che prosegue da ottobre nonostante le misure restrittive di Bruxelles: “Ci sono centinaia di droni di fabbricazione iraniana utilizzati dalla Russia sui campi di battaglia, che uccidono i civili ucraini“, ha attaccato la presidente von der Leyen. Ecco perché “per la prima volta proponiamo di sanzionare anche le entità iraniane” all’interno delle tornate di misure restrittive contro Mosca sulle tecnologie a duplice uso. Ma sono soprattutto i destinatari a fare notizia: tra le entità iraniane che saranno sanzionate “per la fornitura di droni e il trasferimento di know-how per costruire siti di produzione” sul territorio russo, sono “comprese quelle legate alla Guardia rivoluzionaria iraniana“, in linea con la direzione tracciata dai 27 ministri Ue degli Esteri.
    A tutto ciò si aggiungono ulteriori sanzioni alla propaganda russa. “Putin sta portando guerra anche nello spazio pubblico con propaganda, disinformazione e bugie tossiche”, e per questo motivo saranno colpiti “sia i propagandisti di Putin, sia comandanti militari”, ha promesso von der Leyen, con l’alto rappresentante Borrell a rincarare la dose su “tutti coloro responsabili di rapimenti, adozioni forzate e violazioni dei diritti umani”. Un ultimo punto riguarda la prevenzione dell’aggiramento delle misure restrittive: “La prossima settimana organizzeremo un forum internazionale sulle sanzioni“, ha annunciato in una dichiarazione la presidente della Commissione Ue, chiedendo ai Ventisette di “adottare rapidamente il pacchetto”, entro la data simbolica del 24 febbraio.
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    L’efficacia delle sanzioni Ue contro la Russia
    Sia von der Leyen sia Borrell hanno rivendicato l’efficacia delle sanzioni economiche per mettere in ginocchio l’economia e la macchina bellica russa, nonostante l’apparente aumento delle entrate del Cremlino nel 2022: “È stato determinato da un rialzo quasi isterico dei prezzi del petrolio e del gas e noi eravamo dipendenti dalle fonti russe”, ha ricordato Borrell, ma mettendo in chiaro che “le cose sono cambiate con il tetto al pezzo del petrolio e la straordinaria indipendenza energetica”. L’alto rappresentante Ue ha risposto con fermezza a chi pensava che le sanzioni avrebbero avuto un impatto immediato: “Funzionano lentamente, ma erodendo la base commerciale, industriale, economica ed energetica” russa, e lo dimostrano le conseguenze sul medio/lungo periodo. Per il Cremlino “sarà quasi impossibile trovare acquirenti alternativi” all’Europa, dal momento in cui “per il gas la Cina è troppo lontana, mentre il petrolio lo vendono a 40 dollari al barile, la metà del Brent, e Pechino può comprarlo a un prezzo stracciato”.
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (15 febbraio 2023)
    Ecco perché a Strasburgo i vertici delle istituzioni comunitarie sostengono che “Putin ha già perso la battaglia economica ed energetica“, come sostenuto dalla stessa presidente della Commissione Ue: “Il tentativo di Putin di ricattare l’Europa con l’energia è stato un vero e proprio fallimento”. Se alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina l’autocrate russo “pensava che il nostro sostegno a Kiev non sarebbe durato, pensava che sarebbe stato facile tenere l’Europa in ostaggio, data la nostra dipendenza dal petrolio e dal gas russo“, nel corso dell’anno in cui la guerra è tornata sul continente europeo “grazie all’unità e a una politica energetica intelligente, abbiamo resistito alle pressioni russe e ci siamo liberati dalla nostra dipendenza energetica”. Mentre “il Cremlino è costretto a vendere riserve d’oro per colmare i vuoti lasciati dalla mancanza di entrate petrolifere” – con il tetto del prezzo che “fa sì che la Russia perda ogni giorno 160 milioni di euro di entrate” e le “le entrate della Russia derivanti dalle vendite di gas all’Europa si sono ridotte di due terzi” – l’Unione sta “battendo un record dopo l’altro” nello sviluppo delle energie rinnovabili: “L’anno scorso, per la prima volta, abbiamo generato più elettricità dall’eolico e dal solare che dal gas“, ha rivendicato von der Leyen.

    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, annuncia la nuova tornata di misure restrittive da 11 miliardi di euro, che colpirà le esportazioni di tecnologia verso Mosca e la Guardia rivoluzionaria iraniana per la fornitura di droni al Cremlino: “Fallito il ricatto energetico all’Europa”

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    I Ventisette promettono a Zelensky che “non risparmieremo sforzi nella battaglia per la difesa e la pace” in Ucraina

    Bruxelles – Dopo sette incontri virtuali, il momento del confronto viso a viso. Uscito dall’emiciclo del Parlamento Europeo – dove ha rivolto agli eurodeputati un intenso appello sui valori comuni – il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha proseguito la sua prima visita a Bruxelles con la partecipazione al Consiglio Europeo straordinario. “È giusto partecipare alla riunione dei leader Ue, la lingua ucraina farà parte della discussione e della prassi europea, non appena faremo parte dell’Unione”, ha sottolineato il numero uno ucraino. Un confronto incentrato sul percorso verso l’adesione Ue, la pace “a lungo termine”, ma soprattutto sulla necessità di garantire “sicurezza su tutto il continente” e la fornitura di armi per vincere la guerra contro la Russia: “Significa difendere i valori europei, l’Ucraina e voi stessi“, ha messo in chiaro Zelensky, puntualizzando che “se lo fate ora, non dovrete farlo più tardi”.
    Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, al Consiglio Europeo straordinario (9 febbraio 2023)
    Come confermato dallo stesso presidente ucraino al termine della tavola rotonda con i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri, al Consiglio Ue è stato ribadito il sostegno dell’Unione “fino alla vittoria”, con “tutte le armi necessarie, compresi i jet“. Il percorso per arrivare a ottenere jet da combattimento “è lungo” ed è iniziato con la visita di ieri (8 febbraio) a Londra, per proseguire oggi con i confronti bilaterali con i singoli leader.
    Ma intanto del vertice a tre con il presidente francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz – da cui l’Italia di Giorgia Meloni è stata esclusa – il numero uno ucraino si ritiene soddisfatto: “Abbiamo preso decisioni concrete, lavoreremo per rafforzare le capacità sull’aspetto offensivo, sui carri armati e sull’artiglieria”. Zelensky ha però avvertito che “non posso tornare in patria senza risultati” dai confronti informali con tutti i 27 leader, “è un punto di vista pragmatico”. Su questo fronte il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha chiesto “fermezza anche sul piano militare” ai Ventisette: “Dobbiamo rispondere ai bisogni militari dell’Ucraina, perché le prossime settimane e mesi saranno cruciali“. L’esortazione è su “missili, munizioni, carri armati, sistemi di difesa”, che servono “ora”. Dopo i carri armati pesanti tedeschi Leopard 2, il nuovo punto di caduta che dovranno trovare i leader Ue sarà proprio sui jet da combattimento.
    Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (9 febbraio 2023)
    La guerra non è la prospettiva ucraina, né sul breve né sul lungo termine: “Non siamo come la Russia, noi non obblighiamo la nostra gente a combattere, ma dobbiamo difendere la democrazia e programmare la pace”, è il punto fermo di Zelensky. Ed è per questo che il secondo punto del dossier Ucraina sul tavolo del Consiglio Ue è sul “garantire la pace, che sia giusta“, ha ribadito in conferenza stampa la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, confermando quanto già annunciato al termine del vertice Ue-Ucraina di venerdì scorso (3 febbraio). “Siamo totalmente d’accordo con tutti i 10 punti della formula di pace, dalla sicurezza economica a quella nucleare, dagli approvvigionamenti alimentari a quelli energetici”, ha precisato von der Leyen, aggiungendo di voler “garantire che ci sia ampio sostegno a livello internazionale”. A farle eco il numero uno del Consiglio Ue, che ha confermato la volontà dell’Unione di “non risparmiare nessuno per vincere anche la battaglia diplomatica“. Michel appoggia l’idea di “un vertice per la pace”, per cui “non possiamo esitare o farci intimidire dalla Russia”.
    Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (9 febbraio 2023)
    E infine c’è la questione del garantire la responsabilità per gli autori dei crimini di guerra dell’esercito russo in Ucraina. “È impossibile vivere senza giustizia, deve esserci un tribunale contro la Russia per questa aggressione e un meccanismo di compensazione per tutti i danni causati dal terrore russo“, è la richiesta senza sconti del presidente Zelensky. Il processo sostenuto dai Ventisette sarà articolato in “tre tappe“, ha spiegato la leader dell’esecutivo comunitario. Il primo passo è “raccogliere le prove dei crimini e abbiamo già iniziato”, poi è necessario spingere sulla “cooperazione tra procuratori, e per questo abbiamo creato un centro comune all’Aia”. E infine c’è proprio la questione della creazione del tribunale: “Ci sono discussioni sulla struttura, ma c’è anche la piena volontà politica che tutti i responsabili rispondano del crimine di aggressione” contro l’Ucraina.

    Il presidente ucraino è intervenuto per la prima volta di persona al Consiglio Europeo, incentrando il confronto con i leader dell’Unione sulla sicurezza del continente, la fornitura di armi per arrivare alla vittoria nella guerra contro la Russia e la pace “a lungo termine”