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In Georgia la polizia ha iniziato a usare la violenza contro i manifestanti pacifici pro-Ue

Bruxelles – In Georgia lo scontro ora non è più solo politico, e nemmeno più solo pacifico. Per cercare di piegare le enormi proteste di piazza a Tbilisi, la polizia ha iniziato a utilizzare la violenza contro i manifestanti pacifici che da quasi un mese si stanno opponendo ogni giorno al progetto di legge di ispirazione filo-russa sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’. E dopo le critiche di tutte le istituzioni Ue a ogni livello, contro il marchio di fabbrica del partito al potere Sogno Georgiano si è schierata in modo inequivocabile anche la numero uno della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “Seguo con grande preoccupazione la situazione in Georgia e condanno la violenza nelle strade di Tbilisi”, è quanto messo nero su bianco in una dichiarazione che esorta il governo ad ascoltare il “chiaro messaggio” dei cittadini che “stanno dimostrando il loro forte attaccamento alla democrazia”.

Arresti della polizia georgiana durante le manifestazioni a Tbilisi contro la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 30 aprile 2024 (credits: Giorgi Arjevanidze / Afp)

A scatenare la tensione a Tbilisi e Bruxelles è il controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, voluto già lo scorso anno dal partito al potere Sogno Georgiano e messo in stallo dopo l’ondata oceanica di proteste del marzo 2023. Con un leggero emendamento al testo, a inizio aprile la legge è stata ripresentata dal governo: tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero dovrebbero registrarsi come ‘organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera’ (simile ad ‘agente di influenza straniera’ in vigore in Russia dal primo dicembre 2022). Da settimane è altissima la tensione dentro e fuori il Parlamento di Tbilisi, dove il progetto è già stato approvato in prima e seconda lettura e ora si attende il voto definitivo per il 17 maggio. Non è attesa nessuna sorpresa dai legislatori georgiani, ma sarà inevitabile un’altra ondata di tensione. Il progetto di legge sarà inviato alla presidente della Repubblica, Salomé Nino Zourabichvili, che ha già annunciato che porrà il veto: ma Sogno Georgiano potrà utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’.

Manifestanti georgiani a Tbilisi contro la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 17 aprile 2024 (credits: Giorgi Arjevanidze / Afp)

Le manifestazioni organizzate dalle opposizioni unite e dalle organizzazioni della società civile hanno visto la partecipazione di decine di migliaia di cittadini – e stanno continuando da giorni in modo spontaneo – per ribadire la contrarietà a un progetto legislativo che minerebbe il percorso di adesione della Georgia all’Unione Europea, nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dal Consiglio Europeo. “Anche l’Ue ha espresso chiaramente le sue preoccupazioni riguardo alla legge sull’influenza straniera”, ha messo in chiaro von der Leyen, che ha avvertito in modo nemmeno troppo velato che “la Georgia è a un bivio, deve mantenere la rotta verso l’Europa“. E se il popolo georgiano “vuole un futuro europeo per il proprio Paese”, il governo di Irakli Kobakhidze dovrà “agire rapidamente sulle misure che si è impegnato ad adottare come Paese candidato”. Perché ormai a Bruxelles non è più un segreto che l’entrata in vigore della legge di ispirazione filo-russa impedirebbe di aprire i negoziati di adesione all’Unione Europea: “Se i nostri partner sono in grado di leggere e capire con attenzione, sapranno riconoscere il messaggio inviato pubblicamente e direttamente”, ha spiegato oggi (2 maggio) alla stampa il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano.

Ma ora preoccupa anche il modo in cui le istituzioni georgiane stanno rispondendo a decine di migliaia di persone che non mostrano segni di stanchezza nel scendere in piazza tutti i giorni per dimostrare la propria opposizione al progetto di legge filo-russo. In particolare dopo l’approvazione in seconda lettura del progetto di legge con 83 voti a favore e 23 contrari in Parlamento martedì (30 aprile). La sera stessa, per la prima volta dal marzo 2023, la polizia antisommossa ha interrotto le proteste pacifiche su viale Rustaveli (dove ha sede il Parlamento), usando gas lacrimogeni, spray al peperoncino e idranti, manganellando e arrestando oltre 60 persone. “La Georgia è un Paese candidato all’adesione all’Unione Europea e chiedo alle sue autorità di garantire il diritto di riunione pacifica, l’uso della forza per reprimerlo è inaccettabile“, è stata la dura condanna dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.

Il complesso rapporto tra Ue e Georgia

Le proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 7 marzo 2023 (credits: Afp)

Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo  stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.

Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da . I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato all’accantonamento temporaneo del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, almeno fino agli eventi di questa primavera.

In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


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