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    Tsikhanouskaya chiede a Strasburgo la prospettiva europea per la Bielorussia. “L’Ue da Lisbona a Minsk, l’incubo di Putin”

    Bruxelles – Un lungo e appassionato discorso per chiedere qualcosa che sembra quasi impossibile per tutti, tranne che per lei, la presidente legittima della Bielorussia riconosciuta dall’Ue. “Sono venuta al Parlamento Europeo per chiedervi di sostenere la prospettiva europea della Bielorussia, vogliamo sentire che l’Ue ci attende, che il nostro Paese non sarà un premio di consolazione per Putin”, è quanto affermato senza margini di esitazione da Sviatlana Tsikhanouskaya, la leader delle forze di opposizione all’autocrate Alexander Lukashenko. Il suo terzo intervento alla sessione plenaria dell’Eurocamera – nel giorno del discorso sullo Stato dell’Unione della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – è il momento in cui l’asticella viene posta più in alto che mai: “Senza Ucraina e Bielorussia il progetto europeo non sarà completo“.
    Da sinistra: l’autocrate bielorusso, Alexander Lukashenko, e quello russo, Vladimir Putin
    La Bielorussia di Lukashenko, autoproclamato presidente bielorusso dopo le elezioni-farsa dell’agosto 2020, è il partner più stretto della Russia di Vladimir Putin, e tutto ci si aspetta fuorché possa essere aperto un discorso sull’adesione di Minsk all’Ue. Ma questo perché non si considera il giusto interlocutore. “Un mese fa le forze democratiche hanno redatto una dichiarazione congiunta per gli obiettivi strategici, che non sono altro che l’adesione all’Unione Europea“, ha messo in chiaro Tsikhanouskaya nel suo intervento di oggi (13 settembre) all’emiciclo di Strasburgo, spiegando senza troppi giri di parole perché questo dovrebbe essere uno scenario auspicato a Bruxelles: “L’Ue da Lisbona a Minsk è un incubo per Putin, ma per noi è la realtà in cui vogliamo vivere, perché porterà al crollo dell’impero del male una volta per tutte”. L’impero del male è quello del Cremlino e del suo alleato Lukashenko, di cui la leader bielorussa aveva già tratteggiato i contorni agli eurodeputati: “Quando sono stata qui due anni fa ho parlato della tirannia come un virus, che non può essere limitato dalle frontiere” e dal novembre 2021 a oggi “abbiamo visto che il virus della tirannia può mutare e diventare un vero e proprio tumore, quello della guerra“.
    Se la guerra in Ucraina è fatta di armi e bombe, quella in Bielorussia invece è “una guerra silenziosa“, ma l’obiettivo è lo stesso: “Il Cremlino vuole annientare un Paese sovrano per farne un satellite russo”. Un progetto portato avanti con la complicità del dittatore bielorusso, “che sta vendendo la nostra indipendenza e il nostro Paese pezzo dopo pezzo”, con l’obiettivo di recidere “tutti i legami con la nostra storia, la nostra cultura e ciò che ci allinea all’Europa”. In altre parole, “evitare che la Bielorussia diventi una nazione democratica europea, in modo che neanche l’Europa possa essere in pace e completa”. Ecco perché la richiesta è di continuare a tenere alta la pressione su Putin con le sanzioni, ma senza dimenticare Lukashenko, che “tortura i manifestanti pacifici, collabora con la Russia contro l’Ucraina e non merita nulla all’interno del forum della comunità internazionale, se non un biglietto di sola andata verso l’Aia”, è il duro attacco di Tsikhanouskaya.
    Da sinistra: la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche bielorusse, Sviatlana Tsikhanouskaya, e la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola (13 settembre 2023)
    Dal 2020 c’è un nuovo spirito in Bielorussia, nonostante la repressione, nonostante la collaborazione tra Putin e Lukashenko, nonostante la guerra e nonostante l’isolamento internazionale del Paese. “Nessuna tirannia, Wagner o Kgb può annientare il germe della libertà in Bielorussia, i bielorussi sono eroi e resilienti, sono eroi silenziosi”, ha rivendicato la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue, spiegando che nel suo Paese “anche parlare bielorusso oggi è un atto di eroismo”. E la direzione del popolo e delle forze democratiche è chiara: “I tiranni voglio che l’Ue sia un castello di carte pronto a crollare, ma noi bielorussi – proprio come gli ucraini e i moldavi – vogliamo far parte di questa famiglia, vogliamo tornare a casa”. L’Europa “è nel nostro Dna, l’abbiamo scelta secoli fa e l’abbiamo ribadito nel 2020”, è la conferma calorosa di Tsikhanouskaya, che riconosce il fatto che “ci vorrà tempo, non sarà facile, ma non c’è possibilità di tornare indietro, l’Ue è la nostra destinazione finale, punto e basta“.
    La speranza ha dei contorni precisi nelle sue parole: la bandiera bielorussa che sventola con le altre 27, i rappresentanti bielorussi “eletti democraticamente in quest’Aula”, la lingua bielorussa “che ha sofferto tanto la dominazione russa” una tra quelle ufficiali dell’Ue. Ringraziando la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, “per averci sempre sostenuti e per essere un esempio per tutti”, Tsikhanouskaya ha anche fornito un’altra indicazione sulla collaborazione sempre più stretta che dovrà iniziare a impostarsi da subito tra le forze democratiche bielorusse e i Ventisette. “La situazione per noi diventerà ancora peggiore, perché la settimana scorsa Lukashenko ha firmato una legge per sottrarci i passaporti all’estero, ci serve una soluzione e stiamo lavorando per rilasciare passaporti nazionali bielorussi“, grazie alla consulenza dei governi nazionali e dell’esecutivo comunitario. “Questi documenti confermano la cittadinanza bielorussa e permetteranno di viaggiare ai cittadini in esilio”, come fatto dai Baltici durante l’occupazione sovietica: “Presto chiederemo ai vostri Paesi di riconoscere i nuovi passaporti“, ha annunciato la leader bielorussa.
    La risoluzione del Parlamento Ue sulla Bielorussia
    La presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche bielorusse, Sviatlana Tsikhanouskaya, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (13 settembre 2023)
    La risposta del Parlamento Europeo alla richiesta di “istituzionalizzare le relazioni tra Parlamento Europeo e Bielorussia democratica prima delle prossime elezioni europee” non si è fatta attendere ed è stata quasi un plebiscito: 514 voti a favore, 21 contrari e 40 astenuti per la risoluzione firmata dal lituano Petras Auštrevičius. La richiesta è in linea con l’intervento della leader bielorussa, a partire dal presupposto che il ritiro unilaterale del regime di Lukashenko dalla politica del partenariato orientale dal 28 gennaio 2021 “non ha alcuna legittimità in quanto non riflette la vera volontà del popolo bielorusso e le relative aspirazioni a uno Stato libero e democratico”. Di qui l’esortazione alle altre istituzioni Ue e ai Ventisette di “valutare la possibilità di consentire ai rappresentanti della società civile e delle forze democratiche di occupare le cariche vacanti, a titolo bilaterale e multilaterale“, al Consiglio Affari Esteri di rivolgere “un invito permanente” a Tsikhanouskaya a qualsiasi riunione riguardi i rapporti con Minsk, e alla Comunità Politica Europea di “includere le forze democratiche bielorusse conferendo loro lo status di osservatore”.
    Il tutto si basa sulla solidità delle forze guidate da Tsikhanouskaya: “Hanno una struttura ben consolidata che gode di sempre maggiore riconoscimento internazionale”, compresa una Missione a Bruxelles aperta lo scorso primo marzo. Ma più di tutto sono inequivocabili le “aspirazioni europee dei bielorussi”, che ribadiscono i “legami storici della Bielorussia con il resto d’Europa”, condividendone il patrimonio culturale e identitario. Ecco perché Minsk – non l’attuale regime Lukashenko – “dovrebbe rimanere parte dello spazio politico, culturale ed economico europeo” e la conferma dovrebbe arrivare da una “strategia più ambiziosa e globale, unita a un ampio piano economico” per sostenere le forze anti-regime. Da parte sua il Parlamento Ue sostiene la volontà di “sottoscrivere un accordo per formalizzare e sistematizzare la cooperazione con le forze democratiche e la società civile”, mentre Consiglio e Commissione dovrebbero preparasi a “diversi scenari, come la sostituzione (forzata) di Lukashenko oppure l’annessione de facto o l’occupazione” del Paese da parte dell’esercito del Cremlino.
    Gli eurodeputati continuano a chiedere alla Commissione che “le sanzioni applicate nei confronti della Russia siano applicate anche nei confronti della Bielorussia“, ma rimane centrale la salvaguardia dei più fragili, ovvero coloro che fuggono o si trovano già in esilio: “Esortiamo gli Stati membri a semplificare ulteriormente le procedure per ottenere i visti e il permesso di soggiorno” per i perseguitati politici o per chi deve ricorrere a trattamenti medici all’estero per le violenze. Parallelamente l’invito sia alla Commissione e sia ai Ventisette è di “elaborare norme e procedure per trattare i casi in cui siano privati della loro cittadinanza”, ma anche di “fornire sostegno ai bielorussi residenti nell’Ue i cui documenti di identità stanno per scadere e che non dispongono di mezzi per rinnovarli, dal momento che non possono tornare in Bielorussia”, specifica la risoluzione dell’Eurocamera.

    Alla sessione plenaria dell’Eurocamera la presidente legittima riconosciuta dall’Ue ha esortato a dialogare “sull’obiettivo strategico” con l’opposizione a Lukashenko: “Senza Ucraina e Bielorussia il progetto europeo non sarà completo”. Appoggio degli eurodeputati a larga maggioranza

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    Le istituzioni Ue contro Minsk per la condanna a 10 anni di carcere per Bialiatski, Premio Nobel bielorusso per la Pace

    Bruxelles – Una condanna già scritta, ma che comunque fa un rumore assordante. Il Premio Nobel per la Pace 2022, vincitore del Premio Sakharov per la libertà di pensiero, attivista e fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna, Ales Bialiatski, è stato condannato oggi (3 marzo) a 10 anni di carcere dal regime dell’autoproclamato presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, con l’accusa di contrabbando di denaro e di finanziamento di “attività che violano gravemente l’ordine pubblico”. Insieme a Bialiatski sono stati condannati anche il vicepresidente di Viasna Valiantsin Stefanovic, l’attivista Zmitser Salauyou e l’avvocato Uladzimir Labkovich, rispettivamente a nove, otto e sette anni di carcere
    Il fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna, Ales Bialiatski, al Parlamento Europeo (16 aprile 2015)
    Un “insulto alla giustizia”, è il durissimo attacco della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, leader dell’istituzione comunitaria da sempre più vicina e a supporto dell’opposizione a Lukashenko. L’ennesima sentenza politicamente motivata, contro uno degli esponenti più rilevanti della società civile in Bielorussia che si oppone all’elezione truccata del 9 agosto 2020. Parole di condanna anche da parte dai presidenti delle altre due istituzioni comunitarie. “La loro lotta per i diritti umani e la giustizia in Bielorussia continuerà”, ha messo in chiaro la leader della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, promettendo che “i tentativi di metterli a tacere falliranno, saremo portatori delle loro voci”. Per il numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel, le sentenze di Minsk “sono una vergogna, le accuse sono inventate e montante” e per questo motivo il diktat di Bruxelles al regime di Lukashenko è di “rilasciare tutti gli altri attivisti democratici ingiustamente imprigionati”.
    “L’Unione Europea condanna con la massima fermezza questi processi farsa, che rappresentano un altro terribile esempio del tentativo del regime di Lukashenko di mettere a tacere coloro che si battono in difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo bielorusso”, è l’altrettanto netta presa di posizione dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, anticipando una “reazione alla brutale repressione” di coloro che “hanno osato opporsi alle violazioni dei diritti umani nel Paese e che hanno rifiutato il ruolo della Bielorussia nella guerra della Russia contro l’Ucraina”.
    Ales Bialiatski alla cerimonia di conferimento del Premio Sakharov per la libertà di pensiero, alla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles (16 dicembre 2020)
    Nel dicembre del 2020 Bialiatski era tra i leader dell’opposizione in Bielorussia a cui il Parlamento Ue aveva conferito il Premio Sakharov per la libertà di pensiero, mentre lo scorso anno alla sua organizzazione Viasna è stato assegnato il Nobel per la Pace insieme all’ong russa per la difesa dei diritti umani Memorial e all’organizzazione ucraina Centro per le Libertà Civili. Ma dal luglio 2021 si trova in carcere a Minsk e il processo a suo carico era iniziato lo scorso gennaio: da subito si sapeva che avrebbe rischiato tra i 7 e i 12 anni di carcere. In tutti questi mesi è rimasta alta l’attenzione dell’Eurocamera e delle altre istituzioni comunitarie sulla situazione di Bialiatski, grazie anche ai numerosi inviti alla presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche in Bielorussia, Sviatlana Tsikhanouskaya. “Invito la comunità internazionale a unirsi alla campagna di solidarietà con il difensore dei diritti umani Ales Bialiatski”, ha twittato la leader bielorussa, lanciando l’hashtag #freeales: “Sosteneteci organizzando eventi e rilasciando dichiarazioni, se il regime vuole mettere a tacere Ales, dobbiamo fare in modo che il suo nome si senta ancora più forte“.

    I call on the international community to join the campaign of solidarity with human rights defender Ales Bialiatski — #freeales. Please support us by organizing events & making statements. The regime wants to silence Ales, so we have to make sure his name is heard even louder! pic.twitter.com/bBbHMWQM8D
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) March 3, 2023

    Bialiatski e gli altri prigionieri politici in Bielorussia
    Il numero dei prigionieri politici continua a crescere di giorno in giorno, e ora ha toccato quota 1461, come riportano i corrispondenti della BBC. Lo scorso 27 febbraio il marito della leader dell’opposizione, Siarhei Tsikhanouski – già condannato a 18 anni di reclusione dopo essere stato imprigionato il 29 maggio del 2020 con l’obiettivo di impedirgli di partecipare alle elezioni presidenziali – ha ricevuto un’ulteriore inasprimento della condanna di un anno e mezzo. Da tre mesi non si hanno invece notizie da Maria Kolesnikova, una delle tre leader dell’opposizione nel 2020 che ha scontato il primo anno di carcere degli 11 a cui è stata condannata: a inizio dicembre è stata ricoverata in ospedale in gravi condizioni di salute.
    La presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche in Bielorussia, Sviatlana Tsikhanouskaya (credits: John Thys / Afp)
    Intanto il Parlamento nazionale e l’autoproclamato presidente Lukashenko hanno approvato gli emendamenti alla legislazione sulla cittadinanza del 2002, introducendo la possibilità di privare della cittadinanza i bielorussi all’estero condannati per reati di “partecipazione a un’organizzazione estremista” o “grave danno agli interessi della Bielorussia”, anche in assenza dell’imputato a processo. Una legge tagliata su misura della leader delle forze democratiche Tsikhanouskaya, il cui processo in contumacia è iniziato lo scorso 17 gennaio: l’ennesima “farsa che non ha niente a che fare con la giustizia”, è stato l’attacco della presidente ad interim riconosciuta dall’Ue nel corso della sessione plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) della scorsa settimana.

    “È un insulto alla giustizia”, è l’attacco della presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola. Il fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna accusato di contrabbando di denaro e di finanziamento delle proteste dal regime dell’autoproclamato presidente Lukashenko

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    La leader bielorussa Tsikhanouskaya esorta a distinguere tra popolo e regime: “Lukashenko alleato di Putin, noi con Kiev”

    Bruxelles – Ripartire dalla società civile per impedire alla Russia di Putin di continuare a sfruttare la Bielorussia come un sostegno e uno Stato vassallo nella guerra contro l’Ucraina. Ma anche per mettere fine a generalizzazioni e discriminazioni nei confronti del popolo bielorusso (e verrebbe da estendere il ragionamento anche a quello russo) come co-belligerante al fianco del Cremlino, anche chi lotta contro il regime di Alexander Lukashenko. Con questi messaggi rivolti a Bruxelles e ai 27 Paesi membri Ue è intervenuta oggi (22 febbraio) alla sessione plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche in Bielorussia, Sviatlana Tsikhanouskaya.
    Da sinistra: la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche in Bielorussia, Sviatlana Tsikhanouskaya, e la presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese), Christa Schweng (22 febbraio 2023)
    “Sono qui in questa Aula a nome del popolo bielorusso”, ha rivendicato Tsikhanouskaya, aprendo il suo discorso di fronte ai rappresentanti della società civile, dei lavoratori e dei datori di lavoro dell’Ue ed elogiandone l’operato: “È cruciale che l’Ue implementi le raccomandazioni del report sui media indipendenti in Bielorussia“, perché “siamo in un momento decisivo per l’Europa, il suo destino si decide sul campo di battaglia in Ucraina ma anche in tutte le capitali europee“. È qui che si inserisce la necessità di supportare la società civile bielorussa: “O difendiamo la democrazia, o lasciamo i dittatori vincere”, ha incalzato la presidente ad interim. Dopo l’esito truccato delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020, “sono 1.500 i prigionieri politici in tutto il Paese e il numero cresce ogni giorno“, mentre nelle prigioni del regime di Lukashenko “vengono negati i diritti umani basilari”.
    Continuando il suo intervento alla plenaria del Cese, Tsikhanouskaya ha ricordato come “nel suo disperato tentativo di rimanere al potere, Lukashenko sta cercando di colpire anche chi è all’estero” con gli emendamenti alla legislazione sulla cittadinanza del 2002, che hanno introdotto la possibilità di privare della cittadinanza chi è condannato per reati di “partecipazione a un’organizzazione estremista” o “grave danno agli interessi della Bielorussia” – anche in assenza dell’imputato a processo – e rendendo queste persone potenziali apolidi. A questo si aggiunge il voto favorevole di lunedì (20 febbraio) del “Parlamento fantoccio” alla possibilità di punire con la pena di morte soldati e ufficiali per tradimento: in altre parole “chi critica il regime può essere fucilato”.
    L’intervento della presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche in Bielorussia, Sviatlana Tsikhanouskaya, alla sessione plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo (22 febbraio 2023)
    La leader delle forze di opposizione è direttamente coinvolta nella repressione del regime, anche se ormai da due anni e mezzo esule in Lituania. Lo scorso 17 gennaio è iniziato il processo in contumacia a suo carico, “una farsa che non ha niente a che fare con la giustizia”, ha attaccato Tsikhanouskaya, ricordando come suo marito, Siarhei Tsikhanouski, stia affrontando nuove accuse penali – dopo essere stato imprigionato il 29 maggio del 2020 con l’obiettivo di impedirgli di partecipare alle elezioni presidenziali e già condannato a 18 anni di reclusione – “per spezzarlo e fare pressione su di me”. Tsikhanouskaya ha poi ricordato Ales Bialiatski, fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2022, che rischia dai 7 ai 12 anni di carcere per le accuse di contrabbando di denaro e di finanziamento delle proteste. In carcere c’è anche Maria Kolesnikova, una delle tre leader dell’opposizione nel 2020, che a inizio dicembre è stata ricoverata in ospedale in gravi condizioni e da allora non sono più arrivate notizie. “Non riusciranno a spezzarci, siamo più forti, e intanto la dissidenza continua in piccoli gruppi sotterranei”, ha sottolineato con forza la leader dell’opposizione.
    Tra Bielorussia e Ucraina
    La situazione interna è direttamente collegata allo scenario bellico nel Paese confinante. “Bielorussia e Ucraina stanno combattendo lo stesso demone, cioè l’imperialismo della Russia, la nostra lotta è intrecciata”, ha assicurato Tsikhanouskaya, richiamandosi a quanto già dichiarato a ottobre dello scorso anno di fronte ai membri della commissione Affari esteri (Afet) del Parlamento Europeo: “Dalla vittoria dell’Ucraina dipende il futuro democratico in Bielorussia e viceversa”, dal momento in cui il regime di Lukashenko “minaccia non solo il suo popolo, ma anche i nostri vicini ucraini”. È l’autoproclamato presidente bielorusso ad aver “permesso, facilitato ed essersi unito alla Russia in questa guerra in Ucraina” e, mentre il Parlamento Ue continua a chiedere un allineamento delle misure restrittive contro Minsk a quelle applicate a Mosca, la leader delle forze democratiche propone “una task force per controllare l’applicazione delle sanzioni, perché non devono essere aggirate”.
    Allo stesso tempo i Ventisette devono evitare di cadere in un errore grossolano nei confronti del popolo bielorusso (e, di nuovo, il discorso dovrebbe essere esteso anche al popolo russo). “Da quando è scoppiata la guerra, i bielorussi che vivono all’estero subiscono discriminazioni, anche chi combatte contro il tiranno Lukashenko”. Ma è una questione cruciale “distinguere tra il popolo e il regime” in Bielorussia: “Il popolo che vuole libertà e indipendenza sta con Kiev, il regime invece collabora ed è alleato di Putin, anche Lukashenko deve essere portato davanti alla giustizia internazionale”. A Bruxelles e in tutte le capitali europee “va ascoltata la voce del popolo”, che indica come “illegale” la scelta di sospendere il Partenariato orientale: “Per noi è uno strumento cruciale per aiutare il nostro popolo e per continuare la strada che ci porta nell’Ue”, ha concluso con decisione la leader bielorussa Tsikhanouskaya, appoggiata dalla presidente del Cese, Christa Schweng: “Tutti i politici autoritari hanno paura del potere del popolo, investire in Bielorussia significa investire in Europa”.

    🗣️@Tsihanouskaya at the #EESCplenary:
    “The future of Europe is being decided right now on the battlefields of Ukraine, in the Belarusian underground resistance, and in 🇪🇺 capitals.
    Are we as Europeans able to defend democratic values or will we let tyrannies take over again?” pic.twitter.com/UOmX5O42dV
    — EESC President Christa Schweng (@EESC_President) February 22, 2023

    Nel suo intervento alla sessione plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo, la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue ha denunciato le “discriminazioni dei bielorussi all’estero da quando è scoppiata la guerra, ma stiamo combattendo lo stesso demone”

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    L’Ue condanna la legge bielorussa che permette di privare gli oppositori all’estero della cittadinanza (rendendoli apolidi)

    Bruxelles – Una nuova stretta del regime di Alexander Lukashenko contro l’opposizione dentro e fuori la Bielorussia, per privare dei diritti umani di base chi tenta di denunciare l’oppressione che si aggrava giorno dopo giorno nel Paese alleato della Russia di Vladimir Putin. L’Assemblea nazionale della Bielorussia ha dato il via libera agli emendamenti alla legislazione sulla cittadinanza del 2002, introducendo la possibilità di privare della cittadinanza i bielorussi all’estero condannati per reati di “partecipazione a un’organizzazione estremista” o “grave danno agli interessi della Bielorussia”, anche in assenza dell’imputato a processo. Si attende ora la ratifica dell’autocrate Lukashenko, mentre l’Ue denuncia “l’ulteriore passo in avanti nella brutale persecuzione del regime bielorusso nei confronti di tutte le voci indipendenti”.
    L’autoproclamato presidente bielorusso, Alexander Lukashenko
    Il disegno di legge approvato dall’Assemblea nazionale della Bielorussia elenca 55 articoli del Codice penale che potrebbero essere considerati per i due reati, già utilizzati da due anni nei processi a sfondo politico. Secondo i dati pubblicati dall’organizzazione bielorussa per i diritti umani Viasna, più di 200 prigionieri politici sono stati accusati di “incitamento all’odio” (articolo 130), 148 di “partecipazione a disordini di massa” (articolo 293) e 140 di “violenza o minaccia di violenza contro un ufficiale delle forze dell’ordine” (articolo 364). A questo si associa anche l’emendamento del Codice penale dello scorso luglio, che autorizza le cosiddette “procedure speciali” per processi penali senza la presenza dell’imputato (per reati come “tentati atti di terrorismo” è stata reintrodotta la pena di morte), in aperta violazione del diritto a un processo equo.
    “I rappresentanti delle forze democratiche, dei media e della società civile, che hanno abbandonato il Paese per sfuggire alle persecuzioni, potrebbero così rischiare di diventare apolidi“, è quanto denuncia la portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Nabila Massrali. Si tratterebbe, in altre parole, di una “violazione del diritto internazionale“, dal momento in cui l’articolo 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo “tutela il diritto alla cittadinanza e ne vieta la privazione arbitraria”. Ma allo stesso tempo la legge violerebbe anche la stessa Costituzione bielorussa, che all’articolo 10 stabilisce che “nessuno può essere privato della cittadinanza bielorussa”. Ad agosto le disposizioni erano state introdotte per revocare la cittadinanza a chi è stato naturalizzato e successivamente condannato per reati contro lo Stato, ma ora la portata della legge si estende a tutti gli oppositori, anche a chi è nato nel Paese e non possiede altra cittadinanza se non quella bielorussa.
    La presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche bielorusse, Sviatlana Tsikhanouskaya, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (16 dicembre 2020)
    La denuncia di Bruxelles sulla “crescente illegalità in Bielorussia” – rappresentata dai nuovi emendamenti alla legislazione sulla cittadinanza del 2002 – si lega alla detenzione di “più di 1440 prigionieri politici, spesso in condizioni disumane” (erano mille a inizio anno), oltre al fatto che “i processi si svolgono a porte chiuse e le sentenze vengono emesse in contumacia”, ha ricordato la portavoce del Seae. Dopo le proteste di massa dell’agosto 2020 contro il risultato truccato delle elezioni presidenziali e le repressioni che ne sono seguite, migliaia di cittadini sono fuggiti dalla Bielorussia (compresa la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche, Sviatlana Tsikhanouskaya), mentre altri – come la compagna di campagna elettorale Maria Kolesnikova – sono rimasti nel Paese a guidare l’opposizione a Lukashenko. Tra il 2020 e il 2021 si è registrato un aumento di rifugiati e richiedenti asilo bielorussi a livello globale presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) da 7.837 a 11.431. La maggior parte è fuggita in Polonia, Lituania, Lettonia, Germania, Repubblica Ceca, Estonia, Ucraina (prima dell’inizio dell’invasione russa) e Georgia.

    Lo prevedono gli emendamenti alla legislazione del 2002, approvati dall’Assemblea nazionale, nei casi di condanna per reati di “partecipazione a un’organizzazione estremista”, anche senza la presenza dell’imputato. Per Bruxelles si tratta di “violazione del diritto internazionale”

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    Le notizie sullo stato di salute dell’oppositrice bielorussa Maria Kolesnikova preoccupano l’Ue: “Sia subito liberata”

    Bruxelles – Maria Kolesnikova, una delle tre leader di spicco dell’opposizione bielorussa, ha scontato il primo anno di carcere degli 11 a cui è stata condannata, ma le notizie che arrivano da Gomel (nel Sud-est del Paese) sono sempre più preoccupanti. “Maria Kolesnikova è stata ricoverata in ospedale in gravi condizioni, all’avvocato viene negato l’accesso e la diagnosi è tenuta segreta”, ha reso noto il suo entourage, che su Twitter tiene accesi i riflettori su quanto sta vivendo da dietro le sbarre la donna che dall’interno del Paese ha denunciato le violazioni dei diritti fondamentali da parte del regime di Alexander Lukashenko.
    La leader dell’opposizione Maria Kolesnikova e il membro del Presidium del Consiglio di coordinamento Maksim Znak
    Quello che si sa al momento è che né al suo avvocato né al padre viene concesso l’accesso alla stanza dell’ospedale, così come alla diagnosi, con la motivazione della “assenza del consenso scritto di Maria”, riportano i portavoce dell’attivista. Fonti non confermate affermano allo stesso entourage dell’oppositrice bielorussa che “potrebbe avere una perforazione dello stomaco“. La notizia ha raggiunto ieri (mercoledì 30 novembre) anche Bruxelles, con una nuova presa di posizione netta del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae).
    Il portavoce Peter Stano ha messo in chiaro che l’Ue è “estremamente preoccupata” per lo stato di salute di Kolesnikova: “Il regime deve garantirle cure mediche urgenti e adeguate e rilasciarla immediatamente“, dal momento in cui “hanno la responsabilità della sua salute”, ha ribadito oggi (giovedì primo dicembre) nel punto quotidiano con la stampa. Si tratta di una “detenzione illegale, è una prigioniera politica”, ha precisato con forza Stano.

    The diagnosis was not disclosed even to her father. Reason: absence of Maria’s written consent. Unconfirmed sources say Maria might have stomach perforation.
    — Maria Kalesnikava (@by_kalesnikava) November 30, 2022

    Bruxelles continua a ribadire anche la richiesta di “rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici“, il cui numero ha superato i 1350, come ha recentemente reso noto la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche bielorusse, Sviatlana Tsikhanouskaya. “L’Ue sta portando il caso nei forum internazionali con i nostri partner”, ha aggiunto Stano nel punto con la stampa europea, ricordando ciò che Bruxelles ha già fatto: “Abbiamo introdotto sanzioni contro la repressione delle violenze” interne al Paese, oltre a quelle per il coinvolgimento di Minsk nella guerra russa in Ucraina.
    “Sappiamo che ai prigionieri politici in Bielorussia viene negata un’adeguata assistenza medica”, ha denunciato su Twitter Tsikhanouskaya: “È impossibile immaginare cosa abbia passato Maria Kolesnikova nella cella di punizione“. La leader dell’opposizione al regime dell’autoproclamato presidente Lukashenko ha poi avvertito che “senza maggiori informazioni e senza avere accesso a lei, non possiamo essere certi che stia ricevendo le cure adeguate”.

    We know that political prisoners in Belarus are being denied proper medical care. It is impossible to imagine what Maria Kalesnikava has been going through in the punishment cell. Without more information & access to her, we can’t be sure she is getting the proper treatment. pic.twitter.com/zkCNZVKKuQ
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) November 30, 2022

    La vicenda di Maria Kolesnikova
    Kolesnikova è la figura politica di opposizione più importante rimasta in Bielorussia. Quasi tutti gli altri leader, inclusa Tsikhanouskaya, si trovano in esilio all’estero. L’attivista era una delle due compagne di campagna elettorale di Tikhanovskaya durante le elezioni del 9 agosto 2020, insieme a Veronika Tsepkalo. Kolesnikova, flautista e insegnante di musica, era entrata in politica seguendo la campagna di un altro politico dell’opposizione, l’ex banchiere Viktor Babaryko, a cui era però stata impedita la corsa alle presidenziali con l’arresto. Quando a Tsikhanouskaya, insegnante e traduttrice di inglese senza esperienza politica, era stato concesso di candidarsi, Kolesnikova e Tsepkalo l’avevano sostenuta durante le manifestazioni e la campagna elettorale, elaborando un segno distintivo per ciascuna: un pugno alzato per Tsikhanouskaya, un cuore per Kolesnikova e il segno di vittoria per Tsepkalo.
    Da sinistra, le tre leader dell’opposizione alle elezioni in Bielorussia nel 2020: Veronika Tsepkalo, Sviatlana Tsikhanouskaya e Maria Kolesnikova
    Dopo l’esito truccato delle elezioni presidenziali – in cui Lukashenko aveva annunciato la propria rielezione con l’80 per cento dei voti – l’attivista era rimasta l’unica delle tre politiche a guidare le decine di migliaia di manifestanti scesi in piazza. Il 31 agosto aveva annunciato di voler lanciare con la squadra di Babaryko un nuovo partito, “Insieme”, per spingere sulla questione della riforma costituzionale, oltre alle dimissioni dell’autocrate Lukashenko. Questo prima dell’inizio della sua repressione da parte del regime. Il 7 settembre l’attivista 40enne era stata rapita dai servizi segreti bielorussi a Minsk in pieno giorno. Portata alla frontiera con l’Ucraina, le autorità avevano tentato di espellerla dal Paese, ma Kolesnikova si era opposta e aveva distrutto il suo passaporto. A quel punto era stata arrestata e portata in isolamento nel carcere della capitale, dove il 10 settembre la sua avvocata aveva potuto incontrarla.
    Il 6 settembre dello scorso anno Kolesnikova (insieme con il membro del Presidium del Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa Maksim Znak) è stata condannata dal tribunale regionale di Minsk a 11 di carcere. Entrambi gli oppositori sono stati ritenuti colpevoli di aver incitato la popolazione a “commettere azioni contro la sicurezza nazionale della Bielorussia, di cospirazione per impadronirsi del potere con mezzi incostituzionali e di creazione e direzione di una formazione estremista”, è stata la sentenza del tribunale.

    The regime sentenced Maria Kalesnikava & Maksim Znak to 11 & 10 years in prison. We demand the immediate release of Maria & Maksim, who aren’t guilty of anything. It’s terror against Belarusians who dare to stand up to the regime. We won’t stop until everybody is free in Belarus. pic.twitter.com/RbnefQzX0q
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) September 6, 2021

    Una delle tre leader dell’opposizione a Lukashenko, condannata a 11 anni di prigione nel 2021, è ricoverata in ospedale in gravi condizioni. Da Bruxelles arriva l’ennesima denuncia al regime di Minsk: “Deve garantirle cure mediche urgenti e adeguate e rilasciare tutti i prigionieri politici”

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    La denuncia della leader delle forze democratiche bielorusse Tsikhanouskaya: “Stanziamento permanente truppe russe”

    Bruxelles – L’attacco è diretto e durissimo, perché ormai “l’esistenza stessa della Bielorussia è in gioco”. Nel suo intervento davanti agli eurodeputati della commissione Affari esteri (Afet) di questa mattina (giovedì 13 ottobre), la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche bielorusse, Sviatlana Tsikhanouskaya, non usa giri di parole per denunciare quello che l’autoproclamato presidente, Alexander Lukashenko, sta facendo del Paese: “Sta cercando di legalizzare lo stanziamento permanente di truppe russe sul nostro territorio nazionale, ma questa noi la chiamiamo occupazione”.
    La presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche bielorusse, Sviatlana Tsikhanouskaya, con il presidente della commissione Affari esteri del Parlamento Ue, David McAllister (13 ottobre 2022)
    La situazione interna nel Paese è particolarmente preoccupante, con il numero di prigionieri “in condizioni di detenzione disumane” che “aumenta ogni giorno ed è arrivato oggi a 1350 cittadini”, oltre a “più di 50 mila persone arrestate e torturate dal Kgb e centinaia di migliaia scappati prima verso l’Ucraina e poi dalla guerra russa” contro Kiev. La leader delle forze democratiche in Bielorussia ha ricordato che “negli ultimi due anni la tragedia nazionale è rimasta davanti ai nostri occhi, avvelenando la regione fino a una guerra sanguinosa” in Ucraina, la cui responsabilità è “tutta dell’imperialismo russo”. Oggi l’Europa e la Bielorussia pagano “il prezzo della nostra miopia” – come aveva già avvertito nell’intervento alla sessione plenaria dell’Eurocamera nel novembre dello scorso anno – perché nel frattempo “con gli accordi con Putin, Lukashenko ha venduto la nostra sovranità e distrutto la società civile e ogni collegamento con l’Unione Europea“. In altre parole, “ha svenduto l’anima della nostra nazione”, ha attaccato in mezzo agli applausi di sostegno degli eurodeputati in aula.
    Dopo l’annuncio del dispiegamento congiunto di parte dell’esercito bielorusso con le forze russe lungo il confine meridionale con l’Ucraina, l’autocrate bielorusso “vuole trasformare il Paese in una piattaforma per terrorizzare la Polonia e l’est Europa e minacciare la Nato“, ed è stata definita una “vergogna” il via libera al lancio dei missili sull’Ucraina e i colloqui Minsk-Mosca per “stanziare armamenti nucleari in Bielorussia” (a partire dalla decisione di abbandonare lo status di Paese non-nucleare sancito dalla Costituzione nazionale a pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina). Tsikhanouskaya ha messo in chiaro che sono tre le azioni che devono essere prese “immediatamente”: l’uscita di Minsk dal conflitto nella regione, la cacciata di “ogni soldato russo” dalla Bielorussia e l’imputazione di “tutti coloro che sono coinvolti negli attacchi all’Ucraina”, bielorussi compresi.
    A proposito di quest’ultimo punto, la leader bielorussa ha esortato le istituzioni comunitarie ad agire contro il regime Lukashenko, “anche lui un criminale di guerra”, e privarlo “di ogni scappatoia per evadere le sanzioni” internazionali, che hanno colpito anche Minsk: “Dobbiamo rimanere fermi e uniti, perché i dittatori cercano di dividerci”, ha messo in guardia Tsikhanouskaya. Chiamando Lukashenko “il fantoccio di Putin”, un altro avvertimento è quello di “non seguire il suo gioco di scambiare oppositori politici in cambio di un alleggerimento delle sanzioni, perché poi si terrebbe i soldi e ne metterebbe altri in prigione”. Un passaggio particolarmente delicato per la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue, considerato il fatto che nei centri di detenzione del regime bielorusso c’è anche il marito Siarhei Tsikhanouski, condannato nel dicembre dello scorso anno a 18 anni di detenzione.
    L’ultimo appello di Tsikhanouskaya agli eurodeputati ha riguardato la ricostruzione di una Bielorussia “libera e democratica”. Per farlo, “chiedo al Parlamento Europeo di seguire l’esempio del Consiglio d’Europa, che per la prima volta ha deciso di non lavorare con il governo bielorusso ma con il nostro movimento democratico”. Ricordando l’invito al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a costruire un’alleanza tra Kiev e il movimento democratico a livello politico e diplomatico – “perché il destino delle nostre nazioni è intrecciato” – Tsikhanouskaya ha incalzato i membri della commissione Afet sul fatto che “una Bielorussia libera sarà lo strumento migliore contro Putin, un confine di mille chilometri sicuro e non più una minaccia per l’Europa”.

    I addressed President Zelenskyy today & proposed to build an alliance between Ukraine & democratic Belarus. To establish political & diplomatic relations. Because the fates of our nations are intertwined. We are ready for cooperation & we #StandWithUkraine🇺🇦 pic.twitter.com/LVjX2VK0Uo
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) October 11, 2022

    La presidente legittima riconosciuta dall’Ue si è rivolta agli eurodeputati della commissione Affari esteri per chiedere di “rimanere fermi sulle sanzioni” contro Alexander Lukashenko, “il fantoccio di Putin” che sta “vendendo l’anima del Paese consentendo al Cremlino attacchi all’Ucraina”

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    Lukashenko schiera l’esercito al confine con l’Ucraina. L’Ue: “La Bielorussia si astenga da escalation del conflitto”

    Bruxelles – L’escalation del conflitto tra Russia e Ucraina sfonda il fronte settentrionale e rischia di coinvolgere direttamente un nuovo attore: la Bielorussia dell’autoproclamato presidente Alexander Lukashenko. Dopo i sette mesi e mezzo di supporto indiretto e logistico all’esercito russo nell’aggressione armata dell’Ucraina, Minsk è a un passo dall’entrare nella guerra anche sul piano militare, dopo l’annuncio dello stesso Lukashenko della volontà di schierare l’esercito lungo il confine con il Paese invaso dalle forze del Cremlino.
    Da sinistra: gli autocrati bielorusso, Alexander Lukashenko, e russo, Vladimir Putin
    Le giustificazioni per un possibile cambio di rotta sono del tutto pretestuose, con accuse infondate a Kiev e alla Nato di essere pronti a preparare un attacco su larga scala al territorio bielorusso: “Gli attacchi sono già pianificati dall’Ucraina”, riporta l’agenzia di stampa russa Tass, citando le parole dell’autocrate bielorusso, che addirittura ventila l’uso di “armi nucleari” da parte dell’Alleanza Atlantica. “Ci stiamo preparando da decenni, se necessario risponderemo”, ha minacciato Lukashenko, specificando di averne discusso con Putin a San Pietroburgo e di aver accordato il dispiegamento congiunto delle truppe “nella regione”.
    L’esercito della Bielorussia conta approssimativamente 60 mila soldati (oltre a 300 mila riservisti), di cui circa 4.500 sono schierati da fine febbraio in battaglioni-tattici nelle zone di confine, soprattutto con l’Ucraina. Dall’inizio dell’invasione russa, Minsk ha fornito punti di appoggio all’esercito del Cremlino sul fronte ucraino nord-orientale e ha concesso il dispiegamento di armamenti russi sul territorio nazionale. Dopo l’abbattimento parziale del ponte tra Russia e Crimea nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 ottobre, il teatro di guerra in Ucraina si è infiammato, con un nuovo coinvolgimento della Bielorussia di Lukashenko. Secondo le accuse dell’esercito ucraino e del presidente Volodymyr Zelensky, la Russia avrebbe lanciato l’attacco di ieri mattina (lunedì 10 ottobre) su Kiev e altri grandi centri urbani utilizzando non solo missili dalla Crimea ma anche droni iraniani dal territorio bielorusso. Una dimostrazione che Lukashenko, con le sue dichiarazioni contro Kiev e la Nato, sta cercando di ribaltare di 360 gradi causa ed effetto dell’aggressione.
    “Abbiamo preso nota delle false accuse del regime di Lukashenko, sono accuse infondate, ridicole, inaccettabili”, ha messo in chiaro il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano: “L’Ucraina è la vittima, il regime bielorusso deve astenersi da qualsiasi coinvolgimento dall’escalation” nel conflitto tra Mosca e Kiev. Anche la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue, Sviatlana Tsikhanouskaya, ha denunciato che “l’Ucraina non rappresenta una minaccia per la Bielorussia, è una bugia di Lukashenko per giustificare la sua complicità nel terrore” contro Kiev. In un appello sui canali social Tsikhanouskaya ha invitato i militari bielorussi a “non eseguiee gli ordini criminali, rifiutatevi di partecipare alla guerra di Putin contro i nostri vicini”, perché Lukashenko sta anche violando “la nostra sicurezza nazionale”.

    Lukashenka & Putin are dragging Belarus into a full-scale war against Ukraine. Let Lukashenka know that he will face the strongest sanctions & complete political isolation. Both dictators are war criminals & must appear before the tribunal. pic.twitter.com/7xrcxTWh0P
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) October 10, 2022

    È di oggi la notizia che Tsikhanouskaya avrà a sua disposizione un ufficio offertole dal governo fiammingo (la Regione federale del Nord del Belgio), vicino alle istituzioni europee e al quartier generale della Nato, come annunciato dal ministro-presidente delle Fiandre, Jan Jambon. La presidente ad interim della Bielorussia e il suo team si trasferiranno nell’ufficio domani (mercoledì 12 ottobre), quando Jambon (esponente di N-VA, partito autonomista delle Fiandre) le consegnerà ufficialmente la chiave. In questo modo, il governo locale vuole dimostrare che “le Fiandre sostengono il movimento di opposizione pacifica contro il regime dittatoriale in Bielorussia“.

    L’autoproclamato presidente bielorusso ha annunciato di aver ordinato a parte delle forze armate di schierarsi lungo la frontiera meridionale con le forze russe, in riposta alla “minaccia nucleare della Nato”. Il governo delle Fiandre offre un ufficio alla presidente riconosciuta dall’Ue Sviatlana Tsikhanouskaya

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    Ue contro Lukashenko sulla visita ai separatisti dell’Abhkazia: “Viola sovranità della Georgia e diritto internazionale”

    Bruxelles – Il silenzio dell’autoproclamato presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, sulla scena internazionale è tornato a rompersi e le provocazioni fanno un rumore assordante. “L’Unione Europea condanna duramente la visita di Lukashenko in Abhkazia, viola la sovranità della Georgia e il diritto internazionale”, ha attaccato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, parlando oggi (giovedì 29 settembre) con la stampa europea e ribadendo che “ha comunque perso da tempo qualsiasi legittimità anche in Bielorussia”.
    Le accuse da Bruxelles hanno rinforzato quelle di Tbilisi, dopo il volo dell’autocrate bielorusso nell’autoproclamata Repubblica Autonoma di Abkhazia per incontrare le autorità di Sokhumi. “Si tratta di una violazione inaccettabile della legge georgiana sui territori occupati, dei principi delle nostre relazioni bilaterali e del diritto internazionale”, ha denunciato su Twitter la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili. Il governo georgiano ha esortato Minsk a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale del Paese caucasico all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e di non intraprendere azioni che contraddicano i principi fondamentali del diritto internazionale.
    Nell’agosto del 1992 era scoppiato un conflitto tra l’esercito georgiano e i separatisti abkhazi (sostenuti dalla Russia), durato oltre un anno. Sedici anni dopo, sempre nel mese di agosto l’esercito di Vladimir Putin aveva invaso per cinque giorni il territorio della Georgia. Da allora Tbilisi ha di fatto perso il controllo non solo dell’Abkhazia, ma anche dell’Ossezia del Sud, che sono state riconosciute come Stati indipendenti dalla Russia, con il dispiegamento di migliaia di soldati nell’area per aumentare la propria influenza nella regione della Ciscaucasia (dove è stato represso nel sangue l’indipendentismo ceceno con due guerre tra il 1994 e il 2009). Nessuna delle due autoproclamate Repubbliche è riconosciuta come indipendente e sovrana dalla comunità internazionale.

    I strongly condemn Aleksandr Lukashenko’s visit to occupied Abkhazia. This is an unacceptable violation of Georgia’s Law on Occupied Territories and of the principles of our bilateral relations and international law.
    — Salome Zourabichvili (@Zourabichvili_S) September 28, 2022

    Ma non è solo la questione georgiana a sollevare preoccupazioni per l’atteggiamento di Lukashenko. Come riportano le fonti del Presidium del Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa, Minsk sarebbe pronta a ospitare oltre 120 mila soldati russi nella campagna militare invernale in Ucraina tra novembre e febbraio, in particolare tra i 300 mila riservisti richiamati alle armi da Putin la settimana scorsa. In aggiunta, l’autoproclamato presidente bielorusso potrebbe anche impegnarsi a fornire 100 mila soldati per una nuova offensiva “su larga scala”, dopo sette mesi di invasione che non stanno dando i risultati sperati dal Cremlino. “Ogni soldato russo deve lasciare la Bielorussia, non possiamo permettere che la Russia continui a usare il nostro Paese come base per gli attacchi contro l’Ucraina“, ha denunciato la presidente ad interim della Bielorussia riconosciuta dall’Unione Europea, Sviatlana Tsikhanouskaya: “Se le forze armate russe invieranno truppe mobilitate e ulteriori attrezzature sul nostro territorio, i bielorussi faranno tutto il possibile per sabotare la loro macchina da guerra”.

    Every Russian soldier must leave Belarus. We can’t allow 🇷🇺 to continue using our country as a staging ground for attacks on 🇺🇦. If the 🇷🇺 armed forces send mobilized troops & more equipment to our territory, Belarusians will do everything possible to sabotage their war machine. pic.twitter.com/ZGo4j4On8C
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) September 29, 2022

    Il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano, ha attaccato l’autoproclamato presidente bielorusso, volato nel territorio separatista riconosciuto da Mosca e pronto a ospitare oltre 120 mila riservisti russi nella campagna militare invernale in Ucraina