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    La Commissione Ue ha effettuato il primo pagamento di 4,5 miliardi con lo Strumento per l’Ucraina

    Bruxelles – Lo Strumento per l’Ucraina entra ufficialmente in funzione con il primo pagamento da Bruxelles a Kiev, a poco più di un mese dall’intesa tra le istituzioni dell’Unione Europea per la messa a terra di un supporto macro-finanziario stabile e prevedibile fino al 2027. “Abbiamo appena pagato all’Ucraina la prima tranche di 4,5 miliardi di euro in forma di finanziamento ponte, è cruciale per mantenere il funzionamento dello Stato in un momento così difficile”, è quanto annunciato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in un punto con la stampa di Bruxelles oggi (20 marzo) al fianco del primo ministro ucraino, Denys Shmyhal.

    L’esborso della prima tranche di finanziamenti dallo Strumento per l’Ucrina – che in quattro anni mobiliterà 50 miliardi di euro a sostegno di salari pubblici, pensioni e servizi pubblici di base del Paese in guerra – si iscrive nel contesto della presentazione del Piano per l’Ucraina, uno dei tre pilastri del nuovo strumento finanziario dell’Unione. “L’impegno del governo ucraino nel definire il Piano è impressionante, perché sono passati solo 19 giorni da quando è entrato in vigore lo Strumento”, ha ricordato la presidente von der Leyen, parlando del programma che “definisce come l’Ucraina tornerà a una rapida crescita e inizierà a riprendersi dalle perdite che ha comportato la guerra”. Al momento la Commissione ha potuto fornire un sostegno eccezionale – un finanziamento ponte – fino al semaforo verde per l’adozione del Piano per l’Ucraina, subordinato al soddisfacimento di condizioni politiche e di obblighi di rendicontazione: “Se arriverà una valutazione positiva, ad aprile erogheremo una seconda tranche di 1,5 miliardi di euro“, ha anticipato von der Leyen.Nel frattempo i servizi del Berlaymont dovranno iniziare a valutare “attentamente” il Piano che garantirà il flusso regolare di finanziamenti fino al 2027. Si dovrebbe trattare di un programma che presenta “lo stesso approccio sviluppato nell’Ue” e che “combina riforme e investimenti per spingere la crescita e l’avvicinamento all’Unione”, ha rimarcato von der Leyen. L’esecutivo Ue dovrà valutare anche se le misure proposte dall’Ucraina possono garantire “un livello adeguato” di protezione degli interessi finanziari dell’Unione, dopodiché arriverà una raccomandazione al Consiglio per attuare il Piano (entro un mese) con gli indicatori delle riforme e degli investimenti necessari per l’erogazione del sostegno finanziario. Alla conclusione di questo iter Kiev potrà beneficiare immediatamente di un prefinanziamento da 1,9 miliardi di euro, a cui seguiranno pagamenti trimestrali regolari: “È il più grande programma di supporto per l’Ucraina, tre volte maggiore del sostegno del Fondo Monetario Internazionale, e sarà un punto di riferimento per altri donatori”, ha sottolineato von der Leyen.A precisare come si svilupperà l’azione di Kiev secondo il Piano presentato oggi al Berlaymont è stato lo stesso premier Shmyhal: “Il Piano copre circa 70 aree attraverso riforme strutturali nel settore pubblico ed economiche per sviluppare il clima imprenditoriale nell’energia, nella logistica, nell’agricoltura, nelle materie prime critiche e nelle tecnologie dell’informazione”. Inoltre, degli oltre 50 miliardi previsti dallo Strumento per l’Ucraina, l’intenzione del governo ucraino è quella di stanziare “38,8 milioni come supporto al budget, 7 miliardi per stimolare gli investimenti per l’economia e attrarre investimenti, e 4,7 miliardi per implementare le riforme e le capacità delle autorità pubbliche”, ha messo in chiaro il primo ministro Shmyhal.Come funziona lo Strumento per l’UcrainaPer quanto riguarda gli stanziamenti previsti da Bruxelles, 17 miliardi di euro in sovvenzioni saranno mobilitati attraverso lo Strumento per l’Ucraina concordato dai 27 leader Ue nel contesto del Quadro finanziario pluriennale rivisto, mentre 33 miliardi in prestiti saranno garantiti dalla riserva di risorse proprie, proprio come fatto per il finanziamento nell’ambito dell’Assistenza macro-finanziaria Plus (Amf+) che ha mobilitato 18 miliardi in tutto il 2023. Nell’ambito del Piano per l’Ucraina, Kiev potrà richiedere un prefinanziamento fino al 7 per cento, con “una quota significativa” dei primi due pilastri destinata agli investimenti verdi e un’altra parte del Quadro per gli investimenti riservata alle piccole e medie imprese.

    Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr ZelenskyConsiderato il fatto che il Paese si trova ancora in guerra sarà concessa una certa flessibilità nella gestione del bilancio, ma il prerequisito per il sostegno attraverso il nuovo strumento finanziario è sempre quello di rispettare i meccanismi democratici: sistema parlamentare multipartitico, Stato di diritto, diritti umani e delle persone appartenenti a minoranze. Il Regolamento che istituisce lo Strumento per l’Ucraina garantisce che la Verchovna Rada (il Parlamento ucraino) e le organizzazioni della società civile siano “debitamente informati e consultati” sulla progettazione e sull’attuazione del primo pilastro sulle intenzioni di ripresa e riforme per l’adesione Ue. Sul fronte Ue, in Consiglio è previsto un dibattito annuale a partire dalle apposite relazioni della Commissione sull’attuazione dello Strumento, mentre l’Eurocamera potrà invitare l’esecutivo comunitario a discuterne almeno ogni quattro mesi. A questo riguardo il Regolamento include un quadro di valutazione per rendere più semplice il monitoraggio dei progressi delle varie fasi, compresa una panoramica degli elementi sociali, economici e ambientali del Piano per l’Ucraina.

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    Intesa Ue sulla proroga allo stop dei dazi per le importazioni ucraine. Ma con tutele per gli agricoltori europei

    Bruxelles – Un altro anno di stop ai dazi sulle importazioni alimentari dall’Ucraina, nonostante le difficoltà a più riprese iniziate prima alle frontiere orientali dell’Unione nel 2023 e poi riverberatesi in quasi tutti i Paesi membri nel corso degli ultimi mesi. Dopo un ultimo breve negoziato inter-istituzionale tra Parlamento e Consiglio dell’Ue, nelle prime ore di oggi (20 marzo) i due co-legislatori sono arrivati a un’intesa provvisoria sulla proroga delle misure di liberalizzazione commerciale per l’Ucraina fino al 5 giugno 2025, ma con due ‘freni di emergenza’ nel caso di difficoltà per gli agricoltori europei.

    La sospensione temporanea dei dazi all’importazione e delle quote sulle esportazioni agricole ucraine verso l’Ue introdotta per la prima volta nell’aprile 2022 e rinnovata nel maggio dello scorso anno – seppur con alcune misure restrittive temporanee resesi necessarie per le difficoltà e le tensioni in Bulgaria, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria – è motivata con la necessità di sostenere l’Ucraina nel contesto dell’invasione russa: “Questo rinnovo riafferma l’incrollabile sostegno politico ed economico dell’Ue all’Ucraina, dopo due anni di aggressione militare ingiustificata e immotivata da parte della Russia”, è quanto rimarca il Consiglio dopo l’intesa. “Il fatto che la Russia abbia preso di mira l’Ucraina e la sua produzione alimentare ha un impatto anche sugli agricoltori dell’Ue”, ha voluto sottolineare la relatrice per il Parlamento Ue, Sandra Kalniete (Ppe).

    Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr ZelenskyMentre i servizi del Berlaymont stanno ragionando anche sulla possibilità di introdurre consistenti dazi sulle importazioni di grano russo, a fine gennaio è arrivata la proposta della Commissione per la seconda proroga alle importazioni dall’Ucraina con una serie di nuove misure nel caso di “perturbazioni significative del mercato dell’Ue” – anche di un solo Paese membro – per anticipare (senza successo) le dure proteste degli agricoltori europei. Il trilogo tra i negoziatori di Parlamento e Consiglio dell’Ue si è reso necessario dopo gli emendamenti alla proposta della Commissione introdotti dagli eurodeputati alla sessione plenaria di marzo ma non sostenuti dal Consiglio. Quanto emerso è un Regolamento rinnovato che si applicherà dal 6 giugno – previa approvazione di entrambe le istituzioni Ue – con cui sarà prorogata la sospensione dei dazi sull’export ucraino verso l’Unione e che allo stesso tempo permette alla Commissione di intervenire entro 14 giorni (non più 21) per l’attivazione delle salvaguardia automatiche nel caso di perturbazioni di mercato.In primis viene rafforzato il ‘freno di emergenza’ già esistente sui prodotti agricoli “particolarmente sensibili” – ovvero pollame, uova e zucchero – che prenderà ora in considerazione “qualsiasi impatto negativo sul mercato di uno o più Stati membri” e non solo sul mercato dell’Ue nel suo complesso. In secondo luogo viene esteso l’elenco a quattro ulteriori prodotti – avena, mais, semole e miele – ed è esplicito l’impegno della Commissione a rafforzare il monitoraggio delle importazioni di grano e altri cereali. Per l’attivazione dei ‘freni di emergenza’ il periodo di riferimento sarà il 2022 e il 2023. Questo significa che se le importazioni di pollame, uova, zucchero, avena, mais, semole e miele dovessero superare i volumi medi degli ultimi due anni, la Commissione Europea sarà obbligata a reintrodurre contingenti tariffari.

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    Cordeiro (Cor): “Allargamento una sfida, non parliamo di problemi o preoccupazioni”

    dall’inviato a Mons – L’allargamento in generale e l’eventuale futuro ingresso dell’Ucraina più nello specifico, “sono una sfida, certo, ma non utilizzerei il termine ‘problema’ o ‘preoccupazione”. Vasco Cordeiro, presidente del Comitato europeo delle regioni (Cor), vuole mettere le cose in chiaro: le decisioni prese sin qui per fare di Ucraina, Georgia, Moldova, al pari di Kosovo e Bosnia-Erzegovina, sono un motivo di arricchimento. “E’ nell’interesse di tutti allargarsi”, scandisce in occasione 10° summit europeo delle città e delle regioni europee.Ci sono molte preoccupazioni attorno ad un ingresso in particolare dell’Ucraina. Si tratta di un Paese grande, con un Prodotto interno lordo inferiore alla media europea e, in prospettiva, anche da dover ricostruire. Potrebbe essere costoso, oltre a dover riconsiderare le attuali politiche dell’Unione, quella agricola (Pac) e quella per le regioni (Coesione). In generale un allargamento corposo e accelerato causa guerra russo-ucraina e imprevedibilità dello scenario geopolitico internazionale solleva dubbi sulla convenienza di accogliere nuovi membri nel club a dodici stelle, anche in Italia.Di recente il think-tank Bruegel ha provato a fare un’analisi costi-benefici del solo ingresso dell’Ucraina. All’Ue potrebbe costare circa 136 miliardi di euro, ma in termini di ritorno in termini di manodopera e sicurezza energetica. Oggi (18 marzo) è il presidente del Cor a giungere alla stessa conclusione: “Ci sono sfide, ma anche opportunità”, sottolinea Cordeiro.Anche la commissaria per la Coesione, Elisa Ferreira, invita alla calma e a evitare preoccupazioni inutili. “L’abbiamo già fatto in passato“, sottolinea, riferendosi ai tanti allargamenti che nella storia dell’integrazione europea hanno portato il numero di Stati membri da 6 a 27 Stati membri. “L’abbiamo già fatto e ha sempre funzionato“. Anche grazie alle politiche di coesione, che Ferreira difende e vede come strumento utile per tutti. “Ogni volta che ci allarghiamo la coesione aiuta a integrarsi”. Il messaggio che arriva da Mons è dunque quello di non aver paura.

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    Il ‘Triangolo di Weimar’ tra Scholz, Tusk e Macron riparte dal sostegno “unanime” a Kiev. Anche sulle armi

    Bruxelles – Riparte da Berlino, ma soprattutto dal sostegno “unanime” a Kiev, il Triangolo di Weimar tra Germania, Francia e Polonia. “Oggi abbiamo concordato una serie di priorità, tra cui l’immediato approvvigionamento di un numero ancora maggiore di armi per l’Ucraina sull’intero mercato mondiale”, ha annunciato il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, al termine del vertice di oggi (15 marzo) con il presidente francese, Emmanuel Macron, e il primo ministro polacco, Donald Tusk, facendo riferimento al lancio di “una coalizione degli alleati dell’Ucraina per le armi a lungo raggio“.

    Dopo le frizioni delle ultime settimane in particolare tra Scholz e Macron sul tipo di supporto da fornire a Kiev e sulla possibilità di un intervento dei soldati Nato in Ucraina per fronteggiare l’esercito russo, l’alleanza regionale tra Francia, Germania e Polonia si è rinsaldata sotto la bandiera del “non lasciare mai che la Russia vinca” la guerra in Ucraina, ha messo in chiaro Macron in conferenza stampa. Questo tuttavia non implicherà un confronto diretto tra Mosca e i Paesi dell’Unione Europea, almeno nelle intenzioni dei tre leader: “È altrettanto chiaro che non siamo in guerra con la Russia“, ha precisato Scholz, a cui ha fatto eco lo stesso presidente francese, puntualizzando che “non prenderemo mai l’iniziativa di un’escalation“.Anche se, in ogni caso, “vogliamo fare tutto il necessario, a partire da ora, per garantire che la situazione in Ucraina, nelle prossime settimane e mesi, migliori e non si deteriori“, ha sottolineato il premier polacco. Ecco perché “Putin deve sapere che il sostegno dei membri del Traingolo di Weimar a Kiev non verrà meno”, ha insistito ancora Scholz, annunciando che i Paesi europei – quella “coalizione di alleati” di Kiev – acquisteranno un maggior numero di armi per l’Ucraina sul mercato mondiale e aiuteranno Kiev ad aumentare la propria produzione. “Sarà ampliata la produzione di equipaggiamenti militari, anche attraverso la cooperazione con i partner in Ucraina”, ha spiegato Scholz a proposito delle “priorità” discusse oggi a Berlino.

    Da sinistra: il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il primo ministro polacco, Donald Tusk, e il presidente francese, Emmanuel Macron, a Berlino (15 marzo 2024)In questo contesto giocherà un ruolo decisivo l’aumento dell’impegno nell’ambito dell’Unione Europea, “per il quale abbiamo preso decisioni molto importanti a Bruxelles questa settimana”. Un riferimento al Fondo europeo per la pace che “riceverà 5 miliardi di euro per fornire ulteriore assistenza militare a Kiev quest’anno”, ma anche al rafforzamento della missione Ue di addestramento dei soldati ucraini e all’utilizzo dei profitti “significativi” dei beni russi congelati “per sostenere finanziariamente l’acquisto di carri armati per l’Ucraina”. Infine, per fronteggiare “l’espansionismo imperialista” del Cremlino, sarà costituita una “nuova coalizione di capacità per l’artiglieria missilistica a lungo raggio nell’ambito del formato Ramstein” (il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina guidato dagli Stati Uniti), i cui dettagli operativi saranno resi noti prossimamente.

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    L’Ue trova l’accordo a 27 per altri 5 miliardi in aiuti militari all’Ucraina

    Bruxelles – I Paesi membri dell’Ue hanno raggiunto l’accordo sull’approvazione della Ukraine Assistance Facility (Uaf): una fumata bianca, alla riunione dei rappresentanti permanenti dei 27 a Bruxelles, che vale 5 miliardi di euro in aiuti militari urgenti a Kiev per il 2024.Il Fondo d’assistenza per l’Ucraina fa parte del Fondo europeo per la Pace, lo strumento attraverso cui dall’inizio dell’invasione russa i Paesi Ue hanno fornito all’Ucraina attrezzature militari – e ottenuto rimborsi, almeno parziali – per 5,6 miliardi di euro. Anche l’Uaf prevede la possibilità di coprire i costi dell’acquisto di armi sul mercato internazionale per consegnarle all’esercito ucraino.“Ce l’abbiamo fatta: il Coreper ha raggiunto un accordo sul Fondo di assistenza all’Ucraina. Il messaggio è chiaro: sosterremo Kiev con tutto ciò che è necessario per prevalere”, ha esultato con un post su X l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell. “L’Ue resta determinata a fornire un sostegno duraturo all’Ucraina e a garantire che il Paese riceva l’equipaggiamento militare necessario per difendersi“, ha aggiunto la presidenza belga del Consiglio dell’Ue, che ha guidato i negoziati tra i rappresentanti dei 27.Questi 5 miliardi si aggiungono dunque ai 5,6 già mobilitati in due anni per la fornitura di attrezzature militari letali e non letali, quali dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso, carburante, munizioni e missili. L’Epf, istituito a marzo 2021, è uno strumento fuori bilancio volto a consolidare la capacità dell’Unione di “prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale”. Inizialmente disponeva di un massimale finanziario di 5,7 miliardi di euro a prezzi correnti per il periodo 2021-2027, ma i Paesi membri hanno ritenuto necessario aumentarlo più volte e portarlo all’attuale massimale di 12 miliardi di euro fino al 2027.La fumata bianca a livello Ue arriva dopo l’annuncio da parte di Washington di aver sbloccato l’invio di armi per 300 milioni di dollari a Kiev. Sarà ora compito dei ministri degli Esteri dei 27, che si riuniscono già lunedì 18 marzo a Bruxelles, di mettere nero su bianco l’accordo trovato dalle diplomazie dei Paesi Ue.

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    L’ingresso dell’Ucraina nell’Ue non sarebbe un vantaggio solo per Kiev

    Bruxelles – Costi, certo. Ma anche benefici. E non di poco conto. La scelta politica dell’Unione europea di far entrare i Paesi dell’est nel club a dodici stelle è decisa, dettata anche, certamente, da ragioni geopolitiche e da un conflitto russo in Ucraina che ha inevitabilmente ridisegnato logiche e strategie. E avviato ragionamenti su cosa e come cambierà l’Unione europea. A fare primi calcoli è il think tank Bruegel, in uno studio d’impatto sull’ingresso in particolare dell’Ucraina nel club. Viene messo in risalto innanzitutto che “complessivamente il costo netto dell’ingresso dell’Ucraina nell’Ue per gli attuali Paesi membri ammonterebbe a 136 miliardi di euro a prezzi correnti nel periodo dal 2021 al 2027, ovvero allo 0,13 per cento del Prodotto interno lordo dell’Ue”.Può sembrare una cifra elevata, ma i calcoli condotti da Bruegel mostrano che a livello di bilancio comune, la dimensione complessiva dell’impatto dell’adesione dell’Ucraina all’Ue sul Mff 2021-2027sarebbe un aumento dall’1,12 per cento all’1,20 per Pil nello scenario di base, che presuppone che l’Ucraina riacquisti la sua integrità territoriale e che la guerra non ha alcun impatto a lungo termine sulla popolazione o sul PIL del Paese. Inoltre la maggior parte dei contribuenti netti dovrebbe contribuire con circa lo 0,1 per cento in più del proprio Pil al bilancio dell’Ue. Cifre non certo esorbitanti.Attenzione, però: si tratta di una stima, peraltro preliminare. Perché, si precisa, quello prodotto è “lo scenario di base”. Avere un’idea di cosa può significare in termini economici la piena adesione dell’Ucraina non è al momento semplice, perché sono tante le incognite, prima fra tutte i confini del Paese. Ucraina pre-conflitto o Ucraina senza Donbass?Il cambiamento nella politica di coesioneQuel che è certo è che gli Stati oggi membri perderebbero un po’ di finanziamenti in uno scenario allargato all’Ucraina. Bruegel stima che i Ventisette Paesi “riceverebbero 24 miliardi di euro in meno in finanziamenti per la coesione” rispetto alla situazione attuale, senza l’Ucraina. Il motivo di questa perdita multi-miliardaria è che l’ingresso di Kiev ridurrebbe il Reddito nazionale lordo medio pro-capite dell’Ue, che è un indicatore dell’allocazione dei fondi. Il problema non è nuovo, tanto che il gruppo di esperti della Commissione Ue ha già avvertito la Commissione stessa che in prospettiva serviranno più fondi.  Per l’Italia c’è in ballo tutta la partita del Mezzogiorno e i fondi a sostegno del Sud. Non certo una cosa da poco.Cosa può ottenere l’UcrainaAl netto dell’ingresso nell’Unione europea, l’Ucraina da questa membership può avere ritorni certamente economici. In particolare, secondo i calcoli preliminari, Kiev otterrebbe 32 miliardi di euro in pagamenti per la politica di coesione, 85 miliardi di euro in pagamenti per la Politica agricola comune (Pac) e 7 miliardi di euro in pagamenti da altri programmi dell’Ue (tutti i numeri sono a prezzi correnti e si riferiscono all’intero Mff 2021-2027). La spesa per la pubblica amministrazione europea potrebbe aumentare di 4 miliardi di euro, mentre l’Unione europea risparmierebbe circa 2 miliardi di euro sui fondi attualmente destinati ai suoi vicini. I vantaggi per l’UeUn’Unione europea più grande, con l’Ucraina al proprio interno farebbe certamente il bene di Kiev. Ma cosa guadagna l’Ue da questo allargamento? Bruegel risponde anche a questo. In primo luogo l’integrazione dei lavoratori ucraini nei mercati del lavoro dell’UE ridurrebbe la drammatica carenza di manodopera nell’Unione. E Inoltre l’adesione migliorerebbe la sicurezza energetica dell’Ue e potrebbe ridurre i costi energetici. Guardando le cose in ottica regionale, La presenza dell’Ucraina nell’Unione potrebbe stabilizzare il vicinato orientale dell’Ue e aumentare le capacità militari e di sicurezza dell’Ue.

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    Simson: “Ue al lavoro per rispondere a incidente nucleare a Zaporizhzhia”

    Bruxelles – Adesso la centrale nucleare di Zaporizhzhia fa paura. La Commissione europea teme incidenti, e lavora allo scenario peggiore, comunque sempre rimasto sullo sfondo e mai davvero sottovalutato. La commissaria per l’Energia, Kadri Simson, ammette che il collegio dei commissaria “ha rafforzato la preparazione in caso di incidenti radiologici e condotto attività di modellizzazione per valutare l’impatto di un incidente nucleare in Ucraina”. Un lavoro portato avanti con i governi nazionali. “La Commissione collabora con gli Stati membri per migliorare la preparazione e la risposta in caso di emergenza radiologica o nucleare in Ucraina“.

    L’auspicio è di non dover mai ricorrere ai piani d’emergenza, ma intanto l’Ue si prepara. L’ammissione di Simson arriva nella risposta all’interrogazione parlamentare presentata dall’europarlamentare lituano del Ppe, Liudas Mažylis. A lui ricorda che comunque l’esecutivo comunitario non è mai rimasto a guardare da quanto l’impianto di Zaporizhzhia è finito al centro della guerra russo-ucraina. “La Commissione monitora da vicino la situazione presso la centrale”, e lo fa “regolarmente” insieme all’autorità ucraina di regolamentazione della sicurezza nucleare e con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), “la cui presenza continua, sostenuta dall’UE, è fondamentale per gli aggiornamenti sulla situazione”. In questa attività di controllo continuo e regolare la Commissione, spiega ancora Simson, “monitora i livelli di radiazioni in tutta Europa attraverso la piattaforma europea per lo scambio di dati radiologici con molteplici punti di lettura in Ucraina”. Inoltre, l’Ue ha già fornito a Kiev l’assistenza preventiva del caso, vale a dire “attrezzature chimiche, biologiche, radiologiche o nucleari e assistenza medica”.

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    Macron non sta trovando appoggio all’ipotesi di inviare soldati Nato in Ucraina contro l’esercito russo

    Bruxelles – È la prima volta che il tema dell’invio di soldati Nato sul territorio ucraino diventa un terreno di confronto tra i leader occidentali, ma la possibilità ipotizzata dal presidente francese, Emmanuel Macron, non sta trovando al momento alcuno spiraglio di manovra. Al contrario, a poche ore dalle parole dell’inquilino dell’Eliseo in conferenza stampa al termine della Conferenza di Parigi sul sostegno all’Ucraina, i maggiori alleati Ue e Nato della Francia prendono nettamente le distanze da uno scenario che implicherebbe un confronto diretto tra l’Alleanza Atlantica e la Russia.

    Il presidente della Francia, Emmanuel Macron“La posizione dell’Unione Europea è chiara dall’inizio della guerra, dobbiamo sostenere l’Ucraina per vincere questa guerra di difesa, la maniera e la forma del sostegno specifico militare è una decisione autonoma di competenza sovrana degli Stati membri“, ha ricordato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, in un punto con la stampa oggi (27 febbraio) a Bruxelles, sottolineando però con forza che “non c’è alcuna decisione a livello Ue sull’invio di truppe per rafforzare l’esercito ucraino“, anche perché “non c’è un esercito europeo, stiamo discutendo di diverse visioni degli Stati membri”. Stano ha fatto un passo indietro rispetto alla richiesta di commentare le dichiarazioni di ieri sera (26 febbraio) del presidente Macron – “non è nostro compito” – ma ha comunque sostenuto a nome della Commissione Europea l’appello per un “maggiore sostegno con missili a lungo raggio e munizioni, dobbiamo mobilitare di più e più velocemente, perché è ciò di cui hanno bisogno gli ucraini per la difesa”.L’ipotesi di inviare truppe Nato in Ucraina “non è da escludere”, ha ventilato Macron al termine del vertice di ieri in cui si è discusso (senza nessun leader dell’Unione Europea) della futura assistenza all’Ucraina con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, il presidente polacco, Andrzej Duda, il primo ministro olandese, Mark Rutte, e altri funzionari europei, statunitensi e canadesi. Il presidente francese ha inserito l’eventualità nel quadro della necessità della sconfitta dell’esercito di Mosca “per la sicurezza e la stabilità in Europa“, anche se ha subito messo in chiaro che “non c’è consenso” su questa ipotesi “in modo ufficiale, scontato e approvato”. Lasciando aperta la porta a un cambio di strategia in futuro se cambieranno gli equilibri, l’inquilino dell’Eliseo non ha risparmiato una critica velata alla Germania di Scholz – “Molti di quelli che dicono ‘Mai, mai’ oggi, sono gli stessi che dicevano ‘Mai carri armati, mai aerei, mai missili a lungo raggio’ due anni fa” – e ha invocato “l’umiltà di constatare che spesso siamo arrivati in ritardo di sei o dodici mesi“. L’obiettivo è comunque chiaro (e condiviso da tutti i leader occidentali) sul fatto che “la Russia non può vincere questa guerra”, ha concluso Macron.Le reazioni alle parole di Macron

    Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergDopo le parole di Macro solo il primo ministro francese, Gabriel Attal, si è schierato al fianco del suo presidente – “Non si può escludere niente in una guerra in corso nel cuore dell’Europa” – mentre dalle altre capitali sono arrivate prese di distanza dalla possibilità di un dispiegamento di soldati occidentali in Ucraina per fronteggiare quelli russi. Tra i primissimi a chiudere la porta è stato lo stesso segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: “Gli alleati stanno fornendo un sostegno senza precedenti all’Ucraina, lo facciamo dal 2014 e lo abbiamo intensificato dopo l’invasione su larga scala, ma non ci sono piani per truppe da combattimento della Nato sul terreno in Ucraina“. Nessuna reazione ufficiale dalla Casa Bianca, ma un funzionario statunitense ha confermato a Reuters che l’opzione non è in discussione a Washington. Per l’Italia è stato invece il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a ribadire che “non siamo in guerra con la Russia e l’invio di truppe in Ucraina darebbe invece questa idea“, invocando “molta prudenza” per non dare adito a fraintendimenti e scatenare un conflitto su più larga scala.

    Netta la risposta del cancelliere tedesco Scholz, che non solo ha sottolineato che la possibilità “non è sul tavolo”, ma ha anche precisato che “c’è consenso” sul fatto che questo principio rimarrà anche “in futuro”. Gli ha fatto eco da Londra il primo ministro britannico, Rishi Sunak, che ha ricordato come “oltre al piccolo gruppo di personale” nel Regno Unito per addestrare i soldati ucraini, “non abbiamo alcun piano per un dispiegamento su larga scala“. Da Madrid il governo spagnolo ha fatto sapere attraverso i propri portavoce che “non è d’accordo” con lo scenario tratteggiato da Macron e che piuttosto “dobbiamo concentrarci sull’accelerare l’invio di armi, l’unità è stata finora l’arma più efficace dell’Unione Europea contro Putin“. La Svezia – che è in procinto di diventare il 32esimo membro Nato fra pochi giorni – allo stesso modo ha evidenziato per voce del suo premier, Ulf Kristersson, che “non c’è richiesta” di Kiev su questo fronte e perciò la “questione non è attuale”. Né la Polonia né la Repubblica Ceca – come hanno confermato i rispettivi primi ministri, Donald Tusk e Petr Fiala – hanno piani per l’invio di soldati in Ucraina, mentre il presidente della Bulgaria, Rumen Radev, ha avvertito che un intervento di questo tipo da parte di un qualsiasi Paese Nato – anche sulla base di un accordo bilaterale – “significa provocare un conflitto globale“.